La produzione di sete e velluti*DORETTA DAVANZO POLISe antichi manoscritti fanno risalire la tessitura auroserica venezianaa un’origine greca datab<strong>il</strong>e verso la fine dell’XI secolo,in realtà l’arte della seta nella città lagunare ha sicuramentepiù lontane radici bizantine. I mercanti veneziani hanno da semprelibero accesso a Costantinopoli dove è documentato l’acquistodi vesti e tessuti serici fin dal IX secolo, assicurandosi poi l’esclusivadella vendita di tali prodotti di lusso alle due fiere annuali org a-nizzate dai Franchi a Pavia. Dalla Cronaca del diacono Giovanni siapprende come, accanto a una produzione di seta greggia, si sia sv<strong>il</strong>uppataa Venezia anche la tessitura della stessa, seppur limitata aintrecci semplici. Sicuramente più complessa, non solo nei decori,ma anche nelle armature, la tecnica ut<strong>il</strong>izzata da Antinope, “professoreperitissimo dell’Arte de’ Panni di seta broccati, tanto schiettiche con oro et argento, arabescamente delineati”. Al seguito di EnricoIV imperatore d’Occidente, in visita a Venezia sotto <strong>il</strong> dogadodi Vitale Falier tra <strong>il</strong> 1084 e <strong>il</strong> 1096, gli fu chiesto di realizzare unastoffa preziosa per Polissena Michiel, gent<strong>il</strong>donna di cui l’imperatoreera innamorato. Approntare <strong>il</strong> telaio adatto allo scopo, ordirloe tessere <strong>il</strong> telo significò rivelare, agli artigiani locali che lo aiutarono,fondamentali e fino ad allora sconosciuti procedimenti cheprodussero ovviamente positivi sv<strong>il</strong>uppi nell’arte serica veneziana.Le stoffe del periodo si caratterizzano ancora per l’uso della porporaquale materia tintoria, per una sobria gamma cromatica, per la rigiditàstatica della struttura compositiva, a circoli o a rosette, cui siaggiungono talora nuovi motivi sassanidi.Al 1265 risale <strong>il</strong> capitulare samiteriorum, conservato all’Archiviodi Stato di Venezia, che in tale data viene riformato, attestando cosìuna sua preesistenza. Samiterisono i tessitori di sciamiti, i prestigiositessuti serici caratterizzatida un rapporto di sei f<strong>il</strong>i(hexamitos) su cui si basano le armatureche li costituiscono. Lostatuto, oltre alle consuete normecorporativistiche, forniscenumerosi dati tecnici attinentiad altre specialità tess<strong>il</strong>i, all’epocaevidentemente fondamentali.Vi si citano larghezze, lunghezze,numero complessivo di f<strong>il</strong>i di[194-195] Insegna dell’Arte dei tessitoridi seta, Venezia, Museo Correr e, inbasso, <strong>il</strong> ritorno di Marco Polo.ordito e numero di portate. In tale data è vietato mescolare le fibre,per esempio <strong>il</strong> lino con la seta, pena la distruzione della pezza.Nel 1269 ritornano a Venezia dal loro primo viaggio in Cina ifratelli Polo, portando mercanzie e manufatti di quei luoghi lontani,tra cui sicuramente dei tessuti. Nicolò, padre di Marco, era probab<strong>il</strong>mentemercante di stoffe seriche, abitando in contrada SanGiovanni Crisostomo, localitàad alta concentrazione di artigianie mercanti della seta chenella chiesa omonima avevanoun altare. Se dunque motivi (fitoe zoomorfi) e forse anche dettaglitecnici cinesi si diffondonoin città nella seconda metà del XIII secolo, nel primo quarto delsuccessivo ci si avvale altresì dei decori e dei metodi nuovi dei tessitor<strong>il</strong>ucchesi. Giunti tra <strong>il</strong> 1307 e <strong>il</strong> 1320 in gran numero, stanziatisiun po’ ovunque in città e perfettamente integrati con gli artigian<strong>il</strong>ocali, costoro contribuiscono in maniera sostanziale alla fiorituradell’arte serica cittadina e, forse, è collegata al loro arrivo laproduzione anche a Venezia delle mezze sete.Divisa nei quattro colonelli di f<strong>il</strong>atoi, tintori, tira e battioro, testori o samiteri, da quest’ultimo settore, nel 1347, si separa quello deiveluderi, testimoniando con ciò <strong>il</strong> grande sv<strong>il</strong>uppo della suddetta tipologiache, raramente citata in precedenza, diventerà la stoffa lussuosapiù richiesta nel secolo successivo: dai semplici samiti p<strong>il</strong>losiai delicati zetanini velutadi (sciamiti e rasi