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Neoplasie in “Enciclopedia del Novecento” – Treccani - Omero

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<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...ENCICLOPEDIA SCUOLA REPETITA WEB TV MAGAZINE COMMUNITY ISTITUTO CATALOGOLog<strong>in</strong>RegistratiEnciclopedia Vocabolario S<strong>in</strong>onimi Dizionario Biografico degli ItalianiHome Enciclopedia <strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> Enciclopedia Novecento (0)<strong>Neoplasie</strong>Enciclopedia <strong>del</strong> Novecento (1979)CONDIVIDIdi Francesco Squart<strong>in</strong>i e Luigi CalifanoNEOPLASIEOncologia umanadi Francesco Squart<strong>in</strong>isommario: 1. Introduzione. 2. Epidemiologia e frequenza: a) i tipi più frequenti ditumori umani; b) tumori <strong>in</strong> aumento e <strong>in</strong> dim<strong>in</strong>uzione; c) <strong>in</strong>fluenza <strong>del</strong> sesso; d)distribuzione geografica; e) classe sociale e ambiente; f) associazioni particolari.3. Errore diagnostico: a) idoneità e attendibilità dei materiali statistici <strong>in</strong>oncologia; b) gradi di accuratezza diagnostica; c) confronto fra diagnosi cl<strong>in</strong>ichee anatomopatologiche; d) errore diagnostico reale e apparente; e) effetto sulle<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i di frequenza e di distribuzione; f) variazioni <strong>in</strong> rapporto al sesso, all'età eal periodo considerati. 4. Predisposizione genetica: a) suscettibilità cromosomicaal cancro; b) suscettibilità men<strong>del</strong>iana recessiva; c) suscettibilità men<strong>del</strong>ianadom<strong>in</strong>ante o familiare; d) predisposizione genetica ai cancri più comuni; e)<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i sui gemelli monocori; f) conclusioni. 5. Cause <strong>del</strong> cancro umano: a)fattori cancerogeni professionali; b) <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento ambientale; c) cancerogen<strong>in</strong>ella dieta; d) cancerogenesi latrogena; e) abitud<strong>in</strong>i di vita e voluttuarie; f)parassiti e virus oncogeni; g) prevenzione e screen<strong>in</strong>g <strong>del</strong>le sostanze cancerogene.6. Immunodepressione e malignità: a) l'ipotesi <strong>del</strong>la ‛sorveglianza immunologica';b) implicazioni cl<strong>in</strong>iche; c) difetti immunologici e tumori; d) regressionespontanea dei tumori; e) azione immunosoppressiva dei cancerogeni; f) critichesperimentali all'ipotesi e conclusioni. 7. Storia naturale <strong>del</strong>la malattia neoplasticanell'uomo: a) fasi <strong>del</strong>la malattia neoplastica; b) il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> cancro mammario;c) altri comuni tipi di cancro umano; d) rappresentazione schematica <strong>del</strong>lamalattia neoplastica nell'uomo. 8. Precursori morfologici: a) def<strong>in</strong>izione; b)analisi <strong>del</strong>la def<strong>in</strong>izione; c) acquisizioni sperimentali; d) variabilità e molteplicitàstrutturale; e) classificazione patogenetica; f) iprecursori morfologici <strong>del</strong> cancroumano; g) attuali <strong>in</strong>dirizzi di ricerca e conclusioni. 9. Progressione tumorale: a)def<strong>in</strong>izione; b) fonti di <strong>in</strong>formazione; c) caratteri tumorali acquisibili perprogressione; d) pr<strong>in</strong>cipi generali (regole) <strong>del</strong>la progressione tumorale; e) esempie considerazioni; f) meccanismi di progressione; g) notazioni critiche. 10.Diffusione metastatica: a) def<strong>in</strong>izione e vie di metastatizzazione; b) fasi <strong>del</strong>lametastatizzazione; c) distribuzione <strong>del</strong>le metastasi al tavolo anatomico; d) fattoriche <strong>in</strong>fluenzano la metastatizzazione. 11. Manifestazioni cl<strong>in</strong>iche, problemi didiagnosi e di prognosi: a) durata cl<strong>in</strong>ica; b) comportamenti particolari; c) fattorimorfologici di prognosi; d) diagnosi precoce; e) s<strong>in</strong>dromi paraneoplastiche; f)marcatori biologici e morfologici. 12. Stato attuale <strong>del</strong>la terapia: a) chemioterapia;b) agenti chemioterapici; c) meccanismi di azione; d) protocolli terapeutici; e)limiti e danni <strong>del</strong>la chemioterapia; f) terapia ormonale; g) immunoterapia; h)conclusioni. 13. Tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia e <strong>del</strong>l'adolescenza: a) peculiarità e problemi;b) epidemiologia e frequenza; c) quadri di patologia; d) curve di distribuzione; e)possibili fattori causali. 14. Pr<strong>in</strong>cipali tipi di tumori maligni negli adulti: a) cancro<strong>del</strong>la mammella; b) cancro <strong>del</strong> polmone; c) cancro <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o; d) cancro <strong>del</strong>lostomaco; e) leucemie e l<strong>in</strong>fomi. 15. Conclusioni. □ Bibliografia.CATEGORIEPATOLOGIA <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>aBIOCHIMICA <strong>in</strong> ChimicaBIOCHIMICA <strong>in</strong> BiologiaTAGgiuseppe sanarellisostanze cancerogenespazio subaracnoideotaglio cesareoacido nitrosobritish columbiavia parenteraleAPPROFONDIMENTIIN TRECCANI<strong>Neoplasie</strong> si trova anche nelle opereVedi tutte le categorieENCICLOPEDIA DEL NOVECENTO II SUPPLEMENTO(1998)1 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...secolo sono per lo meno quadruplicate e occupano oggi il secondo posto fra tutte lecause di morte, dopo le malattie cardiovascolari (v. Lilienfeld e altri, 1972).Alcuni motivi di questo cont<strong>in</strong>uo e impressionante aumento di frequenza sonofacilmente <strong>in</strong>tuibili. L'aumento <strong>del</strong>la durata media <strong>del</strong>la vita <strong>in</strong>cide di certo <strong>in</strong>maniera rilevante sulla frequenza dei tumori maligni, poiché questi sonogeneralmente malattie <strong>del</strong>l'età media-avanzata (v. Strong, 1968). La scomparsacome causa di morte di gran numero di malattie, specie <strong>in</strong>fettive, che oggi sipossono curare, è di conseguenza uno dei motivi <strong>del</strong>l'aumento di frequenza deitumori. Un'altra causa può essere trovata nelle possibilità di diagnosi <strong>del</strong>leneoplasie maligne oggi nettamente migliorate rispetto al passato prossimo eremoto. Ma purtroppo gran parte <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>cremento registrato nella morbilità emortalità per tumori dipende certamente dalle anormali condizioni di vita, dalleabitud<strong>in</strong>i dietetiche e voluttuarie, dall'<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento ambientale a opera dicancerogeni cui ci ha condotti nel tempo lo sviluppo <strong>del</strong>la nostra civiltà (v. Huepere Conway, 1964).Era op<strong>in</strong>ione diffusa <strong>in</strong> passato che i tumori <strong>del</strong>l'uomo fossero spontanei, cioèorig<strong>in</strong>ati a caso. Gli studi epidemiologici, quelli riguardanti gli ambienti di lavoro, equelli, sempre più analitici, sui fattori di rischio nei vari tipi tumorali, vannoscoprendo sotto i nostri occhi un'impressionante costellazione di cause dei tumoriumani (v. Hiatt e altri, 1977). Diviene perciò sempre meglio evidente il loromeccanismo di <strong>in</strong>duzione e la fondata presunzione che molti, con accorgimentiopportuni, si