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Un pietoso rito funebre offuscato da troppi miti - Sardegna Cultura

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I L T O F E T<strong>Un</strong> <strong>pietoso</strong> <strong>rito</strong> <strong>funebre</strong><strong>offuscato</strong> <strong>da</strong> <strong>troppi</strong> <strong>miti</strong>Grazie ad alcune opere letterarie le pratiche religiose per onorare i fanciulli mortisono state per lungo tempo interpretate come sacrifici umani di primogenitiPIERO BARTOLONIIl tofet di Sulky,l’odierna Sant’Antioco.DEI FANCIULLI purtroppoha reso famosa Cartagine quasiILSACRIFICIOquanto lo hanno fatto le figure diDidone e di Annibale. Gustave Flaubert,scrittore francese della metà dell’800, autoredel celebre romanzo Salammbô, e glistorici moderni si sono ispirati a un testodi Diodoro Siculo che evoca il terribile ritualedel presunto sacrificio dei primogenitiche si svolgeva nel tofet. Eppure questarealtà non è stata confermata <strong>da</strong>llescoperte effettuate nel campo dell’ar-cheologia, e per di più la religione punicarimane meno conosciuta di quanto sipossa ritenere.Diodoro Siculo è uno storico che scrivela sua opera attorno al 50 a.C. Narra levicende della Sicilia antica e, per suscitarelo stupore dei lettori, talvolta inserisce fattimemorabili non sempre fon<strong>da</strong>ti sullarealtà. Tra l’altro si dilunga sulle vicende diCartagine, durante l’incursione che Agatocle,tiranno di Siracusa, fece in terra africananel 310 a.C. Secondo Diodoro la po-6 8 ■ D A R W I NQ U A D E R N I A R C H E O L O G I A I N S A R D E G N A


TUTE LE IMMAGINI: CORTESIA AUTOREpolazione della metropoli punica era oppressa<strong>da</strong>lla guerra e <strong>da</strong>lla pestilenza e icittadini di Cartagine attribuirono i loroguai agli scarsi onori tributati nel passatoagli dei protettori della città. Scrive dunqueDiodoro Siculo che i Cartaginesi, volendorimediare alle manchevolezze perpetrateverso gli dei e in particolare versoCronos: «decretarono il sacrificio di duecentofanciulli scelti nelle migliori famiglie.I cittadini, facendo a gara nell’offerta,raggiunsero il numero di trecento… Sitrovava infatti presso (i Cartaginesi) unastatua di Cronos in bronzo, che protendevale mani aperte così inclinate verso ilbasso che il fanciullo là posto rotolava eprecipitava in una voragine di fuoco…»(Diodoro Siculo, XX, 14, 4-5). Questo ilracconto dello storico che dunque assimilail dio punico Baal Hammon al diogreco Cronos.Come è intuibile a Cartagine non èmai esistito un tale mostro, mentre è palesecome lo storico si sia ispirato al mito diThalos di Creta, statua di bronzo arroventatache abbracciava i naviganti appenasbarcati e li uccideva. È evidente che Diodoroha anche attinto al racconto del torodi Falaride, tiranno agrigentino, che erasolito liberarsi dei suoi nemici infilandoliin un toro bronzeo reso incandescente.Ad avvalorare la tesi del sacrificioumano contribuì nel 1862 lo scrittore GustaveFlaubert con una delle sue opere piùfamose. Nel libro si narrano, con ricchezzadi particolari romantici e conturbanti,le avventurose e tristi vicende della figliadi Amilcare Barka, Salammbô, grande sacerdotessadella dea Tinnit. Annibale, figliodi Amilcare e fratello di Salammbô, èdestinato al sacrificio del tofet assieme amolti altri giovani e viene salvato in modofortunoso. Invece dell’impresa di Agatoclefa <strong>da</strong> sfondo alla vicen<strong>da</strong> la guerra deimercenari contro Cartagine, avvenuta nel241 a.C., alla fine della prima guerra controRoma. «I sacerdoti si protesero <strong>da</strong>ll’altodella grande pietra circolare e un nuovocanto sorse a celebrare le gioie della mortee della rinascita nell’eternità. I fanciullisalivano lentamente e, poiché il fumo ches’innalzava <strong>da</strong>l rogo formava alti vortici …parevano svanire entro una nube … Nessunodi essi si muoveva, poiché erano le-Urne votive del tofet di Sulky.A R C H E O L O G I A I N S A R D E G N A D A R W I NQ U A D E R N I ■ 6 9


