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Enti locali e politiche delle riforme - Biblioteca Provinciale di Foggia ...

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BERARDINO TIZZANI__________________________________________________________________________comunali elastici, ma rigi<strong>di</strong>; non più adattabili alle realtà <strong>locali</strong>, sociali,<strong>politiche</strong>, ambientali, economiche e culturali; tutto si ridurrebbead una mera scelta <strong>di</strong> problemi da risolvere nei limiti <strong>delle</strong> quote <strong>di</strong>tributi che assegna lo Stato.Non è possibile parlare <strong>di</strong> autonomia degli <strong>Enti</strong> <strong>locali</strong> senza unapolitica completa <strong>di</strong> guida della spesa e <strong>delle</strong> entrate.Di qui sorge la necessità <strong>di</strong> riba<strong>di</strong>re l’urgenza della riforma dellalegge comunale e provinciale, che dovrebbe precedere o andare <strong>di</strong> paripasso con la riforma tributaria.Bisogna stabilire con certezza, specie oggi con la presenza dell’EnteRegione, i compiti, le funzioni e le attribuzioni dei Comuni,<strong>delle</strong> Provincie e <strong>delle</strong> Regioni; e questo non è più <strong>di</strong>lazionabile. Unavolta fissate le competenze, procedere a fissare ed a determinare le entrate.La strada scelta, in proposito, dal <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge in esame al Parlamentonon è quella giusta. Il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge prevede il congelamentodegli importi <strong>delle</strong> entrate attuali, quasi a « congelare » anchecompiti e funzioni degli <strong>Enti</strong> <strong>locali</strong>.La realtà sociale <strong>di</strong> oggi non è più quella <strong>di</strong> cento anni fa; e non sipuò non tenerne conto.La politica <strong>di</strong> programmazione economica è in crisi. Allo scaderedel primo piano quinquennale 1966-70, (piano Pieraccini, dal nomedel ministro del Bilancio dell’epoca della sua approvazione) il consuntivodella politica <strong>di</strong> programmazione, la grande novità e speranza deglianni sessanta, è stato giu<strong>di</strong>cato negativamente pressoché da tutti.L’attuale ministro del Bilancio on. Giolitti ha <strong>di</strong>chiarato alla stampa,mentre è in preparazione il nuovo piano quinquennale, che stiamoattraversando una fase <strong>di</strong> crisi ma anche <strong>di</strong> svolta nella politica <strong>di</strong> programmazione.Per realizzare la svolta e superare la crisi bisogna analizzare retrospettivamentegli errori del passato, per correggerli nel futuro echiedersi perchè il Piano Pieraccini abbia avuto così scarsa incidenzanello sviluppo del nostro Paese nell’ultimo quinquennio, al punto <strong>di</strong>II4


