Cassazione: la ctu esplorativa è ammessa quando non vi ... - Ospol

Cassazione: la ctu esplorativa è ammessa quando non vi ... - Ospol Cassazione: la ctu esplorativa è ammessa quando non vi ... - Ospol

delle risultanze documentali, già valutate dai giudici del merito con motivazione succinta,ma comunque adeguata e dissimu<strong>la</strong>, dunque, una richiesta di riesame del merito, inibita insede di legittimità. Peraltro il <strong>vi</strong>zio costituito dal<strong>la</strong> mancata valutazione da parte del giudicedi appello di alcuni documenti sarebbe inammissibile anche perché il presunto erroregiudiziale <strong>non</strong> corrisponderebbe ad alcuno dei moti<strong>vi</strong> di ricorso ai sensi dell'art. 360 c.p.c.".Fermo quanto finora precisato <strong>la</strong> Corte prosegue nelle proprie valutazioni ed esaminaquello che, a suo av<strong>vi</strong>so, costituisce il punto centrale del<strong>la</strong> decisione impugnata ove siprecisa che "è ripetibile <strong>la</strong> somma indebitamente pagata e <strong>non</strong> già il debito sostenutocome illegale".La Corte di <strong>Cassazione</strong> ricostruisce l'iter argomentativo che ha condotto il giudice disecondo grado ad effettuare <strong>la</strong> citata precisazione. Come hanno chiarito le Sezioni Unitedel<strong>la</strong> <strong>Cassazione</strong> intervenendo in materia di prescrizione del diritto al<strong>la</strong> restituzionedell'indebito, è indispensabile distinguere due tipologie di versamenti annotati in contocorrente. Solo <strong>quando</strong> il correntista <strong>non</strong> ha un'apertura di credito oppure ha un'apertura dicredito e ha superato i limiti del<strong>la</strong> stessa, ogni versamento che sarà annotato a debitorappresenterà un pagamento in quanto sarà finalizzato a realizzare uno spostamentopatrimoniale in favore dell'istituto di credito che ne accresce il patrimonio a detrimento delcorrentista stesso.La Corte osserva che il presupposto per <strong>la</strong> restituzione dell'indebito è che esista unpagamento cioè un versamento solutorio effettuato in assenza di un'apertura di creditooppure <strong>quando</strong> il limite dell'apertura di credito è stato superato. La sentenza infattistatuisce: "nel caso che durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato<strong>non</strong> solo prelevamenti, ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essereconsiderati al<strong>la</strong> stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (overisultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l'effetto di uno spostamentopatrimoniale in favore del<strong>la</strong> banca. Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguitisu un conto "scoperto" (cui <strong>non</strong> accede alcuna apertura di credito a favore del correntista,o <strong>quando</strong> i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limitidell'accreditamento) e <strong>non</strong>, <strong>vi</strong>ceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, <strong>non</strong>avendo il passivo superato il limite dell'affidamento concesso al cliente, funganounicamente da atti ripristinatori del<strong>la</strong> prov<strong>vi</strong>sta del<strong>la</strong> quale il correntista può ancoracontinuare a godere."La Corte prosegue sostenendo che l'annotazione rilevabile dagli estratti conto di una postadi interessi (o di c.m.s.) illegittimamente addebitati dal<strong>la</strong> banca al correntista <strong>non</strong> basta diper sé a dimostrare che a quell'annotazione abbia corrisposto un versamento solutorio e,quindi, un pagamento. Il correntista, dunque, sul<strong>la</strong> base di tali mere annotazioni (magariricostruite da una consulenza contabile) <strong>non</strong> può agire per <strong>la</strong> ripetizione di un pagamentoche, in quanto tale, da parte sua <strong>non</strong> ha ancora avuto luogo. La Corte, infatti, precisa: "Dipagamento, nel<strong>la</strong> descritta situazione, potrà dunque par<strong>la</strong>rsi soltanto dopo che, conclusosiil rapporto di apertura di credito in conto corrente, <strong>la</strong> banca abbia esatto dal correntista <strong>la</strong>restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi <strong>non</strong> dovutie, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente