Adolph Gottlieb. Una retrospettivaPeggy Guggenheim Collection, fino al 9 gennaio[29] Autoritratto allo specchio,1938 ca, New York, GottliebFoundation.Prima antologica in Italia dedicata all’espressionista astrattoamericano, Adolph Gottlieb. Una retrospettiva si colloca nell’ambitodi una linea d’indagine – perseguita in occasionedelle personali dedicate a W<strong>il</strong>liam Baziotes, Jackson Pollock e RichardPousette-Dart – incentrata su quell’emblematica generazioned’artisti d’oltreoceano del secondo dopoguerra <strong>il</strong> cui linguaggionasce e matura proprio negli anni in cui Peggy Guggenheim aprea New York la sua galleria Art of This Century.La storia di Adolph Gottlieb (1903-1974), carismatico artista eintellettuale, si allinea con quelle degli esponenti dell’EspressionismoAstratto. Sodale di BarnettNewman e Mark Rothko – con cuigià negli anni trenta condivide la ricercadi un innovativo linguaggiopittorico basato su una personaleespressione artistica – Gottlieb nel1935 è tra i soci fondatori di <strong>The</strong>Ten, gruppo di artisti consacrati allapittura espressionista. Nel 1941 decidonoinsieme di esplorare soggettimitologici e junghiani, dando originea una fase importante della nascenteScuola di New York che segnaper la prima volta l’indipendenzadei pittori americani dagli schemidell’avanguardia europea. Ancora[30] Il gruppo degli EspressionistiAstratti americani ritratti da NinaLeen nel 1950. Gottlieb è <strong>il</strong> secondo dasinistra nell’ultima f<strong>il</strong>a.con Rothko, Gottlieb è autore dell’ormai storica lettera, pubblicatasu <strong>The</strong> New York Times <strong>il</strong> 13 giugno del 1943, considerata la primaformale dichiarazione d’intenti dell’Espressionismo Astratto.Nella primavera del 1950 organizza un gruppo di artisti cheprotestano contro la politica del Metropolitan Museum of Art neiconfronti degli artisti contemporanei americani: <strong>il</strong> gruppo, definitogli “Irascib<strong>il</strong>i” in un articolodel <strong>The</strong> New York Herald Tribune,divenne noto al grande pubblicograzie a una celebre fotografia diNina Leen pubblicata su Life.Nell’immagine compaiono Baziotes,W<strong>il</strong>lem de Kooning, RobertMotherwell, Newman, Pollock,Pousette-Dart, ClyffordSt<strong>il</strong>l, e lo stesso Gottlieb. Nel1958-59, per la mostra itineranteorganizzata dal Museum ofModern Art di New York, cheincludeva Gottlieb e molti diquegli stessi artisti, fu scelto <strong>il</strong>titolo emblematico di La NuovaPittura Americana. Benché Gottliebsia etichettato come pittore espressionista astratto, sia statouno dei fondatori del gruppo e sia stato uno dei suoi maggiori rappresentantinegli anni quaranta e cinquanta, <strong>il</strong> termine è troppo ristrettoper contenere l’ampiezza della sua arte.La mostra intende, infatti, dimostrare la diversità della produzionedi Gottlieb, in continua evoluzione, in accordo con <strong>il</strong> suo stessoaforisma “Tempi diversi richiedono immagini diverse”. L’ e s p o s i-zione si articola in un percorso che inizia con dipinti, disegni e acquefortidegli anni trenta, che comprendono i ritratti di Rothko eM<strong>il</strong>ton Av e r y, altro grande amico dell’artista, e opere ispirate alsoggiorno in Arizona negli anni 1937-38. Prosegue poi con una selezionemolto ampia, per la prima volta riunita in Italia, della primaserie completa dei P i c t o g r a p h s, che l’artista comincia a elaborarenel 1941, anno dell’attacco di Pearl Harbor e dell’entrata in guerradegli Stati Uniti. Sono infatti i Pictographs a collocare Gottlieb, insiemea pochi altri come Rothko, Arsh<strong>il</strong>e Gorky e Pollock, tra i pionieridi una nuova avanguardia americana. L’artista pone lo spettatoredi fronte a griglie in cui l’immagine è sezionata per simboli,dall’occhio alla mano ai geroglifici, inventati come traduzione diun’arte primitiva e di matrice mitologica, elaborata dallo studio degliindiani d’America e delle culture visive