_______________________________________________________________________ENTI LOCALI E RIFO RMEporre ad<strong>di</strong>rittura, come nuovo problema, quello della cre<strong>di</strong>bilità dellaprogrammazione.Ricordo che si <strong>di</strong>scettava, anni fa, <strong>di</strong> programmazione coercitivaed in<strong>di</strong>cativa, <strong>di</strong> programmazione a saliscen<strong>di</strong>, dal basso verso l’alto eviceversa.La realtà ha <strong>di</strong>mostrato che il Piano Pieraccini non ha superato losta<strong>di</strong>o della pura enunciazione; ha rappresentato, come <strong>di</strong>ce il prof.Saraceno, semplicemente « un messaggio carismatico » rivolto alleforze <strong>politiche</strong> economiche e sociali, ma non ha potuto incidere percarenza <strong>di</strong> volontà politica e assoluta mancanza <strong>di</strong> strumenti operativi— sul processo <strong>di</strong> sviluppo, che è stato regolato unicamente dalle tendenzespontanee del sistema economico.Il Piano non ha avuto la forza <strong>di</strong> rompere il <strong>di</strong>aframma, lo steccatoesistente fra programmazione astratta e concreta.Il risultato è sotto gli occhi <strong>di</strong> tutti: aumento degli squilibri territorialie sociali e conseguente stato <strong>di</strong> tensione nel Paese, con esplosionisempre più gravi e frequenti.Il maggior danno del fallimento della programmazione è toccato,ovviamente al nostro Mezzogiorno, con l’esperienza negativa dellapolitica dei poli <strong>di</strong> sviluppo e <strong>delle</strong> aree industriali, nelle quali areesono atterrate, prevalentemente, le iniziative industriali a più lata intensità<strong>di</strong> capitali (settore chimico e siderurgico), che hanno contribuitoassai poco a risolvere il più grave problema del Mezzogiorno, ilproblema dell’occupazione.Si è trattato, come acutamente ha osservato Francesco Vito, <strong>di</strong> impattinon calibrati e realizzati senza un adeguato raccordo col tipo <strong>di</strong>situazioni economico-produttive preesistenti.Ad esempio in una provincia agricola come la nostra lo sviluppoindustriale doveva avvenire prevalentemente nel settore alimentare e<strong>di</strong> trasformazione dei prodotti agricoli, che sono, fra l’altro ad altapercentuale occupazionale. Invece abbiamo avuto, in quasi tutto ilMezzogiorno, le cosiddette industrie <strong>di</strong> base, che hanno solo in minimaparte determinato induttivamente l’incentivazione graduale <strong>delle</strong>« economie esterne », che insieme alla creazione <strong>di</strong> adeguate forze impren<strong>di</strong>toriali<strong>locali</strong>, costituiscono il vero substrato <strong>di</strong> una seria politica<strong>di</strong> sviluppo economico.Alle incertezze, del Piano Pieraccini si è tentato, <strong>di</strong> porre rime<strong>di</strong>o,qualche anno fa, con la politica della contrattazione programmata,5


BERARDINO TIZZANI__________________________________________________________________________incentrata principalmente sui programmi <strong>di</strong> investimento <strong>delle</strong> aziendea partecipazione pubblica.Frattanto veniva pubblicato, a cura del Ministero del Bilancio, ilProgetto 80, rapporto preliminare al programma economico nazionale1971-75, che abbraccia, in uno spazio temporale decennale, i dueprossimi piani quinquennali.Abbandonata la strategia della programmazione globale, il Progetto80 e, quin<strong>di</strong>, il nuovo programma nazionale 1971-75, ha scelto lastrada della programmazione progettuale, cioè <strong>di</strong> una programmazionearticolata su singoli progetti ben definiti in tutti i dettagli o concretamenteattuali nella quoti<strong>di</strong>ana azione politica: progetti sociali, cioè <strong>riforme</strong><strong>delle</strong> gran<strong>di</strong> strutture organizzative della società e progetti concontenuti più propriamente economici produttivi, promo zionali per laformazione <strong>di</strong> capitale fisso.Una esemplificazione dei progetti sociali è rappresentata propriodalle <strong>riforme</strong> attualmente all’esame del Parlamento: riforma tributariaabitazione e sanità, università ecc.Ma è evidente che i singoli progetti, sociali o economici, devonoessere inseriti in un quadro unitario, per creare un certo sincronismointersettoriale e per assicurarne la conformità agli obiettivi primaridello sviluppo del nostro popolo nel prossimo futuro.Il quadro d’insieme non potrà non essere costituito, a mio parere,dal riscatto del Mezzogiorno, che ormai tutti riconoscono essere ilprimo e più importante problema nazionale.Ha scritto recentemente il presidente del Consiglio on. Colombo,in risposta al Gruppo dei meri<strong>di</strong>onalisti che « il nuovo piano <strong>di</strong> sviluppoin corso <strong>di</strong> preparazione presso il CIPE sarà un piano « per progetti» e in rapporto a tale qualificazione non potrà non in<strong>di</strong>care cheuna quantità rilevante <strong>di</strong> risorse va destinata al « grande progetto <strong>di</strong>sviluppo dell’economia meri<strong>di</strong>onale » .Ecco, dunque, confermato il nesso inscin<strong>di</strong>bile fra programmazionenazionale, problema del Mezzogiorno e <strong>riforme</strong>. Ogni riforma <strong>di</strong>struttura va, perciò, valutata soprattutto in chiave meri<strong>di</strong>onalista.Molti si sono chiesti se la nuova legge per il Mezzogiorno possa omeno rappresentare, da sola, una svolta decisiva nella politica per larisoluzione del problema meri<strong>di</strong>onale.Il mio parere non è del tutto positivo. Il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge, in un tentativo<strong>di</strong> conciliazione fra l’esigenza <strong>di</strong> rilancio della Cassa e la6


