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NEWS N. 21 - The Venice International Foundation

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<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[22-23] Antónfrozen, 2007, in relazionecon il Ritratto dello scultoreSchreitmuller di Wilhelm Leibl.In basso Fatherfrozen (<strong>The</strong> Head), 2008,in relazione con Vasi e bottiglie di GiorgioMorandi.ficati inediti e una nuova dinamicaemozionale. Il sensodella mostra è far danzarenuovamente le ombre.Bernardí Roig ha lavoratoa lungo negli spazi diCa’ Pesaro, selezionandodalla vasta collezione delmuseo opere in grado di stabilireun rapporto con la suaproduzione: è così che, costruendoun itinerario originale,ha dato vita a nuove articolazioni di senso con cui reinventarele opere stesse e il luogo che le custodisce.L’opera di Bernardí Roig è una riflessione sulla condizione dell’uomocontemporaneo, sull’isolamento, sul desiderio e l’immortalità.Indipendentemente dai mezzi utilizzati – scultura, disegno,video – le sue creazioniruotano intornoallo stesso motivo:la prigionia delcorpo e l’impossibilitàdella visione.Le note sculturebianche dell’artista,realizzate mediante[24-25] Prácticas para la desaparición, 2008, calchi di personeopera inserita dietro il pannello con i disegni di Henri reali, propongonoMatisse Felce, frutta e figura femminile e Il vaso un percorso in cui laopalino. In basso, Annotazioni per l’ultimamemoria dell’immaginegioca un ruolosiesta, 2008.fondamentale. L’opera di Roig potrebbe dirsi un calco dell’umanitàgiunta sul ciglio di un tempo che soffre la perdita della memoriastorica e dell’identità.L’incapacità di cogliere nuove immagini costituisce il tema dominanteche trova nella luce una metafora concreta: lampade, insegneluminose, tubi fluorescentiingabbiano i suoi soggetti abbagliandoli.Da qui l’artista esplorale dinamiche del voyeurismoe la dimensione inquietante dell’immaginarioartistico, rivisitai miti classici, l’iconografia barocca,il memento mori, filtrandoliattraverso i topoi del pensiero postmoderno.E V E N T I V E N E Z I A N ILuciano Gaspari e il vetroMurano, Museo del Vetro, fino al 24 novembreLuciano Gaspari (Venezia, 1913-2007), pittore e designer attivonel vivace ambiente artistico veneziano fin dagli annitrenta, entra nel mondo della produzione vetraria in un periodocruciale, quando, dopo la seconda guerra mondiale, le migliorifabbriche muranesi si aprono alle mutate esigenze dei tempicercando, nella collaborazione con artisti provenienti da ambiti diversi,stimoli e ispirazione di rinnovamento.Gaspari inizia a collaborare con le vetrerie Salviati & C. nel1947 dove instaura con il maestro Livio Seguso un fruttuoso sodalizioche li condurrà alla realizzazione di opere celebri, caratterizzateda virtuosismo tecnico e dauna straordinaria, originale ricercacoloristica e formale.Questa mostra, la prima allestitain un museo e dedicataalla sua produzione vetraria,presenta oltre settanta opere, datatedal 1955 al 1995 e provenientiper la maggior parte datre grandi nuclei collezionistici:[26-28] Tre opere realizzate per laVetreria Salviati & C.: in altoNuvole, 1965-68, a sinistra, PiattoOP, 1966 e, in basso, Vaso verde,1975-80.quello delle fornaci Salviati &C., ora appartenente a GianniPizzamano; quello dello Studiod’Arte Valmore di Vicenza, cheraccoglie vari pezzi unici direttamentecommissionati all’artista;quello di Livio Seguso, conopere eseguite da lui stesso.Il connubio tra arte, design eproduzione vetraria – sorto aMurano negli anni venti/trenta del Novecento, con le invenzioni diVittorio Zecchin prima e di Carlo Scarpa poi – si sviluppa nel dopoguerrain modo nuovo e diverso. Si sperimentano tecniche inediteda cui nascono il “sommerso”, fatto di strati multipli, anche colorati,il “fumé”, le superfici corrose e iridate, il vetro massiccio. Sifa strada l’idea del “pezzo unico”, del “vetro d’artista”.Nel 1953 Egidio Costantini fonda a Venezia il Centro Studio Pittorinell’Arte del Vetro di Murano, poi ribattezzato da Cocteau Fucinadegli Angeli: qui arrivano, tra gli altri, Guidi, Guttuso, Licata, GioPonti, ma anche Braque, Calder, Chagall, Kokoschka, Le Corbusier,Léger, Moore, Arp, Picasso... portando disegni che vengonopoi tradotti in scultura dai maestri vetrai.Luciano Gaspari è invece un pittore che entra in simbiosi con la5


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>produzione vetraria, studia le collezioni,verifica scientificamente letecniche, instaura un rapportoprofondo con grandi maestri qualiAlfredo Barbini, Luciano Vistosi,Paolo Martinuzzi, Loredano Rosin,soprattutto Livio Seguso e, più tardi,Pino Signoretto.Diventato nel 1955 direttore artisticodi Salviati, interpreta il ruolocon impegno e rigore instancabili.Caratteristica del suo approccio èuna totale padronanza e un uso innovativodelle tecniche tradizionali,la capacità di guardare al passato perinventare il futuro, ma anche di utilizzarecon coraggio e fantasia le novità, o di “forzare” l’uso comunetrasformando, ad esempio, semplici bottiglie in sculture. Si cimentain produzioni seriali, in “pezzi unici”, in sculture, ma anchein oggetti come piatti (tra cui assolutamente straordinari quellipresentati alla Biennale del 1966), vasi, coppe, bottiglie: in ognicreazione la qualità dei colori, l’equilibrio tra luminosità, trasparenze,bagliori e ombre rivelanol’intensa relazione tra sensibilità efantasia del pittore e perfetta comprensionedelle potenzialità dellamateria vetro.Matrix Natura. Miniartextil a VeneziaPalazzo Mocenigo, fino al 31 agosto[29] Il bacio, 1969, VetreriaPino Signoretto.[30-31] Vaso arlecchino, 1980-85 e, a destra, Vasi sasso, 1988 (terza serie).Entrambe le opere sono realizzate per la Vetreria Salviati & C.Torna a Palazzo Mocenigo la Fiber Art, forma espressivacontemporanea, in cui si utilizzano – in tutte le possibiliaccezioni e materiali – il filo, la fibra, il tessuto con un’autonomiadel tutto nuova, oggi attualizzata da strutture e iconografiein continua evoluzione.Matrix Natura è il tema intorno al quale si sono confrontati artistiprovenienti da tutto il mondo. In mostra sono esposti 54 minitessilidi artisti di oltre 50 Nazioni. Singolare è la scelta dei titolie dei materiali che in diversicasi si accomunano come inquello eclatante di Lina Ringeliene,artista lituana, che presentaDepth Structures realizzato conE V E N T I V E N E Z I A N Iintestino di animale e perle naturalie di Oznur Enes, giovaneturca, che propone Deep realizzatoanche in questo caso con intestinodi animale e filo di ferro.Maria Barbara De Marco eMarialuisa Sponga hanno dato ailoro lavori lo stesso titolo Humus;mentre l’italiana Filo Pezzullocon Cenere e Sangue richiamail lavoro della moldova OlgaStrungari dal titolo Incenerito.Prevalente la presenza di artistigiapponesi, qui rappresentatida Masae Bamba che proponeun’installazione composta da piccole e numerose sculture in setarealizzate con la tecnica Shibori, Tomoko Baba che costruisce unasorta di nido con un particolare filo di legno, Kakuko Ishii che seguee disegna il perimetro dello spazio dedicatole con fini legnettidi giunco e infine Naoko Yoshimoto che espone White Coffin recuperandovestiti e stoffe rigorosamente bianchi.Ai 54 minitessili esposti al primo piano del museo si colleganodue grandi installazioni, ospitate nel grande androne al piano terra,dell’egiziano Medhat Sahfik e del tedesco Jens J. Meyer. Il primopropone La città dei profumi, un’opera che raccoglie i colori e leessenze di aromi inconfondibili che evocano le atmosfere di terre eculture lontane mentre il secondo dedica alla città lagunare un’installazionerealizzata in vele di microfibra che ricorda le forme diuna gondola.That Obscure Object of Art.Arte contemporanea russaCa’ Rezzonico, fino al 5 ottobre[33] Elise Kloppers, Find Your Turn,2008.Un insolito sguardo sulla produzione artistica russa dell’ultimotrentennio ne mette in luce complessità e sfaccettatureattraverso settanta opere di artisti come Yuri Albert,Ivan Chuikov, Ilya ed Emilia Kabakov, Vitaly Komar e AlexanderMelamid, Boris Orlov, Anatoly Osmolovsky oltre ad Alexander Ponomarevpresente con il suo Submarine Subtiziano.L’arte contemporanea russa prende forma in un contesto di doppioisolamento culturale: underground dentro il sistema artistico sovietico,a sua volta incapsulato in un paese tagliato fuori dal mondoesterno. Unica nella sua struttura, nelle sue strategie, nel suo processogenerativo, essa tuttavia percepivase stessa come parte del movimentoartistico globale. Estremamentecomplessa, viene invece permolto tempo inevitabilmente presentataalle esposizioni internazionaliin modo stereotipo: in epoca sovie-[32] Adeline Contreras, Cocoon,2008.[34] Boris Orlov, Imperial Bust(Sailor),1975.6


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>tica come impulso umanistico e naïf verso la libertà artistica e politica;dopo la perestroika come simbolo della democratizzazione di unpaese post-totalitario.La mostra vuole far luce sulla molteplicità di aspetti e linguaggidell’arte russa dell’ultimo trentennio, un “oscuro oggetto” dallastruttura interna complessa, restituendone uno dei molti possibiliautoritratti e presentando l’arte contemporanea russa come una praticadi costruzione di mondi multipli, di tessitura di storie infinite:un flusso narrativo che dissolve i limiti tra autori e raffigurazioni,mentre soggetti e miti di origini diverse formano insiemi bizzarri eframmenti di linguaggi e immagini si interconnettono.L’Anima dell’Acqua. Contemporary ArtCa’ d’Oro Galleria Franchetti, fino al 22 novembre[35-36] Bill Viola, Angel’s Gate, 1989e, a destra, Fabrizio Plessi, L’enigma degliaddii, 2009.E V E N T I V E N E Z I A N Iè indispensabile alla vita e metafora della nostra esistenza.Filosofia, arte e religione – dai primordi ad oggi –L’acquahanno sempre affidato all’elemento liquido un ruolo fondanteper ogni manifestazione spirituale. I miti e le simbologie chehanno accompagnato l’evoluzione dell’uomo fin dalle sue originirappresentano l’acqua in una dimensione sacrale e comune a tuttele culture, la cui conoscenza può stimolare – nei contemporanei –una maggiore consapevolezza sulla necessità di tutelare l’acqua comebene primario.È un percorso nell’arte contemporanea, arricchita dalle inediteinstallazioni dell’artista veneziano Fabrizio Plessi e le meravigliosevideoinstallazioni di Bill Viola per i quali l’acqua è un elementofondamentale nel percorso artistico e personale, come metafora dipurificazione, vita, morte, rinascita.La mostra inoltre unisce arte e poesia grazie al contributo di alcunipoeti contemporanei – Rondoni, Mussapi, Pontiggia, Giudici,Coppioli, Conte, Cerarosco – che ripercorrono con le loro operegli otto temi della mostra.PENSIERO LIQUIDO. Il pensiero cosmologico greco nasce dall’acquao, come ricorda Aristotele nella Metafisica, l’idea di un liquidoprimordiale-creatore ha origini così remote da essere sempre esistitonella mente dell’uomo. Omero, Talete ed Eraclito sono stati i piùimportanti filosofi dell’antichità che hanno espresso il valore spiritualedell’acqua, tanto da paragonarlo alla stessa anima dell’uomo.MATERNITÀ. L’acqua espressa dal pensiero cosmologico – creatrice,notturna, vischiosa, inafferrabile – è in stretto contatto conl’unicità sacra femminile e il suo potere di generare la vita. L’acquadiventa il principio che evoca lavita nel grembo materno, il caloredel liquido amniotico e la dolcezzadel latte.ACQUA E FEMMINILITÀ. Il profondovalore simbolico e ancestrale dellamaternità che imprime all’acqua un carattere profondamente femminilesi sviluppa nel tema della fertilità e della natura rigogliosa:della donna amante.VIAGGIO. Nella civiltà mediterranea l’eterno spazio in cui si intesseil dialogo tra l’uomo e l’anima dell’acqua è il mare. Una distesain cui i miti si adattano a unanatura ostile, dove potenze opposte– le acque, i venti, la terra – trascinanol’uomo nelle paurose lotte perla sopravvivenza e ne modificano ildestino.OBLIO. Il tragico richiamo dell’acqua scura compagna del viaggioeterno è, in letteratura, il simbolo della morte femminile. Ofeliaè la ninfa destinata a morire in acqua, simbolo della morte giovane,della dissoluzione della bellezza nella letteratura mitologicadegli antichi e che offre un interessante collegamento con il mitodi Narciso, altra giovane vittima onirica dell’acqua.TRASFORMAZIONI. A custodire ilconfine tra acqua del tempo e acquasenza tempo sono le creature del maree delle acque; figure che conosconoil destino perché sono il presentee il futuro; esseri che ammaliano edistruggono, custodi benevoli dei ritidi passaggio (matrimonio, adolescenza,parto, morte), ma anche orribilimostri e femmine infeconde(Scilla, Sirene, Idra, Gorgoni) posti atutelare il trascendente dalla temerarietàdella mente umana.[37-38] Statuina di Dea Madre e, inbasso, navicella bronzea con protome cervina,opere del IX-VIII secolo a.C. conservate alMuseo Archeologico Nazionale di Cagliari.[39] Lastra a rilievo conGorgone, fine VII inizi VI secoloa.C., Siracusa, MuseoArcheologico.PURIFICAZIONE E RINASCITA. Tra i riti collegati all’acqua dellereligioni abramitiche, l’immersione del battesimo resta uno dei piùsimbolici ed evocativi. Esso conduce alla rigenerazione dell’uomonuovo, rappresenta lo spazio al di là in cui reincontrarsi e riscrivereil proprio destino.SETE. Messaggio ancestrale che terrorizza da sempre l’uomo è lapaura della sete. Solo la mancanza d’acqua riesce a far conoscere pienamenteil valore sacrale dell’elementoprimordiale. Come nonriflettere sull’importante monitodi Emily Dickinson: “L’acquaè insegnata dalla sete”.[40] Libro dei morti di Imen-Hetep,XV secolo a.C., Trieste, Civico MuseoStoria e Arte.7


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>La 53. Biennale di VeneziaGiardini e Arsenale, fino al 22 novembreSi è aperta al pubblico domenica 7 giugno ai Giardini, all’Arsenalee in vari luoghi di Venezia la 53. Esposizione Internazionaled’Arte diretta da Daniel Birnbaum e organizzata dallaBiennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta.Fare Mondi // Making Worlds collega in un’unica mostra le sediespositive del rinnovato Palazzo delle Esposizioni della Biennale aiGiardini e dell’Arsenale, e riunisce – inclusi i collettivi – più di 90artisti da tutto il mondo, con nuove opere di tutti i linguaggi.La 53. Esposizione presenta, come di consueto, negli storici Padiglioniai Giardini, all’Arsenalee nel centro storico di Venezia,77 Partecipazioni Nazionalicon proprie mostre, numero recordper la Biennale Arte, e includeinoltre un ulteriore recorddi ben 44 Eventi Collaterali,proposti da enti e istituzioni internazionaliche allestiscono le Internazionale d’Arte.[41] Il manifesto della 53. Esposizioneloro mostre e le loro iniziative aVenezia in concomitanza con la Biennale.Inoltre, Ca’ Giustinian, rinnovata sede della Biennale di Venezia,ospita la mostra Macchina di visione: futuristi in Biennale dedicataalla storia della partecipazione di artisti, idee e opere futuriste allaBiennale. Curata dallo IUAV, Laboratorio Internazionale di Semioticadi Venezia, è il frutto di una ricerca svolta presso l’ArchivioStorico delle Arti Contemporanee (ASAC).Le novità della 53. edizionePAOLO BARATTA, presidente La BiennaleCon il 2009 si imprime un nuovo cambiamento profondo allestrutture e alle dotazioni della Biennale, con cui si potrannodilatare i suoi orizzonti futuri. Qualche anno fa, conl’acquisizione in concessione dell’Arsenale monumentale e il restauroda parte nostra di 14.000 metri quadrati, si ottenne unagrande espansione con un arricchimento degli spazi espositivi, primopasso essenziale per riaffermare il primato mondiale della nostraMostra internazionale. Consolidato questo risultato, quest’annoci rivolgiamo ad altre strutture e ad altre funzioni, a completamentodi un generale disegno di riqualificazione.AREA DEI GIARDINI: il nuovo Palazzo delle Esposizioni. Fino apochi mesi fa, l’edificio chiamato Padiglione Italia altro non era cheun grande contenitore che laBiennale restituiva vuoto al terminedi ogni mostra. Grazie aun’importante accordo stipulatoin autunno con il Comune diVenezia, la Biennale ha acquisitoin concessione l’edificio conparte dei Giardini e ne potrà cosìdisporre in via continuativa.[42] Rendering della facciata delPalazzo delle Esposizioni.B I E N N A L E & D I N T O R N I[46-47] Il Padiglione Italia nelrendering dei nuovi spazi allargati e, adestra, la facciata.La Biennale, per la prima volta nella sua storia, ha finalmente unasede dove poter sviluppare con sistematicità le tanto auspicate attivitàpermanenti in tutti i suoi campi, a fianco dei festival e dellegrandi mostre.In un’ala restaurata di questo edificio, cui si accede attraverso ilnoto giardino di Carlo Scarpa, sarà riaperta al pubblico dopo diecianni la biblioteca dell’ASAC (ArchivioStorico delle Arti Contemporanee)con annesso l’archiviodocumentale e le collezionidi libri, cataloghi, periodiciconsultabili in sale di lettura,dotate di monitor per la consul-[43-45] Rendering di due saledell’ASAC. In basso, il bookshopideato da Rirkrit Tiravanija.tazione digitale, per i ricercatorie per i visitatori delle mostre, eper i giovani studenti venezianiche potranno riprendere la consuetudinedi andare a studiare all’ASAC. Il suo inserimento nell’edificio,che sarà vivo tutto l’anno, assume un significato di coerenzafunzionale e simbolica. Così trasformato, il vecchio PadiglioneItalia cambia nome e assume quello di Palazzo delle Esposizionidella Biennale.Nel Palazzo delle Esposizioni sono predisposti spazi dedicati aivisitatori, un nuovo bookshop di dimensioni adeguate, un bar-ristorantee spazi per le attività educational. Una volta attrezzati dal puntodi vista tecnico, si è ritenutoche il loro arredo fosse da offrirecome occasione di interventocreativo ad artisti partecipantialla mostra. Si è chiesto a DanielBirnbaum di scegliere e gli artistisono Massimo Bartolini, TobiasRehberger e Rirkrit Tiravanija.ARSENALE. Il cosiddetto Padiglione Italiano ingrandito da 800a 1800 metri quadrati assume la denominazione di Padiglione Italia.Esso si affaccia da un lato sulle cosiddette Gaggiandre e sulTeatro alle Tese, dall’altro sulGiardino delle Vergini; qui sitiene, in una struttura notevolmenteaccresciuta in termini diqualità e di superficie espositiva,la partecipazione italiana organizzatadalla PARC-Ministeroper i Beni e le Attività Culturalie curata da Beatrice Buscarolie Luca Beatrice.Con l’apertura di un nuovo ponte fra il Giardino delle Verginie il Sestiere di Castello, si è valorizzata ulteriormente tutta que-8


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>B I E N N A L E & D I N T O R N Ist’area e si è consentito con un nuovo accesso all’Arsenale la circolazionedei visitatori dando, all’insieme Giardini-Arsenale, unanuova qualificante unitarietà.CA’ GIUSTINIAN. Evento importante del 2009, conclusosi anchequesto grazie a un accordo con il Comune di Venezia, è il ritornodella Biennale nella sua sedestorica restaurata. La Biennaleha dunque una sede istituzionalerinnovata, la cui qualità, lacui posizione e la cui strutturaconsentono di utilizzarla in modiche andranno ben oltre quellidi semplice sede di uffici. Saràluogo di relazione con la città edi attrazione per incontri e manifestazioni;al suo interno e al-Biennale, dopo il restauro.[48] Ca’ Giustinian, storica sede dellal’esterno si apriranno spazi peruna libera frequentazione di cittadini e visitatori.Questi nuovi sviluppi consentono un’evoluzione verso un organismocon vita continuativa, meglio capace anche di connessionicon la vita della città e del territorio. Non sfuggirà che mentre ciòche riguarda l’Arsenale ci ha visti e ci vede interlocutori in primoluogo di amministrazioni statali, tutte queste innovazioni del 2009nascono da accordi con il Comune di Venezia, cui va la nostra gratitudine,gratitudine che si estende alla Regione del Veneto, checoncorre da quest’anno in nuove e più consistenti misure al settoreDMT (Danza, Musica, Teatro), e alla Provincia di Venezia con cui siavvia una collaborazione nel settore educational rivolta alle scuolelocali.Tradizionale ricchezza culturale della Biennale è costituita dallePartecipazioni Nazionali. Soprattutto a partire dall’apertura dell’Arsenale,un numero crescente di Paesi chiedono di essere presenti;quest’anno sono 77, numero che costituisce la più vasta partecipazionenella storia della Biennale. Accanto alle Partecipazioni nazionali,anche 44 Eventi Collaterali (anche questo numero è senzaprecedenti) proposti da enti e istituzioni internazionali. Questemostre, allestite in tutto il territorio veneziano, ci fanno constatarel’esistenza di fatto, oltre ai Giardini e all’Arsenale, di una terza sededella Biennale: la città di Venezia.Va detto che a questa vera e propria “flotta” rappresentata dallamostra internazionale della Biennale, si affiancheranno in lagunainiziative di altri: da quelle tradizionali della Guggenheim a quelledell’istituzione di Palazzo Grassi con la sua nuova apertura dellaPunta della Dogana, alle iniziative della Fondazione Musei Civici,alle altre mostre tra cui cito quella della Bevilacqua La Masa dedicataproprio a un nostro Leone d’oro. Ricordo poi di passaggio chesono in via di ultimazione i lavori per il restauro dell’Accademiacon il cortile del Palladio, i lavori per il Museo Vedova, i lavori dicompletamento delle sale espositive della Fondazione Cini, le qualitutte concorreranno con la Biennale a fare di Venezia un ineguagliatoarcipelago di iniziative nel campo delle arti, in particolareproprio dell’arte moderna e contemporanea.Per dirigere la 53. Esposizione abbiamo scelto Daniel Birnbaum,e abbiamo scelto lui per più ragioni, per la sua già dimostratacapacità curatoriale, ma soprattutto perché lo sentiamo “dallaparte degli artisti”, attitudine culturale che egli ha sviluppatoquale responsabile di una Scuola dove da anni vive la ricerca insiemealla realtà quotidiana degli artisti. È il più giovane direttore delSettore Arti Visive della nostra storia, e chi ha più futuro davanti asé forse sa analizzare meglio il presente, può assumersi maggiori rischi,all’insegna della qualità e della libertà. Tutto ciò in un’epocain cui ci pare opportuno affermare con particolare sottolineatura cheil ruolo fondamentale della Biennale, alla base del suo prestigio,non è quello di segnalare l’andamento delle quotazioni di mercatodell’arte, ma di osservare dove stanno andando gli artisti e, attraversol’arte, dove sta andando il mondo. Non è quello di dar consigliper le scelte immediate di collezionisti privati o pubblici, né diconsacrare ufficialmente artisti alla moda, ma di indagare con spiritodi ricerca, fermo il criterio della qualità, le scelte degli artisti,i fili che legano gli artisti tra loro, e quelli che legano la loro operacon la nostra capacità di conoscere meglio, o percepire meglio, ilmondo nel quale viviamo. Ben si addice a questa finalità la sceltadel titolo che Daniel ha voluto dare alla 53. Esposizione – Fare Mondi– e la sua qualificazione: l’artista fa mondi, non oggetti.Fare Mondi // Making WorldsDANIEL BIRNBAUM, direttore dell’EsposizioneUn’opera d’arte è più di un oggetto, più di una merce. Rappresentauna visione del mondo e, se presa seriamente,deve essere vista come un modo di “costruire un mondo”.Pochi segni tracciati su un foglio, una tela appena dipinta, unacomplessa installazione, possono essere paragonati a diversi modi difare mondi. La forza della visione non dipende dal tipo o dalla complessitàdegli strumenti messi in gioco.Fare Mondi // Making Worlds è una vasta mostra, non divisa insezioni, che articola temi diversi assemblati in un’unica struttura.Sono presenti tutti i linguaggi: installazioni, video e film, scultura,performance, pittura e disegno, e anche una parata. La mostra creanuove realtà artistiche che si spingono oltre le aspettative delle istituzionie del mercato dell’arte. L’enfasi posta sul processo creativoe sulle cose nel loro farsi non esclude una ricca esperienza visiva. Lapittura, nel suo significato più vasto, e il ruolo del linguaggioastratto sono indagati da artisti di differenti generazioni, inclusiquelli che non si definiscono propriamente pittori, come Tony Conrad,Ulla von Brandenburg, Cildo Meireles, Michelangelo Pistolettoe Wolfgang Tillmans. Questi artisti combinano la sensibilitàpittorica con l’esplorazione dello spazio, in senso psicologico, architettonicoe urbanistico. Fare Mondi mette in mostra l’intero panoramadelle strategie artistichedi oggi, una pluralità indicatagià dal titolo. Presenta inoltrenumerose e ambiziose installazionisite specific.[49-50] Michelangelo Pistoletto,Seventeen Less One, 2008, courtesyGalleria Continua, San Gimignano /Beijing / Le Moulin e, a destra, Ullavon Brandenburg, Installation withcoloured curtains, 2007.9


