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Engels: L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato

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<strong>Engels</strong>: <strong>L'origine</strong> <strong>della</strong> <strong>famiglia</strong>, <strong>della</strong> <strong>proprietà</strong> <strong>privata</strong> e <strong>dello</strong> <strong>Stato</strong> – VIIIdell'agricoltura ad uno stadio inferiore: questo fu il risultato finale del dominio mondiale di Roma.L'agricoltura, il ramo di produzione decisivo in tutto il mondo antico, ritornava ad esserlo più che mai. In Italia gli enormi complessifondiari (latifondi), che a datare dalla fine <strong>della</strong> repubblica comprendevano quasi tutto il territorio, erano stati sfruttati in due modi: o comepascoli, dove la popolazione fu sostituita da pecore e buoi, alla cui sorveglianza bastavano pochi schiavi; o come ville, in cui con masse dischiavi si praticava l'orticoltura in grande stile, in parte per il lusso del proprietario, in parte a scopo di vendita sui mercati cittadini. Igrandi pascoli erano stati conservati e forse anche allargati; le ville e la loro orticoltura erano andate in rovina per l'impoverimento dei loroproprietari e la decadenza delle città. L'economia dei latifondi, fondata sul lavoro degli schiavi, non fruttava più; ma era, allora, l'unicaforma possibile <strong>della</strong> grande agricoltura. La piccola coltivazione era ridiventata la sola forma redditizia. Tutte le ville, una dopo l'altra,vennero spezzettate in piccoli appezzamenti e assegnate a fittavoli ereditari che pagavano una determinata somma o a partiarii, piùamministratori che fittavoli, i quali, in cambio del loro lavoro, ricevevano la sesta o la nona parte del raccolto annuale. Prevalentemente,però, questi piccoli appezzamenti venivano concessi a coloni che pagavano un certo canone annuo, che erano incatenati alla gleba epotevano essere venduti insieme al loro appezzamento; essi non erano certo schiavi, ma neppure liberi, non potevano sposarsi con donnelibere, e i matrimoni tra loro erano considerati non pienamente validi ma, come quelli degli schiavi, semplici concubinati (contubernium).Essi erano i precursori dei servi <strong>della</strong> gleba medievali.L'antica schiavitù aveva fatto il suo tempo. Essa non dava più un profitto che valesse la pena, né in campagna, nella grande agricoltura, nénelle manifatture cittadine: il mercato per i suoi prodotti era scomparso. La piccola agricoltura, però, e il piccolo artigianato, in cui si erarattrappita la gigantesca produzione del periodo aureo dell'impero, non avevano posto per schiavi numerosi. Nella società vi era ancoraposto solo per gli schiavi domestici e di lusso dei ricchi. Tuttavia la schiavitù morente era pur sempre sufficiente a far apparire ogni lavoroproduttivo come attività da schiavo, come indegno di un Romano libero, e ognuno ormai era libero.Perciò, da un lato il numero crescente di emancipazioni di schiavi superflui, divenuti un peso, dall'altro aumento qui di coloni e là di liberidivenuti pezzenti (corrispondenti ai poor whites (5) dei vecchi Stati schiavisti d'America). Il cristianesimo è completamente innocente <strong>della</strong>estinzione graduale <strong>della</strong> schiavitù antica. Esso l'ha accettata in pieno per secoli nell'impero romano e più tardi non ha mai ostacolato ilcommercio di schiavi esercitato dai cristiani: né quello esercitato dai Tedeschi del Nord, né quello esercitato dai Veneziani nelMediterraneo, né il posteriore commercio di negri (6).La schiavitù non rendeva più, ecco perché scomparve. Ma la schiavitù morente lasciò il suo pungiglione avvelenato nel dispregio in cui eratenuto il lavoro produttivo dei liberi. Questo era il vicolo cieco nel quale andò a cacciarsi il mondo romano: la schiavitù eraeconomicamente impossibile, il lavoro degli uomini liberi era moralmente al bando. L'una non poteva più essere, l'altro non poteva ancoraessere la forma fondamentale <strong>della</strong> produzione sociale. Solo una completa rivoluzione poteva portare un rimedio a questo stato di cose.Nelle province la situazione non era migliore. Il maggior numero di notizie ci proviene