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13.07.2015 Views

LUIGI REITANI“DI UN LINGUARE”. LINGUE ARTIFICIALINELLA POESIA TEDESCA DEL NOVECENTODurante una guerra una sentinella francese e una sveva si fronteggianoal di qua e al di là del Reno. Il soldato francese, forse perscacciare la noia, cerca di provocare il nemico e gli grida “Filou!Filou!”. Il soldato svevo però non sa il francese e non capisce il significatooffensivo della parola. Il suono gli fa pensare piuttosto alladomanda tedesca “Wieviel Uhr?” - “Che ore sono?”. E così gentilmenterisponde nel suo dialetto: “Halber vieri” - “Le tre e mezzo”.Le differenze tra le lingue, si sa, portano a degli equivoci e latraduzione si muove nello spazio tra queste differenze, uno spazioequivoco, che è spesso uno spazio tra due voci e tra due culture. Lastoriella dei due soldati divisi dal fiume e dalle lingue è stata raccontatada Johann Peter Hebel nel suo Tesoretto 1 e ha già offerto spuntoa molte riflessioni 2 . “Filou” non significa certo “che ore sono”, mala sua traduzione in “Wieviel Uhr” non è forse così sbagliata comepotrebbe sembrare. Il soldato svevo ha optato per l’unico livello linguisticoa lui accessibile: quello del significante. La sua risposta ignoraBabele e le difficoltà di comunicazione tra gli uomini. Ignora l’aggressivitàverso chi non parla la propria lingua e per questa sola ragioneè un “filou”, un imbroglione. Nessuna traduzione – nel sensopiù vicino all’etimologia di tradurre, ossia di trasportare qualcosa daun luogo a un altro – è impossibile come quella tra chi è diviso dauna guerra e da un fiume reso invalicabile dalle armi. La sentinellasveva ha tradotto l’offesa in una domanda e ha dato così l’unica ri-1Cfr. J.P. HEBEL, Storie di calendario, a cura di G. Bevilacqua, Venezia, Marsilio, 1996,pp. 76-77.2Cfr. G. KAISER, Kannitverstan oder: Über den Vorteil, keine Fremdsprachen zu sprechen,in Zwiesprache. Beitrüge zur Theorie und Geschichte des Übersetzens, a cura di U. Stadler,Stuttgart-Weimar, Metzler, 1996, pp. 403-404.173

LUIGI REITANI“DI UN LINGUARE”. LINGUE ARTIFICIALINELLA POESIA TEDESCA DEL NOVECENTO<strong>Durante</strong> <strong>una</strong> <strong>guerra</strong> <strong>una</strong> <strong>sentinella</strong> <strong>francese</strong> e <strong>una</strong> <strong>sveva</strong> <strong>si</strong> <strong>fron</strong>teggianoal di qua e al di là del Reno. Il soldato <strong>francese</strong>, forse perscacciare la noia, cerca di provocare il nemico e gli grida “Filou!Filou!”. Il soldato svevo però non sa il <strong>francese</strong> e non capisce il <strong>si</strong>gnificatooffen<strong>si</strong>vo della parola. Il suono gli fa pensare piuttosto alladomanda tedesca “Wieviel Uhr?” - “Che ore sono?”. E così gentilmenterisponde nel suo dialetto: “Halber vieri” - “Le tre e mezzo”.Le differenze tra le lingue, <strong>si</strong> sa, portano a degli equivoci e latraduzione <strong>si</strong> muove nello spazio tra queste differenze, uno spazioequivoco, che è spesso uno spazio tra due voci e tra due culture. Lastoriella dei due soldati divi<strong>si</strong> dal fiume e dalle lingue è stata raccontatada Johann Peter Hebel nel suo Tesoretto 1 e ha già offerto spuntoa molte rifles<strong>si</strong>oni 2 . “Filou” non <strong>si</strong>gnifica certo “che ore sono”, mala sua traduzione in “Wieviel Uhr” non è forse così sbagliata comepotrebbe sembrare. Il soldato svevo ha optato per l’unico livello linguisticoa lui acces<strong>si</strong>bile: quello del <strong>si</strong>gnificante. La sua risposta ignoraBabele