I LT O F E TUrne votive del tofet di Sulky.gati ai polsi e alle caviglie, e il velo nero cheli avvolgeva impediva loro di vedere e allafolla di riconoscerli. Amilcare, vestito d’unmanto rosso come i sacerdoti di Moloch,se ne stava ritto accanto al Baal, pressol’alluce del suo piede destro…» (GustaveFlaubert, Salammbô). Peggiore di un incubo,fatta realtà sulla base dei timori neiconfronti del diverso, dello straniero, lastatua dell’inesistente dio Molok troneggiain una Cartagine gotica in una immagineche accompagnava la prima edizionedi Salammbô, di Gustave Flaubert. L’antise<strong>miti</strong>smoneanche tanto latente che apparentavai Cartaginesi agli Ebrei, entrambiSe<strong>miti</strong>, traspare <strong>da</strong>i lampioni a sei punteche appaiono nella illustrazione truce ecrepuscolare.Infatti, il termine MLK che comparetalvolta sulle stele del tofet di Cartagine edi altri santuari simili e che viene anchemenzionato nella Bibbia, è stato interpretatocome nome di una divinità, il dio Molok.In realtà, si tratta di un termine il cuisignificato fon<strong>da</strong>mentale è quello di «offrire».Sulla base di un cippo proveniente<strong>da</strong>l tofet di Cartagine e <strong>da</strong>tabile nel VI secoloa.C., appare infatti l’iscrizione, consi-derata una delle più antiche del luogo sacro:«Stele di una (bambina) offerta aBaal». Il tofet era per l’appunto il luogo oveerano deposte tali offerte.Anche nella Bibbia appare menzionatopiù volte il termine MLK: nel Levitico,18,21 si può leggere: «Nessuno della tuadiscendenza lascerai passare a Molok, néprofanerai il nome del tuo Dio: sono io ilSignore». Ancora nello stesso Levitico,20,2-5: «Chiunque degli Israeliti, o deglistranieri che dimorano tra quelli, <strong>da</strong>rà alcunodi sua prole a Molok, deve essere ucciso».Il termine MLK viene indicato con lainiziale maiuscola perché è ritenuto il nomedi una divinità. Dunque sembra chiaroche non si tratti di una divinità, bensì diun rituale. Sempre nella Bibbia, accanto altermine MLK compare il toponimo tofet:nel Libro II Re, 23,10 si legge: «Dissacrò Tofetche è nella valle di Ben-Ennom, acciocchénessuno facesse più passare per il fuocoil proprio figlio o la propria figlia in onoredi Molok». Inoltre, in Geremia, 7,31-32 silegge: «Costruiscono l’altare di Tofet nellavalle di Ben-Ennom per bruciarvi i figli e lefiglie loro nel fuoco». Si tratta dunque diuna località ben precisa e non di un luogodi culto. In ogni caso, come si può ben vedere,in connessione con la parola tofet, laBibbia non fa mai cenno a uccisioni, masolo a passaggio per il fuoco o a combustione.Per avvalorare la tesi del sacrificioumano, nel tofet fu evocata l’offerta a Yahwédelle primizie, figli primogeniti compresi.Usanza questa tradizionalmente invoga nella prima Israele, come illustrato<strong>da</strong>l tentato sacrificio di Isacco <strong>da</strong> parte diAbramo. Tale consuetudine fu poi proibita<strong>da</strong> Dio, ma secondo la Bibbia fu conservatapresso i popoli confinanti, Feniciacompresa. Tuttavia, nella Bibbia questapratica sacrificale non risulta mai in connessionecon i riti officiati nel tofet.7 0 ■ D A R W I NQ U A D E R N I A R C H E O L O G I A I N S A R D E G N A


