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Cass., sent. 19.07.2011, n. 28724 - Ratio

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Sentenza <strong>Cass</strong>azione penale, sez. III, 19-07-2011, n. <strong>28724</strong> - Pres. FERRUAGiuliana - P.M. SPINACI SanteSVOLGIMENTO DEL PROCESSO1. A seguito della richiesta del pubblico ministero in data 18 giugno 2010, ilg.i.p. presso il Tribunale di Bergamo, adottava il provvedimento di sequestropreventivo per equivalente, depositato in data 12 luglio 2010, assoggettando asequestro beni e disponibilità di valore complessivo fino alla concorrenza diEuro 2.413.829,64 riconducibili agli indagati T.D., W.P. e A.R.. Ilprovvedimento veniva adottato nell'ambito di un'indagine a carico degli indagatisuddetti in relazione ai delitti di cui all'art. 110 c.p., e D.Lgs. 10 marzo2000, n. 74, artt. 5, 10 ter e 11, (rispettivamente omessa dichiarazione IVA,omesso versamento di IVA, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) subeni mobili e immobili in vista della confisca per equivalente L. n. 244 del2007, ex art. 1, comma 143. 2. Con richiesta del 23 luglio 2010, proponevanorichiesta di riesame del provvedimento di sequestro preventivo T.D. (nellaqualità di indagato), nonchè M.M. e L. C., quest'ultimo quale legalerappre<strong>sent</strong>ante di Mataneg Establishment, Moglia Establishment e EstablishmentWindhill, nella qualità di terzi.In data 28 luglio 2010 il Pubblico Ministero produceva documentazioneassoggettata a sequestro in occasione delle operazioni di esecuzione del decretodel 12 luglio 2010, unitamente ad una memoria illustrativa ex art. 121 c.p.p..All'udienza camerale fissata del 29 luglio 2010 il tribunale riuniva iprocedimenti e il difensore istante depositava ed illustrava motivi diimpugnazione.Il P.M. si riportava alla memoria depositata.3. Il difensore, in particolare, domandava che il decreto di sequestropreventivo fosse annullato, revocato o comunque dichiarato inefficace e che ibeni fossero dissequestrati e restituiti alla società intestatane e nel meritodei motivi di riesame, esponeva che: a) l'elicottero HB-21V era di proprietà delsoggetto estero Mataneg Establishment e non poteva essere ricondotto allaproprietà dell'indagato T.D.; b) l'immobile ubicato in (OMISSIS) ed intestatoalla società Moglia Establishment era stato concesso in locazione a M.M.,coniuge dell'indagato T.D.; c) l'immobile ubicato in (OMISSIS) apparteneva allasocietà Windhill Establishment e non era riconducibile alla disponibilità T.D.;d) il valore dei beni sequestrati ammontava di fatto ad Euro 4.262.897,59 ed era


del tutto sproporzionato rispetto al profitto del reato ipotizzato in Euro2.413.829,64; e) i documenti soggetto di apprensione da parte dell'autoritàgiudiziaria nel corso delle operazioni di esecuzione del sequestro preventivodel 16 luglio 2010 non potevano essere posti a sostegno del sequestro medesimo,che doveva invece trovare fondamento negli atti delle indagini preliminariantecedenti; f) il decreto di sequestro preventivo doveva considerarsiillegittimo in quanto le violazioni fiscali non erano state fatte oggetto diprocesso verbale di constatazione; g) non era configurabile il requisito del"periculum"; h) non era configurabile il capo 6 dell'incolpazione, riconducibileal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11, in quanto non era in corso alcuna proceduraesecutiva esattoriale; i) non si doveva procedere al sequestro preventivo perequivalente in quanto l'indagato T.D. risultava detenere una somma liquida didenaro ben superiore all'importo di Euro 2.413.829,64; l) non era sequestrabileil profitto del reato, ma solo il prezzo.3. Con ordinanza del 30 luglio 2010 il tribunale di Bergamo, in parzialeaccoglimento