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Liceo Scientifico “De Giorgi” Lecce XI GIORNATA FAI DI ...

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La famiglia MatteiA Paolo succedono Filippo I, Alessandro I, Filippo II, Alessandro II,Giuseppe Antonio,Paolo Bonaventura Mattei fino ad AlessandroIII, l’ultimo dei Mattei in quanto nonlasciando eredi legittimi il feudo passa alla famiglia dei Carignani.Filippo I fonda il monastero di S.Maria delle Grazie a Villa Convento con l’annessachiesetta di S.Onofrio, il quale portale (con lo stemma di famiglia)è stato attribuitoalle maestranze del Riccardi (grande architetto di notevole fama), e erige la chiesettacosiddetta “Nuova”, in via Libertini a <strong>Lecce</strong>, all’interno della quale si ritrovano leinsegne dei Mattei.Filippo II (1570-1580) fa costruire la chiesa di S.Oronzo, a pianta ottagonale, un veroe proprio gioiello che riproduce in maniera speculare l’abside della chiesa di S.Croce in<strong>Lecce</strong>, probabilmente perchè opera delle maestranze del Riccardi.Alessandro II fu un importante umanista e mecenate.Ospitò nel palazzo baronale il filosofo e medico di Leverano Girolamo Marciano il qualescrisse l’opera <strong>“De</strong>scrizione, Origini e Successi di Terra d’Otranto”.In quest’opera, che fu pubblicata nell’800, il Marciano dice chiaramente di essersiservito della biblioteca di Alessandro Mattei “ricchissima di tanti libri che non ha parinella provincia” per completare la sua stessa <strong>“De</strong>scrizione”.Recentemente, sono state rintracciate in maniera occasionale presso la BibliotecaInnocenziana di <strong>Lecce</strong>, 23 cinquecentine sui cui frontespizi è annotato l’ex libris diAlessandro Mattei II. Alessandro II era amico dei gesuiti e di BernardinoRealino,spesso ospite della famiglia Mattei, indicato da una leggenda come il fondatoredel pozzo, in seguito scomparso, di fronte al palazzo.Al tempo vive un gesuita novolese,Francesco Guerrieri, persona straordinaria,eruditissimo, che è in contatto epistolare con Torquato Tasso, Galilei, ecc.. di cui si hadocumentazione.Prove scritte ci sono anche della corrispondenza tra la famiglia Matteie San Bernardino Realino.Altra figura enigmatica ma importante è il contemporaneo Frate Lorenzo, autore di unimportante carta geografica di terra d’Otranto andata perduta, di cui è attestatal’esistenza in un libro che riporta l’opera del Galateo e in documenti della BibliotecaVaticana.Ad Alessandro III succedono i Carignani che posseggono di il feudo fino alla fine delSettecento,quando viene abolita la feudalità.


Il palazzo baronaleIl castello fu sicuramente fatto costruire da Paolo Mattei in seguito all’acquisizione delfeudo nel 1520.Il primo documento che attesta l’esistenza di tale edificio è datato 1533, data in cuiFilippo Mattei, denunciando la morte del fratello Paolo, paga il rilievo, cioè la tassa peril possesso di un castello vigente all’epoca.Da un documento datato 1844,dell’Archivio di Stato di <strong>Lecce</strong>,abbiamo un’idea dellastruttura del palazzo.Esso constava di un pianterreno con magazzini per il deposito di oli e vini e altriambienti come il carcere e le scuderie, e dal Piano Nobile composto da:1) Sala e Cappella2) Quarto Grande: sala da pranzo, stanza di compagnia, stanza dell’organo, stanzadi letto del padiglione, stanza dell’uccelliera;3) quarto piccolo: sala, stanza da letto, camera di riporto, cucina,4) quarto dell’agente: stanza, stanza di ricevimento, sala da pranzo, stanza daletto, avanti cucina, cucina.Nel 1888 Cosimo De Giorgi pubblica un opera fondamentale, “La provincia di <strong>Lecce</strong>bozzetti di viaggio”!, nella quale si ha una descrizione storica e monumentale di tutti icomuni della provincia salentina.Riguardo al palazzo ducale novolese dice essere occupato in parte dai Carabinieri e inparte dalle scuole comunali. I sotterranei cono stati convertiti in frantoi dai SignoriPlantera, i possessori dell’epoca.Elogia i Mattei i quali, testualmente “hanno sempre cercato il decoro e il lustro diquesta comunità”; aggiunge poi informazioni sulla struttura del paese di quel tempo.Dal castello all’attuale zona cimitero si estendeva una zona boscosa, terreno di cacciadei Mattei, nel quale ha sede la Masseria della Corte o Baronale, all’interno del quale èun trappeto cinquecentesco, detto “alla calabrese”, scavato nella roccia.Tale masseria conserva parte della torre oltre al trappeto.Il De Giorgi parla della Villa e denomina la precedente zona “Parco Reale” nel quale haluogo una sorgente di acqua limpidissima.Nel 1707 la masseria della Corte e il palazzo vengono infatti descritti in un “apprezzo”dell’epoca, documento nel quale veniva registrato tutto ciò che vi era nel feudo, fattodal “Tavolario” Donato Gallarano.