Le iscrizioniA rendere ancor più complicato il problemahanno contribuito non poco anche alcunestele rinvenute in alcuni santuarinor<strong>da</strong>fricani di età tardo-punica oppureormai di piena età romana repubblicana,quale ad esempio quello di Costantina, inAlgeria. Infatti, nelle iscrizioni si può leggere:«Al Signore Baal Hammon e alla SignoraTinnit faccia di Baal MLK, DM ». Interpretandoil termine MLK non come «offerta»ma come «sacrificio», per di più associatoal termine DM, il cui significato è«uomo», era spontaneo ritenere che l’iscrizionefacesse riferimento a un sacrificioumano. Il problema era reso ancor piùcomplesso <strong>da</strong>lla presenza di una ulterioreformula dedicatoria MLK, MR, nella qualeil termine MR ha il significato di «agnello».Il concetto espresso <strong>da</strong>lla formula potevaben essere «sacrificio di agnello», in contrapposizionecon il MLK, DM «sacrificiodi uomo». Quindi tale formula era stata interpretataa favore del sacrificio umanopoiché, secondo gli assertori di tale teoria,costituiva la palese sostituzione di unagnello a un uomo. Se invece, come è piùprobabile, il significato del termine MLK èquello di «dono, offerta, dedica», il sensodella frase muta radicalmente.Attualmente, con il toponimo tofet,divenuto ormai nome comune, si è solitiindicare l’area sacra nella quale venivanoeffettuate le pratiche religiose connessecon i fanciulli morti.Nel 1921, la scoperta del santuario diCartagine con le stele e le urne contenentile ossa bruciate di bambini fece gri<strong>da</strong>reil mondo scientifico alla scoperta del tofet.In particolare il ritrovamento di una steleraffigurante un personaggio incedente,verosimilmente un sacerdote che reca inbraccio un bambino, sembrò essere risolutivadell’annoso problema. Si susseguironogli studi, ma nessun ricercatore posemai in discussione la veridicità del sacrificoumano dei bambini traman<strong>da</strong>to <strong>da</strong>Diodoro Siculo e forse sugge<strong>rito</strong> o lasciatoPanoramica <strong>da</strong> sud-estdel tofet di Sant’Antioco.Nel 1921 la scoperta a Cartagine di ossa bruciate di bambinifece gri<strong>da</strong>re il mondo scientifico alla scoperta del tofetA R C H E O L O G I A I N S A R D E G N A D A R W I NQ U A D E R N I ■ 7 1


I LT O F E Tintuire <strong>da</strong>lla Bibbia. Negli anni ‘60 il se<strong>miti</strong>staJames Février, peraltro eccellente studiosodi linguistica se<strong>miti</strong>ca, si spinse addiritturaa delineare il seguente quadro: «Ènotte! La scena sembra essere illuminatasolo <strong>da</strong>l fuoco acceso nella fossa sacra, iltofet: più che la luce se ne vedono i riflessi.Ma la grande statua bronzea di BaalHammon, innalzata sul limitare del fossosacro cui tende le mani, è illuminata <strong>da</strong>lrosso delle fiamme. Di fronte alla statua…alcuni suonatori di flauto e di tamburofanno un frastuono assor<strong>da</strong>nte. Il padre ela madre sono presenti … consegnano ilfiglio al sacerdote che cammina lungo lafossa, sgozza il bambino in modo misterioso…poi depone la piccola vittima sullemani protese della statua divina <strong>da</strong>lle qualiessa rotola nel rogo» (James B. Février,Journal Asiatique, 1960). Non si trattadunque di un antico testo, ma in questomodo lo studioso, per altro autore di studiassai rigorosi, ricostruiva il rituale del tofet<strong>da</strong>ndo per asso<strong>da</strong>to che tale <strong>rito</strong> implicassel’uccisione di un bimbo.Sulla base degli studi attuali, apparechiaro che le affermazioni di James B. Févriersono il frutto di un palese fraintendi-mento di una congerie di elementi biblici,classici e archeologici accostati tra di loroin modo assai discutibile e non del tutto rigoroso,logico e consequenziale. Comunqueil quadro offerto, pur truculento oppureforse anche perché tale, ha certamentesolleticato la curiosità del grandepubblico e ha ricevuto il consenso di buonaparte del mondo scientifico, in alcunicasi ancora palese. È solo verso la primametà degli anni’80 che nascono i primidubbi sul quadro proposto. È in questoperiodo che si dà inizio alle prime analisiosteologiche dei resti dei bambini rinvenutia Cartagine e negli altri santuari. Questiesami hanno portato alla scoperta chein buona parte si trattava di ossa di feti,dunque di bambini non nati. Inoltre nellamaggioranza dei casi gli altri resti ossei riguar<strong>da</strong>vanobambini deceduti entro i dueanni. In un solo caso si trattava di un fanciullodi circa otto anni.Quanto al supposto sacrificio non sicomprende bene perché i Fenici, pur conuna mortalità infantile con percentualidell’ordine del 70% nel primo anno di vita,dovessero sacrificare alle divinità i loro primogeniti.