Quel sottile filo di seta - Orville Viaggi

Antonio Barletti
Le terre
più vicine
al cielo
“Questo centro del
cielo, questo nucleo
della terra, questo
cuore del mondo,
cinto di nevi”.

Francesco Milanesio
Carla Milone
Gino Arrobbio
Giorgio Casadio
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7
Ennio Maffei

Tibet
Lhasa, Potala, imponenti scalinate conducono al “Vaticano buddista”
Mi apprestavo a lasciare dietro di me un mondo fatto di permanenze...
Angelo Tondini
Nella terra degli dèi...
Il Tibet, questo sterminato altopiano grande quasi quanto l’Europa che separa e
collega allo stesso tempo le steppe mongole alle pianure indiane, è, e soprattutto
è sta to, un immenso crocevia di razze, culture, religioni, etnìe e civiltà. Forse nessun
altro luogo dell’Asia ha altrettanto colpito la fantasia e l’inconscio del mondo
oc cidentale. Il Tibet come Shangri-là dello spirito... luogo mitico dove i saggi
potevano volare, do ve la gente era felice, dove alcuni iniziati avevano forse scoperto
il segreto dell’immortalità. Così appariva il Tibet in tanti libri e romanzi
dell’Otto cen to e dei primi de cenni del Novecento Il Tibet, come del resto nessun’altra
nazione del nostro pianeta, non era un mitico paradiso terrestre, la gente
non era tutta e sempre felice e nessuno aveva scoperto l’elisir di lunga vita. Quella
tibetana era pe rò una civiltà di grande valore. Poco sviluppata dal punto di vista
del progresso materiale era invece incredibilmente progredita sotto il profilo della
ricerca filosofica e interiore.
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Angelo Tondini

...di certezze razionali, tempi e luoghi conosciuti, per spiccare un salto...
Lhasa
“Camminavamo velocemente, Tsi Po tala
cresceva a vista d’occhio. Si di stin guevano
ora net tamente le linee eleganti e i suoi
numerosi tetti dorati, i cui angoli aguzzi,
cogliendo la luce, lanciavano lampi... Lha
gyalo!, Sia mo a Lhasa!”. (Alexandra David-
Néel, Viag gio di una parigina a Lhasa). Nella
valle di Lhasa, a 3650 metri di altitudine, si
arriva dopo aver sorvolato le nevi perenni
del l’Himalaya in un’atmosfera netta e trasparente
che dà ai colori una straordinaria
smaglianza. Per chi arriva via terra, Lhasa si
an nuncia da lontano con i tetti scintillanti
dell’antico tempio di Jokhang e del Potala,
im mensa nave di pietra ancorata alla montagna,
palazzo fortezza dalle mille stanze,
pa lazzo tempio delle duecentomila statue
che cu stodisce la storia del Tibet.
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Lhasa, ingresso del tempio di Jokhang
Giovanni Dardanelli
Lhasa, 1940, Hugh Richardson. Tibet oltre la leggenda, Skira, Milano 1998

Tibet
Shigatse, cittadella monastica di Tashi Lumpo
nell’altrove, una fuga in avanti, o forse un balzo all’indietro...
Bandierine con le preghiere affidate al vento delle alte quote
Gyantse: un gyamchen, simbolo della fioritura del buddismo, la cupola del Kum Bum e le antiche mura
Deserto, meraviglia, mistero
“I tetti d’oro luccicavano sempre più vivi. Ora si vedono le pareti bianche dei
monasteri. Si scorgono le mura che limitano la città e galoppano sulle creste,
come la Muraglia della Cina. Infine si sentono, portate dal ven to, le voci
pro fonde delle trombe lunghissime suonate nei monasteri. Tra ver sia mo un
torrente; migliaia di piccole “preghiere” bianche garriscono alla brez za; i
tet ti d’oro sfavillano come gocce di sole cadute fra le colline. È un arrivo da
fa vola. Deserto, meraviglia, mistero. Ed i campani degli yak che riempiono
l’a ria d’un loro canto” (Fosco Maraini, Se greto Tibet).
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Giuseppe Cavaglià
Angelo Tondini

