[146] Ponte di Rialto di GiacomoFranchini. Il diametro dellamurrina è 7 mm: un quarto diquesta immagine.[144-145] Boccetta a murrine m<strong>il</strong>lefoglie di GiovanniBattista Franchini e, in basso, press papier di PietroBigaglia.te. Con pezzetti di queste canne Pietro Bigagliafece nel 1844-45 i primi fermacarte, subito imitatidalle cristallerie francesi. Lo straordinario èche Giovanni BattistaFranchini era un perlaioe lavorava quindi nonin una fornace muranese,ma con gli strumentipropri della suaarte: una fiamma alimentatadal grasso animaledi una lampada e rafforzata da un getto d’aria, usando piccolequantità di vetro rifuso. Il figlio Giacomo, facendo tesoro dell’esperienzadel padre, si dedicò a una impresa incredib<strong>il</strong>e: prepararedelle canne contenenti non solo disegni di vario genere, ma addiritturadei ritratti. Cominciò nel 1845 con <strong>il</strong> volto di una fanciulladi nome Angelina (la sua fidanzata?) e con una veduta del pontedi Rialto tanto suggestiva quanto esatta nei minimi particolari.Continuò poi, nel 1848, con <strong>il</strong> ritratto di Pio IX, e successivamente,nel 1860, con quello del primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II;seguì quindi una piccola galleria di ritratti dei personaggi <strong>il</strong>lustridel tempo, che comprendeva quelli di Cavour, Garibaldi, NapoleoneIII e dell’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria.Ciò che stupisce, e che si direbbe impossib<strong>il</strong>ese non fosse invece reale, è la dimensionedei lavori di Franchini: <strong>il</strong>ponte di Rialto è un ovale di 7 m<strong>il</strong>limetridi diametro; del ritratto diVittorio Emanuele sono conservati alcuniesemplari che arrivano a 3-4 m<strong>il</strong>limetri.Il “segreto” di queste miniatureè semplice da svelare: sta nella particolaritàdelle canne di vetro che,quando sono ben riscaldate in manierauniforme, possono essere stirate senza che <strong>il</strong> disegno in essecontenuto si deformi pur diventando sempre più piccolo.Giacomo Franchini raggiunse con <strong>il</strong> suo lavoro livelli di perfezionecui nessun altro arrivò. Egli non fu comunque l’unico in questoparticolarissimo settore dell’arte vetraria. Vincenzo Moretti,tecnico vetrario della vetreria Salviati (e in seguito della CompagniaVenezia-Murano), verso <strong>il</strong> 1870 si dedicò con passione allostudio dei frammenti degli antichi vetri romani che in quei tempivenivano riscoperti negli scavi archeologici finché, nel 1878, riuscìa imitarli alla perfezione, lavorando in fornace con <strong>il</strong> vetro direttamenteprelevato dal crogiolo. Essi furonopresentati all’Esposizione Internazionaledi Parigi di quell’anno e ottenneroun grandissimo successo. Fu inquell’occasione che l’abate Vi n c e n z oZanetti, fondatore del Museo Vetrariodi Murano e animatore della rinascitavetraria ottocentesca, usò la parola“murrini” per indicare quegli oggetti,[147] Vaso murrino diVincenzo Moretti, 1881 ca.richiamandosi ai vasa murrina di cui parla Plinio <strong>il</strong> Vecchio nellasua Historia Naturalis. Da allora, a Murano, ma poi in tutto <strong>il</strong> mondo,come “murrini” sono chiamati quei vetri che tecnicamente vengonodetti “vetro-mosaico”, così anche “murrine” sono dette le fettinetagliate da una canna contenente un qualsiasi disegno.Chi volle ritentare l’impresa di Giacomo Franchini fu LuigiMoretti, figlio di Vincenzo, che fra <strong>il</strong> 1888 e <strong>il</strong> 1894, dette vita auna nuova serie di ritratti che comprendonoquelli di Umberto I, Cristoforo Colombo,del Kaiser Guglielmo I e un volto di Madonna.I suoi lavori, pur pregevolissimi,sono meno accurati di quelli di Franchiniper <strong>il</strong> diverso metodo di lavoro seguito.Egli, infatti, componeva a freddo <strong>il</strong> disegnoaccostando sott<strong>il</strong>i cannelle colorateche, legate con un f<strong>il</strong>o di rame, venivanopoi lentamente riscaldate fino al di Colombo.