striaca mirava ugualmente a dimostrare quanto le fornaci muranesifossero in grado di produrre in un’epoca in cui erano i cristalli diBoemia a detenere la palma. Neppure questo tentativo ebbe successo,dal momento che “smalti e vetrificazioni” di tale natura nonvennero più realizzati per molti anni. Accortamente le critichemosse dagli esperti francesi al bureau del 1811 furono ben tenute amente quando si trattò di ritentare l’impresa per <strong>il</strong> nuovo monarca:si eliminarono così l’impiallacciatura in finto legno acajou e <strong>il</strong>piano in perline, <strong>il</strong> fondo con le imitazioni delle pietre preziose fuprotetto da un cristallo sollevab<strong>il</strong>e grazie a due manici in forma diserpenti e inoltre si optò per una forma circolare su tre gambe.Il piano dell’esemplare oggi a Konopiste è tempestato di semisfereturchesi e di quaranta “gemme” prismatiche in diverse vetrificazioni,tutte di colori differenti, lungo <strong>il</strong> bordo. Al centro, attorniatoda una ghirlanda di quercia ocra su campo nero, <strong>il</strong> medaglionein finto opale, a sua volta incorniciato da una ghirlanda d’alloroposata su una raggiera, presenta in finti rubini le iniziali intrecciateC e A dell’imperatrice. Tre vittorie alate in bronzo dorato si unisconosotto al piano con le code-girali esi appoggiano con gambe curv<strong>il</strong>ineedal piede caprino su un’impostatriangolare, sorretto da tre cavallimarini in bronzo, adagiati su un altrobasamento decorato da palmettedorate. Manca, rispetto all’incisioned e l l ’O m a g g i o, l’anfora in “purenblauen venetianischen Glassperlen”che si trovava al centro del primo basamentoe che può esser stata alienatao distrutta negli anni a venire. Finivacosì es<strong>il</strong>iato e dimenticato, eproprio nella terra dei cristalli boemi,quel che si voleva proporre quale strumento di propaganda dell’altoartigianato veneziano e della grande vetreria muranese.* parzialmente tratto da <strong>The</strong> Burlington Magazine, giugno 2001.Venezia e la magia dell’oro biancoELISABETTA DAL CARLO[168] Dettaglio delle vittorie alatein bronzo dorato del tavoloconservato a Konopiste.Il Settecento è l’epoca in cui <strong>il</strong> lungo itinerario artistico dellacittà lagunare si sta concludendo in una stagione confusa, maricca e creativa. Una Venezia in declino, che resta tuttavia ancorauno dei centri intellettuali e artistici più br<strong>il</strong>lanti d’Europa. Ein questo vivace m<strong>il</strong>ieu culturale la squisita bellezza della porcellanaincarna <strong>il</strong> senso della moda e dello st<strong>il</strong>e: <strong>il</strong> <strong>gusto</strong> del secolo.Il nuovo materiale, così prezioso da essere detto “oro bianco”,diventa oggetto di culto tra la raffinata società veneziana. Dopo l’aperturadella manifattura di Meissen nel 1710 e la conseguente diffusionedell’arcanum, la porcellana dura sostituì nell’arte della tavolal’uso della maiolica, dell’argento, del peltro e della porcellanaorientale. Della “malattia della porcellana” ne sono una testimonianzai magnifici servizi che Meissen realizzò per le grandi casateveneziane, tra le più straordinarie opere di tutta la produzione dellafabbrica sassone: i servizi per i Cappello, i Foscari, i Morosini, iGrimani, solo per citarne alcuni.Ma soprattutto Venezia è stata la sola città a ospitare nel Settecentoben tre manifatture, quelle di Giovanni Vezzi, degli Hewelkee di Geminiano Cozzi, manifatture che hanno segnato un capitoloimportante nella storia della porcellana europea in termini di felicitàinventiva e di iniziativa imprenditoriale. E Venezia fu anche laprima città italiana e la terza in Europa, dopo Meissen e Vienna, aospitare una fabbrica di porcellane, che produrrà oggetti di paribellezza a quelli usciti da Meissen: la Casa Eccellentissima Vezzi.La sua origine è legata alla storiadella fabbrica viennese di Du Paquier,per la presenza dello smaltatoree decoratore Christoph ConradHunger, proveniente da Meissen, <strong>il</strong>quale, dopo aver svelato l’arcanum aVienna, scappa in laguna e stipulaun