[54-55] Andrienne, 1775 ca,Venezia, Palazzo Mocenigo. Inbasso, gondola del conte diColloredo.portanti, posti entro cornici plasticamente modellate e dorate.Per accrescere l’impatto sontuoso degli interni, si producono inmisura sempre maggiore mob<strong>il</strong>i di ogni tipo e dimensione, comemoretti, mensole, tavolinetti da muro, angoliere, credenzine, atti acontenere e a esporre una nuova e superflua oggettisticad’arredo dai fini puramente decorativi. Anche lamoda, sempre più ricca e fastosa, contribuisce adare forma agli elementi d’arredo: le vesti – resecostosissime all’inizio dall’impiego di grandi quantitàdi stoffe tinte con sostanze rare e, più tardi, dalletessiture dei complicati vellutialto-bassi, soprarizzi ebroccati –, impreziosite di ricamiin metallo nob<strong>il</strong>e, lustrini,canutiglie, borchie doratee merletti e poggianti susottostrutture che deformano lelinee anatomiche, richiedonosedie, divani e poltrone di determinateforme e dimensioni. I “panieri” e i [52-53] Mob<strong>il</strong>e diguardinfanti settecenteschi, rendendo rigonfi Ca’ Rezzonico e, ae voluminosi i fianchi, provocano infatti l’eliminazionedei braccioli. Anche <strong>il</strong> bisogno di rappresentazione delsinistra, un moretto.proprio potere personale è, soprattuttoin epoca barocca, determinantenella realizzazione di oggetti ricercatie lussuosi. Tra gli esempi piùvistosi sono da ricordare le imbarcazionidi rappresentanza, come <strong>il</strong> Bucintoroo le gondole “di casata”, sucui si riusciva a profondere in modospettacolare la ricchezza: non solooro ovunque, su legni e metalli, laccaturee pennacchi, ma anche rivestimentie lunghi strascichi serici.Se la tendenza allo sfarzo, allo “sciupiovistoso”, delle classi agiate venezianeviene tenuta sotto controllodalle leggi suntuarie del Magistratoalle Pompe, non è possib<strong>il</strong>e limitare l’aspirazione al bello e al sontuosoche persisterà in generale nelle produzioni artigianali veneziane,universalmente riconosciute come le migliori. Non è un casoche si parli di pannine “alla veneziana” (che nel Cinquecento surclassanoquelle “alla fiorentina”), di “rosso veneziano” per le tinture,di “punto Venezia” per merletti e ricami, di façon de Venise pervetri, r<strong>il</strong>egature e lacche, di opus veneticum per l’oreficeria, e persinodi petite Venise per i tovagliati.* parzialmente tratto da Doretta Davanzo Poli, Le arti decorative a Venezia,Bergamo, Edizioni Bolis, 1999.I camini di Venezia*GEROLAMO FAZZINI eANDREA PENSONel singolare spazio urbano veneziano e nella sua scenografiamonumentale vi sono elementi che spesso sfuggonoalla sguardo: i camini sono tra questi. Generalmenteappaiono come dei fatti accidentali e anomali nel ritmo architettonicomentre, al contrario, sono strutture funzionali rispetto a preciseesigenze. Svariatissimi nelle forme, caratterizzati nelle tipologie,innumerevoli nella quantità,rappresentano, nella multisecolarevicenda ed<strong>il</strong>izia veneziana,elementi indispensab<strong>il</strong>i esoluzioni originali a concreti bisogniper la salubrità della casaveneziana.Benché Boerio nel suo Diziona[56] Tre diverse tipologie di caminosullo stesso tetto.rio italiano veneziano definisca <strong>il</strong>termine camin come “luogo dellacasa o sia apertura o sia vanoper cui passa <strong>il</strong> fummo” e neelenchi le sue parti – fogher (focolare), napa (cappa), cana (gola), castelo (rocca o torretta) – a Venezia per camin si intende generalmentela struttura muraria al di sopra della linea di gronda.Nei secoli l’espulsione del fumo in tutte le abitazioni è semprestato <strong>il</strong> tormento dei mesi invernali: morire affumicato o dal freddo.In