vellutati), inizialmentecon decori molto semplici come rigature,quadrettature o teorie regolari di tondiniaurei, come quelli che compaiono nella sontuosaveste della Salomè danzante dei mosaicimarciani.Per salvaguardare la qualità dei prodottiviene istituita la Corte del Parangon, unufficio in cui le pezze delle varie tipologietess<strong>il</strong>i – sciamiti, lampassi e velluti –, realizzatesecondo le regole e con i migliorimateriali, vengono confrontate con quelledi volta in volta prodotte, prima della loro[196] Salomè, Bas<strong>il</strong>ica diSan Marco.esposizione e vendita. Nel 1366 si nomina anche un’apposita commissionedi vig<strong>il</strong>anza sull’Arte della seta che è già largamente diffusae in continuo sv<strong>il</strong>uppo. Si costituisce successivamente anche <strong>il</strong>Sazo, un’istituzione con <strong>il</strong> compito di controllare le tinture e di segnarecon la bolla in piombo di San Marco le stoffe tinte a regolad’arte. Particolari norme prescrivono come produrre con <strong>il</strong> chermes,quel peculiare colore definito appunto cremisi e in seguito noto comescarlatto o rosso veneziano. Le cimose verdi, con un f<strong>il</strong>o d’oro alcentro, indicheranno immediatamente all’acquirente che tale preziosocolorante è stato ut<strong>il</strong>izzato e in che percentuale; la rigaturabianca nel mezzo segnalerà infatti la sua presenza solo in ordito.Se all’inizio del Trecento la decorazione è ancora legata a unastruttura compositiva ordinata, ripetitiva negli schemi e nei motividecorativi, nella seconda metà del secolo si assiste a una progressivaperdita della simmetria e dell’equ<strong>il</strong>ibrio a vantaggio di unarappresentazione vivace e realistica: gli animali sono disegnati involo o in corsa come se stessero per gettarsi con impeto sulla predao per sfuggire terrorizzati a un agguato. Elementi di collegamentopreferiti sono tralci contorti, alberelli piegati dal vento e palmetteagitate. Nel 1450, ribadendo la proibizione ai samiteri di tesserevelluto operato, si parla di pello taiado e di pello riçado suso insieme,alludendo alle tecniche del velluto tagliato e riccio, costituenti, seabbinate, <strong>il</strong> celeberrimo soprarizzo.Si conferma ai soli veluderi la facoltàdi produrre <strong>il</strong> velluto operato, dettoafigurado, di cui la specialità più diffusain tale secolo sembra esserequella definita a inferriata, così denominatanel XIX secolo per le evi-[197] Velluto a inferriata, seconda metà delXV secolo.
[198] Velluto alto-basso esoprarizzo su teletta d’oro.denti analogie con le ornamentazioni delle cancellate di ferro battuto.Il decoro, al quale collaborano artisti noti come Jacopo Bellinie Pisanello o meno noti come Jacopo da Montagnana, è influenzatoda elementi st<strong>il</strong>istici orientali quali la foglia frastagliata arricciatae la palmetta chiomata, e accostamenti cromatici vistosi. Ilmotivo della pigna si alterna a quello della melagrana e del fiore dicardo, collocato al centro di corolle pol<strong>il</strong>obate cuspidate, rese inmodo graficamente lineare e disposte in teorie parallele orizzontali.Il disegno si evidenzia nello spessore del velluto esclusivamenteper un’es<strong>il</strong>issima prof<strong>il</strong>atura, come scavata, in raso. Oltre a tale tipologia,detta a camino, che può essere impreziosita con broccaturee allucciolature d’oro e d’argento, si ritrova anche a Venezia quelladetta a griccia, in rosso su luminoso fondo d’oro, con grande troncosinuoso recante una grossa corolla pol<strong>il</strong>obata con fiore di cardo oelemento sim<strong>il</strong>are posto al centro.Altra specialità tutta veneziana è l’alto-basso o controtagliato.Solitamente di intenso colore rosso cremisi, <strong>il</strong> decoro, che si evidenziasulla superficie vellutata perla differenza di spessore del pelo,consiste in rosette concentriche, inseguito alternate in verticale a coronearaldiche sostenute dal riunirsi didue rami contorti. Tale velluto, cherimarrà apparentemente uguale nelcorso di quattro secoli, diventa statussymbol delle più alte categorie socialie politiche: con esso infatti si confezionanole stole di senatori e procuratoridella Repubblica. Nella secondametà del Cinquecento si andrannopreferendo anche tessuti diversi:lampassi, damaschi e broccatelli, permanendo, tra tutti i tipidi velluto, <strong>il</strong> soprarizzo.