potrebbero evitare.Una caratteristica che sfugge al profano circa la ma- lattia neoplastica nell'uomo èla sua lunga durata complessiva. Infatti, la fase cl<strong>in</strong>ica che va dalla diagnosi allamorte <strong>in</strong> casi di esito <strong>in</strong>fausto è relativamente breve, di mesi o di 1-2 anni. Maquesta è preceduta <strong>in</strong> genere da una serie di tappe evolutive silenti o pocoappariscenti che spesso impiegano parecchi anni prima di raggiungere la soglia<strong>del</strong>la diagnosi cl<strong>in</strong>ica (v. Foulds, 1969-1975). Uno sguardo alla storia naturale <strong>del</strong>lamalattia neoplastica nell'uomo, alle sue varie fasi successive, alla progressioneattraverso la quale per gradi il tumore raggiunge stadi di crescente autonomia,<strong>in</strong>duce a riflessioni e approfondimenti di notevole <strong>in</strong>teresse pratico. Infatti, moltemisure preventive e tentativi terapeutici avrebbero probabilmente successo seapplicati precocemente, nella fase precl<strong>in</strong>ica <strong>del</strong>le neoplasie maligne e ciò sp<strong>in</strong>gealla ricerca di nuove <strong>in</strong>formazioni di base sulle prime fasi <strong>del</strong>lo sviluppo tumoralenei loro aspetti morfologici e biologici (v. Antony e altri, 1976). Solo per questastrada si potrà giungere veramente a una diagnosi precoce dei tumori malign<strong>in</strong>ell'uomo, che è il presupposto di una terapia efficace.L'epidemiologia, la frequenza, i marg<strong>in</strong>i di errore, la predisposizione, le cause, ilcontrollo immunologico, le tappe evolutive, i precursori morfologici, laprogressione, la diffusione metastatica, e il profilo anatomocl<strong>in</strong>ico dei pr<strong>in</strong>cipalitipi di neoplasie maligne umane saranno analizzati nei capitoli seguenti persottol<strong>in</strong>eare di volta <strong>in</strong> volta lo stato <strong>del</strong>le conoscenze, i problemi aperti, le l<strong>in</strong>eedom<strong>in</strong>anti di ricerca e le speranze di soluzione.2. Epidemiologia e frequenzaParlare di frequenza dei tumori <strong>in</strong> senso generale è impossibile, poiché ciascunodei vari tipi tumorali è fortemente condizionato dal sesso, dalla razza, dal gruppoetnico (cioè dalla costituzione genetica), dall'ambito geografico considerato, daltipo di civiltà e qu<strong>in</strong>di dalle abitud<strong>in</strong>i di vita, dall'ambiente (per esempio città ocampagna), dall'alimentazione, dal lavoro, ecc. Vi sono tuttavia alcuni tipi ditumori maligni molto più frequenti di altri, qualunque sia la popolazione e lalatitud<strong>in</strong>e considerate.a) I tipi più frequenti di tumori umaniNel nostro paese, considerando i due sessi <strong>in</strong>sieme e i soggetti adulti, sulla base deicertificati di morte, la graduatoria per apparati, organi o sistemi vede al primoposto i tumori <strong>del</strong>l'apparato digerente (49,5%), seguiti da quelli <strong>del</strong>l'apparatogenitale compresa la mammella (18,6%), respiratorio (11,2%), emopoietico (5,7%),ur<strong>in</strong>ario (3,8%), nervoso (2,6%), di sostegno (ossa + connettivi: 1,7%), cutaneo3 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...(1,3%), endocr<strong>in</strong>o (0,6%) e di altre sedi varie (5%). I tumori degli apparatidigerente, genitale, respiratorio ed emol<strong>in</strong>fopoietico sono dunque da soliresponsabili <strong>del</strong>l'85% dei decessi per tumori (v. Squart<strong>in</strong>i e Bolis, 1966).Tenendo prevalentemente presenti la razza bianca, il nostro tempo e l'emisferooccidentale, i 10 tipi di tumori più frequenti come causa di morte sono, <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>edecrescente, nell'uomo: il cancro <strong>del</strong> polmone, il cancro <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o, le leucemie ei l<strong>in</strong>fomi, il cancro <strong>del</strong>lo stomaco, il cancro <strong>del</strong>la prostata, il cancro <strong>del</strong> pancreas, ilcancro <strong>del</strong> rene e <strong>del</strong>le vie ur<strong>in</strong>arie, le neoplasie <strong>del</strong> sistema nervoso, il cancro <strong>del</strong>fegato e <strong>del</strong>le vie biliari, i tumori <strong>del</strong> cavo orale e <strong>del</strong>la far<strong>in</strong>ge. Nella donna è <strong>in</strong>veceal primo posto il cancro <strong>del</strong>la mammella, seguito dai cancri <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o e<strong>del</strong>l'utero, dalle leucemie e dai l<strong>in</strong>fomi, dai tumori <strong>del</strong>l'ovaio, dai cancri <strong>del</strong>lostomaco, <strong>del</strong> polmone, <strong>del</strong> pancreas, <strong>del</strong> fegato con le vie biliari e <strong>del</strong> rene con le vieur<strong>in</strong>arie (v. Lilienfeld e altri, 1972). Ne consegue che le neoplasie maligne di granlunga più comuni nei due sessi sono quelle <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o, <strong>del</strong> polmone, degli organiemol<strong>in</strong>fopoietici, <strong>del</strong>la mammella e <strong>del</strong>lo stomaco, seguite a qualche distanza dalleneoplasie <strong>del</strong> pancreas, <strong>del</strong>la prostata, <strong>del</strong>l'utero, <strong>del</strong>l'ovaio, <strong>del</strong> rene e vie ur<strong>in</strong>arie,<strong>del</strong> sistema nervoso, <strong>del</strong> fegato e vie biliari, <strong>del</strong> cavo orale e far<strong>in</strong>ge.Questo ord<strong>in</strong>e di frequenza <strong>del</strong>le neoplasie, desunto dalle statistiche di mortalità,non rispecchia esattamente quello <strong>del</strong>la <strong>in</strong>cidenza assoluta dei s<strong>in</strong>goli oncotipicome malattie. Nelle statistiche di morbilità per tumori, <strong>in</strong>fatti, meno frequenti econosciute, per la difficoltà di collezionare i dati relativi, sono ad esempio fra leprime posizioni i tumori <strong>del</strong>la cute e <strong>in</strong> posizione di rilievo spesso anche i tumori<strong>del</strong> cavo orale. Queste neoplasie, poiché facili da diagnosticare precocemente per laloro sede, si possono curare e raramente sono oggi causa di morte (v. Ashley,1978 3 ).b) Tumori <strong>in</strong> aumento e <strong>in</strong> dim<strong>in</strong>uzioneEsam<strong>in</strong>ando le frequenze dei tumori umani durante un lungo periodo di anni, sipossono notare per i vari tipi tendenze alla dim<strong>in</strong>uzione, alla stabilità o all'aumentoche rivestono importanza nel formulare previsioni per il futuro prossimo enell'<strong>in</strong>dirizzare le ricerche sui possibili fattori causali. Mostrano attualmentetendenza alla dim<strong>in</strong>uzione i tumori <strong>del</strong> cavo orale e <strong>del</strong>la far<strong>in</strong>ge e quelli <strong>del</strong>lostomaco nell'uomo, come pure i tumori <strong>del</strong>l'esofago, stomaco, lar<strong>in</strong>ge, cerviceuter<strong>in</strong>a, vie ur<strong>in</strong>arie e tiroide nella donna. Mostrano <strong>in</strong>vece tendenza all'aumentonei due sessi i tumori <strong>del</strong> polmone, <strong>del</strong> pancreas, <strong>del</strong> rene, <strong>del</strong> sistema nervoso edegli organi emol<strong>in</strong>fopoietici, e nella donna ancora i tumori <strong>del</strong>l'ovaio. Sono <strong>in</strong>f<strong>in</strong>estazionari