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MONOGRAFIE DI ARCHEOLOGIA LIBICA - VIIIPAOLINO MINGAZZINIΕ Έ ΝSULΑ DI GIASONE MAGNOA CIRENECON CONTRIBUTI DELL'ARCHITETTOENRICA FIANDRA"L'ERMA" <strong>di</strong> BRETSCHNEIDΕR - ROMA1966


MONOGRAFIE DI ARCHEOLOGIA LIBICA - VIIIPAOLINO MINGAZZINIL' IλSULA DI GIASONE MAGNOA CIRENECON CONTRIBUTI DELL'ARCHITETTOENRICA FIANDRA"L'ERMA" <strong>di</strong> BRETSCHNEIDER - ROMA1966


MONOGRAFIE DI ARCHEOLOGIA LIBICA - VOL. VIIIVOL. I.VOL. II.— cAPUrO G., Lo scultore del grande bassorilievo con la danzadelle Mena<strong>di</strong> in Tolemaíde <strong>di</strong> Cirenaica, 1948.— PESCE G., Il « Palazzo delle Colonne » in Tolemaide <strong>di</strong> Cirenaica.1950.VOL. III. — cAPUrO G., Il teatro <strong>di</strong> Leptis Magna.VOL. IV. — PESCE G., Il tempio d'Iside in Sabratha. 1953.VOL. V. — PARIBENI E., Catalogo delle sculture <strong>di</strong> Cirene, 1959.VOL. VI . — CAPUTO G., Il teatro <strong>di</strong> Sabratha. 1 959.VOL. VII.— STUCCHI s., L'Agorà <strong>di</strong> Cirene. – I: I lati nord ed est della plateainferiore. 1965.VOL. VIII. — MINGAZZINI, P., L'ínsula <strong>di</strong> Giasone Magno a Cirene.COPYRIGHT 1966 BY "L'ERMA" <strong>di</strong> BRETSCHNEIDER — ROMAVia Cassiodoro, 19S. P. A. ARTI GRAFICHE PANETTO & PETRELLI — SPOLETO


L'INSULA DI GIASONE MAGNO SULLA VIA DELLE ERMENel febbraio 1957 Doro Levi e Romanelli mi proposero <strong>di</strong> recarmi a Cirene a pubblicare qualcunodei monumenti scavati durante il periodo della nostra permanenza in Libia e rimasti datanto tempo ine<strong>di</strong>ti; ed avendo sempre lamentato che in It alia si scavi troppo e si pubblichi troppopoco, non potevo certo rifiutare la mia collaborazione.Giunto a Cirene a metà luglio dello stesso anno, trovai Goodchild, la cui cortesia è superioread ogni aggettivo, che mi lasciò libera scelta del campo al quale volessi de<strong>di</strong>carmi. Scelsi l'insula<strong>di</strong> Giasone Magno, che mi sembrò, ad uno sguardo superficiale, la più matura per la pubblicazione.Purtroppo, ad un esame più accurato, risultò che così non era. Anzitutto non esiste — e probabilmentenon è mai esistito — un giornale <strong>di</strong> scavo da pa rte <strong>di</strong> Oliverio e dei suoi assistentie tanto meno una relazione provvisoria. Sappiamo solo che lo scavo fu effettuato dai bravi assistentiRecanato e Muneroll negli anni 1936, 1937 e 1938; e <strong>di</strong> questa notizia siamo debitori all'ottimaabitu<strong>di</strong>ne, del personale addetto al gabinetto fotografico della missione archeologica,<strong>di</strong> segnare sulle lastre la data del <strong>di</strong> in cui essa fu impressa; e le lastre, fortunatamente, sonorimaste nell'ufficio archeologico <strong>di</strong> Cirene e nessuno le ha toccate.In secondo luogo, se anche la pianta dell'insula era, nel suo complesso, chiara (mancava peròl'atrio che era ancora da scavare), nel cortile giacevano ancora parecchi mucchi <strong>di</strong> blocchi crollati,alcuni dei quali sagomati; negli ambulacri stavano ancora numerosi muri del periodo dellaguarnigione bizantina, i quali impe<strong>di</strong>vano la fotografia dei mosaici (ne ho contati sino a se<strong>di</strong>ci) ;sui mosaici aderiva una patina tenace che bisognava raschiare, se si voleva che non deturpassel'immagine fotografica; i blocchi sagomati andavano misurati e delineati ed infine doveva essereancora sterrato l'atrio, nonché la fronte del tempio gemino.A Cirene sono stato in tutto quattro volte. Una prima volta dal 26 marzo al Ii maggio 1957,una seconda dal 5 agosto al 7 settembre 1958: una terza dal 18 luglio al 3 agosto 1960; ed unaquarta dal 30 agosto al 16 settembre 1961. Fui coa<strong>di</strong>uvato la prima volta dal geometra signorTullio Tamagnini; la seconda da nessuno; la terza dal <strong>di</strong>segnatore signor Ugo Filianoti; e la quartadall'architetto, signorina Enrica Fiandra, il cui aiuto mi fu veramente valido ed e fficace, nonsolo sul luogo, ma anche qui a Genova.Le <strong>di</strong>fficoltà pratiche sono a Cirene, com'è facile immaginare, piuttosto gran<strong>di</strong>: anzituttoper la mano d'opera non specializzata; in secondo luogo perché se i vecchi capiscono l'italiano (elo parlano talora in modo perfetto), i giovani non lo imparano più; in terzo luogo perché gli attrezzinon sono sempre i più moderni. Il fotografo dell'ufficio Antichità, signor Hassuna Hussein,ha fatto miracoli; ma per prendere i mosaici perpen<strong>di</strong>colarmente dall'alto (« in picchiata », com'eglipittorescamente <strong>di</strong>ceva), non avevamo a nostra <strong>di</strong>sposizione altro che un paio <strong>di</strong> cavalletti damuratore, pesantucci anzichenò. (La tal. V, τ ce lo mostra appunto in tale scomoda posizione).