dei ricorsi come riuniti, annullava l'impugnato provvedimento disequestro preventivo, emesso in data 12 luglio 2010 dal g.i.p. del Tribunale diBergamo, limitatamente all'elicottero HB- ZIV registrato nella ConfederazioneElvetica, intestato alla Mataneg Establishment, conseguentemente disponendo ildissequestro dello stesso e la sua restituzione a favore dell'avente diritto,come per legge. Confermava nel resto l'impugnato provvedimento. Condannava iricorrenti al pagamento delle spese dei pre<strong>sent</strong>i procedimenti riuniti.4. Avverso questa pronuncia gli originari istanti propongono ricorso percassazione con plurimi motivi.MOTIVI DELLA DECISIONE1. Avverso l'ordinanza del 30 luglio 2010 il tribunale di Bergamo sono statiproposti due ricorsi.2. Il ricorso per proposto da T. e M. è articolato in dodici motivi.Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la inosservanza o l'erroneaapplicazione dell'ari 324 del codice di procedura penale sostenendol'inammissibilità, in quanto tardiva, della produzione documentale operata dalpubblico ministero in sede di udienza camerale.Con il secondo e il terzo motivo i ricorrenti denunciano l'omessa motivazione inordine alla supposta configurazione dei reati contestati e alla sussistenza delfumus commessi delitti. Da una parte contestano la possibilità di unamotivazione per relationem che l'ordinanza del tribunale fa all'ordinanza del


giudice per le indagini preliminari. D'altra parte sostengono che è solo in viainduttiva, e quindi con una procedura assai approssimativa, che è statodeterminato il volume di affari di alcune società di diritto straniero cheavrebbero operato commercialmente in Italia omettendo la dichiarazione quindi ilversamento dell'Iva.Con il quarto motivo i ricorrenti richiamano la disciplina del c.d. scudofiscale per dedurre la non punibilità delle condotte di omessa dichiarazione eomesso versamento dell'Iva.Con il quinto motivo i ricorrenti sostengono che la confisca e quindi ilsequestro per equivalente è ammissibile solo allorquando non sia possibileeseguire la confisca e quindi il sequestro del p rofitto o del prezzo del danarodall'indagato. Nell'ordinanza impugnata nulla si argomenta in proposito nonindicando per quale motivo non era stato possibile eseguire il sequestro delprofitto o del prezzo del reato.Col sesto motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 322 ter c.p.,sostenendo che il richiamo operato dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143,a tale disposizione deve essere interpretato in modo restrittivo nel senso chefarebbe riferimento soltanto alla prezzo e non anche al profitto del reato.Con il settimo motivo i ricorrenti deducono che nemmeno in astratto può esserelegittimato un sequestro per equivalente eseguito nei confronti di società chenulla hanno a che fare con le indagini in corso, società che risultano essereproprietarie dell'immobile sito in (OMISSIS) e di quello sito in (OMISSIS).Con l'ottavo motivo i ricorrenti deducono la non confiscabilità dei beniintestati a persone giuridiche estere.Con il nono motivo i ricorrenti deducono la sproporzione tra il profitto delreato astrattamente ipotizzato, allo stato degli indagini, ed il valore dei beniconcretamente oggetto di sequestro per equivalente.Con il decimo motivo i ricorrenti deducono che in caso di pluralità di indagatiil sequestro preventivo per equivalente deve essere proporzionale alla misuradella quota di profitto del reato a ciascun indagato attribuita.Con un undicesimo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell'ari. 104disp. att. c.p.p., che ha disciplinato le modalità di attuazione del sequestro.Con il dodicesimo e ultimo motivo i ricorrenti si dolgono della condanna alpagamento delle spese processuali.