<strong>Un</strong>a tale pratica avrebbe portatoin breve tempo all’estinzione dell’interopopolo dei Fenici. Inoltre le scoperte archeologiche,peraltro mai effettuate nelter<strong>rito</strong>rio della madrepatria e nella penisolaiberica, non hanno avallato in alcunmodo quanto sugge<strong>rito</strong> <strong>da</strong>lle antiche fontiletterarie. Le antiche fonti classiche, peraltro,si sono rivelate ampiamente di partee palesemente anti-cartaginesi. Infine leanalisi chimiche e fisiche effettuate sulleossa dei bambini non hanno fornito provené favorevoli né contrarie all’esistenza delNon è <strong>da</strong>to capire perché i Fenici con una mortalità infantiledel 70% dovessero sacrificare alle divinità i loro primogeniti7 2 ■ D A R W I NQ U A D E R N I A R C H E O L O G I A I N S A R D E G N A


ito cruento. Comunque ancora oggi il mitodel sacrificio sanguinario resiste sal<strong>da</strong>mentepresso alcuni ambienti scientifici,in alcuni casi per convinzione, in altri permotivi ideologici. Il grande pubblico invecesembra avere pochi dubbi al riguardo: ilsacrificio umano esisteva ed era praticatosolo <strong>da</strong>i Fenici e <strong>da</strong>i Cartaginesi. Inoltre,secondo costoro, il sacrificio umano eraproprio come quello descritto <strong>da</strong> James B.Février. Tutto questo secondo il principiosempre valido che ogni nefandezza puòessere stata commessa, purché a perpetrarlanon siano stati i nostri amici o conoscenti,ma gli «altri».Le fonti classicheIn realtà nessuno può negare che i Fenicitalvolta e in particolari situazioni di crisiabbiano praticato il sacrificio umano. Eraun fatto considerato normale tra tutti i popolidell’antichità, Romani compresi, iquali, ad esempio, ancora nella media etàrepubblicana seppellirono vive due coppiedi persone, una di Greci e una di Celti.Ma senza supporti scientificamente validiè impossibile ritenere che questi eventi,<strong>da</strong> considerare del tutto straordinari, fosseroconsueti e reiterati nel tempo. Nessunonega che anche a Cartagine avvenisserosacrifici umani, ma questi non accadevanosecondo i tempi, i modi e le quantitàsuggeriti <strong>da</strong>lle antiche fonti classiche. Adesempio, si apprende <strong>da</strong>lle antiche figurazioniche presso i popoli vicino-orientaliera consuetudine che durante gli assedi, alfine di allontanare la minaccia, gli abitantidelle città aggredite usassero gettare <strong>da</strong>llemura un fanciullo, forse di stirpe regale.Ciò era sufficiente per far allontanare gliassalitori e distoglierli <strong>da</strong>i loro propositi,poiché dimostrava loro che i difensori eranopronti a tutto pur di allontanare il pericoloe di salvare le loro vite.Ma, in definitiva, che cosa era il tofet?Secondo la versione più attendibile si trattavadi un santuario a cielo aperto dedicatoal dio Baal Hammon e alla dea Tinnit,racchiuso in un recinto in muratura, nelquale erano posti sul rogo e sepolti con ritiparticolari i bambini nati morti o decedutiprima del compimento dei due annidi età. Mentre i bambini deceduti per causenaturali o per malattia erano rinviati alledivinità che li avevano concessi, tutte lepratiche svolte <strong>da</strong> parte dei loro genitorinell’area del tofet erano tese alla concessione<strong>da</strong> parte degli dei di una nuova nascita.Il rogo avveniva all’interno dell’areasacra, ma non sembra vi fossero luoghiprivilegiati o bracieri specificamente destinatiallo scopo: sul terreno veniva sistematauna catasta di legna e su di questaveniva deposto il corpo del bambino. <strong>Un</strong>avolta acceso il fuoco si attendeva che le ossaprincipali fossero calcinate e quindi siestinguevano