Le arti decorative alla Biennale.La nascita del Padiglione Venezia*GIOVANNI BIANCHIInaugurato in occasione della XVIII Esposizione Biennale Internazionaled’Arte del 1932, <strong>il</strong> Padiglione Venezia viene costruitolo stesso anno su progetto dell’architetto Brenno DelGiudice in quella zona dell’isola diSant’Elena che si presenta naturalmentecome lo spazio più adatto adaccogliere i nuovi padiglioni dellaBiennale. Nello stesso anno vengonoinfatti costruiti, sempre nella stessaarea e su progetto di Del Giudice,anche quelli della Polonia e dellaSvizzera. I tre padiglioni, a cui se neaggiungeranno altri due nel 1938,sono parte integrante di un unicoprogetto ideato dall’architetto venezianoe <strong>il</strong> Padiglione Venezia risultaessere l’elemento centrale e di raccordodel complesso.Secondo <strong>il</strong> capitolato d’appalto, <strong>il</strong> padiglione era composto daun corpo centrale di forma semicircolare collegato a due sale laterali.Sul corpo centrale si aprivano tre porte d’ingresso e quattro grandifinestroni. Le pareti internedella galleria, dove erano ricavategrandi nicchie di dimensionidiverse, erano finite a marmorinolucidato a caldo. La galleria ele sale laterali erano <strong>il</strong>luminateda lucernari coperti da un velariodi tela bianca. La facciata erabianca, realizzata in marmorino[218-219] Il plastico dell’interaarea espositiva della Biennale e <strong>il</strong>dettaglio dei padiglioni: dasinistra a destra la Svizzera, le<strong>Arti</strong> Decorative e la Polonia.[220-222] Il corpo centrale del padiglionee, a sinistra, la vasca e i p<strong>il</strong>astri.tirato a caldo, mentre lo zoccolo,i contorni e le soglie delle ported’ingresso erano in pietra d’Istria.Il padiglione era completatoda una grande scalinata semicircolaree da una vasca in posizionecentrale delimitata da p<strong>il</strong>astri.Oggi <strong>il</strong> Padiglione si presentasnaturato rispetto alla formaoriginaria: la vasca e i p<strong>il</strong>astrisono stati demoliti mentre la costruzionedel padiglione del Bras<strong>il</strong>enel 1964, proprio di fronte,ne occlude la visione.La nascita del Padiglione Venezia, diversamente dai padiglioninazionali, è strettamente legata alla fervida e instancab<strong>il</strong>e attivitàdell’Istituto Veneto per <strong>il</strong> Lavoro che, alla fine degli anni venti, inun’ottica di promozione e di r<strong>il</strong>ancio delle arti decorative, proponeall’allora Segretario Generale della Biennale Antonio Maraini di inserirenel programma espositivo della XVII Esposizione BiennaleInternazionale d’Arte del 1930 una mostra dedicata all’oreficeria.La proposta viene accettata e per la prima volta alla Biennale vieneallestita un’esposizione “speciale” d’arte decorativa, che riscuotelarghi consensi. Alla fine del 1930, visto <strong>il</strong> successo ottenuto dallaMostra Internazionale dell’Orafo e dopo colloqui tra Maraini e <strong>il</strong>Presidente dell’Istituto Veneto per <strong>il</strong> Lavoro Beppe Ravà, <strong>il</strong> Presidentedel Consiglio Provinciale dell’Economia di Venezia invia allaPresidenza della Biennale un rapporto relativo alla possib<strong>il</strong>ità diistituire saloni internazionali di arti decorative e industriali in concomitanzacon l’Esposizione Biennale d’Arte di Venezia.Alla Biennale viene chiesto di contribuire alla realizzazione dell’iniziativaconcedendo i “locali”, occupandosi del loro parziale arredamentoe gestendo l’ufficio vendite. L’iniziativa doveva essereattuata a partire dal 1932 in occasione della XVIII EsposizioneBiennale d’Arte, dove si sarebbero dovuti organizzare due “saloni”d’arte decorativa e industriale: uno di vetri d’arte, merletti e ricami(dal I° maggio al 15 agosto) e uno di stoffe e smalti (dal 25 agostoal 31 ottobre). I saloni sarebbero stati organizzati dall’IstitutoVeneto per <strong>il</strong> Lavoro e sarebbero stati finanziati da vari enti sostenitoridell’iniziativa.Per la Biennale decidere di inserire nel suo programma espositivodei saloni internazionali d’arte decorativa significava sconfinarein un territorio di pertinenza dal 1923 dell’EsposizioneInternazionale delle <strong>Arti</strong> Decorativee Industriali Moderne di Monza –nota dal 1930 come la Triennale –, che