Angelo Tondini
verso il Tibet, alla ricerca di quello stato di quietitudine...
“Om mani padme hum„
Shigatse, le eleganti architetture di Tashi Lumpo. Sui tetti in bronzo dorato svettano i simboli del Buddismo
I mulini di preghiera diffondono il sacro mantra Gyantse, pagoda di Kum Bum Offerte agli dèi: fiori e lampade votive
Giancarlo Corbellini
“Om mani padme hum - Salve, o gioiello (Buddha) nel fiore di loto (il mondo)”. Invocazione, litania liturgica che si spande all’unisono tra le
mura dei monasteri, tra le mille raffigurazioni del Buddha, le immagini di dèi e demoni, ora serene ora terrifiche, nell’ardere dei lumi che
devoti e pellegrini alimentano con burro di yak mentre procedono in senso orario prosternandosi sino a toccare con la fronte le sacre effigi.
Centro religioso per eccellenza, il monastero è il luogo dove si celebrano i rituali e le complesse liturgie dei cui effetti godranno non solo
i monaci officianti ma la società intera. Inoltre nel gompa vivono e insegnano i lama, i venerati maestri spirituali detentori di una conoscenza
antica e preziosa di fronte alla quale ogni tibetano prova una reale ed autentica reverenza.
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G. Crivelli
Giovanni Dardanelli

Tibet
Il monastero-fortezza di Yumbulakang, la costruzione più antica del Tibet
Elogio della vita lenta
“Si fa tutto con calma, con quell’equilibrio di cui s’è perduto in occidente perfino il ricordo. Noi corriamo che ci manca il fia to. Essi hanno il tempo
per dimenticare il tempo: che è il segreto per vivere ancora con se stessi” (G. Tucci). La vita scorre se condo ritmi ancestrali, gesti misurati per com -
pie re riti domestici e quotidiani. Le ca se rurali sono generalmente ad un solo pia no, con pochi ambienti dove trovano spa zio arnesi e derrate ali men -
tari, una cu cina ed una sala dove non mancano i cuscini dove abitualmente ci si siede per consumare i pasti ed il té. Le fastose decorazioni che or -
nano gli esterni dei templi trovano rispondenza all’interno della casa nelle piccole cappelle, che sono decorate da pitture, offerte, lumini e pic cole
scul ture: tut to con l’amore dei tibetani per il colore e per i dettagli: nelle vesti e nei gioielli il turchese, il corallo ed il verde brillante so no i preferiti.
Il monastero di Sera. Qui soggiornò padre Ippolito Desideri agli inizi del ‘700
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Giuseppe Cavagliá
Bruno Zanzottera
Ennio Maffei
Monaco con yak di fronte al monastero di Drepung
Giuseppe Cavagliá

Le case di Sakya ai piedi di un possente monastero
...che solo si trova nei grandi spazi, nella voce del vento...
Ornamenti in argento, turchese e corallo fossile
Gino Arrobbio Finestra di monastero. Ogni elemento ha un preciso significato simbolico
Andrea Alborno
Giuseppe Cavaglià
Il pödum è la tipica acconciatura tibetana in oro e turchese
Giancarlo Corbellini

Bruno Zanzottera
Tibet
...ovunque colori e figure apotropaiche e protettive segnavano
Esploratori dell’animo
Il Tibet è stato il Paese in cui il monastero e la figura del monaco hanno
raggiunto un prestigio e un’importanza mai ottenuti altrove. Gompa
grandi o piccoli, ricchi o poveri, appartenenti a questa o quella scuola del
Buddismo tantrico, svolgevano tutti un ruolo fondamentale all’interno del
mondo tibetano. Tradizionalmente il monastero era anche un centro di
cultura, scuola per l’apprendistato di materie laiche come la matematica,
la scrittura, la pittura, la medicina, luogo d'incontro della gente in occasione
della celebrazioni per le principali festività dell’anno tibetano. Fino
all’intervento cinese numerosi erano i gompa che ospitavano stabilmente
dai mille ai duemila monaci e, nella zona di Lhasa, i famosi “Tre Gioielli
dello Stato”, Sera, Drepung e Ganden, arrivavano a contare dai sei ai settemila
religiosi. L’istituzione monastica tibetana ha consentito ad una
notevole parte dell’eredità spirituale del Tibet di trasmettersi e perpetuarsi
nel corso dei secoli.
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Giuseppe Tommasi
Nella penombra dei monasteri si consumano antichi rituali

La fortezza di Gyantse, figlia della rupe
Immagini sacre dipinte sui massi lungo i percorsi dei pellegrini
il cammino verso villaggi remoti, incoronati da diademi di montagne...
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Villaggio adagiato ai piedi delle montagne lungo la Transhimalayana
Giorgio Casadio
Giancarlo Corbellini