le fiamme con acqua, perevitare che i resti venissero totalmente distrutti.Si raccoglievano i poveri resti che sideponevano all’interno di un recipientefittile, in genere una pentola <strong>da</strong> cucinanuova. Se la richiesta veniva esaudita, secioè un nuovo bambino veniva ad allietarela famiglia, i genitori erigevano nel luogosacro una stele in pietra a ricordo dellagrazia ricevuta.Nello strato più profondo e dunquepiù antico dei tofet di Cartagine e di Sulkysolitamente le urne contenenti le ossacombuste dei bambini erano deposte sulfondo di fosse, talvolta foderate di ciottolidi spiaggia e ricoperte <strong>da</strong> una o più lastredi pietra. Questa sistemazione delle urnericor<strong>da</strong> senza dubbio quella utilizzata inalcuni casi per le tombe a incinerazione dietà fenicia, riservate agli adulti, note anchecome «tombe a cista litica», in uso in alcunenecropoli fenicie di Occidente, adesempio quelle di San Giorgio di Portoscusoe di Bitia, presso Domusdemaria in Sar-In queste pagine, amuleti<strong>da</strong>l tofet di Sulky.A R C H E O L O G I A I N S A R D E G N A D A R W I NQ U A D E R N I ■ 7 3


I LT O F E TUrne votive <strong>da</strong>l sitoarcheologico di Sant’Antioco.ti. Si tratta di quelle forme, tra le quali gliattingitoi, i piatti, le coppe, le lucerne, lebrocche con orlo espanso, le anforee le pentole, che fanno parte delrepertorio tipologico in usonelle necropoli di età fenicia epunica. Non molto numerosené molto frequenti, neitofet compaiono anche lemaschere. Oltre a queste visono anche protomi deposteaccanto alle urne, probabilmentecon funzionevotiva e apotropaica.Le stele votive, che venivanodeposte nei tofetper grazia ricevuta, compaionoa Cartagine dopo la fine del VII secoloa.C. I primi segnacoli per grazia ricevutanel tofet di Cartagine sono rappresentati<strong>da</strong> pietre brute, mentre sono rari negli altrisantuari. Si tratta pertanto di una tipologiadi oggetti tipicamente cartaginese,giunta in <strong>Sardegna</strong> e in Sicilia al seguitodegli eserciti della metropoli africana, all’indomanidella loro conquista e dunquenon prima della secon<strong>da</strong> metà del VI secoloa.C. Con ogni probabilità si tratta dunquedi un vero e proprio <strong>rito</strong> <strong>funebre</strong> nelquale sono inserite particolari valenze religiose,appunto perché rivolte verso bimbimai nati o defunti poco dopo la nascita.Non è dunque un feroce e sanguinario <strong>rito</strong>di olocausto, ma solo una pietosa praticarivolta verso i più deboli. I tofet sono <strong>da</strong>considerare delle particolari necropoli,delle quali hanno i caratteri, nettamenteseparate <strong>da</strong> quelle degli adulti e nelle qualila presenza del divino era costante e fon<strong>da</strong>mentale.Le motivazioni di questa sepadegna,e quella di Mozia nei pressi di Marsala,in Sicilia.Per quel che riguar<strong>da</strong> le urne utilizzatecome ossuari, si trattamolto spesso di pentole <strong>da</strong> cucinanuove. In epoca arcaicaerano usati anche contenitoridiversi, tra i quali i crateri,le pissidi o le brocche, chenella vita quotidiana avevanoanche altre funzioni. Apartire <strong>da</strong>l VI secolo a.C., a secon<strong>da</strong>del santuario, venneroimpiegate sempre le stesseforme: a Sulky e a Monte Siraile pentole <strong>da</strong> cucina, a Tharrose a Mozia le brocche con collocordonato per l’acqua, a Cartagine leanfore senza collo, a Karal forme diversetra di loro. All’interno delle urne spessovengono rinvenuti alcuni amuleti che nelleintenzioni dei loro genitori avrebberodovuto proteggere i bambini <strong>da</strong>lle malattiepiù diverse, <strong>da</strong>i guai o <strong>da</strong>l malocchio.Gli amuleti venivano indossati e generalmenteappesi al collo dei bambini. Si trattatra l’altro di maschere sileniche, divinitàbarbute del pantheon fenicio, che noncompaiono nelle tombe degli