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Arti e mestieri: il gusto dell'artigianato - The Venice International ...

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[124] La Scuola dei battioro a SanStae.e argento erano i tira e battioro e ibattioro alemanni. I primi si unironoin un’unica Arte nel 1596, riservandoladapprima ai soli veneziani esudditi, in seguito aprendola anchead artigiani “d’estero Stato” d a l1720, con un periodo di garzonatodi cinque anni, uno di lavoranzia d idue anni e obbligo della prova praticaper ottenere la qualifica di capomaestro.I tiraoro lavoravano <strong>il</strong>metallo, forgiato in forma c<strong>il</strong>indrica,tirandolo, attraverso apposite f<strong>il</strong>iere,sino a renderlo della sottigliezzadi un capello; i battioro i n v e-ce lo riducevano in forma di flessib<strong>il</strong>e lamella, di larghezza variab<strong>il</strong>e,ut<strong>il</strong>izzando “due ruote di azzale poste una contro l’altra”, p a s-sando attraverso le quali l’oro restava “schizatto e batudo”.I due colonelli erano tra loro nettamente distinti: nel 1753 i Provveditoriin Zecca stab<strong>il</strong>irono definitivamente “che ad alcuno non si<strong>il</strong>ecito <strong>il</strong> far <strong>il</strong> tira oro e batti oronello stesso tempo et in una stessacasa, ma bensì chi tira l’oro el ’ a rgento non possi batterlo e ch<strong>il</strong>o batte non possi tirarlo”. La lavorazionedel metallo a foglia era[125] Francesco Griselini, Arte delBatti l’Oro, Venezia 1768.invece prerogativa dei b a t t i o r oa l e m a n n i, provenienti anche dall’estero,riunitisi in corporazioneattorno al 1582-83. L’ a r t i g i a n o ,dopo aver separato le vergelle d’oro con fogli di carta pergamena o“pelle divina”, ricavata dall’intestino cieco di buoi e montoni, avvolto<strong>il</strong> tutto con una doppia guaina di pergamena cucita e più spessa– a Venezia chiamati f r a t e l l i – , sottoponeva <strong>il</strong> pacchetto ottenutoa una serie di battiture con martellidi peso decrescente, sino a ottenerefoglietti di infinitesimale spessore,raccolti poi separatamente tra duecopertine lignee, come un libricino. Imetalli preziosi così lavorati eranodestinati ad avere ut<strong>il</strong>izzazioni diverseda parte di altre corporazioni dimestiere: così i tira e battioro r i f o r n i-vano gli artigiani tess<strong>il</strong>i (i testori) che, intrecciando alla seta i f<strong>il</strong>i o lelamelle, creavano tessuti particolari edi gran pregio, vanto dell’industriaserica veneziana e largamente esportatiin Europa e in Oriente, mentre ibattioro alemanni provvedevano “a tutele dorature et arg e n t a t u r e ”e s e g u i-te dagli indoradori e dai cuoridoro c h eerano specializzazioni interne dell’Artedei d e p e n t o r i.[126-127] Portella del Bucintoro decorata confoglia d’oro e, in alto, particolare del ganzo,tessuto tipicamente veneziano con tramesupplementari in oro e argento.Umberto Bellotto.Un artista tra ferro e vetro*MARINO BAROVIER eCARLA SONEGO[128-129] La Pescheria di Rialto e, inbasso, la cancellata di v<strong>il</strong>la Adele alLido di Venezia.Affermatosi per i suoi caratteristici lavori in ferro battuto,Umberto Bellotto (1882-1940) ottenne un certo consensoanche nel mondo dell’arte vetraria dove si distinse per interpretazionimolto personali. Figlio di un fabbro ferraio, fin dal1902 subentrò al padre nella conduzione della bottega artigiana,specializzandosi nel lavoro fabbr<strong>il</strong>e.A partire da questi anni,avviò numerose collaborazionicon architetti attivi nel capoluogolagunare e riconducib<strong>il</strong>i auna cultura eclettica come AmbrogioNarduzzi, Giulio Alessandrie Domenico Rupolo. Varicordato anche <strong>il</strong> pittore CesareLaurenti al quale, tra l’altro, sideve, con Rupolo, la progettazionedella Pescheria di Rialto a Venezia (1906-07), opera nellaquale fu impegnato lo stesso Bellotto.Cancellate, ringhiere e fanali in ferro battuto vennero ampiamenteimpiegati in laguna a corredo di architetture di stampo storicistico– come la Pescheria – o in alcuni casi ispirati al Liberty,come molti dei v<strong>il</strong>lini, che furonocostruiti al Lido di Venezia. Forse, apartire da queste commissioni, gliinteressi di Bellotto si allargaronoallo studio degli interni e ai complementid’arredo in ferro come lampadarie bac<strong>il</strong>i, che lo portarono a sperimentarel’impiego di questo materialeinsieme ad altri, come <strong>il</strong> vetro,la ceramica e <strong>il</strong> cuoio. In particolare, all’inizio del primo decenniodel secolo egli conseguì, proprio con Cesare Laurenti, <strong>il</strong> brevettoper “Connubi di ferro e vetro”.Presente già dal 1903 alla Biennale di Venezia con opere sporadiche,tra cui nel 1909 si segnalano dei tripodi portavasi in ferro,nel 1914 Bellotto riscosse un notevole successo alla manifestazioneveneziana con un’ampia personale a lui dedicata. La “Mostra” – sottolineavaallora Antonio Fradeletto – “si distingue per alcuni tratticaratteristici; l’armonia e la corrispondenza organica dell’ambientecon gli oggetti che vi sono radunati;la trattazione genuina e signor<strong>il</strong>ea un tempo del rude metallo;le vaghe alleanze di questo conaltri e diversi materiali, specie con laceramica e col vetro. Connubio attraentedi forza e di frag<strong>il</strong>ità”.Nelle foto d’epoca che <strong>il</strong>lustrano l’evento,insieme a “vasche, tripodi,supporti, alari, inferriate, piatti, co-[130] Mostra individuale di UmbertoBellotto alla Biennale del 1914.

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