Tibet
Gino Gomba
Sopra: Accensione di lumi sotto le volte riccamente affrescate del tempio
A fianco: Tamburo di preghiera
...e mentre nella penombra
dei monasteri mille luci di preghiera
brillavano, i tung-chen scandivano
richiami ancestrali...
Suoni profondi, odori inebrianti
Il suono del tung-chen, dai toni bassi e profondi, fa vibrare corde profonde e misteriose:
colpisce il ventre prima della testa, rinnova sensazioni arcaiche, pone il corpo
in relazione osmotica con l’universo, mentre le trombe gyaling richiamano i confratelli
per l’inizio di una funzione religiosa: la concentrazione è massima, gli odori forti
e inebrianti, i colori sono squillanti. Da un’altra parte, cembali e tamburi accompagnano
danze complesse, quasi sacre rappresentazioni di un medioevo d’Asia, dove
danzatori mascherati assumono movenze antichissime e rituali.
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Angelo Tondini
Carla Milone

Uomini o dèi?
Bruno Zanzottera
vibrazioni dell’aria, maschere terrifiche, segni che proteggono...
La policromia di costumi, maschere e ornamenti, i suoni profondi e drammatici degli strumenti musicali, la potenza simbolica dei movimenti dei
danzatori e le stesse valenze archetipiche delle “storie meravigliose”, raccontate tramite i cham, sono “comunicazioni” che toccano con grande
forza il cuore e la mente di quanti assistono alla sacra rappresentazione. Queste danze si tengono solitamente nei cortili dei monasteri del Tibet
e della regione himalayana in occasione di feste. I monaci danzano per ore e ore raccontando alla folla che assiste i grandi misteri delle fede.
Momento liturgico, meditazione in movimento, preghiera danzata, il cham è un elemento essenziale del “training” monastico. At tra ver so particolari
visualizzazioni e meditazioni il danzatore “entra” nel personaggio e a poco a poco “diventa” la divinità che incarna sulla scena acquisendone
le caratteristiche positive. È questo il principale significato del cham. Portare il danzatore a divenire un tutt’uno con l’archetipo spirituale
rappresentato da questa o quella particolare divinità e, attraverso il potere trasfigurativo della danza, raggiungere quegli elevati stati mentali di
cui le differenti figure dell’universo religioso altro non sono che simboli ed immagini chiare e comprensibili a tutti.
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Giorgio Casadio

Tibet
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Bruno Zanzottera Bruno Zanzottera
Giovanni Dardanelli

I grandi pascoli ai piedi dell’Himalaya
“Tashi Deleg”, che la buona sorte ti accompagni...
In pellegrinaggio al Monte Kailas
Francesco Milanesio
Giancarlo Corbellini
Preghiere e corna di yak, offerte di pellegrini agli dèi della montagna
Gino Arrobbbio

Tibet
Il Monte Kailas, la cima sacra ed inviolata (6714 m)
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Francesco Milanesio
Verso il Kailas: spazio e silenzi senza confini
...e la Montagna
pretende rispetto:
non salita, ma discesa
in se stessi...
Kailas, la pagoda
di cristallo
“La profezia di Buddha dice in gran verità/che questa
montagna di neve è l'ombelico del mondo/un luogo
dove danzano i leopardi delle nevi/La vetta della
mon tagna, quella pagoda che sembra di cristallo/è il
bianco e scintillante palazzo di Demchog.../Questo è
il grande luogo degli yogi perfetti/qui si può raggiungere
la perfezione trascendentale/non esiste al -
tro luogo più splen dido di questo/non esiste altro
luo go più meraviglioso”. Così Milarepa, grande poe -
ta, mistico ed eremita, cantava nel XII secolo il mitico
Kailas, dimora degli dèi e centro dell’universo per
le popolazioni indo-tibetiche. Gli indù lo considerano
il mistico paradiso di Shiva dove il dio siede in perenne
meditazione con la sua consorte Parvati. Per i ti -
betani di fede Bon il Kailas è il “gigante di cristallo”
sul quale Thonpa Shenrab, fondatore della religione
Bon, discese sulla terra dal cielo. Per i tibetani buddisti,
infine, il Kailas è la dimora della divinità tan tri -
ca Chakrasa mvara e della sua consorte Vajravarahi.
Francesco Milanesio