individuiadulti. Non mancano le maschere apotropaicheminiaturistiche e gli amuleti di altretipologie, soprattutto egittizzanti. Inogni caso ogni tipo di amuleto proteggeva<strong>da</strong> un male differente. Talvolta attorno alleurne, e comunque sempre all’esternodel vaso contenitore delle ossa combuste,sono stati rinvenuti piccoli recipienti cheriproducono in modo miniaturistico leforme rituali e di accompagnamento chein genere erano associate ai defunti adul-Le stele votive deposte nei tofet per grazia ricevuta compaionoa Cartagine dopo la fine del VII secolo avanti Cristo7 4 ■ D A R W I NQ U A D E R N I A R C H E O L O G I A I N S A R D E G N A


azione sono <strong>da</strong> attribuire allo status deipiccoli defunti. Questi infatti non appartenevanoancora alla comunità, perché eranodeceduti prima dell’iniziazione, cioèprima di essere chiamati a partecipare al<strong>rito</strong> d’ingresso nel consesso degli adulti,equivalente al nostro battesimo o alla circoncisionepresso il mondo ebraico e islamico.Tale <strong>rito</strong> era probabilmente il «passaggioper il fuoco» di biblica memoria,ancora oggi praticato in alcuni luoghi della<strong>Sardegna</strong> nella notte di San Giovanni.Quindi le fiamme del rogo erano in ognicaso la soglia attraverso cui i fanciulli fenicidovevano passare, <strong>da</strong> vivi o <strong>da</strong> morti.Testimonianze epigraficheChe questa ricostruzione sia attendibilece lo suggeriscono sia gli aspetti archeologiciche quelli epigrafici. Infatti le urnesono sempre molto più numerose dellestele e non sono mai state rinvenute collocatein relazione con questi monumentivotivi. D’altra parte la formula pur stereotipadelle iscrizioni votive incise sullestele si rivolge sempre alle divinità per lagrazia ricevuta, circostanza questa chesuggerisce un rituale svolto in due tempidistinti. Infatti tra le testimonianze epigrafichelasciateci <strong>da</strong>lla civiltà fenicia epunica, quelle relative al tofet possonoessere considerate decisamente le piùnumerose: su circa 15.000 stele rinvenutenei dieci santuari attualmente noti, oltre6.000, ubicate soprattutto nel tofet diCartagine, recano una iscrizione. Ma comeaccennato in precedenza la formulautilizzata è per lo più stereotipa e ripetitivae, dunque, non fornisce molte informazionisul <strong>rito</strong> praticato nei santuari, senon sui nomi dei dedicanti e talvolta sulloro stato sociale. Il testo prevalente recitacome segue: «Alla Signora Tinnit facciadi Baal e al Signore Baal Hammon ha dedicatoMagon figlio di Baalhannô figlio diAbdmelqart figlio di Annibale perchéhanno ascoltato la sua voce e lo hannobenedetto».Le uniche tracce superstiti di tali tofet,poiché le aree sacre di questo tipo sono deltutto assenti in area libanese o iberica, sonosituate nel settore del Mediterraneocentrale. I motivi di tale situazione non sonofacilmente spiegabili, anche perché si èpotuto constatare che non tutte questearee sacre dedicate ai bambini defunti sonostate utilizzate all’atto della fon<strong>da</strong>zionedelle città delle quali fanno parte.Il tema esposto è presentato in un volumea cura di Sabatino Moscati, massimostudioso della civiltà fenicia e punica: «Gliadoratori di Moloch. In<strong>da</strong>gine su un celebre<strong>rito</strong> cartaginese», Milano 1991. Il librocostituisce la prima e ancora oggi più chevali<strong>da</strong> in<strong>da</strong>gine sistematica sulla questionedel tofet dopo le ultime scoperte e siestende <strong>da</strong>lla storia degli studi alle fontiorientali e classiche, all’archeologia, allanatura e alle componenti sacre e profanedel celebre <strong>rito</strong>.Piero Bartoloni, Facoltà di Lettere e Filosofia, <strong>Un</strong>iversitàdi SassariSopra e nella paginaprecedente, stele di Sulky.A R C H E O L O G I A I N S A R D E G N A D A R W I NQ U A D E R N I ■ 7 5

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