contratto con Giovanni Vezzi <strong>il</strong> 5giugno 1720. Giovanni, figlio primogenitodel ricco orafo Francesco,investe cinquantam<strong>il</strong>a ducati perprodurre porcellane. Hunger viene[169-170] Teiera della manifatturaVezzi del 1720 e, a sinistra, del1720-27; entrambe sonoconservate a Ca’ Rezzonico.nominato Fabriciere Principale: con <strong>il</strong> suo ricco bagaglio di esperienzee facendo arrivare <strong>il</strong> caolino clandestinamente dalla Sassonia,riesce a portare la manifattura Vezzia un immediato successo. La Giudeccane ospita la prima sede, spostatapoi nella parrocchia della Madonnadell’Orto, in un edificio sullalaguna che ancora oggi conserval’antico nome di Casin dei Spiriti.I tre anni successivi alla partenza dello smaltatore dalla cittàlagunare nel 1724 rappresentano <strong>il</strong> periodo di massimo splendoredella fabbrica ma, a causa dei debiti contratti da Giovanni e al ritirodei finanziamenti da parte del padre, la Casa EccellentissimaVezzi chiude nel 1727, per volontà del vecchio Francesco, preoccupatodel crescente passivo. Da antichi documenti risulta peròche a quella data rimasero a Giovanni Vezzi oltre trentam<strong>il</strong>a pezzinon finiti, probab<strong>il</strong>mente decorati e messi in vendita dallo stessoVezzi fino al 1740 circa, quando risulta che Giovanni concluse leultime vendite. Sette anni di vita, nei quali la Casa EccellentissimaVezzi crea splendidi oggetti, una produzione limitata, costituitaessenzialmente da tazzine, piattini,teiere e qualche rara caffettiera. La pasta èdi ottima qualità, di color bianco puro, cremao leggermente grigiastro, sempre moltotrasparente, ricoperta da una vernice lucente,che si avvicina a quella di Meissen avendoin comune la materia di base, <strong>il</strong> caolinosassone. Il marchio è costituito dal nome“ Venezia”, intero o abbreviato, in azzurro sottovernice,in rosso, a volte in oro, talvolta incisonella pasta.[171-172] Il marchio della manifattura Vezzi e, inalto, una tazza a campana del 1723 conservata aCa’ Rezzonico.
Tra gli oggetti più caratteristicidella Casa Vezzi, sonoda ricordare le teiere globularie ottagonali, le tazzinealte a campana e le chiccherealla cinese senza manico. Variesono le decorazioni: cineserie,disegni geometrici, ornatia bassor<strong>il</strong>ievo, soggettidella Commedia dell’Arte,armi nob<strong>il</strong>iari, paesaggi, tutti motivi trattati con vivacità e originalità,<strong>il</strong> cui fascino nasce dall’incontro del mondo orientale con <strong>il</strong> sensoestetico della Serenissima. Agli inizi la tavolozza era limitata all’azzurrosottovernice, poi si arricchisce con <strong>il</strong> rosso ferro, l’azzurrocupo, <strong>il</strong> rosa antico, <strong>il</strong> cremisi, <strong>il</strong> verde prato, <strong>il</strong> seppia, <strong>il</strong> giallo e <strong>il</strong>viola. L’oro brunito, di alta qualità, tende al colore degli zecchini.L’influenza dell’arte orafa, comunea tutta la prima porcellana europeae presente nella casa Vezzi, famigliadi orefici, si rivela nel <strong>gusto</strong>delle superfici lavorate a r<strong>il</strong>ievo esbalzate. Giovanni continua l’artedel padre nella nuova materia,creando così quelle opere che sarannodefinite da Geminiano Cozzi “pezzi da museo”.Conseguenza del successo della porcellana Vezzi è la produzionenel 1738 nelle fornaci muranesi dei fratelli Giovanni Andrea ePietro Bertolini di vetro lattimo a imitazione della porcellana.Dopo la chiusura di Vezzi, nel 1728 i Cinque Savi alla Mercanziae i Deputati alla Camera del Commercio emettono un proclamaove promettono priv<strong>il</strong>egi a chiunque si impegnasse a dare vita anuove fabbriche di porcellana e maiolica. Grazie a queste nuove fac<strong>il</strong>itazionigovernative, incoraggiando sudditi volonterosi si dimenticala fine disastrosa della Casa Eccellentissima Vezzi. Fra coloroche accolgono la proposta è da ricordare Giovan Battista Antonibon,che nel 1728 apre una fabbrica di terraglie a Nove di Bassano,destinata a diventare, con <strong>il</strong> figlio Pasquale, una