3. Con distinto ricorso articolato in cinque motivi le tre società estere sopraindicate si dolgono della illegittimità della ordinanza impugnata sotto plurimiprofili.Con il primo motivo le ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 322 terdeducendo che il conto corrente dell'indagato aveva una capienza ben maggiore equindi non c'era necessità di estendere il sequestro per equivalente agliimmobili di proprietà delle società alla ricorrenti.Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano la insussistenza di alcun vincolodi pertinenziale con il profitto o il prezzo del reato atteso che gli immobiliin questione sono stati acquistati nell'ottobre del 2003 e nel maggio del 2005mentre i reati si riferiscono alla omessa dichiarazione e all'omesso versamentodell'Iva degli anni d'imposta 2007 - 2008.Con il terzo motivo le ricorrenti si dolgono della violazione dell'art. 322 terc.p., sostenendo che la confisca e quindi il sequestro per equivalente sonopossibili solo nel caso di prezzo di reato è non già anche di profitto.Con il quarto motivo le ricorrenti lamentano la mancanza o comunquecontraddittorietà della motivazione dell'ordinanza impugnata quanto allapresunta riconducibilità alle indagato dei beni oggetto della misura cautelarereale.Con il quinto e ultimo motivo le ricorrenti deducono ancora una volta laviolazione dell'art. 322 ter, sotto il profilo della insussistenza del fumus edel periculum in mora.4. Entrambi i ricorsi non sono fondati.5. Tale è innanzi tutto il ricorso dell'indagato T. D. e di M.M., coniuge diquest'ultimo.5.1. Il primo motivo è infondato perchè è possibile la produzione documentaleanche in sede di udienza camerale quando si tratta di una misura cautelarereale.Come ha correttamente rilevato il tribunale, il procedimento di riesamedisciplinato dall'art. 324 c.p.p., riconosce, attraverso il richiamo all'art.309, comma 9, la possibilità per le parti di pre<strong>sent</strong>are nuovi elementi nel corsodell'udienza, producendo nuovi documenti o altri elementi rappre<strong>sent</strong>ativi delfatto oggetto della decisione. Il Tribunale investito del riesame può pertantotener conto di atti e documenti prodotti dalle parti all'udienza e non facenti


parte di quelli depositati in precedenza, formati sia anteriormente chesuccessivamente al deposito de gli atti in cancelleria; nè a seguito della loroproduzione deve essere concesso un termine per l'esame degli stessi (così <strong>Cass</strong>.,sez. 3^, 17 gennaio 1996 - 6 febbraio 1996, n. 164). In precedenza cfr. anche<strong>Cass</strong>., sez. 6^, 6 agosto 1992 - 28 agosto 1992, n. 3025, che ha affermato chegli "elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza" - che legittimamente,ai sensi dell'art. 309 c.p.p., comma 9, vengono presi in esame dal Tribunale aifini della decisione sulla richiesta di riesame dell'ordinanza che dispone unamisura cautelare - possono essere rappre<strong>sent</strong>ati da nuovi atti e documentiprodotti all'udienza e non facenti parte di quelli pre<strong>sent</strong>ati dal P.M. al G.I.P.per richiedere l'emissione della misura stessa.5.2. Il secondo e terzo motivo sono infondati. In caso di misure cautelari realie non personali c'è innanzi tutto un controllo di legittimità sullariconducibilità della condotta ipotizzata al reato posto a base della misuracautelare laddove la piena valutazione degli elementi probatori di colpevolezzaappartiene alla fase di merito senza che sia invocabile in sede di legittimitàun siffatto sindacato di merito per contestare la legittimità del provvedimentocautelare (<strong>Cass</strong>., sez. un., 17 dicembre 2003 - 19 gennaio 2004, n. 920).Rimane però pur sempre che nella valutazione del "fumus commissi delicti" qualepresupposto del sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., comma 1, ilgiudice del riesame deve avere riguardo non solo alla astratta configurabilitàdel reato, ma deve anche tener conto - come ha fatto nella specie il tribunaledi Bergamo - delle concrete risultanze processuali e dell'effettiva situazioneemergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, anche solosommariamente, le ragioni che rendono allo stato sostenibile l'impostazioneaccusatoria (<strong>Cass</strong>., sez. 3^, 5 maggio 2010-9 luglio 2010, n. 26197). Cfr. anche,proprio con riferimento al sequestro preventivo di beni confiscabili ai sensidel D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, convertito con modificazioni nella L.n. 356 del 1992, <strong>Cass</strong>., sez. 1^, 11 febbraio 2010 - 26 aprile 2010, n. 16207,che ha ribadito che è necessario accertare, quanto al "fumus commissi delieti",l'astratta configurabilità, nel fatto attribuito all'indagato, di uno dei reatiindicati dalla norma citata, e quanto al "periculum in mora", attesa lacoincidenza di quest'ultimo requisito con la confiscabilità del bene, lapresenza di seri indizi di esistenza delle condizioni che legittimano laconfisca, e cioè da un lato la sproporzione del valore dei beni rispetto alreddito o alle attività economiche del soggetto, e dall'altro la mancatagiustificazione della lecita provenienza dei beni stessi. Conf, <strong>Cass</strong>., sez. 5^,24 marzo 2009 - 18 maggio 2009, n. 20818, che ha ulteriormente precisato che lecondizioni necessarie e sufficienti per disporre il sequestro preventivo di beniconfiscabili a norma del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies, convertito


con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, n. 356, consistono, quanto al "fumuscommissi delicti", nell'astratta configurabilità di una delle ipotesi criminosepreviste, senza che rilevino nè la sussistenza degli indizi di colpevolezza, nèla loro gravità e, quanto al "periculum in mora", nella presenza di seri indizidi esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciòche riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alleattività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancatagiustificazione della provenienza lecita degli stessi beni.5.3. Il quarto motivo è inammissibile per la novità della questione non devolutaal tribunale per il riesame.La regola della devoluzione, propria del giudizio di gravame nel processo dicognizione ed applicabile anche all'appello nelle misure cautelari (<strong>Cass</strong>., sez.1^, 26 febbraio 1998-4 aprile 1998, n. 1219), è viepiù operante nel giudizio dilegittimità promosso, come nella specie, con ricorso avverso l'ordinanza emessadal tribunale in sede di riesame della misura cautelare reale sicchè - indisparte la fattispecie di nullità assoluta rilevabile d'ufficio - è preclusoogni esame di questioni che, per non essere state dibattute in quella sede e pernon aver costituito oggetto di tale decisione, sono "nuove".La censura comunque - nei limiti in cui viene prospettata una radicale nonpunibilità della condotta, profilo questo che sarebbe rilevabile d'ufficio - èinfondata atteso che la non punibilità prevista dalla disciplina del c.d. scudofiscale riguarda solo condotte afferenti le somme che dall'estero rientrano inItalia e non invece condotte che sono distinte e diverse e che non attengonoagli importi oggetto del beneficio fiscale suddetto.In particolare il D.L. n. 78 del 2009, art. 13, inserito dalla legge diconversione 3 agosto 2009, n. 102, e successivamente modificato dal D.L. 3agosto 2009, n. 103, art. 1, conv. dalla L. 3 ottobre 2009, n. 141, prevede unamisura incentivante il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenutefuori del territorio dello Stato. A fronte del pagamento di un'impostastraordinaria su un rendimento lordo presunto del capitale e con un'aliquotacomprensiva di interessi e sanzioni, è previsto, come beneficio fiscale, lasterilizzazione del capitale rimpatriato che non può costituire elementoutilizzabile a sfavore del contribuente (ad es. in quanto rivelatore di capacitàcontributiva), nonchè l'esonero dall'obbligo di segnalazione di cui al D.Lgs. 21novembre 2007, n. 231, art. 41, ed altri effetti premiali tra cui l'esclusionedella punibilità per alcuni reati fiscali.Tale (sopravvenuta) non punibilità è prevista mediante il richiamo, contenutonell'art. 1 cit., sia al D.L. 25 settembre 2001, n. 350, art. 14, che esclude