[199-200] Il velluto alto-basso era prodotto esclusivamente per le cariche più altedello Stato ed era ut<strong>il</strong>izzato soprattutto per le stole come dimostra <strong>il</strong> Ritratto diPietro Barbarigo di Bernardino Castelli conservato a Ca’ Rezzonico.Le stoffe d’arredamento, che proprio in tale periodo inizierannoa differenziarsi nettamente da quelle da abbigliamento, mantenendodimensioni modulari di ampio respiro, sono maggiormente legatenel decoro alle altre arti decorative di cui accolgono gli spuntipiù vari. L’ornamentazione si evolve da strutture reticolate, a magliepiù o meno grandi, costituite da tralci d’acanto, di quercia e divite, con al centro un’anfora con mazzo di fiori, a teorie rimpicciolitedi ramoscelli compositi, fiori e animali. Tra la fine del XVI secoloe l’inizio del successivo, lo spazio compositivo si riempie dielementi fitomorfi e geometrici, come le mazze e gli esse, di rapportomodulare ridotto, disposti in una sorta di horror vacui movimentatodal loro disporsi zigzagante e dal ripetersi di mutamenti direzionali.Il tulipano e altri generi botaniciorientali, di nuova importazione,invadono i tessuti, la cui decorazione,più o meno realistica, ècaratterizzata comunque da un notevoledinamismo compositivo. Lestoffe da parato, legate al pomposost<strong>il</strong>e del mob<strong>il</strong>io, sono ideate “perservir da scenario”, per armonizzaregli stucchi e le cornici con gli affreschie i terrazzi. Rivestono, oltre chele pareti, anche pedane da letto, testieree baldacchini, schienali e sedutedi divani, sedie e poltrone, tendaggie mantovane.La solennità decorativa barocca, la fragorosa ma gagliarda sintoniadi forme e colori è ben rappresentata nei tess<strong>il</strong>i dalla raffinatapolicromia, dai decori caratterizzati da fiorami involuti, da frondeggiaturearricciate e da larghi ciuffi di piume. Durante <strong>il</strong> XVIIsecolo, in città si assiste a un apparente decadimento della produzioneserica perché si dimezza <strong>il</strong> numero effettivo di pezze fabbricatea causa della scomparsa di tipologie ordinarie, ma si raddoppianoquelle operate, impreziosite di oro e argento. Quindi, pur diminuendola quantità delle stoffe, aumenta <strong>il</strong> fatturato annuo complessivo.Tale situazione permane fino al 1712, dopo di che <strong>il</strong> declinorisulta davvero inesorab<strong>il</strong>e. Le stoffe di lusso in questione sonoi ganzi, tessuti serici individuab<strong>il</strong>i per la preponderanza di metallinob<strong>il</strong>i e per un decoro complesso nell’alternanza di elementiarchitettonici e botanici.La salvaguardia della qualità a tutti i costi, sostenuta con lapromulgazione continua di leggi severe e vig<strong>il</strong>anza costante, inun’epoca di innovazioni e di consumi, andrà a scapito dell’imprenditorialità,che si ritrova inqualche modo imprigionata, maa vantaggio della concorrenzastraniera. Va ricordata comunquel’opera dei fratelli Cavenezia,straordinari tessitori di cuirimangono campioni firmatinelle collezioni dei Musei CiviciVeneziani, e di Pietro d’Avanzoche nel 1763 ottiene <strong>il</strong>permesso di aprire un’accademiadi disegno e tessitura.[201] Il raso broccato a elementifloreali del salotto rosso dellaFondazione Querini Stampalia.[202-203] Stoffa per abbigliamento dellamanifattura Cavenezia e, in basso,motivo bizantineggiante in vellutosoprarizzo della tessitoria Bev<strong>il</strong>acqua.L’invenzione del telaio Jacquard agli inizi dell’Ottocento darà <strong>il</strong>colpo definitivo all’arte, che riesce tuttavia a sopravvivere fino alnostro secolo grazie alle manifatture di Mazorin, Martinoli, Trapolin,Rubelli e Bev<strong>il</strong>acqua. Questi ultimi,assieme a Mariano Fortuny e aisuoi velluti stampati, riporteranno,all’inizio del Novecento, l’arte sericaagli antichi splendori.* questo e <strong>il</strong> precedente articolo sui merletti sono parzialmente tratti da DorettaDavanzo Poli, Le arti decorative a Venezia,Bergamo, Edizioni Bolis, 1999.
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