2Non voghi tuttavia procedere alla relazione che segue, senza aver avvertito che tre cosemancano ancora, p rima che lo scavo dell'insula possa <strong>di</strong>rsi esaurito.La prima, pochissimo importante, consisterebbe nel mettere in luce la zona nord-o rientale.Ma, come <strong>di</strong>co nel testo, quel poco che era visibile al mio arrivo — e che ho provveduto a farrinterrare per non dare ai visitatori quello squallido spettacolo che danno í ruderi male sterrati— non prometteva nulla <strong>di</strong> importante, né dal lato dell'arte figurata, né da quello dell'architettura.La seconda consisterebbe nel <strong>di</strong>stricare il mucchio <strong>di</strong> blocchi caduti, il quale ancor oggideturpa l'angolo sud-owest del peristilio maggiore. Può darsi che là in mezzo vi sia ancora qualcheblocco importante per la ricostruzione (sulla carta) dell'e<strong>di</strong>ficio. Ma le probabilità sono poche.Ad ogni modo, non costerebbe una grande spesa: ci vorrebbe soprattutto un <strong>di</strong>segnatore abilee coscienzioso.La terza consisterebbe nel vedere se nel peristilio vi sia stata una istallazione idrica per qualchefontanina nel centro. Anche questa è una ricerca che impegnerebbe poche giornate lavorative.Il lavoro <strong>di</strong> pubblicazione non è stato così rapido com'io avrei voluto. C'è chi riesce ad adempierei propri obblighi <strong>di</strong>dattici senza rallentare la propria attività scientifica, anzi promovendoanche quella del proprio istituto; io invece non riesco a fare due cose insieme. De<strong>di</strong>cando allarelazione solo i mesi estivi — con le continue interruzioni dalle quali è bersagliato l'uomo <strong>di</strong> oggi —la relazione si è fatta aspettare parecchio. Tuttavia siamo — ringraziando Id<strong>di</strong>o — arrivati alla fine.***L'insula <strong>di</strong> Giasone Magno (adopero questo termine nell'accezione in vigore a Pompei) comprendeun gruppo <strong>di</strong> costruzioni che si affacciano sulla Via delle Erme, sono fiancheggiate dadue vie perpen<strong>di</strong>colari a quella — che io propongo <strong>di</strong> chiamare rispettivamente Via <strong>di</strong> Ermetee Via <strong>di</strong> Giasone Magno — e sono limitate dal lát ο posteriore da una via ancora anonima, laquale conduce alla Porta Meri<strong>di</strong>onale e potrebbe perciò essere designata cil nome <strong>di</strong> Via dellaPorta Sud ( 1).Uno sguardo sulla pianta generale (tav. A) mostra subito che l'insula si sud<strong>di</strong>vide facilmentein sei zone ben <strong>di</strong>stinte, alle quali corrispondono cinque capitoli della presente relazione: infattiuna zona, non essendo stata scavata, non avrà relazione. Cominciando dall'angolo nord-ovest(ossia dall'alto a sinistra, giacché la pianta è orientata col mezzogiorno in alto, all'uso classico),abbiamo anzitutto il tempietto <strong>di</strong> Hermes contrassegnato con la lettera C, entro il suo temenos;piscia una grande sala, completamente isolata, aperta sul davanti, che ho chiamato, in mancanza<strong>di</strong> un nome migliore, il Salone delle Ortostati ed è contrassegnata con la lettera B; quin<strong>di</strong> il palazzovero e proprio, <strong>di</strong> cui, accanto al Salone delle Ortostatai, si vede l'atrio d'accesso a seicolonne. Nella relazione <strong>di</strong>stinguo il qua rtiere superiore, che si raggruppa attorno al grande peristilio,dal quartiere inferiore. Benché quest'ultimo sia congiunto col superiore me<strong>di</strong>ante una scaletta,sono due corpi <strong>di</strong> fabbrica così nettamente <strong>di</strong>stinti dalla <strong>di</strong>fferente altezza, che mi è sembratonecessario farne due capitoli separati. Infine, nell'angolo nord-est, il tempio gemino, contrassegnatocon la lettera A, che forma il contenuto del capitolo decimoterzo.Nel dare a tutta l'insula il nome <strong>di</strong> Giasone Magno, son partito dal presupposto che questopersonaggio, noto come sacerdote eponimo <strong>di</strong> Apollo Ktistes, fosse il proprietario della domus.Dimostrato non è, ma è assai probabile, si che mi è sembrato lecito battezzare l'insula col suonome.τ) Per ubicare l'insssla <strong>di</strong> Giasone Magno è utile la piantina degli scavi dell'agorà in Arch. Ακzeiger 1959,col. 297-298, fig. θ5. Benché inesatta in qualche particolare, tuttavia non è <strong>di</strong>fficile riconoscerla: vi è unteatro ad est ed uno a nord.


CAPITOLO PRIMOIL ΤΕΜΡΙΕΤΤΟ DI HERMESIl tempietto <strong>di</strong> Hermes (pianta a tav. B e C)sorge sull'angolo settentrionale dell'insula <strong>di</strong>Giasone Magno ed è isolato da tutti i quattrolati. Dalla Via delle Erme è separato per mezzo<strong>di</strong> un muro dl cm 60 <strong>di</strong> larghezza (ogni bloccolungo m. 1,25), che passa a m. 4,80 <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.I resti si limitano a poco più <strong>di</strong> un filare <strong>di</strong>blocchi, oltre al crepidoma; la tav. I, 2 ne dàuna visione complessiva. Si ba<strong>di</strong> però che ilmuro, che si vede a destra in alto e che si vedeanche meglio sulla tav. I, τ in fondo, nonil muro del temenos e tanto meno una paretedel tempio, bensì un muro bizantino cheperò poggia sul mare inferiore della paretesinistra.La stessa osservazione deve farsi alla tav.II, 2 dove solo i tre filari inferiori appartengonoal muro perimetrale del tempio (e precisamentei due filari del crepidoma ed il primo filare dell'alzato);gli altri quattro sono tutti bizantini.Anche dal lato posteriore, ossia dal latodella via del tempio <strong>di</strong> Hermes, si è conservatoil muro del temenos, che passa qui ad una <strong>di</strong>stanza<strong>di</strong> cm. 87; sulla tav. I, 3 si vede assaibene lo spazio che separa il tempio dal muro<strong>di</strong> cinta. Questo è visibile per un breve trattosulla tav. I, 4 a sinistra. Non si ammorsa colmuro perimetrale del palazzo (vano n. 13), nési allinea perfettamente con esso; ciò <strong>di</strong>mostrache fu eretto in<strong>di</strong>pendentemente dal palazzo,giacché tiene conto solo del tempio.Infine una zona <strong>di</strong> rispetto fu riserbata anchedal lato del palazzo. È questo uno dei rari casi,in cui fu rispettata la legge che avrebbe volutoche attorno ad ogni e<strong>di</strong>ficio ci fosse una intercapedíne1. Quando il muro <strong>di</strong> cinta era in pie<strong>di</strong>,il tetto del tempietto doveva emergerne, all'incircacome ve<strong>di</strong>amo emergere il tetto deltempio da <strong>di</strong>etro il muro <strong>di</strong> cinta sul rilievo<strong>di</strong> Ikar οs 2 .L'accesso dalla via attraverso il muro <strong>di</strong>cinta sembra che sia sia trovato all'incirca nelpunto contrassegnato sulla pianta con la letteraα.Le misure esterne sono: lunghezza m. 10,00larghezza, n. 6,46. Le pareti misurano, comespessore, su tutti e quattro í lati, cm. 53.τ) È interessante notare come la larghezza dell'intercape<strong>di</strong>necorrisponda in questo caso esattamentealla norma legale tramandataci da Festo. SextiPompei Festi epitome de verborum significatione, cumPauli epitome; e<strong>di</strong><strong>di</strong>t Thewrewk, pag. 4; ambitusproprie <strong>di</strong>citur circuitus ae<strong>di</strong>ficiorum patens in latitu<strong>di</strong>nernpedes duos et semissem, in longitu<strong>di</strong>nem idem quodae<strong>di</strong>ficium. Inoltre a pag. 12: ambitus proprie <strong>di</strong>citurinter vicinorum ae<strong>di</strong>ficia locus duorum pedum et semipe<strong>di</strong>s,ad circumeun<strong>di</strong> facultatem relictus.Altri esempi <strong>di</strong> ambitus nell'interno <strong>di</strong> un temenos:Santuario <strong>di</strong> Demetra a Priene: Schrader, Priene,pag. 148, fig. 119.Tempio <strong>di</strong> Zeus Meilichios a Pompei: Overbeck,Pompeii, quarta e<strong>di</strong>zione, pag. nno; Michaelis inRömische Mitt. XIV, 1899, pag. 197, fig. 2, a sinistra.Tempio ionico <strong>di</strong> Pergamo; citato da Michaelis eriprodotto íví, fig. 2 a destra.Come e<strong>di</strong>ficio civile un bel esempio a Pompei,nella cosiddetta curia occidentale: Overbeck-Mau,Pompeii, e<strong>di</strong>zione del 1884, pag. 139, fig. 80..2) Spesso riprodotto; una buona riproduzione inEncyclopé<strong>di</strong>e photographique de l'art, Louvre, III,tar. 257, A.