nell'uomo i tumori <strong>del</strong>l'esofago, <strong>del</strong>le vie ur<strong>in</strong>arie, <strong>del</strong>la tiroide e nelladonna quelli <strong>del</strong>la mammella, <strong>del</strong> cavo orale e <strong>del</strong>la far<strong>in</strong>ge. Tendenze irregolarimostrano gli altri tipi di tumori (v. Lilienfeld e altri, 1972).c) Influenza <strong>del</strong> sessoLa marcata <strong>in</strong>fluenza <strong>del</strong> sesso sulla frequenza dei tumori umani non si limita aquella, già registrata, relativa ai tumori degli organi <strong>del</strong>la riproduzione e sessualisecondari, ma co<strong>in</strong>volge la maggior parte dei tipi tumorali. Con poche e rareeccezioni si può dire che gli uom<strong>in</strong>i hanno <strong>in</strong> genere un'<strong>in</strong>cidenza di neoplasie piùelevata <strong>del</strong>le donne. Il carc<strong>in</strong>oma primitivo <strong>del</strong> fegato è nettamente più frequentenell'uomo che nella donna, con ogni probabilità per differenze di ord<strong>in</strong>e endocr<strong>in</strong>o.Il cancro <strong>del</strong>la cute è pure più frequente nell'uomo che nella donna, fatta eccezioneper il melanoma. Anche il cancro <strong>del</strong> polmone e <strong>del</strong>le vie respiratorie <strong>in</strong> generemostra una netta predilezione per il sesso maschile, ciò che può dipendere <strong>in</strong> parteda una diversa abitud<strong>in</strong>e al fumo, ma probabilmente anche da cause endocr<strong>in</strong>e.Nell'uomo sono <strong>in</strong>oltre più frequenti che nella donna i cancri <strong>del</strong>le labbra, <strong>del</strong> cavoorale, <strong>del</strong>la far<strong>in</strong>ge, <strong>del</strong>le ghiandole salivari, <strong>del</strong>l'esofago, <strong>del</strong>lo stomaco, <strong>del</strong>pancreas e <strong>del</strong>le vie ur<strong>in</strong>arie. Il sesso è <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>fluenzare anche laleucemogenesi, che più frequentemente <strong>in</strong>teressa gli uom<strong>in</strong>i. Al contrario nelladonna sono più frequenti i tumori <strong>del</strong>la tiroide e, forse, i melanomi (v. Toh, 1973).d) Distribuzione geograficaLa distribuzione dei tumori nei vari organi non è uniforme, come si è giàaccennato, nelle diverse parti <strong>del</strong> mondo essendo fortemente <strong>in</strong>fluenzata da un4 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...basata sulla composizione <strong>del</strong>la dieta (v. Drasar e Irv<strong>in</strong>g, 1973).3. Errore diagnosticoLa breve esposizione che precede sulla frequenza e sull'epidemiologia <strong>del</strong> cancroumano, non sarebbe completa e appieno valutabile nel suo significato se qui non sifacesse cenno <strong>del</strong>le disponibilità di materiali, <strong>del</strong>le difficoltà di metodo, e deimarg<strong>in</strong>i di errore <strong>in</strong>siti nelle <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i statistiche sui tumori umani. Ciò consentiràfra l'altro di illustrare le basi anatomopatologiche <strong>del</strong>la malattia neoplastica, dallequali non si può presc<strong>in</strong>dere senza rischiare largamente di sbagliare.a) Idoneità e attendibilità dei materiali statistici <strong>in</strong> oncologiaLa validità di un'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e statistica dipende <strong>in</strong> primo luogo dall'idoneità edall'attendibilità <strong>del</strong> materiale su cui essa si basa. La scelta di materiale idoneo èproblema statistico, alla cui soluzione debbono guidare i criteri <strong>del</strong> metodo <strong>del</strong>campione, sufficientemente ampio, omogeneo e rappresentativo <strong>del</strong>l'universo chesi <strong>in</strong>tende studiare. Ma l'attendibilità di un materiale per uso statistico <strong>in</strong> oncologiaumana dipende <strong>in</strong>vece soltanto dal grado di accuratezza con cui i s<strong>in</strong>goli casi che locompongono sono stati diagnosticati, ed è perciò essenzialmente un problema dipatologia. Capita molto spesso di osservare, nelle statistiche sui tumori, che ilmateriale giudicato idoneo per un determ<strong>in</strong>ato studio non sia <strong>del</strong> tutto attendibilee, viceversa, che un materiale attendibile non sia <strong>del</strong> tutto idoneo.b) Gradi di accuratezza diagnosticaWillis (v., 1967 4 ) dist<strong>in</strong>gue quattro gradi di accuratezza crescente per le diagnosi ditumore, che sono: I) diagnosi a mezzo di sola visita medica; II) diagnosi a seguitodi visita medica corredata da esami speciali (fisici, chimici, ematologici, radiologici,endoscopici, operatori) esclusa la biopsia; III) diagnosi a seguito di esameistologico di tessuti rimossi chirurgicamente (biopsia); IV) diagnosi a seguito diautopsia: a) senza conferma istologica o b) con conferma istologica. Soltanto i casicon diagnosi di grado IV) tipo b) possono considerarsi certi <strong>in</strong> senso assoluto. Intutti gli altri casi vi è la possibilità di un errore diagnostico, tanto più grande manmano che si sale dal grado IV) al I). Nelle diagnosi di grado I) la precisione è,ovviamente, assai scarsa, sebbene la frequenza di diagnosi esatte, come dire illivello di attendibilità, possa variare di molto <strong>in</strong> rapporto alla preparazione <strong>del</strong>medico, alla sede (superficiale o profonda) <strong>del</strong> tumore, all'ambiente urbano (conspecialisti qualificati) o rurale (con prevalenza di medici generici e m<strong>in</strong>orecoscienza sanitaria nelle popolazioni) da cui i casi provengono.Di qui discende la necessità di conoscere con esattezza per ogni <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e statistica<strong>in</strong> tema di tumori il tipo di materiale usato, da cui poter valutare con sufficienterapidità e approssimazione il grado di attendibilità dei risultati. Va rilevato,tuttavia, che difficilmente esistono le condizioni per lavorare su materialeomogeneo quanto a livello di accuratezza diagnostica, e che ancor più rara <strong>in</strong>pratica è la possibilità di utilizzare materiali appartenenti ai gradi di precisionemassima o assoluta.Per conoscere, ad esempio, se la frequenza dei tumori maligni sia aumentata neltempo e se l'aumento sia reale o fittizio, per <strong>in</strong>dagare sulla distribuzione geograficadei tumori, per stabilire statisticamente se e quali rapporti esistano fra l'<strong>in</strong>cidenzadei tumori nell'uomo e una qualsiasi <strong>del</strong>le variabili di <strong>in</strong>teresse (tipo etnico,ambiente, alimentazione, abitud<strong>in</strong>i, lavoro, condizioni sociali), ci si deveabitualmente servire di materiali compositi, cioè non omogenei. I certificati dimorte rappresentano la pr<strong>in</strong>cipale sorgente di questi materiali, almeno da noi. Lediagnosi riportate sui certificati di morte sono una mescolanza dei quattro gradi diprecisione diagnostica elencati sopra, con larga prevalenza dei gradi <strong>in</strong>feriori. Neconsegue che buona parte <strong>del</strong>le <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i statistiche <strong>in</strong> tema di tumori sono viziate<strong>in</strong> partenza da un errore, <strong>del</strong> quale è tuttavia possibile valutare la portata sulla basedi studi che