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>La mostra è ancorata alla storiadell’arte contemporanea graziealla presenza di artisti come AndréCadere, Öyvind Fahlström,Gordon Matta-Clark, YokoOno, Blinky Palermo e LygiaPape, fonti di ispirazione per gli[51] Öyvind Fahlström, L’ultima artisti più giovani. Negli annimissione del dottor Schweitzer, recenti sono stati spesso al centrodi vivaci discussioni all’in-1964-1966.terno della comunità artistica.Numerosi lavori concepiti per la mostra sono presentati neiluoghi tradizionali del Palazzo delle Esposizioni ai Giardini e all’Arsenale.Qui, nello splendido Giardino delle Vergini, i lavori dialcuni artisti – Simone Berti, Bestué/Vives, Nikhil Chopra, LaraFavaretto, William Forsythe, Dominique Gonzalez-Foerster, TamaraGrcic, Miranda July, Koo Jeong A., Att Poomtangon e Sara Ramo– sono valorizzati dalla straordinaria vegetazione che caratterizzaquesto spazio, dove strutture architettoniche sono rimasteinutilizzate per decenni. Quest’area, finora inesplorata, apre la mostraa nuove suggestioni, offrendo continue sorprese e scenari poeticiunici per interventi creativi.[52-53] Tamara Grcic, Site specific.Gaggiandre, Arsenale, 2009 e, a destra,Miranda July, Pedestal for a Daughter.[54-55] Xu Tan, Wine for the 9thof September, 2005-07, courtesyVitamin Creative Space, Guangzhou.B I E N N A L E & D I N T O R N ILa Biennale ha deciso che il Palazzodelle Esposizioni sia centro diattività permanenti e, per questo, parte dell’edificio è stato attrezzatodi nuove strutture. Per lanciare questa idea mi è stato chiesto, perarredare tali strutture, di invitare artisti che in tal modo partecipanoalla mostra. Il compito è stato affidato a Massimo Bartolini perlo spazio educational, a Tobias Rehberger per il bar caffetteria e aRirkrit Tiravanija per il bookshop, tre principali protagonisti della ricercache esplora le zone di confine tra arte, design e architettura.Uno degli obiettivi della mostra è dare inizio a progetti che vadanooltre le tradizionali discipline, come ad esempio Key WordSchool di Xu Tan, attività educational ai Giardini; una parata di ArtoLindsday che ha avuto luogo il 5 giugno tra le diverse sedi espositive;il Moscow Poetry Club, progetto letterario che coinvolge ungran numero di poeti riconosciuti a livello internazionale.La natura interdisciplinare della Biennale è rinforzata da questaespansione delle forme assunte tradizionalmente da una mostrad’arte, proponendo possibili contaminazioni tra arti visive, danza,cinema, musica e architettura. Incentrata su forti contributi individuali,la mostra delinea ugualmente un certo numero di temi chericorrono in molti progetti. La ricerca architettonica e visionaria diYona Friedman è un modello per gli artisti più giovani, presentenei disegni di Marjetica Potrc e nella grande scultura di Tomas Saracenodestinata allo spazio centrale del Palazzo delle Esposizioni.La volontà di andare contro l’ossessione per l’aura attribuita all’originalitàdell’opera d’arte è evidente in Instruction Pieces di YokoOno, nei primi multipli diÖyvind Fahlström, nelledecorazioni riprodotte meccanicamentenelle carte daparati di Thomas Bayrle enei lavori di AleksandraMir che esplora nuove formedi espressione del pro-[56-57] Tomas Saraceno, Galaxy FormingAlong Filaments..., 2008 e, a sinistra,Thomas Bayrle, Conveyor Belt, 2007-08,courtesy Galerie Barbara Weiss, Berlino.prio immaginario visivo.Quando Fare Mondi reintroduceespressioni di un recente passato nonlo fa in maniera nostalgica, ma pertrovare strumenti per il futuro e perrendere possibili nuovi inizi. Nelsuo contributo al catalogo, l’artista Philippe Parreno si chiede:“Siamo davvero costretti a descrivere ciò che è già stato descritto?Il nostro universo si costituisce di queste descrizioni piuttosto chedel mondo o dei mondi esterni? Il fare mondi così come noi lo conosciamoparte sempre dai mondi che abbiamo già sotto mano? Ilfare è davvero sempre un ri-fare?”. Fare Mondi è una mostra guidatadall’aspirazione a esplorare i mondi intorno e davanti a noi.PADIGLIONE ITALIAIl nuovo Padiglione Italia all’Arsenale, formato dall’unione deglispazi dell’ex Padiglione Italiano e di un secondo edificio, accoglienei suoi 1800 metri quadrati di superficie la mostra COL-LAUDI. Omaggio a F.T. Marinetti, a cura di Beatrice Buscaroli e LucaBeatrice, a cui sono stati invitati a partecipare, con opere appositamenterealizzate: Matteo Basilé,Manfredi Beninati, Valerio Berruti,Bertozzi&Casoni, NicolaBolla, Sandro Chia, Marco Cingolani,Giacomo Costa, Aron[58] Valerio Berruti, La figlia diIsacco, 2009.10


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[59-60] Sandro Chia, See ThruTrombone, 2006 e, in basso, NicolaVerlato, <strong>The</strong> death of James Dean,from a drawing of Andy Warhol,2009, courtesy Bonelli ArteContemporanea, Mantova.Demetz, Roberto Floreani, DanieleGalliano, Marco Lodola,MASBEDO, Gian Marco Montesano,Davide Nido, Luca Pignatelli,Elisa Sighicelli, Sissi, NicolaVerlato e Silvio Wolf.Collaudi, titolo di un testoletterario fondamentale all’internodella meditazione esteticadi Filippo Tommaso Marinetti,è la suggestione con cui, acent’anni dalla nascita del Movimento,si propone un gruppo diartisti italiani, prevalentementetra i trenta e i cinquant’anni. L’ideadi fondo intende restituireal Futurismo il ruolo centralenella storia dell’arte contemporaneaitaliana e rendere omaggiosia al fondatore che ai suoi maggioriprotagonisti.“È la vitalità nel presenteche ci interessa del Futurismo, –spiegano i curatori – prima eunica avanguardia italiana delNovecento. Un movimentoaperto alla coesistenza di tutti ilinguaggi, da quelli classici comela pittura e la scultura, allesperimentazioni avanguardistedel cinema d’artista, della fotografia,della performance, dei materiali anomali. Questa visione senzabarriere precostituite è proprio quella che abbiamo voluto adottare,prestando molta attenzione alle opere, non al simulacro dell’operao al nome dell’artista”.Tutti i linguaggi dell’arte contemporanea – pittura, scultura,nuove tecnologie, video, installazioni, performance – hanno avutoorigine nel Futurismo: un’origine sia teorica che pratica. Gli artistisono invitati a meditarne e a sviluppare le suggestioni che ancorapromanano da un movimento le cui potenzialità, vitalità, possibilità,non possono considerarsi esaurite nel secolo scorso.LEONI D’ORO ALLA CARRIERAB I E N N A L E & D I N T O R N IGli artisti Yoko Ono e John Baldessari – fra le più importantipersonalità nell’arte del nostro tempo – sono i dueLeoni d’oro alla carriera della 53. Esposizione Internazionaled’Arte. Il riconoscimento è stato consegnato ai due artistia Venezia sabato 6 giugno, nel corso dell’inaugurazione dellaBiennale.“I Leoni d’oro alla carriera celebrano due artisti il cui lavoro all’avanguardiaha aperto nuove possibilità di espressione poetica,concettuale e sociale per gli artisti di tutto il mondo, che si esprimonoattraverso ogni linguaggio”, ha dichiarato Daniel Birnbaum.“Yoko Ono e John Baldessari hanno dato forma alla nostra comprensionedell’arte e al suo rapporto con il mondo nel quale viviamo.Il loro lavoro ha rivoluzionato il linguaggio dell’arte e rimarràfonte di ispirazione per le generazioni a venire”.Yoko Ono (Tokio, 1933) è unafigura chiave nell’arte del dopoguerra.Pioniera della performance art edell’arte concettuale, è oggi una delleartiste più influenti. Molto primadi diventare un’icona della culturapopolare, ha sviluppato strategie artisticheche hanno lasciato una tracciaduratura sia nel suo nativo Giapponesia in Occidente.John Baldessari (California, 1931) è uno dei più importanti artistivisivi di oggi. Spesso ritenuto il più autorevole docente d’artedei nostri tempi, ha innanzituttosviluppato un proprio specifico linguaggiovisivo. Dagli anni sessantaha lavorato in molte discipline e harealizzato un eccezionale corpus d’opereche ha ispirato diverse generazionidi artisti.EVENTI COLLATERALI[61-62] Yoko Ono e, in basso,John Baldessari.ADACH Platform for <strong>Venice</strong> [fino al 15 ottobre]Arsenale Novissimo, Spazio <strong>The</strong>tis, Capannone 108L’ADACH Platform vuole porsi come articolato punto d’incontro per la produzioneartistica, con una rassegna di arti visive e di cultura contemporaneadal punto di vista di Abu Dhabi/EAU e non solo.Alessandro Verdi: navigare l’incertezza [fino al 22 novembre]Arsenale, Castello <strong>21</strong>26La vita si situa in collisione tra spazio e tempo ed eros e thanatos e in questoincrocio l’uomo cerca l’intensa somma delle proprie emozioni, come nelleopere di Alessandro Verdi. Egli adotta un movimento di negazione spaziale,fino a un protagonismo maniacale della figura occlusa sopra la sostanzabidimensionale dello spazio pittorico.Alviti Vertigo [fino al 9 agosto]Archivio di Stato, San Polo 3002La mostra comprende sette sculture in bronzo di Cristiano Alviti, rappresentanticorpi, crisalidi e teste, e dieci opere su ferro e pannelli di legno diPatrizio Alviti raffiguranti corpi di donne.ArtSway’s New Forest Pavilion [fino al 28 giugno]Palazzo Zenobio, Dorsoduro2596La mostra presenta opere di JordanBaseman, Alex Frost, Dinu Li,Hannah Maybank e NathanielMellors, artisti che hanno effettuatouna Production Residency o ricevutouna commissione da ArtSway,una struttura che sostiene nuovi talenti,favorendo un approccio liberoalla creatività.[63] Alex Frost, Supplement(Slimatee), 2007, courtesy Sorcha,Dallas.11


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Atta Kim: On-Air[fino al 22 novembre]Palazzo Zenobio, Dorsoduro 2596Atta Kim è filosofo e uomo di pensieropiù che artista. Le sue fotografie di cittàraffigurano le dicotomie naturali dellospazio, della materia e del tempo, accennandoa una realtà crepuscolare.Biblioteca [fino al 22 novembre]Fondazione Gervasuti, Castello 994L’installazione dell’artista coreana Woojung Chun presenta una bibliotecaimmaginaria con scaffali, scrivanie e altre attrezzature di uso comune,identificabili come simboli di una conoscenza acquisita e organizzata e comeambito di un’indagine che affronta questioni sfuggenti: teorie irrisolte,narrative inesplicate e dibattiti filosofici insoluti.Braco Dimitrijevic. Post Storia Futura [fino al 22 novembre]Ca’ Pesaro, Santa Croce 2076 e Ca’ Farsetti, San Marco 4137Con la serie di opere Casual Passer-by e il libro Tractatus Post Historicusdel 1976 l’artista ha introdotto il concetto di Post Storia: il tempodella convivenza di valori e modelli diversi, il tempo dell’osservazione damolteplici punti di vista, uno spazio in cui non vi è una verità finale.Casamata [fino al 22 novembre]Isola di San Servolo, cortile ingleseInstallazione di sculture in bronzo di Piergiorgio Colombara. Casamata ècasa simbolo di memorie di coloro che in questo luogo hanno vissuto nella malattiae nell’isolamento. L’abbandono del corpo, l’assenza, che nelle formevuote ne evocano la vita, per fermarla per sempre nella materia del bronzo.Create & Change: Internal = External, 1 = ![fino al 22 novembre]Palazzo Pisani, Cannaregio 6104L’artista taiwanese Lee Sun-Don presenta un work in progress duranteil quale sarà completato ciascun dipinto. Un percorso espressivo inedito,ispirato da una visione buddista del processo creativo.Danger! Museum [fino al 22 novembre]Palazzo Bollani, Castello 3647L’evento consiste in un’installazione del duo di artisti russi Vladimir Dubossarskye Alexander Vinogradov che da quindici anni vanno esplorandole potenzialità della pittura scavando nel patrimonio dell’arte sovietica edel realismo sociale; sono gli artisti che a metà degli anni novanta hanno“reinventato” il gusto della pittura in Russia.De-Forme [fino al 22 novembre]Fondazione Gervasuti, Castello 994La deformazione costituisce un aspettofondamentale dell’espressione creativa; essacombina il comico e il grottesco con proporzionie spazialità che deviano dallanorma. Al progetto partecipano JanetCardiff & George Bures Miller, OliverClegg, Mat Collishaw, John Isaacs,Alastair Mackie, Tim Noble & SueWebster, Jamie Shovlin, Gavin Turk.[64] Atta Kim, Champ-ElyseesAvenue, 2008.[65] Tim Noble & Sue Webster,Spinning Heads, 2005.B I E N N A L E & D I N T O R N IDétournement Venise 2009 [fino al 22 novembre]Varie sedi a Venezia e in LagunaL’evento celebra il dialogo tra scienza, ricerca, arte e architettura, coinvolgendoartisti e intellettuali quali “archivisti della memoria”. I siti presceltirappresentano la ricchezza del patrimonio architettonico di Venezia: palazzi,archeologie industriali, aree dismesse, chiese, il ghetto ebraico, in unprogetto di demarcazione urbanistica tra spazio e tempo.Divano Orientale-Occidentale. Arte contemporaneadall’Afghanistan, Iran e Pakistan [fino al 22 novembre]Scuola Grande della Misericordia, Cannaregio 3599/aLa mostra presenta opere contemporanee di artisti, giovani e affermati, eanalizza i legami fra le tradizioni artistiche di Venezia e l’eredità artisticapersiana, rivelando le interconnessioni che legano Oriente e Occidentenella vita e nell’immaginazione.Divergence: Exhibits from Macao, China [fino al 22 novembre]Scoletta San Giovanni Battista e SS. Sacramento, Castello 3811/bLa mostra presenta tre opere – Space in Flux di Gigi Lee Yee Kee, EurAsiaAirways Limited di Bonnie Leong Mou Cheng & Kitti Leung MouKit, Timeless Tunnel di João Ó Bruno Soares – che esemplificano comegli artisti di Macao reagiscono ai rapidi cambiamenti della società.Foreign Affairs: Artists from Taiwan [fino al 22 novembre]Palazzo delle Prigioni, Castello 4209Attraverso il lavoro di quattro artisti,Hsieh Ying-chun, Chen Chieh-jen,Chang Chien-Chi e Yu Cheng-Ta, lamostra indaga su tematiche economiche,sociali e politiche contemporanee, mediantel’impegno a lungo termine degliartisti e le loro pratiche in “altri” luoghi,affrontando anche questioni diidentità e di comunicazione.Glass Stress [fino al 22 novembre]Palazzo Cavalli Franchetti, San Marco 2842 e Scuola Grande di SanTeodoro, San Marco 4811La mostra, presentando le esperienze con il vetro di una serie di artisti contemporaneiinternazionali, intende sondare il rapporto tra l’artista e questomateriale per fornirne una prospettiva artistica del tutto nuova.Il Mito. Marc Quinn[fino al 27 settembre]Casa di Giulietta, via Cappello 23,Verona e siti storici a VeronaL’artista si confronta con il mito di Romeoe Giulietta e la tematica dell’Amorenelle sue interpretazioni contemporanee,con un percorso espositivo nei siti storicidi Verona che culmina nella dimoradi Giulietta.[66] Chang Chien-Chi, ChinaTown: a New Arrival HasDinner..., 1998.[67] Marc Quinn, Siren, 2008.Is It Possible? Nature and Economy Together[fino al 22 novembre]Arsenale Novissimo, Spazio <strong>The</strong>tisLa mostra coinvolge due artisti. Marco Bagnoli con La Parola (come la12


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Colonna ogni parola nel silenzio una colonna) esplora la natura, intesaa tutto campo, pone domande e cerca risposte. Vitantonio Russo, conEconomic Art – To Open the Debate, attraverso l’installazione-postazioneGlossary e dibattiti, tenta un’equa distribuzione di beni fruttiferi.Boyce ha trasformato lo splendore ormai svanito di un palazzo del Quattrocento.No Reflections ne comprime lo spazio interno ed esterno echeggiandola natura labirintica di Venezia e dando origine a una sensazioneacuta di smarrimento e abbandono.John Cale: Wales at <strong>Venice</strong> [fino al 22 novembre]Ex birreria, Giudecca 800/gPortando la poesia e la performance auna dimensione catartica, John Calepresenta una nuova installazione audiovisiva,commissionata per l’occasione, che[68] John Cale, Garnant, SouthWales, 2008.riguarda sia l’ambiente fisico del Gallessia la ricca storia bardica, parte intrinsecadella sua cultura.John Gerrard. Animated Scene [fino al 30 settembre]Isola della CertosaTre sculture virtuali sotto forma di proiezioni a muro in grande scala. Basatesulla documentazione realizzata dall’artista dei paesaggi agro-industrialidella Grande Pianura americana, le opere sono un pacato omaggioall’età del petrolio e alle sue profonde conseguenze politiche e sociali.Krossing [fino al 22 novembre]Galleria Contemporaneo, Piazzetta Mons. Olivotto 2, MestreForte Marghera, Via Forte Marghera 30, MestreSala San Leonardo, Cannaregio 1584Isola di Sant’Erasmo, Torre MassimilianaEsposizioni e laboratori attraverso il territorio veneziano. Una rete di eventiche dai luoghi marginali della città storica guarda anche ad altri luoghi,attraversati ora da migrazioni e trasformazioni profonde. Come ilKurdistan a cui è dedicata una delle “stazioni”.L’anima della Pietra (1995-2009)[fino al 20 ottobre]Palazzo Loredan, San Marco 2495Fabrizio Plessi realizza una video-installazionenella quale i busti ottocenteschidel “Panteon Veneto” sono rivisitati:esempio di ibridazione fra storia e contemporaneità.Plessi esplora la teoria michelangiolescasecondo la quale la materiagrezza contiene l’opera finita. Unviaggio creativo sostenuto dall’intuito,dalla forza creativa e dalla profondapassione.[69] Fabrizio Plessi, L’animadella pietra, 1995-2000.Mercury House One. Save the Poetry [fino al 15 settembre]Isola di San Servolo, Piazza Baden PowellMHO è un “luogo-concetto”, sospeso tra arte e tecnologia. Progettato da Architectureand Vision, scolpito da Marco Nereo Rotelli con l’antico linguaggioRongo-Rongo dell’Isola di Pasqua, questa caverna tecnologica,realizzata in puro marmo, difende l’identità dei linguaggi ed è un innopoetico per regalare emozione e infondere empowerment “verso” il futuro.No Reflections [fino al 22 novembre]Palazzo Pisani Santa Marina, Cannaregio 6104In una serie di opere nuove che si riferiscono al paesaggio edificato, MartinB I E N N A L E & D I N T O R N I“Padiglione Internet” by Miltos Manetas [fino al 22 novembre]www.padiglioneInternet.comÈ il primo padiglione internet che la Biennale abbia mai avuto. Concepitodall’artista d’origine greca, è esattamente l’opposto di un padiglione definitodai concetti di confine e di nazione.Palestine c/o <strong>Venice</strong> [fino al 30 settembre]Convento dei Santi Cosma e Damiano, Giudecca 619Gli artisti Taysir Batniji, Shadi Habib Allah, Sandi Hilal & AlessandroPetti, Emily Jacir, Jawad Al Malhie Khalil Rabah presentano nuove operecommissionate appositamente per la primaesposizione d’arte contemporanea palestinesea Venezia. La loro arte proponee analizza diverse letture concettuali delleproblematiche locali e globali, attraversoinstallazioni audio e multimediali,performance, opere site specific, animazione,fotografia e video.[71] Ferruccio Gard, Emotionsin Colour, 2009.[70] Emily Jacir, Stazione,2008-2009.Porto d’arti [fino al 27 settembre]Chiesa di Santa Marta, Porto di VeneziaIn un momento critico per la pace nel Mediterraneo,il Porto di Venezia si proponequale luogo d’incontro. Questo eventoha origine da due opportunità convergenti:il recente restauro di una chiesa delDuecento e l’occasione di sottolineare comeVenezia non corrisponda allo stereotipodi “vetrina”, bensì continui ad esserecentro di produzione culturale degno dellasua grande storia.Remote Viewing by Susan MacWilliam [fino al 22 novembre]Istituto per l’Infanzia Santa Maria della Pietà, Castello 3701L’artista sceglie come tema il paranormale e se ne serve per indagare casi distraordinarie percezioni sensoriali. Il suo lavoro abbraccia la ricerca su mediume sensitivi, la visione a raggi X e la percezione dermo-ottica.Sant’Elena. La seduzione nel segno [fino al 30 settembre]Sant’Elena, Campo della Chiesa 3Il progetto si articola sul dialogo tra l’installazione dell’artista americanoRichard Nonas e le opere di cinque artiste: Marya Kazoun, Minjung Kim,Maria Elisabetta Novello, Svetlana Ostapovici, Gaia Scaramella. Unamostra di sculture e installazioni.Tempio della Sublime Bellezza [fino al 23 agosto]Sala San Tomaso, Castello, Campo Santi Giovanni e PaoloSupereroi della cultura popolare trasformati in Budda e divinità tantricheabiteranno temporaneamente nella sala. L’artista taiwanese Yang Maolin,attraverso il loro mondo di giustizia e bellezza, analizza la proliferazionedi elementi semi-religiosi nella cultura contemporanea.13


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong><strong>The</strong> Fear Society. Pabellón de la Urgencia.Un progetto dalla regione di Murcia [fino al 30 settembre]Arsenale Novissimo, Tese di San Cristoforo, Tesa 92La nostra società può essere definita come “società della paura”. L’idea diquesto progetto è presentare un genere d’arte in grado di riflettere gli attualitempi drammatici. Artisti di diverse generazioni partecipano alla mostracon il comune intento di illustrare cosa significa la “società della paura”.Unconditional Love [fino al 5 novembre]Arsenale Novissimo, Tesa 89<strong>The</strong> Feast of Trimalchio, il nuovo videodel gruppo AES+F, e opere di MarinaAbramovic, Samuel Adams, ArtistsAnonymous, Angelo Bucarelli, AristrakhChernyshov, Wim Delvoye, DashaFursey, Miltos Manetas, AlmagulMenlibaeva, Angelo Musco, YoussefNabil, Velena Nikova, Jaume Plensa,Olympia Scarry, Olga Soldatova, VadimZakharov.Venezia, Catalunya. La città inconfessabile[fino al 22 novembre]Magazzino del Sale n. 3, Dorsoduro 264Ispirato dall’omonimo libro di Maurice Blanchot, <strong>The</strong> UnavowableCommunity (La comunità inconfessabile) è un progetto che analizza leforme d’intervento sociale adottate da pratiche artistiche contemporanee chesi svolgono sotto l’insegna del comunitarismo.Venezia Salva. Omaggio a Simone Weil[fino al 20 settembre]Magazzino del Sale n. 4, Dorsoduro265Le artiste Accardi, Barbarigo, Benedini,Bentivoglio, Berardinone, Bernardone,Blank, Boero, Bonvicini, Campesan,Catania, Del Ponte, Diamantini, Favaretto,Fioroni, Gandolfi, Lai, Marcucci,Montessori, Moro, Puglioli, Rama,Ricciardi, Rossi, Sassi, Squatriti,Torelli espongono opere ispirate a VeneziaSalva.<strong>Venice</strong> <strong>International</strong> University. A Gift to Marco Polo:Arte Contemporanea dalla Cina [fino al 22 novembre]Isola di San ServoloAlla mostra partecipano nove fra i più rinomati artisti cinesi contemporanei– Zhang Xiaogang, ZhouChunya, He Duoling, WangGuangyi, Fang Lijun, YueMinjun, Zhang Peili, WuShanzhuan e Ye Fang – che fondonoelementi orientali e occidentalifornendo un’interpretazione dell’arteitaliana, della cultura europea edella civiltà occidentale con opere cheriflettono la modernità in Cina.[72] AES+F, <strong>The</strong> Feast ofTrimalchio, 2009, courtesyTriumph Gallery, Moscow.[73] Cloti Ricciardi, VeneziaSalva, 2009.[74] Zhang Xiaogang, How toBecome Marco Polo, 2009.B I E N N A L E & D I N T O R N IMundus Novus. Arte contemporaneadell’America LatinaArtiglierie dell’Arsenale, fino al 22 novembreAnche quest’anno, come ormai da alcune edizioni dellaBiennale, <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong> patrocina il Padiglione dell’IstitutoItalo-Latino Americano (IILA) che rappresenta artistidi dieci paesi: Bolivia, Colombia, Costa Rica, Cuba, Ecuador,El Salvador, Guatemala, Honduras, Perù, Repubblica Dominicana.Il Padiglione dell’Istituto Italo-Latino Americano, seguendo latematica della 53. Esposizione Internazionale d’Arte – Fare Mondi// Making Worlds, affronta il tema Mundus Novus. Arte Contemporáneode América Latina.Alla curatrice Irma Arestizábal, mancata all’improvviso a metàmaggio di quest’anno e considerata una delle massime esperte almondo di arte latinoamericana, viene dedicato il Padiglione che havoluto fortemente e ha curato con la consueta dedizione e passioneselezionando un gruppo di artisti di grande valore che hanno saputointerpretare il tema con forza e poesia.Come lei stessa ha scritto nel catalogo, gli artisti che creano dall’AmericaLatina lo fanno tenendo sempre ben presente la storia,l’ambiente, il mondo vegetale e quello animale della loro terra, lecittà, così particolari, dove regna il “caos” e dove gli edifici neoclassiciconvivono con la foresta fittissima, dove tutto ciò che è“neo” (neo-gotico, neo-romanico) non costituisce più un atto voltoal recupero della propria nazionalità ma uno status symbol. Accantoalla propria storia è presente anche la storia mondiale. Le credenze,gli dei, le religioni precolombiane e il cattolicesimo imposto dalconquistatore costituiscono anch’essi degli spunti per nuove opere,mentre numerose creazioni racchiudono in sé tic, vizi sociali e problemisocio-politici.Seguendo le direttive del Direttore del Settore Arti Visive, DanielBirnbaum, il Padiglione non è diviso in sezioni ma si presentacome un’unica mostra in cui diversi temi si intrecciano in unaunità organica e articolata e dove le opere dialogano fra loro e lospazio stesso.La mostra Mundus Novus è stata pensata attentamente per metterein mostra le diverse modalità in cui gli artisti latinoamericaniinventano e reinventano il proprio mondo, elaborando le proprietradizioni e le diverse influenze di cui tali modalità si nutrono, perdare corpo a opere che oggi pongono più domande che risposte einseriscono paradossi laddove a volte taluni hanno creduto di trovareconclusioni e certezze.Alberto Baraya (Colombia) da diverso tempo lavora al progettoEl herbario de plantas artificiales, work in progress che rielabora i viaggiscientifici dei secoliXVIII e XIX.Per la 53. EsposizioneInternazionale[75] Alberto Baraya,Expedición a Venecia(fotomontaggio), 2009,courtesy Galería NaraRoesler San Paolo delBrasile e Galería AlCuadrado Bogotá.14