Giancarlo Corbellini
Interno di una casa tibetana
...guardo il mondo con gli occhi del vecchio...
Dove pulsa il cuore dell’Asia
Oggi molte cose sono cambiate sul “Tetto del Mondo” ma questo cuore dell’Asia continua ad esercitare un fascino irresistibile agli occhi del
mondo. Gli sterminati altipiani, le sciabolate di luce pura come il cristallo, i tesori artistici sopravvissuti alle distruzioni della Rivoluzione
Culturale, i laghi d’alta quota, i mari d’erba dei pascoli, gli accampamenti dei nomadi al limitare dell’orizzonte e una dimensione insolita dell’animo
umano, sono “meraviglie” che il Tibet regala al viaggiatore che ne percorre le distese sconfinate. Perso nel dedalo dei monasteri,
seduto sulle rive dello Tsang-po o nelle solitudini inviolate del lago di Lhamo Latso, vedendo apparire dal nulla due pellegrini e osservandoli
scomparire nel nulla lungo un sentiero deserto di montagna, ancora oggi il visitatore può udire il pulsare di questo antico cuore dell’Asia.
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Francesco Milanesio
Francesco Milanesio
Francesco Milanesio

Nepal
...là dove il Sagarmatha è la “testa del cielo”, oltre i ginepri
Chomolungma, la dea madre per i tibetani, Sagarmatha per i nepalesi, Everest (8848 m): ultimo gradino della terra verso il cielo. In primo piano il Nuptse (7879 m)
Pietro Tarallo
Pietro Tarallo
Giancarlo Corbellini

e i rododendri delle sue valli, traguardo ambìto, meta dello spirito...
Nepal, l’armonia
delle diversità
Il Nepal staglia contro le stelle otto delle
quattordici vette che superano gli 8000
metri, in una progressione spettacolare che
fa dell’Eve rest l’ultimo gradino della terra
sospeso nello spazio. Qui le cime più alte del
mondo si scontrano con le foreste tropicali
e le pianure coltivate, il candore delle nevi
eterne si fonde con il verde delle giungle in
uno spazio così breve che l’uomo non può
non restarne coinvolto. Posto al limitare di
due grandi culture, la cinese e l’indiana, il
Nepal è stato luogo di intermediazione tra
conflittualità etniche, religiose, politiche,
crocevia secolare dove fedi e riti si intersecano
e si sovrappongono. È in Nepal che i
profughi tibetani vanno a pregare il Buddha
nei templi di Vishnu. È in Nepal che le lunghe
mani di Shiva abbracciano monaci
lamaisti avvolti in vesti color zafferano,
mentre sgranano corone di preghiere.
Contrasto di paesaggi, di genti e colori,
culture e spiritualità diverse: di colpo il
viaggiatore si rende conto di essere giunto
nell’amalgama più eterogeneo delle
genti, evidenziato da una natura imponente
che per sua stessa indole suggerisce
l’armonia nelle differenze.
Valle di Kathmandu, le gradinate sul fiume Bagmati
G. Crivelli
Giancarlo Corbellini
Valle di Kathmandu, Bhaktapur, all’ombra dei templi si batte il grano
23
Pietro Tarallo

Nepal
...nella città sacra, dove ogni cosa tende al cielo...
24
Pietro Tarallo
Kathmandu
e le città dei Malla
La visita alla valle di Kathmandu è un percorso
nella storia del Nepal, che fu diviso alcuni
secoli fa tra i tre figli del re Yaksha Malla. Si -
tua te in una valle sbarrata da montagne di ol -
tre 6000 metri, a pochi chilometri l’una dall’altra,
queste favolose città d’un tempo
riservano, no nostante l’influenza occidentale,
spac cati di vita immutati nei secoli. Grandi pa -
gode e templi, spazi aperti affollati di statue e
divinità, colonne e legni istoriati, dettagli me -
ravigliosi ed affascinanti: la struttura urbana
di Kantipur, l’odierna Kat hman du, di Lalitpur
e Bhakta-pur, oggi Patan e Bhag daon, rivela
un senso di perfezione estetica che si manifesta
in una singolare fusione di linee, colori e
pro porzioni. Una folla variopinta si aggira
nel la febbrile animazione dei vicoli; negli antichi
spiazzi gli argentieri battono il metallo e i
vasai lavorano al tornio; lungo il fiume sacro
si lavano i panni, si tingono e mettono ad
asciu gare le stoffe, si cremano i morti; al -
l’om bra dei templi tra pellegrini, sadhu e de -
voti, si avvicenda un universo complesso, do -
ve sacro e profano continuano a vivere in perfetta
simbiosi.
A sinistra: Valle di Kathmandu, gli occhi del Buddha
vigilano dalle guglie dei coloratissimi stupa