e le difficoltà di comunicazione tra gli uomini. Ignora l’aggres<strong>si</strong>vitàverso chi non parla la propria lingua e per questa sola ragioneè un “filou”, un imbroglione. Ness<strong>una</strong> traduzione – nel sensopiù vicino all’etimologia di tradurre, os<strong>si</strong>a di trasportare qualcosa daun luogo a un altro – è impos<strong>si</strong>bile come quella tra chi è diviso da<strong>una</strong> <strong>guerra</strong> e da un fiume reso invalicabile dalle armi. La <strong>sentinella</strong><strong>sveva</strong> ha tradotto l’offesa in <strong>una</strong> domanda e ha dato così l’unica ri-1Cfr. J.P. HEBEL, Storie di calendario, a cura di G. Bevilacqua, Venezia, Mar<strong>si</strong>lio, 1996,pp. 76-77.2Cfr. G. KAISER, Kannitverstan oder: Über den Vorteil, keine Fremdsprachen zu sprechen,in Zwiesprache. Beitrüge zur Theorie und Geschichte des Übersetzens, a cura di U. Stadler,Stuttgart-Weimar, Metzler, 1996, pp. 403-404.173


sposta certa all’incerto de<strong>si</strong>derio di comunicazione tra gli uomini: laconsapevolezza del tempo che passa. Un tempo umanizzato e scanditoin frazioni fin troppo umane dal dialetto.Ascoltare le parole come suoni, e attribuire a questi suoni dei<strong>si</strong>gnificati sulla base di libere associazioni, è naturalmente un’attivitàludica, a cui però non <strong>si</strong> può negare un potenziale di conoscenza.“Filou, filou / Wieviel Uhr?”. Questi suoni potrebbero essere i ver<strong>si</strong>di <strong>una</strong> filastrocca. Quante ninne nanne, in ogni lingua e idioma, nonci parlano di bimbi “filou” e del tempo che passa? Qualche volta <strong>si</strong>tratta di preghiere. Una poe<strong>si</strong>a di Christian Morgenstern ci spiegache anche i piccoli caprioli pregano di notte, giungendo “i piedinipiccolini”, “die kleinen Zehlein”, che in tedesco fanno rima con i“Rehlein”, i “capriolini”.Die Rehlein beten zur Nacht,hab acht!Halb neun!Halb zehn!Halb elf!Halb zwölf!Zwölf! 3Morgenstern gioca sulla somiglianza tra l’imperativo “hab acht”(“fa’ attenzione”), che rima con “Nacht”, “notte”, e l’espres<strong>si</strong>one“halb acht”, le “sette e mezzo”. Nell’enumerazione del tempo checostituisce la preghiera dei caprioli <strong>si</strong> può così passare indisturbatida “hab acht!” a “Halb neun!”, da “<strong>si</strong>i attento” a “le otto e mezzo”,fino alla mezzanotte, l’ora in cui un piccolo capriolo deve fare certopiù attenzione. “O Mensch! Gib acht! Was spricht die tiefeMitternacht?” – “Uomo, <strong>si</strong>i attento! Cosa dice la mezzanotte profonda?”aveva scritto Nietzsche nello Zarathustra, e Mahler aveva messoin mu<strong>si</strong>ca questi celebri ver<strong>si</strong> nella III <strong>si</strong>nfonia. Forse Morgensternnon intendeva parodiare Nietzsche, ma il suo testo vi conduce perassociazione. La preghiera non è solo scan<strong>si</strong>one delle ore, come san-3C. MORGENSTERN, Werke und Briefe, vol. III, Humoristische Lyrik, a cura di vonMaurice Cureau, Stuttgart, Urachhaus, 1990, p. 61.174