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>d’Arte Baraya crea una Expedición a Venecia, affiancando fiori e piantedi vetro di Murano alle imitazioni made in China che si trovanonelle zone turistiche della città lagunare.Fernando Falconi (Ecuador) nella sua installazione Olimpo fa suala figura del vulcano Chimborazo, emblema geografico e storicoamericano. Davanti al video lospettatore vede i ghiacci eternisciogliersi (come tante verità eaffermazioni) nel lago che siestende ai piedi del colosso.Gli dei di nuovi mondi sonorappresentati nel Kukulcan diDarío Escobar (Guatemala). Seguendola sua linea di ricercasulla ricontestualizzazione dell’oggetto,Escobar costruisce la[76] Fernando Falconi, Olimpo,2006.coda di un Quetzalcoatl rosso, il mitico serpente piumato, con copertonidi biciclette.Luna de papel (Yo creo como hablo) di Paul Ramírez Jonas (Honduras),oltre a farci pensare alla luna e ai suoi quarti calanti, diversinell’emisfero sud, ci parla del recupero della parola, in questo casouna frase – Io creo come parlo. ABRACADABRA –, come ricostruzioneconcettuale dell’immagine. Ramírez Jonas è convinto che leggeresia un atto di libertà, ma qui, con l’opera che espone, più che leggerepresenta testi da leggere.[77-78] Paul Ramírez Jonas, Luna de papel (Yo creo como hablo), 2009,totale e particolare, courtesy Alexander Gray Associates, New York e GalleriRoger Bjorkholmen, Stoccolma.La Nube di Ramsés Larzábal (Cuba) costituisce una prova dellavocazione costruttiva dell’arte latinoamericana. Vocazione costruttivache guida tutta la produzione di Luis Roldán (Colombia), cheevoca una dimensione lirica ed esistenziale della vita urbana nellasua opera, costituita quasi esclusivamente da frammenti.B I E N N A L E & D I N T O R N I[81-82] Carlos Garaicoa, Bend City, 2008,courtesy Galleria Continua, San Gimignano /Beijing / Le Moulin. In basso, Raquel Paiewonsky,Mutantes, particolare, 2009.Un’altra visione dellacittà latinoamericanaè presente nellenuove città di CarlosGaraicoa (Cuba), chegioca con l’architetturacome fosse unbiografo di un luogo,costruendo cittàdi cera, di luce, dimattoni e di carta. Imondi popolati darari esemplari e darazze diverse si riflettono nei Mutantes diRaquel Paiewonsky (Repubblica Dominicana),che fondono elementi della vita urbana,stereotipi di genere, la natura, la spiritualitàe i nostri istinti.I colori delle piante, degli uccelli e deicieli del nuovo continente donano una diversacolorazione a pitture e tessuti, comesperimentiamo nell’opera di Federico Herrero(Costa Rica) che, in un tripudio di gestie tinte, colora gli spazi in cui opera a seconda dei propri sentimenti.Gastón Ugalde (Bolivia), utilizzando i ponchos Aymara e Inca,crea uno stupendo insieme di colori, trame e orditi che parla delsincretismo culturale, di tesori propri e conquistati.[83-84] Federico Herrero, Barco, 2008, courtesy Galeria Sies + Hoeke,Düsseldorf e, a destra, Gastón Ugalde, Marcha por la vida, 1992-2009.Lo spazio “nuovo” del tromp l’œil di Nils Nova (El Salvador)utilizza la fotografia come un mezzo che costruisce la realtà/finzione.In quest’opera Nova sfida la prospettiva classica, cambiandola visione e le proporzioni dello spazio del Padiglione latinoamericano,che è proiettato quasi all’infinito. Lo stesso spazio e leopere del Padiglione si riflettono nel dipinto di Sandra Gamarra(Perù), che mostra i sogni, le idee e i progetti dei nostri artisti riassumendonella sua tela i nuovi mondi creati in questo spazio dell’Arsenale.[79-80] Ramsés Larzábal, Nube, 2009 e, a destra, Luis Roldán, Dominiosdel lobo (fotomontaggio), 2009.[85-86] Nils Nova, Después y antes, fotomontaggio, 2009 e, a destra, SandraGamarra, I nuovi oranti, 2009, courtesy Galería Lucía de la Puente.15


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Yoko Ono. Anton’s MemoryFondazione Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, fino al 20 settembre[90] Sky Tv for Hokkaido,1966-2008.Nota dalla prima metà degli anni sessanta come performerd’avanguardia e una delle fondatrici di Fluxus, YokoOno ha costruito un’esposizione che vuole essere un vastoaffresco della sua pratica artistica.Il titolo della mostra rimanda“alla vita di una donna vista attraversogli occhi del figlio e della suadebole memoria”, come afferma laOno stessa.L’esposizione, pensata appositamenteper gli ambienti di PalazzettoTito, comprende un continuo bilanciamentotra lavori vecchi e nuoveopere: film, composizioni sonore,[87-88] My Mommy IsBeautiful, 2004 e, in basso,Touch Me III, 2009.sculture, disegni e dipinti, oltre adalcune installazioni interattive checoinvolgeranno il pubblico stesso.Sono presenti, tra l’altro, molti accennialla materia del corpo e al sensodel tatto: per esempio la scultura Touch Me III contiene, come stipatiin cassetti preziosi, dei frammenti di corpo femminile.Al centro dell’allestimentocompaiono due versioni, una recentee quella originale, di CutPiece, del 1965 e del 2003. Inquesta performance, l’artista concedeal pubblico di tagliare progressivamenteparti del suo abito.Nella prima versione YokoOno ha 32 anni, nella secondane ha 70 e questa differenza dà così modo di vedere la consistenzadelle tracce lasciate su di noi dal passare del tempo.Elmetti militari della seconda guerra mondiale contenenti pezzidi cielo, il video di un tentativo inutile di strapparsi il reggisenoe respirare liberamente (una metafora questa di liberazione femminile),un suono insistente di tosse, tavoli, carte e penne perchéchiunque possa scrivere il proprio pensiero e lasciarne una traccia,il libro di “ricette per azioni artistiche” Grapefruit (1964) lasciatoin giro come un elemento generativo per tutto il resto, nella salamaggiore del palazzetto veneziano tra finestre ogivali aperte sullanatura o chiuse da vetri colorati, tavoli per giocare a scacchi in tuttacalma... tutto questo e altroancora, accanto a una colonnasonora commovente, completanoil percorso della mostra punteggiatoanche dalla mano dell’artistache ha scritto sui muri, [89] Blue Room, 1966.di suo pugno, parole e poesie.L’intero allestimento negli ambienti di Palazzetto Tito formaun insieme unitario che evoca la memoria di Anton. Qualcosa chepossiamo vedere come una storia codificata, cioè la vicenda di un figlioadulto che ripensa, attraverso segni e reperti, alla vicenda esistenzialedi sua madre.B I E N N A L E & D I N T O R N IPer Nora Halpern, curatrice dellamostra, Anton’s Memory rimandaal pensiero di Yoko Onosull’universo, un luogo in cuiogni cosa è connessa al resto, e alregno del tempo in cui tutti viviamo.Attraverso la sua installazionealla Bevilacqua La Masa,come negli altri lavori pensatiper Venezia e per la performanceche prenderà forma al Teatro La Fenice l’11 settembre, l’artista evocamemorie che appartengono al vissuto personale, così come ai desiderie alle relazioni collettive.In occasione della mostra è stato pubblicato un libro d’artistacome estensione durevole infinita della mostra.BREVE BIOGRAFIANata nel 1933 a Tokyo, Yoko Ono è una delle pioniere dell’ArteConcettuale e una delle artiste più influenti del Novecento. Nel1952 è fra le prime donne in Giappone a studiare filosofia. Dallametà degli anni cinquanta si trasferisce a New York, dove prendeparte alla vibrante scena artistica che include, fra gli altri, il compositoreJohn Cage e artisti del calibro di La Monte Young.È proprio con Young che nel 1960 Yoko Ono dà vita a una seriedi incontri nel suo loft vicino Canal Street a cui partecipano nonsolo giovani artisti e musicisti come Jasper Johns, Gorge Maciunas– poi fondatori del movimento Fluxus – e Robert Rauschenberg,ma anche icone del mondo artistico come Marcel Duchamp, MaxErnst, Peggy Guggenheim e Isamu Noguchi.Dall’inizio della sua carriera a oggi, l’opera di Yoko Ono non hamai smesso di influire sulle generazioni degli artisti che le sono seguiti.Il suo impegno per la pace, iniziato col marito John Lennon,non si è mai interrotto, neanche dopo la sua morte.Rebecca Horn. Fata MorganaFondazione Bevilacqua La Masa, Galleria, fino al 20 settembreè una delle poche nel panorama attuale a essersiconfrontata con un numero impressionante di linguaggiL’artistaartistici, dalla performance alla scultura alla poesia, fino alfilm e all’opera lirica. I temi che affronta sono di carattere universale:l’amore, la difficoltà di mantenere la salute fisica e psicologica,il senso della caducità delle cose. È dagli anni settanta che conquesta sua attitudine l’artista è stata una precorritrice importantesia delle pratiche performative, sia dell’installazione ambientale edi una scultura in relazione di dialogo con lo spazio, con la storia,con la politica. In mostra un percorso misterioso ci parla dell’amorecome fata morgana; un’illusione impossibile da evitare, affascinantee pericolosa.Pietre, ali di piume irrigidite da un meccanismo che le fa muovere,un dipinto di grandi dimensioni e altri più piccoli segneran-16


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[94] Rebecca Horn, Fata Morgana.A Flying Stone Following theMercury Carpet Like a Cloud,2009.[91-93] Binoculares Ping Pong, 2008,a sinistra, Amore Continental, 2008 e,in basso, Broken Landscape, 1997.no un percorso poetico e al contempo drammatico. Tra le opere ancheuna nuova versione di Feather Fingers del 1972, incentrata sull’illusionedel tatto e sulle mani. Una penna viene attaccata a ciascundito con un anello di metallo, per far sì, nelle intenzioni dell’artista,che la mano diventi simmetrica (e sensibile) come un’aladi uccello.Secondo Rebecca Horn, in questa opera è come se una manoimprovvisamente diventasse disconnessa dall’altra, come se si trattassedi due esseri senza nessuncollegamento. Questa ealtre opere sono debitricidel senso surrealista della“macchina celibe” e in generaledell’arte cinetica deglianni sessanta, rivisitata inmodo da rendere esplicitol’aspetto di costrizione e ripetizione compulsiva che è proprio diogni movimento meccanico. Una lente che ingrandisce la perla diuna dama rinascimentale, Diane de Poitiers, alla ricerca della sualuce, guida il pubblico verso la comprensione della bellezza e dellavanità delle cose.B I E N N A L E & D I N T O R N IBREVE BIOGRAFIARebecca Horn iniziò a disegnare in tenera età grazie all’insistenzadi una governante. Questo modo di esprimersi e in generale il fareartistico in ogni sua possibile declinazione divenne presto un antidotoessenziale alle avversità della vita.L’artista racconta che dopo la fine della guerra si sentiva odiataperché tedesca. Si appassionò al disegno perché non doveva “disegnarein tedesco, francese o inglese”, ma solo disegnare. A 19 annilasciò gli studi di economia e si iscrisse all’Accademia di BelleArti di Amburgo, che dovette interrompere quasi subito per unamalattia ai polmoni. Nel 1964, mentre viveva a Barcellona, entròdunque in una fase di malattia che coincise anche con la morte deigenitori.Seguì un anno di degenza in ospedale che la costrinse all’isolamentoe a ritornare al disegno. Le prime opere sono quelle che nasconocome riflessione sul proprio corpo indebolito, in particolareprogettando estensioni del corpo ottenute con dei tessuti irrigiditi,poi indossate e filmate in super otto. All’inizio degli anni settantaRebecca Horn ha fissato le sue esperienze in performances, sculture,poesie e film, dando luogo a un’attività sempre ai limiti tra linguaggiartistici differenti. Negli anni seguenti l’artista ha vissuto aNew York, in California, a Parigi, a Venezia e a Berlino, ritornandosolo nella maturità nel suoborgo natale: Bad Konig unpaesino della campagna tedescaa 60 chilometri a sud di Francoforte.Rebecca Horn è stata sempre inseritanelle tendenze artistichepiù rilevanti ma mai inquadratain un gruppo; il suo talento si è espresso nelle maggiori mostre internazionalitra cui: Documenta, la Biennale di Venezia, SkulpturProjekte. Le sue opere hanno presto iniziato ad assumere il caratteredi grandi installazioni ambientali. Uno sviluppo recente delsuo operato è l’impegno per il teatro d’opera. Nel 2008, per il Festivaldi Salisburgo, ha messo in scena come regista e scenografaLuci mie silenziose di Nicola Sciarrino.Robert Rauschenberg. GlutsCollezione Peggy Guggenheim, fino al 20 settembreLa mostra presenta una selezione di circa 40 sculture provenientida istituzioni e collezioni private americane e non solo.Sebbene Rauschenberg sia stato a lungo studiato nelle recentimostre internazionali a lui dedicate, è dal 1995 che non vieneallestita un’esposizione incentrata esclusivamente sulle sue operescultoree.Dopo aver stravolto il mondo artistico con i suoi celebri Combines,fusioni di dipinti bidimensionali con sculture, risalenti alla finedegli anni cinquanta, Rauschenberg esplora, nel decennio succesivol’arte attraverso la tecnologia per coinvolgere attivamente lospettatore, successivamente nelcorso degli anni settanta focalizzal’attenzione su materiali naturali,come carta, cartone e tessuti,per giungere infine neglianni ottanta a concentrare ilproprio interesse artistico sull’esplorazionedelle proprietà visivedel metallo. Assemblandooggetti vari di metallo, o serigrafandoimmagini fotografichesu alluminio, bronzo, ottone, rame,l’artista americano cerca dicatturare le proprietà riflettenti,materiche, scultoree e tematichedel materiale.[95] Blind Rosso Porpora Glut(Neapolitan), 1987, <strong>The</strong> DarrylPottorf Trust.Il primo corpus di opere realizzato con questo nuovo tipo di materialeè Gluts, lavori scultorei iniziati nel 1986 e su cui l’artista lavoraa intermittenza fino al 1995. L’ispirazione nasce da una visitaa Houston in occasione di Robert Rauschenberg. Work from Four Series,17


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[96] Greenhouse Glut(Neapolitan), 1987,Estate of RobertRauschenberg.mostra realizzatapresso il ContemporaryArts Museum inoccasione del 150°Anniversario di indipendenzadal Messico; l’artista è nativo di Port Arthur, cittadinacostiera del Texas. A metà degli anni ottanta l’economia del Texassi ritrova nel bel mezzo di una recessione dovuta a una saturazionedel mercato petrolifero. Rauschenberg prende nota della devastazioneeconomica della regione raccogliendo insegne di distributoridi benzina, pezzi di automobili deteriorate e altri rifiuti industrialidannosi per l’ambiente. Al suo ritorno nello studio di Captiva, inFlorida, Rauschenberg trasforma i detriti raccolti in altorilievi esculture che ricordano i suoi primi Combines.A chi gli chiese di commentare il significato dei Gluts, Rauschenbergrispose: “È il momento dell’eccesso, l’avidità è rampante.Tento solo di mostrarlo, cercando di svegliare la gente. Vogliosemplicemente rappresentare le persone con le loro rovine... Pensoai Gluts come a souvenir privi di nostalgia. Ciò che devono realmentefare è offrire alle persone l’esperienza di guardare alle cose inrelazione alle loro molteplici possibilità”.In molti Gluts è difficile capire cosa l’oggetto, o gli oggetti originali,siano inizialmente stati. In altri, tuttavia, la metamorfosi damero rottame a oggettod’arte poeticorisulta in un lavoroche è meno astratto;gli oggetti in totaledisfacimento mantengonoqualcosadella loro originaleidentità, sebbene ilsignificato dell’assemblaggiocome un[97] Primary Mobiloid Glut, 1988, collezione unico insieme nonprivata.venga reso esplicito.Mona Hatoum. Interior LandscapeFondazione Querini Stampalia, fino al 20 settembreogni volta, quando invito un artista per un progettoalla Querini Stampalia gli chiedo di attraversarele sale della casa-museo, gli spazi espositivi con-“Cometemporanei, la biblioteca e i suoi depositi e di entrare nei magazzini,dove si trovano gli ultimi mobili della famiglia. Lo faccio perchécredo che gli artisti siano capaci di far emergere dal patrimonioculturale che ereditiamo dal passato un filo da riallacciare al presente;ne sono sempre scaturite idee, visioni, opere inedite e inaspettateper gli artisti stessi...” così la curatrice Chiara Bertola in-B I E N N A L E & D I N T O R N Itroduce InteriorLandscape, la mostrarealizzata da MonaHatoum.Nata a Beirut dagenitori palestinesi,l’artista nella metàdegli anni settanta ècostretta a rimanerea Londra per lo scoppiodella guerra civileche le impedisce 2008.[98-99] Misbah, 2006 e, in basso, Static II,di tornare a casa. Divienenota negli anni ottanta per performances e video che si concentranocon grande intensità sul corpo e, agli inizi degli anni novanta,per installazioni che mirano asuscitare nello spettatore contrastantiemozioni di desiderio erepulsione, fascino e timore.Nelle sue opere affronta situazionidi emigrazione, incertezzae conflitto attraverso l’impiegodi oggetti d’uso quotidiano trasformatiin sculture sconosciutee misteriose. Con la destabilizzazionedi forme familiari comesedie, letti e oggetti di cucina,Mona Hatoum crea un “territoriodomestico” dove forme evidentie semplici, rassicuranti eprotettive, divengono messaggiambigui e pericolosi.Interior Landscape, l’opera da cui prende il titolo l’intera esposizione,è esemplificativa di questa visione simbolica di una terra conosciutae profondamente radicata in ognuno di noi, che si trasformain qualcosa di perduto per sempre o di pericoloso, tanto da farvacillare e permearecome un’ossessioneogni atto che scandiscela vita quotidiana.L’immagine storicadella mappa dellaPalestina ritornaimpressa nei vari oggettidi questa installazione,costruitatra le dimensioni del [100] Interior Landscape, 2008.sogno e dell’incubo,tra il desiderio di vedere disegnata questa nazione com’era primache la “smembrassero” e la realtà.La mostra – che comprende 25 opere di cui molte nuove e altreinedite in Europa – si snoda sia nello spazio dedicato alle mostretemporanee che all’interno della collezione permanente del museonell’edificio storico, antica dimora della famiglia Querini Stampalia.Nel museo le opere di Mona Hatoum hanno un effetto “straniante”e attivano una serie di relazioni, distanze, vuoti, rotture...proprio in virtù del loro essere “intruse”.18


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>I lavori esposti si mettonoanche in contrasto con il consuetomodo di fruire un’opera d’arte.Si tratta infatti di opere checostringono a uscire da un rapportodi tranquilla e accoglientecontemplazione – tipica dellafruizione museale – per deragliaree aprire inconsuete associazioni.Un altro grande lavoro, creatoappositamente per lo spaziodella Fondazione, è una delicata [101] Hot Spot III, 2009.e precaria installazione sospesain mezzo alla stanza composta di filo spinato. Nel grande porticocentrale Hot Spot III, un mappamondo di ferro i cui continenti sonoevidenziati da un scintillante neon rosso, è esposto vicino aWorry Beads, il rosario musulmano, presentato in proporzioni giganteschee minacciose perché composto da palle di cannone. I granidel rosario non servono più a scandire il ritmo cantilenante diuna preghiera o di un mantra, ma il loro suono ipnotico ora rimbombacon una serie di colpi precisi e violenti che allertano.Infine, un cubo di filo spinato, ingombro pesante per il pesosimbolico di tutte le “recensioni spinate” che evoca, diventa – efficaceossimoro – così leggero da “levitare” nella stanza, sospeso inmezzo al vuoto. Leggero,resistente, pococostoso – caratteristicheche rendonoil filo spinato potente,tristemente efficacee famoso alla finedell’Ottocento –,in Impenetrable il filospinato è un micidialeingombro ma[102] Cube (9×9×9), 2008.nello stesso tempoanche un’eterea estupefacente architettura dalla forma minimale. Ancora una voltala capacità sintetica di Mona Hatoum riesce a tenere insieme diversilivelli, disattivando in questo caso quello “pericoloso” e “terribile”attraverso la magia e lo stupore.Oltre a queste nuove opere Mona Hatoum ha realizzato una seriedi interventi all’interno della collezione del museo usando glioggetti e i mobili esposti come contenitori o cornici, sia per nuovilavori sia per opere di repertorio dell’artista che, all’interno di questocontesto storico, generano nuove suggestioni.La mostra Mona Hatoum. Interior Landscape è stata ideata comeparte di un ciclo di progetti intitolati Conservare il futuro, dedicatial rapporto fra arte antica e contemporanea, tra un passato da tutelaree un futuro da progettare. La Fondazione Querini Stampaliacrede nell’idea che gli artisti contemporanei possano offrire unaprospettiva differente sul nostro passato e che la nozione di passatorichieda continuamente azione e trasformazione poiché esso è vivo.Mona Hatoum è stata invitata a confrontarsi con la memoria e lastoria della Fondazione e ha creato una mostra che dona un nuovo,vibrante contesto a questo museo.B I E N N A L E & D I N T O R N ILe Nozze di Cana di Paolo Veronese.Una visione di Peter GreenawayFondazione Cini, fino al 13 settembre (chiuso dal 3 al 23 agosto)Peter Greenaway, noto per la sua ricerca intesa a coniugare lastoria dell’arte con il linguaggio cinematografico, dopo laRonda di notte di Rembrandt e l’Ultima cena di Leonardo daVinci, si cimenta con le Nozze di Cana di Paolo Veronese nel CenacoloPalladiano dell’Isola di San Giorgio Maggiore. Questa iniziativaè parte di un progetto piùarticolato che prevede la realizzazionedi un film omonimo –intitolato Le Nozze di Cana – dapresentare in anteprima mondialealla Mostra del Cinema di[103-104] Peter Greenaway e, asinistra, il facsimile delle Nozze diCana nel Cenacolo Palladiano.Venezia.Il facsimile delle Nozze di Cana,realizzato da Adam Lowecon Factum Arte e collocato nelcontesto architettonico originarioper il quale era stato concepito – il Cenacolo Palladiano – offrea Peter Greenaway la possibilità di una nuova e originale lettura,attraverso un sofisticato gioco di immagini,luci, musiche, voci e suoni,che sembrano scaturire direttamentedal dipinto e dalle pareti del Cenacolo.La performance – un vero e propriospettacolo multimediale delladurata complessiva di circa 50 minuti– fa rivivere allo spettatore l’episodiodel banchetto nuziale di Cana,il primo miracolo di Gesù narratonel Vangelo di Giovanni. Greenawaymostra al pubblico i numerosipersonaggi che compongono il dipinto, dai servitori intenti apreparare le pietanze, agli invitati al banchetto, agli ospiti d’onore– Gesù Cristo e la madre Maria – che siedono al centro della composizionepittorica e architettonica, in un crescendo continuo finoal momento topico della narrazione: il miracolo della trasformazionedell’acqua in vino.Per mettere realmente in luce questo straordinario dipintoaffollato da oltre un centinaio di personaggi il cineasta inglese siavvale di una sofisticata tecnologia multimediale.Il pubblico può accedere all’evento a gruppi e in un momentoprestabilito (esattamente all’inizio di ogni ora) per vivere un’esperienzaunica e coinvolgente che – tra teatro, arte e cinema – ponePeter Greenaway tra i grandi artisti mai stanchi di sperimentarenuovi linguaggi enuove forme per ilnuovo millennio.[105] Il pubblico nelCenacolo Palladianomentre assiste allaperformance di PeterGreenaway.19


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Mapping the Studio*ALISON M. GINGERAS e FRANCESCO BONAMIcuratori della mostraPalazzo Grassi e Punta della Dogana, fino a settembre 2010mi recavo nel suo studio, lui allineava gli ultimilavori lungo le pareti, poi si adagiava sulla“Quandogrande poltrona di legno intagliato e si accendevauna sigaretta. Io osservavo un dipinto dopo l’altro, sentendo il suosguardo su di me, in un silenzio carico di aspettative. In quelle occasioni,tra di noi si creava sempre un certo imbarazzo”.Questo breve brano di Night Studio. A Memoir of Philip Gustondi Musa Mayer esprime bene il carattere unico dell’esperienza dellafiglia di un artista cresciuta all’ombra del celebre padre. Benchéindissociabile dalle particolari circostanze della vita di Mayer, il ricordodelle sue incursioni nello spazio creativo del padre, così caricodi tensione psichica, riecheggia quello di chiunque abbia avutooccasione di avventurarsi nello studio di un artista.Un collezionista o un curatore, anche dopo aver celebrato innumerevolivolte questo rito, ha sempre l’impressione di dovercompiere un’esperienza inedita preparandosi ad affrontare il sensodi mistero e d’inquietudine che afferra chiunque penetri nel santuariodi un artista. Occorre soddisfare certi requisiti ed è necessariopossedere una forte capacità di osservazione. Oltre a prenderevisione dei lavori in corso d’esecuzione,si devono osservare i più banalidettagli – brandelli di carta accumulatisul pavimento, pile di libri,strumenti, mobili – dato cheogni particolare può rivelarsi un indizioutile alla comprensione delprocesso creativo.Lo studio è uno spazio sacro. Eper l’artista aprire le porte di questo[106] Il manifesto di Mappingthe Studio.mondo significa mettersi a nudo ericonoscere agli estranei, anchequando sono stati invitati, un certopotere. È il privilegio di cui è investitoil curatore che varca la soglia dello studio dell’artista. La dimensionecritica e di mutua confessione dell’incontro all’internodello studio stabilisce un legame tra l’artista e il curatore. Tra lorohanno luogo transazioni di ordine materiale e simbolico: l’artista siespone in tutta la sua vulnerabilità in cambio dell’accesso al “sistema”.Non solo le sue opere potrebbero essere scelte per una mostra,ma anche la sua pratica artistica potrebbe trovare importanti conferme,beneficiare di critiche costruttive o di una più ampia conte-[107-108] Lo studio di Jeff Koons e, a destra, quello di Mark Bradford, courtesySikkema Jenkins & Co., New York.B I E N N A L E & D I N T O R N I[109-110] Lo studio di Maurizio Cattelane, a destra, l’opera All esposta in mostra.stualizzazione nel quadro della storia dell’arte. A sua volta, il curatoresi trasforma da persona estranea in confidente. Il privilegio diessere ammesso nello studio comporta certe responsabilità. Un curatorenon può limitarsi a difendere o utilizzare i lavori dell’artista,deve anche saper comunicare a un pubblico più vasto il brivido chel’esperienza dello studio procura. Per un curatore, fare in qualchemodo da tramite tra il mondo privato dell’artista e il mondo esternoè un imperativo morale.E il collezionista? Con l’arrivo di questo nuovo protagonista, lavisita allo studio diventa un’esperienza che mette ancora più allaprova il sistema nervoso degli interessati, perché innesca una nuovadinamica tra desiderio di possesso e trauma da espropriazione. Seil privilegio di essere ammesso nello studio permette al collezionistadi immergersi nell’universo privato dell’artista e di conosceremeglio quest’ultimo e il suo lavoro, la possibilità dell’acquisizionegrava minacciosa sul loro rapporto. Il collezionista riveste un dupliceruolo, quello di mecenate che mette a disposizione dell’artistai mezzi necessari alla sperimentazione e quello di fattore di separazione,che minaccia di sottrarre all’autore le sue amate creazioni.Questo processo è molto doloroso per l’artista, ma allo stessotempo lo rinvigorisce. Come altri spazi privati, quello dello studioè suscettibile di essere violato: la cultura collettiva nasce proprio daquesto genere di violazioni della sfera privata.Abbiamo intitolato l’esposizione di opere della collezione PinaultMapping the Studio perché abbiamo tentato di ricostruire le fasidella trasformazione dell’opera d’arte nel corso del suo viaggiodalla sfera intima dell’artista alla collezione privata e poi allo spazioespositivo, dove incontra il suo pubblico. Durante questo percorso,a cambiare non è l’opera d’arte, ma le circostanze in cui vieneesperita.Lo studio può assumere diverse forme, dallo spazio prettamentefisico dell’atelier di un pittore o di uno scultore (si pensi, per esempio,allo studio caotico di Francis Bacon o alla foresta di oggetti dilegno e di marmo del laboratorio di Brancusi) al mondo meno visibiledegli artisti concettuali (la pratica “post studio” di Marcel Duchamp).Se è impossibile ricreare completamente l’esperienza ditutte le incursioni negli spazi creativi che hanno portato alla creazionedella collezione Pinault, come curatori vorremmo che la riunionedelle opere e la loro progressione facessero apparire come perincanto la licenza creativa, le audaci esplorazioni, gli incessanti interrogativie il pensiero intuitivo che sono alla base del processo artistico.In altre parole ci piacerebbe che l’osservatore potesse penetrareidealmente in questo mitico spazio, così carico di passioni.Con Mapping the Studio (2000), un video apparentemente sempliceeppure profondamente poetico, Bruce Nauman ha reso manifestonel tempo e nello spazio filmico il concetto duchampiano di20