dallasua quinta edizione del 1933 avrebbe trasferitola sua sede a M<strong>il</strong>ano, nel Palazzo dell’Arteappositamente costruito su progetto[223] Il Palazzo delle<strong>Arti</strong> a M<strong>il</strong>ano, sededella Triennale.di Giovanni Muzio nel parco Sempione. Giànel 1930, quando in seno alla Biennale si erao rganizzata la Mostra Internazionale dell’Orafo,erano sorti problemirelativi ai rapportitra le due istituzioni. In realtà proprio<strong>il</strong> successo della mostra determinò la decisionedella Biennale di “considerare l’opportunitàdi rendere stab<strong>il</strong>e una sezione di artedecorativa, con particolare riferimento ai generidi produzione veneziana, pur conservando<strong>il</strong> carattere internazionale proprio dellaBiennale”, come si legge nella presentazionedi Maraini al catalogo della XVIII BiennaleInternazionale d’Arte del 1932.[224] Il catalogo dellaBiennale del 1932.La decisione rientra in un preciso programma di rinnovamentoe ampliamento della programmazione dell’Ente e l’edizione del1932 avrebbe dovuto segnare <strong>il</strong> “r<strong>il</strong>ancio” della Biennale che infattiorganizzò anche la prima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.Ricorda Maraini che la XVIII Biennale sarebbe stata, difatto, la prima esposizione organizzata “sotto l’intera responsab<strong>il</strong>itàdel Comitato d’Amministrazione dell’Ente Autonomo” e da questaedizione la sezione d’arte decorativa doveva divenire un appuntamentofisso nel programma espositivo (e così sarà fino al 1972).Presa la decisione di organizzare i saloni d’arte decorativa, allafine di maggio del 1931 inizia a concretarsi anche l’idea di costruireun padiglione stab<strong>il</strong>e per l’arte decorativa. Nel gennaio del1932, una volta appurato che alla costruzione del nuovo padiglioneavrebbero contribuito vari enti (tra cui l’Istituto Veneto per <strong>il</strong>Lavoro), la Biennale decide di dare <strong>il</strong> via ai lavori iniziando una ve-
[226-227] Il logo dell’Alveare e, inbasso, la galleria con le nicchieespositive.[225] La costruzione del padiglionedelle <strong>Arti</strong> Decorative.ra e propria gara contro <strong>il</strong> tempo:<strong>il</strong> padiglione doveva essereterminato entro la prima metàdi apr<strong>il</strong>e poiché la Biennale sarebbestata inaugurata alla fine dello stesso mese. Tutte le scadenzevennero rispettate e la mostra venne regolarmente inaugurata.Come la Biennale, anche la mostra d’arte decorativa, curata dall’IstitutoVeneto per <strong>il</strong> Lavoro, è organizzata per inviti a una seriedi ditte, nei quali si sottolinea che “la Mostra si vuole limitata a pochipezzi sceltissimi che costituiscano veri e propri esempi d’arte, iquali, all’infuori di qualsiasi concetto industriale, rispondano essenzialmenteai criteri generali informatori della nostra EsposizioneInternazionale d’Arte pura, e rappresentino i risultati della ricercadi nuove espressioni artistiche. Siamo sicuri ch’Ella vorrà corrispondereall’attesa della Biennale inviando quanto Ella giudichimigliore dell’opera Sua e riservandoci di prendere accordi particolariintorno allo spazio che Le sarà riservato”.Per non dare adito a critiche da parte della Triennale la mostradoveva mantenere un prof<strong>il</strong>o veneziano – non a caso la sede si chiameràPadiglione Venezia – pur conservando <strong>il</strong> carattere internazionaleproprio della Biennale: viene infatti strutturata in modo cheda una “dimensione” esclusivamente veneziana si arrivi a una aperturainternazionale. Tre sono le sezioni in cui si articola l’esposizione:mosaici, merletti e ricami, vetri; tutti generi riconducib<strong>il</strong>i allaproduzione artistica locale. Se i mosaici risultano esclusivamente“veneziani”, con i merletti e ricami si raggiunge una dimensionenazionale (artisti, scuole e ditte di Venezia ma anche di Bologna,Roma, Cantù, Rapallo) che viene posta a confronto con la produzioneirlandese. Il carattere internazionale si riscontra in modo evidentenella sezione dei vetri – la più importante – dove la produzionenazionale (in prima linea i vetri veneziani) è presentata accantoa quella dell’Austria, della Cecoslovacchia, della Germania,della Francia e della Svezia.L’allestimento è affidato