4FiG. τ — Profilo <strong>di</strong> una lesena del tempio <strong>di</strong> Hermes.Per conseguenza, le misure interne, misuratesui pavimenti sono: lunghezza, m. 8,91; larghezza,m. 5.34.Due gra<strong>di</strong>ni - oltre quelli <strong>di</strong> fondazione -sono visibili. Ambedue misurano cm. 36 in altezza(misura che ritroviamo anche nei due gra<strong>di</strong>ni<strong>di</strong> fondazione) ed, in senso orizzontale,cm. 13 il primo e cm. 16 il secondo. La scarsaampiezza della pedata esclude che questigra<strong>di</strong>ni servissero per salirvi sopra: essi costituisconoperciδ il crepidoma. Lo scarso risaltodella pedata non è per δ sufficiente per escludereche innanzi all'e<strong>di</strong>ficio vi fosse una gra<strong>di</strong>nata,giacché nel tempio che sta nel centro del Cesarèοla gra<strong>di</strong>nata è ad<strong>di</strong>rittura appoggiata alpo<strong>di</strong>o e non ammorsa nemmeno (tal. II, τ). Píiìgrave apparentemente è l'obiezione che dovremmoammettere un paio <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>ni all'esternoed un paio all'interno del temenos, in corrispondenzadell'ingresso della Via delle Ermee che <strong>di</strong> essi non vi è traccia; ma questa obiezione<strong>di</strong> fronte allo sconquasso che hanno subitotutti í muri <strong>di</strong> Cirene, con í loro dei blocchiasportabili con estrema facilità — oltre che per laconsiderazione che nemmeno questi gra<strong>di</strong>niesigevano una ammorsatura — mi sembra avermeno peso che non la singolarità <strong>di</strong> un tempio <strong>di</strong>età tardo-ellenistica o imperiale, privo completamente<strong>di</strong> gra<strong>di</strong>nata.D'altra parte, è anche vero che il tempiettoaveva la rarissima singolarità <strong>di</strong> non avere nécolonne, né ante, in modo da somigliare piuttostoalle tombe monumentali in uso nella secondametà del secondo secolo dopo Cristo 3 .Non era tuttavia del tutto privo <strong>di</strong> decorazione.Ognuno dei quattro spigoli era fiancheggiatoda una coppia <strong>di</strong> lesene. Queste sonoappena accennate sui lati lunghi e sul lato posteriore(tal. I, 4); in facciata, invece, sono unpoco più pronunciate (cm. 5 <strong>di</strong> sporgenza) edhanno la base sporgente (il profilo è visibile sulla(fig. τ). La lesena a destra <strong>di</strong> chi guarda è deltutto perduta; dell'altra si sono salvati il plinto,la base e l'inizio del fusto (tal. II, 3). Inoltre laparte anteriore del muro <strong>di</strong> facciata (non conservato)era raccordata all'ultimo ricorso delcrepidoma me<strong>di</strong>ante un piccolo zoccolo sagomato,il cui profilo è visibile sul blocco dellalesena meri<strong>di</strong>onale, dal quale la cornice si ·<strong>di</strong>partiva(tal. II, 4).Della porta esterna ben poco è conservato:soltanto un frammento della soglia.I resti dell'alzato rimasti in opera si limitano,oltre al crepidoma, a due filari <strong>di</strong> blocchidel muro <strong>di</strong> fondo.Nel crepidoma si nota una certa negligenza:nei lati meri<strong>di</strong>onale ed occidentale (che praticamenteerano quasi invisibili) i blocchi del pri-3) Alludo al sepolcro <strong>di</strong> Annia Regilla (Cremain Sevta Ho ffillericena, 1940, pag. 268, Tav. XII, XIII;Architettura romana, pag. 495, fig. 641, e ad altrisepolcri sulla via Appia (ivi, pag. 494, fig. 638).


5FIG. τ bis — Un blocco dell'architrave del tempio <strong>di</strong> Hermes.mi gradone a cominciare dal basso non sonobene allineati; inoltre la lunghezza dei blocchivaria, mentre negli altri due lati, che eranobene in vista, la lunghezza è pressoché costante(cm. 55-60 nei gra<strong>di</strong>ni inferiori, m. 1,25 neigra<strong>di</strong>ni superiori). Tutti questi particolari sonoassai evidenti sulla tav. C.L'euthynteria è costituita da blocchi che,nel lato anteriore, sporgono irregolarmenterispetto al crepidoma. Anche questo particolaresi nota assai bene sulla tav. C.II primo filare al<strong>di</strong>sopra del crepidoma, puravendo uguale altezza dei corsi successivi, costituivauna specie <strong>di</strong> po<strong>di</strong>o, su cui s'innalzava,leggermente arretrato rispetto al filo esterno,il resto della parete. Sulla tav. I, 3 si <strong>di</strong>stingueassai bene la piccolissima risega che fa il secondofilare <strong>di</strong> blocchi rispetto al primo. Il filaresuccessivo presenta, sul lato inferiore, una listaribassata, che avrebbe dovuto servire da guidaper la rifinitura del monumento. I blocchiposti in opera avrebbero dovuto essere scalpellatie spianati fino a raggiungere íl piano<strong>di</strong> fondo della lista. Questa rifinitura però nonvenne mai eseguita — come è accaduto, delresto, in molti altri monumenti antichi 4 —.4) Viene spontanea la domanda se questo particolareabbia avuto una funzione pratica, o uno scopodecorativo. Nel tempio <strong>di</strong> Zeus ad Olimpia lo troviamoin fondazione, tanto nel lato della facciata quantonei lati lunghi (Olympia, I, Tal. X, XIII) : quin<strong>di</strong> avevauna funzione <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pratico; era, cioè, un espe<strong>di</strong>ente~ι, 10.50Ε. F.FIG. τ tris — Blocco angolare dell'architrave deltempio <strong>di</strong> Hermes.Nel muro <strong>di</strong> fondo e nell'angolo sud-ovest sivedono ancora, in sito, le liste-guida ribassate(tal. I, 4 e III, 3.)Esternamente il tempietto era coronato daarchitrave, fregio dorico e cornice.L'architrave (tav. III, 2, fig. τ bis) misurastruttivo. Ho notato questo particolare a Segestasia nel tempio famoso, sia nel temenos del tempio cheil dr. Tusa sta rimettendo in luce; ma in questo casosi può restare in dubbio se quel intaglio fosse o noin vista. In altri casi, però era certamente in vista;ad es. a Paestum nel tempio <strong>di</strong> Posidone (Durm,Baukunst der Griechen, seconda e<strong>di</strong>zione, pag. 117,fig. 87, in basso a destra); e così pure nell'e<strong>di</strong>ficio Dsull'Acropoli <strong>di</strong> Selinunte (Mon. Ant. XXXIII, col.74, fig. 5,2 e Tav. VII, τ), che Gabrici (ivi, col. ho)assegna alla metà del II secolo. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> unespe<strong>di</strong>ente pratico <strong>di</strong>venuto col tempo motivo decorativo.


6cm. 33,5 <strong>di</strong> altezza ed è costituito da una fascialiscia e continua, alta cm. 28. Nella parte superiorevi sono í listelli canonici con le sei goccein corrispondenza con í triglifi del fregio. Sene son conservati solo quattro blocchi, tuttiincompleti (lunghezza massima, cm. 84, 83,53, 30). Uno <strong>di</strong> essi, il più piccolo ( fig. τ tris)è però angolare, ciò che toglie ogni dubbio chela decorazione seguitasse su tre lati (ma sarebbeassai strano se non seguitasse anche sul quarto).La pertinenza dei blocchi al tempiettoinoltre confermata dal loro spessore cheuguale a quello delle pareti, ossia cm. 53.Numerosi sono invece í blocchi del fregio(tal. III, τ.) Ho contato sino a venticinque meto-pe ed altrettanti triglifi (calcolando, naturalmente,anche í resti incompleti). I due elementi riunitidanno cm. 49 <strong>di</strong> sviluppo minimo (giacchénon sono sempre <strong>di</strong> uguale estensione). Poichéil perimetro del tempio è <strong>di</strong> m. 32,80, ne risultache la coppia dei due elementi era ripetuta almassimo 67 volte (supponendo che il fregiocorresse su tutti i quattro lati). Se ne sarebberoperciò salvati quasi i due quinti. Che un numerocosi rilevante degli elementi del fregio si siaconservato, <strong>di</strong> ciò va data lode agli assistenti <strong>di</strong>Oliverío, i quali provvidero a radunarli in uncantuccio <strong>di</strong>etro l'angolo posteriore destrodell'e<strong>di</strong>ficio.Come ho detto, le metope sono tutt'altro-1 m.ί-0.50;7 ΡE. Fο00.50ι ,rn ._ι__ ,FIG. 2 - Blocco del fregio del tempio <strong>di</strong> Hermes.