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[111] Rembrandt, Il pittore nellostudio, 1629, collezione privata.studio in quanto stato mentale. Utilizzando per diversi mesi unatelecamera di controllo a raggi infrarossi per filmare nel corso dellanotte il suo spazio di lavoro, Nauman ha catturato “le attivitànotturne di topi, falene e altre creature” – come scrive Lynne Cooke– che “offrono una visione ellittica e beffarda delle azioni quotidianeche si svolgono di giorno nello studio, una visione piena di languorema a tratti ricca di intuizione visionaria”.Le immagini confuse e verdastre dei filmati di controllo diventanoun’allegoria del processo mentale dell’artista. Di tanto in tantonel video appare il gatto che dà la caccia ai topi. I suoi inseguimentisono in qualche modo analoghi alla battaglia creativa che sisvolge nello studio di ogni artista, che si tratti di uno spazio fisicoo mentale. Anche se può apparire un compito vano o ripetitivo,l’artista, come il gatto, è costretto a dare incessantemente la cacciae a cercare di catturare l’oggetto delle sue ricerche creative.Forse la metafora del gatto col topo può essere applicata ancheall’attività del collezionista. Si può certamente convenire sul fattoche il collezionismo d’arte sia in sé un’attività creativa alimentatadal legame emotivo che unisce il collezionista sia agli oggetti fisiciche acquista, sia agli stimoli intellettuali che essi gli procurano.Attraverso questi legami e il processo di accumulazione, il collezionistaplasma una visione individuale dell’arte fondata sulla passioneper la ricerca. Seguendo una rotta ben precisa nelle acquesempre mutevoli e insondabili dello studio, il collezionista tenta diindividuare le migliori idee e creazioni dell’artista.All’incirca quattro secoliprima che Nauman realizzasse ilsuo video, Rembrandt eseguì unatto introspettivo della stessanatura. Uno dei suoi primi lavori,un piccolo dipinto intitolatoIl pittore nello studio (1629), mostranei minimi dettagli il primoatelier del pittore a Leida,dalle crepe dell’intonaco alle venaturedelle tavole del pavimento,dal mortaio in cui pestava i colori alla presenza, carica di presagi,del cavalletto in primo piano. Rembrandt fu forse il primo artistaa definire lo studio innanzitutto come spazio mentale; la sceltadi utilizzare il luogo in cui si trovava fisicamente il suo studiocome veicolo per rappresentare i meccanismi interni della sua mentecostituisce un antecedente di importanza cruciale nella storiadell’arte.L’artista che ha spinto alle estreme conseguenze logiche questanozione di spazio mentale, fino a diventare un simbolo della praticaartistica “post studio” del XX secolo, è stato Marcel Duchamp.Il suo studio non è un locale di lavoro ma ha una natura puramenteconcettuale. Come è noto, nel 1918 Duchamp ruppe le convenzioni,abbandonò la pittura e dedicò la maggior parte del suo tempoal gioco degli scacchi, all’approfondimento delle sue ricerche intellettualiimmateriali e alla realizzazione di readymade. Ovviamentela scelta di rinunciare a uno studio “convenzionale” in cambio diuno spazio puramente mentale ha perso col tempo il suo carattereprovocatorio. Anche se ogni studio è innanzitutto uno spazio mentale,il fascino esercitato sull’immaginazione collettiva dal luogo dilavoro dell’artista non è affatto venuto meno né è diminuito l’utilizzoeffettivo di tali spazi. I locali in cui gli artisti svolgono la lo-B I E N N A L E & D I N T O R N Iro attività non rievocano solo l’immagine di una romantica bohème(basti pensare alle pareti incrostate di colore dello studio di FrancisBacon, allo squallido attico di Modigliani o al pavimento copertodi schizzi del fienile di Jackson Pollock a East Hampton). L’isolamentonon è più una caratteristica costante della pratica artistica:dopo Warhol, nessuno mette più in dubbio che gli artisti possanoprodurre cultura e arte popolari, idee e tendenze sociali.Una mostra come Mapping the Studio registra le infinite mutazionipossibili dell’universo privato degli artisti. Se pittori comeRudolf Stingel, Martin Kippenberger, Glenn Brown o MarleneDumas lavorano spesso in solitudine, altri, come Jeff Koons eTakashi Murakami, hanno elevato a nuove vette la visione produttivadi Andy Warhol, mobilitando piccoli eserciti di assistenti per[112-113] Jake & Dinos Chapman,Fucking Hell, 2008, courtesy WhiteCube e, a sinistra, MartinKippenberger, Ohne Title, 1992.realizzare i dipinti e le sculture e promuovere il loro brand sullascena internazionale. Dopo essersi insediati in vecchi edifici industrialidismessi nelle zone più derelitte di Brooklyn, artisti comeMatthew Day Jackson, Urs Fischer, Rob Pruitt e Piotr Uklanskihanno dato vita a efficienti laboratori in cui una vivace socialità sifonde con un’ambiziosa produzione artistica. Maurizio Cattelan lavorain uno studio virtuale, navigando sul web in cerca di ispirazione.Il palcoscenico di un teatro è l’atelier scelto da Kai Althoffo da Mike Kelley. Mark Handforth crea nella bottega di un fabbroa Miami, Mark Grotjahn dipinge i suoi quadri in un anonimo localedi una strada di Los Angeles, mentre lo studio di Jake & DinosChapman somiglia a un sinistro negozio di giocattoli, pieno diminacciosi personaggi. Il rifugio segreto di Sigmar Polke a Coloniaricorda il laboratorio di un alchimista. Richard Prince ha requisitoun intero villaggio suburbano a nord di New York per farneil suo atelier, mentre lo studio di Adel Abdessemed, MarkBradford e David Hammons è la strada. Hiroshi Sugimoto traedalla sua collezione di curiosità, fossili e manufatti storici nuovispunti concettuali e formali per il suo lavoro, mentre Cindy Shermanutilizza un’attrezzatissima sala trucco e un guardaroba pienodi costumi per creare le sue fotografie iconiche. In Austria il gruppodi giovani artisti Gelitin e illeggendario esponente dell’AzionismoOtto Muehl hannoscelto di trasformare le proprie[114-115] Lo studio di RichardPrince e, a destra, Adel Abdessemed,Pluie Noir, 2006.<strong>21</strong>


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[116-118] La sala al pianoterra di Punta dellaDogana con opere di Gonzalez-Torres, Whiteread,Cattelan, Tuymans e Prince. A destra l’installazioneBear and Rabbit on a Rock di Paul McCarthy aPalazzo Grassi. In basso, la sala al secondo pianocon le opere di Cindy Sherman e Jeff Koons.radicali esperienzedi vita comunitariain un elemento centraledella pratica artistica.L’atelier dell’artistacontemporaneonon è limitatoda barriere fisiche omentali: qualunqueforma assuma, esso,in ultima analisi, èB I E N N A L E & D I N T O R N I[119] Rudolf Stingel, Untitled(Alpino 1976), 2006, courtesy PaulaCooper Gallery, New York.la piattaforma da cui l’artista parla al mondo.Negli spazi della Punta della Dogana e di Palazzo Grassi tuttiquesti mondi creativi diversi convergono in un insieme unitario maricco di sfaccettature: la collezione François Pinault. Qui gli atelierdi artisti appartenenti a diverse nazioni e generazioni si trasformanonegli organi di un corpo più ampio, riuniti sotto la pelle di questidue spazi espositivi molto particolari per creare un complessopanorama artistico. In Mapping the Studio le opere d’arte diventanopunti di riferimento, pietre miliari; ogni dipinto, scultura, fotografiao gesto è un punto d’arrivo per l’occhio e per lo spirito. Anchese non conosce la conformazione del terreno, il visitatore puòorientarsi seguendo i segnali contenuti nella collezione. Benché lacartografia sia considerata una scienza oggettiva, ogni mappa è ilrisultato di un’interpretazione soggettiva, così come lo è ogni collezione.Il modo di percepire il terreno del singolo visitatore è l’elementoche rende la sua esperienza diversa da quelle di tutti gli altri,così come ogni collezionista sceglie il suo personale percorsoestetico. La collezione modella il contesto dello studio in cui è presentatae ne viene a sua volta modellata. In questo caso, il contestoè concentrico, essendo composto dalla città di Venezia e da due edifici:Punta della Dogana e Palazzo Grassi. All’interno di questi treluoghi differenti e concentrici, la collezione François Pinault definiscela sua dimensione e la sua identità intessendo tra loro gli spiritidegli atelier, esplorati uno alla volta.Molte opere della collezione Pinault presentano consonanzecon il passato veneziano, pur senza riferirvisi direttamente. La tradizionedel Carnevale di Venezia, inaugurata nel 1268, con i suoisottintesi pagani e l’uso di maschere tragicomiche, rivive in formacontemporanea nell’opera di Piotr Uklanski. La sua installazione,Untitled (Dancing Nazis), che accoglie i visitatori nell’atriodi Palazzo Grassi, è giocata sul contrasto tra quello che a prima vistasembra un luogo di intrattenimento (una pista da ballo luminosache sembra provenire direttamentedal set di La febbredel sabato sera) e duecento fotogrammiche mostrano celebristar di Hollywood in costumenazista. Allo stesso modo il monumentaleautoritratto dell’artistada giovane di Rudolf Stingel,Alpino (2006, in mostra aPunta della Dogana), che attiralo sguardo del visitatore nellospazio centrale della struttura,progettato da Tadao Ando,sembra riecheggiare l’uso innovativodella scala e lo stile manieristico di Paolo Veronese (1528-1588), che tanto meravigliava i suoi contemporanei.Queste affinità tra epoche diverse non sono sempre frutto dellacasualità; a volte le opere della collezione Pinault si richiamano deliberatamenteall’arte del passato. Lo scultore Mark Handforth, peresempio, è stato incaricato di realizzare un’opera per la galleria superioredella mitica torre di Punta della Dogana. Il suo contributo– una raffigurazione antropomorfica e fantastica dell’Uomo della luna,ispirata da una fiaba per bambini – è materialmente connessacon una catena alla statua della Fortuna, eseguita intorno al 1677da Bernardo Falcone, poggiata su una sfera d’oro che sovrasta la torre.Il cavallo impagliato di Maurizio Cattelan (Untitled, 2007) lacui testa scompare nell’antico muro di mattoni della Dogana, sembraalludere alle raffigurazioni di animali allegorici di Pietro Longhi(1701-1785). Come nel curioso dipinto di Longhi intitolato Ilrinoceronte (1751, nelle collezioni di Ca’ Rezzonico), in cui un gruppodi nobili veneziani si riunisce per ammirare questo animale esotico,esibito nelle corti europee come una curiosità, Cattelan inserisceil suo cavallo in un contesto artistico “serio”, in cui agisce comeelemento di sorpresa e amaro commento sulla follia della societàcontemporanea.Da Carpaccio a Turner la città di Venezia ha rappresentato permolti artisti un incomparabile atelier a cielo aperto. Mapping theStudio aggiunge un nuovo tassello a questa secolare tradizione, arricchendodi nuovi punti di riferimento il già ricchissimo paesaggioartistico della laguna. All’estrema punta del precipizio creatodalla Dogana la statua di un ragazzo che tiene in pugno un ranocchio,appositamente realizzata per questo luogo da Charles Ray, èforse l’esempio più forte e visibile dell’inserimento nella cartografiacittadina di molti nuovi punti di riferimento artistici. Commissionatada François Pinault per celebrare l’inaugurazione di Puntadella Dogana, la scultura raffigura un ragazzo, non più fanciullo enon ancora uomo, nell’atto di osservare meravigliato l’aspetto dellasua preda. Un rapporto silenzioso sembra stabilirsi tra il ragazzoe la distesa di acque e di canali che lo circondano, e con le tre facciatebianche delle magiche chiese palladiane dell’Isola di SanGiorgio e della Giudecca. Il gesto puro e semplice del ragazzo sembraesprimere non solo la sua scoperta epifanica della natura e dellapropria incipiente virilità, ma si estende metaforicamente anchealla nostra riscoperta della storia dell’arte veneziana, osservata attraversoil suo sguardo innocente.* sintesi redazionale del saggio introduttivo al catalogo della mostra.22


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Ritratto d’artista: Gaspare Manosessere idiota, dipingi!”. È con queste parole cheLucian Freud, seduto in un caffè londinese davanti“Nona un goloso muffin, dà il via alla brillante carrieraartistica di Gaspare Manos.Gaspare – così si firma, senza cognome – è un artista che ha assorbitoe metabolizzato le diverse e contrastanti esperienze maturatenei luoghi in cui è cresciuto. Italiano,nato nel 1968 a Bangkok, havissuto in molte città: Nairobi, Ginevra,Atene, Bruxelles e infine hascelto di abitare e lavorare tra Londra,Parigi e Venezia, città dove sononati e vissuti molti suoi antenati.Multilingue, PhD alla London[120] Gaspare Manos. School of Economics, Gaspare posauno sguardo fresco e partecipe sulcomplesso mondo moderno che lo circonda.Lo studio approfondito degli antichi maestri e la frequentazionedi alcuni tra i maggiori artisti viventi consentono a Gaspare diaggredire con grande sicurezza la telain modo graffiante, con economiadi materia, creando un mondo propriodi grande profondità e luce. Conrivisitazioni dal classico al moderno,un netto rifiuto del decorativoastratto, del ripetitivo ossessivo, delloscioccante gratuito ma effimero,Gaspare accompagna l’osservatore inun viaggio che mira all’essenziale.In venticinque anni di attivitàartistica ha prodotto oltre quattromilaopere – suddivise tra collages,[1<strong>21</strong>-122] Time, 2006 e, inbasso, Giardino di bambù,2007.disegni, tele a olio e tecnica mista –, molte delle quali sono espostein collezioni private e istituzionali europee, americane e giapponesi.Negli ultimi due anni gli sono state dedicate tre importanti mostre:Itaca a Palazzo Foti a Reggio Calabria, 55 Opere alla Mel ContemporaryArt Gallery di Vienna e Urbis al Museo Diocesano di Veneziain concomitanza con la Biennale Architettura. Attualmentesono in preparazione esposizioni che avranno sede a Hong Kong,Pechino, San Paolo, Mexico City, New York, Parigi e Venezia.Josette Mazzella di Bosco Balsa, nell’introduzione al catalogo diItaca, afferma che Gaspare ci costringe a tuffarci con lui negli abissidella memoria, vuole che noi scegliamo di ricordare invece chescordare. Egli ci sfida a decifrare il significato recondito delle immaginida lui create lungo il suo viaggio estetico. Forme e colori,espressi con energici colpi di pennello in cromatici contrasti e armonie,trasportano l’osservatore, inun estatico stato di mente, dallo stuporeall’ammirazione e alla scoperta.Viaggio, spostamento, esilio sonogli elementi che anche Alan Jones,nel testo critico del catalogo Urbis,definisce ingredienti di base del processocreativo di Gaspare, in una sortadi geografia dell’immaginazioneR I T R A T T I[123-124] New York Spiderman,2007 e, a destra, Ponte dei Sospiri,2009.in cui l’artista traccia il proprio cammino nel territorio inesploratodi sensazioni ricordate, di impressioni fuggitive, nell’impegno deltestimone oculare che è il segno della memoria del pittore.Figlio di una famiglia di diplomatici – “zingari di lusso” li hadefiniti Gaspare stesso –, la sua gioventù è stata testimone di un caleidoscopiodi esperienze visuali: dalla Thailandia al Kenya, dallaSvizzera alla Grecia, e poi Belgio, Inghilterra, Francia e Italia. Unasequenza di soggiorni, accumulando una vasta miriade di scene diverse.Se Paul Gauguin ha dovuto ribellarsi al suo ambiente ordinarioper poter visitare i luoghi lontani dei suoi sogni, Gaspare si ètrovato già a metà strada.La linea – continua Alan Jones – è fondamentale in tutto il lavorodi Gaspare Manos. Lo afferma l’artista stesso: “io privilegio lalinea. Senza lineanon c’è forma. Senzaforma non c’è struttura.Senza strutturanon c’è colore”. Perciòil disegno costituiscela genesi deisuoi dipinti e rimanein chiara evidenzanell’opera finita. C’èqualcosa di “inevitabile”nelle opere di[125] Il balcone di Franca, 2009.Gaspare Manos, come se non avessero potuto essere diverse da quelloche sono. I dipinti di Gaspare colpiscono l’osservatore come untrasferimento di fatti naturali, filtrati dall’emozione rivissuta, inuna notazione quasi musicale che ci offre i contorni dell’essenzadella sua percezione.Secondo Rosa Maria Malet, direttrice della Fondazione JuanMiró di Barcellona, il dominio del colore trasmette a Gaspare Manosla responsabilità di essere un erede della grande tradizione pittoricaitaliana.Personaggio solitario e instancabile lavoratore – come LucianFreud dipinge dieci ore al giorno – è avulso dal “gioco” mondanodell’arte contemporanea. Dipinge per se stesso e per lasciare la suaparticolare visione della vita e del mondo su tele dai soggetti siaastratti che figurativi. Non ama definirsi ma non è contrario che lofacciano gli altri, specialmente se a chiamarlo “l’immaginifico dellapittura contemporanea” è il celebre filosofo Karl Popper.Per informazioni su Gaspare visitare il sito www.gaspare-foundation.com23


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<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[126] I metri di soffitto finora adottati con il progetto “Gleam Team”.25


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Verso il “Gran Correr”:inaugurata la Sala da PranzoJÉRÔME-FRANÇOIS ZIESENISSpresidente Comitato francese per la salvaguardia di VeneziaDa circa dieci anni il Comitato francese per la salvaguardiadi Venezia persegue un progetto di grande importanza: larinascita del Palazzo Reale di Venezia. Tutti sanno chel’Ala Napoleonica di Piazza San Marco è stata costruita in sei anni,dal 1808 al 1814, e che oggi costituisce parte integrante del MuseoCorrer, ma il Palazzo Reale era originariamente molto più vastoquando includeva l’insieme delle Procuratie Nuove.Abitato dapprima molto brevemente dal figliastro di Napoleone,Eugène de Beauharnais come viceré d’Italia, lo fu in seguito percirca mezzo secolo dagli Asburgo.Infine, con l’Unità d’Italia, dai Savoia.Alla fine degli anni venti delNovecento, questi ultimi decisero dinon avere più la necessità di un palazzoa Venezia e lo legarono alloStato. In seguito una parte venne affidataalla città di Venezia, dovevennero esposte le collezioni di TeodoroCorrer e l’altra, circa una ventinadi sale che si affacciano principalmentesul Bacino di San Marco, divennesede degli uffici di alcune amministrazioniculturali.Il Comitato francese ha dapprima finanziato il restauro del SottoportegoSan Giminiano, poi dello Scalone d’Onore, del Vestibolod’Onore, del Salone da Ballo einfine della Sala del Trono e,grazie all’eccellente collaborazionecon il professor GiandomenicoRomanelli, questi lavorihanno potuto essere realizzati inmeno di tre anni. In seguito è[127] Ritratto del principeEugène de Beauharnais.[128-130] Lo Scalone d’Onore e, inbasso, il Salone da Ballo e la Sala delTrono.N O V I T À V E N E Z I A N E[132-133] Decorazioni parietali e, adestra, la volta del soffitto.stato molto difficile ottenerel’uscita delle amministrazioniche vi erano alloggiate, in mododavvero poco confortevole, in salenon molto funzionali, molto spesso trattate senza rispetto. Finalmente,con il sostegno della Soprintendenza per i Beni Architettonici,una prima serie di nove sale sono state liberate nel 2008permettendo così l’inizio della seconda grande campagna di restaurodel Comitato francese (per un ammontare di circa 1 milione emezzo di euro, equivalente a quello della prima tranche).Si tratta di un magnifico insieme architettonico decorato da unartista veneziano di grande talento, Giuseppe Borsato, che era allostesso tempo pittore, architetto-decoratore, creatore di mobili, organizzatoredi grandi eventi come quelli delle visite imperiali (diNapoleone, poi degli Asburgo...) per le quali realizzò archi ditrionfo galleggianti sul Canal Grande; infine scenografo per operealla Fenice. Discepolo di Percier e Fontaine, i due creatori dello stileImpero, si adattò con brio anche agli stili successivi, distinguendosisempre con una sua propria elegante interpretazione,equilibrata e raffinata.La Sala da Pranzo d’Onore, decorata all’inizio del regno austriacoresta ancora profondamente ispirata allo stile Impero: le Vittoriealate dorate che si stagliano sulle larghe superfici in marmorinorosa e gli affreschi d’ispirazione mitologica, sono impregnatidal Borsato di una dolcezza quasi sensuale mentre un fregio con divinitàmarine ricordache ci troviamo aVenezia.La COREST, sottol’impulso di GeaStorace e di StefanoProvinciali, ha datoprova nei lavori direstauro sia di efficienzache di sensodella misura; l’architettoAndrea Bellie-[131] La Sala da Pranzo dopo il restauro.ni, rappresentante laDirezione dei Musei, si è molto impegnato ritrovando nei depositioggetti decorativi di grande qualità, come il centrotavola Giustinianio dei candelabri in bronzo dorato.Tutta la nostra particolare riconoscenzava al mecenate di questasuperba Sala da Pranzo, ilWorld Monuments Funds, cheunisce alla generosità – circa500 mila dollari – una competenzaunica dovuta all’esperienzainternazionale di questa grandeorganizzazione americana, oltreche alla personale determinazionee alla cultura del suo presidenteper l’Europa, Bertranddu Vignaud che non solo ha sostenutoil Comitato francese neisuoi sforzi ma ha anche collaboratostrettamente a tutte le decisioni arrivando a scegliere personalmente,presso uno specialista parigino, le passamanerie che ornanoi tessuti offerti da Rubelli e che conferiscono alle quattrograndi coppie di tende un’allure veramente imperiale.Fra qualche mese un paio di lampadari, appositamente realizzatisu modelli di Borsato, saranno il completamento di questo decoroche abbiamo voluto storicamente esatto ma vitale, come se illuogo fosse abitato, considerato che un palazzo reale non era sola-26


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>mente un luogo di potere ma di vita e tale deve poter essere percepitoanche oggi dai visitatori.Questo spirito sarà il medesimo per le altre sale dove il restaurosta per cominciare nuovamente sotto l’impulso e con il finanziamentodel Comitato francese per la salvaguardia di Venezia, semprein stretta collaborazione con la Direzione dei Musei che ne assicureràla direzione dei lavori e con la supervisione della Soprintendenza.Ogni stanza verrà “adottata” da un mecenate come laFlorence Gould <strong>Foundation</strong>, Madame Chantal Merieux, Monsieure Madame Henry Hermand, il Gruppo LVMH e una coppia di donatoriveneziani che desidera mantenere l’anonimato.Ritroveranno così il loro originale splendore la Sala da Pranzoprivata del Principe Eugène in stile pompeiano e l’anticamera attigua,il Salone delle udienze dell’Imperatrice con il soffitto dipintoda Bevilacqua, il piccolo Salone e il boudoir dell’Imperatrice Elisabettad’Austria, la famosa Sissi... e poi la Sala del trono lombardovenetoe il Salone delle dame d’onore e degli aiutanti di campo. Inseguito, una decina di altre sale saranno interessate ai restauri graziea recenti accordi fra le diverse amministrazioni competenti.Così, nel corso degli anni, la rinascita del Palazzo Reale di Veneziacontribuirà alla realizzazione del “Gran Correr” grazie a un’esemplarecollaborazione fra iniziativa privata, nell’ambito dell’associazionedei Comitati privati internazionali con l’egida dell’Unesco,e le autorità italiane della Città e dello Stato.Tutto questo per la più grande gioia del pubblico che avrà perla prima volta accesso a un bellissimo insieme decorativo al qualesono legate personalità altrettanto emblematiche come Napoleonee Sissi.Punta della Dogana.Da dogana da mar a centro d’arteFRANCESCO DAL COPer quanto inaffidabile, il libro Curiosità veneziane di GiuseppeTassini (1863) era ritenuto anche dallo storico JuliusSchlosser “una miniera di notizie”. Tra queste ve ne sono alcuneriguardanti l’assetto delle dogane veneziane e quindi anchedel complesso di Punta della Dogana. “In Venezia sino all’anno1414 – si legge in Curiosità veneziane – tutte le merci si scaricavanoe si ponevano a bilancia presso San Biagio di Castello. Ma poichéper la grande affluenza di esse, il luogo divenne angusto, si edificaronodue dogane, l’una, pei generi provenienti dalla terraferma,a Rialto, e l’altra, pei generi provenienti dal mare, sopra un lembodi terreno che si aveva formato con una velma, o palude fino al1313, ovvero 1316, e che chiamavasi Punta del sale pei magazzinidi sale colà eretti, nonché Punta della Trinità perché prossimo allachiesa e al monastero della Trinità, distrutti quando nel 1631 si innalzòcolà la chiesa di Santa Maria della Salute. La Dogana da mar,che era fornita d’una torre, visibile nella pianta di Venezia attribuitaad Alberto Durero, si riattò nel 1525. Ebbe poi una rifabbricanel 1675 sul disegno dell’architetto Benoni”.La presenza di magazzini adibiti a depositi del sale a ridosso diquella che poi sarà la Dogana da Mar è documentata sin dall’iniziodel Quattrocento e la pianta prospettica di Venezia di Jacopo de’N O V I T À V E N E Z I A N EBarbari del 1500 offre una visione dettagliata dell’intero quadrante.Trent’anni dopo il compimento dell’opera del de’ Barbari la zonavenne liberata dalla presenza di cantieri e vennero consolidate inpietra le rive delle Zattere.[134-135] La Punta della Dogana nella raffigurazione cinquecentesca di Jacopode’ Barbari e, a destra, in una foto area attuale.Ma le date ricordate dal Tassini e gli studi compiuti in seguitoconsigliano di considerare la sistemazione dei magazzini del sale edi Punta della Dogana nel quadro del processo che alla metà delTrecento portò alla definizione della “forma della città” per riscattarne“l’onore” e il futuro “splendore”, come ha spiegato EnnioConcina, a partire dalla riforma del “portocanale di San Marco”, definitoda Francesco Petrarca “porto pubblico dell’umano genere”.Attraverso numerose trasformazioni Punta della Dogana mantennenei secoli la sua originaria funzione e assunse la configurazioneche noi conosciamo in coincidenza dell’edificazione di unadelle opere più straordinarie erette a Venezia: la chiesa di Santa Mariadella Salute. La costruzione, deliberata nel 1631 come adempimentodel voto formulato l’anno prima per liberare la città dal contagiodella peste, viene affidata a Baldassarre Longhena, proto diSan Marco. L’area su cui il tempio venne edificato era compresa trai magazzini del sale e la dogana, occupata dalla chiesa della Trinità.Le difficoltà che Longhena dovette affrontare per costruire SantaMaria della Salute spiegano anche quale fosse la natura dei terrenisui quali sorgeva la dogana, destinata di lì a poco a venire riformata(e danno quindi un’idea dei problemi che sono stati risolti nelristrutturarla in occasione dei lavori completati nel 2009). Al propositobasti ricordare che per le fondazioni del tempio vennero impiegatiun milione e duecentomila pali di rovere.Prima in concorrenza e poi accanto al Longhena, la costruzionedi Santa Maria della Salute coinvolse anche l’ingegnere GiuseppeBenoni, esperto nel valutare gli effetti prodotti dai movimenti delleacque sulle opere edilizie. In questa sua veste, allorché Longhenaavanzò la richiesta di ampliare la riva di fronte al tempio, fu Benonia formulare un parere favorevole.Allorché però venne decisa la ricostruzione della limitrofa Puntadella Dogana, le proposte formulate da Longhena nel 1676-77,come quelle di Giuseppe Sardi, non vennero accolte e la realizzazionedell’opera fu affidata allo stesso Benoni. L’edificio realizzatoda Benoni, per la sua collocazionepiuttosto che per le sue qualitàarchitettoniche, venne così acompletare l’immagine e la formadel bacino marciano. Per laposizione occupata, tra Settecentoe Ottocento, fu oggetto di[136] La Punta della Dogana e laBasilica della Salute.27