Pietro Tarallo
Valle di Kathmandu, la leggerezza dei templi in legno di Patan
25
Pietro Tarallo
Giancarlo Corbellini
Valle di Kathmandu, l’immenso stupa di Bodhnath

Mongolia
Le mura esterne del monastero Erdene Zuu
26
Bruno Zanzottera

Bruno Zanzottera
Mongolia, Erizzo Editore, Venezia, 1992
…quando l’uomo leva
lo sguardo dalla traccia
quasi invisibile della pista
cerca un orizzonte…
Mongolia, mondo di steppe e cavalieri
La Repubblica di Mongolia è tra i Paesi meno conosciuti dell’Asia e forse uno dei luoghi più
incontaminati al mondo: qui le tradizioni permeate di rituali sciamanici continuano a trasmettersi
di generazione in generazione nel rispetto della propria terra e in armonia con
la natura. Con i suoi due milioni di abitanti, ancor oggi in gran parte noma di, sparsi in steppe
e deserti grandi cinque volte l’Ita lia, la Mongolia conserva l’eredità del più grande impero
che il mondo abbia mai conosciuto e del più geniale condottiero della storia, molte volte
emulato ma mai eguagliato, Gengis Khan. Un territorio dove nulla ostacola lo sguardo fino
all’orizzonte, deserti e altopiani infiniti delimitati da imponenti catene montuose, praterie
profumate di timo dove l’unico rumore è il suono del vento sui fili d’erba, dove la vita del
nomade è la yurta e il be stiame. Da sempre i pastori mongoli hanno saputo interagire con
il ciclo naturale di vita di greggi e mandrie. In questa parte del mondo, dove la concentrazione
di animali d’allevamento è la più alta di tutto il pianeta, non si è mai fatto uso di stalle:
piuttosto che modificare le abitudini degli animali l’uomo ha preferito infatti adattare
se stesso alle loro esigenze seguendoli nelle loro migrazioni stagionali.
27
Facilmente trasportabile, la ger è l’abitazione tradizionale dei mongoli
Bruno Zanzottera
Bruno Zanzottera

Mongolia
Bruno Zanzottera
Carla Milone
28
...e il vecchio mi guarda,
con un dito indica l’orizzonte
lontano: altra strada ci sarà
da percorrere,
fuori e dentro di me...
Mongolia, solo l’eco del vento
Colline, declivi e sconfinate pianure. La steppa è la storia di una
parte d’Europa d’Oriente e dell’Asia. L’uomo versa una ciotola
di latte sul suolo occupato da una yurta e ringrazia la madre
terra che lo ha ospitato in quel perimetro di sicurezza e calore.
È tempo di andare oltre, verso le montagne, oltre i pianori
frustati dal vento. L’uomo indosserà un cappello di rosso
broccato, e libererà l’aquila per un volo planare, per una gara
di destrezza antica e maschia. È un mondo che la parola - inadeguata
e inascoltabile - non può descrivere. La natura immobile
porta all’eternità. L’uomo è suddito dell’acqua, della montagna,
del fuoco, è custode del silenzio. Smarrito e forte nel
contempo, si muove tra gli infiniti spazi orizzontali. L’uomo si
allontana, sparisce all’orizzonte. Solo l’eco del vento.
Carla Milone

Angelo Tondini
63
Quel sottile
filo di seta
…e sarà questo
un viaggio a ritroso,
attraverso deserti
di onirica immensità,
lungo i i fiumi e le terre
che nutrirono
gli antichi imperi,
leggerò le fiabe dell’oro
e cercherò i i segreti
passaggi tra le rovine.
Cercherò Merv, stella guida
lungo la via della seta, e oltre,
verso l’inaccessibile Taklimakan
sino alle contrade
ultime della Cina,
dove la luce è un filo,
un filo di seta…
Khiva, il Minareto e la medersa di Islam Hoja