dalla Gallia. Qui, accanto ai coloni, c'erano anche ipiccoli contadini liberi. Per proteggersi dai soprusi di funzionari, di giudici e di usurai, essi si ponevano spesso sotto la protezione, ilpatronato, di un potente e precisamente facevano ciò non solo gli individui, ma intere comunità, cosicché nel IV secolo gli imperatoriproibirono più volte questo costume. Ma che utilità arrecava questa protezione a coloro che la richiedevano? Il patrono poneva loro comecondizione che trasferissero a lui la <strong>proprietà</strong> del loro pezzo di terra, assicurando loro l'usufrutto di essa vita natural durante: trucco di cui lasanta Chiesa si accorse e che imitò bravamente nel corso del IX e X secolo, per accrescere il regno di Dio e i suoi propri possessi fondiari.È vero che, verso il 475, Salviano, vescovo di Marsiglia, inveisce e si sdegna ancora contro tale furto e racconta che la pressione deifunzionari romani e dei grandi proprietari terrieri era diventata così crudele che molti «Romani» fuggivano nelle terre già occupate daibarbari, e che i cittadini romani colà domiciliati di null'altro avevano paura se non di tornare di nuovo sotto il dominio romano (7).Che allora genitori, di frequente, a causa <strong>della</strong> miseria vendessero come schiavi i loro figli, lo prova una legge promulgata contro questocostume.Come compenso per aver liberato i Romani dal loro proprio <strong>Stato</strong>, i barbari tedeschi si presero due terzi dell'intero territorio e se lo diviserotra loro. La divisione avvenne secondo la costituzione gentilizia; dato il numero proporzionalmente piccolo dei conquistatori, grandissimeestensioni di terreno rimasero indivise, in parte in possesso di tutto il popolo, in parte delle singole tribù e gentes. In ciascuna gens le terrearative e prative vennero sorteggiate tra le singole comunità domestiche in parti uguali; non sappiamo se si effettuassero spartizioniperiodicamente ripetute; in ogni modo, queste spartizioni cessarono presto nelle province romane e le parti individuali divennero <strong>proprietà</strong><strong>privata</strong> alienabile, allodio. Boschi e pascoli rimasero indivisi per uso pubblico; quest'uso, come il modo di coltivare la terra spartita, furegolato secondo l'antico costume e secondo le decisioni <strong>della</strong> collettività. Quanto più a lungo la gens risiedeva nel suo villaggio e quantopiù Tedeschi e Romani a poco a poco si fondevano, tanto più il vincolo veniva perdendo il suo carattere di parentela per acquistare uncarattere territoriale; la gens scomparve nella comunità <strong>della</strong> marca in cui, tuttavia, abbastanza spesso si trovano ancora tracce <strong>della</strong> suaorigine nella parentela dei suoi membri.Così la costituzione gentilizia, almeno nei paesi dove la comunità di marca rimase in vita — Francia del Nord, Inghilterra, Germania,Scandinavia — insensibilmente si trasformò in una costituzione a carattere locale e acquisì la capacità di ingranarsi nello <strong>Stato</strong>. Ma,tuttavia, conservò il suo naturale carattere democratico che distingue tutta la costituzione gentilizia e, pur nella degenerazione che più tardidovette subire, mantenne un poco <strong>della</strong> costituzione gentilizia e insieme un'arme nelle mani degli oppressi, valida fino alla nostra epoca.Se il vincolo di sangue nella gens andò presto perduto, ciò fu la conseguenza del fatto che, anche nella tribù e nell'insieme del popolo, isuoi organi degenerarono in seguito alla conquista. Sappiamo che l'assoggettamento di individui è incompatibile con la costituzionegentilizia. Lo vediamo qui su vasta scala. I popoli tedeschi, ora signori delle province romane, dovevano organizzare quel che avevanoconquistato. Non potevano però né accogliere la massa dei Romani nelle gentes né dominarli per mezzo di esse. Alla testa degli entiamministrativi locali romani, che frattanto in gran parte continuavano ad esistere, si doveva mettere un sostituto <strong>dello</strong> <strong>Stato</strong> romano, equesto poteva essere soltanto un altro <strong>Stato</strong>.http://www.resistenze.org/sito/ma/di/ce/mdce5n29h.htm (2 di 5)14/10/2010 13.24.09

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