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>numerose attenzioni; inoltre esercitò un ruolo di primo piano qualeriferimento per molti progetti di riforma urbana elaborati perVenezia, vuoi come terminale ideale delle opere compiute a Castelloe sulle rive prospicienti il bacino di San Marco, vuoi dei progettidi modernizzazione della struttura viaria e delle riforme previsteper le Zattere (sulle quali si giunse a immaginare, nell’Ottocento,la realizzazione di una ferrovia destinata a raggiungere proprioPunta della Dogana). La Punta divenne persino un approdo, comericorda Giandomenico Romanelli, di uno stabilimento balneare etermale flottante sin dal 1833.Nel Novecento i magazzini della Dogana subirono gravi rimaneggiamenti.Vi vennero compiuti lavori di adeguamento strutturaleche interessarono, soprattutto, i soppalchi e le coperture, compiutisenza tenere in alcun conto i caratteri costruttivi dell’edificioseicentesco. Tali interventi non hanno impedito il progressivo degradoe poi l’abbandono anche da parte dell’Amministrazione delloStato degli spazi destinati a svolgere attività doganali. Ma quandole Dogane Italiane lasciarono definitivamente il complesso diPunta della Dogana, abbandonandolo al più completo degrado, laDogana da Mar aveva ormai perso da secoli la funzione che avevasvolto per quattrocento anni.L’inaugurazione del nuovo centro d’arte contemporanea Puntadella Dogana a Venezia conclude una vicenda che non ha egualinella storia recente di Venezia,le cui premesse e i cui risvoltimeritano di essere ricordati primadi spiegare le peculiarità checaratterizzano il nuovo complessoespositivo. L’arrivo della Pi-[137] Stilizzazione del progetto.nault <strong>Foundation</strong> a Venezia e leiniziative varate a Palazzo Grassi hanno contribuito a portare a rapidamaturazione una delle più promettenti possibilità offerte dallacittà che nel 2005 era ancora in attesa di essere colta: la trasformazionedei magazzini di Punta della Dogana in una nuova sedeespositiva o in una nuova istituzione museale.Tadao Ando ha elaborato rapidamente il progetto per il nuovocentro. Se si osservano i suoi disegni si nota come sin dal primo momentole linee dell’intervento fossero chiare. Il caratteristico impiantodei magazzini affiancati e linearmente disposti tra le rive delCanal Grande e del Canale della Giudecca, doveva essere mantenuto.Realizzando imponenti lavori di rifondazione della fabbrica perporla al riparo sia dall’umidità sia dagli effetti delle alte maree eprevedendo di riconfigurare isoppalchi esistenti, il fine delprogetto era quello di attrezzareuno spazio di circa 5.000 metriquadrati.In posizione più o meno baricentricarispetto all’impianto[138-139] Tadao Ando col modellinoe, a sinistra, i lavori alle fondazioni.N O V I T À V E N E Z I A N Etriangolare del complesso, Andoha previsto di inserire un nuovospazio a tutta altezza, una sortadi perno posizionato all’internodi uno dei magazzini mediani,da realizzarsi in cemento armatolisciato e lucido, ormai riconosciutocome una cifra delle suecostruzioni. Inizialmente questospazio è stato immaginato comeun cilindro, una figura ricorrentenelle opere di Ando e presentein altri edifici a destinazionemuseale da lui progettati. Successivamentequesto asse intornoal quale ora ruotano gli spaziespositivi e al quale riconducono[140-141] Il plastico e, in basso, ilcubo centrale.i percorsi, ha assunto la configurazione di un cubo che attraversaverticalmente l’ambiente in cui è attualmente collocato.Mentre con acribia filologica sono state restaurate le muraturein mattoni a vista, le capriate in legno, i modesti inserimenti inpietra, si è proceduto alla costruzione di questo volume che esibiscela propria alterità geometricae materica avendo la funzionedi riformare radicalmente l’impiantotipologico del complesso.[142-143] Il restauro della muratura e, a destra, l’intervento sulle capriate.Originariamente caratterizzato dall’allineamento dei magazziniparalleli e perpendicolari al Canal Grande, l’insieme degli spaziespositivi riattati risulta così attraversato da un asse ideale che disegnaora la continuità del percorso che si snoda dall’ingresso collocatosul fronte prossimo al podio della chiesa di Santa Maria dellaSalute con lo spettacolare affaccio sul Bacino Marciano, ricavatosotto il torrino sormontato dalla scultura ruotante della Fortuna.Nel continuo, diffuso tessuto degli interventi di restauro, voltia eliminare le invadenti superfetazioni che negli anni erano venutiaffliggendo il complesso di Punta della Dogana, gli inserimenti dinuovi setti, scale, percorsi, spazi di servizio appaiono come accadimentipuntuali. Tra l’antico corpo di fabbrica e questi interventinon si osservano mediazioni né passaggi mimetici, bensì continuiaccostamenti, quasi Ando abbia deciso di incastonare tra le innumerevolistratificazioni che formano l’antico edificio dei volumi edei piani che le separano e le offrono così ordinate come uno spettacoloda godere prodotto dallo scorrere del tempo.Pochi e isolati i gesti compiaciuti che Ando si è concesso. Traquesti, le cancellate inserite nelle alte porte affacciate sui fronti acquei,modellate come esplicite citazioni di quella realizzata da CarloScarpa per il negozio Olivetti in Piazza San Marco (1956).28


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Il Nuovo Trionfo.Salvato l’ultimo trabacolo naviganteANNABELLA BASSANI[144] Il trabacolo Il Nuovo Trionfo in un disegnodi Giorgio Barletta.Venezia e il restauro: un binomio che sempre più spesso fail giro del mondo, proprio per le caratteristiche di questacittà che, per ricchezza di capolavori e opere d’arte di ognitipo, richiede un’incessante “manutenzione”. Nella maggior partedei casi si tratta di restauro di chiese e di palazzi e del loro contenuto.Mentre poco ci si occupa del patrimonio marinaro di Venezia,che purtroppo è andato scomparendo, nonostante il Testo Unico490/99 e il più recente “Codice dei beni culturali e del paesaggio”prevedano fra i beni oggetto di tutela “le navi e i galleggiantiaventi interesse artistico, storico o etnoantropologico”, alla pari dimanoscritti, ville, parchi e mezzi di trasporto, aventi più di settantacinqueanni. Questa premessa per far conoscere agli amici di <strong>Venice</strong><strong>Foundation</strong>, che ormai da dodici anni seguono recupero e restaurodi tante importanti opere d’arte, un’interessante iniziativatesa a salvare Il Nuovo Trionfo, l’ultimo trabacolo, costruito nel1926 a Cesenatico, ancora navigante nell’alto Adriatico.Alla fine del 2006 si sparse la voce della vendita di un trabacolofra gli appassionati della marineria. Una parte di loro si costituìin comitato, la “Compagnia della marineria tradizionale”, per garantirela salvaguardiadi questa imbarcazione.Hugo Herrmann,nato in Austriama giuliano diadozione, aveva acquistatoIl NuovoTrionfo una trentinadi anni prima, giustoquando era venutomeno lo scopo peril quale era nato:l’intenso commerciocostiero, in particolare di sabbia, fra Monfalcone e Trieste. Herrmann,figlio d’arte (il padre era ufficiale della Marina austriaca), sirese subito conto che avrebbe dovuto affrontare complessi lavori direstauro per riportare la barca ai suoi splendori, a partire dalla nuovasistemazione degli interni, alla ricerca di materiali autentici, pertrasformarlo in un piccolo e ricco museo di cultura marinara. Propriograzie a questi amorosi interventi,Il Nuovo Trionfo è scampato aldestino di tanti altri “fratelli”, finitia marcire abbandonati in qualcheangolo di laguna.A questo proposito varrebbe la penacitare il caso di un altro trabacolo,costruito nel 1860, in assoluto la piùantica nave in fasciame di questa ormairarissima tipologia, utilizzatofino agli anni sessanta per la pesca e[145] Il Nuovo Trionfo inveleggiata.il trasporto marittimo e costiero nelleacque adriatiche. Il Marin Faliero(nome non già beneaugurante, datoN O V I T À V E N E Z I A N E[146-147] Piante esezioni realizzate daGiorgio Barletta.[148-149] L’alzata delle vele e, a destra,foto di gruppo della “Compagnia dellamarineria tradizionale” sul trabacolo.il sinistro destino diquel doge) fu acquistatoda un imprenditoretrevigiano elasciato ormeggiatonell’isola di Crevan,vicino a Burano.Sembra che duranteun temporale la barcaabbia cominciatoa imbarcare acqua eda lì sarebbe cominciatoil suo lento declino.Se non che da almeno un anno è stato recuperato dalle acquedel Sile e portato al Museo di Caorle a opera del Ministero per i BeniCulturali-NAUSICAA. Ciò dimostra una volta di più che a Veneziamanca la volontà di dar vita a un Museo nazionale della civiltàdell’acqua, pur avendo un luogo come l’Arsenale antico, per sua naturae tradizione il più idoneo e più bello al mondo.Proprio lo scopo di promuovere l’istituzione di un Museo dellaciviltà dell’acqua all’interno dell’Arsenale, insieme a quello di acquisiree recuperare Il NuovoTrionfo, è ciò che anima la“Compagnia della marineriatradizionale”, associazioneno profit che si è posta l’obiettivodi dotarsi delle risorsefinanziarie necessarieall’acquisto del trabacolo,raccogliendo una quota socialedi almeno mille euro per ognisocio, in modo da dar vita a un azionariatodiffuso, aperto a persone fisichee società, associazioni, enti pubblicie privati. Raggiunta la primatappa, l’acquisto, ora si è passati allafase del restauro, con l’intento anchedi portare l’attenzione sull’importanzadella conservazione delle antiche barche rispetto al recuperodi attività artigianali in via di estinzione.Molto resta ancora da fare, anche se già a questo stadio dei lavoriIl Nuovo Trionfo è in grado di navigare e di essere presente ainumerosi raduni di barche storiche, come la manifestazione “Sullerotte del sale”, alle feste tradizionali come il Redentore, la RegataStorica e alle regate di Pellestrina e Burano fino anche alla spedizionenautica in Slovenia in settembre, per rievocare l’antica tradizionedel trasporto della carne di montone affumicata, ingredientebase della “Castradina”, piatto veneziano tradizionalmente preparatoil <strong>21</strong> novembre, giorno della Madonna della Salute.29


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Andrea Brustolon a Ca’ Rezzonico.Il “fornimento” VenierFILIPPO PEDROCCO, conservatore di Ca’ RezzonicoAndrea Brustolon (1662-1732) è indubbiamente il massimoscultore in legno d’ambito barocco attivo nel Veneto.Nativo di Belluno e figlio d’arte, ha avuto modo di conoscerele realizzazioni dei grandi scultori seicenteschi romani duranteun giovanile viaggio nella città dei papi, restando in particolarecolpito dalle opere del Bernini, in alcune occasioni copiate e spessocitate nei propri lavori. Gran parte dell’intensa attività di Andrea èandata spesa nella decorazione di chiese e di palazzi del Bellunese,sua terra d’origine, ma la sua fama è giunta anche a Venezia: e proprionella città lagunare ha lasciato il suo più celebre capolavoro, laserie composta di ben quaranta pezzi (dodici monumentali poltrone,due statue colossali, ventiseireggivaso) commissionatagli daPietro Venier per il pòrtego delproprio palazzo a San Vio, doveil nobiluomo intendeva esporrela notevolissima raccolta di vasidi preziosa porcellana cinese, [150] La “firma” di Brustolon.perla della sua collezione.Molto si è discusso circa la datazione di questo impegnativo esplendido lavoro di Andrea, ma la presenza della data “1706” incisasulla base di una delle statue raffiguranti un guerriero etiope autorizzaindubbiamente a considerare questo l’anno del completamentodella lavorazione e della consegna delle sculture al committente.Dopo la morte del Venier, sculture e vasi sono passati per viaereditaria in proprietà al ramo della famiglia Contarini che risiedevanel palazzo detto “degli Scrigni” sul Canal Grande, alla Carità;nel 1841 i Contarini hanno donato l’intero complesso all’Accademiadi Belle Arti e, nel 1895, il tutto è passato alle Gallerie dell’Accademia.Nel 1936, quando è stato aperto al pubblico il nuovoMuseo del Settecento Veneziano a Ca’ Rezzonico, il “fornimento” èstato concesso in deposito ai Musei Civici, venendo esposto partenel Salone da Ballo, parte nella contigua sala del primo piano nobile,detta, appunto, “del Brustolon”.Il pezzo più celebre della serie è indubbiamente la grandiosaconsolle porta vasi che raffigura, nella sua parte inferiore, l’Allegoriadella Forza, impersonificata da Ercole, vincitore della mostruosaIdra di Lerna e di Cerbero, il caneinfernale a tre teste, ripresonello sforzo di sostenere con la[151-152] Allegoria della Forza e,a sinistra, particolare con Ercole.A P P R O F O N D I M E N T Isua clava e con la poderosa spalla un ripiano rusticamente lavorato,a fingere un vero e proprio tronco d’albero ancora grezzo, sul qualesi vedono qua e là spuntare i licheni e si notano ben evidenti i segnidella scure lasciati dal boscaiolo. Sopra il ripiano, è collocato alcentro un gruppo di tre moretti in ebano, ignudi e incatenati fra diloro, che sostengono un supporto che regge il più grande dei vasidella collezione del Venier; ai due lati, in basso, si trovano invecedue vecchi barbuti reggenti a loro volta due vasi ciascuno, le cui figurecostituiscono una diretta citazione delle divinità fluviali scolpitedal Bernini per la fontana di piazza Navona. Trionfano qui l’eccezionalefantasia inventiva e lo splendido virtuosismo esecutivodel maestro bellunese, nel realismo minuzioso della resa dei singolielementi e nel gioco cromatico tra i diversi componenti l’insieme,il nero lucidissimo, quasi metallico, dell’ebano, il rosso brunaceo,assai caldo, del bosso e il bianco luminosissimo della porcellanadei vasi, decorati con aerei motivi.Ma identiche qualità hanno anche gli altri reggivasi della serie,nei quali il Brustolon ha dato un ulteriore saggio della propria inesaustafantasia creativa, capace direndere facilmente comprensibilianche i complessi assunti iconograficidettati dal committente. Si trattadi ben ventisei pezzi tutti diversi fraloro, nove moretti incatenati, coltiin diversi atteggiamenti, due cariatidiin ebano, con gli occhi in pastadi vetro, un moro, egualmente inebano, recante sul capo un macigno,sopra cui poggia un vaso, le allegoriedelle Quattro Stagioni (Bacco ebbrosimboleggia l’Autunno; un vecchioripreso di spalle mentre si scaldaal fuoco di un braciere l’Inverno;una fanciulla, egualmente di spalle,con una corona sul capo, ripresamentre riceve dei fiori da un putto la[154] Uno dei CinqueElementi: la Luce.[153] Portavaso con putti emostri.Primavera; una giovane donna conun mazzo di spighe l’Estate) e deiCinque Elementi (l’Aria e l’Acquasimboleggiate da bellissime giovanidonne; il Fuoco da Vulcano; la Terrada un uomo che ha ai suoi piedi unagnello; la Luce da Apollo, dio delsole). Infine i due gruppi di putti dispostia piramide sopra mostri mariniusciti dai più profondi recessi degliabissi e due piedistalli decorati arilievo con cavalli marini e putti intentia giocare fra di loro.Egualmente in ebano e in bosso sonorealizzate le strutture portanti delledodici poltrone che fanno parte dellostesso complesso, anch’esse tutte diverse tra loro. Qui la fantasiadel Brustolon si esalta nell’invenzione sempre differente di gambe etraverse che riproducono rami d’albero e soprattutto nelle splendidefigure collocate a guisa di cariatidi sulle parti superiori dellezampe anteriori delle poltrone, oppure estese sulla zona terminale30


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[155-156] Una delle dodici poltrone e,in basso, il particolare del bracciolo.I quattro pannelli in esame, raffiguranti la Caduta dei dannati,l’Inferno, il Paradiso terrestre e l’Ascesa all’Empireo, si trovano ora inesposizione presso il Museo di Palazzo Grimani, nella sala anticamentededicata a Psiche. Nel 2008 sono stati sottoposti a un delicatointervento di restauro condotto da Alfeo Michieletto, che hafatto riemergere la qualità di stesura della materia pittorica e la curaminuziosa dei particolari.dei braccioli, all’innesto dei dorsali. Dorsali e sedute sono ancora rivestitidai pannelli originali, ricamati a piccolo punto, di fatturatardo seicentesca, con grandi medaglioni incorniciati con volute confoglie e fiori. I pannelli degli schienali recano figure allegoriche inseriteentro paesaggi estremamente realistici, mentre in quelli deisedili sono presenti animali esotici disposti entro favolosi paesaggi.Completano l’insieme le due imponenti statue in ebano dei cosiddettiGuerrieri etiopi, altissimi nudi virili armati di clava e dotatianch’essi di bianchissimi occhi in pasta di vetro, ognuno dei qualiha, ai piedi, una testa di cavallo: è opinione comune che per larealizzazione di queste colossali figure Andrea si sia ispirato allestatue egizie in basalto e in porfido viste durante il suo soggiornoromano.Un complesso, dunque, davvero eccezionale, ben esemplificativodell’interpretazione in chiave eminentemente decorativa dellapoetica del barocco che gli scultori veneti – e Andrea Brustolon sututti – seppero dare nelle loro opere e, contemporaneamente, unasplendida prova dell’eccezionale virtuosismo esecutivo del maestrobellunese, del suo singolare realismo nella resa di ogni particolare,della sua ineguagliata fantasia creativa.Bosch ritorna a Palazzo Grimani.La Visione dell’aldilàDEBORA TOSATOIn occasione della riapertura al pubblico di Palazzo Grimani, lapiù fastosa dimora patrizia del Cinquecento a Venezia, è statopossibile restituire alla sua sede originaria la Visione dell’aldilàdi Hieronymus Bosch, opera del pittore fiammingo che anticamenteapparteneva alla collezione del cardinale Domenico Grimanicon il Trittico di santa Liberata e il Trittico degli eremiti, dello stessoautore. Si tratta di tre capolavori di pittura a più scomparti sutavola, riconoscibili come gli originali provenienti dalla raccoltadella famiglia Grimani, grazie alla testimonianza di MarcantonioMichiel, appassionato conoscitore d’arte e a sua volta collezionista,che nel 15<strong>21</strong> descrive in maniera dettagliata i quadri visti in occasionedella sua visita al palazzo. I dipinti di Bosch, pervenuti nel1528 alla Repubblica di Venezia con legato testamentario, furonoacquisiti dallo Stato e concessi in deposito a Palazzo Ducale comebeni demaniali di proprietà delle Gallerie dell’Accademia: in questasede sono ricordati con ammirazione dalle antiche guide dellacittà fino ai giorni nostri.A P P R O F O N D I M E N T I[157-160] I quattro pannelli di Bosch raffiguranti, da sinistra a destra,Caduta dei dannati, Inferno, Paradiso terrestre e Ascesa all’Empireo.Non si conosce la provenienza dell’opera, prima del suo ingressonella collezione Grimani, tuttavia le tematiche e il formato delletavole suggeriscono che la primitiva destinazione fosse l’altaredella confraternita di una chiesa, come nel caso del Trittico del carrodi fieno o del Trittico del giardino delle delizie (Madrid, Museo del Prado),grandi macchine compositive con figure umane e creature mostruoseimmerse in paludi infuocate o giardini paradisiaci simili aipaesaggi dipinti sulle tavole veneziane. L’attuale disposizione deipannelli contempla una lettura narrativa da sinistra a destra, a partiredagli episodi ambientati all’inferno per concludersi con quelliparadisiaci, tuttavia la struttura originaria dell’opera forse era diversa:alcuni studiosi ipotizzano la presenza, al centro, di uno scompartopiù grande con il Giudizio universale, altri suggeriscono che letavole laterali fossero sovrapposte l’una all’altra, a formare un tritticoa due ordini. La decorazione a finto marmo variegato di colorerosso e nero, visibile sul retro delle tavole, fa pensare che i pannelliin origine potessero essere visti da entrambi i lati, pertanto si potesseroaprire e chiudere come le ante di un armadio, secondo unatipologia diffusa in ambito fiammingo e caratteristica della maggiorparte dei trittici di Bosch.L’immaginario pittorico dell’artista prende forma in scene fantastiche,dai colori accesi e contrastanti, che colpiscono lo spettatoree provocano un forte impatto emotivo, di orrore e ripugnanza mistia meraviglia e fascino per gli strani esseri che sembrano appartenerealla sfera dell’occulto. Questa visione all’apparenza così distantedalla realtà racchiude tuttavia una riflessione profonda sullareligione, sul peccato e sulla salvezza dell’anima, tradotta in immaginiche hanno una funzione didattica e di ammonimento sul valoreprofondo della vita. La sceltadella gamma cromatica assumeun significato evocativo, accentuatodall’uso di una luce freddae cristallina, tipica dei paesi nordici,che isola i personaggi sullosfondo e ne fa risaltare i corpi[161] Particolare dell’Inferno. asciutti e nervosi, di una consi-31


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[162-163] Particolare del Paradisoterrestre e, in basso, dell’Ascesaall’Empireo.stenza quasi metallica, bloccati in pose di estrema gestualità.Nelle prime due scene lo sguardo dell’osservatore è attratto daibagliori di luce che squarciano improvvisamente l’oscurità, facendoemergere dettagli terrificanti: figure umane inghiottite dallapalude, uccelli silenziosi appollaiati sui rami o sulla rupe, e soprattuttomostri di colore fosforescente con ali di pipistrello e muso ditopo, impegnati a torturare i dannati. Le restanti scene mostranoinvece un’atmosfera di spiritualità serena e gioiosa. Il giardino delparadiso accoglie uomini e donne in dialogo con gli angeli, immersiin una natura rigogliosa, abitata da minuscoli animali e uccelliriuniti in prossimità della fontana sulla collina, oltre la quales’intravedono il mare e il cieloterso. Osservando con attenzioneil quadro si può apprezzare almeglio l’estrema precisione nellaresa dei dettagli, che prendonoforma solo a una visione ravvicinata:le piccole figure a monocromoposte agli angoli dellafontana, ad esempio, rievocanole sculture mostruose in pietracollocate sul tetto delle cattedralidi epoca medievale, una fonte visiva disponibile anche nellacittà natale di Bosch.Con l’Ascesa all’Empireo si conclude, come nella Divina Commediadi Dante, il lungo viaggio nell’oltretomba. Angeli dalle lungheali variopinte conducono i beati fluttuando in aria a passo di danza,verso la luce eterna che si irradiadall’interno di un cilindroa fasce concentriche. Procedendoverso la sommità, le figure diventanosempre più piccole e incorporee,come se fossero risucchiatedal vortice luminoso.L’artista raggiunge qui uno deivertici più alti della sua poetica, affidandone il messaggio a un’immaginefortemente simbolica, ma allo stesso tempo di semplicecomprensione e grande empatia.La Visione dell’aldilà è stata datata dalla maggioranza degli studiosiai primi del Cinquecento, quando a Venezia trionfa l’arte diGiovanni Bellini, Carpaccio e Giorgione, assai diversa dalle operefiamminghe, che tramite gli scambi commerciali giungono nellacittà lagunare fin dalla metà del Quattrocento, trovando un immediatosuccesso: le collezioni si arricchiscono di ritratti, paesaggi, maanche piccoli dipinti di soggetto sacro per la devozione privata, dieffetto stupefacente per la capacità di osservare e descrivere la naturacome se l’occhio guardasse attraverso la lente di un microscopio.È questo effetto di meraviglia e preziosità a rendere unici i dipintinordici, richiesti in gran numero dagli amatori per le proprie raccoltedi dipinti, bronzi, sculture e altre rarità. La più celebrata, inparticolare per la statuaria antica, le gemme e i marmi, è proprioquella dei Grimani, che inoltre possedevano un libro di miniaturefiamminghe degli inizi del Cinquecento, il cosiddetto Breviario Grimaniora alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, di tale bellezzae pregio da richiederne, di recente, la riproduzione in facsimileper dare la possibilità a tutti di sfogliare le pagine e ammirarne leillustrazioni.A P P R O F O N D I M E N T ITracce veneziane negli scrittidi Rainer Maria RilkeGIOVANNA DAL BON[164-165] Lou Andreas Salomè e, inbasso, Rilke e Lou Salomè (i primi dasinistra) durante un viaggio in Russia.Riferisce a Venezia, Rainer Maria Rilke, tutte le volte che sisente oltrepassare il limite dell’indicibile. Si potrebbe direricorra a lei quando si trova catapultato sulla soglia dell’inudibilità.La sua scrittura, negli anni, protrae richiami e appellia quello spazio esatto nell’acqua che lui per primo indica qualegesto di una volontà umana forte: la città “voluta dal nulla sovraimmense foreste”.Disseminato di notizie di rapidi passaggi veneziani è il carteggiocon la scrittrice Lou Andreas Salomè. Un esteso epistolario chedura dal 1897 al 1926. Vi sonoindicate numerose tappe veneziane,sempre indizio di qualcheimportante “passaggio iniziatico”o rigenerativo. Occasioneper rintracciare un primo fulminantegerme di immagine diVenezia che preluderà alle dilatateriflessioni degli scritti a venireè anche il Diario di Parigi:testimonianza dell’angosciosapermanenza del poeta nella capitalefrancese nel 1902, pubblicatonel 2003 da Einaudi. Il diario dell’esperimento parigino dicelo stato di disgregazione in cui si trova Rilke dopo aver lasciatoBerlino, dopo la rottura del doloroso sodalizio affettivo-intellettualecon Lou Salomè; nell’impossibilità di ricompattarsi in quellacittà carica di promesse all’inizio di un nuovo secolo.Sono giorni di tentativi, convulseannotazioni, abbozzi di contattocon le novità che lo circondano,prospettive d’incontro cherisolvono in cerimoniose visitedi cortesia, sollecitazioni dalmutare della luce nei giardinidel Luxembourg “nel mattinoesitante”, oscillazioni ipocondriache,crescente precarietàeconomica. Giorni sospesi, incui tutto vacilla, giorni di impuraattesa.Il 30 ottobre: “Raffreddore in ascesa e in declino. Giornata grigia.Nebbia vicina, stillante, afferrabile, al posto dell’aria cose bagnate;tentativo di stare al Louvre e guardare”. Nella giornata all’apparenzaaffollata del 14 novembre registra alla rinfusa: un vecchiosignore col frack dell’Académie française “del tutto incapace”,due Manet davvero singolari, suonatori ambulanti, cromatismoovunque, un tappeto blu opaco a fiori. Il 22 novembre, a passeggiocon Klossowski in una giornata silenziosa d’inverno, fredda e precocementebuia, siedono in un piccolo caffè. Mentre Klossowski fumae racconta di città attraversate, spunta Venezia sotto una pioggiadi sei giorni ininterrotti “con atmosfere olandesi”. Minuscolaparticella di una città che Rilke dilaterà fino a identificare con un32