7bι2m.. i 4ν Ρ σ ν σFie. 3 - Il medesimo, completato.che uniformi in larghezza: la me<strong>di</strong>a è <strong>di</strong> cm. 25,5,ma ne abbiamo <strong>di</strong> cm. 26 (due esemplari) ; 27(due esemplari); 27,5 (due esemplari); 29; 29,5;30,5 e persino 42. Le <strong>di</strong>sparità si susseguonotalora sullo stesso blocco: su due blocchiho riscontrato che ad una metopa <strong>di</strong> cm. 25ne seguiva una <strong>di</strong> cm. 27 (fig. 2). I blocchi,infine, non tengono conto degli elementi delfregio: gli elementi che capitano ai margini delblocco sono spartiti fra í due blocchi successivi(fig. 3) .Perché queste irregolarità? Non certo percolpa della contrazione angolare, che in un e<strong>di</strong>ficiosenza colonne non aveva ragione <strong>di</strong> essere;inoltre non si riscontra una graduazione dellemisure. t chiaro che a queste finezze, ai tempiin cui fu costruito il tempietto, non ci si badavapiù.I triglifi sono più uniformi: <strong>di</strong> regola misuranoin larghezza cm. 25,5; però ne ho notatoanche <strong>di</strong> cm. 23; 25; 26. Anche qui le irregolaritàsi susseguono sullo stesso blocco.Una singolarità, veramente curiosa, è datada un triglifo angolare che, nell'attacco col triglifoseguente, in luogo dell'incavo, presentauna costa sporgente (tal. IV, 3 e fig. 4).Del resto, nemmeno i blocchi del fregio sonosempre identici: in un caso esso misura m.1,28; in un altro, m. 1,36. L'altezza è <strong>di</strong> cm. 35.Infine si sono conservati anche í blocchidella cornice; uno <strong>di</strong> essi è persino intero (fig.5 e 6 e tav. III, 4). Il blocco integro misurain larghezza cm. 62,5; quelli incompleti rispettivamentecm. 54 e 57. L'altezza è <strong>di</strong> cm. 36,5;l'aggetto è <strong>di</strong> cm. 30,5. La parte aggettantecostituita da lacunari separati da mensole, sorretti,in basso, da un ovolo seguito da un kymationlesbico e desinenti, in alto, con un kymatíondorico. Frontalmente è decorato me<strong>di</strong>anteuna fascia piana, una piccola lista sporgente,Fio. 4 - Triglifo angolare, in sezione.


8FIG. 5 - Cornice del tempio <strong>di</strong> Hermes.un kymation dorico ed un listello terminale.Nella faccia superiore il cornicione presentaun leggero sguscio, forse per lo scolo dell'acquapiovana. La pertinenza <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> cornicioneal coronamento dell'e<strong>di</strong>ficio è <strong>di</strong>mostratadallo spessore della faccia <strong>di</strong> base, che è anchequi <strong>di</strong> cm. 53 5 .Il blocco è particolarmente prezioso perchépresenta l'incastro per la trave, con l'inclinazionequin<strong>di</strong> del tetto fig. 7. L'inclinazioneè <strong>di</strong> 240. Questa misuraperò è purtroppo solo approssimativa,giacché si tratta <strong>di</strong>pietra e non <strong>di</strong> marmo, si che lasuperficie è parecchio irregolare.Sono questi i resti rinvenuti.Se tentiamo <strong>di</strong> ricostruire il tempiettosulla carta, c'incontriamosubito in una <strong>di</strong>fficoltà, che vienedalla gnoranza dell'altezza dellelesene. Il fusto infatti non è rastremato.Ho perciò assunto comerapporto tra altezza e larghezzadel fusto della lesena ilvalore <strong>di</strong> 8. Poiché il fusto è largo cm. 50,dovrebbe essere alto m. 4,00.Sommando perciò l'altezza del crepidoma(cm. 72), l'altezza del plinto con la base (cm.20), l'altezza supposta del capitello con l'abaco(cm. 20, pari ad un ventesimo del fusto), l'altezzadella trabeazione (m. 1,05), abbiamocome altezza della parete della facciata, m.6,17 con un scarto possibile <strong>di</strong> mezzo metroin píù (altezza del fusto pari a nove volte lalarghezza) e mezzo metro in meno (altezza delfusto pari a sette volte la larghezza).Poiché la larghezza della facciata, senzagra<strong>di</strong>ni del crepidoma, è <strong>di</strong> m. 6,46, ammettendoil coefficiente 9, che dà un'altezza <strong>di</strong> m. 6,67,avremmo una facciata quasi perfettamente quadrata(astraendo, naturalmente, dal frontone).Poiché la cornice sporge da ciascun lato<strong>di</strong> cm. 30, i punti estremi della cornice <strong>di</strong>steranno,in facciata, m. 7,06. Supponendo chel'angolo dell'inclinazione del timpano sia <strong>di</strong>24 gra<strong>di</strong>, avremmo come altezza interna deltimpano (ossia senza la cornice), m. ι,6ο.In pianta, il rapporto fra larghezza e lunghezza(rispettivamente 6,46 e 10,00 senza ilcrepidoma; 6,75 e 10,29 col crepidoma) è quasiesattamente <strong>di</strong> 2 a 3.5) Il confronto più stretto con questacornice l'ho trovato nel Palazzodelle Colonne, a Tolemaide: Pesce,il Palazzo delle colonne a Tolemaide,fig. 16.FIG. 6 — Il medesimo elemento, preso da un <strong>di</strong>verso angolo visuale.


91050E.F-00 Q~50 ! m., . . ~ .150.1.11. . . . ,FIG. 7 - Blocco della comice, da altri angoli visuali.Passiamo ora all'interno. Abbiamo duevani: il vestibolo e la cella.Del vestibolo quasi nulla è rimasto: persinoil pavimento è del tutto perduto e solo unaleggera risega (tal. V, 5) sui blocchi dellaparete ci permette <strong>di</strong> ristabilirne il sito originario.Il vestibolo misura in larghezza m.5,34; in profon<strong>di</strong>tà m. 3,90.La cella è meno profonda del vestibolo:misura infatti m. 3,49 in profon<strong>di</strong>tà. La parete<strong>di</strong>visoria è larga cm. 53, come le pareti esterne.Si è conservato l'ingresso alla cella. ϊ rimastoancora in sito un unico grande blocco,assai consunto e spezzato in due ma integro,che costituiva il piano <strong>di</strong> posa della soglia perduta(tal. V, 6, sul davanti). Inoltre si sonosalvate le fiancate de lla porta; sono troppologore per essere <strong>di</strong>segnate; ma si può ancoraconstatare che erano sagomate su cinque latie che le sagome si ripetevano, sia dal lato delvestibolo che dal lato della cella.Contro ogni speranza, un caso fortunatoci ha conservato cinque blocchi degli stipiti,uno dei quali integro, lungo m. 1,88 con la lorosagoma complicata, magnificamente conservata(fig. 8 e tav. IV, i). Benché il blocco <strong>di</strong> basesia, come si è detto, terribilmente logoro, ( fig.9) tuttavia quanto resta è sufficiente a <strong>di</strong>mostrareche i blocchi sagomati ornavano i fianchidella porta.Abbiamo infine un ritrovamento, la cuipertinenza al tempietto sfiora praticamente lacertezza. È questo un frontoncino (tal. IV, 4;IV, 5), anch'esso in arenaria, <strong>di</strong> fine e delicatolavoro, rinvenuto in numerosi pezzi ed anchein piccola parte incompleto; ma il completamentoper fortuna non lascia a<strong>di</strong>to a dubbi.I frammenti furono trovati da me accatastati<strong>di</strong>etro l'angolo posteriore destro dell'e<strong>di</strong>ficio,là dove certo li avevano fatto accatastaregli assistenti <strong>di</strong> Oliverio, insieme con í restidel fregio. Questa particolare circostanza delluogo <strong>di</strong> ritrovamento costituisce un argomentosecondario in favore della tesi che il fronton-


EF.FIG. 8 - Blocco <strong>di</strong> uno degli stipiti <strong>di</strong> una porta dei tempio <strong>di</strong> Hermes.