a tale problema hanno fornito un contributo di dati attraverso ilconfronto fra le diagnosi cl<strong>in</strong>iche e anatomopatologiche per neoplasie maligne nelmateriale autoptico (v. Squart<strong>in</strong>i e Barola, 1965).6 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...c) Confronto fra diagnosi cl<strong>in</strong>iche e anatomopatologicheNel confronto fra diagnosi cl<strong>in</strong>iche e autoptiche, per qualsiasi tipo di neoplasiamaligna (X) si possono verificare c<strong>in</strong>que eventualità: (A) la diagnosi cl<strong>in</strong>ica di X ècorretta, cioè verificata dall'autopsia; (B) manca una diagnosi cl<strong>in</strong>ica di neoplasiamaligna; X è scoperto all' autopsia; (C) una neoplasia maligna è diagnosticatacl<strong>in</strong>icamente, ma la sede è sbagliata (ad esempio si scambiano le metastasi nelfegato di un cancro gastrico per neoplasia primitiva <strong>del</strong> fegato) o non specificata(ad esempio neoplasia <strong>del</strong>l'addome), e X è scoperto all'autopsia; (D) la diagnosicl<strong>in</strong>ica di X è errata (è l'eventualità opposta a quella che precede: ad esempio siscambia una neoplasia primitiva <strong>del</strong> fegato per metastasi di cancro gastrico e sidiagnostica perciò un cancro <strong>del</strong>lo stomaco <strong>in</strong>esistente), l'autopsia rivela un tumoremaligno primitivo diverso da quello cl<strong>in</strong>ico; (E) la diagnosi cl<strong>in</strong>ica di X è errata,nessun tumore maligno di alcun tipo è rivelato dall'autopsia (v. Willis, 1967 4 ). Ascopo <strong>in</strong>dicativo nella tab. II sono riportati i dati di uno studio personale suglierrori diagnostici rilevati da 695 autopsie consecutive effettuate a Perugia susoggetti portatori di neoplasie maligne o supposti tali (v. Squart<strong>in</strong>i e Barola, 1965).d) Errore diagnostico reale e apparenteQu<strong>in</strong>di, il numero reale <strong>del</strong>le neoplasie maligne riscontrate al tavolo anatomico (X)è espresso da A + B + C (dove B + C sono gli errori diagnostici per difetto), mentreil numero totale di diagnosi cl<strong>in</strong>iche di X è dato da A + D + E (dove D + E sono glierrori diagnostici per eccesso). La lettura <strong>del</strong>la tab. II suggerisce alcuneconsiderazioni <strong>in</strong>teressanti. Le diagnosi cl<strong>in</strong>iche esatte per il totale <strong>del</strong>le neoplasiesono pari a 70,1%. I casi falsi negativi (29,9%) sono compensati <strong>in</strong> parte dai falsipositivi (17,8%), ma rimane uno scarto negativo pari a 12,1%. Analizzando i s<strong>in</strong>golitipi tumorali si osservano notevoli variazioni di frequenza nelle diagnosi esatte, cherendono particolarmente attendibili i dati relativi a certe neoplasie (mammella,cute, utero, ovaio, leucemie e l<strong>in</strong>fomi) e largamente <strong>in</strong>attendibili i dati riguardantialtre neoplasie per le quali la diagnosi esatta si rivela difficile (pancreas, prostata,fegato, colecisti, rene), sebbene un certo compenso agli errori sia fornito <strong>in</strong> ognicaso dalle diagnosi false positive. Numerosi tumori <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e sono <strong>in</strong> posizione<strong>in</strong>termedia con una frequenza di diagnosi esatte oscillante fra il 65 e il 70%.Tabella 2e) Effetto sulle <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i di frequenza e di distribuzioneIl compenso di alcuni errori diagnostici a opera di altri errori diagnostici <strong>in</strong>troducenel materiale cl<strong>in</strong>ico un fattore <strong>in</strong>volontario di correzione che può rivelarsi nellostesso tempo utile e dannoso sotto il profilo statistico: è <strong>in</strong>dubbiamente utilequando i casi registrati nei certificati di morte vengono usati per stabilire lefrequenze dei vari tipi di tumore, mentre è <strong>in</strong>vece dannoso quando si <strong>in</strong>tendeprocedere a ulteriori analisi sulla distribuzione dei tumori, considerando l'età, ilsesso, il tipo etnico, la residenza, la condizione sociale, l'attività professionale, ecc.,dei soggetti portatori. Infatti, <strong>in</strong> tal caso, non è tanto grave la mancata <strong>in</strong>clusionenel gruppo considerato di soggetti portatori <strong>del</strong> tumore che si studia (B + C),quanto è grave l'<strong>in</strong>clusione al loro posto di altri soggetti portatori di tumori di altresedi o anche privi di tumore (D + E). L'attendibilità <strong>del</strong>le <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i di questo tiposarà qu<strong>in</strong>di tanto m<strong>in</strong>ore quanto più grande risulterà il rapporto D + E/A. Nelmateriale illustrato <strong>in</strong> tab. II tale rapporto è di 1 : 4 per la serie <strong>in</strong>tera. Ciò significache per ogni quattro casi corretti uno è sbagliato. Naturalmente il rapporto variamolto da tumore a tumore, passando da 2 : 1 per le neoplasie <strong>del</strong> fegato a 1 : 21 perquelle <strong>del</strong>l'utero.Questi dati, largamente concordanti con altri riferiti (v. Willis, 1948; v. Münck,1952; v. Locatelli, 1956), si riassumono <strong>in</strong> breve nelle seguenti proposizioni. Visono vari tipi di tumore per i quali le <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i statistiche, sia di frequenza che didistribuzione, svolte sui materiali di uso più comune (certificati di morte),comportano un errore assai piccolo, trascurabile o addirittura nullo. Vi sono altritumori idonei solamente per <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i di frequenza, o di distribuzione, e altri ancorache condurrebbero a risultati <strong>in</strong>attendibili <strong>in</strong> ogni caso. L'errore diagnosticoapparente è sempre più piccolo di quello reale, a causa <strong>del</strong>le diagnosi cl<strong>in</strong>iche di7 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...Varie anomalie e s<strong>in</strong>dromi congenite ereditate come carattere men<strong>del</strong>ianoautosomico recessivo sono pure associate con particolare frequenza ai tumori<strong>del</strong>l'uomo. La s<strong>in</strong>drome forse più nota <strong>in</strong> questo senso è lo Xerodermapigmentosum, un'anomalia cutanea causante spiccata sensibilità alla luce <strong>del</strong> sole,caratterizzata da zone di atrofia e da aree isolate e confluenti di cheratosi più omeno pigmentate. Su questa base si orig<strong>in</strong>ano spesso e presto nel corso <strong>del</strong>la vitacarc<strong>in</strong>omi cutanei a cellule basali, o meno frequentemente a cellule squamose, omelanomi. La malattia si osserva all'<strong>in</strong>circa <strong>in</strong> un soggetto ogni 250.000. Ilmeccanismo causale dei cancri <strong>in</strong> questa condizione è ormai <strong>in</strong> parte conosciuto. Sitratta di un errore congenito <strong>del</strong> metabolismo <strong>in</strong> cui un enzima necessario per lariparazione dei danni <strong>in</strong>dotti dalla luce ultravioletta è difettivo (v. neoplasie:Oncologia sperimentale). L'enzima <strong>in</strong> questione è implicato nelle fasi precoci <strong>del</strong>lariparazione che conduce alla escissione di dimeri di tim<strong>in</strong>a (v. Cleaver. 