I pavimenti veneziani.I tappeti della SerenissimaTUDY SAMMARTINIFin da ragazzina la casa veneziana mi appare come una barcarovesciata dove <strong>il</strong> tetto trattiene o collega la struttura dell’edificioin un unico gioco di delicati equ<strong>il</strong>ibri. Mi è impossib<strong>il</strong>ecapire perché a Venezia non sia proibito usare quella materiasgradevole e purtroppo indistruttib<strong>il</strong>e, come la definisce G<strong>il</strong>lo Dorfles,denominata “cemento armato”. Inserire una struttura rigida inun equ<strong>il</strong>ibrio così armonico e affascinante provoca solo disastri, aggiungendoinoltre carichi eccessivi in posizioni sbagliate. Benedettii tiranti in ferro di antica memoria!Completano e sono parte integrante di questo sapiente gioco,tramandati da secoli, i sinuosi terrazzi in calce, stucco e marmisbriciolati che, elastici, si adattano all’ondeggiare delle travi e, riflettendola luce, creano un’atmosfera fluttuante.Il primo a parlare dei terrazzi è Francesco Sansovino, figlio diJacopo, nel 1581, elogiandone lemaestranze: “S’usano per le camereet per le sale comunemente, i suoli opavimenti, non di mattoni, ma diuna certa materia che si chiama terrazzo;la qual dura per lungo tempo,et è vaghissima all’occhio et polita...Et i maestri proprij et particolari diquest’arte, son per ordinario Forlani...”.Quella dei terrazzieri era considerataun’arte, perciò veniva gelosamentetramandata di padre in figlio,al punto che i discendenti ancoraoggi ne custodiscono i segreti.Il terrazzo – o pavimento alla veneziana– è <strong>il</strong> classico pavimento perinterni così descritto nella traduzionedi Vitruvio, pubblicata a Venezia[66] Terrazziere da GiovanniGrevembroch, Gli abiti deiveneziani. Venezia, MuseoCorrer.[67] Pavimento della sede dell’exBanca Commerciale.alla metà del Cinquecento, da Daniele Barbaro: “Sopra la travaturache sostiene <strong>il</strong> solaio si posano assi trasversali di una stessa qualitàdi legname per ottenere una rigidità costante nel tempo e di giustospessore, attenti che non cedano in mezz’aria facendo crepare <strong>il</strong>pavimento. Su questo piano si adagiano paglia e fieno affinché lacalce non guasti <strong>il</strong> legno. Il sottofondo è formato da una parte dicalce e due di mattoni o tegole pestati di fresco. Questo impastodeve essere spesso quanto una mano e battuto. Su questo letto vienesteso un secondo strato più sott<strong>il</strong>e, detto stab<strong>il</strong>itura, formato dategole finemente tritate e calcina in rapporto due a uno su cui sisparge la semina (le scagliette di marmo). Ma per le politure e spianamentisi piglia un pezzo di piombo, o di s<strong>il</strong>ice, di molto peso,spianato, e quello con funi tirato su e giù, di qua e di là, sopra <strong>il</strong>pavimento e spargendovi sempre della arena aspera e dell’acqua sispiana <strong>il</strong> tutto... e se <strong>il</strong> pavimento è con oglio di lino fregato rendeun lustro come fosse di vetro”.Poi nel Settecento i terrazzi si arricchiscono di decorazioni, speculariagli stucchi che ricoprono pareti e soffitti incorniciando gliaffreschi che d<strong>il</strong>atano lo spazio, probab<strong>il</strong>mente su disegno deglistessi artisti. Quest’abitudine prosegue nell’Ottocento. Persi i contenuti,la forma viene esaltata daun’accurata precisione tecnica comenegli impeccab<strong>il</strong>i pavimenti dellasede dell’ex Banca Commerciale Italiana,in calle Larga XXII Marzo, dovela precisione del disegno è ottenutausando le s a g o m e, cioè con l’uso ditirare degli spaghi da un punto all’altroe di adoperare forme in legnoo di metallo per ottenere un disegnopreciso e perfettamente simmetrico.In quest’ottica s’inserisce <strong>il</strong> magicotappeto creato alla Ca’ d’Oro dal barone Franchetti con le sue stessemani, come ci riferisce D’Annunzio, usando marmi antichi e ispirandosialla Chiesa di San Marco e di San Donato a Murano.