genere <strong>il</strong> problema veniva risolto con un foro nel tetto da cuiusciva però anche una notevole quantità di calore. A Venezia – cittàcostruita su 116 isole circondate da 176 rii – oltre a questo vi eranoanche altri due problemi: lasalsedine e l’umidità, specialmentenei periodi di nebbia. Laparticolare conformazione urbanisticadella città, che presentavaabitazioni vicinissime le unealle altre e di differenti altezze,esigeva quindi l’ideazione di unmanufatto che contemporaneamenteestraesse <strong>il</strong> fumo dall’abitazione,che abbattesse le scint<strong>il</strong>lea volte causa di furiosissimiincendi – le primitive abitazioniveneziane infatti avevano <strong>il</strong> tettoin paglia – e, particolare non secondario,che favorisse la circolazionedell’aria all’interno dell’abitazione.[57] Venezia altomedioevale in unaricostruzione dal codice Diplovataccio,Venezia, Biblioteca Marciana.Il camino veneziano funziona in modo molto elementare: <strong>il</strong> fumoprodotto dalla combustione è raccolto dalla cappa e convogliatonella canna fumaria fino ad arrivare al c a m i n poiché <strong>il</strong> fumo caldo,per legge fisica, tende a portarsi in alto. La parte superiore della cannaè tappata da una tettoietta per impedire alla pioggia di entrarenell’abitazione, <strong>il</strong> fumo è quindi costretto a uscire da fori laterali, ainf<strong>il</strong>arsi fra l’esterno della canna fumaria e uno schermo che ne circondala parte terminale e a uscire superiormente. È proprio la formadi questo schermo che determina le varie tipologie di camino.
[58-59] Camini a campana decorati nelMiracolo al ponte di Rialto diVittore Carpaccio, Venezia, Galleriedell’Accademia. A destra, camino diCa’ Vendramin Calergi a tre cannefumarie.Nel camino a C A M PA N A lo schermoche circonda la parte dellacana da camin si presenta a formatronco-conica con la sua basemaggiore rivolta verso l’altomentre la base minore poggia suuna serie di mensoline variamentesagomate che creano unaserie di varchi con la funzione dieiettori, per accelerare l’espulsionedel fumo e spegnere lescint<strong>il</strong>le. È la forma più classica[60-61] Camino concampana modellatae, destra, a campanaschiacciata.di c a m i n veneziano, molte volte rappresentatanei dipinti di grandi pittori di scuola veneziana,ed è certamente la più funzionale. Per testimoniarequanta cura i veneziani riservassero a questoparticolare le “campane”erano a volte decorate e affrescate,anche da rinomatiartisti quali Giorgione e Tiziano.Variazioni della formaa campana erano realizzate con l’accostamentodi tre canne fumarie con un unico schermo, comea Palazzo Vendramin Calergi, o con campanea volte modellate a coste come alle Zitelle.Alla modificazione dei gusti e a una maggior fac<strong>il</strong>itàcostruttiva si deve la realizzazione di caminia CAMPANA SCHIACCIATA in cui lo schermoe <strong>il</strong> vaso d’espansione che ricoprela parte terminale assumela forma tronco-piramidale; talvolta lasommità dello schermo assume una forma arcuata.Un’ulteriore evoluzione della forma acampana è <strong>il</strong> camino a forma di DADO, ancora dipiù semplice costruzione, in cui <strong>il</strong> vaso d’espansioneassume forma cubica o a parallelepipedocome si vede in una caratteristica visione diquesta tipologia di camini sulle case della Ca’ di Dio a Castello incui se ne contano ben nove.Fac<strong>il</strong>mente identificab<strong>il</strong>i sono i camini a FORCHETTA o a TRI-DENTE, largamente usati nella campagna veneta e importati in cittàda muratori provenienti dall’entroterra.Datare i camini non è fac<strong>il</strong>e; nemmeno l’analisidei materiali può aiutare