Angelo Tondini
Archivio Il Tucano
64

65
Ovidio Guiata
da: La Seta e la sua via - Edizioni De Luca
da: La Seta e la sua via - Edizioni De Luca
da: La Seta e la sua via - Edizioni De Luca

Uzbekistan
66
Angelo Tondini
…arabeschi liquidi
di labirintiche
geometrie
inondano il cielo
con un blu
di Persia...
Samarcanda,
specchio
del mondo
Evoca più di un’emozione. Quasi con un
brivido, il nome Samarcanda si insinua
nel nostro cuore e richiama alla men te
non una città di palazzi e di stra de, ma
un luogo quasi immateriale, inacces si -
bile e lontano, ai limiti del la geografica
co nosciuta. Sede di un im pero che sfiorò
con il suo terrore l’Europa, Sa mar -
canda ha una storia an tica. Nel VI seco -
lo prima della no stra era fu Maracanda,
capitale di un po polo iraniano - i sogdiani
- raffinato e colto. Conquistata
da gli Arabi nel 712, distrutta dalle orde
di Gengis Khan nel 1220 risorse con il
sanguina rio Tamerlano, che la popolò
di artisti ed artigiani, matematici e let -
terati, cal ligrafi persiani fatti prigionieri
nella varie parti dell’impero, che trasformarono
questa città di fango in un
tripudio di colori, per essere lo specchio
del mondo, la prima città dell’Asia.
Samarcanda, la medersa di Tilla Kari,
nel Registan, la “piazza della sabbia”

Angelo Tondini
soffiatori di vetro siriani, architetti e calligrafi giungevano a Samarcanda...
Angelo Tondini Samarcanda, cupola del Mausoleo ottagonale di Gur i Amir
67
Samarcanda, la medersa di Sher Dor, nel Registan, la “piazza della sabbia”

Uzbekistan
68
Ovidio Guaita
...per coprirla
di tappeti
splendenti
di maiolica
o di seta...
Samarcanda,
scenari del passato
Di quella che un tempo era stata il centro
del mondo, ora non restano che le
architetture spettacolari delle mederse
e dei suoi minareti, spettacolari palcoscenici
di un’antica spiritualità. Il mattone
interseca con i suoi toni caldi il
turchese, il blu intenso, il morbido
gial lo delle piastrelle che decorano le
belle cupole innervate, mentre i capitelli
a mukarna - il caratteristico nido
d’ape islamico - riecheggiandosi reciprocamente,
non sono fatti per sostenere
pesi materiali, ma solo il colore
del cielo. E lo sguardo indugia sulle
geometrie labirintiche e cerebrali delle
maioliche e nel golfo d’ombra creato
nei grandi iwan delle mederse: è il ri -
nascimento timuride, che ha attraverato
i secoli.
Samarcanda, Vista del secondo portico
del complesso di Gur i Amir

La carovana di Marco Polo in viaggio nell’Oriente,
particolare della Carta Catalana del 1375
da: I Cavalieri delle Steppe - Giancarlo Ligabue,
Grigore Arbore Popescu - Electa
…mentre
nella città
delle trecento
moschee e delle
cento madrase,
mi accoglie
ancora la voce
di Ibn-sina…
Bukhara
La più misteriosa e fascinatrice delle cit -
tà carovaniere che la Via della Seta nu -
tri va lungo il suo percorso. Attra ver so
le sue porte transitavano ambra, miele
e pellicce, cavalli e vetro, verso est,
men tre seta, gioielli e giada vi giun ge -
va no da oriente per essere quindi
risospinti verso il ricco Medi ter ra neo.
Era la fine del X secolo, l’epoca d’o ro di
Bu khara, quando la forza vivificatrice
del la cultura persiana richiamò intorno
alla sua corte letterati e scienziati,
matematici e geografi: al-Biruni, che
calcolò il raggio della terra, il poeta
Rudaki, lo scienziato Ibn-Sina, Avi cen -
na, che scrisse duecentoquarantadue
trattati scientifici rimasti per secoli te sti
capitali nel l’Europa cristiana.
Angelo Tondini
69