1968; v.Robb<strong>in</strong>s e altri, 1974).L'alb<strong>in</strong>ismo, un'anomalia ereditaria dovuta a un gene men<strong>del</strong>iano recessivo,opposta ma <strong>in</strong> certo senso comparabile con lo Xeroderma pigmentosum, è purecausa di cancri cutanei nei portatori. Gli alb<strong>in</strong>i sono uno su 10.000 nellapopolazione europea ma molto più numerosi presso altri gruppi etnici, come gli<strong>in</strong>diani Cuna nei Caraibi. Essi mostrano una grande riduzione <strong>del</strong>la pigmentazionedegli occhi, dei capelli e <strong>del</strong>la cute, che è causa di particolare sensibilità alla luce <strong>del</strong>sole. Se non protetti da vestiti e lenti affumicate, tali soggetti sviluppano perciògiovanissimi una cheratosi att<strong>in</strong>ica maligna e spesso f<strong>in</strong>iscono per sviluppare uncancro a cellule squamose <strong>del</strong>la cute. Il meccanismo <strong>del</strong>la cancerogenesi <strong>in</strong> questocaso non è noto, ma una mutazione genica vi è sicuramente co<strong>in</strong>volta (v. Heston,1976).Varie malattie con difetti immunitari, con o senza anomalie <strong>del</strong> timo, che sitrasmettono <strong>in</strong> genere come caratteri recessivi legati al sesso, predispongonoparticolarmente allo sviluppo di leucemie, l<strong>in</strong>fomi o altri tumori, se i soggetti nonmuoiono prima per malattie <strong>in</strong>fiammatorie <strong>in</strong>tercorrenti dovute al deficitimmunitario. È questo il caso <strong>del</strong>la agammaglobul<strong>in</strong>emia di Bruton, <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>dromedi Di George (aplasia timica), <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>drome di Wiscott-Aldrich (depressioneselettiva <strong>del</strong>le immunoglobul<strong>in</strong>e M e <strong>del</strong>la immunità cellulare), <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>drome diLouis-Bar o atassiateleangectasia (ipoplasia timica marcata con l<strong>in</strong>fopenia e deficitdi immunoglobul<strong>in</strong>e A ed E; v. Smith, 1977 7 ). In questi casi, comunque, ilmeccanismo genetico favorente la tumorigenesi sembra da ricercare almeno <strong>in</strong>parte nella depressione <strong>del</strong> sistema immunitario causata dall'assenza odall'ipoplasia degli organi o degli stipiti cellulari immunocompetenti. Sui rapportifra depressione immunitaria e cancro si avrà motivo di tornare appresso.c) Suscettibilità men<strong>del</strong>iana dom<strong>in</strong>ante o familiareLe neoplasie e le s<strong>in</strong>dromi neoplastiche che si trasmettono ereditariamente comecaratteri men<strong>del</strong>iani dom<strong>in</strong>anti sono anche familiari perché appunto emergenti <strong>in</strong>più membri <strong>del</strong>la stessa famiglia. Queste forniscono forse la più diretta evidenzache le modificazioni genetiche possono avere importanza nell'orig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> cancro. Intali casi il gene responsabile è altamente penetrante per cui il tumore diventa unamanifestazione fenotipica comune. Vi sono casi di tumori a sede determ<strong>in</strong>ata comeunica manifestazione <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>drome e casi di lesioni multiple coesistenti, adifferenti sedi, neoplastiche e non neoplastiche.Un esempio <strong>del</strong> primo tipo è dato dal ret<strong>in</strong>oblastoma, un tumore ret<strong>in</strong>ico di tipoembrionale. Non tutti i casi di ret<strong>in</strong>oblastoma, specie monolaterale, sono ereditari.Ma tutti gli <strong>in</strong>dividui affetti bilateralmente sono portatori <strong>del</strong> gene dom<strong>in</strong>ante checausa il ret<strong>in</strong>oblastoma, per cui la probabilità che la loro prole sia portatrice <strong>del</strong>gene e affetta da ret<strong>in</strong>oblastoma è <strong>del</strong> 50% (v. Schappert-Kimmijser e altri, 1966).Le persone portatrici <strong>del</strong> gene hanno una probabilità <strong>del</strong> 95% di sviluppare ilret<strong>in</strong>oblastoma, mentre per quelle che non lo possiedono le probabilità sono menodi una su 20.000 <strong>in</strong>dividui (v. Knudson, 1971).Sebbene con frequenza assai m<strong>in</strong>ore <strong>del</strong> ret<strong>in</strong>oblastoma, numerosi altri tumoriembrionali, quali il neuroblastoma e il tumore di Wilms <strong>del</strong> rene o nefroblastoma,sono stati osservati <strong>in</strong> più membri <strong>del</strong>la stessa famiglia. Tuttavia non è possibileaffermare che la diversità di frequenza rispetto al ret<strong>in</strong>oblastoma rispecchi una9 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...reale differenza di comportamento: <strong>in</strong>fatti il ret<strong>in</strong>oblastoma è eccezionale non solocome esempio di neoplasia trasmissibile quale carattere ereditario dom<strong>in</strong>ante, maanche come esempio di tumore maligno curabile. Il risultato è quello di un grannumero di soggetti affetti, curati, che sopravvivono e sono così <strong>in</strong> grado di produrreuna prole, affetta, il cui studio ha permesso appunto di chiarire la trasmissione<strong>del</strong>la malattia come carattere ereditario dom<strong>in</strong>ante. Le possibilità di sopravvivenzaper gli altri tumori embrionali sono <strong>in</strong>vece molto m<strong>in</strong>ori (v. Knudson, 1973).Altri tumori a carattere familiare, per i quali si suppone o si è dimostrato unmo<strong>del</strong>lo di trasmissione ereditaria dom<strong>in</strong>ante, sono il feocromocitoma (<strong>del</strong> sistemanervoso simpatico), qualche forma di melanoma, le adenomatosi endocr<strong>in</strong>emultiple (tumori <strong>in</strong>teressanti contemporaneamente due o più ghiandole endocr<strong>in</strong>e:ipofisi, paratiroidi, tiroide, pancreas <strong>in</strong>sulare, surrene; o tumori di stipiti cellulariendocr<strong>in</strong>i: carc<strong>in</strong>oide bronchiale e <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale) e la poliposi <strong>del</strong> colon, che purerappresenta un mo<strong>del</strong>lo fra i più noti (v. Knudson, 1973).L'aspetto più importante <strong>del</strong>la poliposi ereditaria multipla <strong>del</strong> colon è che quasiogni soggetto che ne è portatore se non viene curato muore di carc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong> colonprima dei 50 anni. Vi sono varie forme di poliposi <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale, tutte caratterizzateda marcata predisposizione al carc<strong>in</strong>oma (v. McConnell, 1966). L'età media dimorte nei casi sottoposti a trattamento terapeutico è sui 40 anni, cioè molto piùbassa di quella per carc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong> colon nella popolazione generale, che si aggirasui 70 anni (v. Veale, 1965). La frequenza <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>drome è fortunatamente bassa(<strong>del</strong>l'ord<strong>in</strong>e di 1 caso su 6.850 <strong>in</strong>dividui). I polipi rappresentano lesioniiperplastiche preneoplastiche da cui i carc<strong>in</strong>omi prendono orig<strong>in</strong>e perprogressione.d) Predisposizione genetica ai cancri più comuniTutti gli esempi e i casi di cui si è f<strong>in</strong> qui parlato, di estrema importanza sul pianospeculativo per una comprensione dei rapporti fra eredità e cancro, ne hanno poca<strong>in</strong> pratica, poiché la frequenza dei tumori