di Morgenstern è ricalcata sul vocabolo “Mondkalb”, letteralmenteun “vitello l<strong>una</strong>re”, che de<strong>si</strong>gna in tedesco un aborto attribuito all’influenzanefasta della l<strong>una</strong> e, in senso figurato, un idiota.Das MondschafLa pecora di l<strong>una</strong>Das Mondschaf steht auf weiter Flur. La pecora di l<strong>una</strong>, nella vasta pianura,Es harrt und harrt der großen Schur. aspetta aspetta la grande tosatura.Das Mondschaf. La pecora di l<strong>una</strong>.Das Mondschaf rupft <strong>si</strong>ch einen Halm La pecora di l<strong>una</strong> bruca d’erba un filino,und geht dann heirn auf seine Alm. e dopo torna a casa al suo pascolo alpino.Das Mondschaf La pecora di l<strong>una</strong>.Das Mondschaf spricht zu <strong>si</strong>ch im Traum: La pecora di l<strong>una</strong> parla con sé nel sogno:‘Ich bin des Weltalls dunkler Raum’. ‘Dell’universo intero il punto scuro sono’.Das Mondschaf La pecora di l<strong>una</strong>.Das Mondschaf liegt am Morgen tot. La pecora di l<strong>una</strong> alla mattina è morta.Sein Leib ist weiß, die Sonn ist rot. Il sole tutto rosso e la sua spoglia è smorta.Das Mondschaf. La pecora di l<strong>una</strong>.La poe<strong>si</strong>a è costruita su un <strong>si</strong>stema di distici a rima baciata, sulmetro alternato dei giambi e sulla ripetizione qua<strong>si</strong> osses<strong>si</strong>va del titolo,che forma un refrain dopo ogni distico. Di questa poe<strong>si</strong>a e<strong>si</strong>ste<strong>una</strong> ver<strong>si</strong>one italiana di Anselmo Turazza del 1961 7 , più volte ripubblicata,<strong>una</strong> più recente di Giorgio Cusatelli 8 e <strong>una</strong> terza di LuciaBorghese 9 . Tutti e tre i traduttori <strong>si</strong> sono sforzati di rendere il <strong>si</strong>stemadelle rime di Morgenstern 10 , con e<strong>si</strong>ti diver<strong>si</strong>. Per raggiungere ilsuo scopo Turazza non ha e<strong>si</strong>tato a ricorrere a un italiano arcaico eun po’ retorico, con alcuni bruschi cambiamenti di registro stilisticoe qualche manierismo. Il semplice verso “Sein Leib ist weiß, die Sonn’ist rot” <strong>si</strong> trasforma nella sua ver<strong>si</strong>one in “Sol biancore ha il suocorpo, solo ha il sole rossore”. Lucia Borghese non teme l’effetto straniantedei diminuitivi e rende lo stesso verso con “Bianco è il suocorpo, rosso il solicino” (che rima così con “mattino”). La traduzio-7C. MORGENSTERN, Canti grotteschi, trad. it. di A. Turazza, Torino, Einaudi, 1966, p. 15.8In Poe<strong>si</strong>a tedesca del Novecento, a cura di A. Chiarloni e U. Isselstein, Torino, Einaudi,1990, p. 43.9In C. MORGENSTERN, Fatti l<strong>una</strong>ri, a cura di G. Cusatelli e L. Borghese, Parma, Guanda,1990, p. 93.10 Non così Federica Pierini nella citata edizione illustrata per bambini.176


ne di Cusatelli è <strong>si</strong>ntatticamente e les<strong>si</strong>calmente più semplice e, con<strong>una</strong> sola inver<strong>si</strong>one, riesce ad ottenere il miracolo, in sei ca<strong>si</strong> su otto,di <strong>una</strong> corrispondenza perfetta delle parole italiane in rima con quelletedesche. Il punto debole di questo virtuo<strong>si</strong>smo linguistico è peròl’assonanza “sogno / sono”, che sostituisce la rima “Traum / Raum”.Meglio, forse, aveva proposto Mittner in <strong>una</strong> nota della sua Storiadella letteratura 11 , rendendo il distico con un’assonanza più vaga,che ha tra l’altro il vantaggio di <strong>una</strong> maggiore aderenza semantica:“La pecora l<strong>una</strong>re parla a sé nel sogno: / ‘Io sono lo spazio oscurodel cosmo’”.Das Mondschaf non crea problemi di distinzione zoologica comeil “Rehlein” di Das Gebet, ma la parola è ugualmente un rompicapoper un traduttore, come ogni sostantivo composto di lingua tedesca.