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Libertà individuale e valori sociali 2. Spinoza. Potere e ... - Treccani

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<strong>Libertà</strong> <strong>individuale</strong> e <strong>valori</strong> <strong>sociali</strong> <strong>2.</strong> <strong>Spinoza</strong>. <strong>Potere</strong> e libertàLa natura e l’uomo“Per diritto e istituzione di natura, non intendo altro che le regole naturali proprie diogni essere, regole secondo le quali concepiamo ciascun individuo come naturalmentedeterminato ad esistere e ad agire in un modo particolare. Ad esempio, i pesci sonoper natura determinati a nuotare, e i più grossi a mangiare i più piccoli; ed è dunquein forza di un sovrano diritto di natura chei pesci hanno nell'acqua il loro dominio eche quelli più grossi si cibano degli altri. Ècerto infatti che la Natura, considerata inse stessa, ha un diritto supremo su tuttociò che rientra nel suo potere, ossia ildiritto di natura si estende fin là dovegiunge la potenza della Natura, poiché lapotenza della Natura fa tutt'uno con lapotenza di Dio, ente che detiene su ognicosa il diritto supremo. Ma poiché lapotenza globale della Natura non è altroche la somma delle potenze di tutti gliindividui congiunti, ne segue che ogniindividuo ha un diritto sovrano su tuttociò che cade sotto il suo potere, ossia cheil diritto di ciascuno si estende fin là dovegiunge la sua particolare potenza. Poichéinoltre è legge fondamentale della Naturache ciascun essere si sforzi di perseverarenel proprio stato per quanto gli èpossibile, e ciò senza tener conto diragioni estranee, ma solo delle sueproprie, ne consegue che ciascunindividuo gode di un diritto assoluto aquell'esistenza e a quell'attività (come hodetto) che sono conformi alla suadeterminata natura”(B. <strong>Spinoza</strong>, Trattato teologico-politico,cap. XVI).In questa prima parte del capitolo XVI,<strong>Spinoza</strong> esamina le premesse dellafondazione dello Stato prendendo il viadalle considerazioni sulla natura umana in uno stato di natura in cui ogni individuoha pieno diritto su ciò su cui si estende il suo potere: tutti in natura1


partecipano dell’unico potere, in essi riflesso come diritto di esistere eoperare per la propria preservazione. L’omogeneità della natura annulla ognidiversità ed esclude ogni privilegio umano, dal punto di vista della totalità è negataqualsiasi differenza di valore tra gli uomini e gli altri esseri.La potenza della natura umana si realizza pienamente e compiutamente sottola guida della Ragione. Quest’ultima è una delle possibili forme di espressione dellatendenza umana, ma non è né privilegiata, né necessaria. In un certo senso, dunque,lo stato di natura spinoziano si avvicina a quello hobbesiano dell’homo hominilupus con la conseguente necessità di porvi rimedio. La nascita della società e ilmutuo soccorso permettono la conservazione dell’uomo, ovvero dei dirittiindividuali, e del legame sociale, ovvero dei diritti comuni. Per questo motivo,dichiara <strong>Spinoza</strong>, “non ho nulla in contrario a chiamare l’uomo animale sociale”, persottolineare la difficoltà di essere autonomi nello stato di natura.Perché l’uomo è spinto all’aggregazionePaura e speranza, non necessariamente la ragione, spingono l’uomo ad aggregarsi e acercare protezione nella potenza comune che per diventare stabile ed efficiente vienetradotta nell’istituzione del potere politico attraverso lo Stato: l’imperium del dirittocomune si esercita contenendo le passioni disgregatrici e individualizzantirispetto all’interesse collettivo.“Si potrebbe aprire una parentesi a proposito dell’inibizione delle passioni – affermaFreud nel Disagio della civiltà, opera del 1930 – la nostra infelicità dipende da trefattori: la forza schiacciante della natura, il nostro corpo fragile e l’inadeguatezza delleistituzioni che regolano le relazioni degli uomini, e poiché l’unico rimedio alle primedue è rassegnarsi alla loro inevitabile esistenza, si può invece cercare di comprenderela terza.”(S. Freud, Il disagio della civiltà, cit. p. 223)Freud riflette sulle cause del disagio dell’uomo, provocato in particolare dalla civiltà(Kultur) e su come l’uomo potrebbe essere più felice se vivesse libero dalle restrizioniche questa ci impone.Il processo d’incivilimento coincide con la sublimazione della meta pulsionaleattraverso le attività psichiche (scientifiche, ideologiche e artistiche) della vita civile;in questo modo attraverso la sublimazione, ossia la rinuncia pulsionale, le relazioni<strong>sociali</strong> che si sono sviluppate tra gli uomini sono dominate dalla frustrazione civile.Eros e ThanatosFreud in Al di là del principio di piacere (1920) nota come l’individuo sia mosso,oltre che dalla pulsione libidica dell’amore, Eros, da una pulsione distruttrice opulsione di morte, Thanatos. Anche nella società si può riconoscere una forza2


1689, quando in esilio, in Olanda, scrive la Lettera sulla tolleranza in cui questoconcetto viene teorizzato per le prima volta all’interno dell’ideologia liberale.Locke teorizza la distinzione e la reciproca autonomia dell’ambito religioso daquello politico e insiste sul diritto inalienabile alla libertà di pensiero e dicoscienza. La separazione tra pubblico e privato e il fondamento della laicitàdello Stato sono i duecapisaldi del pensieroliberale.Locke prevede due limitialla tolleranza: il primonei confronti dei cattolici, ilsecondo nei confronti degliatei. L’asservimentofanatico al papa deicattolici fa sì che essi innome del loro credoimpongano la propriaintolleranza nei confrontidegli altri; quanto agli atei,non può esserci tolleranzaper coloro che la rifiutano ola riservano a sé medesimi.Locke non intende violarela loro libertà di coscienza,ma limitare i loro diritticivili per garantire la libertà religiosa e civile di tutti.Oggi il concetto di tolleranza di Locke può apparire anacronistico, ma bisognaconsiderare il periodo in cui il filosofo lo formulò, un contesto contraddistinto daguerre civili, in cui il papa (come anche il sultano) non era solo guida della fede, maanche capo di Stato straniero: un generale inglese, ad esempio, doveva essereaffidabile e obbedire al suo re, anche a costo di caricare dei ribelli cattolici.4


Un murale digitale di tolleranzaQuesta installazione è stata esposta a Palazzo Reale a Milano tra le sale della mostraCostantino 313 d.C., celebrativa dell’anniversario dell’editto di Milano che proclamava,di fatto, la libertà religiosa all’interno dell’Impero. L’opera, nell’intenzione dell’autorePaco Simone (direttore editoriale di ARPANet), è un murale digitale che può cambiarein tempo reale grazie al contributo di tutti.Quest’opera collettiva può essere stimolo per una discussione su che cosa sia latolleranza oggi e quali altri temi collaterali siano coinvolti, e può essere anche unostimolo al contributo personale dello studente in un’interazione attiva con il murale.5

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