Alcuni Nomi illustri di Novoli:• Alessandro Mattei II• Francesco Guerrieri• Frate Lorenzo• Benedetto Mazzotta• Nicola Mazzotta• Pasquale Andrioli• Pasquale Francioso• Fratelli Guerrieri• Oronzo Parlangeli, grottologo di fama internazionale, concittadino novolese,tragicamente morto in un incidente stradale.Chiesa di S. OronzoAll’interno la chiesa ottagonale riprende specularmene la soluzione adottatanell’abside della Chiesa di S. Croce in <strong>Lecce</strong>, testimonianza dell’azione dell’opera inentrambe del Riccardi.L’elemento ottagonale è tipico del Riccardi.La presenza del monogramma dei gesuiti può essere giustificata dall’amicizia di FilippoII, padre di Alessandro Mattei, con San Bernardino Realino, il quale potrebbe averfatto personalmente la richiesta di un tempietto dedicato al Salvatore.Infatti alla nascita tale chiesa è dedicata al Salvatore e alla Vergine.Altare è datato 1706 ed è stato fatto costruire da Alessandro III, (l’ultimo dei Mattei).Lo stile è barocco e secondo gli studi del Cazzato si deve alle maestranze del Cino,architetto impegnato nella costruzione della chiesa matrice.Sul muro esterno a sinistra dell’ingresso si intravede una croce, detta “l’orologio te lintichi” poiché secondo un’antica tradizione è una meridiana, ideata da Frate Lorenzo.Infatti quando l’ombra della lesena del portale taglia nel centro la croce segna ilmezzogiorno astronomico di Novoli.La colonna “mozza” sull’arco che sovrasta l’altare è nata così, non è il troncamento dialcuna colonna in quanto durante il rifacimento del pavimento non si è trovato alcunriscontro di un eventuale basamento.


Sul muro dietro la chiesa si trovano le tracce di un’iscrizione e di un affresco. Alrestauro di tale chiesa ha provveduto una delle Confraternite di Novoli. Attualmenteprende il nome di Chiesa di S.Oronzo, in quanto ospita tale santo.Chiesa dell’ImmacolataLa chiesa dell’Immacolata è la chiesa più antica di Novoli, nonostante laristrutturazione non renda minimamente l’idea di questo.Tale è l’importanza della suddetta chiesa da aver ricevuto da parte dellaSovrintendenza ai beni culturali il riconoscimento di interesse storico -artistico (vincolodi legge del 1939).La chiesetta era in origine una delle tante laure basiliane (gruppo di capanne o digrotte scavate nella roccia ognuna separata dalle altre ma con una chiesa in comunein cui vivevano da anacoreti i monaci bizantini) in tutto il Salento, edificata dai monacibasiliani profughi dall’oriente.Consta di una sola navata coperta a tre campate a crociera. La terza con l’abside,anche se realizzata nei primi del secolo XX, deve essere inclusa nel seguenteprovvediemento del problema in quanto facente parte di tutto il complessoarchitettonico.La facciata è caratterizzata da un sobrio portale d’accesso sovrastato da un oculo concornice e conclusa in alto da un timpano triangolare con cornicione lievementeaggettante.Di pregevole valore l’affresco bizantineggiante della Madonna col Bambino posto alcentro dell’abside.Probabilmente perciò le origini di tale chiesa risalgono alla migrazione nel IX secolonel Salento dei monaci greci che portavano il culto della Vergine Odegitria oMadonna di Costantinopoli.Allo stesso periodo, probabilmente, risale un frammento di affresco, anche questoconservato, raffigurante un angelo e una figura di donna aureolata. Probabilmente èl’Ospitalità di Abramo in quanto richiama il cosiddetto affresco nella chiesa di S.Apollinare a Ravenna.La sua storia è documentata attraverso le visite pastorali.Tra il 1948 e il 1954 la struttura fu profondamente mutata allungando l’unica navatacon la demolizione dell’abside. In quella circostanza si fecero scoperte di notevoleimportanza per la storia di Santa Maria de Nove.