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[166] Rainer Maria Rilke nel suostudio.suo preciso stato neurologico. Ilrimbalzo viene automatico aldolente autobiografismo deiQuaderni di Malte Laurids Briggedi qualche anno più tardi.Scardinando gli avamposti stereotipisulla città decadente“molle e oppiacea”, inaspettatamenteRilke si getta su “quell’altraVenezia”: è quando tutti siapprestano a lasciarla, nelle ultime giornate indistinte che preludonoall’inverno. Gli si svela un mattino, rimasto solo, al risveglio.Aurorale, sveglissima “fragile così che un soffio la incrina”, reale, pernulla emersa dal sogno. Quella Venezia che sorprende nella sua veritàin un enunciato, tutto d’un soffio, che vuole scritto in corsivo,distaccante: “voluta a ogni costo dal nulla sovra sommerse foreste”.Rilke si lancia a distanze sideree dall’ingombra letteratura ispirataerroneamente a quel luogo; allontana da estenuati inni mortiferi,dai vaghi cromatismi, non subisce incantesimi, fino a rendersicapace di sentire lo scricchiolio di quei legni soggiacenti, fondanti.Quest’uomo neurologicamente scosso avverte per primo lafisicità essenziale di uno spazio precario e tenace. Riesce a dire uncorpo indurito e ridotto all’indispensabile: “traverso cui l’Arsenaleinsonne spingeva il sangue del proprio lavoro implacato”. Sente ilfibrillante lavorio che tiene quell’organismo a galla “contrappesodel mondo che trabocca di energie misteriose, ramificate per vasicapillari”. Capisce, della città immersa l’anima, la forza: “penetrante[…] più forte del profumo delle terre aromatiche”. Configura, insimbiosi raggiunta, un suo paesaggio interiore molto dettagliato,uno scenario che si fa nitido alla fine del diario, dopo tanti attraversamentie indugi. Si sceglie vivo e labirintico, suscettibile dierosione ma vigile, resistente, capace di appartenenza. “La consapevolezzadi averla compresa, e di averla io solo compresa, mi aggredì,fra tutti quegli esseri ostinati a fraintenderla, mettendomi addossotale bisogno di smentita, che levai gli occhi come cercando di comunicarealtrui il mio pensiero”. Grido di impotenza che sfocianell’indicibile e sa di profezia, levato contro tutti quegli esseri“ostinati a fraintenderla” ancora e ancora.Prolunga, smaterializzato, lo scrivere “da Venezia”, in sparsepoesie datate, nei frammenti. Spazio che si individua non riconoscendolo,tende all’invisibile, quasi come la magmatica Veneziaturneriana, pretesto per infinite riflessioni in luce. Travasa, in trasmutazionedigitale, il sentire di Rilke, nel sofisticato software programmatosu Venezia da William Gibson, nel cyber-psyco-thrillerAidoru (Oscar Mondadori 1998). La protagonista, Chia, si connettea una Venezia fisicissima ogni volta che attraversa un ponte a velocitàmoderata (il software è sincronizzato con lo spazio sospeso deiponti). Uno spazio tattile e neuronale è anche quello attraversatodalle curvate linee della Venezia di Moebius, in raffinata estetica secessionista.Ancora Rainer Maria, con un’immagine di forza contagiante.Venezia, 12 luglio 1912: “aerea sostanza / esatto influsso quasiastrale / negli ipersensibili apparecchi vibrando qualche istante”.Su, fino all’aerea spiritualità della prima delle Elegie duinesi. Lo sicoglie ispirato, ascoltante “l’ininterrotto messaggio che dal silenziosi crea”, individuare una scritta che tra tutte gli si impone “sublime”:quella lapide a Santa Maria Formosa in un imprecisato “ieri”.A P P R O F O N D I M E N T I1895. Clamore alla prima Biennale:il Supremo convegno di Giacomo Grossotratto dal sito www.labiennale.orgUn quadro consacrò la prima Esposizione Internazionaled’Arte della città di Venezia del 1895 e sollevò intorno aessa clamore e curiosità: il Supremo convegno di GiacomoGrosso, artista allora famoso, professore all’Accademia Albertina diTorino.Proprio il Presidente di quell’Accademia, il conte di Sambuy,raccomandò al sindaco Riccardo Selvatico di fare in modo che quel“quadro di ardita composizione fantastica” fosse sistemato in buonaluce. Essendo Grosso uno degli artisti invitati alla Biennale, econoscendone il valore, il primo cittadino non ebbe timore a rassicurareil conte a tal proposito, ma non intuiva certo “quali e quantigrattacapi doveva procurargli quel quadro!”.Il 10 aprile 1895 l’opera giunse all’Esposizione e, appena toltadalla grande cassa, stupì quanti la videro.Ambientata in una chiesa, raffigurava una camera ardente conferetro e cadavere attorniati da cinque figure femminili completamentesvestite. Nelle intenzioni del pittore torinese la tela volevarappresentare la fine di un dongiovanni.Se per chi doveva collocare l’opera, l’unica preoccupazione venivadagli accesi contrasti di colore, che potevano disturbare la visionedei dipinti vicini, invece per la Presidenza dell’Esposizione ildisagio era dato dal soggetto del quadro, che avrebbe potuto offenderela morale dei visitatori.In pochi giorni la notizia aveva già fatto il giro della città emolto si mormorava a proposito del soggetto di questo quadro, acui non era stata ancora data una collocazione. Il Sindaco Selvaticodecise di sottoporre la questione a una apposita commissione di letteratiformata da Enrico Panzacchi, Giuseppe Giacosa, Enrico Castelnuovoe Antonio Fogazzaro. La risposta arrivò tramite una letteradi Fogazzaro: “Vi rispondiamo unanimi: no, il dipinto non recaoltraggio alla morale pubblica”.Il giorno seguente però il Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto(futuro Papa Pio X), inviò una lettera a Selvatico chiedendo che l’opera,di cui aveva sentito parlare, non venisse esposta. Il sindaco risposecol verdetto della commissione e l’opera partecipò alla primaEsposizione, sebbene collocata in una sala piuttosto appartata.La stampa clericale gridò allo scandalo, ne parlarono i giornaliitaliani e stranieri accendendo ancora di più la curiosità del pubblico.A fine Esposizione, il premio assegnato da un referendum popolareandò a grande maggioranza proprio all’opera di Grosso equesto risultato destò ulteriori polemiche. Una società acquistò ilquadro per farlo conoscere negli Stati Uniti, dove era già arrivata lasua fama, ma, attraversandol’oceano, ilSupremo convegno videla fine della propriaavventura: distruttoda un incendio![167] Giacomo Grosso,Supremo convegno,1895.33


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Una giornata a Tiloniaal Barefoot CollegeCARLA D’ORAZI SPAGNALasciamo Jaipur, la caotica Città Rosa, brulicante di turbantivariopinti che segnano il percorso tra i bazar ricchi di invitantibancarelle e i sontuosipalazzi che ricordano ai visitatori ilricco passato imperiale della città,capoluogo del Rajasthan. Imbocchiamol’autostrada Delhi-Ahmedabade dopo un’ora di viaggio relativamentescorrevole, rallentato soloda qualche sonnolenta mucca in untraffico rumoroso di camion, trattorie motorini impazienti, usciamo peraddentrarci, lungo una strada sterrata,in un territorio arido e polverosodove la rada vegetazione si adatta a [168] Zingare del Rajasthan.sopravvivere in un luogo che ricevemeno di due centimetri di pioggia all’anno. Stiamo andando a Tilonia,un piccolo villaggio 400 miglia a sud di Delhi nell’Indianord-occidentale, in quella parte desolata del deserto del Thar chesi estende fino alla valle dell’Indo in Pakistan.Tilonia è il luogo scelto nei primi anni settanta da un gruppodi giovani laureati indiani ispirati dal desiderio, tutto gandhiano,di rivolgersi ai più poveri dei poveri,quelli che non riescono a mangiaredue volte al giorno. Franca Coinmi aveva parlato di Tilonia, del BarefootCollege, del suo fondatoreBunker Roy e, con l’entusiasmo chela anima di fronte a situazioni che richiedonoimpegno gratuito e generosoper aiutare “l’altro”, ha suscitatoin me il desiderio di confrontarmi[169] Bunker Roy, fondatore delBarefoot College a Tilonia.anche con questa India, che tutti conosciamo,ma inevitabilmente ignoriamo.A P P R O F O N D I M E N T IAmo l’India, sono attratta dalla sua spiritualità presente nellasvariata e intensa umanità che la popola e, in questo mio ultimoviaggio, a fine marzo, ho inserito come tappa fondamentale una visitaa Tilonia. Quando Franca l’ha saputo mi ha messo in contattocon Bunker Roy e sua moglie Aruna che prontamente hanno rispostoaffidandomi a Sri Srinevasan, detto Vasu, responsabile delcampus e memoria vivente del Barefoot College. Gli ho telefonato daNew Delhi annunciando che io e la mia amica Gabriella saremmoarrivate nel giro di pochi giorni e Vasu ci ha offerto immediatamentela sua disponibilità e l’ospitalità nel campus con la naturalezzadi chi è abituato a condividere tutto con chiunque.Lungo la strada sterrata fra la ferrovia e una collina solitaria earida di terra rossa, ci imbattiamo nelle prime immagini rurali diquesta realtà fatta di poveri contadini che pascolano le loro magregreggi nelle larghe spianate polverose, trapunte di rocce arrotondatee alberi spinosi, con il sorriso di serena accettazione di chi ha imparatoa sopravvivere con poco cibo e poca acqua sfruttando le risorsedell’arida terra. I vecchi guidano la mandria con un bastone,le donne, con fascine di rami sulla testa, conducono greggi di caprecon le mammelle chiuse in un sacchetto di tela, legato al collo dauna cordicella perché il latte non venga interamente succhiato daipiccoli, ma ne resti un po’ per la loro famiglia.Varchiamo il cancello e, nell’attesa di incontrare Vasu, nell’ariatranquilla e leggera ci appaiono i primi edifici di sobrio rigore, auno o due piani e dai tetti piatti, separati da larghi vialetti non prividei fiori e della scarna ma tenace vegetazione che il terreno puòoffrire. Un manifesto sul piazzale d’ingresso dichiara che il BarefootCollege è l’unica istituzione in India completamente alimentata aenergia solare con pannelli progettati e realizzati da giovani chehanno a malapena frequentato la scuola elementare. Dall’altro latoun piccolo aereo militare in disuso – regalo del fratello di Bunker,ufficiale dell’aviazione – per divertire i bambini di Tilonia.È mattina e forse tutti sono impegnati nelle loro occupazioniquotidiane perché incontriamo poche persone nelle stradine pulitee silenziose che contrastano col brulichiodi umanità delle grandi cittàindiane. Chiunque passa saluta amani giunte: namastè e un sorriso ciavvolgono con soave gentilezza.Ecco Vasu, seduto a terra nel suopiccolo ufficio dietro a un basso tavoloricoperto di carte e documenti,assorto in quelle che, abbiamo capito,sono le sue intense occupazionidi ogni giorno per progettare, organizzaree dirigere la vita del campus. [170] Giovane donna di Tilonia.È un omone dai capelli grigi fino allespalle, dai modi amichevoli che ci fanno subito sentire a nostroagio trattandoci alla pari e accogliendoci con grande ospitalità, dedicandociun po’ del suo tempo, ma con parsimonia perché è troppoprezioso. Viene da una famiglia borghese e ha goduto di tutti iprivilegi riservati alla sua casta nella quale si è presto sentito a disagiorifiutando di far parte del Sistema. Ora Tilonia è diventata lasua famiglia, la sua scuola, nella quale, dice, non ha ancora smessodi imparare nonostante il suo ruolo di abile coordinatore.Ci affida a Bhagwan, che qui si occupa dell’educazione ma primaera un maestro in un altro villaggio e percepiva due rupie almese per ogni studente delle sue classi (una rupia equivale a 0,015euro). Con un sorriso rassicurante, vestito del suo bianco kurta, ciinvita a seguirlo per visitare il villaggio che lui ci illustrerà nell’organizzazionee nelle attività svolte, ma prima ci indica la guesthouse pronta ad accogliere visitatori e volontari che intendono soggiornarvia lungo: una dozzina di piccole stanze che si aprono intornoa un patio per dar sfogo al calore, due semplici letti, mensolein una nicchia, uno sgabello di paglia, finestre con zanzariere eporte con un grosso lucchetto per non indurre in tentazione! Ununico bagno in comune: una stanzina con un sanitario in equilibrioprecario e un’altra con un lavandino per l’igiene quotidiana. Spartanoed essenziale, ma un lusso per Tilonia!Dopo esserci rinfrescate, con la nostra macchina e col nostromaestro-guida ci dirigiamo nella parte più vecchia del campus dove,nel laboratorio che produce fornelli solari, tre donne “ingegneri”ci dimostrano come è possibile costruire questi fornelli. Sonoalimentati da una struttura che poggia sul pendolo di un vecchio34


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[171-172] Donne africane imparanoad assemblare pannelli solari e, inbasso, un pannello terminato.orologio da parete che si sposta con una catena di bicicletta e daspecchietti ritagliati da una grande lastra: il tutto girato manualmentedue volte al giorno per seguire il movimento del sole. Micommuove vedere la destrezza e la sicurezza di queste tre donne;con altre quattro formano un team estremamente valido che, purnon avendo alle spalle un bagaglio di studi regolari ma solo passionee autodeterminazione, riesce a produrre pannelli in quantitàtali che, oltre a favorire il risparmio di kerosene, legna o gas, permetteloro di guadagnarsi uno stipendio messo poi a disposizionedell’associazione.Ancor più mi emoziona entrare nella lunghissima stanza scarsamenteilluminata dove si svolgono i corsi per futuri ingegneri “apiedi scalzi”: un lungo tavolo eintorno ad esso ogni posto è occupatoda donne africane (Mali,Senegal, Nigeria, etc.) che hannoaccettato di lasciare i loro villaggiper imparare a costruirepannelli solari che, al loro ritorno,installeranno insieme ai lorocompagni senza l’aiuto di “professionistiqualificati” e sicuramentesaranno in grado di gestiree riparare. Tra casse rigurgitantidi fili elettrici, trasformatorie circuiti ci scambiamo sorrisidi simpatia reciproca esguardi d’intesa, una sorta di solidarietàfemminile, mentre leloro abili mani si muovono condestrezza con cacciaviti e congegnidelicati. E poi via nel laboratorioartigianale dove vengono cuciti con ingegnosa creatività tovaglie,coperte, cuscini e tutto ciò che esce dalla fantasia delle “sarte”che eseguono bellissimi lavori a patchwork.L’ultimo degli edifici lunghi e stretti ospita i laboratori dovecon carta e materiali riciclati un gruppo di portatori di handicapfabbrica quaderni e divertenti giocattoli per bambini, mentre dallafalegnameria escono deliziosi manufatti in legno, pensati con gustoe semplicità. E che sorpresa quando entriamo in una piccola[173-174] Artigianato e tecnologia: le sarte e, a destra, il corso di computer.A P P R O F O N D I M E N T Istanza dove tre donne, sedute a terra, si stanno cimentando nell’usodel computer per nulla intimorite da questo strumento, mapiuttosto incuriosite. Non disturbo le due più giovani, assorte nelloro esercizio, ma non riesco a trattenermi dal chiedere alla terza lasua età. Non lo sa, forse trent’anni (a me sembrano di più) ma nonè un problema se si ha voglia di imparare e se, soprattutto, ti offronouna tale opportunità in un mondo in cui le donne sono destinateai lavori più umili e pesanti e vivono assolutamente un ruolodi sottomissione rispetto all’uomo.Non manca nulla in questo microcosmo! C’è un piccolo ospedaledi base con dieci posti letto e la dental clinic dove indugiamo aosservare incuriosite una troupe cinematografica canadese che sta filmandoun intervento odontoiatrico: due donne in camice, mascherinee guanti sterilizzati e una paziente dallo sguardo un po’ impaurito.Non lontano dall’ospedale il laboratorio di analisi, dove si possonoeseguire test medici anche nell’ottica di un pronto interventoe poi ancora un laboratorio biologico per monitorare la qualità dell’acquapiovana che viene immagazzinata con il sistema di raccoltain cisterne (come hanno suggerito i contadini rifacendosi alle usanzedei loro nonni) meno costose e più efficaci dei numerosi pozziscavati in precedenza con scarsi risultati e dispendio di finanziamenti.Naturalmente i tecnici di laboratorio sono giovani del BarefootCollege addestrati, senza alcuna preparazione scolastica allespalle, da volontari esperti che li seguono in queste attività affiancandolia periodi alterni.Infine la biblioteca, una stanza stipata di scaffali ricolmi di librie riviste, donati o lasciati lì dai volontari che soggiornano a Tilonia:alcuni bambini, comodamenteseduti sul pavimento ricopertodi stuoie, sfogliano silenziosamentetesti che li assorbonototalmente. Accanto a lorodue adulti leggono con interesseil giornale locale.Passiamo davanti all’ufficio postalee un gruppo di donne nei[175] Bambini in biblioteca.loro sari colorati interrompel’allegro chiacchiericcio nel vederci arrivare: ci fermano e con vivacecuriosità ci rivolgono concitate domande (le stesse che avremmovoluto fare loro, ma questa volta siamo noi le intervistate!) per saperechi siamo, cosa facciamo, da dove veniamo. La mia amica Gabriellale stupisce rivelando che non è sposata e vive da single perscelta: chi ti mantiene? perché non hai un marito, dei figli da seguire?La incoraggiano a provvedere, preoccupate per il suo futuro!Quando ci salutiamo vogliono stringerci la mano, un gesto inconsuetoper loro quanto per noi congiungere le mani.È l’ora di pranzo e veniamo invitate a condividere il cibo nellagrande stanza spoglia che funge da refettorio: prendo uno dei larghipiatti di alluminio a scomparti dalla rastrelliera e mi avvicinoal bancone dietro al quale si trova la cucina. Da tre pentoloni fumantiprendo un po’ di riso, verdure e dahl, le saporite lenticchie.Ci sediamo per terra su semplici stuoie e assaporiamo questo pastorigorosamente vegetariano. Alla fine lavo il piatto alla pompa a manopassando le dita su un velo di polvere di sapone imitando attentamentequelli che mi precedono. A Tilonia tutti sono ugualianche se l’uguaglianza è difficile da sostenere in una società cosìprofondamente segnata da divisioni di casta e classe.Quando ripartiamo ci accompagna un senso di tenerezza e ammirazioneper questa povera gente che con l’aiuto di Bunker Roy èriuscita a recuperare quanto c’è di buono nella tradizione attraversoun modello di democrazia partecipata nella quale le donne (che orgoglioessere donna!) hanno un ruolo fondamentale, non sempre presentein contesti più evoluti e tanto meno nell’India povera e rurale.35


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Le città del futuro: multietniche,multirazziali e... multispecificheDANILO MAINARDIPochi lo sanno, ma esistono anche i granchi d’acqua dolce. InItalia abbiamo, e il nome dice tutto, il Potamon fluviatile, unbel crostaceo di discrete dimensioni che ancora sopravvive inqualche corso d’acqua dalla Sicilia alla Toscana, forse anche più anord. È una specie, purtroppo, sempre più rara, in forte declino.Quel granchio, a ogni modo, posso dire di conoscerlo piuttosto bene,e da parecchi anni. Da quando, cioè, mi venne presentato daMarco Vannini, un etologo fiorentino che ne studiava il comportamentosia in laboratorio che in natura. Da quando, anche, a quel singolareanimale dedicammo un bel documentario. Ebbene, l’ho recentementeritrovato, e con grande stupore, in uno degli ultimi convegnidell’Unione Zoologica Italiana,perché in quella sede trezoologi dell’Università di Roma3, Massimiliano Scalici, DanieleMacale e Giancarlo Gibertinihanno comunicato una scopertaabbastanza sensazionale: quelgranchio vive, in pieno centrostorico, nella città di Roma.[176-177] Il granchio Potamonfluviatile in versione marina e,a destra, in versione terrestre.A mezza via tra il Quirinalee il Campidoglio c’è quella bellavalle, percorsa da tributari minoridel Tevere, che contiene iFori Imperiali. È proprio inquella zona, soprattutto quella dei Mercati Traianei, che vive unapopolazione di Potamon fluviatile. La scoperta è recente e, da allora,quei granchi sono stati intensamente studiati.La loro vita di animali metropolitani, confrontata con quellanaturale, è ovviamente assai diversa. A cominciare dalla frequentazionedei tanti gatti, ratti, gabbiani e colombi, che a volte fanno leparti dei predatori (almeno certe specie) mentre altre volte fanno,una volta morti, quella di preziosi resti alimentari. C’è poi la specialerete idrica con la sua canalizzazione artificiale così diversa daicorsi d’acqua naturali; c’è, infine, l’illuminazione notturna e, volendo,potrei continuare elencando altre ovvie diversità... Insomma,quell’urbana popolazione di crostacei, oltretutto completamenteisolata, dà chiari segni d’aver preso una strada evolutiva tutta sua,e il segno più evidente, a quel che sembra, è di stare sviluppandouna certa dose di gigantismo.Il caso dei granchi romani è interessante e prezioso per la conservazionedella specie. S’inquadra, oltre tutto, in un fenomeno generale,e cioè che, in questo mondo spesso così ecologicamente disturbato,le città, con le loro speciali ecologie, possono fornire atante specie appetibili nicchie. Proprio per ciò aumentano, annodopo anno, i cosiddetti “clandestini in città”. Gente che ormai stameglio tra quattro mura piuttosto che in una natura più matrignache madre.N U O V I C I T T A D I N I[179-180] Famiglia di gabbiani“veneziani” con nido sul camino piùalto (evidenzianto dalla freccia) e, adestra, dettaglio del loro pulcino.Aveva destato interesse, qualche annofa, la scoperta delle volpi che,grazie soprattutto alle risorse messea disposizione dai cassonetti e dai loroderivati biologici (per esempiofiorenti popolazioni di ratti), ormaifrequentano normalmente le nostrecittà. Altro caso recente è quello dei[178] Volpe domestica. gabbiani reali che hanno preso a riprodursisui tetti delle case. Raccontoquanto sta avvenendo a Venezia, anch’essa, come Roma, forse anchepiù, città decisamente peculiare.Gabbiani a Venezia ne abbiamo sempre visti. Da qualche anno,però, alcune coppie di reali hanno cominciato a riprodursi in centrostorico. Il motivo di questa definitivacolonizzazione è il solito:risorse abbondanti e pochi pericoli.Così, a cominciare dall’annoduemila, un numero crescentedi coppie ha preso a fare il nidosu tetti e comignoli. Cecilia Soldatini, ricercatrice veneziana, conoscequesti uccelli uno per uno e tutta la loro prole è stata provvistadi anelli di riconoscimento. Ebbene, ciò che è interessante inquesta minipopolazione è che tante abitudini, sia sociali che alimentari,sono cambiate proprio per adeguarsi allo stile di vita. Facciodue esempi. Il primo riguarda la socialità. Nelle colonie naturalila nidificazione avviene mantenendo una piccola ma funzionaledistanza (un metro e mezzo o due) tra un nido e l’altro; se voi inveceguardate la distribuzione dei nidi sulla mappa di Venezia, notatecome la distanza tra i nidi sia enormemente aumentata (centinaiadi metri). Che si sia persa ogni socialità? Si direbbe di no, anche per[181-183] Gabbiano che cova e, a destra, le sue uova nel nido. In basso,la pianta di Venezia con evidenziate le localizzazione dei nidi di gabbiano.la persistenza dei fenomenidi altruismo(le sentinelle chefanno la guardia). Ècome, soltanto, se lacolonia si fosse diluitanello spazio, comese, in un certo senso,fosse esplosa, ed è36


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>probabile che sia proprio l’assenzadi predatori naturali ad averconsentito l’allargamento deglispazi. L’altro esempio riguarda lacomparsa dell’abitudine, trasmessaculturalmente, di predarei colombi, ormai diffusissimain città, e di cui è stato possibileseguire lo sviluppo nel tempo.[184-185] Gabbiano che divora unpiccione e, a sinistra, la coppia digermani che vive in fondamentadell’Arzere a Venezia.[186-187] Banchetto per gabbiano epiccioni e, a destra, un gabbiano apreun sacchetto di immondizione col suopossente becco.la porta di casa lasciate quantobasta a sfamare un esercito divolatili. Pane secco, avanzi dicarne e di pesce, frutta e verdura,uova, marmellata e cioccolato.Insomma, ogni ben di Dio.Per giunta mettete il tutto incontenitori che agevolmenteriusciamo ad aprire. Basta prati-Insomma, le città del futuro nonsolo saranno sempre più umanamentemultietniche, saranno anchemultirazziali (gli animali domestici) e multispecifiche (quelliselvatici).Caro direttore...*Caro direttore, sono il gabbiano Joseph Livingston, cuginodel più celebre Jonathan. Premetto d’essere assai meno romanticodel più romantico dei pennuti. Lui vive d’aria (cosìalmeno è solito raccontare) e passa i suoi giorni a compiere evoluzionie acrobazie nel cielo blu cobalto. Io sono decisamente unmaterialista. Meglio, un epicureo. Ai voli pindarici e ai tonneau predilettida Jonathan preferisco i tonni.Quando noi gabbiani ingolliamo un pezzetto di tonno proviamola stessa sensazione che un uomo prova nel delibare una mousseal cioccolato. Intendiamoci: capita semel in anno. Per il resto cidobbiamo accontentare di quel che passa il convento. E in fondo èproprio per questo che ho deciso di scriverLe.Da qualche tempo mi sono trasferito a Venezia. Ne avevo sentitoparlare un gran bene da parenti, amici e conoscenti. A Venezia,mi raccontavano, noi gabbiani si mangia benissimo. E aggiungevano:non c’è bisogno di scendere in picchiata in laguna per catturareun pesce; non devi aspettare su una briccola per ore, rigido comeun baccalà, il ritorno dei pescherecci; a Venezia è sufficiente, mispiegavano, girare per campi e campielli. Non ci credevo, ma è propriocosì.Ora non voglio fare l’apologia della Serenissima. Però vorreiesprimere ai veneziani, attraverso il suo giornale, la mia più sinceragratitudine, la mia riconoscenza, certo di interpretare il pensierodi tutta la specie. A Venezia stiamo come nababbi. Prenda il sottoscritto.Sto a Ca’ Dario; ho messo in giro io la voce che chi vi abitaè destinato a sciagure e disgrazie, per viverci in pace.Al mattino, di buon’ora, mi faccio dare un passaggio dalla primaimbarcazione che vedo e attraverso il canale. Imbocco una callee trovo subito il mio continental breakfast, confezionato in un sacchettodi plastica. Fette biscottate, salmone, nutella. Solo l’imbarazzodella scelta perché di colazioni confezionate in quel tratto cene sono, tutte in fila, una trentina. Che grande città, la vostra. All’esteromettono il veleno e ci prendono a sassate. Voi di fronte al-N U O V I C I T T A D I N Icare un foro con un colpo di beccoe inizia il banchetto. Ognitanto salta fuori anche una panteganagià satolla, segno che a Venezia non amate solo gli uccellima anche gli amici roditori. Grazie, grazie e ancora grazie.Esistono città ingenerose e incivili che hanno da tempo la pessimaabitudine di negare ai gabbiani persino le briciole. Le nostreleccornie, qui cortesemente distribuite, vengono sigillate in grandiscatole rigide dotate di ruote. Inutile tentare di violarle: le paretisono durissime, la chiusura ermetica. All’alba, per giunta, questicassonetti scompaiono. Di conseguenza molti di noi sono costrettia ripiegare sulle discariche di campagnache raggiungiamo facilmentedal mare. Nulla di cui lamentarsi.Ma volete mettere un buffet dietroPalazzo Pisani Gritti, oppure alla lucedei sontuosi lampadari di PalazzoRezzonico? C’è una bella differenzacon una cena sia pure luculliana ma[188] Gabbiani al mercato delpesce di Rialto.consumata su una montagna di immondiziatra miasmi nauseabondi,pestilenziali.Voi, premurosamente, i nostri pastili lasciate fuori di casa tutta la notte. E al mattino, spesso, nessunoviene a portarli via. Allora è una vera festa perché noi ci curiamo dispargere il cibo un po’ dappertutto in modo che possano goderneanche passeri e colombi.Ora non vorremmo che a qualche esteta venisse un’insana idea.Per esempio quella di progettare per le scoasse delle pattumiere invetro di Murano, a forma di gondola o di leone di San Marco. Pernoi gabbiani sarebbe un colpo durissimo, oserei dire mortale. Pensi,per esempio, a quel che sarebbe accaduto stamane: non avremmopotuto imbottirci dei rifiuti sistemati davanti alle abitazioni enemmeno di quelli lasciati questa notte, per terra e in acqua, daipartecipanti alla festa del Redentore. Spero che Venezia e i venezianine tengano conto. Lascino fare a noi la raccolta differenziata.Confidando in un suo personale interessamento, La saluto moltocordialmente.Joseph LivingstonVenezia, 17 luglio 2001* testo dall’archivio informatico di <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong> di cui, purtroppo,non conosciamo l’autore ma che teniamo molto a ringraziare.37