“Pecora di l<strong>una</strong>” (Cusatelli) e “pecora l<strong>una</strong>re” (Mittner) sono traduzioniconformi alla pras<strong>si</strong> con cui <strong>si</strong> rendono in italiano gli aggregatitedeschi: la pecora resta <strong>una</strong> pecora e la l<strong>una</strong> qualcosa che laqualifica, un suo aggettivo o un complemento di specificazione. Il“pécoro l<strong>una</strong>re” di Turazza – fatto proprio anche da Lucia Borghese– è invece qualcosa di diverso da un animale da cortile e probabilmentepiù vicino al grottesco di Morgenstern. Si potrebbe forse suggerirecome soluzione la “pecora-l<strong>una</strong>”, replicando in italiano il compostotedesco.Lo stesso Morgenstem ha tradotto Das Mondschaf in un latinomaccheronico. L’animale diventa qui Lunovis. Non entro nell’anali<strong>si</strong>di questa auto-traduzione, che è qualcosa in più di uno scherzocolto. Vorrei solo sottolineare come Morgenstern renda entrambe lelingue, latino e tedesco, lingue artificiali. Rima, metro e refrain prevalgonoampiamente sui valori semantici.Della sua pas<strong>si</strong>one per le “lingue inventate” l’autore parla in <strong>una</strong>lettera che commenta Das große Lalula, <strong>una</strong> poe<strong>si</strong>a scritta con paroleche non <strong>si</strong> troveranno in nessun dizionario. I valori fonetici e graficisono qui diventati assoluti e determinano la struttura stessa dellacompo<strong>si</strong>zione. Con Lalula Morgenstern è pervenuto alla <strong>fron</strong>tieradella poe<strong>si</strong>a fonica, che sarà oltrepassata dieci anni dopo dagli esperimentidadaisti di Hugo Ball e Kurt Schwitters. Karawane, la poe<strong>si</strong>a11 L. MITTNER, Storia della letteratura tedesca. Dal realismo alla sperimentazione (1820-1970), Torino, Einaudi, 1971, p. 1033, nota 17.177


con cui Ball definisce se stesso inventore di “ver<strong>si</strong> senza parole”,inizia così: “jolifanto bambla ô falli bambla / gros<strong>si</strong>ga m’pfa hablahorem”. Il grande Lalulà di Morgenstem non è ancora <strong>una</strong> “carovana”di suoni disparati, come nel caso di Ball, ma suggerisce piuttostol’idea di un dialogo contrappuntistico in <strong>una</strong> lingua dalle sonoritàesotiche. Mi limito alla prima strofe:Kroklokwafzi? Semememi!Seiokrontro - prafriplo:Bifti, bafzi; hulalemi:quasti basti bo...Lalu lalu lalu la! 12È ancora pos<strong>si</strong>bile tradurre questo tipo di poe<strong>si</strong>a? Per farlo, forse,occorrerebbe l’ingenuità del soldato svevo sul Reno. Ma è anchevero che l’impos<strong>si</strong>bilità della traduzione coincide qui con la sua inutilità.La poe<strong>si</strong>a fonica dei dadaisti e la lingua artificiale del Lalulànon hanno bisogno di essere tradotte. Anch’esse, in un certo senso,ignorano Babele o forse ne sono l’estrema e radicale conseguenza.Non tutta la poe<strong>si</strong>a dada varca comunque questa <strong>fron</strong>tiera. AHugo Ball, certo, risalgono poe<strong>si</strong>e come Totenklage (Lamento funebre)e Katzen und Pfauen (Gatti e pavoni), in cui il gioco fonetico è inun certo senso prevedibile, qua<strong>si</strong> naturalistico nel suo mimetismo.Presentando queste poe<strong>si</strong>e in appendice al suo bel libro sulla poe<strong>si</strong>adadaista tedesca, Luigi Forte <strong>si</strong> è ovviamente limitato a tradurre ilsolo titolo 13 . Non è questo il caso di <strong>una</strong> poe<strong>si</strong>a di Kurt Schwitter<strong>si</strong>ntitolata Frühe rundet Regen blau 14Frühe rundet Regen blauRunde das GrünSchlafe maies LandGrüne Tropfen tropfenweiseLeise Tropfen tropfen leiseRunde schlaf LandSchlafe grüne TropfenwieseGrüne Tropfen sanften LiedGrünen Grüne grün.Alba tondeggia pioggia bluTondeggi il verdeDormi terra maggiaiolaVerdi gocce goccia a gocciaLievi gocce gocciolano lieviTondeggia dormi terraDormi verde campo di gocceVerdi gocce addolciscono cantoVerdeggiano verzura verde.12 C. MORGENSTERN, Werke und Briefe, cit., vol. III, p. 61.13 L. FORTE, La poe<strong>si</strong>a dadaista tedesca, Torino, Einaudi, 1976, pp. 148-149.14 Ivi, pp. 274-275.178