[148] Luigi Moretti, ritrattopunto di rammollimento e infine stiratein una lunga canna del diametro desiderato.Anche nella famosa vetreria degli <strong>Arti</strong>sti Barovier si produsserobellissime murrine. Dopo alcuni lavori di Giovanni, eseguiti attornoal 1880, le opere più belle furono realizzate dal di lui nipoteGiuseppe negli anni fra <strong>il</strong> 1910 e 1915. Egli interpretò nel vetro <strong>il</strong>nuovo st<strong>il</strong>e Liberty, eseguendo una notevole varietà di coloratissimifiori, ora isolati e ora riuniti in eleganti mazzetti. Giuseppe Barovierera un maestro vetraio di altissimo livello e fu quindi per luiovvio adottare nella fabbricazione delle murrine la tecnica più confacentealla sua arte; formava la canna stendendo progressivamentestrisce di vetro prelevate direttamente dal crogiolo e modellandolefinché erano ancora calde: un lavoro di grande maestria che immediatamentesi apprezza osservando la complessità e la bellezza dellemurrine realizzate. Il capolavoro di GiuseppeBarovier resta comunque la “murrinadel pavone” che riassume la raffinatezzaartistica e la perizia tecnica di questomaestro vetraio che continua a essere ricordatofra i maggiori. Essa fu presentatanel 1913 all’esposizione dell’Opera Bev<strong>il</strong>acquaLa Masa e valse al suo esecutorel’appellativo di “mago dell’arte vetraria”.Con le murrine liberty di Giuseppe Barovier si conclude un ciclonella storia di questi minuscoli capolavori: negli anni successiviesse cessano di essere oggetti in sé compiuti e vengono semprepiù concepite e ut<strong>il</strong>izzate come elementi decorativi in oggetti divetro soffiato; le ut<strong>il</strong>izzarono gli stessi Giuseppe e Benvenuto Barovierprima e successivamente Ercole, i Fratelli Toso nella loro infinitaproduzione di vetri m<strong>il</strong>lefiori e tanti altri ancora fino ai giorninostri. Bisognerà poi aspettare <strong>il</strong> 1989 per ritrovare a Murano unvetraio desideroso di cimentarsi in questa affascinante arte: saràMario Dei Rossi che, terminata la sua attivitàin fornace, creerà una nuova, bellissima seriedi murrine con volti, fiori, animali ealtri disegni ancora. L’antica arte rivive.[149-150] La murrina col volto della Giuditta diKlimt realizzata da Mario Dei Rossi e, in alto,la murrina del pavone di Giovanni Barovier.
Fiori di perleTUDY SAMMARTINIdelle perle di conteria si espande in tutto <strong>il</strong> mondo grazieall’intenso commercio dei veneziani e raggiunge unaL’usotale popolarità che, malgrado la Repubblica cerchi di proteggerela sua produzione, già nel1526 <strong>il</strong> muranese Plinio del Sole ottiene<strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio di produrre perle aParigi, Vincenzo Bussone d’Altare e<strong>il</strong> mantovano Tommaso Bartoli installanoforni a Rouen nel 1594 e nel1605 l’Università di Medicina diMontpellier entra in possesso delpreziosissimo ricettario Segreti di ve -tri e di smalti comp<strong>il</strong>ato nel 1536certamente a Murano.Mentre l’uso d’intercalare perlepreziose e di vetro è antichissimo, findal Trecento si eseguono ricami inr<strong>il</strong>ievo con perle, conchiglie e baccheusando f<strong>il</strong>i d’oro e d’arg e n t o .A n c h ein Ingh<strong>il</strong>terra, verso la seconda metà del Seicento, troviamo ricamicon perline a r<strong>il</strong>ievo, di gran moda nel periodo degli Stuart; si trattadel cosiddetto stump work, un ricamo tridimensionale a tecnicamista dove la scena centrale è ricamata a punto ad asola, mentre leperline di vetro montate su f<strong>il</strong>o metallico formano fiori colorati lavoratia r<strong>il</strong>ievo che danno una profondità prospettica alla scena.L’esasperata ricerca di realismo, l’amore del dettaglio, la rappresentazionedi animali e in particolare di insetti e fiori, sono collegatida un lato a simbolismi di sapore esoterico e dall’altro allescoperte scientifiche e ai viaggi verso nuovi mondi del Cinque eSeicento. Le composizioni sono ricavate da stampe di soggetto biblico,da libri di disegni per ricamo stampati a Venezia e in Germania,da erbari e da bestiari. Questa tecnica raggiunge <strong>il</strong> suo massimosplendore dal 1650 al 1680 e non stupisce dunque di trovareesempi di stump work conservati al Victoriaand Albert Museum di Londra. Questo effettodel ricamo a r<strong>il</strong>ievo è particolarmenteevidente in un coperchio di cestino, datab<strong>il</strong>everso la seconda metà del Seicento:la scena è incorniciata da ciuffi di fiori coloratiin r<strong>il</strong>ievo montati su f<strong>il</strong>o di rame. Le[152-153] Cestino inglese dimetà Seicento decorato astump work e, a destra,dettaglio dei fiori di perle.