[68-69] A sinistra le geometrie marciane ispiratrici dei disegni del pavimento dellaCa’ d’Oro, a destra, realizzato dal barone Franchetti in persona.Avvicinandoci ai giorni nostri, la separazione fra passato e presentediventa sempre più netta. Comunquei grandi maestri, deposto <strong>il</strong>linguaggio antico, ne sanno creareuno nuovo, anche usando gli strumentidi sempre. Su tutti emergeCarlo Scarpa, come possiamo ammirarein Piazza San Marco nel negozioex Olivetti e alla Fondazione ScientificaQuerini Stampalia.Riflessi di acqua, riflessi di luce,ecco le m<strong>il</strong>le pietruzze colorate dei[70] Il pavimento di Carlo Scarpadel negozio ex Olivetti.pavimenti veneziani. Nelle prime chiese troviamo i preziosi cromatismiorientali, frammenti luminosi che simboleggiano biblicamentela c a r i t a s divina della Gerusalemme Celeste. I maestri mosaicistidecorano questi luoghi sacri con tappeti musivi, trasformando porfidi,terrecotte e pietre dure in preziose coloratissime tessere, a creareelaborate figure geometriche, elementi vegetali e mitiche figure.Si fondono così reminiscenze del mondo romano, pagano, cristiano,bizantino e arabo. Riconoscib<strong>il</strong>e su tutte è l’influenza orientale, seguitaalla diaspora dei monaci e dei mosaicisti per le persecuzioniiconoclaste proclamate nel 726 dall’imperatore Leone III. Possiamoinfatti considerare <strong>il</strong> Mediterraneo come un grande lago in cui l’acquafunge più da ponte che da elemento separatore, dove Ve n e z i aappare come l’estremo lembo occidentale in cui è palpab<strong>il</strong>e la sovrapposizionee <strong>il</strong> legame tra le due sponde dell’Adriatico.Poche città hanno <strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio come Venezia di conservare uncorpus così ricco di pavimenti medioevali ancora in loco, sempre usati,giunti fino a noi nel rispetto dell’impianto originale, anche secontinuamente rinnovati secondo le tecniche e i gusti delle varieepoche. Solo la ricchezza delle opere d’arte della città ha fatto passarein secondo piano questi gioielli dimenticati. Alcuni risalgono
alle origini stesse di Venezia come <strong>il</strong> pavimento di Sant’Ilario equello inferiore di Torcello, che ricordano gli schemi dei pavimentidel mondo tardo romano di Antiochia, del Libano, di Grado e diRavenna a partire dal V secolo.A San Donato di Murano troviamo impresso nella navata centrale“Settembre 1141”, che ci permette di datare anche i pavimentidi San Marco e di SantaMaria Assunta a Torcello, <strong>il</strong> quale,per disegno e fattura, può essereconsiderato l’ultimo di questoperiodo, realizzato nella secondametà del XII secolo. Difattiriprende gli elementi a cerchiconcentrici inseriti in grandiquadrati di San Donato e SanMarco, a loro volta ispirati al pavimentodella Bas<strong>il</strong>ica di Santa [71] IN NOMINE DOMINI NOSTRI JESUSofia di Costantinopoli. Il pavimentodi San Donato poi è cosìè la scrittaCHRISTI ANNO DOMINI MCXLI MENSESEPTEMBRI INDICTIONE Vpavimentale a San Donato a Murano.splendido che Ruskin vi legge lepremesse del colorismo venezianoche sboccerà nelle pennellate di Tiziano.Solo nella seconda metà dell’Ottocento iniziano i primi studiscientifici dei pavimenti medioevali veneziani: nel 1873 Viollet-le-Duc ammira i restauri del pavimento della Chiesa di San Marco etra <strong>il</strong> 1888 e <strong>il</strong> 1892 Ongania pubblica La Bas<strong>il</strong>ica di San Marco inVenezia <strong>il</strong>lustrata nella storia e nell’arte da scrittori veneziani ad operadi Arrigo Boito. Anche se conosciamo poco o nulla delle maestranzesi può presumere che, lavorando in équipe, si spostassero da uncantiere all’altro. Di conseguenza osserviamo in alcuni pavimentiun disegno unitario e in altri discrepanze dovute all’esecuzione intempi successivi e a restauri poco ortodossi.Questi scint<strong>il</strong>lanti tappeti sono eseguiti con due tecniche abbinate.In opus sect<strong>il</strong>e (locuzione latinada sectus, participio passato di seco,taglio) è <strong>il</strong> pavimento o <strong>il</strong> rivestimentoparietale a lastre marmoreeanche di diversi colori, tagliate informe geometriche, quasi sempre arettangoli o anche per comporre figurein forme non geometriche; tal<strong>il</strong>astre erano chiamate dai romanicrustae. In opus tessellatum (locuzionelatina da tessella, tassello) è invece <strong>il</strong>pavimento a mosaico eseguito contasselli cubici di marmi coloraticomposti da preziose tessere a disegnigeometrici e figure allegorichedai significati arcani, misto di simbolipagani e cristiani a ricordare lenostre radici romane e bizantine.