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Arti e mestieri: il gusto dell'artigianato - The Venice International ...

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[80] Decorazione di uno stipo inlegni policromi e avorio.Erano invece 25, sempre verso lametà del Settecento, le botteghe dimarangoni da remessi, che si occupavanoin particolare di impiallacciature– ma anche di intarsi, spesso inavorio o in altri materiali – con ben38 botteghe attive in città. La “provad’arte”, superata la quale <strong>il</strong> garzoneo <strong>il</strong> lavorante poteva conseguire laqualifica di maestro, consisteva nell’esecuzionedi un altarino d’ordine dorico, intarsiato in avorio, oppuredi uno stipo che “con una parola usurpata dal francese pressodi noi si chiama borò”.Per l’ormai da tempo autonoma corporazione degli intagliator<strong>il</strong>a “prova d’arte” per chi aspirava allo status di maestro prevedeva larealizzazione, partendo da un blocco di cirmolo, di motivi in cuidoveva – come prevedeva la mariegola – “entrar <strong>il</strong> grottesco, l’arabescoe la figura”, di cui si precisavano le caratteristiche: “grottescosi chiama quel lavoro ove vi entrano animali, bisse e sassi”, mentrel’arabesco prevede “un avviato di fiori e frutti” e la figura una testaa tutto tondo. Eppure, soprattutto nel corso del Seicento, verrà segnalatain più riprese l’inosservanza di questo necessario test d’ammissionee la conseguente diffusa presenza di giovani “che non sannofar lavoriero alcuno pertinente all’arte nostra”, <strong>il</strong> che “apportaancor gran vergogna all’arte tutta et alla città insieme”.Negli anni settanta del Settecento erano iscritti all’Arte 106 capimastri,203 lavoranti e 42 garzoni, i quali ultimi erano tenuti aeffettuare cinque anni di garzonato, mentre le botteghe attive incittà erano 30. I maestri della corporazione lamentavano la concorrenzasleale di altre categorie, che interferivano nella loro specializzazionee, in particolare, l’arrivo in laguna di molti todeschi, i quali“portano figure, picciole statue, grandi Cristi, tabernacoli d’intaglioe Santi, case di orloglio [orologi] e qualunque altra ordinazioneche gli viene ordinati numero quasi infinito, con pregiudiziosommo del povero nostro arte [sic] e suoi individui”.I dati relativi alla complementare categoria dei d o r a d o r i, c h eimpreziosivano con foglia d’oro o d’argento i manufatti lignei,confermano la diffusione del mestierenella Venezia tardo barocca, con33 botteghe attive in città per untotale di 64 maestri, 70 lavoranti e10 garzoni. Anche per loro la qualificadi maestro richiedeva <strong>il</strong> superamentodella “prova d’arte”, consistente“nello apparecchiare ingessatedue strisce di legno, una piana, concaval’altra, intagliate, con ornamenti,nel raschiare <strong>il</strong> gesso, indorarlee pulirle”.[81] Putto dorato.Intimanente correlati ai doradori erano gli artigiani che predisponevanola foglia preziosa, i quali ebbero quale sede l’eleganteedificio barocco addossato alla chiesa di San Stae, eretto ex novo all’iniziodel Settecento come si r<strong>il</strong>eva dall’iscrizione ancora in loco:Scola dell’Arte de’ tiraoro e battioro – 1711.La prolungata e spaventosa crisi economico-sociale subita daVenezia dopo l’abdicazione della Serenissima nel 1797, particolarmenteintensa nei successivi due decenni, provocò una decisa con-[82-83] Sculture del Bucintoroconservate nella sede venezianadella Banca d’Italia e, a sinistra,modello del Bucintoro.trazione un po’ in tutte le categorie artigiane, in primis fra quelle legatealla decorazione e al lusso; dalle centinaia di addetti del secoloprecedente intagliatori e doratori si riducono a poche decine nelcorso dell’Ottocento, non più tutelati dalla normativa corporativasoppressa da Napoleone nel 1807. Almeno fino alla metà del secolo,se non oltre, sopravvivono peraltro piccole botteghe individualio fam<strong>il</strong>iari ancora improntate alla tradizione corporativa del tardoSettecento, restie all’introduzione di ditte improntate a una razionaleorganizzazione del lavoro e all’introduzione di nuovi macchinari,come già avveniva in altre località italiane.Facendo un passo indietro nel tempo, all’epoca tardo-barocca, èopportuno accennare alla non secondaria presenza di intagliatori edoratori anche per le decorazioni di navi e imbarcazioni “da parata”o di rappresentanza. Se le leggi suntuarie e <strong>il</strong> divieto di “ostentazionedel lusso” – allora vigenti benché non sempre efficaci e dinon fac<strong>il</strong>e applicazione – avevano certamente ridotto le commesseprivate nell’allestimento delle centinaiadi gondole de casada, la ricostruzionedel Bucintoro dogale –l’ultimo della serie, varato nel 1728– aveva impegnato a lungo gran partedelle maestranze di ambedue lecategorie. Per offrire un solo possib<strong>il</strong>etermine di paragone è stato recentementecalcolato, grazie ad AlbertoSecco, che la foglia d’oro impiegataequivaleva a quella necessariaper la doratura degli intagli cheornavano i castelli di poppa e le poleneprodiere di oltre duecento vascellidi linea. Negli anni immediatamentesuccessivi, come documentatoda Virg<strong>il</strong>io Giormani, furono inoltre varati tre nuovi peatoni dogali riccamente decorati per lecerimonie di Stato, varati <strong>il</strong> 14apr<strong>il</strong>e 1734. Di questi repertinavali, in gran parte distruttigià in epoca napoleonica, rimangonooggi pochi frammenti e unraffinato modello coevo in scala,di proprietà privata.Sussiste ancora perfettamente integra, invece – unica nel suo genere,non solo in Italia – la peota Bucintoro realizzata a Venezia perconto dei Savoia nel 1730, a lungo ut<strong>il</strong>izzata sul Po dai sovrani quale“reggia galleggiante” e vera e propria “nave di Stato”. Un apparatodecorativo di soggetto navale, questo, di eccezionale r<strong>il</strong>evanza– anche perché realizzato negli stessi anni e dai medesimi intagliatorie doratori intervenuti sull’ultimo Bucintoro veneziano – per <strong>il</strong>quale sono da tempo in corso in Piemonte importanti interventi direstauro e progetti di valorizzazione,che ci si augura possanocoinvolgere in prospettiva anchele residue eccellenze artigianeche animano ancora Ve n e z i a .[84] Elemento decorativo della peotaBucintoro dei Savoia.

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