Durante questi lavori sul muro ad ovest ove era effigiata in affresco la Madre di Dio,venne alla luce un blocco di conci di tufo, saldamente cementati tra loro di 1,20m x0,70, che recava da un lato l’affresco visibile dall’interno della chiesa, e dall’altro,verso il giardino, non visibile, un secondo affresco di non facile interpretazione ecertamente di più antica data.Dallo stato delle cose apparve subito chiaro che tutto il blocco con i due affreschi erastato segato, intero, da un muro preesistente e inglobato nel fabbrico successivo dellaChiesa, salvando alla vista solo la parte che più interessava e cioè l’affresco dellaMadre di Dio.Inoltre si scoprì il Cimitero ipogeo sempre creduto una fantasia del luogo.Francesco Pellegrino, sacerdote novolese così descrive il ritrovamento dei corpi dialcuni monaci:“Tentammo di far degli scavi, rompendo a sinistra lungo il muro, nel centro dellachiesa.Giunti al terzo metro di profondità ecco una sorpresa: si apre un vuoto, un buioisignificante, pauroso. Introducendo una lunga asta con una lluce guardiamo.O Dio, una sala funerea, un vero soccorfeo della Chiesa.V’eran per terra, senza gelosia della cassa, i cadaveri tutti vestiti di un lungo saio eincappucciati.Eran lì l’uno accanto all’altro, senza affastellamento, ma con comodità, messi agiacere, con le mani giunte come se fossero addormentati pregando, “nell’attesa dellagrande speranza e che venga il nostro Salvatore Gesù”. Riempito il posto disponibile,era stata posta ai loro piedi una fila di mattoni tufacei a secco: quindi un’altra fine dimorti come prima, indi i mattoni di tufo e poi altri morti, e poi mattoni finoall’occupazione dei posti disponibili nella Cappella funeraria.Non vi è dubbio che prima della fila da noi scoperta per prima c’erano le altre filemorti intervallati parimenti dai mattoni di tufo.Come mai tutti i cadaveri erano vestiti col saio? Tutti monaci? Probabilmente eranocomuni fedeli che venivano vestiti col saio.”Gli affreschi si componevano di 3 strati, cosa tipica dei monaci basiliani.Per quanto riguarda l’affresco dell’Odegitria, è bene tener presente che in essa tutto ilmondo cristiano riconosce la Madonna di Costantinopoli, il cui culto ha avuto origineda una colossale immagine dipinta da S. Luca, Apostolo, pittore e medico, che per


essere stato amico di Gesù dovette conoscere personalmente la madre, Maria diNazareth, per cui quella immagine può considerarsi un ritratto dal vero della Madonna.Quella immagine fu donata nel 438 dall’Imperatrice Eudossia alla Agusta Pulcheria diCostantinopoli e in questa chiesa fu venerata fino alla caduta dell’Impero Romanod’Oriente. Testimonianza delle origini bizantine di questa antica chiesa.L’apparente crepa sul lato è in realtà il giunto dell’allungamento della navata.Nella zona antistante la chiesa nel martedì dopo pasqua si faceva la fiera dellaCuddhrura o della Cuddura (pane), fiera documentata.I resti degli affreschi incorniciati al lato dovevano probabilmente stare ai lati dellachiesa e rappresentano storie di monaci.Alcune famiglie avevano la tomba di famiglia nel convento dei domenicani a VillaConvento.

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