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Progetto “Gleam Team”.Il nostro micromecenatismoIl progetto “Gleam Team”, a favore del restauro delle doraturedel soffitto della Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale,è il primo esperimento di micromecenatismo promosso eideato da <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>. I risultati, a oggi, sono veramentesorprendenti, forse anche maggiori di quelli che si auspicavano. Siprevede infatti, entro la fine dell’anno, di raggiungere l’obiettivo diavere l’intero restauro finanziato grazie a un grande numero di piccolequote di partecipazione.Ma come nasce il progetto “Gleam Team”?Contando sulla consolidata e decennale collaborazione con <strong>Venice</strong><strong>Foundation</strong>, la Direzione dei Musei Civici Veneziani nel 2007aveva segnalato, con non poca preoccupazione, lo stato di degradodelle dorature del soffitto della Sala del Maggior Consiglio – realizzatecon foglia d’oro zecchino alla fine del Cinquecento – e laconseguente urgente necessità di reperire un finanziamento per effettuareprima i sondaggi sullo stato conservativo e, successivamente,intraprendere il restauro vero e proprio, del quale, all’epoca,non era nemmeno ipotizzabile un preventivo di spesa.<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>, come sempre, ha immediatamente rispostocon la consueta disponibilità, mettendo a disposizione i fondi necessariper i sondaggi e per quegli interventi ritenuti assolutamenteprioritari e indispensabili nelle parti del soffitto in cui le doratureerano talmente sollevate da rischiare di staccarsi definitivamentee cadere letteralmente a terra.Così, nel giro di poche settimane,il trabatello appositamente[189-190] Dettagli delle decoesioni edei distacchi della pellicola dorata.[191] La facciata diPalazzo Ducale verso ilbacino San Marco: iltratteggio indica l’areaoccupata dalla Sala delMaggior Consiglio.L A V O R I I N C O R S O[192-193] La complessa decorazionelignea del soffitto.Oro€ 200 x mqIncenso€ 300 x mqMirra€ 400 x mq[194] L’acquerello di Paola Angoletta utilizzatoper la raccolta fondi del progetto “Gleam Team”.allestito in Sala del Maggior Consiglio ha iniziato i suoi “giri di valzer”nella grande sala per le verifiche e gli interventi del caso.Al termine i risultati hanno evidenziato che il degrado era presentee diffuso su tutta la parte lignea del soffitto, con danni di diversaentità: vi erano zone in cui la pellicola dorata risultava leggermentesollevata e altre in cui era gravemente distaccata con pericolodi caduta.Le cause di tale stato di degrado si potevano ricondurre ai naturalisbalzi di temperatura e umidità a cui la sala è soggetta: l’interoPalazzo Ducale (a esclusione dell’area destinata a uffici) non èinfatti dotato di sistema di riscaldamento, né di condizionamento,né di climatizzazioneper cui le sale risultanofredde d’inverno e calded’estate; a questo si aggiungevanoi danni provocati negli anni da infiltrazioni d’acqua, in particolarmodo nei lati prospicienti il bacino San Marco e la Piazzetta,più esposti agli agenti atmosferici. L’intervento di restauro conservativoera quindi necessario sull’intera superficie della ricca e complessadecorazione lignea del soffitto: un progetto lungo, costoso eurgente perché le splendide dorature rischiavano di scomparire.Ecco un’ennesima sfida che <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong> ha fatto sua, nonsenza un pizzico di preoccupazione poiché il progetto era finanziariamentemolto impegnativo e la congiuntura economica non dellemigliori. Ma forse anche sull’onda di positivi segnali d’oltreoceano,che sancivano il successo di nuove tecniche di fund raisingche puntavano sul “volontariato finanziario” su ampia base, a fineottobre 2008 è nato il progetto “Gleam Team”.Il vasto soffitto della sala – ampio circa 1350 metri quadrati –è stato idealmente suddiviso in altrettanti metri quadrati e agli associatiprima, e agli oltre settemila contatti di <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>poi, è stato proposto di “adottare” un metro quadrato di soffitto effettuandodonazioniscelte fra tre diversecategorie di importi:200 Euro per il settoreOro, identificatonella fascia piùesterna del soffitto;300 Euro per il settoreIncenso nella fasciamediana; 400Euro per il settoreMirra nella fasciacentrale.I nostri associati e gli amici di <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong> – il nostro“zoccolo duro” – ancora una volta hanno risposto immediatamentee positivamente al nostro invito: in soli tre mesi avevamo già raccoltoun quarto dei fondi necessari per il restauro.Alla loro generosità si è poi unita quella di tante altre personecon cui non eravamo direttamente in contatto. Un ruolo molto efficaceè stato infatti giocato dalla stampa – e da Il Gazzettino in particolare– che con gli articoli di Federica Repetto ha dato ampiospazio e rilievo al progetto “Gleam Team”, facendolo conoscere a unvasto pubblico. Dopo il primo articolo, pubblicato ai primi di febbraio,l’idea – forse un po’ bizzarra, forse un po’ provocatoria – di“adottare/comprare” un pezzetto di soffitto di Palazzo Ducale hafatto il giro di giornali, televisioni e radio.Qualcuno si chiedeva se poi si poteva “rivendere” il pezzo adot-38


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>[195] L’articolo del 1°febbraio di FedericaRepetto pubblicato da IlGazzettino.tato; qualcun altro,un po’ preoccupato,si informava se bisognavafare il rogitonotarile; altri, ironicamente,si domandavanose per la“proprietà” acquisitasi dovesse pure pagare l’ICI... ma tant’è, il tanto parlarne ha avutoil benefico ruolo di far affluire molte donazioni da parte di personeche hanno particolarmente apprezzato l’idea di far parte di un progettocosì importante anche con quote minime.È stato bello conoscere queste persone una ad una e scoprire chifossero. Tante le storie che ci hanno commosso ed emozionato: unsignore ottantenne di Treviso ha sguinzagliato parenti e amici perriuscire a trovare i dati del nostro conto corrente; un liceo classicodi San Donà di Piave ha adottato un pezzo di soffitto e poi ha portatoi ragazzi in gita a Venezia per vedere Palazzo Ducale e la Saladel Maggior Consiglio.Il venti per cento dei donatori ha preferito l’anonimato ma c’èchi ha dedicato la donazione alla memoria di persone scomparse: eccoquindi un pezzetto per Danielle Gardner, per Herbert Muschamp,per Giampiero Matteucci, per Leo Berti, per Giorgio Lombardi,per Roberto Haggiag. C’è chi ha adottato non solo un metroquadro di soffitto ma l’idea stessa del progetto e l’ha diffusa: abbiamotre donatori da Singapore grazie a una nostra “speciale” ambasciatricenel lontano Oriente mentre un gruppo di guide turistichedi Venezia promuovono il “Gleam Team” con tutti i loro clienti.Qualcuno ha adottato un pezzo per farne un regalo di compleanno,qualcuno per dedicarlo alle figlie, al marito, al padre;Marta Marzotto ne ha preso un pezzo per ognuno dei suoi cinquefigli e un “Anonimo Veneziano” ha preso l’intera cornice della telacon la Presa di Gallipoli in cui morì un proprio antenato.Ai nostri sostenitori è piaciuta molto anche l’idea che “l’adozione”del pezzetto del soffitto fosse visivamente identificabile: inomi di tutti i donatori sono stati infatti inseriti nella riproduzionegrafica del soffitto esposta nella Sala del Maggior Consiglio a PalazzoDucale – consultabile anche nel nostro sito internet www.venicefoundation.org– di cui ognuno ha ricevuto una copia in dimensioniridotte con evidenziato il proprio nome.L A V O R I I N C O R S OLa raccolta fondi a favore del restauro delle dorature del soffittodella Sala del Maggior Consiglio continua tuttora e fino al terminedei lavori previsti per l’autunno di quest’anno. Ma la fine delrestauro non sancirà la conclusione del nostro impegno: per un’operacosì fragile e delicata è necessario prevedere un finanziamentoper il monitoraggio annuale che scongiuri il verificarsi di nuove decoesionie distacchi. Non a caso il nostro motto è “Restaurare è importante,far vivere è indispensabile”.Persone, aziende, soci, amici vecchi e nuovi, donazioni grandi,medie, piccole – ma per noi tutte fondamentali –: ecco il nostromicromecenatismo, ecco il nostro “Gleam Team”.Come aderire al progetto “Gleam Team”Per far parte del progetto Gleam Team e adottare il restaurodi un metro quadrato di dorature del soffitto della Sala delMaggior Consiglio di Palazzo Ducale basta scegliere una opiù categorie di donazione• Euro 200 per la fascia ORO• Euro 300 per la fascia INCENSO• Euro 400 per la fascia MIRRAe inviare il proprio contributo tramite bonifico bancario intestato a<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>presso Cassa di Risparmio di VeneziaSede Centrale, San Marco 4<strong>21</strong>6 – 30124 Veneziacoordinate IBAN: IT 89 F 06345 02 0000 7400 6465 10Scodice BIC: IBSPIT2Vcausale: progetto Gleam TeamRicordatevi poi di contattare via mail (veniceinter@tin.it) o telefonicamente(041-2774840) la segreteria di <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>per specificare il nome da apporre sul vostro metro quadrato e indicarel’indirizzo a cui inviare la ricevuta della liberalità che è detraibileai fini della dichiarazione dei redditi. La <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>ha infatti ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica didiritto privato ai sensi dell’articolo 12 e seguenti del Codice Civilee dell’articolo 14 del DPR 24.7.1977 no. 616 pertanto le erogazioniliberali per restauro di opere d’arte vincolate effettuate da:• SOCIETÀ sono deducibili dal reddito d’impresa a norma dell’articolo100, comma 2, DLGS no. 344 del 12.12.2003;• PERSONE FISICHE rientrano nella normativa relativa alla detrazioneper oneri.Il “Gleam Team” al 12 giugno[196-197] Preparazione del cartelloGleam Team Project e, a sinistra,il suo montaggio sul trabatello inSala del Maggior Consiglio.Acqua San BenedettoAnonimo VenezianoAromiper Gabriella AttardiGiovanni, Michela, Manfredi eOttavia Alliata di MonterealeBanco di BresciaBanco San MarcoAnnabella BassaniGaia e Silvia Bassani AntivariRaffaella BassanoStelvio Mario Bellottoper Vittorio Benassiper Leo BertiMaria Beatrice BöhmGigi BonEmanuela Bonomi CroceCinzia BoscoloMaria Laura BoselliFerdinando BusinaroAnna Maria CadelCAM39


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>veri e fumi, le modalità dirimozione e il livello di luminositàdelle tessere.Nella figura di Adamodormiente sono stati effettuatidue saggi di pulitura ele aree in cui si è intervenutiappaiono ora così luminosida far apprezzare ancor di [202-203] Due saggi di pulitura sullapiù il valore e la bellezza del figura di Adamo dormiente e, in basso, lamosaico originale. Infinedifferenza di luminosità tra la figura diEva, già ripulita, e quella di Adamo in cuiancor più indicativa del risultatodei lavori in corso ènon si è ancora intervenuti.l’immagine in cui sono messiaccanto Adamo, prima delrestauro, ed Eva, risplendentenella sua figura luminosa,in un giardino rigoglioso,che indica ad Adamoil frutto proibito.I lavori continuano conla partecipazione di ungruppo che varia da due a tremosaicisti e si prevede di esserea buon punto per il successivo stato di avanzamento dei lavori.Le nostre attività nel 2008FINANZIAMENTI & RESTAURI• Conclusione dei lavori di restauro ai quattro affreschi di AntonioGuardi – Minerva, Apollo, Venere e il Trionfo di Diana – chesono stati ricollocati nella Sala Guardi e nella Sala delle LaccheVerdi al secondo piano di Ca’ Rezzonico.• Inizio dei lavori di restauro al mosaico della Cupola della Creazione,posta nel nartece della Basilica di San Marco, finanziatacol progetto “Sulle Ali degli Angeli”.• Finanziamento della settima edizione dei Notturni d’Arte a Venezia,ciclo di otto conferenze serali organizzate all’interno dimusei e chiese veneziane. Le sedi che hanno ospitato la manifestazionesono state Palazzo Ducale, Fondazione Giorgio Cini,chiesa del Redentore, Gallerie dell’Accademia, chiesa dei Miracoli,Ca’ Rezzonico, Fondazione Querini Stampalia, Istituto Venetodi Scienze Lettere e Arti. Il tema dell’edizione 2008 deiNotturni è stato un omaggio al cinquecentenario dalla nascita diAndrea Palladio: i primi quattro incontri – dal <strong>21</strong> maggio al 12giugno – sono stati dedicati alle opere palladiane mentre i successiviquattro – dall’11 settembre al 7 ottobre – a tematichearchitettoniche. I relatori delle conferenze sono stati GiandomenicoRomanelli, Carlo Bertelli, Antonio Foscari, Luca Baldin,Martina Frank, Francesco Dal Co affiancati a volte da attoriche ne hanno drammatizzato i testi, a volte da musici cheproponevano brani musicali legati al tema trattato.• Finanziamento delle attività Scuole al Museo organizzate dall’UfficioAttività Didattiche dei Musei Civici Veneziani nellevarie sedi museali.A T T I V I T À• Finanziamento delle attività Famiglie al Museo organizzate dall’UfficioAttività Didattiche dei Musei Civici Veneziani nellevarie sedi museali.• Acquisizione per l’Ufficio Attività Educative dei Musei CiviciVeneziani di una speciale rilegatrice per lo svolgimento delleattività didattiche.EVENTI (il ricavato è stato destinato al progetto “Gleam Team” per il restaurodelle dorature del soffitto della Sala del Maggior Consiglio di PalazzoDucale)• Organizzazione di una cena di gala a Ca’ Rezzonico per un nostroassociato.• Organizzazione di visite private a Palazzo Ducale e a Ca’ Rezzonicoper nostri associati.• Organizzazione della Cena Annuale dei Soci di <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>svoltasi a Ca’ Rezzonico.ATTIVITÀ ISTITUZIONALI• Istituzione e organizzazione della seconda edizione del “Premio<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>” consegnato alla nostra associata GiulianaCoen Camerino in occasione della Cena Annuale dei Soci, organizzatanel giardino di Ca’ Rezzonico Museo del Settecento Venezianoil 28 giugno.• Ideazione del progetto di micromecenatismo “Gleam Team”per la raccolta fondi da destinare al restauro delle dorature dellaSala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.• Organizzazione dell’Assemblea Annuale dei Soci svoltasi a Ca’Rezzonico.COLLABORAZIONI• Collaborazione con l’Università degli Studi di Ca’ Foscari per ilpatrocinio al Doppio Master Universitario in Management deiBeni e delle Attività Culturali (MaBAC) in collaborazione conl’European School of Management di Parigi.• Organizzazione di una lezione tenuta a Ca’ Rezzonico sulle attivitàdi <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong> per gli studenti del Doppio MasterUniversitario in Management dei Beni e delle AttivitàCulturali.• Collaborazione con enti e istituzioni per la promozione delle attivitàdi <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>:– partecipazione al convegno “La televisione per il sociale. Il socialeper la televisione”, promosso dal Centro Studi Impresa esvoltosi a Lecco l’1 e il 2 febbraio;– partecipazione al convegno “<strong>The</strong> Future of Science”, promossodalla Fondazione Umberto Veronesi e svoltosi a Venezia dal24 al 27 settembre.COMUNICAZIONI AI SOCI• Pubblicazione della News Letter no. 20 (36 pp., 111 immagini)con servizi sulle mostre a Venezia, sulla riapertura di PalazzoGrimani, sul nuovo Ponte di Calatrava, sugli affreschi restauratidi Antonio Guardi, sul progetto di restauro delle doraturedella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.• Invio agli Associati degli inviti delle maggiori mostre organizzatedai Musei Civici Veneziani.• Organizzazione della campagna di rinnovo delle quote associativeper il 2009.41


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Notturni d’Arte a Venezia.L’ottava edizionetela dell’Arrivo degli ambasciatori di VittoreCarpaccio, conservata alle Gallerie dell’Accademia di Venezia,è l’immagine simbolo dell’ottava edizione della for-L’emblematicatunata serie dei Notturni d’Arte a Venezia dal 3 giugno al 2 luglio.Ideati nel 2002per promuovere ilpatrimonio storicoartisticoveneziano, iNotturni hanno neltempo abituato ilpubblico all’inconsuetafrequentazionefuori orario di chiesee musei per assisterea conferenze su tematichestrettamentecorrelate alle sediin cui si svolgono.[204] Il segno grafico dei Notturni 2009: l’Arrivodegli ambasciatori di Vittore Carpaccio.A T T I V I T ÀRealizzati grazie alla ormai collaudata e proficua collaborazionetra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali-SoprintendenzaSpeciale per il Polo Museale Veneziano, la Fondazione Musei Civicidi Venezia, Chorus-Associazione per le Chiese del Patriarcato diVenezia e <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>, i Notturni delle ultime edizioni hannoavuto un tema comune per tutti gli incontri: nel 2007 l’ideadello spostamento e del viaggio e lo scorso anno, traendo spuntodal cinquecentenario della nascita di Andrea Palladio, gli incontrihanno sviluppato tematiche legate all’architettura. Quest’anno iltema è di ampio respiro e trae spunto da una riflessione di strettaattualità: la convivenza multietnica e multirazziale. “Venezia croceviadi culture” è infatti il sottotitolo dei Notturni 2009.Non sono molte le città al mondo che, al pari di Venezia, possonovantare una così radicata tradizione di libertà e tolleranza cheha fatto sì che culture e civiltà diverse potessero pacificamente convivereuna accanto all’altra; anzi forse proprio il quotidiano contattoe intreccio tra culture e identità diverse ha creato in città quell’humusfertile che ha generato una cultura “al di sopra delle parti”,in cui il termine diversità assumeva una valenza positiva e propositiva.Il termine “straniero” – o forèsto, come più propriamente direbbeun veneziano – a Venezia non ha mai avuto il significato diestraneo ma ha semplicemente identificato qualcuno o qualcosaproveniente da un altro posto, da fòra per l’appunto. E l’essere diun altro posto, di un’altra cultura, di un’altra tradizione non ha maifatto sorgere barriere e chiusure mentali, ha invece sempre suscitatopiena curiosità di apprendere usi e costumi altrui, pur mantenendovivi i propri: lo scambio fra due o più culture le ha, di fatto,arricchite entrambe. Nella città che ha inventanto il ghetto – dinome e di fatto – mille sono le testimonianze del suo carattere internazionalee la toponomastica ancor oggi lo conferma.Crocevia di popoli, di culture e di fedi religiose quindi che hapartecipato all’arricchimento del patrimonio artistico veneziano eha fatto di Venezia una città ricolma di molteplici e differenti testimonianze,tuttora presenti nelle sue opere d’arte e nelle sue tradizioni.L’esigenza di affermare la propria identità culturale, i propricostumi e abitudini domestiche indusse le numerose comunitàstraniere immigrate in città a edificare luoghi in cui svolgere la lorovita sociale e celebrare i loro culti.Alle comunità ottomana ed ebraica sono dedicati i primi dueincontri che pongono al centro delle tematiche proposte, offerte informa narrativa e intervallate dall’ascolto di brani musicali, aspettimeno conosciuti, legati alla vita quotidiana, ai rapporti con lapopolazione locale, in un contesto di condivise regole di ospitalitàe accoglienza che permisero a turchi ed ebrei di vivere sicuri incittà.Si passerà quindi a seguire le tracce visive e tangibili dell’aperturadi Venezia anche nei confronti di culture più vicine, ma pursempre straniere, attraverso le testimonianze della feconda presenzadi celebri artisti fiorentini a fine Quattrocento nella chiesa di SanGiobbe, e dell’influenza della cultura romana, diffusa in città da influentirappresentanti della nobiltà veneziana e magnificamenterappresentata da Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa, centroanche in epoca barocca di un’intensa vita culturale, dove un ruolopreminente giocò il teatro musicale di Claudio Monteverdi.A conclusione della rassegna il racconto di come Venezia, dopola caduta della Repubblica e già da lungo tempo in decadenza, risorganell’Ottocento a nuovo teatro di incontro tra artisti, letteratie musicisti che trovano in laguna un fecondo luogo di reciprocheriflessioni e suggestioni.Il programma dei Notturni:• mercoledì 3 giugno: Palazzo Ducale, Sala dello Scrutinio“Se una notte d’estate un mercante”. Musiche e racconti di sudditi ottomania Venezia• giovedì 11 giugno: Ghetto Vecchio, Sala Montefiore“Da dentro e da fora”. Sguardi sugli ebrei a Venezia• giovedì 18 giugno: Chiesa di San GiobbeFiorentini a Venezia. Il seme della Renovatio Urbis• giovedì 25 giugno: Museo di Palazzo Grimani“Parlar cantando”. Claudio Monteverdi e il teatro musicale a Venezia• giovedì 2 luglio: Istituto Veneto di Scienze, Lettere e ArtiAncora Parigi. Episodi di presenza francese a Venezia dopo la cadutadella RepubblicaSostieni la cultura con una firma.Destina il Cinque per Mille a VeneziaLa legge finanziaria ha previsto anche per l’anno 2009 la destinazione,in base alla scelta del contribuente, di una quotapari al CINQUE PER MILLE dell’imposta sul reddito delle personefisiche (IRPEF) a sostegno di attività di volontariato, onlus, associazionidi promozione sociale e di altre fondazioni e associazioniriconosciute; ricerca scientifica e universitaria; ricerca sanitaria; attivitàsociali svolte dal Comune.Il CINQUE PER MILLE (come l’otto per mille) non è una tassa mauna scelta anonima su come destinare una parte delle imposte versatecoi modelli 730 e UNICO. Il CINQUE PER MILLE non sostituiscel’otto per mille, si possono scegliere entrambi.<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong> già dal 2006 è stata inserita tra i soggettiammessi alla destinazione del CINQUE PER MILLE. Basta la firma e42


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>l’indicazione del nostro codice fiscale 94037230276 nel primoriquadro (organizzazioni non lucrative) e il vostro CINQUE PER MIL-LE sarà destinato asostenere Veneziasostenere i suoi Museisostenere la sua Culturala tuafirmail nostrocodicefiscale94037230276[205] Il riquadro Scelta per la destinazione del Cinque per Mille dell’IRPEFnel modello per la dichiarazione dei redditi.Lo scorso dicembre l’Agenzia delle Entrate del Ministero delleFinanze ci ha accreditato sul nostro conto corrente l’importo di Euro7.002,41 relativo al CINQUE PER MILLE che ci è stato destinatocon la dichiarazione dei redditi presentata nel 2006. L’importo èstato interamente destinato al progetto “Gleam Team” per il restaurodelle dorature del soffitto della Sala del Maggior Consigliodi Palazzo Ducale.La decisione di attribuire il CINQUE PER MILLE a un’istituzionepiuttosto che a un’altra è assolutamente anonima pertanto non sappiamochi siano le persone che generosamente hanno scelto <strong>Venice</strong><strong>Foundation</strong>. Non potendo farlo personalmente e direttamente vogliamocogliere l’occasione per ringraziarli tutti di cuore per la lorogenerosità e sensibilità. Grazie, grazie, grazie.Consigli per la lettura• FRANCESCO BONAMI, Lo potevo fare anch’io. Perché l’arte contemporaneaè davvero arte, Milano, Mondadori, 2007, € 15,00.Tutti, almeno una volta nella vita, davanti a un’opera d’arte contemporaneaabbiamo pensato: “Ma come? Questa non è arte. Lo potevo fare anch’io!”.Francesco Bonami, uno dei più autorevoli critici e curatori di artecontemporanea al mondo, ci sfida ad “assaggiare” le opere senza pregiudizi,esattamente come deve fare chi vuole imparare a distinguere la buonadalla cattiva cucina. Con uno stile divertito e sempre irriverente, ci aiutaa capire cosa distingue un grande da un pessimo artista. E se è senz’altrovero che nell’ultimo secolo l’arte si è evoluta al punto da essere quasi irriconoscibile,tanto che persino un orinatoio ha trovato un posto d’onore nellastoria di questo secolo, il prezioso e spesso esilarante lavoro di Bonami ci facapire una volta per tutte perché non è vero che potevamo farlo anche noi.C O M U N I C A Z I O N Iguarda, conquistato dalla sua splendida vitalità: “Se non avesse altro chela sua voce, con essa potrebbe spezzarti il cuore” scriverà, con ammirazione.Prima, per Marlene, c’era stata la Germania: l’Impero, la Repubblica diWeimar, le lezioni di violino e il cabaret, le musiche di Kurt Weill. Di lìa poco la sua voce riscalderà le truppe americane. Nella maturità ci sarannoi recital in tutto il mondo, anche nella sua tragica patria. Fino allascena finale quando a Parigi, a novant’anni, quella che è stata una dellepiù grandi attrici di Hollywood, canterà per un devoto ammiratore lacanzone dell’Angelo Azzurro.• JEAN CLAIR, La crisi dei musei, Milano, Skira, 2008, € 16,00.L’autore insorge con veemenza contro la debolezza delle attuali politiche culturali,avide di affittare le collezioni nazionali; quello che il diritto canonicoaveva denominato simonia, la volontà di comprare o vendere un benespirituale a un prezzo temporale. La politica del Louvre ad Abu Dhabi,conclusa in tre mesi e programmata su un arco di trent’anni, ne è l’esempiopiù costernante, un “progetto dissennato che è solo la manifestazione più spettacolaredi una trasformazione radicale in corso ovunque in Europa in nomedella redditività dell’arte”. Questa deriva museale rivela innanzituttouna crisi di identità, una noia o una pigrizia di fondo, un’accidia che JeanClair definisce con passione e con sapienza, in una lingua superba.• GIOVANNA DAL BON, Doppio ritratto. Zoran Music-Ida Barbarigo,Milano, Johan & Levi editore, 2008, € 48,00.Doppio ritratto dei pittori Zoran Music e Ida Barbarigo dal primo incontroa Trieste nel 1944 fino alla morte di Music nel 2005. Lui è slavo, natoai margini dell’Impero austroungarico da una famiglia di vignaioli.Nel 1944 ha più di trent’anni, è già stato a Venezia e conosce il pittoreGuido Cadorin, padre di Ida, dal quale è da subito affascinato. Lei, ventenne,dipinge da sempre ed è iscritta all’Accademia di Belle Arti. La mostradi Zoran a Trieste non la convince e anche fisicamente non è per nullacolpita da quell’uomo ma le loro vite sono destinate a intrecciarsi per sempre.Una vita consacrata al dipingere e narrata in questo libro attraversoun centinaio di fotografie inedite dell’epoca.• DANILO MAINARDI, L’intelligenza degli animali, Milano, CairoEditore, 2009, € 15,00.Qual è l’animale più intelligente al mondo? Sheba, lo scimpanzé che sa farele addizioni, o Cholla, il cavallo che dipinge tenendo in bocca il pennellointinto di colore? Danilo Mainardi rilegge il misterioso libro della vitae, col conforto di tante storie naturali, ci porta nell’universo complessodell’intelligenza animale. Ma lo fa con un’avvertenza: siamo proprio sicuriche un animale per essere intelligente debba acquisire le stesse facoltà dell’uomo?È possibile che per dimostrare di essere intelligenti gli animali debbanoper forza snaturarsi? Il noto etologo ci invita a osservare tutti gli animalicon la mente sgombra da pregiudizi, e dalla smania di letture simbolicheo antropomorfizzanti, tenendo presente che la straordinaria varietà diforme e comportamenti presenti in zoologia è l’espressione delle tante sapienzedi cui la vita è pervasa.• SERGIO CAMERINO, Da Berlino a Hollywood. La voce dell’angelo azzurro,con cd audio, Milano, Bompiani, 2009, € 14,00.Los Angeles, 1940. Marlene è stata raggiunta da Jean Gabin, fuggito daParigi all’arrivo degli occupanti nazisti. Per lui, e per molti fuoriusciti tedeschi,la diva, la maliziosa seduttrice di uomini e donne, dopo aver cucinatocrostacei e pot-au feu, infila una maglietta a righe, annoda un foulardintorno al collo e inclina un berretto su un occhio. Hemingway la• TIZIANA PLEBANI, Storia di Venezia città delle donne, Venezia, Marsilio,2008, € 15,00.Una città femminile come poche altre, uno spazio urbano che ha reso menonetti i confini tra case e piazze, tra luoghi pubblici e domestici, permettendodi intrecciare saldamente la vita delle donne al contesto urbano e di renderlavisibile. E le donne, al pari degli uomini, al loro fianco o difendendosida essi, hanno lottato, lavorato e amato per costruire una città a più43