considerati è nel complesso bassa.Particolare <strong>in</strong>teresse rivestono perciò gli studi genetici volti a stabilire l'<strong>in</strong>fluenza<strong>del</strong>l'eredità sullo sviluppo dei cancri più comuni nella popolazione generale (v.Mulvihill e altri, 1977).La maggior parte degli studi genetici sul cancro <strong>del</strong>la mammella ha condotto allaconclusione che nelle parenti di pazienti affette da cancro mammario la frequenzadi tali neoplasie è da due a tre volte superiore a quella dei controlli. Il legame frafattore ereditario e alcuni cancri mammari emerge più chiaramente se si opera unadist<strong>in</strong>zione dei cancri <strong>del</strong>la mammella <strong>in</strong> premenopausali (spesso associati conlesioni mammarie preneoplastiche benigne, con tumori tiroidei e con eccessivaproduzione di estrogeni ovarici) e postmenopausali (più spesso associati <strong>in</strong>vece conipertensione, obesità, diabete mellito e iperfunzione surrenalica). Infatti, nel primotipo, le parenti mostrano un significativo eccesso di cancri <strong>del</strong>la mammella <strong>in</strong>confronto ai controlli, che nel secondo tipo manca (v. Anderson, 1971 e 1972). Lapredisposizione genetica è <strong>in</strong>oltre più evidente nei casi di cancro bilaterale <strong>del</strong>lamammella e di cancro <strong>del</strong>la mammella <strong>in</strong> età giovane.Per i cancri <strong>del</strong>l'utero, che si sviluppano <strong>in</strong> due dist<strong>in</strong>te sedi con profili anatomocl<strong>in</strong>ici<strong>in</strong>dipendenti, quello <strong>del</strong>la cervice mostra ben pochi segni di essere correlatoa fattori ereditari (v. Rotk<strong>in</strong>, 1966) mentre quello <strong>del</strong>l'endometrio è decisamente <strong>in</strong>rapporto con una predisposizione ereditaria, come può desumersi dalla suafrequente familiarità e dalla sua rimarchevole <strong>in</strong>cidenza nelle parenti <strong>del</strong>le donneportatrici (v. Lynch, 1967).Per i cancri <strong>del</strong> polmone, <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o, <strong>del</strong>lo stomaco, condizionati da fattoriambientali, le <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i genetiche sono meno <strong>in</strong>dicative. Comunque un elevatonumero di casi, più o meno rilevante e significativo, nei parenti di pazientiportatori rispetto ai controlli opportunamente selezionati, è stato più volte riferito.Analoghi risultati sono stati forniti per il cancro <strong>del</strong>la prostata (v. Knudson, 1973; v.Heston, 1976).e) Indag<strong>in</strong>i sui gemelli monocoriUn tentativo classico per l'identificazione di fattori genetici nei tumori, è quelloapplicato allo studio <strong>del</strong>le leucemie e dei l<strong>in</strong>fomi attraverso il confronto fra coppie10 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...di gemelli identici (monozigoti) e non identici (dizigoti). I primi derivano da unostesso uovo fecondato, per cui se un fattore genetico causante leucemia è presentenei gameti, questo dovrebbe manifestarsi con la sua azione <strong>in</strong> entrambi i gemelli. Isecondi derivano <strong>in</strong>vece da due diverse uova fecondate, per cui il loro patrimoniocromosomico è diverso e la possibilità <strong>del</strong>l'esistenza di un eventuale fattoregenetico comune per la leucemia è remota. Nei gemelli monozigoti si è trovato untasso di concordanza per la leucemia <strong>in</strong>fantile <strong>del</strong> 25%, mentre solo tre casi diconcordanza risultano descritti nella letteratura per i gemelli dizigoti, nessuno deiquali ben documentato (v. MacMahon e Levy, 1964). Se pertanto un gemellomonocore cade affetto da leucemia il fratello ha una probabilità su 4 di sviluppareuna leucemia, che spesso appare nel giro di settimane o mesi. Nonostante chequesti dati sui gemelli suggeriscano fortemente l'azione di fattori genetici nellaleucemia <strong>in</strong>fantile, gli studi sui parenti dei portatori di leucemie o l<strong>in</strong>fomi nonhanno fornito risultati altrettanto evidenti o comunque particolarmente <strong>in</strong>dicativi<strong>in</strong> questo senso.f) ConclusioniIl problema dei rapporti fra eredità e cancro nell'uomo rimane dunque aperto (v.Mulvihill e altri, 1977). Le conoscenze attuali <strong>in</strong> questo campo sono a un puntocritico, per cui non mette conto soffermarsi su mo<strong>del</strong>li e ipotesi formulati perspiegare il cancro umano come una malattia da mutazione somatica (v. Knudson,1977; v. Strong, 1977; v. Mulvihill e altri, 1977). Oggi, tenendo presente la generalitàdei casi e non solo le eccezioni, si può soltanto anticipare che una certapredisposizione ereditaria ai tumori sembra esistere e avere probabilmenteimportanza, anche se essa non è <strong>in</strong> grado di produrre da sé l'evento (neoplasia)senza l'<strong>in</strong>tervento di fattori causali.5. Cause <strong>del</strong> cancro umanoUno dei mutamenti di op<strong>in</strong>ione più significativi <strong>del</strong>la medic<strong>in</strong>a moderna è quello<strong>in</strong>tervenuto nel suo atteggiamento riguardo alle orig<strong>in</strong>i <strong>del</strong> cancro umano. Prima<strong>del</strong>la seconda guerra mondiale, i cancri erano considerati malattie spontanee,<strong>in</strong>evitabilmente connessi con l'età, per i quali vi era poco da fare da parte <strong>del</strong>medico oltre a formulare una diagnosi precoce che consentisse al chirurgo e alradiologo di curarli. Oggi è comune leggere che l'80 o il 90% di tutti i cancri hannoun'orig<strong>in</strong>e ambientale e sono dovuti a <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento <strong>in</strong>dustriale, ad abitud<strong>in</strong>i<strong>in</strong>naturali, ai contenuti e alle preparazioni <strong>del</strong>la dieta, ai medicamenti, ecc. (v. Doll,1977).In realtà si conoscevano anche nel passato tumori dovuti a cause ambientali, maquesti erano pochi per tipo come per numero di persone <strong>in</strong>teressate e perciòpotenzialmente controllabili. Erano noti alcuni tipi di ‛tumori professionali', di cuiil più famoso e primo a essere studiato fu il cancro <strong>del</strong>la vescica, che causava lamorte fra i lavoratori <strong>del</strong>le fabbriche di coloranti a base di anil<strong>in</strong>a (v. Case e altri,1954). I cancri <strong>del</strong> volto e <strong>del</strong>la cute scoperta, più frequenti nelle campagne, fra imar<strong>in</strong>ai, ecc., erano attribuiti alle radiazioni solari. Alcuni cancri <strong>del</strong> labbro eranoposti <strong>in</strong> relazione col fumo <strong>del</strong>la pipa, altri <strong>del</strong> cavo orale con l'abitud<strong>in</strong>e dimasticare tabacco. Oggi, <strong>in</strong>vece, per quasi tutti i tipi di cancro com<strong>in</strong>ciano aconoscersi, <strong>in</strong> maniera più o meno approssimata, le cause o i gruppi di cause e nonvi è tanto necessità di <strong>in</strong>sistere sulla natura <strong>in</strong>dotta dei tumori umani quanto difornire un panorama ord<strong>in</strong>ato e schematico <strong>del</strong>le loro pr<strong>in</strong>cipali cause.Queste si possono dividere <strong>in</strong>: a) fattori professionali, cioè collegati a un tipo dilavoro; b) <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento atmosferico e ambientale (acqua, suolo), cheprevalentemente co<strong>in</strong>volge gli abitanti <strong>del</strong>le città e <strong>del</strong>le zone <strong>in</strong>dustriali; c) uso dierbicidi, pesticidi e conservanti, che riguardano l'attività agricola e l'<strong>in</strong>dustriaalimentare; d) dieta, importante sotto molti aspetti che vanno dagli squilibri ocarenze, alla composizione chimica, a quella fisica, agli additivi alimentari, al mododi preparazione e cottura dei cibi, alle eventuali sostanze <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>anti e alcondizionamento sulla flora batterica <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale; e) medicamenti, responsabili deitumori iatrogeni; f) fumo di tabacco e altre abitud<strong>in</strong>i nocive; g) parassiti; h) virusoncogeni. In questo ambito si ritiene oggi che vadano cercate le orig<strong>in</strong>i <strong>del</strong>la11 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...maggior parte dei tumori umani, tenendo presente che tali fattori possono agire,anzi spesso agiscono associati. Il problema, come si vede, è di primaria importanzaper i suoi riflessi nel campo <strong>del</strong>la prevenzione tumorale, attraverso la dim<strong>in</strong>uzionee il controllo <strong>del</strong> rischio oncogeno ambientale (v. Hiatt e altri, 1977).a) Fattori cancerogeni professionaliAlla categoria dei fattori cancerogeni professionali appartiene ormai una lunga listadi agenti: le radiazioni ionizzanti fra cui il radon (m<strong>in</strong>atori di uranio, spatofluorite,ematite: cancro <strong>del</strong> polmone), i raggi X, il radium (radiologi: cancro <strong>del</strong>la cute;verniciatori di quadranti lum<strong>in</strong>osi: tumori <strong>del</strong>le ossa) e i raggi ultravioletti(contad<strong>in</strong>i, mar<strong>in</strong>ai: cancro <strong>del</strong>la cute); gli idrocarburi policiclici aromaticicontenuti nella fuligg<strong>in</strong>e, nel catrame, nel petrolio (spazzacam<strong>in</strong>i: cancro <strong>del</strong>loscroto; operai dei gasometri: cancro <strong>del</strong>la cute; molti altri lavoratori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>dustria:cancro dei polmone); le naftilamm<strong>in</strong>e, la benzid<strong>in</strong>a, il 4-amm<strong>in</strong>odifenile (lavoratoridi <strong>in</strong>dustrie coloranti, chimiche, <strong>del</strong>la gomma: cancro <strong>del</strong>la vescica); l'asbesto(lavoratori di materiali refrattari come l'amianto: tumori <strong>del</strong>la pleura); l'arsenico(lavoratori <strong>del</strong>le concerie, <strong>del</strong>le fonderie, m<strong>in</strong>atori d'oro: cancro <strong>del</strong>la cute e <strong>del</strong>polmone); il bisclorometiletere (lavoratori di res<strong>in</strong>e a scambio ionico: cancro <strong>del</strong>polmone); il benzolo (lavoratori di colle e vernici: leucemia); il cloruro di poliv<strong>in</strong>ile(lavoratori <strong>del</strong>la plastica: angiosarcoma <strong>del</strong> fegato); il cromo, il nichel, l'olioisopropilico (lavoratori <strong>del</strong>le raff<strong>in</strong>erie e <strong>in</strong>dustrie relative: cancro dei seni nasali e<strong>del</strong> polmone) (v. Hiatt e altri, 1977).La lista tende col tempo ad allungarsi, perché molte altre sostanze sono sospettatedi rischio potenziale (v. Hueper e Conway, 1964). Ma è da rilevare che molti deisopraricordati rischi oncogeni professionali sono da tempo sotto controllo oattraverso la cessazione <strong>del</strong>le attività <strong>in</strong>dustriali più rischiose o <strong>del</strong>l'uso deimateriali cancerogeni, o attraverso la modificazione dei procedimenti <strong>in</strong>dustriali <strong>in</strong>modo da ridurre l'esposizione degli operai addetti. Fatta eccezione forse per leradiazioni ultraviolette, il numero dei lavoratori esposti è <strong>in</strong>oltre limitato rispettoalla popolazione totale, per cui si è <strong>in</strong>dotti a concludere che il rischio professionalepuò giustificare solo un numero molto limitato <strong>del</strong> totale dei cancri (v. Doll, 1977).b) Inqu<strong>in</strong>amento ambientaleL'<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento ambientale - atmosferico, <strong>del</strong> suolo e <strong>del</strong>le acque - potrebbe averemaggiore importanza poiché a esso si trova esposta non <strong>in</strong>tenzionalmente lapopolazione generale. Cancerogeni come gli idrocarburi policiclici aromaticiprodotti dalla combustione <strong>del</strong> carbone, <strong>del</strong> legno, <strong>del</strong> petrolio a uso diriscaldamento, l'arsenico, presente fra l'altro nella carta <strong>del</strong>le sigarette, i pesticidicome il DDT, i composti N-nitrosi usati come erbicidi e presenti nell'aria, neltabacco e nel cibo, l'asbesto, comunemente presente nell'atmosfera <strong>del</strong>le città<strong>in</strong>dustriali, il cloruro di poliv<strong>in</strong>ile, entrato <strong>in</strong> ogni casa con l'uso quotidiano deirecipienti <strong>in</strong> plastica, il fluoro e il cloro usati per la fluorazione e la clorazione <strong>del</strong>leacque e che nell'acqua producono composti non <strong>del</strong> tutto <strong>in</strong>nocui, le radiazioniionizzanti, <strong>in</strong> lento ma costante aumento nell'ambiente, possono dunque essereresponsabili di cancri nella popolazione generale. Difficile anche qui stabilire però<strong>in</strong> quale proporzione essi contribuiscono al totale <strong>del</strong>le neoplasie <strong>del</strong>l'uomo (v.Hiatt e altri, 1977).Alcuni studi quantitativi sembrerebbero limitare l'importanza di simili cancerogeniambientali per la particolare esiguità <strong>del</strong>le dosi di esposizione. È stato calcolato chegli abitanti <strong>del</strong>le grandi città <strong>in</strong>glesi, a causa <strong>del</strong>la combustione per riscaldamentodomestico, sono esposti a circa un centesimo <strong>del</strong>la dose di benzopirene <strong>in</strong>spiratodagli operai <strong>del</strong>le <strong>in</strong>dustrie <strong>del</strong> gas di carbone (v. Doll e altri, 1972). Per il cloruro dipoliv<strong>in</strong>ile, è noto che la dose giornaliera assorbita nel cibo dai recipienti di plasticaè circa 50 milioni di volte m<strong>in</strong>ore di quella ricevuta giornalmente dai primilavoratori <strong>del</strong>la plastica che erano realmente esposti al rischio di sviluppareangiosarcomi <strong>del</strong> fegato (v. Barnes, 1976). Anche l'asbesto atmosferico <strong>del</strong>le città ècirca un decimilionesimo <strong>del</strong>la concentrazione ritenuta accettabile nelle <strong>in</strong>dustrie<strong>del</strong> settore (v. Doll, 1977).Queste misurazioni sembrerebbero ridurre il significato <strong>del</strong>le polluzioni <strong>in</strong>dustrialicome causa primaria o importante di cancri nell'uomo. Ma rimane difficile stabilire12 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...quale proporzione sia <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva da attribuire ai rischi, modesti ma diffusi e perdi più comb<strong>in</strong>ati, di questi cancerogeni.c) Cancerogeni nella dietaLa dieta rappresenta una sorgente alternativa di fattori cancerogeni per l'uomo e,dopo essere stata <strong>in</strong>giustamente