poiché, contrariamentea quanto avviene oggi, nel passato tutto <strong>il</strong>materiale – particolarmente quello ed<strong>il</strong>izio –veniva recuperato e riusato. Forse l’unico caminche si può storicamente datare è quello dell’anticaZecca, oggi sede dellaBiblioteca Marciana, perchéprobab<strong>il</strong>mente progettato e costruito da JacopoSansovino con Vincenzo Scamozzi. Un limitetemporale è comunque dato dall’urbanizzazione[62-63] Il camino di Sansovino e Scamozzi sul tettodell’antica Zecca in Piazza San Marco e, in alto, unesemplare di camino a forchetta.a Venezia, che non avviene prima del IX secolo, e dal fatto che lecostruzioni in pietra sono una rarità fino al XI secolo.Preziose testimonianze dell’esistenza dei camini a Venezia sonole fonti storiche e le rappresentazioni pittoriche. Il documento piùantico data 1069 e riferisce che <strong>il</strong> Patriarca di Grado destinò unamodesta abitazione al Parroco di San S<strong>il</strong>vestro “cum tota sua cellaet domo, et caminatis cum suo solario et aliis caminatis” ma anchecronisti come Scivos e De Monacis annotano nel 1284 che, a causadel terremoto, si erano rovesciati quasi tutti i camini e così pureGiovanni V<strong>il</strong>lani scriveva nel 1384 “rovinarono infiniti fumajoli –ovvero camini – che ve ne avea assai e belli”.Tommaso Temenza, architetto e ingegnere della Serenissima,nella sua Antica pianta dell’inclita città di Venezia... annota: “non èper tanto irragionevole <strong>il</strong> credere [...] dopo gli accennati vastissimiincendi [... che] i veneziani siano stati gli inventori. Le disgraziefanno che gli uomini aguzzino l’ingegno [...] se non ritrovarsi notiziadi siffatti camini, anteriore alle nostre veneziane memorie, mipare più che una sufficiente prova”. Che <strong>il</strong> camin sia una costantedella struttura ed<strong>il</strong>izia veneziana appare inequivocab<strong>il</strong>e dal confrontodella pianta di Venezia di Jacopo de’ Barbari del 1500 conuna stampa di Pirro Ligorio raffigurante Roma nel 1552: innumerevolii camini visib<strong>il</strong>i a Venezia, completamente assenti a Roma.Infine, non si possono dimenticare quelle um<strong>il</strong>i e anonime figureche i camini hanno costruito e conservato: i mureri (muratori)e gli scoacamin (spazzacamini).Già nota nel XIII secolo, la Scuola dei mureri era una delle piùantiche; posta sotto la protezione diSan Tommaso Apostolo e San MagnoVescovo aveva l’altare nellachiesa di San Samuele e sede all’anagrafico3216 nella salizada omonima.Ancora oggi si può notare sullafacciata dell’edificio un bassor<strong>il</strong>ievocon i simboli dell’arte: martello,cazzuola e archipendolo e, sull’architravedi una porta, la scritta Scola deiM..., maldestramente cancellata dauna staffa in ferro. Come tutte leScuole, aveva la propria mariegola [64-65] La ex Scuola dei mureri e,che raccoglieva lo statuto, le leggi e in basso, uno spazzacaminoi doveri degli associati e la prova all’opera in un dipinto diCanaletto conservato a Madrid.d’arte, cioè l’esame finale per diventaremaestro murer, dopo anni di apprendistato,era proprio la costruzione di un camino.Gli scoacamin, fondamentali per la conservazione e <strong>il</strong> buon funzionamentodei camini, erano personaggi caratteristici, generalmentepiccoli e neri di fuliggine,che portavano a spalla i loro arnesida lavoro: una scaletta, una corda,un fascio di pungitopo e un peso.Nel 1661 a Venezia se ne contavanoottanta; provenienti dalla Val Brembana,dalla Savoia, dalla Valcamonica,abitavano in calle dei Scoacaminivicina a San Marco.* tratto da http://www.archeove.com/pubblic/camini/camini.htm
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