Uzbekistan
…“la città non dice
il suo passato,
lo contiene
come le linee
di una mano”…
Da Bukhara a Nisa
oltre il grande deserto
Il grande palazzo fortificato dell’Arca, sbri -
cio lato e colmo delle memorie di un passato
grandioso e crudele, un tumulto di cupole az -
zurre, madrase e moschee, elevate dai successori
di Tamerlano. Non c’è che un edificio
ri salente ai tempi più an tichi, a Bukhara, so -
prav vissuto alla di stru zione dei Gengis Khan:
il minareto di Khalan, un tessuto di terracotta
risparmiato per i suoi cinquanta metri di
al tezza, sì da diventare punto di orientamento
per le carovane durante i loro viaggi not -
tur ni. Alla dinastia di epoca shaybanide, del
XVI secolo, appartiente la maggior parte dei
monumenti di Bukhara, la cit tà dei caravanserragli,
delle università coraniche, dei
mercati coperti, degli splen didi pilastri tortili
de co rati di maioliche e delle cupole turchesi,
che inondano il cielo con il loro blu di Per -
sia… Verso Sud, oltre il grande deserto di
Ka ra Kum, la città morta di Nisa, con i suoi
bastioni alti venti metri, era capitale dell’impero
dei Parti. Distrutta dai mongoli, ora gia -
ce inghiottita dalla terra, che si impadronisce
dei suoi contorni.
L’antica Nisa, nei pressi di Ashkabad (Turkmenistan) - da: Asie Centrale, Editions Vilo
Ovidio Guaita
70
Bukhara, attraverso gli stucchi decorati rivive l’antico splendore

…sontuosa nei suoi colori dell’ocra e dell’azzurro…
71
Khiva, la cittadella di Kukhna

Uzbekistan
72
Mario Perrone
Angelo Tondini
Angelo Tondini
Khiva, il minareto e la medersa di Islam Hoja
…e quindi verso
la città fortificata
nel deserto…
Khiva, regina del deserto
Nel cuore di un deserto ostile, l’oasi di Khiva è
co me un miraggio. Il suo rinascimento coincide
con il secolo XVI e con la dinastia shaybanide,
che concepì un khanato indipendente da Bu kha -
ra, e Khiva ne divenne la capitale. Nel corso di
tre secoli mercanti d’Asia, di Persia e d’Arabia,
ne fecero la ricchezza, artisti ed artigiani ne di -
chiararono l’unicità: spettacolari sono le sue ar -
chitetture in mattone e pisé, superbe le sue ma -
io liche, rigorosamente bianche e blu.
Cina

Angelo Tondini
Angelo Tondini
Khiva, una cinta fortificata di due chilometri e mezzo circondava l’antica città
73
Khiva, le spettacolari mura di argilla e paglia che cingono la città

Cina …perso
Dardanelli
nella risacca del tempo… Giovanni
Oltre il Pamir e il deserto
del Taklimakan
“Proseguendo nella direzione di greco e di levante,
dopo aver camminato dodici giornate, bisogna contarne
altre quaranta sempre nella stessa direzione
attraverso montagne e vallate, passando fiumi, superando
deserti; e non si incontrano mai abitazioni né
vegetazione. Questa contrada è chiamata Belor e i
suoi abitanti abitano in alto sulle montagne: sono idolatri
e selvaggi, vivono solo di caccia, si vestono di
pelle di animali e sono gente molto selvatica”. Così ci
racconta Marco Polo nel Milione, contribuendo a far
conoscere in Occidente l’esistenza del Pamir, “dove si
dice vi sia la montagna più alta del mondo”. Prima di
lui, con parole analoghe si esprimeva Xuanzang,
monaco buddista che intorno all’anno 629 intraprese
un viaggio che lo portò dalla Cina all’India, lungo un
tracciato percorso per secoli da carovane di cammelli
carichi di seta, pellegrini e viandanti, regioni che ora
si attraversano assai più agilmente grazie alla
Karakorum Highway.
Sotto: Spostamento attraverso gli altopiani
A fianco: Turfan, minareto della Moschea del Sultano Imin
Giancarlo Corbellini
74

Da: Asie Centrale, Editions Vilo
Xinjiang, un’oasi nell’immenso deserto di Taklimakan
Gino Arrobbio Archivio Il Tucano
A Kashgar e sulla strada verso il Pamir: arte islamica nelle terre cinesi di frontiera
75
Jayuguan, ultimi baluardi della Grande Muraglia