ο.500 .50FIG. 9 — Blocco <strong>di</strong> base ad uno degli stipiti del tern- 'pio <strong>di</strong> Hermes.anni abbia coronato la porta <strong>di</strong> accesso alla cella.L'argomento principale è dato però dalle misure.La base del frontoncino misura infattm.2,οο; la porta misura, agli esterni degli stipiti,r. 1,90. Inoltre il modo con cui sono scolpitií lacunari (ve<strong>di</strong> tal. IV, 4) è identico aquello con cui sono scolpiti í lacunari della cornice(tal. III, 4). Il frontoncino, restaurato concura e con amore dal geometra signor Tamagniníe dal bravo signor Saber (tal. V, 2), misura,come ho detto, m. 2,00 alla base; m. 2,25fra le punte estreme de lla cornice; l'altezza,misurata dal vertice alla base è <strong>di</strong> cm. 45:l'inclinazione è <strong>di</strong> 12 gra<strong>di</strong>.Uno stesso motivo decorativo adorna tantola base quanto i due spioventi (lo spazio centraleè liscio). Esso consiste, nella parte aggettante,in lacunari alternati con mensolette; in basso,in dentelli oblunghi. Va notato che i dentellidegli spioventi sono perpen<strong>di</strong>colari al suolo soltantoverso il vertice, ma che verso l'esterno<strong>di</strong>ventano perpen<strong>di</strong>colari alla linea obliqua dell'appoggioed al centro <strong>di</strong> ogni lato obliquo11hanno una <strong>di</strong>sposizione interme<strong>di</strong>a tra le altredue.Lateralmente il motivo decorativo seguitaper lo spazio <strong>di</strong> due lacunari e poi termina senzatraccia alcuna <strong>di</strong> frattura ( fig. το). Anche laparete posteriore è liscia, senza tracce <strong>di</strong> rottura.Non va taciuto un ulteriore particolare.La fig. 9 bis ci dà in pianta l'estremità destra(<strong>di</strong> chi guarda) del frontoncino. Nello spigolovi è un piccolo tratto lasciato grezzo, nel qualevisibile un piccolissimo buchino. È assai probabileche in esso s'inserisse il perno <strong>di</strong> un acroteriometallico.Si noti infine che il tratto anteriore dellasuperficie superiore del frontoncino pende leggermentein avanti; un particolare che permette<strong>di</strong> pensare che il frontoncino possa aversormontato non la porta interna, ma quellaesterna.Si nota anche una appen<strong>di</strong>ce verticale chefaceva da contrappeso alla parte aggettante eforse aiutava anche a fissare il frontoncinoalla parete.' Si è rinvenuto inoltre un altro frammentosagomato, una specie <strong>di</strong> mensoletta (tav. IV, 2 efig. ii), che molto probabilmente faceva partedello stesso complesso; ma è troppo mutilo perpoterlo collocare con sicurezza.In sito è rimasta la base de lla statua <strong>di</strong>culto (tav. V, 7; VI, τ) spoglia <strong>di</strong> ogni decorazione,all'infuori <strong>di</strong> uno zoccolo sagomato intagliatonel blocco. È incompleto in alto. Le misuresono: larghezza, senza lo zoccolo, m. 1,48;con lo zoccolo, m. 1,80; profon<strong>di</strong>tà, senza lo%il\~/~J ο ' /0~050Ε. FFIG. 9 bis — L'estremità destra del frontoncino, inpianta.


12L'iscrizione, come si legge oggi e come silegge sulla tav. VI, 2, si trascrive tosi:ΟεΩΜεΓΑλΩεΡΜΙΙΑΝΟΥΑΡΙΟ C∆ΟΥΛεΥχΗΝΗΝεΥ — ΑΜΗΝΥΠεΡΤε CΩΤ ACΚΑΙΝεΙΚΗ CΤ ΚΑIACONOCMAΓNOIεΚΤΩΝΙ∆ΙΩεΨΗΦ ΤΗE .Fο, 50~FAG. io — Uno dei fianchi del frontoncino <strong>di</strong> arenariadel tempio <strong>di</strong> Hermes.zoccolo, cm. 92; con lo zoccolo, m. τ,τ3; altezzacm. 94. Poteva quin<strong>di</strong> sostenere senza <strong>di</strong>fficoltàuna statua <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni normali, anche accompagnatadall'animale attributivo, ossia,in questo caso, l'ariete.I blocchi erano congiunti con lo stesso tipo<strong>di</strong> anathyrosis biconcava che abbiamo riscontratonei blocchi della parete (tal. C).Il pavimento in mosaico della cella è quasitutto conservato; si è soltanto un po' avvallato(tal. V, 6). È <strong>di</strong> una estrema semplicità: rettangolibianchi entro una cornice nera si susseguonocome í filari <strong>di</strong> blocchi <strong>di</strong> un muro.Questo semplicissimo motivo decorativo s'interrompenello spazio che intercede tra la porta ela base della statua <strong>di</strong> culto, per far luogo aduna iscrizione in mosaico, che ci dà fortunatamenteil nome del <strong>di</strong>o, al quale il tempiettoera consacrato.FIG. ii — Sezione <strong>di</strong> una mensoletta frammentaria,forse pertinente al frontoncino.