primitive.Formalmente, rappresentano uno sv<strong>il</strong>uppo distintivo dell’EspressionismoAstratto, la composizione Allover, nella quale l’operanon si basa su un nucleo narrativo centrale ma sulla sua distribuzioneuniforme fino a comprendere i bordi della tela. Nei primi annicinquanta, esaurita la serie dei Pictographs, Gottlieb sv<strong>il</strong>uppacomposizioni note come i Labirinti ei Paesaggi immaginari e come Mare emarea. Nella prima opera la grigliache ordinava i simboli dei Picto -graphs diventa protagonista, dominando<strong>il</strong> dipinto o facendosi trasparenteper rivelare tocchi di pennellonascosti nella profondità della tela.Nella seconda, la composizione sidivide in due zone con corpi “celesti”nella parte superiore e un immaginariopaesaggio sottostante, dipintocon vigore. Questi lavori con-basso, Burst, 1973. New York,[31-32] Sentinella, 1951 e, inquistano critica e pubblico facendo Gottlieb Foundation.raggiungere all’artista, a partire dallametà degli anni cinquanta, successo e fama.Nel 1956 la parte inferiore dei Paesaggi immaginari si stacca dalbordo del dipinto per diventare una forma fluttuante indipendenteall’interno di composizioni verticali note come Burst, senza dubbiole opere più conosciute di Gottlieb. Negli anni sessanta, nonostantela Pop Art si ponga in antitesi all’Espressionismo Astratto, lapittura di Gottlieb è percepita dalla critica come una profetica e vitalefonte dell’arte Minimale.In mostra anche una selezione dipiccole sculture, ideali tridimensionalidell’immagine cosmica imperantenell’arte di Gottlieb: opere incartone colorato affiancate, secondola cronologia, alle tematiche pittoricheche le hanno ispirate. L’esposizionesi chiude con una serie di telein cui l’esplosione si contrae, si congelain forme e colori più freddi, deiprimi anni settanta, poco prima dellasua scomparsa, nel 1974.
Tesori del Montenegro.Gli ex voto delle Bocche di CattaroBiblioteca Nazionale Marciana, fino al 6 gennaioLa mostra si propone di far conoscere una parte peculiare deitesori artistici del Montenegro, in particolare gli ex voto d e l-l’età barocca provenienti dalle Bocche di Cattaro e risalentiall’epoca in cui questa provincia era parte della Repubblica Ve n e t a .Il nucleo più interessante delle opere proviene storicamente dalSantuario della Madonna dello Scarpello presso Perasto: centinaiadi gioielli che riflettono l’opulenza di questa provincia e le diversecomponenti storiche e artistiche che la videro crocevia di popoli eculture e terra di frontiera tra Venezia e l’Impero Turco.Alcuni gioielli sono di estrema rarità come le croci, le decorazionie le insegne degli ordini di San Marco, del Santo Sepolcro odi Sant’Alessandro Newsky di cui in mostra è presente un esemplaredel XVIII secolo, l’unico che si conservi fuori dalla Russia.Dietro ai gioielli molto spesso si nascondono storie avventurose comeper la celebre perla barocca a forma di pera donata dalla vedovaGr<strong>il</strong>lo nel 1748 alla Vergine dello Scarpello a seguito della liberazionepropria e della figlia dalla fortezza di Scutari.Molti sono i gioielli masch<strong>il</strong>i esposti – fatto inconsueto perraccolte conservate in santuari – realizzati a Venezia, Ragusa onelle Bocche di Cattaro, tra essi anelli in oro, smalti e diamanti <strong>il</strong>cui possesso e provenienza sono inequivocab<strong>il</strong>mente documentati,oltre che da fonti archivistiche, anche da ritratti. Le gioie femmin<strong>il</strong>isono rappresentate da superbe collane, in oro e smalti, anelli,pettorine ed elementi da corsetto in argento e diamanti nonché dauna trentina di orecchini settecenteschi di pregevole fattura e danumerosi pendenti per lo più in f<strong>il</strong>igrana.La sezione dei gioielli ottocenteschi documentala moda nell’età in cui le Bocche di Cattaro,come tutta la Dalmazia, appartenevanoall’Impero Austriaco. Il gioiello piùpregevole di questo nucleo è una rarissimadecorazione m<strong>il</strong>itare dell’Ordinedel Sole e del