che”, due grandi opere in carta lavoratacon un personale processo distampa, “acquatipo”, che si presentanocome grandi finestre affacciatesu una vita cosmica ricca e frammentata.La nona “stazione” è un totemcostituito di bracciali dei piùvari metalli, reali e non, che emergecome una stalagmite affiorata da misteriosecavità sotterranee.[19] Magma, 2005.Il percorso si chiude in un ultimocontraddittorio contatto la forma perfetta della sfera di vetro trasparentecontenente un frammento di materia metallica grezza, comefosse acqua congelata che ingloba al suo interno <strong>il</strong> fuoco, unaforma incandescente che evoca l’esplosione dei vulcani marini.BREVE PROFILO BIOGRAFICOGiorgio Vigna, nato a Verona nel 1955, è un artista che si esprimeattraverso molteplici mezzi, dalla scultura al gioiello, dal disegnoall’installazione, ponendo sempre al centro della sua ricerca da unlato elementi “primordiali” della natura – acqua, terra, fuoco, vento,ombre, luce, trasparenze – dall’altro la relazione tra questi e lasua straordinaria forza immaginativa. Sperimentando le potenzialitàdella materia ne asseconda l’essenza e ne esplora allo stesso tempoi limiti, svelandone possib<strong>il</strong>ità nascoste fino al paradosso e facendoneperdere le coordinate di partenza. Suoi lavori sono presentiin importanti collezioni pubbliche e private tra cui <strong>il</strong> Museum ofArts & Design e <strong>The</strong> Olnick and Spanu Collection di New York,l’Indianapolis Museum of Art, <strong>il</strong> Museo Internazionale delle <strong>Arti</strong>Applicate Oggi di Torino e <strong>il</strong> Museo degli Argenti di Palazzo Pittia Firenze. Tra le principali esposizioni personali recenti si segnalanoquelle ospitate da istituzioni internazionali, tra cui <strong>il</strong> Museod’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, <strong>il</strong> Museo Correr di Venezia,<strong>il</strong> Museo di V<strong>il</strong>la Pignatelli di Napoli e <strong>il</strong> Design Museumdi Helsinki; tra le collettive, quelle all’Istituto Nazionale per laGrafica di Roma, alla Bas<strong>il</strong>ica Palladiana di Vicenza, a Palazzo Bricherasiodi Torino, al Museo Nazionale di <strong>Arti</strong> Decorative di BuenosAires, al Museum of Art and Design di New York, al Museumof Art di Toledo, al Kunstgewerbe Museum di Berlino, al CentrePompidou di Parigi, al Museo Sforzesco, alla Fondazione Stelline ealla Triennale di M<strong>il</strong>ano.Luca Campigotto. My W<strong>il</strong>d PlacesLe quaranta grandi immagini sono un viaggio nella natura comepercorso iniziatico e necessità del fare fotografico, tra riferimentistorici e suggestionicinematografiche. Grandiscenari fissati nell’intensità delleloro luci, formano – tra rappresentazionedegli spazi e trasformazionidella memoria – una[20] Il fiume Indo a Ladakh in India,2007. Venezia, Bugno Art Gallery.[21] Deserto dell’Atacama in C<strong>il</strong>e,2000. Venezia, Bugno Art Gallery.ballata dello sguardo. Intrise distoria e di attesa, le fotografie diquesto lavoro evocano l’animadei luoghi, come fossero documentiimprescindib<strong>il</strong>i di unmondo destinato a scomparire.Le immagini in mostra sono un’ampia selezione del volume MyW<strong>il</strong>d Places che raccoglie sessantasette fotografie – a colori e inbianconero – scattate dall’autore in varie parti del mondo nell’arcodi una ventina d’anni.Un deserto, un mare; a colori, in bianco e nero; distesa di terra,distesa d’acqua, le nuvole in alto; immagini segnate dalla linea dell’orizzonte,bassa nel primo caso, alta nel secondo, mai centrale emai, soprattutto, perfettamente orizzontale. Si apre così questa raccoltad’immagini di Luca Campigotto, fotografo italiano giunto ormaialla