all'atto del<strong>la</strong> chiusura del conto."In altri termini il correntista, nel caso esaminato dal<strong>la</strong> Corte, esigeva <strong>la</strong> restituzionedell'importo corrispondente ad una parte del<strong>la</strong> somma dei saldi debitori dei suoi tre conticorrenti così come risultanti, verosimilmente, dagli estratti conto allegati al decretoingiuntivo (il passivo complessivo, infatti, era pari a L. 786.333.219), adducendonel'illegittimità, senza tutta<strong>vi</strong>a aver dimostrato di aver chiuso l'apertura di credito o anche ilconto e di aver restituito al<strong>la</strong> Banca il complessivo saldo a debito.L'ingiungente, dunque, <strong>non</strong> ha dato prova di quell'arricchimento indebito dell'Istituto dicredito che gli avrebbe dato diritto a conseguire <strong>la</strong> restituzione, tant'è che <strong>la</strong> Corteterritoriale aveva affermato che "mancava <strong>la</strong> prova del<strong>la</strong> corresponsione degli interessi,


segnatamente e<strong>vi</strong>denziando l'inconferenza del<strong>la</strong> mera deduzione dell'illegittimità del<strong>la</strong>c<strong>la</strong>uso<strong>la</strong> determinativa degli stessi, avuto riguardo all'oggetto dell'azione di ripetizione,rappresentato dal pagamento indebito e <strong>non</strong> già dal "debito sostenuto come illegale".Ne consegue, quindi, che il correntista che voglia esigere <strong>la</strong> ripetizione dell'indebitoadducendo l'illegittimità degli addebiti di interessi, CMS e valute può farlo solo conriferimento a versamenti di carattere solutorio e ha l'onere di fornire <strong>la</strong> prova che talipagamenti siano effettivamente avvenuti, cosa che accade con <strong>la</strong> chiusura dell'apertura dicredito o del conto corrente e con <strong>la</strong> corresponsione al<strong>la</strong> Banca dell'eventuale saldodebitore.Diversamente, come, peraltro, già precisato da alcuni Tribunali, qualora <strong>non</strong> si forniscatale prova, il correntista <strong>non</strong> può chiedere <strong>la</strong> ripetizione dell'indebito ma solo <strong>la</strong> rettifica delsaldo.Alfonsina Biscardi<strong>Cassazione</strong>: delibere ordine professionale si possono impugnaredavanti al giudice ordinariodi Licia Albertazzi - La sentenza in oggetto tratta dell'interessante questione del concorsotra giurisdizione ci<strong>vi</strong>le e amministrativa. Il giudice ordinario ha potere decisionale in tuttiquei casi in cui controversa è l'esistenza o il perfezionarsi di un diritto soggettivo; alcontrario, al giudice amministrativo spetta decidere circa quelle questioni coinvolgentiuna pubblica amministrazione (un soggetto dotato di potere potestativo nei confronti delprivato) e in generale in tutti quei casi in cui meritevole di tute<strong>la</strong> <strong>non</strong> sia un dirittosoggettivo ma un interesse legittimo.Esistono delle eccezioni e tal volta <strong>vi</strong> sono casi partico<strong>la</strong>ri, difficilmente collocabili nell'unao nell'altra categoria e ciò pone interessanti quesiti circa l'attribuzione del poteredecisionale ora all'uno ora all'altro giudice.Nel caso di specie <strong>la</strong> Suprema Corte (sentenza 4370/2013) si è pronunciata circal'impugnabilità innanzi al giudice ordinario delle delibere disciplinari emanate dalConsiglio Nazionale dell'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.La Corte ha sottolineato come i provvedimenti disciplinari siano atti idonei ad incidere nel<strong>la</strong>sfera soggettiva del professionista destinatario e come tali <strong>non</strong> c<strong>la</strong>ssificabili come attiamministrati<strong>vi</strong>, <strong>non</strong>ostante possano essere così intesi da un punto di <strong>vi</strong>sta formale.La Corte, mantenendo un orientamento consolidato (ad es. Cass. Sez. unite, ordinanza n.30785 del 30/12/2011) ha nuovamente confermato come spetti al singolo ricorrere algiudice ordinario al fine di tute<strong>la</strong>re il proprio diritto soggettivo all'esercizio del<strong>la</strong> professione.Competente a pronunciarsi è il Tribunale del luogo in cui ha sede il Consiglio dell'Ordineautore del<strong>la</strong> delibera.Vai al testo del<strong>la</strong> sentenza n.4370/2013<strong>Cassazione</strong>: mobilità e licenziamenti