Una prima particolarità del testo ri<strong>si</strong>ede nel rendere incerte ledistinzioni tra le parti del discorso. La forma dell’imperativo rendea prima vista i verbi <strong>si</strong>mili a aggettivi, mentre i sostantivi al pluraleappaiono identici ai verbi in terza persona. Tra aggettivi, avverbi,sostantivi e verbi c’è, insomma, identità fonetica. Ma sono soprattuttole allitterazioni e il ritmo a rendere la poe<strong>si</strong>a <strong>una</strong> nenia. Tra lapos<strong>si</strong>bilità di restituire fedelmente la semantica delle parole e la “impos<strong>si</strong>bilità”di ricostruirne i valori ritmici-fonetici in italiano, il traduttoreha scelto la prima strada, <strong>una</strong> scelta più che giustificata dallanatura comples<strong>si</strong>va del volume. Ci <strong>si</strong> può chiedere naturalmente sequesta traduzione ci avvicini alla poetica di Schwitters. L’impos<strong>si</strong>bilitàdella traduzione è qui compensata da <strong>una</strong> traduzione che onestamenteaccetta e dichiara i suoi limiti.Se tutte le strade portano a Roma, le vie del linguaggio portanospesso a Vienna. La grande lezione della poe<strong>si</strong>a dada ha trovato neglianni Cinquanta un fertile terreno nella capitale austriaca. In questostraordinario arcipelago di esperienze e movimenti, che ha avutoil suo centro ideale nella co<strong>si</strong>ddetta Wiener Gruppe, <strong>si</strong> colloca l’operadi Ernst Jandl, poeta nato nel 1925 e recentemente scomparso.A ragione, il primo volume di poe<strong>si</strong>e di Emst Jandl, pubblicatonel 1966 con il titolo Laut und Luise, è stato giudicato <strong>una</strong> sorta dicompendio dei procedimenti sperimentali dell’avanguardia. Si trovanoqui poe<strong>si</strong>e foniche, poe<strong>si</strong>e vi<strong>si</strong>ve, poe<strong>si</strong>e scritte per la recitazione,testi plurilinguistici, poe<strong>si</strong>e che utilizzano il dialetto viennese in manierastraniante, montaggi di parole. A queste direttrici di ricerca Jandlha aggiunto negli Settanta l’elaborazione di <strong>una</strong> heruntergekommenesprache, un “linguare malandare”, il cui materiale finisce per somigliaremolto al tedesco parlato dai lavoratori immigrati in Austria oin Germania. Von einen sprachen, “di un linguare” – da cui ho trattoil titolo di questo mio intervento – è <strong>una</strong> poe<strong>si</strong>a programmatica, che<strong>si</strong> fonda su <strong>una</strong> grammatica sconnessa, in cui i generi dei nomi sonoconfu<strong>si</strong> e la morfologia dei verbi alterata. Ancora <strong>una</strong> volta <strong>si</strong>amo di<strong>fron</strong>te a <strong>una</strong> lingua artificiale, che muove però da <strong>una</strong> domanda difondo sulla pos<strong>si</strong>bilità di <strong>una</strong> comunicazione tra gli uomini che non<strong>si</strong>a menzogna e contraffazione. Ho provato a rendere questa poe<strong>si</strong>ain un italiano ugualmente alterato, “traducendo” nella lingua d’arrivoi criteri di manipolazione di cui <strong>si</strong> è servito Jandl.179