al gruppo veneziano dell’Alveare che,formatosi alla fine degli anni venti,era composto dai giovani architettiAngelo Scattolin, G<strong>il</strong>do Va l c o n i ,Virg<strong>il</strong>io Vallot e si dedicava prevalentementealla consulenza e all’assistenzaagli artigiani ai quali venivanoofferti disegni e progetti per rinnovarenelle forme la produzione diarte decorativa. Il gruppo costituivadi fatto l’Ufficio <strong>Arti</strong>stico dell’IstitutoVeneto per <strong>il</strong> Lavoro che promuovevacon forza lacooperazione fra l’artistae l’artigianoavendo come scopoquello di “fondere earmonizzare le materieprime, l’ingegnodegli artisti, laperizia dell’artigianoveneto che ha le più luminose tradizioni, <strong>il</strong> tutto animato dallo spiritonuovo”.A testimoniare l’esistenza in questi anni di organizzazioni “veneziane”– sempre riferib<strong>il</strong>i all’Istituto Veneto per <strong>il</strong> Lavoro – benstrutturate nell’ambito della gestione e della produzione di arte decorativa,si ricorda che per l’allestimento fu coinvolto anche <strong>il</strong>Gruppo Veneziano <strong>Arti</strong> Decorative che si era costituito a Veneziaintorno al 1930 per volontà dell’Unione Fascista degli Industriali,la Federazione degli <strong>Arti</strong>giani e naturalmente l’Istituto Veneto per<strong>il</strong> Lavoro. Scopo del gruppo era “assicurare, con la collaborazione diun rappresentante di ciascuno dei principali rami delle arti decorative,una continuità di criteri artistici e di st<strong>il</strong>e nell’ambiente venezianoe nel <strong>gusto</strong> moderno dell’esercizio di quell’arte complessa,delicata e modernissima, ch’è l’arredamento della casa, inteso nelsuo significato più estensivo”. Il Gruppo Veneziano <strong>Arti</strong> Decorativeera dunque strutturato in modo che vi fosse un “autorevole” rappresentanteper ognuno dei principali rami delle arti decorative:Paolo Venini per vetri artistici e lampadari, Checchin per vetri ecristalli, Giovanni Anfod<strong>il</strong>lo per i mob<strong>il</strong>i d’arte, Giovanni Pasinettiper la decorazione, Nicodemo Cecolin per ferri e metalli in genere,Luigi Bev<strong>il</strong>acqua per stoffe e velluti, Arturo Chiggiato per lestoffe stampate Fortuny. E, inoltre, Umberto Rosa per l’oreficeria,Crovato per i pavimenti: tutti artisti che collaboravano abitualmentecon l’Istituto Veneto per <strong>il</strong> Lavoro.La nascita del Padiglione Venezia, che sarà attivo fino al 1972,testimonia la decisa volontà delle istituzioni locali di operare a favoredella città. Gli obiettivi di tutelare e incentivare la produzioneartistica dell’artigianato e delle piccole industrie locali – mettendolaa confronto con quella nazionale e internazionale – e dipuntare al r<strong>il</strong>ancio qualitativo dei prodotti veneziani, evidenzianocome la classe dirigente della città lagunare fosse pronta e disponib<strong>il</strong>ea investire energie e capitali a favore di un settore produttivocapace di rivelarsi ancora vivo e competitivo.* tratto da Giovanni Bianchi, “Il Padiglione Venezia, uno spazio allaBiennale per le arti decorative veneziane” in Quaderni della donazioneEugenio Da Venezia, n. 14, Venezia, Fondazione Querini, 2005.Scuola d’Arte di Cortina: difenderela tradizione con l’innovazioneIRENE POMPANIN eTIZIANA PIVOTTISono trascorsi ben 164 anni dal quel lontano 1846, quando l’Italianon era ancora unita e a Cortina un sacerdote della ValBadia, tale don Cipriano Pescosta, con l’aiuto della MagnificaComunità d’Ampezzo pensò di aprire una scuola di disegno. Nascevain tal modo la Scuola d’Arte.Passano gli anni e nel 1874, mentre gli impressionisti espongonoper la prima volta a Parigi, gli studenti dell’Istituto inizianoa frequentare corsi industriali per l’intaglio e la f<strong>il</strong>igrana. Il legamecol contesto economico e sociale della realtà ampezzana divienesempre più forte e, due anni dopo, apre la sezione di falegnameria,di mosaico in legno e intarsio: è <strong>il</strong> preludio ad anni di intensa attività.A rendere la scuola professionale completa e in linea con <strong>il</strong> <strong>gusto</strong>del tempo contribuisce la memorab<strong>il</strong>e visita nel 1881 di Mister
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