delle piùproduttive fabbriche di porcellana italiane.Anche i coniugi sassoni Nathaniel Friedrich e Maria DorotheaHewelcke ottengono nel 1757 una privativa dalla Repubblica venetaper produrre porcellane a Udine, conl’obbligo di marcare i manufatti con lalettera V di Venezia. La produzionepare sia iniziata solo dopo <strong>il</strong> loro trasferimentoin laguna nel 1761, doverealizzano vasellame da tè e qualcherara scultura in una pasta dura, grigiae traslucida, realizzata con caolino diTretto, località vicino a Vicenza. Latavolozza è caratterizzata da un rossoruggine e da un bruno rossiccio,uniti a tocchi di porpora, rosa, verde[173-174] Tazze del 1720-27 dellamanifattura Vezzi appartenenti a unacollezione privata veneziana. In basso, vasobiansato del 1727 circa conservato allaFondazione Querini Stampalia.[175] Piattino della manifatturaHewelcke del 1762-63.[176-178] La fabbrica Cozzi da GiovanniGrevembroch, Gli abiti dei veneziani, Venezia,Museo Correr. In basso a sinistra, una cioccolatieradel 1760-65 e <strong>il</strong> marchio della manifattura Cozzi.e giallo. Pochi pezzi si possono attribuire a questa fabbrica, ma idue coniugi hanno <strong>il</strong> merito di essere riusciti a creare una porcellanasim<strong>il</strong>e alla sassone, ut<strong>il</strong>izzando caolino veneto.Nel 1765 <strong>il</strong> banchiere modenese Geminiano Cozzi, già socio degliHewelcke, richiede gli stessi priv<strong>il</strong>egi concessi ai coniugi sassoni,assicurando di poter trovare, a differenzadei Vezzi, <strong>il</strong> caolino in territorio veneziano, aTretto. I Cinque Savi alla Mercanzia e <strong>il</strong> Senatogli concedono <strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio di vent’annie un aiuto finanziario. La ditta Cozzi sorge nella fondamenta di CanalRegio, nella parrocchia di San Giobbe, e lavora già dal 1764.Geminiano Cozzi, dopo l’esperienza con gli Hewelcke e grazie ancheall’aiuto di operai provenienti dalla manifattura Antonibon diNove, diventa <strong>il</strong> più importante fabbricanteveneziano di porcellana. La ditta ha un successostraordinario, fornitrice esclusiva deipalazzi della nob<strong>il</strong>tà e della ricca borg h e s i aveneziana, è anche richiesta dalle numerose“botteghe da caffè”, che svolgono un ruoloimportante nella vita della Serenissima.La porcellana di pasta dura presenta una colorazione leggermentegrigia e una vernice br<strong>il</strong>lante, quasi bagnata, con una doraturaottenuta dalla fusione degli zecchini. Il vasellame da tavola èmarcato con un’ancora color rosso ferro, raramenteazzurra, mentre gli oggetti più eleganti recanol’ancora in oro; le figure e i gruppi non portanoquasi mai marca. Parte della decorazione deipezzi deriva dalla tradizione figurativa del Settecentoveneziano: molto successo hanno i servizi ornatia paesaggi tratti dalle tele di Zais, di Zuccarelli e di MarcoRicci. E ancora cineserie, decorazioni a bersò, graziosi motivi florealie decori araldici. I colori più usatisono <strong>il</strong> rosso ferro, <strong>il</strong> violetto, un azzurrointenso, un verde smeraldobr<strong>il</strong>lante, un verde marcio e <strong>il</strong> colorpulce. Nella scultura, sia bianca chepolicroma, compaiono personaggi[179-180] Manifattura Cozzi,zuccheriera, 1770 e, in basso,tazzina, 1775-80.orientali, eleganti figurine vestitealla moda con domino e bauta, lemaschere della Commedia dell’Artee soggetti galanti.La produzione è vastissima: servizida tè, cioccolata e caffè, servizida tavola, antipasto e dessert, sculturee galanterie che accompagnanonei gesti quotidiani l’ultima generazionedella Serenissima. La stessa Repubblica si serve del vasellameCozzi per le cerimonie ufficiali. Sarà proprioGeminiano a preparare i servizi per i festeggiamentiin occasione dell’elezione dell’ultimodoge Lodovico Manin nel 1789, “serviti”che segnano la fine della splendida stagionedella porcellana veneziana, anche se i fornidella fabbrica si spegneranno definitivamentesolo nel 1812.[181] Manifattura Cozzi, moretto portaprofumo.
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