appunto la punibilità per i reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 4 e 5,nonchè per i reati di cui al D.L. n. 429 del 1982 (salvi però quelli previstidall'art. 4, lettere d) e f), del predetto Decreto n. 429 del 1982,relativamente alla disponibilità delle attività finanziarie dichiarate), siaalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 8, comma 6, lett. c), che estende la nonpunibilità anche ai reati tributari di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2, 3e 10 (oltre che 4 e 5).Tale esonero dalla punibilità - che comunque non riguarda anche i reati di cuial D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 10 ter ed 11, in riferimento (anche) ai quali èstata, nella specie, emessa la misura cautelare in esame sicchè in ogni casopermane il fumus commissi delicti a sorreggere la misura - va inteso in terminirigorosamente restrittivi nel senso che si riferisce alle sole condotteafferenti i capitali oggetto della procedura di rimpatrio; ciò per nonsconfinare in una sostanziale previsione di amnistia che avrebbe richiesto lamaggioranza qualificata di cui all'art. 79 Cost., comma 1.La ratio di questa previsione speciale (l'art. 13 cit.) che assegna al rimpatriodei capitali e al pagamento dell'imposta straordinaria anche l'effetto disopravvenuta causa di non punibilità è quella di evitare che la domanda diregolarizzazione comporti anche l'emersione di una condotta di trasferimentoall'estero di capitali per spontanea dichiarazione del suo autore; ciò chepotrebbe costituire una remora all'utilizzo della regolarizzazione stessa che illegislatore ha invece inteso promuovere. Si giustifica allora quello chedescrittivamente viene indicato come scudo fiscale: la condotta di trasferimentoall'estero di quei capitali rimpatriati con la regolarizzazione mediantepagamento di imposta straordinaria e lo stesso possesso all'estero di talicapitali vengono depurati di ogni rilievo penale al fine dei menzionati reatifiscali. Ma non c'è alcun effetto espansivo esterno nel senso di un'immunitàsoggettiva in relazione a reati fiscali nella cui condotta non rilevino affattoi capitali trasferiti e posseduti all'estero e successivamente oggetto dirimpatrio.Tale interpretazione restrittiva trova un puntuale riscontro nella espressaprevisione dell'art. 13, comma 4, che predica l'applicabilità dell'esonero dellaresponsabilità penale "limitatamente al rimpatrio ed alla regolarizzazione dicui al pre<strong>sent</strong>e articolo". Nè ciò è contrastato dalla cit. L. 27 dicembre 2002,n. 289, art. 8, comma 6, lett. c), - pure richiamato dall'ari 13 cit. - cheriferisce sì tale immunità alle "annualità" oggetto di integrazione, ma ciò faperchè in quel caso (della L. n. 289/292) la regolarizzazione (o condono) avevaad oggetto proprio annualità di reddito, mentre la regolarizzazione di cui


all'art. 13 cit. (del D.L. n. 78 del 2009) riguarda non già annualità direddito, ma il trasferimento all'estero di determinati capitali.Quindi analogamente può dirsi che solo in riferimento ai capitali rimpatriatic'è il c.d. scudo fiscale con la relativa immunità penale per i reati fiscaliprevisti sia dall'art. 14 cit. sia dall'art. 8 cit.; mentre per il resto rimanel'ordinaria rilevanza penale di condotte che - come nella fattispecie in esame -nulla hanno a che vedere con il trasferimento ed il possesso all'estero dicapitali.5.4. Il quinto ed il sesto motivo sono infondati.La L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, (legge finanziaria 2008)con<strong>sent</strong>e il sequestro per effetto dell'estensione della misura di sicurezzadella confisca ai beni che costituiscono profitto o prezzo dei reati previsti epuniti ai sensi del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10ter, 10 