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>voci. Il libro restituisce una storia appassionante, un patrimonio di culturae protagonismo femminile dalle origini della città sino al presente, in unmosaico dalle mille tessere colorate: dalle prime abitanti delle terre lagunarialle dogaresse, dalle artigiane del vetro alle pittrici, dalle letterate allemaestre di scuola, dalle operaie alle disinvolte dame del Settecento.• PAOLO RUMIZ, L’Italia in seconda classe, Milano, Feltrinelli, 2009,€ 12,00.Per una volta, ladies and gentlemen, non allacciatevi le cinture. Si partein treno, la Cenerentola dei trasporti. Si fa l’Italia in seconda classe, perlinee dimenticate. E allora buttate a mare duty free, gate, flight, hostess echeck-in; lasciate le salette business a parlamentari e commendatur. Questoè un viaggio hard, fatto di scambi, pulegge, turbo-compressori e carbone. Enoi lo faremo. Siamo in ballo. Il viaggio comincia.dall’autrice è volutamente legato alla suddivisione in movimenti, piuttostoche contenere l’indicazione di un’evoluzione o una progressione di qualunquetipo. L’autrice esordisce svelando, in modo diretto e chiaro, la rispostaalla questione cruciale che il pubblico spesso si pone quando si trova di fronteall’arte contemporanea: a partire da quali presupposti si può dire che siè di fronte a un’opera artistica? Finalmente la risposta: è il mondo degliartisti, critici, galleristi, curatori di museo, editori, a decretare quanto possaessere considerato arte. Gli artisti inseriti all’interno delle cornici artistichedi appartenenza, sono ritratti essi stessi con pennellate che descrivonola temperie, spesso anche umana, all’interno della quale si trovarono adagire e sulla quale ciascuno di loro fu in grado di influire.I nostri Soci al 12 giugno 2009• MICHELA SCIBILIA, Venezia, osterie e dintorni. Bar, osterie, trattorie, ristoranti,vademecum per mangiare bene, Ponzano Veneto (TV), VianelloLibri, 2009, € 15,00.Perdersi tra le calli e i campielli di Venezia è un’esperienza bellissima. Perdersitra i suoi ristoranti un po’ meno. La fortunata guida – giunta allaquinta edizione – da quindici anni orienta i foresti (ma non solo) nel labirintopieno di insidie del mangiare e bere veneziani. Tra queste pagine potretescegliere il locale più adatto al vostro palato e alle vostre tasche: un’osteriaper una buona ombra e un cicheto di qualità, una trattoria dovespendere poco e mangiare molto, un ristorante tradizionale ma con un pizzicodi originalità o uno di altissimo livello con un prezzo di conseguenza.• SARAH THORNTON, Il giro del mondo dell’arte in sette giorni, Milano,Feltrinelli, 2009, € 13,50.Quale miglior modo di raccontare il fascino e le stranezze dell’arte contemporaneache un viaggio intorno al mondo nei luoghi dove se ne celebrano iriti e se ne fabbricano i miti? Sarah Thornton lo ha scandito in sette tappe,ciascuna delle quali illumina un aspetto fondamentale di questo universosempre in bilico tra creatività e moda, profondità e superficie, esteticae affari. Da New York a Tokyo passando per Los Angeles siamo immersiin un viaggio frenetico che appassiona e informa. E poi ovviamente i grandieventi e i loro retroscena: la lotta per aggiudicarsi il premio Turner diLondra, le manovre dei collezionisti alla Fiera di Basilea, il mondo doratodella Biennale di Venezia.• ALBERTO TOSO FEI, I segreti del Canal Grande, Venezia, StudioLT2, 2009, € 18,00.Conoscere il Canal Grande attraverso le storie di ogni palazzo, chiesa, casa,campo che vi si affacci: leggende, misteri, curiosità, intrighi e passionidella Serenissima raccontate attraverso una rapida “sbirciata” oltre le finestre,mentre seduti in vaporetto (o in barca a remi) si attraversa la “strada”più bella del mondo. Diviso in due sezioni distinte – De Citra e DeUltra, dall’antico nome delle due sponde del canale – il volume presentastorie brevi, a volte romanzate, che svelano aspetti sconosciuti, curiosi, leggendaridella Serenissima e permetteranno di conoscere un po’ di più Venezia,la sua storia straordinaria e la civiltà nata tra le isole della laguna.• ANGELA VETTESE, Capire l’arte contemporanea dal 1945 a oggi, Torino,Allemandi, 2006, € 20,00.Il volume, divenuto nel tempo un libro di riferimento, ha il merito di restituirein modo chiaro e sintetico le risposte agli interrogativi che comunementeagitano i profani dell’arte contemporanea; non a caso il percorso propostoC O M U N I C A Z I O N IAcqua Minerale San BenedettoGiovanni e Michela Alliata diMonterealeValerio e Giovanna AlpiFiorella AlvinoPaola AngolettaAntiquusAriston CaviArkemaAssicurazioni GeneraliBanco di BresciaGilberto e Maria Laura BenettonBenettonGabriella BerardiLuciano e Giancarla BertiFrancesca Bortolotto PossatiSandro BoscainiMaria Laura BoselliBraccoBrandino e Marie Brandolinid’AddaEnnio e Giorgia BrionOreste e Carla CagnatoAntonella CameranaSergio e Silvia CamerinoPaolo e Clara CantarellaFernando e Paola CaovillaCasinò Municipale di VeneziaLuigino CassanGiuliano e Gigliola CeccatoRomeo e Annamaria ChiarottoGlorianda CipollaGiuliana Coen CamerinoFrancesco CoinPiergiorgio e Franca CoinRoberto e Pilar CoinCarlo e Lina ColaiacovoConsorzio Venezia NuovaCarlalberto e Marylène CornelianiGiuliana Dall’OraMita De BenedettiMariuccia De LordHélène de Prittwitz ZaleskiRoberto e Diana De SilvaRoberto e Giovanna Del BiancoNereo e Giustina DestroCarla D’OraziMariolina Doria de ZulianiMargherita ErreraFlavia FaccioliFerruccio e Ilaria FerragamoFerrari Fratelli LunelliAngelo e Sergia FerroFinagolfFondazione BertiFondazione CoinGalleria ForniGiulio e Elzbieta GhirardiMaria Vittoria GhirardiGrafiche QuattroGiancarlo e Anna Maria GregoriMirella HaggiagHoterl Bauer GrünwaldL’Angolo del PassatoLa Dogaressa CateringAleramo e Martina LanzaRiccardo e Kinvara LanzaLanza & BaucinaMario e Gloria LevoniPompeo e Vanda LocatelliGino e Francesca LunelliAlessandra MarcoraMatteo MarzottoUmberto e Gemma MarzottoMasi AgricolaAldo e Marina MaugeriGiovanni e Rosangela MazzacuratiFrancesco e Cecilia MerloniIsabella Meroni Parodi DelfinoFrancesco e Beatrice MolinariGiovanni MontiLuigi e Liliana MoscheriGiordana NaccariRoberta Noseda Droulers44


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Cristina PintoMauro e Lorenza PizzigattiCarlo e Laura PoggioLisetta Poletto SabbionCarlo e Giulia Puri NegriGaia RaschiniJuan RibasCesare e Liliana RiminiDodie RosekransPierre e Beatrice RosenbergRossana Sacchi ZeiAugusta SadaSafiloSalvatore Ferragamo ItaliaCarlo e Miretta SarassoRenato e Maria Silvia ScapinelloRoberto SpadaSusan StromanStroman ProductionStudio DStudio Legale Ughi e NunzianteStudio PoggioVittorio e Tatiana TabacchiGiorgio e Paola TonelliTiziano e Anna Maria TreuCesare TrevisaniSalvatore e Paola TrifiròGino e Franca TrombiGuido TugnoliSandra VezzaGraziano e Ornella VisentinVivien Weissman HowardAngelo e Marisa Zegna diMonterubelloGiovanni Zillo Monte XilloGianfranco Zoppas• Sandro Chia. I guerrieri della pacefino al 9 settembre: da mercoledì a lunedì 11-19Scuola dei Mercanti, Cannaregio 3511, tel. 041-5239315Venti guerrieri, copie in terracotta provenienti dal Museo di Xian, reinterpretatidal colore di Sandro Chia e dall’obiettivo di Riccardo Bagnoliche diventano testimoni del fascino e della tradizione cinese.• Le Nozze di Cana di Paolo Veronese.Una visione di Peter Greenawayfino al 13 settembre (chiuso dal 3 al 23 agosto): tutti i giorni 11-19,giovedì e venerdì fino alle <strong>21</strong>; inizio spettacolo ad ogni oraFondazione Cini, Isola di San Giorgio, tel. 041-5289900Approfondimento a p. 19• Jan Fabre. From the Feet to the Brainfino al 20 settembre: da mercoledì a lunedì 11-18Spazio <strong>The</strong>tis, Castello 2737/f, tel. 041-2406111Con la sua installazione l’artista riflette sulle regole artistiche della suaopera e sui limiti della sua precedente attività.Mostre & Esposizioni a Venezia(in ordine per data di chiusura)• Matthias Schaller. Purple Deskfino al 24 luglio: da martedì a domenica 12-18Fondazione Cini, Isola di San Giorgio, tel. 041-5289900Ispirandosi a un prototipo che è parte della memoria visiva collettiva – Lostudiolo di San Gerolamo dipinto da Antonello da Messina – l’artistaritrae la curia romana attraverso gli studi dei cardinali.• Temporanea. Marco Tirelli al Florianfino al 26 luglio: tutti i giorni 12-18Caffè Florian, Piazza San Marco, tel. 041-5205641L’artista – uno dei fondatori della Nuova Scuola Romana di San Lorenzo– reinterpreta con una sua opera la Sala Cinese del celebre caffè veneziano,tanto amata da Henri de Régnier.• Santa Apollonia.Omar Galliani e qualche dente di Andy Warholfino al 15 agosto: tutti i giorni 10-18Chiostro di Sant’Apollonia, San Marco 4312, tel. 041-5229166L’artista ha creato sette grandi opere che interpretano in chiave personaleuna visione simbolica e trasversale del martirio della santa. Esposte, assolutamenteinedite, alcune opere su carta realizzate da Andy Warhol nel1984 ispirate alla storia della santa.• Shoji Oshiro. Remains/Restifino al 30 agosto: da martedì a domenica 11-19Scola dei Battioro e Tiraoro, Santa Croce 622, tel. 041-5239315Il noto scultore giapponese presenta una serie di opere create negli ultimivent’anni: trenta bronzi di apparente ispirazione classica ma con un fortesapore contemporaneo.• Matrix Natura. Miniartextil a Veneziafino al 31 agosto: da martedì a domenica 10-16Museo di Palazzo Mocenigo, Santa Croce 1992, tel. 041-5209070Approfondimento a p. 6I N F O R M A Z I O N I• Mona Hatoum. Interior Landscapefino al 20 settembre: da martedì a sabato 10-20, domenica 10-19Fondazione Querini Stampalia, Castello 5252, tel. 041-2711411Approfondimento a p. 18• Rebecca Horn. Fata Morganafino al 20 settembre: da mercoledì a domenica 10:30-17:30Fondazione Bevilacqua La Masa, Galleria di Piazza San Marco, SanMarco 71/c, tel. 041-5207797Approfondimento a p. 16• Yoko Ono. Anton’s Memoryfino al 20 settembre: da mercoledì a domenica 10:30-17:30Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Dorsoduro 2826,tel. 041-5207797Approfondimento a p. 16• Robert Rauschenberg. Glutsfino al 20 settembre: da mercoledì a lunedì 10-18Collezione Guggenheim, Dorsoduro 701, tel. 041-2405411Approfondimento a p. 17• Non Voltarti Adesso/Don’t Look Now! Artisti italiania Ca’ Pesarofino al 4 ottobre: da martedì a domenica 10-17Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Santa Croce2076, tel. 041-5209070Approfondimento a p. 4• John Wesleyfino al 4 ottobre, chiuso ad agosto: da martedì a domenica 12-18Fondazione Cini, Isola di San Giorgio, tel. 041-5289900La Fondazione Prada presenta la mostra antologica di oltre 150 opere, acura di Germano Celant, dell’artista considerato uno tra le figure più importantie significative dell’arte moderna americana.• That Obscure Object of Art. Arte contemporanea russadalle collezioni della Stella Art <strong>Foundation</strong>fino al 5 ottobre: da mercoledì a lunedì 10-17Ca’ Rezzonico, Dorsoduro 3136, tel. 041-5209070Approfondimento a p. 645


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>• Bernardí Roig. Shadows Must Dancefino all’8 novembre: da martedì a domenica 10-17Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Santa Croce2076, tel. 041-5209070Approfondimento a p. 4• In-finitumfino al 15 novembre: da mercoledì a lunedì 10-18Museo Fortuny, San Marco 3780, tel. 041-5209070Approfondimento a p. 2• Svegliati e sognafino al 20 novembre: mercoledì e sabato 16-19Palazzo Donà, San Polo <strong>21</strong>77, tel. 041-5289797La fondazione polacca Signum, inaugurata la propria sede veneziana loscorso maggio, ospita un’importante panoramica di artisti polacchi e internazionalidal 1910 al 2009.• L’Anima dell’Acqua. Contemporary Artfino al 22 novembre: da martedì a domenica 9-19, lunedì 9-14Ca’ d’Oro Galleria Franchetti, Cannaregio 3932, tel. 041-5222349Approfondimento a p. 7• Wim Delvoye. Torrefino al 22 novembre: da mercoledì a lunedì 10-18Collezione Guggenheim, Dorsoduro 701, tel. 041-2405411La nuova creazione dell’artista belga: una torre gotica, alta circa diecimetri, realizzata in corten tagliato a laser, espressamente ideata per svettarecon le sue finestre ogivali e i suoi pinnacoli sulla terrazza di PalazzoVenier dei Leoni.I N F O R M A Z I O N I• 53. Esposizione Internazionale d’Artefino al 22 novembre: tutti i giorni 10-18Giardini e Arsenale, Castello, tel. 041-5<strong>21</strong>8711Approfondimento a p. 8• Luciano Gaspari e il vetrofino al 24 novembre: da giovedì a martedì 10-18Museo del Vetro di Murano, Fondamenta Gustinian 8tel. 041-5209070Approfondimento a p. 5• Omar Ronda e Luca Missoni: Stars and Moonsfino al 25 novembre: da venerdì a lunedì 10:30-16:30Chiesetta di San Gallo, San Marco 1103, tel. 041-5229166Un suggestivo percorso artistico tra i ritratti delle stelle di Omar Ronda ele foto dei corpi celesti di Luca Missoni.• Capolavori futuristi alla Collezione Peggy Guggenheimfino al 31 dicembre: da mercoledì a lunedì 10-18Collezione Guggenheim, Dorsoduro 701, tel. 041-2405411A cento anni dalla pubblicazione del Manifesto del Futurismo di FilippoTommaso Marinetti un omaggio alla preveggenza del grande collezionistaGianni Mattioli che ha accolto nella sua collezione un importantegruppo di opere futuriste.• Mapping <strong>The</strong> Studiofino a settembre 2010: da mercoledì a lunedì 10-19Palazzo Grassi e Punta della Dogana, San Marco 3231 eDorsoduro 2, tel. 199 139 139Approfondimento a p. 20• Luigi Voltolina. Illuminazionifino al 22 novembre: da lunedì a domenica 10-18Soprintendenza per il Polo Museale Veneziano, Laboratori dellaMisericordia, Cannaregio 3553, tel. 041-5<strong>21</strong>0577Considerato uno dei maggiori interpreti della pittura contemporanea presentisul territorio e caratterizzato da una forte carica espressiva, l’artistaopera da sempre una ricerca incentrata sullo studio della figura umana.• Fondazione Emilio e Annabianca Vedovamostra permanente: da martedì a domenica 11:30-16:30Magazzini del Sale, Dorsoduro 266, tel. 041-5226626La Fondazione ha realizzato l’innovativo progetto di Renzo Piano per lospazio espositivo studiato con Germano Celant, curatore artistico e scientificodella fondazione. Lo spazio espositivo è dotato delle più moderne tecnologieper la conservazione e la fruibilità delle opere d’arte.Per i contributi, la <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong> ringraziaPaolo Baratta, Annabella Bassani, Daniel Birnbaum,Francesco Bonami, Franca Coin, Giovanna Dal Bon,Francesco Dal Co, Carla D’Orazi Spagna, Alison M.Gingeras, Danilo Mainardi, Filippo Pedrocco, GiandomenicoRomanelli, Debora Tosato, Jérôme-François Zieseniss.I testi non firmati relativi alle mostre sono tratti daicomunicati stampa; tutti gli altri sono di Cinzia Boscolo.Per la collaborazione si ringrazianoFabrizio Berger, Riccardo Bon, Alessandra Bonanni, AlexiaBoro, Sara Bossi, Massimiliano Cadamuro, Elena Casadoro,Maria Rita Cerilli, Fiorenza Civran, Monica Da CortàFumei, Matteo Corvino, Andrea Della Valentina, CaterinaGianoli, Annalisa Grisi, Margot Kechler, Paola Manfredi,Andrea Marin, Studio Esseci, Studio Pesci, Sandra Rossi,Maria Rumolo, Michela Scibilia, Adriana Scalise, NicolòScialanga, Cecilia Soldatini, Martina Spagna, EnricaSteffenini, Ettore Vioe gli uffici stampa di Collezione Peggy Guggenheim,Fondazione Bevilacqua La Masa, Fondazione Cini,Fondazione DNArt, Fondazione La Biennale di Venezia,Fondazione Musei Civici di Venezia, Fondazione QueriniStampalia, Istituto Italo-Latino Americano.Referenze fotograficheArchivio Fondazione Masi n. 169; Archivio <strong>Venice</strong><strong>Foundation</strong> nn. 1-2, 126, 134, 185, 194-197, 205, 206;Giorgio Barletta nn. 144, 146-147; Fabrizio Berger n.204; Collezione Peggy Guggenheim nn. 95-97; Matteo DeFina nn. 153-156; Carla D’Orazi Spagna 168, 170-175;Alessandro Ervas nn. 145, 148; Fondazione Cini nn. 103-105; Fondazione DNArt nn. 35-40; Fondazione BevilacquaLa Masa-Studio Pesci nn. 87 (Jon Hendricks), 88 (NoraHalpern), 89-90 (Jon Hendricks), 91 (Heinz Hefele), 92(Karin Weyrich), 93 (Attilio Maranzano), 94; FondazioneLa Biennale: ASAC nn. 51, 167, ufficio stampa nn. 41-47,48 (Giorgio Zucchiati), 49 (Ueno Norihiro), 50 (Ulla vonBrandenburg), 52, 53 (Ron Mc Pherson), 54-56, 57(Wolfgang Günzel), 61 (Kishin Shinoyama), 62, 63 (RuthClark), 64-67, 68 (Bevis Bowden), 69-74; FondazioneMusei Civici di Venezia: ufficio multimediale (MassimilianoCadamuro) n. 3, ufficio stampa nn. 4-34, 128, 129-130(Mark Edward Smith), 131-133, 191, ufficio tecnico(Andrea Marin) nn. 192-193; Fondazione QueriniStampalia nn. 98-100 (Fakhri N. al Alami), 101-102(Jörg von Bruchhausen); Gaspare <strong>Foundation</strong> nn. 120-125;Istituto Italo-Latino Americano nn. 75-83, 84 (GastónUgalde), 85-86; Laboratorio Fiorenza Civran (MarioPollesel) nn. 189-190; Palazzo Grassi nn. 106, 107 (ChrisFanning), 108 (Juan Carlos Avendano), 109 (Zeno Zotti),110 (ORCH, orsenigo_chemollo), 112-113, 114 (DavidRegen), 115 (Marc Domage), 116-118 (ORCH,orsenigo_chemollo), 119 (Tom Powel), 135 (ORCH,orsenigo_chemollo), 137, 138 (Andrea Jemolo), 139(Graziano Arici), 140, 141-143 (Andrea Jemolo);Francesca Palermo Patera nn. 186-187; Procuratoria di SanMarco nn. 198-203; Daniele Resini n. 149; Stefania Sartorinn. 150-152; Cecilia Soldatini nn. 179-184, 188;Soprintendenza per il Polo Museale di Venezia nn. 157-163;Studio Esseci nn. 58-59, 60 (Max Yawney).Le altre immagini sono tratte da pubblicazioni o da siti web.<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Ca’ RezzonicoDorsoduro 3144 – 30123 Veneziatel. & fax 041-2774840e-mail veniceinter@tin.it www.venicefoundation.orgProgetto editoriale, editing, impaginazione e ricerca iconograficaCinzia BoscoloCorrezione bozzeElena Colella, Carla D’Orazi, Filippo Ranghiero e MaraZanetteStampaGrafiche Quattro – Santa Maria di Sala (VE)Chiuso redazionalmente il 12 giugno 2009.© Copyright 2009 <strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Tutti i diritti riservati.46


<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>Scheda di adesioneDesidero aderire a VENICE FOUNDATION come:SOCIO € 600,00SOSTENITORE € 3.000,00BENEMERITO € 6.000,00Nome: _____________________________________Personale: __________________________________Cognome: __________________________________Azienda: ___________________________________Indirizzo: _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________Telefono: ___________________________________E-mail: ____________________________________Fax: _______________________________________Cell.: ______________________________________Versamento della quota:Bonifico a favore di THE VENICE INTERNATIONAL FOUNDATIONconto corrente numero 07400646510presso Cassa di Risparmio di Venezia, sede centrale, San Marco 4<strong>21</strong>6, Veneziacin F – abi 06345 – cab 02000coordinate IBAN: IT 89 F 06345 02 0000 7400 6465 10Scodice BIC: IBSPIT2VAssegno bancario NON TRASFERIBILE intestato a THE VENICE INTERNATIONAL FOUNDATIONspedito con raccomandata o posta prioritaria a<strong>Venice</strong> <strong>Foundation</strong>, Ca’ Rezzonico, Dorsoduro 3144 – 30123 VeneziaSOCIO€ 600,00• art pass di libero accesso ai Musei Civici Veneziani:i Musei di Piazza San Marco (PalazzoDucale, Museo Correr, Torre dell’Orologio, BibliotecaMarciana, Museo Archeologico), Ca’ Rezzonico,Museo Vetrario di Murano, PalazzoMocenigo, Casa Goldoni, Ca’ Pesaro, MuseoFortuny, Museo di Storia Naturale, Museodel Merletto di Burano• pre-view esclusive alle mostre organizzate dalComune di Venezia• invio note informative sui servizi e sulle attivitàculturali organizzate dal Comune di Veneziae su quelle a esso gemellate• invio note informative su eventi speciali eviaggi organizzati per eventi culturali gemellati• partecipazione agli eventi associativi esclusiviSOSTENITORE€ 3.000,00• stesse prerogative dei Soci• libera circolazione ai musei con tre ospiti accompagnatidal socio• catalogo delle mostre organizzate dal Comunedi Venezia• possibilità di utilizzo esclusivo, su richiesta,dei locali e dei servizi di caffetteria*• possibilità di visite guidate esclusive durantel’orario di apertura dei musei e delle mostre* i costi, calcolati sulla base degli spazi e dei servizirichiesti, saranno di volta in volta comunicati.®BENEMERITO€ 6.000,00• stesse prerogative dei Sostenitori• studio di programmi di utilizzo dell’immaginedei Musei a fini aziendali• possibilità di inserimento di marchio e messagginelle linee di marketing dei Musei• uso esclusivo, su richiesta, degli spazi* nonadibiti a mostre temporanee per eventi aziendali• apertura esclusiva e utilizzo, su richiesta, deglispazi museali al di fuori dell’orario diapertura*• invito alle cerimonie inaugurali delle grandimostre• prelazione sulla sponsorizzazione di mostreed eventi* i costi, calcolati sulla base degli spazi e dei servizirichiesti, saranno di volta in volta comunicati.Ca’ Rezzonico, Dorsoduro 3144 – 30123 Venezia tel./fax +39 041 2774840 veniceinter@tin.it www.venicefoundation.org


GLEAM TEAMPALAZZO DUCALE, SALA DEL MAGGIOR CONSIGLIOINTERVENTO DI RESTAURO SULLE DORATURE DEL SOFFITTO[206] La Sala del Maggior Consiglio in un acquerello di Paola Angoletta del 2008.VENICE FOUNDATIONCa’ Rezzonico, Dorsoduro 3144 – 30123 Venezia tel./fax +39 041 2774840 veniceinter@tin.it www.venicefoundation.orgLiberalità sul conto corrente 07400646510 intestato a THE VENICE INTERNATIONAL FOUNDATIONcodice IBAN IT89F 06345 02000 07400 646510S – codice BIC IBSPIT2V

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