von einen sprachendi un linguareschreiben und reden in einen heruntergekscrivere e parlare in un linguare malandare[onunenen sprachensein ein demonstrieren, sein ein es zeigen, wie weit essere un mostrare, essere un lo dichiarare,[fino a che puntoes gekommen sein mit einen solchenen: seinen mistigen esser<strong>si</strong> giunti con uno talare: suo monnezzoleben er nun nchmen auf den schaufeln von worten vitare lui ora prendère su pale di paroleund es demonstrieren als einen den stinkigen haufen e lo mostrare come uno degli puzzolo<strong>si</strong>[mucchiettidenen es seien. es nicht mehr geben einen beschönigen cui esso sarebbere. esserci non più uno[ritoccare,nichts mehr verstellungen. oder sein worten,più niente contraffare. o essere parole,[auch stinkigen [anche puzzoloseauch heruntergekonunenen sprachen-wortenanche parole in un linguare malandare[in jedenen fallen [in ognun casoeinen masken vor den wahren ge<strong>si</strong>chten denen<strong>una</strong> mascherare dinanzi ai volti veri,[zerfressenen [cui avrebbere la lebbrahaben den aussatz. das sein ein fragen, einen tötenen. 15 ro<strong>si</strong>cchiatolo. questo essere un domandare,[un mortalàre. 16Il “linguare” di Jandl non è puro virtuo<strong>si</strong>smo, e nemmeno unprogramma ideologico. In wien: heldenplatz, <strong>una</strong> delle sue poe<strong>si</strong>epiù note e riuscite, l’autore ricostruisce uno degli eventi di maggiorimpatto traumatico nella storia austriaca nel Novecento: il discorsodi Hitler a Vienna nel marzo del 1938, subito dopo l’Anschluß nella“piazza degli eroi”, gremita <strong>si</strong>no all’invero<strong>si</strong>mile. La partecipazionedegli austriaci alla tragedia nazista è riassunta in un linguaggio artificialeche sembra sorprendentemente anticipare, anche nellatematica, il Gadda di Eros e Priapo. La tecnica di condensazionedelle parole, operata secondo un procedimento joyciano, sovrapponetra loro i diver<strong>si</strong> campi semantici della sessualità, della mistica religiosae della politica, con l’effetto di mostrare le tendenze distruttivee autodistruttive del fascismo. La poe<strong>si</strong>a lavora con le “maschereacustiche” – per riprendere un termine di Elias Canetti – mutuatedalla realtà storica del comizio e ne palesa la valenza nascosta.15 E. JANDL, Gesammelte Werke, a cura di K. Siblewski, Frankfurt am Main,Luchterhand ,1985, vol. II, p. 322.16 Ho pubblicato <strong>una</strong> traduzione leggermente diversa in Luci lune luoghi. Antologia dellapoe<strong>si</strong>a austriaca contemporanea, a cura di L. Reitani, Milano, Marcos y Marcos, 1999, p. 217.180


wien: heldenplatzder glanze heldenplatz zirkaversaggerte in maschenhaftem männchenmeeredrunter auch frauen die ans maskelkniezu heften heftig <strong>si</strong>ch versuchten, hoffensdick.und brüllzten wesentlich.verwogener stirnscheitelunterschwangnach nöten nördlich, kecheltemit zu-nummernder aufs bluten feilzer stimmehinsensend sämmertliche eigenwäscher.pirsch!döppelte der gottelbock von Sa-Atz zu Sa-Atzmit hünig sprenkem stimmstummel.balzerig würmelte es im männechenseeund den weibern ward so pfingstig ums heilzumahn: wenn ein knie-ender <strong>si</strong>e hirschelte. 