BERARDINO TIZZANI__________________________________________________________________________rappresenta, ancora una volta, il traguardo e l’obbiettivo primario edobbligato <strong>di</strong> ogni e qualsiasi programmazione, e, mai come adesso,costituisce il vero banco <strong>di</strong> prova della forza, della saldezza, della vali<strong>di</strong>tà<strong>delle</strong> istituzioni democratiche nel nostro Paese, negli anni ottanta.La riforma chiave del nostro paese è quella del Mezzogiorno; tuttele altre <strong>riforme</strong> devono essere programmaticamente coor<strong>di</strong>nate conl’obiettivo primario del prossimo piano quinquennale: la riduzione deglisquilibri fra Nord e Sud.A proposito della <strong>di</strong>soccupazione, è stato autorevolmente sostenutoche occorre invertire la tendenza in base alla quale le forze <strong>di</strong> lavorosi trasferiscono dal Sud nelle regioni <strong>di</strong> più accelerato sviluppoindustriale. Bisogna, invece, indurre le nuove iniziative industriali a<strong>locali</strong>zzarsi, nel Sud, dove è <strong>di</strong>sponibile la forza-lavoro e non esistonoi problemi <strong>di</strong> congestione <strong>delle</strong> aree industriali settentrionali.La <strong>di</strong>fficoltà consiste nel tradurre in realtà questo assunto su cui,almeno apparentemente, tutti concordano, e nel conciliare esigenze<strong>di</strong>verse che sembrano contrastanti: la ripresa dell’economia nazionale,gli obiettivi <strong>delle</strong> singole <strong>riforme</strong>, il miglioramento generale ed equilibrato<strong>delle</strong> strutture civili, dagli ospedali, alle scuole, ai trasporti pubblici,agli aeroporti, ecc..E’ certo che le esperienze negative del passato — dalla scarsa incidenzadella politica <strong>di</strong> programmazione economica, alla inadeguatezzadegli interventi straor<strong>di</strong>nari per il Mezzogiorno —, ci potrebberoindurre al pessimismo, scoraggiarci, persino, nella nostraquoti<strong>di</strong>ana azione <strong>di</strong> uomini politici, <strong>di</strong> amministratori pubblici, <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>niimpegnati, ad ogni livello, nella gestione della cosa pubblica.Ma proprio la complessità e la <strong>di</strong>fficoltà dei problemi da risolveredebbono costituire lo stimolo e la spinta per un maggiore impegno <strong>di</strong>tutti.A tal proposito mi sorregge l’esperienza <strong>di</strong> questi ultimi cinqueanni <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione dell’Amministrazione <strong>Provinciale</strong> <strong>di</strong> Capitanata. Tutticonoscono le <strong>di</strong>fficoltà gravissime in cui si <strong>di</strong>battono gli <strong>Enti</strong> <strong>locali</strong>:sproporzione crescente fra entrate e bisogni, procedure farraginose elunghissime, impossibilità <strong>di</strong> fare debiti, ecc.Nelle stesse <strong>di</strong>fficoltà versava e versa la nostra AmministrazioneIII8