colletti<strong>vi</strong>. Ecco <strong>quando</strong> bastaelenco dei soli <strong>la</strong>voratori da licenziare"In tema dì procedura di mobilità, <strong>la</strong> pre<strong>vi</strong>sione di cui al<strong>la</strong> L. n. 223 del 1991, art. 4,comma 9, secondo cui il datore di <strong>la</strong>voro, nel<strong>la</strong> comunicazione i<strong>vi</strong> pre<strong>vi</strong>sta deve dare una"puntuale indicazione" dei criteri di scelta e delle modalità applicative, comporta che,anche <strong>quando</strong> il criterio prescelto sia unico, il datore di <strong>la</strong>voro deve provvedere aspecificare nel<strong>la</strong> detta comunicazione le sue modalità applicative, in modo che <strong>la</strong> stessaraggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il <strong>la</strong>voratore dipercepire perché lui - e <strong>non</strong> altri dipendenti - sia stato destinatario del collocamentoin mobilità o del licenziamento collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestarel'illegittimità del<strong>la</strong> misura espulsiva, sostenendo che, sul<strong>la</strong> base del comunicato criterio di


selezione, altri <strong>la</strong>voratori - e <strong>non</strong> lui - avrebbero dovuto essere collocati in mobilità olicenziati.".E' quanto ribadito dal<strong>la</strong> Corte di <strong>Cassazione</strong> <strong>la</strong> quale, con sentenza n. 4667 del 25febbraio 2013 ha affermato come "discende dal suddetto principio che, poiché <strong>la</strong>specificità dell'indicazione delle modalità di applicazione del criterio di scelta adottato èfunzionale a garantire al <strong>la</strong>voratore destinatario del provvedimento espulsivo <strong>la</strong> pienaconsapevolezza delle ragioni per cui <strong>la</strong> scelta è caduta su di lui, in modo da consentirgliuna puntuale contestazione del<strong>la</strong> misura espulsiva, il parametro per valutare <strong>la</strong> conformitàdel<strong>la</strong> comunicazione al dettato di cui all'art. 4, comma 9, deve essere indi<strong>vi</strong>duatonell'idoneità del<strong>la</strong> comunicazione, con riferimento al caso concreto, di garantire al<strong>la</strong>voratore <strong>la</strong> suddetta consapevolezza.".Nel caso di specie, secondo i giudici di appello, <strong>la</strong> comunicazione in<strong>vi</strong>ata era priva deirequisiti pre<strong>vi</strong>sti dal comma 9 dello stesso art. 4 atteso che tale comunicazione, nel<strong>la</strong> partein cui si riferisce alle modalità di applicazione dei criteri di scelta, può dirsi adeguata soloallorché contenga <strong>la</strong> puntuale indicazione degli elementi che sorreggono <strong>la</strong>valutazione comparativa in re<strong>la</strong>zione a tutti i dipendenti tra i quali <strong>la</strong> scelta è stataoperata e <strong>non</strong> solo ai destinatari del recesso mentre <strong>la</strong> comunicazione contenevasoltanto l'elenco dei <strong>la</strong>voratori da licenziare e cioè l'esito del<strong>la</strong> comparazione effettuata epertanto <strong>non</strong> consentiva dì verificare in concreto <strong>la</strong> reale aderenza ai criteri dì scelta fissatie <strong>la</strong> loro corretta esecuzione.Secondo i giudici di legittimità tale iter motivazionale seguito dal giudice di merito deveconsiderarsi erroneo in quanto <strong>la</strong> sentenza impugnata <strong>non</strong> ha fatto corretta applicazionedel suddetto principio avendo basato <strong>la</strong> propria decisione esclusivamente sul rilievoformale che, poiché <strong>la</strong> comunicazione conteneva l'elenco dei soli <strong>la</strong>voratori destinatari delprovvedimento espulsivo e <strong>non</strong> di tutti i dipendenti fra i quali era stata operata <strong>la</strong> scelta,essa <strong>non</strong> era idonea a consentire una verifica in concreto del<strong>la</strong> reale aderenza del<strong>la</strong> sceltaoperata dal datore di <strong>la</strong>voro ai criteri fissati in sede dì accordo sindacale.Nessuna valutazione è stata fatta dal<strong>la</strong> Corte territoriale sul contenuto complessivo del<strong>la</strong>comunicazione con <strong>la</strong> quale si dava puntuale indicazione dell'unico criterio di sceltaadottato e dal<strong>la</strong> quale si e<strong>vi</strong>nceva che <strong>la</strong> scelta dei <strong>la</strong>voratori oggetto del provvedimento dirisoluzione del rapporto di <strong>la</strong>voro era stata operata, in esecuzione degli accordi sindacali,sul<strong>la</strong> base di un unico criterio, che indi<strong>vi</strong>duava i destinatari del provvedimento espulsivoin tutti i <strong>la</strong>voratori che entro una certa data sarebbero stati in possesso dei requisiti pre<strong>vi</strong>stidal<strong>la</strong> legge per avere diritto al<strong>la</strong> pensione di anzianità o dì vecchiaia.L'elenco dei suddetti <strong>la</strong>voratori allegato a tale comunicazione - precisa <strong>la</strong> Suprema Corte -doveva essere esaminato al<strong>la</strong> luce del suddetto criterio di scelta che, avendo naturaoggettiva e riguardando, senza alcuna distinzione, tutti i <strong>la</strong>voratori in possesso dei requisitisopra indicati, rendeva superflua ogni comparazione con i <strong>la</strong>voratori pri<strong>vi</strong> del suddettorequisito.In altre parole per <strong>la</strong> verifica del<strong>la</strong> corretta applicazione del suddetto criterio era sufficienteil riscontro del<strong>la</strong> sussistenza, in capo al <strong>la</strong>voratore interessato, del requisito del diritto al<strong>la</strong>pensione di anzianità o di vecchiaia, requisito desumibile dall'elenco in<strong>vi</strong>ato come allegatoal<strong>la</strong> comunicazione de qua. "In re<strong>la</strong>zione al criterio di scelta adottato, indicatospecificamente nel<strong>la</strong> comunicazione stessa, <strong>la</strong> compi<strong>la</strong>zione e trasmissione dell'elenco deisoli destinatari del provvedimento espulsivo, era pienamente idonea a soddisfarequell'esigenza di tute<strong>la</strong>, sopra indi<strong>vi</strong>duata, posta al<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> norma prima citata. Da ciòconsegue che il <strong>vi</strong>zio procedurale che, a parere del<strong>la</strong> Corte d'appello, avrebbe inficiato illicenziamento <strong>non</strong> sussiste."


<strong>Cassazione</strong>: il nuovo proprietario dell'immobile può sfrattare inquilinoanche se morosità è precedente all'acquistoNel caso di compravendita di un appartamento che è stato in precedenza concesso inlocazione, l'acquirente subentra in tutti i diritti che il venditore aveva maturato nei confrontidell'inquilino. Per questo, nel caso in cui <strong>vi</strong> sia una morosità nel pagamento dei ca<strong>non</strong>i,il nuovo proprietario ha diritto ad intimare al conduttore lo sfratto per morosità anche sedetta morosità è maturata prima del<strong>la</strong> vendita dell'immobile.E' quanto afferma <strong>la</strong> Corte di <strong>Cassazione</strong> con sentenza numero 12883/2012 specificandoche le cose, oltretutto, <strong>non</strong> cambiano se il contratto si era già risolto in epoca anterioreal<strong>la</strong> vendita.Come si legge nel<strong>la</strong> parte motiva del<strong>la</strong> sentenza "La fattispecie di vendita di cosa locataintegra invero un'ipotesi di cessione legale del contratto di locazione in capoall'acquirente, che quale cessionario ex lega subentra nel<strong>la</strong> situazione di diritto e di fattofacente capo all'alienante al momento del<strong>la</strong> cessione e dal medesimo trasmessagli contale atto, senza che risulti al riguardo necessario l'accordo delle parti nè l'adesione delcontraente ceduto (nei cui confronti <strong>la</strong> cessione acquista peraltro efficacia so<strong>la</strong>mente almomento del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva notificazione)".Per questo l'acquirente anche se il contratto è scaduto può esercitare quei diritti che <strong>non</strong> sisono esauriti e che spettavano al precedente proprietario.Se poi, come nel<strong>la</strong> specie, il contratto è cessato per l'intimata disdetta al<strong>la</strong> scadenzacontrattuale "l'acquirente subentra nel diritto di credito al<strong>la</strong> restituzione già maturato incapo al locatore-proprietario cedente".