13Prima <strong>di</strong> passare all'analisi dell'epigrafe,debbo avvertire che purtroppo, così come sipresenta oggi e come fu fotografata nel 1958,è in qualche parte frutto <strong>di</strong> un restauro. Unafortuna assai rara ci dà però la versione anterioreal restauro. Questa ci è conservata in unafotografia eseguita íl 2 ottobre 1936, che è riprodottaalla tav. VI, τ. La fotografia ha il <strong>di</strong>fetto<strong>di</strong> esser presa <strong>di</strong> sbiego; tuttavia permette <strong>di</strong>correggere alcuni errori del mosaicista moderno,í quali sono andati ad aggiungersi a quelli delmosaicista antico (o <strong>di</strong> chi gli consegnò il testoda mosaicare). Le correzioni sono le seguenti:r. τ: εΡΜΙ sta evidentemente per ΕΡΜΗTεC sta evidentemente per ΤΗΣIl sigma finale <strong>di</strong> ΤΥΙ~ ed il sigma iniziale<strong>di</strong> σωτηρiος si sono fusi nella scritturaΝεΙΚΗC sta per ΝΙΚΗΣL'ultima lettera è stata dal mosaicistamoderno restaurata in un'alfa, anzichéin un lambda.l'ultima lettera è stata dal mosaicistamoderno restaurata in uno iota, anzichéin una ipsilonr. η: L'ultima lettera è stata d al mosaicistamoderno restaurata in uno iota, anzichéin una ny.r. 8: La lettera sotto il delta <strong>di</strong> Ι∆ΙΩΝ èindubbiamente una epsilon, come lo <strong>di</strong>mostrail trattino centrale, ancora presentenello stato anteriore al restauro.Alla fine dell'ultima riga si vede l'inizio <strong>di</strong>una lettera ricurva nel tratto superiore sinistro:la lettera può essere stata O, E, C, Ω,Φ, Θ.Inoltre vi è posto per una o due lettere ancora.Trascrivo perciò, dopo aver corretto glierrori e completato le lacune e le abbreviazioni,nel modo seguente:Oeιj Μεγά λ9 `Ερµ ' Ιανουκριος 8οΰ λ (ος) ε Yχή ν,ή ν εúξό ιην &τcYρ τή ; σω[τΗρ s]ας κΟ ν ί κης T[s](βερ ί ου) Κλ (αυδ ί ου) ' Ιά σονος Μό yνου &ι Τώ ν ι6 ~ωνi] Ψηιρ[ο ~]11[σαÈ interessante notare come da un lato abbiamodue itacismi (` Εφµά , νεικην) spiegabilicon la pronuncia cosiddetta moderna — cheperò era allora già in uso da vari secoli — edall'altra da alcuni errori che chiamareí italiani,derivanti d α11'ímριegο della epsilon inluogo della eta (secondo il pessimo uso delle nostrescuole, per il quale le due vocali si pronuncianonello stesso modo, con conseguenze similia quelle qui riscontrate). Questo tipo <strong>di</strong> errorespiegabile solo da parte <strong>di</strong> chi abbia bensiappreso che le due lettere si trascrivevano ambeduenell'alfabeto latino con la lettera e, mapoi non abbia appreso a <strong>di</strong>stinguerle nello scriverlein caratteri greci. Ed infatti questo fattore(giacché non può trattarsi <strong>di</strong> un servo qualunque:da dove avrebbe preso i sol<strong>di</strong> per il suoregalo?) porta un nome italico e non potevacerto essere nativo del luogo. Doveva avereanche una certa istruzione, se sapeva scriverein greco, sia pure con errori.Traduco perciò così: « Io, Gennaro, servo,(sottinteso: sciolgo) il voto che feci al gran <strong>di</strong>oHermes, per la salvezza e la vittoria <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>oGiasone Magno. A mie spese pavimentai inmosaico » 8.Si osservi che il buon Gennaro si limitò apavimentare in mosaico il tempio e non a<strong>di</strong>nnalzare tutto il tempietto (se lo avesse fatto,dovremmo pensar molto male <strong>di</strong> lui); e forseil solo pavimento, non troppo artistico invero,della sola cella. Il tempio quin<strong>di</strong> dev'essereanteriore alla guerra per la quale parti GiasoneMagno. Ma non <strong>di</strong> molto; anzi fu probabilmenteproprio la partenza per la guerra quella cheimpedì questo ultimo piccolo completamento; el'affezionato fattore si premurò <strong>di</strong> compierlo, appenasaputo che era terminata vittoriosamentela guerra, in modo che il padrone, all'arrivo,avesse la gioia <strong>di</strong> trovare il lavoro ultimato.Datazione. È possibile dare al tempiettouna datazione? Penso <strong>di</strong> si.Un primo criterio <strong>di</strong> datazione è costituitodal nome <strong>di</strong> colui che può ritenersi con certezzaquasi assoluta l'e<strong>di</strong>ficatore del tempio, ossia<strong>di</strong> Tiberio Giasone Magno. Questo nome riappare,così completo, altre tre volte, che però siriducono in realtà a due. Una prima volta in una6) Seguo la lettura e la integrazione che PuglieseCarratelli dà in Annuario della Scuola ArcheologicaItaliana in Atene. XXXIX-XL = Nuova serie XXIII-XXIV, 1963, pag. 285, n. 1'1, fig. 85.2


14epigrafe, sulla quale l'in<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong> questo nomeappare come sacerdote eponimo <strong>di</strong> Apo llo Ktistese come consacrante <strong>di</strong> una qualche cosa cheera retta dai blocchi <strong>di</strong> tufo sui quali è incisal'iscrizione de<strong>di</strong>catoria '. L'iscrizione è tanto piùpreziosa, in quanto è datata nel periodo <strong>di</strong>corregenza <strong>di</strong> Marcaurelio e Commodo, ossianegli anni fra il 177 ed il 180 8 .Lo stesso nome riappare in due de<strong>di</strong>cheidentiche, le quali quin<strong>di</strong> possono considerarsicome una sola. Il nome è accompagnato dalverbo όό φώ µενος che lo qualifica come il consacrantedella vasca retta dalla base iscritta 8.I1 pio sacerdote ed offerente coincide colguerriero per il quale faceva voti il fedeleIanuario ? La questione non è oziosa, data lafatale abitu<strong>di</strong>ne degli Antichi <strong>di</strong> dare lo stessoprenome e cognome e persino secondo cognomenon solo a nonno e nipote, ma ad<strong>di</strong>rittura apadre e figlio, per non parlare <strong>di</strong> zíí e cugini.E, col nome, anche la ricchezza e spesso la posizionee la funzione sociale.Di Giasone Magno sappiamo dunque chefu sacerdote eponimo <strong>di</strong> Apollo in un anno frail 177 ed il ι8ο. Poiché all'eponimato non si giungevacerto in gioventù, la sua attività guerrieradeve cadere prima <strong>di</strong> questo periodo. Il regno<strong>di</strong> Commodo e quello <strong>di</strong> Antonino Pio furonocontrad<strong>di</strong>stinti da una profonda pace esteriore,mentre quello <strong>di</strong> Marcaurelio lo fu, al contrario,da una successione <strong>di</strong> guerre, interrotta solodalla pace del 177. Questa, anche se non fu unapace <strong>di</strong> pieno <strong>di</strong>ritto, fu perlomeno una treguavittoriosa, che ebbe tutte le apparenze de llaOL.τνειττo in Africa Italiana, I, pag. 335, n. 1 7 .Oliverio nel numero seguente a quello della notaprecedente.iερώ λενος è evidentemente participio me<strong>di</strong>oe non passivo: altrimenti le parole εΩx -ώ ν ί δ ί ων nonavrebbero senso. Sul vocabolo έ παγα8Ζ con cui sichiude il testo non è possibile fondare alcuna cronologia,perché un in<strong>di</strong>viduo che sarebbe stato ambasciatorenel 1 77 non pub esser <strong>di</strong>venuto prefetto dell'Egittocinquant'anni pifι tar<strong>di</strong>; inoltre il genitivoxα&ιερώ σαντος al singolare esclude un secondo soggetto.εΩπ' ά yα$ι) è invece una formula finale <strong>di</strong> buonaugurio, corrispondente al latino feliciter, <strong>di</strong> cuitroviamo alcuni esempi, adoperati in questo sensonel thesaurus linguae latinae, alla voce rispettiva.pace, tanto che l'imperatore celebrò il trionfo. Èquin<strong>di</strong> altamente probabile che l'iscrizione <strong>di</strong>Januario, in ringraziamento per la salvezza ela vittoria <strong>di</strong> Giasone Magno — la quale presupponeappunto la notizia <strong>di</strong> un armistizio vittorioso— sia stata posta ai primi del 177; l'eponímatosarebbe stato allora un premio per il reducevittorioso. Quanto tempo però il rifacimentodel mosaico sia rimasto incompiuto, non losappiamo, giacché non sappiamo in che annoGiasone sarebbe partito lasciando l'e<strong>di</strong>ficioincompiuto. Ma poiché le ostilità contro í Partie gli Armeni cominciarono nel τ6τ, potrebbedarsi che i lavori sieno rimasti interrotti inquell'anno.Tuttavia non voglio nascondere che esistala possibilità che il mosaico possa essere datatouna generazione più tar<strong>di</strong>. Sappiamo infattiquanto sia purtroppo <strong>di</strong>ffuso nell'antichità ilvezzo <strong>di</strong> dare al figlio il nome del padre, che asua volta è il medesimo del nonno, dello zio,del cugino, in modo da creare una vera cruxper noi stu<strong>di</strong>osi moderni. Benché non sappiamonulla <strong>di</strong> un Giasone Magno, figlio <strong>di</strong> colui chefu sacerdote eponimo <strong>di</strong> Apollo Ktístes, nullac'impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> pensare che egli avesse un figlioomonimo, che avrebbe lasciato erede dei moltibeni, dei quali sappiamo essere stati dotati ípotentiores in Africa dopo Antonino Pio 10;ed, insieme con i beni, delle molte liturgie, connessecon le cariche e le ricchezze. La guerravittoriosa, alla quale allude Januario, potrebberoallora essere una de lle tante campagne <strong>di</strong>,Settimío Severo.L'argomento per la datazione più bassa èfornito dai due elementi architettonici salvatisi(oltre al fregio ed all'architrave dei quali hoparlato poco fa) : il frontoncino e la cornicedella porta interna.La cornice della porta, con la sua sagomatormentatissima, ricorda moltissimo la cornice<strong>di</strong> una porta del teatro <strong>di</strong> Sabratha 11.Io) Sui potentiores nel Basso Impero (ma il fenomenos'iniz ί 6 senza dubbio già sotto Marcaurelio)ve<strong>di</strong> R. Paribeni, in Roemische Mitteilungen 55, 1940,pag. 1 32-1 33.ι) Cnauτo, Il teatro <strong>di</strong> Sabratha, tav. 6,5, 69. Sequesta datazione è giusta, al periodo severiano andreb.