[72-73] Esempio di opus sect<strong>il</strong>e e,in basso, di opus tessellatum.Questi pavimenti, ispirati anche a disegni di tessuti, a guardarlicon attenzione, appaiono un concentrato di influenze orientali,occidentali e storiche e testimoniano l’evolversi del <strong>gusto</strong> in questacittà sospesa tra acqua e cielo. Un caso emblematico è la Bas<strong>il</strong>ica diSan Marco dove <strong>il</strong> monaco architetto, nel tracciare lo schema dellapavimentazione, credeva di apprestarsi a mettere in contatto cieloe terra ut<strong>il</strong>izzando forme, non solo bagaglio di un repertorio dellatradizione, ma evocando e rendendo parlanti figure proprie dellamistica cristiana. Nella pianta le quattro braccia della croce grecas’intersecano nel quadrato su cui gravita la cupola dell’Ascensione.È <strong>il</strong> fulcro dell’edificio dove la corrispondenza tra sommità e baserappresenta l’incontro tra cielo e terra. Per la mistica, <strong>il</strong> cerchio è losv<strong>il</strong>uppo del centro, <strong>il</strong> suo aspetto dinamico; <strong>il</strong> quadrato <strong>il</strong> suoaspetto statico. Il cerchio simboleggia <strong>il</strong> cielo, <strong>il</strong> quadrato la terra,dunque <strong>il</strong> paradiso terrestre. L’aspetto più sorprendente è l’armoniacon cui sono state pensate tutte le parti dell’edificio, la perfetta corrispondenzatra i mosaici delle volte e le geometrie pavimentali. Ilpavimento riproduce in simboli quello che <strong>il</strong> soffitto racconta configure e si dispone come una vera e propria cosmogonia rovesciatain cui <strong>il</strong> cielo si rispecchia. Proprio per questo <strong>il</strong> pavimento di SanMarco diventa simbolo della città – e come lei in continua evoluzione– ed è punto di riferimento per tutti gli altri.Nei documenti si parla poco dei pavimenti veneziani. Un casoeccezionale è costituito da Francesco Sansovino che, nel 1580, descriveSanta Maria dei Miracoli in questi termini: <strong>il</strong> suo rivestimentopolicromo appare ricchissimo “di finissimi marmi e di dentro<strong>il</strong> sim<strong>il</strong>e, per terra, per tutto”. Non appena la Rinascenza si famatura, le ricerche sui rapporti architettonici fanno sì che, quandolavorano artisti particolarmente sensib<strong>il</strong>i, gli edifici vengano costruiticon una precisa corrispondenza fra le parti. Per i pavimentiesterni alla funzione pratica di identificare uno spazio e di delimitarecon <strong>il</strong> disegno le differenti proprietà o la sacralità del sagrato,si aggiunge quella di proiettare a terra la facciata dell’edificio. Talesistema è ben leggib<strong>il</strong>e ancora oggi nella chiesa del Redentore diAndrea Palladio, dove i tre elementi costituiti dal pavimento esterno,dalla facciata edal pavimento internocombaciano, manon solo: <strong>il</strong> gioco coloristicodel presbiteriodisegna inpianta la strutturadelle absidi e della[74] La suggestiva proiezione a pavimento dellacupola e delle absidi della chiesa del Redentore.cupola e, anche attraverso<strong>il</strong> dislivellodi tre gradini, separaquesto luogo priv<strong>il</strong>egiatodalla navata ricoperta dagli usuali scacchi bianchi e rossi.Le pavimentazioni, proiezioni delle strutture architettoniche disegnatedagli stessi architetti, come alla Salute, di cui si conservanogli schizzi preparatori di mano del Longhena, sono <strong>il</strong> caleidoscopiodei marmi delle chiese rinascimentali e barocche in commesso (dal latinoc o m m i s s u s, participio passato di c o m m i t t e r e, congiungere) dove <strong>il</strong>piano è formato tutto di pietre che combaciano, diverse di colore,di forma e di dimensione. È Vasari che dà <strong>il</strong> nome di c o m m e s s o al pavimentomarmoreo a figure, come quello del Duomo di Siena.Guardando con attenzione questi pavimenti – che per me sonodei giardini di pietra – vi si possono leggere sia la storia dell’artesia dell’architettura dalle origini a oggi. Sono preziosi e hanno bisognodi continua manutenzione. Mi piange <strong>il</strong> cuore quando vedoi gioielli di San Marco calpestati da orde di barbari che dovrebberoprima di entrare indossare le pantofole, come fanno quando entranoin casa propria!
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