<strong>Cassazione</strong>: occhio ai pettegolezzi sui <strong>vi</strong>cini, è diffamazioneAttenzione a divulgare pettegolezzi in merito a fatti compiuti da terzi, veri o presunti chesiano, è reato. Lo ha stabilito <strong>la</strong> Corte di <strong>Cassazione</strong>, che con <strong>la</strong> sentenza 8348/2013 hacondannato un uomo, e <strong>non</strong> una donna come si potrebbe facilmente presupporre, per averdiffuso <strong>la</strong> notizia di una presunta re<strong>la</strong>zione adulterina di una <strong>vi</strong>cina. A denunciarlo,cognata e fratello del<strong>la</strong> donna che avevano appreso del<strong>la</strong> questione dal <strong>vi</strong>cino stesso.A far fede è stata in misura maggiore <strong>la</strong> deposizione dettagliata del fratello del<strong>la</strong> donna,maggiormente coinvolto nel<strong>la</strong> <strong>vi</strong>cenda a motivo del legame parentale partico<strong>la</strong>rmentestretto.Si sarebbe trattato di diffamazione anche nel caso in cui <strong>la</strong> notizia divulgata fosse statavera? Sì, perché per costituzione sono da tute<strong>la</strong>re l'onore del<strong>la</strong> persona e da rispettare <strong>la</strong><strong>vi</strong>ta privata e familiare di un indi<strong>vi</strong>duo."La riservatezza come dignità può cedere dinanzi al pubblico interesse del<strong>la</strong> notizia, ma<strong>non</strong> può, in linea di principio, ammettersi che ciò avvenga oltre al soglia imposta dal<strong>la</strong>destinazione del<strong>la</strong> notizia a soddisfare un bisogno sociale", ha ricordato <strong>la</strong> Suprema Cortenel<strong>la</strong> sentenza.Scatta quindi <strong>la</strong> condanna per diffamazione anche in re<strong>la</strong>zione a comportamenti <strong>non</strong>approvati dall'opinione comune e fuori dai ca<strong>non</strong>i etici, e <strong>non</strong> soltanto <strong>quando</strong> siattribuisce ad un indi<strong>vi</strong>duo <strong>la</strong> paternità di un gesto compiuto che sia penalmenteperseguibile.<strong>Cassazione</strong>: si può licenziare dipendente che diffonde notizia del<strong>la</strong>prossima chiusura del<strong>la</strong> societàDi certo <strong>non</strong> è un'idea felice quel<strong>la</strong> di diffondere <strong>la</strong> notizia che <strong>la</strong> società presso cui si<strong>la</strong>vora sta per chiudere. Specialmente se <strong>la</strong> notizia arriva anche nelle orecchie dei clienti.A fronte di un simile comportamento <strong>la</strong> Corte di <strong>Cassazione</strong>, con sentenza n. 4859 del 27


febbraio 2013, ha affermato che il datore di <strong>la</strong>voro può legittimamente licenziare ildipendente.La <strong>vi</strong>cenda prese in esame dai giudici di piazza Cavour riguarda un licenziamento intimatoad un <strong>la</strong>voratore che aveva diffuso <strong>la</strong> notizia del<strong>la</strong> prossima chiusura del<strong>la</strong> società e inpartico<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> struttura operativa presso <strong>la</strong> quale il dipendente svolgeva <strong>la</strong> propriaatti<strong>vi</strong>tà .Confermando <strong>la</strong> decisione del<strong>la</strong> Corte d'Appello, che aveva riformato <strong>la</strong> sentenzaprecedentemente emessa in primo grado dal giudice del <strong>la</strong>voro, <strong>la</strong> Suprema Corte haprecisato che tali notizie, in quanto provenienti da un soggetto qualificato, per avere ildipendente raggiunto un posto rilevante in seno al<strong>la</strong> società, per <strong>non</strong> essere rimasteconfinate all'ambito interno essendo giunte anche ai clienti, avevano acquisito "una piùampia potenzialità di effetti" in ordine al danno di immagine per <strong>la</strong> datrice di <strong>la</strong>voro.Inoltre come sottolineato dal giudice territoriale "l'eventuale attentato al<strong>la</strong> credibilità diun'impresa, attraverso dichiarazioni <strong>non</strong> veritiere, costituiva fatto idoneo a minare inradice il rapporto di fiducia ed affidamento che il datore di <strong>la</strong>voro ha diritto di nutrireverso il proprio personale e che <strong>la</strong> inspiegabilità delle ragioni che avevano indotto il<strong>la</strong>voratore a diffondere tali notizie <strong>non</strong> attenuava ma, anzi, aggravava <strong>la</strong> entità dell'illecitorendendo ineludibilmente compromessa <strong>la</strong> prosecuzione del rapporto.".