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15 "I casi del<strong>la</strong> vita" - Psicoracconti e altri scritti, a cura di Laura ZecchilloSOLIDARIETA’Le avevano detto di accomodarsi, lì, nel<strong>la</strong> sa<strong>la</strong> d‘attesa e cosìaveva fatto. Questo, dopo che aveva par<strong>la</strong>to con l‘addettodell‘accettazione e aveva chiesto di essere visitata per queldolore <strong>in</strong>terno e cont<strong>in</strong>uo che le aveva attanagliato il fiancos<strong>in</strong>istro tutta notte, impedendole di dormire, e che episodicamenteaveva sentito, <strong>in</strong> grave ansia, estendersi sotto il pettoall‘altezza dello sterno. Già era successo, a luglio, ed al prontosoccorso c‘era già stata allora, ma stava troppo male allora, e,<strong>in</strong>serita nel ―codice giallo‖, non aveva dovuto fare attesa.Ora, <strong>in</strong>vece, il codice era verde, <strong>la</strong> sa<strong>la</strong> <strong>la</strong> n° 4, e davanti a leic‘erano altre persone: quel<strong>la</strong> delle ore 10,30, quel<strong>la</strong> delle 11,15, e ancora altre e lei era arrivata solo alle 13,05; dunque,doveva attendere … e sopportare silenziosamente il suo male.Tuttavia, non le dispiaceva: era lì per far chiarezza sul suodisturbo, dargli un nome … <strong>in</strong>farto … forse …Le era già stato detto che il suo cuore era ormai danneggiato:ma quanto? Non era stato facile il colloquio col cardiologo,proprio per niente, ed era uscita dall‘ambu<strong>la</strong>torio di cardiologiaaffranta.Poi era arrivata l‘<strong>in</strong>appetenza, <strong>la</strong> nausea, grazie a Dio non ilvomito; le si era conficcato nelle carni quel dolore sordo al<strong>la</strong>schiena, a s<strong>in</strong>istra, e aveva com<strong>in</strong>ciato a serpeggiarle sotto ilseno quel<strong>la</strong> brutta stretta e, nel<strong>la</strong> mente, un‘alluvione di preoccupazionie tristi pensieri.Ecco, dunque, che stare lì seduta ed aspettare non le dispiacevaper nul<strong>la</strong>.Il via vai del<strong>la</strong> gente <strong>in</strong> transito, l‘attività degli impiegati deglisportelli, i barellieri delle ambu<strong>la</strong>nze con i loro modi franchi,di chi lì è di casa, e i medici e gli <strong>in</strong>fermieri <strong>in</strong>defessamenteoperosi, magnetizzavano i suoi sensi, <strong>la</strong> sua attenzione.Si sentiva <strong>in</strong> un ―non luogo‖, come quelli a lei più familiari e<strong>in</strong> cui aveva trascorso <strong>la</strong> sua <strong>in</strong>fanzia, <strong>la</strong> sua fanciullezza equesto <strong>la</strong> faceva star bene.Voi direte:‖ Ci sono non luoghi e non luoghi … e fa <strong>la</strong> differenzastare seduti al tavol<strong>in</strong>o di una vivace e ben frequentatacaffetteria di Mont Martre e trovarsi al Pronto Soccorso di unenorme ospedale del<strong>la</strong> periferia di una città dedita al <strong>la</strong>voro,sacrificata totalmente al<strong>la</strong> produttività , come dire un po‘ aridae certo poco salottiera, come Mi<strong>la</strong>no!‖.Certo, fa <strong>la</strong> differenza; ma lei c‘era nata e cresciuta <strong>in</strong> un nonluogo: gente che va, gente che viene, che puoi osservare, con<strong>la</strong> quale puoi scambiare quattro chiacchiere ri<strong>la</strong>ssate, di cuipuoi ascoltare i discorsi, sui cui volti puoi trovare un sorrisoamico, rughe e sudori pieni di storie, spunti per mille fantasiee trame per <strong>in</strong>tricati racconti.Si distraeva; si divertiva; si ri<strong>la</strong>ssava e quel suo male perforantecome una <strong>la</strong>ma, <strong>la</strong> angustiava meno, sempre un po‘ meno.Peraltro, l‘attesa, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, fu lunga: dal<strong>la</strong> una e zero c<strong>in</strong>que alle20.00; ma tornò a casa contenta, r<strong>in</strong>cuorata.Nello specifico, almeno per due motivi; nel caos di quel luogo,o meglio, non luogo, nel quale, come <strong>in</strong> altri dello stessogenere, si annidano spesso i germi malsani dell‘<strong>in</strong>differenzaburocratizzata