quater e 11. In tal modo l'art. 322 ter è richiamato dall'art. 1, comma143, cit. nella sua interezza (in particolare, commi 1 e 2) e quindi conriferimento sia al prezzo che al profitto e pertanto non può accogliersi la tesidei ricorrenti secondo cui la confisca per equivalente e il sequestro perequivalente sarebbero possibili solo con riferimento al prezzo del reato.In proposito questa Corte (<strong>Cass</strong>., sez. 3^, 7 luglio 2010 - 6 ottobre 2010, n.35807) ha già affermato - e qui ribadisce - che in tema di reati tributari, ilsequestro preventivo, funzionale alla confisca "per equivalente", può esseredisposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato;, ciòperchè l'integrale rinvio alle "disposizioni di cui all'art. 322 ter c.p.",contenuto nella L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, con<strong>sent</strong>e di affermareche, con riferimento ai reati tributari, trova applicazione non solo il comma 1,ma anche il comma 2 della norma codicistica.5.5.. Il settimo e l'ottavo motivo sono inammissibili.Da una parte il ricorrente T. non ha interesse a muovere siffatta censura chenella sua prospettazione difensiva fa valere l'intestazione formale dellaproprietà degli immobili di Bergamo e di Orvieto in capo a società estere;immobili quindi la cui titolarità non sarebbe a lui riferibile.Questa Corte (<strong>Cass</strong>., sez. 1, 18 febbraio 2009 - 25 marzo 2009, n. 13037) haaffermato in proposito che, perchè sia configurabile un interesseall'impugnazione in caso di sequestro preventivo, occorre che l'indagato o


l'imputato prospetti una relazione con la cosa che sostenga la sua pretesa allacessazione del vincolo; nel caso in cui invece deduca unicamente che il benesequestrato era nella proprietà e disponibilità di terzo, e quindi l'unicaposizione alla quale era riconducibile l'interesse non faceva capo alricorrente, il ricorso è inammissibile (cfr. anche <strong>Cass</strong>., sez. 6^, 15 giugno1998 - 28 luglio 1998, n. 2158).Invece per la ricorrente M., che evidentemente fa valere la sua posizione didetentrice qualificata dell'immobile sito in (OMISSIS), la formale proprietàdegli immobili in questione in capo a società estere non esclude l'interesse aricorrere al fine di verificare la concreta disponibilità dei beni in capo allaindagato.Si tratta però di censura patimenti inammissibile perchè di merito.Infatti la giurisprudenza di questa corte (<strong>Cass</strong>. sez. un., 29 maggio 2008 - 26giugno 2008, n. 25932; <strong>Cass</strong>., sez. 5^, 13 ottobre 2009 - 11 novembre 2009, n.43068) ha più volte affermato in proposito che il ricorso per cassazione controordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso soloper violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "erroresin indicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicalida rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o deltutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza eragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logicoseguito dal giudice.Quindi è soltanto la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di unamotivazione meramente apparente - ma non già l'illogicità o la contraddittorietà- che può denunciarsi in sede di legittimità tramite lo specifico ed autonomomotivo di ricorso di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), (<strong>Cass</strong>., sez.6^, 21 gennaio 2009 - 20 febbraio 2009, n. 7472; <strong>Cass</strong>., sez. 6^, 4 aprile 2003 -4 giugno 2003, n. 24250).Nella specie il tribunale ha puntualmente verificato questo elemento di fatto enella specie l'ordinanza ha puntualmente motivato sulla disponibilità siadell'immobile di Bergamo che di lei immobile di loro Orvieto in capoall'indagato.5.6. Per la stessa ragione è inammissibile il nono motivo che, nel dedurre lasproporzione tra il profitto del reato e il valore dei beni assoggettati asequestro per equivalente; esprime censure in fatto che non sono deducibilinella sede di legittimità 5.7. Infondato è anche il decimo motivo. 11 fatto chee i sia una pluralità di indagati non esclude che il profitto nella