_______________________________________________________________________ENTI LOCALI E RIFO RME<strong>Provinciale</strong>. Ma tutto questo non ci ha impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> impostare e portarea termine, nel predetto quinquennio, innumerevoli ed importanti realizzazionisulla spinta <strong>di</strong> un impegno tenace e costante che ci è statoriconosciuto anche dagli oppositori politici.Ancora meglio e <strong>di</strong> più potranno fare i futuri amministratori o speciese, come ci auguriamo, verrà riconosciuto un nuovo ruolo alle provincenel quadro del rior<strong>di</strong>namento <strong>delle</strong> competenze, connesse alfunzionamento <strong>delle</strong> Regioni.Ciò è avvenuto ed avviene perché la crisi che sta attraversando ilnostro Paese è una crisi <strong>di</strong> crescenza e costituisce semplicemente una<strong>delle</strong> fasi <strong>di</strong> uno sviluppo accelerato, che ha meravigliato i popoli piùprogre<strong>di</strong>ti.In meno <strong>di</strong> un trentennio <strong>di</strong> regime democratico il livello <strong>di</strong> vitadel nostro popolo ha raggiunto mete che sembravano ad<strong>di</strong>rittura improponibili.Gli stessi squilibri, che oggi si registrano, non esisterebbero se adeterminarli non ci fosse stato il « miracolo economico » prodottodall’impegno concorde <strong>di</strong> tutti: impren<strong>di</strong>tori e prestatori d’opera, <strong>di</strong>rigentipolitici e sindacali.Ora dobbiamo lavorare per consolidare e sviluppare ulteriormentele recenti conquiste, ma anche per sanare gli squilibri territoriali e socialiche hanno accompagnato il gran<strong>di</strong>oso sviluppo del popolo.Un impegno maggiore deve essere posto per consolidare le nostrelibere e democratiche istituzioni, per allargarne sempre più la base trale masse, per ridurre il <strong>di</strong>stacco fra gli organi rappresentativi e la societàcivile, fra paese legale e paese reale.E’ necessaria, a tal fine, una maggiore partecipazione dei citta<strong>di</strong>nialla gestione della cosa pubblica, che trascenda la semplice espressionedel voto nelle consultazioni elettorali. A tal riguardo lo stessofenomeno della contestazione, a mio parere, non è che una manifestazionedel bisogno <strong>di</strong> partecipazione.Ma ad una domanda <strong>di</strong> partecipazione, che proviene dalla generalitàdei citta<strong>di</strong>ni, deve corrispondere un’offerta <strong>di</strong> partecipazione daparte <strong>delle</strong> strutture <strong>politiche</strong>.Bisogna combattere l’errata concezione che l’attività politica è riservataa pochi « addetti ai lavori » che si occupano della cosa pubblica,quasi a titolo professionale.Una più allargata partecipazione può ottenersi soprattutto nella9


BERARDINO TIZZANI__________________________________________________________________________amministrazione degli enti <strong>locali</strong>, che sono a più <strong>di</strong>retto contatto conle masse popolari.Si può sostenere, anzi, che una <strong>delle</strong> cause storiche della scarsapartecipazione dei citta<strong>di</strong>ni è rappresentata, appunto, dall’esistenza,nel nostro Paese, <strong>di</strong> un apparato statale fortemente centralizzato, cheresiste tenacemente ad ogni impulso <strong>di</strong> decentramento. Diviene semprepiù urgente invece, la concreta realizzazione <strong>di</strong> tale decentramento,man mano che il vecchio Stato liberale garante della pace sociale,<strong>delle</strong> libertà in<strong>di</strong>viduali e dell’or<strong>di</strong>ne pubblico, si viene faticosamentetrasformando, in uno stato moderno, investito <strong>di</strong> compiti sempre piùgravosi <strong>di</strong> interventi nell’economia e della società.Lo Stato-apparato, ed anche gli enti <strong>locali</strong> si sono, perciò, trovati adover affrontare, con le strutture create su modelli ottocenteschi, icompiti nuovi dell’era contemporanea.La stessa crisi finanziaria degli enti <strong>locali</strong>, su cui oggi è appuntatal’attenzione della pubblica opinione, non è che un sintomo, la manifestazioneesteriore <strong>di</strong> una malattia che ha ra<strong>di</strong>ci profonde e che non puòessere certo curata con ritocchi tributari o con interventi occasionali estraor<strong>di</strong>nari.Ecco, perché, da tempo an<strong>di</strong>amo sostenendo che è ormai in<strong>di</strong>lazionabilela ristrutturazione degli enti <strong>locali</strong>, attraverso la ricalibrazione<strong>delle</strong> loro funzioni e che, a tal fine, bisogna sfruttarel’occasione, storica e forse unica, che è costituita dall’or<strong>di</strong>namento regionale.Da ciò abbiamo la riprova che la crisi in corso ha carattere <strong>di</strong> maturazione,<strong>di</strong> crescenza, dalla quale chi crede nella libertà e nella democrazianon può che aspettarsi sviluppi positivi, <strong>di</strong> progresso civile,economico e sociale.BERARDINO TIZZANI10

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