<strong>Cassazione</strong>: limiti al rimborso del danno biologico di lieve entità (c.d.micropermanenti)di Licia Albertazzi - Sentenza <strong>Cassazione</strong> Ci<strong>vi</strong>le, sezione sesta, n. 4638 del 22 Febbraio2013.Il procedimento di risarcimento del danno da lesioni derivanti da incidente stradale hasubito di recente importanti modifiche. Con l'entrata in <strong>vi</strong>gore del<strong>la</strong> legge di conversionedel c.d. "decreto liberalizzazioni" (Decreto Legge 1/2012 convertito con modificazionidal<strong>la</strong> n.27 del 24 Marzo 2012) il legis<strong>la</strong>tore ha posto severi limiti al<strong>la</strong> possibilità di risarcire idanni da micropermanenti (piccoli traumi, colpi di frusta) causati da sinistri stradali dilieve e lie<strong>vi</strong>ssima entità. Lo scopo dell'intervento legis<strong>la</strong>tivo è chiaro: ridurre quanto piùpossibile le frodi assicurative per calmierare i premi di polizza e s<strong>vi</strong>luppare <strong>la</strong> competiti<strong>vi</strong>tàdelle compagnie assicurative italiane (1).In linea con tale intervento <strong>la</strong> Suprema Corte ha confermato l'impossibilità per l'impresa diassicurazione di provvedere al rimborso delle spese mediche nel caso il danneggiato<strong>non</strong> provveda a fornire adeguati e precisi riferimenti in merito al<strong>la</strong> struttura sanitaria pressocui si è fatto curare. In partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> Corte afferma come, in tutti quei casi in cui <strong>la</strong> <strong>vi</strong>ttima<strong>non</strong> si sia rivolta ad una struttura convenzionata con il ser<strong>vi</strong>zio sanitario nazionale, <strong>la</strong>stessa debba provvedere a fornire idonea e adeguata certificazione medica attestante ildanno subito e le medicazioni ricevute. Dai documenti deve emergere chiaramente ilnesso tra diagnosi ed incidente stradale. In caso contrario <strong>la</strong> compagnia è legittimata anegare il rimborso.(1) La legge in oggetto ha inserito due commi all'art. 139 cod. delle ass.ni privateprevedendo precise cautele da adottare in caso di liquidazione del danno biologico di lieveentità.<strong>Cassazione</strong>: nessuna indennità da av<strong>vi</strong>amento se il conduttore <strong>non</strong>prova il contatto con il pubblicodi Licia Albertazzi - <strong>Cassazione</strong> Ci<strong>vi</strong>le, sezione terza, sentenza n. 4773 del 26 Febbraio2013.


L'articolo 34 del<strong>la</strong> legge 392/1978 (rego<strong>la</strong>mentazione del<strong>la</strong> locazione di immobili ad usocommerciale) prevede a carico del locatore l'obbligo di versamento di un'indennità diav<strong>vi</strong>amento al<strong>la</strong> cessazione degli effetti del contratto.Tale somma è pari a 18 o 21 mensilità (a seconda che il conduttore abbia esercitato omeno atti<strong>vi</strong>tà turistico-alberghiera) e <strong>non</strong> va versata soltanto nel caso in cui a recedere pergiusto motivo o con congruo preav<strong>vi</strong>so sia lo stesso conduttore. L'ordinamento ha pre<strong>vi</strong>stotale caute<strong>la</strong> proprio per tute<strong>la</strong>re <strong>la</strong> posizione del conduttore ed e<strong>vi</strong>tare che il locatore, conuna semplice disdetta, possa approfittare dell'atti<strong>vi</strong>tà già consolidata dal<strong>la</strong> contropartecontrattuale e goderne i frutti in prima persona senza versare alcun idoneo compenso.E' anche vero però che, per avere diritto a tale indennità, l'atti<strong>vi</strong>tà esercitata dal conduttoredeve riguardare specificamente i rapporti con il pubblico, poiché il fatto stesso di avercreato una cliente<strong>la</strong> più o meno stabile costituisce senza dubbio fonte di ricchezza.Secondo <strong>la</strong> Suprema Corte questo fatto deve essere provato dallo stesso conduttore cherichieda il pagamento dell'av<strong>vi</strong>amento; in caso contrario, dal locatore <strong>non</strong> potrà pretendereil versamento di alcuna indennità. Nel caso di specie infatti <strong>la</strong> Corte ha sottolineato come<strong>non</strong> sia idoneo a tal fine il solo ipotetico contatto con l'utenza esterna, <strong>non</strong> essendosufficiente soltanto l'aver ottenuto idonee autorizzazioni amministrative all'esercizio diuna determinata atti<strong>vi</strong>tà commerciale.

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