15Il trontoncirio, anch'esso tormentatissimo, ricordaanch'esso il cornicione del parasceni delmedesimo teatro; si che a me sembra che nonsi possa dubitare che si debbano datare colregno <strong>di</strong> Settimio Severo 12 •Abbiamo perciò due possibilità. La p rimache il tempio sia stato ultimato col pavimentoa mosaico (che è, naturalmente, l'ultima operada eseguire) verso il τ8o e che verso íl 210 siastato abbellito con una porta interna assairicca; ovvero che il pavimento sia coevo a llaporta. La data più recente avrebbe il vantaggio<strong>di</strong> far rientrare í lavori nel tempietto nel quadrogenerale del lavori nell'insula. Fra le due ipotesi,mi sembra preferibile la seconda, secondoquanto spiegherà nel capitolo decimosecondo,de<strong>di</strong>cato appunto alla datazione della domus.La data del mosaico e della porta costituisconosolo un terminus ante quem. Fortunatamentealcuni elementi ci permettono <strong>di</strong> stabilire unacronologia relativa dei rimaneggiamenti subitidall'e<strong>di</strong>ficio; o almeno, da questo vano.Va anzitutto notato (debbo questa osservazioneall'acuto sguardo della signorina arch.Fiandra) che la base della statua <strong>di</strong> culto nonparallela al fondo del vano, ma se ne allontanain modo irregolare (questo particolare èvisibile sulla sezione a tav. B) ciò che attestache ha effettuato un movimento rotatorio.Più che ad un terremoto vien fatto <strong>di</strong> pensaread un atto <strong>di</strong> sabotaggio dei rivoltosi giudaici,ben ° assegnate anche la porta sagomata <strong>di</strong> LeptisMagna (Palla<strong>di</strong>o, I, 1937, pag. 16, fig. 24) e la portaisolata <strong>di</strong> Hierapolis Castabala (Palla<strong>di</strong>o, 1957, pag.56 , fi g. 3).12) Cλρυυro, Il teatro <strong>di</strong> Sabratha, tal. 66. Un frontoncinocon í dentelli ad inclinazione variata — comesul nostro — è riprodotto in Stu<strong>di</strong> in onore <strong>di</strong> Calderini& Paribeni, I, pag. 577, fig. 6 (Crema), che non mísembra in alcun modo anteriore al terzo secolo dopoCristo. Mensole simili a quelle del nostro frontoncínosi ritrovano a Mileto: Milet, I, 7, pag. 246-249, fig.248-252, <strong>di</strong> età romana tarda (così nell'intestazionedel capitolo a pag. 229).A prima vista, le mensolette del frontoncino (tav.IV, 4) sembrano identiche a quelle del cornicione (tal.III, 4); ma, guardando bene, si nota una <strong>di</strong>fferenzanella sagoma, che ben si accorda con í tre o quattrosecoli, che postulo fra la data del frontoncino e quelladell'e<strong>di</strong>ficio.che per far cadere la statua <strong>di</strong> culto, ne scalzaronola base, puntando una leva fra la base ela parete.Chi restaurò la cella non si preoccupò nemmeno<strong>di</strong> rimettere la base al posto originario,ma si limitò a rinzeppare con intonaco grossolanoe piccole pietre il vuoto creatosi. Questointonaco grossolano si trova pure sui muri dellacella e certamente fu steso nella medesima occasione(tav. VII, 4). È questo infatti il risultato<strong>di</strong> un piccolissimo saggio in profon<strong>di</strong>tà (l'uniconella zona del tempietto), praticato in un puntodel pavimento, attiguo alla parete, che avevaperduto il rivestimento in mosaico. Questosaggio <strong>di</strong>mostrò che al <strong>di</strong>sotto dell'intonacoattuale ce n'era stato un altro più fine. Lostrato più antico è visibile solo ad un livellopiù basso del pavimento attuale; ma un <strong>di</strong>copriva certamente l'intera parete. Per faraderire l'intonaco, (non sappiamo se il secondo,o già il primo), i blocchi furono scalpellati inmodo assai rozzo, come si può constatare allatav. VII, 4. E rozzo è anche l'intonaco finale,che è <strong>di</strong> cocciopisto ed è spesso da 5 a τo millimetri.Che lo strato d'intonaco fine sia precedenteallo spostamento della base, è confermato anchedal fatto che il mosaico va a finire incontroad esso, anziché continuare al<strong>di</strong>sotto, come<strong>di</strong> regola: ciò si vede, aguzzando ben la vista,sulla tav. V, 3.Abbiamo dunque due perio<strong>di</strong>, <strong>di</strong>stinti daidue strati d'intonaco. Dobbiamo postularneun terzo, ancora più antico, durante il quale lepareti si presentavano lisce, senza intonacoaffatto? Un particolare lo farebbe pensare. Laparete del pronao che corrisponde alla parete<strong>di</strong>visoria si presenta perfettamente liscia e regolare.Ma, d'altra parte, in tutte le altre paretiinterne i giunti verticali dei blocchi non sonocosl perfetti come quelli esterni, ma sono apertied irregolari. Per conseguenza, permangonole due possibilità.L'iscrizione centrale, con la de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Januarioè inquadrata in modo che la cornicecorra parallela alla base, quale essa stava dopolo spostamento: dunque è posteriore allo spostamentostesso (tal. V, 6 e tav. C).