Leone di Persia concessanel 1817 al perastino Simone Mazzarovich,diplomatico a Teheran e poiministro dello zar Alessandro I.Fiore all’occhiello della rassegna sono le oltre centosessanta lamined’argento inciso o sbalzato, datate dal 1660 al 1792, raffigurantiepisodi marinareschi e offerte alla Ve rgine per grazie ottenuteo scampati pericoli. Alcune sono veri e propri capolavori dell’arteorafa veneziana, altre sono prodotte in botteghe locali o incise daimarinai stessi; tutte però sono estremamente interessanti non soloper la loro valenza storica, devozionale o artistica ma anche comedocumento nautico e cantieristico in quanto vi si riconoscono benventidue diversi tipi di imbarcazione: acazie, brazzere, caracche, caravelle,tartane, galeoni, corvette,fregadoni, marc<strong>il</strong>iane, galere.[33-34] Ex voto opera dell’argentiereveneziano Zuan Battista Da Ponte e,in alto, placca dell’Ordine del Sole e delLeone di Persia.L’avventura del vetro.Un m<strong>il</strong>lennio d’arte venezianaMuseo Correr, fino al 25 apr<strong>il</strong>eDopo quasi trent’anni <strong>il</strong> Museo Correr dedica gli spaziespositivi a un prestigioso capitolo dedicato al vetro cheriprende, in maniera più specifica, <strong>il</strong> capitolo venezianodell’omonima mostra appena conclusasi al Castello del Buonconsiglioa Trento. Da quell’esposizione la mostra veneziana mutua unaparte dei materiali, aggiungendone però molti altri inediti, davveroimportanti, per celebrare adeguatamente <strong>il</strong> m<strong>il</strong>lennio e più distoria del vetro a Venezia e in laguna e la ricorrenza dei centocinquant’annidella nascita del Museo avvenuta nel 1861 grazie all’abateVincenzo Zanetti.Organizzata cronologicamente in quattro sezioni – vetri archeologici,vetro dal XV al XVIII secolo, vetro del XIX secolo, vetrodel XX secolo – e con oltre trecento opere esposte, la granderassegna ripercorre le tappe della straordinaria “avventura del vetro”a Venezia: dall’arrivo in laguna, in età classica, di vetri provenientida aree lontane, fino al connubio tra vetro e design che rappresenta<strong>il</strong> presente e <strong>il</strong> futuro della produzione vetraria muranese.Quanto <strong>il</strong> vetro sia connaturato a Venezia lo conferma la sezioned’apertura della mostra che presenta un’inedita sequenza di vetriantichi – capolavori frag<strong>il</strong>issimi, spesso di fattura raffinatissima –recuperati dai fondali della laguna e tra la sabbia dei canali dellacittà. Disseminati per casi fortuiti, per la caduta in mare dei carichio semplicemente per l’eliminazione di manufatti non più integri.Fanno parte di questa sezione anche i vetri archeologici della collezioneManca, che faranno mostra di sé non tanto con la funzione di“archivio di memoria” quanto come oggetti d’ispirazione per quellache sarà destinata a diventare un’attività simbolo di Ve n e z i a .Furono proprio queste forme ainfluenzare <strong>il</strong> <strong>gusto</strong> dei maestri vetraiveneziani per buona parte dell’Etàdell’Oro del vetro a Venezia,dal Quattrocento a tutto <strong>il</strong> Seicento,quando i vetri veneziani erano contesie copiati. A quest’importanteperiodo la mostra riserva una seriericchissima di capolavori.Poi l’evoluzione settecentesca con i fortunati nonché genialitentativi di proporre <strong>il</strong> vetro per quello che non è ma che, se lavoratocon maestria e ingegno, può suggerire materiali diversi comela porcellana senza dimenticare l’ingresso nella lavorazione dellacalcedonia e dell’avventurina.L’Ottocento fu un secolo ambivalentedove si susseguiranno decadenzae rinascita. La prima “favorita” anchedalla perdita di un ruolo politicodella Serenissima, la seconda stimolatadai nuovi st<strong>il</strong>i che, solcando[35-36] Vaso in vetro blu con segmenti dicanne policrome, 1847 e, in alto, vaso supiede in f<strong>il</strong>igrana a retortoli, seconda metàdel XVI secolo. Murano, Museo del Vetro.
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