compiuta maturità, amante in egual misura della fotografia,del viaggio e della lettura.Due immagini – come scrive Walter Guadagnini – colte lontanodalla propria terra d’origine, dall’altra parte del mondo, come lagran parte – non tutta – di questi luoghi selvaggi che l’autore sindal titolo considera propri, i “suoi” luoghi. Un piccolo, ma precisissimoe indicativo scarto, quella linea leggermente obliqua, chevale come una dichiarazione poetica, o almeno una chiave di letturaut<strong>il</strong>e per entrare in questo universo, fatto insieme di regole e dieffrazioni, di rigore operativo e di adesione emotiva. Quella lineanon perfettamente orizzontale – al contrario di altre che pure si trovanoin diverse fotografie del volume – segna infatti <strong>il</strong> passaggiocruciale dalla veduta alla visione, elemento centrale nella letturadell’intera opera di Campigotto sin dagli esordi, avvenuti al principiodegli anni novanta.Veneziano, laureato in storia, Campigotto ha piena coscienzadel valore documentario dell’esperienza fotografica, un valore assuntoprimariamente come retaggio culturale, come chiave di interpretazionedel reale che investe contemporaneamente l’occhio ela mente.BREVE PROFILO BIOGRAFICOLuca Campigotto, nato a Venezia nel 1962, vive e lavora a M<strong>il</strong>ano.Terminati gli studi di storia moderna, nel 1990 si dedica alla fotografiadi paesaggio, d’architettura e per l’industria. Tra <strong>il</strong> 1995 e <strong>il</strong>2000 pubblica tre libri su Venezia e fotografa gli scenari italiani dimontagna della Grande Guerra.Dal 1996 lega la propria ricerca al tema del viaggio, realizzandoprogetti su Londra, Il Cairo, New York, Chicago, Tokyo, la stradadelle Casbah in Marocco, Angkor, <strong>il</strong> deserto di Atacama in C<strong>il</strong>e,Patagonia, Isola di Pasqua, India, Yemen, Iran, Lapponia.Ha esposto a: Mois de la Photo, Parigi; Canadian Centre for Architecture,Montreal; MAXXI, Roma; La Biennale di Venezia; Festivaldella Fotografia, Roma; MEP, Parigi; Galleria Gottardo, Lugano;IVAM, Valencia; <strong>The</strong> Art Museum, Miami; <strong>The</strong> Margulies Collectionat the Warehouse, Miami. Sue opere sono presenti in importanticollezioni pubbliche e private, in Italia e all’estero.Coltiva da sempre un interesse per la scrittura, e sta attualmentelavorando a un libro di poesie e immagini.
Le arti di Piranesi. Architetto, incisoreantiquario, vedutista, designerFondazione Giorgio Cini, fino al 9 gennaioche presenta oltre trecento stampe originali,è pensata per valorizzare la poliedricità, lo st<strong>il</strong>e e la straordinariamodernità dell’artista ve-L’esposizione,neziano, anche in virtù di alcuni interventicontemporanei ispirati al suolavoro. Tra questi, la realizzazione diun video in 3D delle Carceri d’Inven -z i o n e e di sette oggetti originali –due tripodi, un vaso, un candelabro,un altare, una caffettiera e uno straordinariocamino corredato da alari ebraciere – ideati da Piranesi e ricavatidalle sue stampe ma mai realizzatiprima, a cui si aggiungonotrentadue vedute di Roma di Gabriele Bas<strong>il</strong>ico, che costituisconoun personale omaggio del fotografo al grande maestro.Giambattista Piranesi (Ve n e z i a1720 – Roma 1778) è stato una figurachiave nella formazione di un<strong>gusto</strong> tipico del XVIII secolo, anticipando,con i suoi metodi di lavoro,<strong>il</strong> ruolo dell’architetto e del designercontemporanei. È proprio l’accentosulla modernità e la contemporaneitàdella figura di Piranesi a dareun taglio inedito alla mostra poiché[23-24] Vaso antico di marmotratto da Vasi, candelabri,cippi..., 1778 e, in basso, la suarealizzazione in marmo composito.[22] Ritratto di GiambattistaPiranesi.