prospettazione accusatoria sia riferibile interamente al primo indagato, il T..L'orientamento prevalente di questa Corte (<strong>Cass</strong>., sez. 5^, 3 febbraio 2010 - 19marzo 2010, n. 10810) è infatti nel senso che il sequestro preventivo funzionalealla confisca per equivalente può interessare indifferentemente ciascuno deiconcorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato, anche sel'espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel "quantum"l'ammontare complessivo dello stesso. Cfr. anche <strong>Cass</strong>, Sez. F, 28 luglio/2009 -17 agosto 2009, n. 33409, che parimenti ha ritenuto che in caso di concorso dipersone nel reato, la confisca "per equivalente" prevista dall'art. 648 quaterc.p., può essere disposta per ciascuno dei concorrenti per l'intera entità delprofitto. Ha poi precisato <strong>Cass</strong>., sez. 6^, 6 marzo 2009 - 5 maggio 2009, n.18536, che in caso di pluralità di indagati quali concorrenti in un medesimoreato compreso tra quelli per i quali, ai sensi dell'art. 322 ter c.p., puòdisporsi la confisca "per equivalente" di beni per un importo corrispondente alprezzo o al profitto del reato, il sequestro preventivo funzionale alla futuraadozione di detta misura può interessare indifferentemente ciascuno deiconcorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato, mal'espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel "quantum"l'ammontare complessivo dello stesso.5.8. L'undicesimo motivo è infondato giacchè le modalità di esecuzione delsequestro preventivo previste dal cit. art. 104 disp. att. c.p.p., che detta leprescrizioni per l'apposizione del vincolo richiamando le forme prescritte dalcodice di procedura civile per il pignoramento presso il debitore o presso ilterzo, riguardano l'opponibilità del sequestro ai terzi e non già ilperfezionamento del vincolo sotto il profilo penale.5.9. E' inammissibile poi l'ultimo motivo (il dodicesimo motivo) riguardante lespese processuali atteso che il ricorso era stato pressochè interamente respintoe quindi vi era la soccombenza del ricorrente.6. Infondato è anche il ricorso proposto dalle tre società estere.Il primo motivo è inammissibile perchè fondato su una circostanza di mero fattoche asseritamente viene allegata dalle società ricorrenti: ossia ladisponibilità del conto corrente dell'indagato di una somma maggiore di quellaassoggettata a sequestro per equivalente sì da rendere superfluo il sequestrodegli immobili intestati alle società estere.Parimenti inammissibile è il quarto motivo perchè l'ordinanza motivaspecificamente in ordine alla disponibilità che aveva l'indagato dei dueimmobili intestati alle due società estere.


Il secondo ed il quinto motivo di ricorso sono infondati perchè nel caso disequestro per equivalente, come anche di confisca per equivalente, non occorreil vincolo di pertinenzialità con il profitto o il prezzo del reato, ma è unsufficiente la disponibilità da parte dell'indagato del bene assoggettato allamisura cautelare reale; ciò di cui il tribunale ha dato puntualmente conto. Lacircostanza che gli importi utilizzati per l'acquisto degli immobiliassoggettati alla misura cautelare non siano il provento dell'attività illecitacommessa dall'indagato principale non è rilevante trattandosi di confisca e disequestro per equivalente che appunto non richiede il vincolo dipertinenzialità.Il terzo motivo è infondato atteso che, come già sopra rilevato, il sequestroper equivalente nella fattispecie del reato tributario comprende anche l'ipotesidel profitto del reato e non è limitata al solo prezzo del reato.7. In conclusione tutti i ricorsi sono infondati e vanno quindi rigettati conconseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali.P.Q.M.la Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento dellespese processuali.

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