[151] Margaritero da GiovanniGrevembroch, Gli abiti deiveneziani, Venezia, MuseoCorrer.foglie e i fiori formati da perline minuscolesono tessuti a telaio come pure le perleche ricoprono le bacche a rappresentarefrutta esotica. Il perfettostato di conservazionedell’oggetto fa pensareche fosse conservato sotto vetro, come unacosa già molto preziosa al tempo dell’esecuzionee da trattare quindi con la massima cura.Nell’Ottocento, grazie alle scoperte archeologiche, <strong>il</strong> <strong>gusto</strong> perl’antico si rinnova e trova modo di esprimersi anche con le conterie.Durante tutto <strong>il</strong> secolo, la produzione di fiori di perle soddisfauna nuova moda, i fiori non sono più la parte ornamentale di un ricamoma sono eseguiti a parte comeoggetti a sé stanti. La loro lavorazionediventa un’industria vera e propria,un settore delle conterie. Il Pasquatoricorda che “le sorelle Dorigofanno per incarico di una casa pariginacorone mortuarie che costituisconouna novità del genere e hannoanche un’importanza sociale: le sorelleper prime avevano dato l’impulsoa un ramo vetrario industrialeche portò e porta grande vantaggio a tante povere operaie”.Accanto a lavori destinati alla commercializzazione vi sono oggetticreati in perline a scopo devozionale. Ne è un esempio <strong>il</strong> quadrettocon l’immagine di GesùBambino, la cui cornice è in perlinericamate, mentre i fiori, lavorati separatamente,sono applicati. In unacasa di Pellestrina è conservata sottouna campana di vetro una Madonnacol Bambino in legno, vestita distoffa preziosa ricamata, entro unosfondo a nicchia vegetale, formata da[155] Baldacchino processionaledella chiesa dei Santi Giovanni ePaolo realizzato con conterie.[154] Cuscino decorato conapplicazione di fiori di conterie.ramoscelli in perline di vetro policrome.Altro esempio di tecnica mistache ricorda lo stump work è un exvoto del 1904 dedicato alla Madonnadell’Apparizione, patrona di Pellestrina,da parte di un marinaio dell’isola; si tratta di un piccolo altarein r<strong>il</strong>ievo, decorato a mosaico di perle colorate su cui l’immaginedipinta della Madonna emerge da una nuvola di fiori rossi.Fino agli anni trenta la produzione di fiori continua a essere fiorente,malgrado <strong>il</strong> calo delle esportazioni di conterie ma, dopo la SecondaGuerra Mondiale, la tradizione di confezionare fiori di perledecade a causa del cambiamento nel <strong>gusto</strong> e per <strong>il</strong> diffondersi dell’industrializzazioneche porta anche le donne a preferire <strong>il</strong> lavoro infabbrica. Solo poche anziane nelle isole, soprattutto a Burano, fannosopravvivere l’antica arte tramandata da madre in figlia. Neglianni sessanta Maria Porro Paleologo ebbe modo di conoscerne alcunee di farsi insegnare quest’antica arte. Con la figlia Gabriella iniziaallora un’attività commerciale per la produzione di fiori e alberidi Natale, esportati anche negli Stati Uniti. Di quest’iniziativa fupartecipe anche Nella Lopez y Royo Sammartini che, col tempo, èriuscita a far rivivere <strong>il</strong> mondo dei fiori di perle con una tecnica tuttapersonale. I colori e le forme dei suoi fiori s’ispirano a quelli delsuo giardino ma anche alle nature morte dei pittori fiamminghi.Tra le sue dutt<strong>il</strong>i mani le perle si trasformano in sculture di luce daim<strong>il</strong>le colori. Ogni petalo e ogni foglia prende r<strong>il</strong>ievo e volume diventando,grazie alla sua fantasia,rose d’oro e d’argento, ramidi bacche rosse, fiori di ghiaccio,campanule e giacinti in un tripudiodi colori.[156] Mazzo di iris, convolvoli, rose egiunchiglie realizzato da Nella Lopez yRoyo Sammartini nel 1984.
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