17Ho cercato di tradurre questa poe<strong>si</strong>a ricostruendo il gioco dellecontaminazioni semantiche e l’impatto fonetico. Faccio solo dueesempi, per brevità 18 . Nella prima strofe il soggetto è la stessa piazza,a cui <strong>si</strong> riferisce il verbo all’imperfetto “versaggerte”, in cui confluisconoprobabilmente “versagen” (fallire, rinunciare), “versacken” (sprofondare)e forse anche l’inglese “to sag” (incurvar<strong>si</strong>), laddove il prefissover- è in ogni caso da intender<strong>si</strong> in senso peggiorativo. Ho reso questoverbo con “straflosciava”, che conserva un’analogia strutturalenella formazione del prefisso e <strong>una</strong> vaga assonanza nella sonorità,lasciando però piuttosto pensare a qualcosa che <strong>si</strong> affloscia (con <strong>una</strong>certa connotazione sessuale) o a un’inver<strong>si</strong>one ironica di straripare.Può dar<strong>si</strong> che il paradigma di associazioni semantiche offerto da“versaggerte” <strong>si</strong>a più vasto. Straflosciare indica in ogni caso <strong>una</strong> direzionedi lettura, che capovolge la retorica delle manifestazioni dimassa, in cui le piazze straripano o traboccano. Nella terza strofe lavoce di Hitler (che non è mai nominato nel testo) è definita un moncherino(in tedesco “Stummel”) che è “sprenk”, aggettivo in cui sovrap-17 E. JANDL, Gesammelte Werke, cit, vol. I, p. 124.18 Un’anali<strong>si</strong> della poe<strong>si</strong>a con particolare riguardo ai problemi della sua traduzione initaliano nel mio saggio Fra<strong>si</strong> e “Safri”. Sulla traduzione italiana di “wien: heldenplatz”, inErnst Jandl. Proposte di lettura, a cura di L. Reitani, Udine, Forum, 1997, pp. 51-68.181


pongono probabilmente le parole “Sprenkel” (macchia) e “streng”rigido. A ciò <strong>si</strong> aggiunge la precisazione avverbiale “hünig”, forse unincrocio tra “Hahn” (gallo) e “Hüne” (gigante). Ho reso questo grovigliocon la combinazione “gigallescamente sgronfia”, mantenendol’allitterazione. Il primo termine è appunto contaminazione tragigantesco e gallo, con “falso” suffisso avverbiale; il secondo è deformazionedi gonfio, che tende a sgorbio.vienna: piazza degli eroil’intersa piazza degli eroi all’incircostraflosciava in mesto<strong>si</strong> ometti oceanicitra loro anche donne, che al ginocchio mascolaredi premere pressanti <strong>si</strong> tentavano, pregne di sperare.e mugghiolavano essenzialmente.baldranzoso sottoslancio sulla <strong>fron</strong>te ciuffosaper benbisogno nordico, grintolavacon voce innumerante<strong>si</strong>, corrupata di sangue,falciando completo<strong>si</strong> i mi-faccio-i-cazzi-miei.puntare!straltellava il diuccio-caprone da Sa-Afre a Sa-Afrecon moncherin di voce gigallescamente sgronfia.fregolando vermeggiava il mare di omettie per le femmine fu penecoste sulla heil,tantro più se incervate dall’inginocchio a corna. 19L’autonomia del <strong>si</strong>gnificante non è certo <strong>una</strong> scoperta del Novecento.Ma certamente la poe<strong>si</strong>a novecentesca <strong>si</strong> caratterizza per isuoi artifici, per il suo por<strong>si</strong> ineluttabilmente dopo Babele. Non solola traduzione è impos<strong>si</strong>bile. Impos<strong>si</strong>bile è la stessa pretesa di <strong>una</strong>comunicazione non frammentaria. In <strong>una</strong> stupenda poe<strong>si</strong>a del 1961Tübingen. Jänner, dedicata a Hölderlin, Paul Celan ha espresso constraordinaria lucidità il nostro bisogno di balbettare suoni e parole,di inventare nuove lingue, di dire il mondo senza dirlo, al di qua e aldi là dei fiumi che ci dividono:Venisse,venisse un uomo,venisse al mondo un uomo, oggi,19 Luci lune luoghi, cit., p. 209.182


con la barba di luce che fudei patriarchi: potrebbe,se parlasse di questotempo, solamentebal- balbettareconti-, conti-,nuamente, mente.(“Pallaksch. Pallaksch”) 2020 P. CELAN, Poe<strong>si</strong>e, a cura e con un saggio introduttivo di G. Bevilacqua, Milano,Mondadori, 1998, p. 381.183

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