– come afferma <strong>il</strong> curatore MicheleDe Lucchi – è stato “preso l’artistacome uomo del nostro tempo e lettola sua opera interpretandola con latecnologia, scoprendo la ricchezzadel suo eclettismo e della sua eccentrica vena ispiratrice”.Le oltre trecento incisioni originali piranesiane, provenientidalla collezione conservata negli archivi della Fondazione Cini, sonostate selezionate tra quelle più rappresentative della complessitàe versat<strong>il</strong>ità della sua esperienza teorica,artistica, professionale. Ma lamostra si spinge oltre, per sfatare lacritica di irrealizzab<strong>il</strong>ità mossa ripetutamenteai progetti di Piranesi erendere ancora più evidente lastraordinaria modernità del suo pensiero.Come spiega De Lucchi, “lestampe legate alle serie progettuali edecorative sono state ut<strong>il</strong>izzate comeprogetti di design [...] e ne sonousciti modelli, prototipi, oggetti,fotografie di straordinaria intensità che dimostrano la grandezza diPiranesi artista e attivano un dibattito sull’importanza del facsimi -le d’arte e delle tecnologie moderne nell’analisi e nell’approfondimentocritico dell’opera d’arte antica”.Le arti di Piranesi vuole essere una mostra originale, pionieristica,provocatoria,com’è stato lo spiritodi Piranesi. Ruolofondamentale è giocatodall’allestimentoin cui è stato disegnatoun percorso difruizione flessib<strong>il</strong>e einterattivo che offreal visitatore l’opportunitàunica di en-[25-26] Tripode di bronzo in un disegno di Piranesi e,a destra, la sua realizzazione.trare in contatto conle visioni prodotteda Piranesi. Un video, realizzato appositamente per la mostra, documenta<strong>il</strong> “passaggio” dalle Invenzioni Capricciose di Carceri alleCarceri d’Invenzione in cui è possib<strong>il</strong>e osservare, attraverso un confrontoin dissolvenza, le differenze tra <strong>il</strong> primo stato delle Carcerinella serie all’Accademia Nazionale di San Luca e gli ultimi statidelle matrici conservate alla Fondazione Cini. Inoltre un’installazionetouch screen rende possib<strong>il</strong>e la consultazione di quasi trecentofogli dei due taccuini conservati alla Biblioteca Estense di Modena,<strong>il</strong>luminante esempio della grafica di Piranesi: attraverso i suoi appuntidi lavoro, gli schizzi di figura, le vedute con rovine, le raffigurazionidi oggetti antichi, è possib<strong>il</strong>e entrare nel processo creativodell’artista e coglierne appieno l’originalità. Di particolare interessesono i pensieri e gli schizzi relativi agli oggetti antichi che Piranesiaccumulava nella sua bottega in Palazzo Tomati.Unita dal f<strong>il</strong>o rosso delle molte professioni esercitate da Piranesinel corso della vita, Le arti di Piranesi non è una mostra intesa insenso tradizionale, ètante mostre insieme,ricca di elementiinediti volti adaprire nuove prospettivee riflessionisul lavoro dell’artista.Una proposta d<strong>il</strong>ettura dell’esposizioneè suggerita[27-28] Veduta del Campidoglio e della scalinata che dalla suddivisioneporta alla chiesa dell’Aracoeli nella versione di degli spazi; tre granditemi, corrispon-Piranesi e, in basso, in una foto di Gabriele Bas<strong>il</strong>ico.denti alle tre saleprincipali del centro espositivo: Piranesi architetto, Piranesi designere Piranesi vedutista. A quest’ultimo tema si lega l’interventodi Gabriele Bas<strong>il</strong>ico – fotografo e documentarista che ha messo alcentro del proprioitinerario professionalee artistico <strong>il</strong> temadella città – cheha ripercorso con lamacchina fotograficai luoghi delle vedutepiranesiane, verificandonecorrispondenze,analogie e“ d e v i a z i o n i ”.
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