o di una grigia e surrogatoria ―mestieranza‖al posto di una autorevole competenza, aveva potuto dareuna mano a chi ne aveva bisogno: una madre di una nazionalitàstraniera che <strong>in</strong>vano cercava di raggiungere al lorocapezzale di ricoverati due suoi giovanissimi figlioli.Questa donna, non più del tutto giovane, aveva <strong>in</strong> affannopercorso <strong>in</strong> lungo e <strong>in</strong> <strong>la</strong>rgo corridoi austeri ed atrii rumorosi,sentieri <strong>la</strong>bir<strong>in</strong>tici e attraversato aiuole <strong>in</strong>selvatichite,<strong>in</strong>terpel<strong>la</strong>to l‘ufficio ricoveri e l‘ufficio <strong>in</strong>formazioni, chiestoa passanti e funzionari, ma di quei due suoi ragazz<strong>in</strong><strong>in</strong>essuno aveva saputo dirle niente: lì non c‘erano, o forsenon c‘erano mai stati, o forse erano stati trasferiti <strong>in</strong> altrocomplesso ospedaliero.Lei, mamma, era una rom e non tutti si erano mostrati dispostia par<strong>la</strong>rle, ascoltar<strong>la</strong> … eppure non puzzava, anzi, erafresca di bucato, portava perf<strong>in</strong>o i capelli corti, acconciaticon garbo … sì, certo, <strong>la</strong> gonnona rimaneva lunga anche <strong>in</strong>quel tentato sforzo di ―<strong>in</strong>civilimento‖, una gonnona lunga, diun verde me<strong>la</strong> squil<strong>la</strong>nte, da cui traspariva perf<strong>in</strong>o il fattoche, sotto, <strong>in</strong>dossava del<strong>la</strong> biancheria, normale.Un tocco personale era <strong>la</strong> giacca trapuntata rosso vermiglioe molto diceva <strong>la</strong> sporta che teneva per mano di biancheriadi ricambio, da letto e da bagno, per i suoi ragazzi.Era una mamma come tante altre; cercava i suoi figlioli,desiderava accudirli, confortarli, loro che non stavano bene,come ogni altra madre, come ogni Maria, <strong>in</strong> pianto ai piedidi una croce.Fu davanti alle <strong>la</strong>crime affrante di questa madre che al<strong>la</strong>nostra paziente <strong>in</strong> attesa si illum<strong>in</strong>ò <strong>la</strong> mente, si mosse ilcuore: prese dal<strong>la</strong> propria borsa carta e penna e scrisse su unfoglietto: PEDIATRIA/PADIGLIONE 2; lo porse con unsorriso al<strong>la</strong> donna che non sapeva leggere i caratteridell‘alfabeto romano e, forse, neppure quelli di qualsivogliaaltro tipo di alfabeto, ma scema non era – si sarebbe limitataa vedere <strong>la</strong> somiglianza dei segni – e i numeri, <strong>in</strong>vece, liconosceva molto bene.La donna così istruita andò; nel<strong>la</strong> sa<strong>la</strong> il brusio che si erasviluppato, si attenuò, poi si spense; come le forti emozionidi quel momento drammatico e ―universale‖ <strong>in</strong> cui riconoscerenell‘altro sé stessi era stata una grande esperienza unpo‘ per ognuno degli astanti, ma soprattutto per lei.Era stata una cura, vera, per il suo cuore.Poi venne il suo turno; fu chiamata e i medici <strong>la</strong> presero <strong>in</strong>carico; era già tardi, ciononostante le fu fatto di tutto: prelievovenoso, ur<strong>in</strong>ocoltura, elettrocardiogramma, ecografiaaddom<strong>in</strong>ale, visita medica e radiografia.Inf<strong>in</strong>e arrivò il responso del primario: forse un‘<strong>in</strong>fezione allevie ur<strong>in</strong>arie, non certo un <strong>in</strong>farto. E fu dimessa.Come dicevamo, era contenta: al P.S. aveva potuto curare ilsuo cuore … e non c‘era voluto poi molto.Dott.ssa LAURA ZECCHILLOPSICOLOGA □PSICOTERAPEUTA □CONSULENTE IN SESSUOLOGIAORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA REGIONE LOMBARDIAiscrizione n.03/401Psicoterapia <strong>in</strong>dividuale e di coppiaTra<strong>in</strong><strong>in</strong>g autogeno e terapie di ri<strong>la</strong>ssamento - Analisi immag<strong>in</strong>ativaVia Savona, 11- 20144 Mi<strong>la</strong>no - cell. 347.7688120e.mail: <strong>la</strong>ura.zecchillo@fastwebnet.itwww.zecchillo.itSi riceve su appuntamento

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