Archivio Il Tucano
Cina
Giorgio Casadio Biglingsi, il grande Buddha nella roccia
…fino alle contrade di una lontana Cina feudale,
76
Giancarlo Corbellini
Xi’an, la Pagoda dell’Oca
Jayuguan, la Grande Muraglia

difesa da un esercito di terracotta...
Soldato, Dinastia Qin (221-206 a.C.) - da: Cina 220 A.C., I guerrieri di Xi’An, Abitare Segesta Cataloghi
Ovidio Guaita
Raffinatezze dell’architettura imperiale cinese
Lungo quel sottile e robusto filo di seta
Di carovana in carovana, di mercato in mercato, nel nostro viaggio a ritroso la via della seta cinese supera catene montuose, deserti, luoghi
ostili e pericolosi. Oltre i Passi del Tien Shan, del Pamir e del Karakorum, Kasghar è l’oasi di confine, e la distanza dalla Cina non è solo geografica,
ma anche culturale: a Kashgar è l’Asia Centrale islamica che parla, e per allontanarsi dalla sua voce occorre spiccare il salto verso
l’oa si di Tur fan e oltre, sino al monastero rupestre di Baizeklik, e più ancora verso oriente, sino al Monastero dei Mille Buddha di Mogao,
una delle mi gliori espressioni dell’arte buddhista non solo lungo la Via della Seta, ma dell’intera Cina. Più a nord, quasi ai confini con la
Mongolia, la Fortezza di Jiayuguan, ultimo avamposto della Grande Muraglia, poneva fine all’antico mondo cinese. Ma il filo di seta inizia
an cora più a est, a Xi’an, ca po luogo della provincia dello Shaanxi, dove il prezioso prodotto veniva convogliato dalle regioni vicine ed iniziava
il suo percorso naturale e stori co, da Oriente verso Occidente.
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Franco De Benedetti
Franco De Benedetti
Armenia
…e poi ancora, sospinto dall’istinto del nomade seguirò i profili
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Franco De Benedetti
Armenia, storia di una identità perduta
Per i suoi abitanti continua a chiamarsi Hayastan: è la piccola repubblica dell’Armenia, abbracciata tra Azerbajgian e Turchia. Con il suo destino
di terra a cavallo di una delle più antiche rotte commerciali che collegavano l’Europa all’Asia, l’Armenia ha vissuto infinite metamorfosi.
Da impero sotto Tigrane il Grande all’epoca di Giulio Cesare, alla successiva suddivisione in satrapie provinciali tra l’Impero bizantino e il
Califfato arabo, alle continue invasioni turche, sino al completo trasferimento, nel XII secolo, del Regno di Armenia nella regione della Cilicia,
lungo la costa mediterranea. Ma le sue genti – date le continue peregrinazioni – non sono legate ai luoghi, “ma essi sono profondamente
presenti nelle loro coscienze”. Il Monte Ararat, simbolo di identità culturale, è nel cuore degli Armeni, ma sulla mappa geografica turca. Nel
2001 è stato celebrato il millesettecentesimo anniversario del Cristianesimo come religione di Stato: risale infatti al 301 il battesimo di Re
Tiridatis III da parte di San Gregorio Illuminatore, che rese con questo atto l’Armenia paladina della cristianità.
di chiese antiche e in sogno…
Franco De Benedetti
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Franco De Benedetti

Georgia
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Franco De Benedetti
Franco De Benedetti
Franco De Benedetti
…dividerò gli spazi
della Colchide
e i suoi monastici
silenzi…

Georgia, il mito
degli Argonauti
Una straordinaria ed eclettica sintesi di influenze d’Oriente e
di Occidente ha fatto sì che i georgiani abbiano fondato una
civiltà originale, per metà mediterranea e per metà asiatica.
Divisa nel VI secolo in due regni, la Colchide a ovest, (paese
del mitico vello d’oro di Giasone e degli Argonauti) e l’Iberia
a est, verrà riunita nel 484 dal re Vaghtang, che favorisce la
creazione di una chiesa georgiana. Oggi, tra colline verdeggianti
e paesaggi idilliaci, si trovano ovuunque le tracce di
uno straordinario fervore religioso.
Franco De Benedetti
Franco De Benedetti Franco De Benedetti
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Ennio Maffei
I popoli
Gino Arrobbio
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Bruno Zanzottera

Mario Perrone
“…Questa fascinazione parla in realtà di noi, dell’interesse,
così caratteristico per i nostri tempi, per mondi autentici perché
diversi dal nostro, perché sottratti alle incessanti trasformazioni
della storia, che è sempre più avvertita come sofferenza,
disordine, e faticoso adattamento…”
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Bruno Zanzottera
Angelo Tondini