16Il mosaico laterale (che insiste su un pavimento<strong>di</strong> pietra) invece si regola sui muri. Evidentementeil mosaicista ha tenuto conto dellospostamento della base soltanto per quantoriguardava la de<strong>di</strong>ca (questa infatti riguardavail <strong>di</strong>o che stava sulla base), ma non per il resto;né, francamente, possiamo dargli torto. Ne consegueuna <strong>di</strong>vergenza tra la cornice del mosaicocon l'iscrizione ed il mosaico laterale, che imitablocchi. La <strong>di</strong>vergenza è ben visibile sullatav. V, 6.In un momento posteriore fu restauratol'angolo superiore destro della de<strong>di</strong>ca, con laparola EPMI ed il tratto contiguo 13 come sivede dalle tessere che sono <strong>di</strong>fferenti da quelleoriginarie, ossia più grosse (tav. V, 4).Di guisa che avremmo quattro perio<strong>di</strong>struttivi, che possono <strong>di</strong>ventare cinque, seammettiamo un periodo in cui le pareti eranodel tutto prive d'intonaco. Limitandoci aquattro abbiamo:τ) periodo dell'intonaco fine;devastazione del santuario, attestatodal movimento rotatorio della base de lla statua<strong>di</strong> culto;restauro del santuario, attestato dalmosaico rozzo e dal mosaico de<strong>di</strong>catorio;guasto e restauro del tratto <strong>di</strong> mosaicoattorno alla parola EP ΜI.Il secondo periodo coincide, naturalmente,con la rivolta giudaica del 115. Il terzo congli anni '80, o 200, secondo ho esposto piùsopra. Il quarto <strong>di</strong>fficilmente sarà posterioreall'e<strong>di</strong>tto costantiniano.Per determinare il primo, che è il più importantegiacché è la data <strong>di</strong> fondazione dell'e<strong>di</strong>ficio,abbiamo due criteri.33) Secondo la mia collaboratrice, l'architetto signorinaFiandra, il danno ed il restauro susseguentenon avrebbero interessato solo il tratto attiguo allaparola EPMI, ma tutto il tratto a destra ed a sinistradell'iscrizione. Cif risulterebbe dalla <strong>di</strong>fferente grossezzadelle tessere.Ρerδ a me sembra che in un restauro raffazzonatoquesto argomento non debba avere gran peso. Adogni modo, giu<strong>di</strong>chi il lettore. Del resto, la questionenon ha grande importanza.Il primo è quello tecnico, per il quale lasciola parola alla mia collaboratrice, l'architettoE. Fiandra:« Nel complesso la lavorazione è moltoaccurata e tende soprattutto a raggiungereun effetto <strong>di</strong> perfezione in tutte le parti visibilie <strong>di</strong> soli<strong>di</strong>tà nelle parti non in vista. Si notauno stu<strong>di</strong>o dei particolari tecnici che tende adevitare ogni <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> lavoro per le partinascoste; queste non vengono trascurate, matrattate in modo utile e conveniente al soloscopo statico.Il ricordo della perfezione classica, sia purelimitatamente alle parti in vista, è ancora vivo;tuttavia prevalgono i sistemi ingegnosi e praticiche mirano ad ottenere un buon risultato esteticoe soprattutto una lavorazione rapida edefficace ed un facile e celere montaggio delmonumento. Il sistema dei blocchi, con le faccecontigue, non a contatto, ma concave, attenuail rischio delle rotture agli spigoli e non ritardala rifinitura esterna, essendo gli spigoli in vistagià. rifiniti a pie d'opera. Queste osservazioniportano a concludere che il tempio potrebbeessere un'opera <strong>di</strong> tipo tardo-ellenistico ».Sin qui l'architetto, signorina Fiandra. L'altrocriterio è stilistico. Chi esamini l'excursus suitempli ad oikos che ho messo insieme con parecchiafatica (più giù, pagg. 110-122), constateràche templi <strong>di</strong> questo tipo sono frequentiin età arcaica, rarissimi in età classica, piuttostorari in età ellenistica e del tutto assentiin età romana. I pochi <strong>di</strong> età ellenistica sono de<strong>di</strong>catiquasi tutti a <strong>di</strong>vinità orientali, a Serapidein primo luogo. Il criterio stilistico co inciderebbequin<strong>di</strong> con quello tecnico.Per restringere maggiormente i limiti delperiodo ellenistico, può forse giovarci la considerazione(che non so però quanto sia va lida)che l'uso <strong>di</strong> imitare-prima in stucco e poi inpittura — le lastre marmoree (quello ci08 che sisuol chiamare il primo stile pompeiano) risale,a quanto sembra, alla fine del secondo secoloavanti Cristo.Se poi ammettiamo un periodo delle paretiprive dι intonaco, potremmo collocare la fondazionedel tempíetto alla metà del ii secolie l'abbellimento con l'intonaco fino alla fine.


17Se infine ci doman<strong>di</strong>amo perché il tempiofu de<strong>di</strong>cato ad Hermes e perché il voto per ilfelice ritorno del padrone in guerra fu fattoproprio a quel <strong>di</strong>o, più che vedervi una <strong>di</strong>vinitàlocale interpretata romanamente 14, preferiscopensare che torni a galla l'antico e mai<strong>di</strong>menticato concetto <strong>di</strong> Hermes come <strong>di</strong>o deiviandanti. Il tempio stava infatti sulla stradache conduce al wa<strong>di</strong>-el-kebir e quin<strong>di</strong> al mare.Il <strong>di</strong>o era ringraziato dai viaggiatori che giungevanostanchi, ma salvi ed era invocato da coloroche stavano per iniziare il viaggio, maiscevro <strong>di</strong> pericoli <strong>di</strong> ogni sorta. Come maiperò sarebbe stata de<strong>di</strong>cato ad Hermes untempio dl foggia così lontana dalla norma deitempli ellenistici ?La risposta mi sembra assai semplice. Essoera in origine de<strong>di</strong>cato ad una <strong>di</strong>vinità orientale,probabilmente Serapide: in età ellenistica,al tempo della tutela dell'Egitto su Cirene, ciònon avrebbe nulla <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario. Dopo la rivoltagiudaica, in piena età impe riale, allorchéil dominio politico dell'Egitto era cessato deltutto e vigeva solo il dominio politico <strong>di</strong> Romae quello culturale greco era predominante comemai prima, nulla <strong>di</strong> strano che Serapide facesseposto ad Hermes.Un'ultima considerazione, attinente allasistemazione urbanistica del quartiere. Il tempiettoè volto, come <strong>di</strong> norma, verso oriente,senza tener conto della strada. Dovrebbe quin<strong>di</strong>essere anteriore alla sistemazione <strong>di</strong> Via delleErme. Poiché il cosiddetto cαρ ί tolium — il qualefu eretto nell'ultimo anno del regno <strong>di</strong> Adriano— tiene conto della strada, dovremmo forseconnettere la sistemazione della Via delle Ermecon la riorganizzazione della città dopo la repressionedella rivolta giudaica. Sarebbe questauna ulteriore conferma che il tempietto è anteriorealla rivolta.14) Ch. PICARD in Les réligions de l'Afrique Romaine,pag. 128, elenca alcuni esempi <strong>di</strong> culti a Mercurioin città africane. Alcuni templi de<strong>di</strong>cati a questo<strong>di</strong>o in Africa sono elencati in CAGNAT-GAUCKLER, LesMonuments historiques de l'Algérie, vol. I, in<strong>di</strong>ce apag. 159, alla voce Mercure.APPENDICELa signorina architetto Enrica Fiandra,oltre alle numerose osservazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne tecnico,delle quali ho fatto tesoro nel corso dellarelazione, ne ha redatto altre, che ritengoutile riportare qui appresso.« I blocchi — tanto delle pareti esterne,quanto <strong>di</strong> quelle interne — sono costituiti da uncalcare marnoso compatto, <strong>di</strong> color grigio gial -lino, privo <strong>di</strong> conchiglie.La lavorazione degli elementi architettonicie dei blocchi della muratura è molto accuratae le particolarità struttine sono interessantiper la loro ingegnosità.Le superfici verticali esterne dei blocchisono accuratamente spianate con uno strumentodentato e poi ripassate a colpi <strong>di</strong> martellinapiana, che lascia sulla faccia una finerigatura (tav. VII, i).Le facce dei blocchi che si trovano a contattocombaciano perfettamente lungo un nastro(anathyrosis) della larghezza <strong>di</strong> pochi centimetri(cm. 2 χ 2,5) sul filo verticale esterno. Questaparte <strong>di</strong> contatto è finemente lavorata conla martellina dentata (tal. VII, 2), mentre l'internodella faccia è ribassato con un andamentolunato, per allontanare le due facce a<strong>di</strong>acenti,in modo che non presentino punti <strong>di</strong> contattointerni, í quali potrebbero impe<strong>di</strong>re l'accostamentodei blocchi, il quale invece deve essereperfetto verso l'esterno (tav, VII, 3 e tav. C).Queste facce sono rozzamente sbozzate con unostrumento a punta.Il lato superiore dei blocchi presenta unaduplice lavorazione: una prima sgrossaturaottenuta con uno strumento a punta, che producegran<strong>di</strong> incisioni, larghe 5 o 6 cm., <strong>di</strong>stanziatele une rispetto alle altre. Su questa grossolanasbozzatura, una seconda lavorazione,più accurata, con un grossa martellina a dentilarghi, spiana la superficie (tal. I, 3 VI, 3).Sulla faccia superiore dei blocchi si vedonoanche gli intagli eseguiti al momento della posain opera per azione delle leve, che servivano aspingere il blocco nella sede esatta (tal. VI, 3).Di solito, un solo intacco si trova al centro dellacongiungente i punti estremi della faccia curva

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