trascurata, va oggi riscuotendo presso i ricercatoril'<strong>in</strong>teresse che apparentemente merita. La dieta può <strong>in</strong>tervenire nellacancerogenesi degli organi <strong>del</strong>l'apparato digerente o anche di altri apparati con varimeccanismi. Una carenza di prote<strong>in</strong>e nella dieta è probabilmente, come già detto,la causa o una concausa <strong>del</strong>la elevata frequenza di cirrosi e di cancri <strong>del</strong> fegato chesi verificano nelle regioni <strong>del</strong>l'Africa e <strong>del</strong>l'Asia meridionale. La dieta dei paesi<strong>in</strong>dustrializzati occidentali, particolarmente ricca di grassi e povera di scorie<strong>in</strong>digeribili fibrose, potrebbe avere responsabilità notevoli per il cancro<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o e di altri organi.La composizione <strong>del</strong>la flora batterica <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale dipende <strong>in</strong>fatti dalla dieta e <strong>in</strong>particolare dal contenuto <strong>in</strong> grassi <strong>del</strong>la dieta, che stimolano l'<strong>in</strong>cremento deibatteri anaerobi quali i clostridi lecit<strong>in</strong>asi-negativi. La quantità di grasso nella dietadeterm<strong>in</strong>a anche la quantità di steroidi biliari (colesterolo e prodotti didegradazione dei sali biliari) che raggiungono il colon. A sua volta la flora<strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale è <strong>in</strong> grado di produrre metabolicamente dagli steroidi biliaricancerogeni chimici (v. Hill, Drasar e altri, 1971) ed estrogeni (v. Hill, Goddard ealtri, 1971). I primi potrebbero causare il cancro <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o, i secondi quello<strong>del</strong>la mammella (v. Hill, 1977). Inoltre, le feci povere di scorie <strong>in</strong>digeribili sonomeno volum<strong>in</strong>ose, per cui il loro transito è più lento e il ristagno aumenta così iltempo di esposizione <strong>del</strong>la mucosa <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale ai cancerogeni <strong>in</strong> esse eventualmentecontenuti.Altri rischi oncogeni <strong>del</strong>la dieta possono provenire dalle sostanze chimicheimpiegate <strong>in</strong> agricoltura per la produzione degli alimenti (erbicidi, pesticidi,anticrittogamici), dagli additivi chimici, dai preservanti (per es. i nitriti), daiconservanti e soprattutto dai contam<strong>in</strong>anti biologici. Aspergillus flavus, un fungocomune che si sviluppa prontamente nel grano, nel granoturco, nelle nocciole, ecc.,conservati <strong>in</strong> ambienti e <strong>in</strong> condizioni climatiche <strong>in</strong>adatte, produce unamicotoss<strong>in</strong>a, l'aflatoss<strong>in</strong>a B1, che è uno dei più potenti cancerogeni epaticisperimentali oggi conosciuti, attivo <strong>in</strong> dose di microgrammi. Studi epidemiologicicondotti presso le popolazioni <strong>del</strong>l'Africa e <strong>del</strong>l'Asia meridionale, che consumanolarghe quantità di cereali mal conservati, hanno dimostrato una correlazione fra<strong>in</strong>cidenza di epatocarc<strong>in</strong>oma e contenuto di aflatoss<strong>in</strong>a nella dieta <strong>in</strong> quelle zone (v.Alpert e altri, 1971). La cicas<strong>in</strong>a, un costituente <strong>del</strong>le noci di cicade, è un altrocancerogeno naturale dotato di potenzialità neoplastica per l'uomo. Un certonumero di piante <strong>del</strong>l'Africa, <strong>del</strong> Sudamerica e <strong>del</strong>- l'Asia producono alcaloidi chepotrebbero essere cancerogeni (v. Schoental, 1968). Da ciò derivano nuoviproblemi pratici e di studio che appunto oggi si sta cercando di risolvere.Un'ulteriore possibilità di azione cancerogena <strong>del</strong>la dieta dipende dal modo dicottura <strong>del</strong>le vivande. Molti tipi di sostanze organiche scaldati a temperature dicombustione producono catrami cancerogeni artificiali e ciò non è certo senzasignificato cul<strong>in</strong>ario. L'abitud<strong>in</strong>e di arrostire, cuocere alla griglia, friggere, tostare eaffumicare i cibi potrebbe produrre <strong>in</strong>fatti piccole quantità di idrocarburicancerogeni artificiali e la loro <strong>in</strong>gestione quotidiana potrebbe essere causa nonmarg<strong>in</strong>ale dei comuni cancri <strong>del</strong> tubo digerente. I grassi portati ad altetemperature, per esempio quelli ripetutamente usati per friggere, sembrerebberoessere i più pericolosi. Il benzopirene, uno fra i più comuni cancerogeni <strong>del</strong>la seriedegli idrocarburi aromatici, è stato ritrovato <strong>in</strong> quantità significative nella carne enel pesce affumicati (v. Bailey e Dungal, 1958) e nella polvere di caffè tostato (v.Hueper e Payne, 1960).d) Cancerogenesi iatrogenaI medicamenti compongono un'altra categoria di cancerogeni per l'uomo. La listadi medic<strong>in</strong>e e trattamenti pericolosi è assai lunga e comprende i raggi X usati ascopo diagnostico e terapeutico e i mezzi di contrasto radiologici come il thorotrast(tumori <strong>in</strong> ogni sede, leucemie e l<strong>in</strong>fomi), gli idrocarburi cancerogeni contenuti13 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...negli unguenti e nei lassativi (cancri <strong>del</strong>la cute, <strong>del</strong>lo stomaco, <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o), gliagenti citostatici alchilanti (melphalan, ciclofosfammide: leucemia mieloide), ilcloramfenicolo (leucemia mieloide), gli estrogeni (cancri <strong>del</strong>la mammella,<strong>del</strong>l'utero), l'arsenico (cancri <strong>del</strong>la cute, <strong>del</strong> polmone), la clornafaz<strong>in</strong>a (cancro <strong>del</strong>lavescica), la fenacet<strong>in</strong>a (cancro <strong>del</strong>la pelvi renale), gli immunosoppressivi (l<strong>in</strong>fomi ealtre neoplasie), il fenilbutazone (leucemie) a cui se ne devono aggiungere altripotenziali, come suggerito dalla loro azione cancerogena sugli animali, qualil'isoniazide, la griseofulv<strong>in</strong>a, il tann<strong>in</strong>o, il tiouracile, i glicocorticoidi, i ciclammati,gli steroidi anabolizzanti, i derivati <strong>del</strong>la rauwolfia (v. Schmähl e altri, 1977).Vi sono anche esempi di cancerogenesi iatrogena nel campo <strong>del</strong>la chirurgia, quali ilsarcoma da corpo estraneo e da cicatrice (v. Ott, 1970), il cancro primitivo <strong>del</strong>lostomaco operato (v. Hilbe e altri, 1968), i tumori <strong>del</strong> colon conseguenti aureterosigmoidostomia (v. Mueller e Thornbury, 1973) e i tumori cutanei <strong>in</strong> sede dicicatrici da vacc<strong>in</strong>azione antivaiolosa (v. Schmähl e altri, 1977). Il significato <strong>del</strong>lemedic<strong>in</strong>e e dei trattamenti medici nell'<strong>in</strong>sorgenza dei cancri <strong>in</strong> generale può esseredifficilmente valutato <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i quantitativi. L'impressione è che il rischioiatrogeno non possa fornire un contributo rilevante al rischio totale, sebbene <strong>in</strong>alcuni paesi esso possa essersi reso responsabile di percentuali discrete di cancri <strong>in</strong>particolari età (<strong>in</strong>fanzia) o sedi <strong>del</strong> corpo (v. Doll, 1977).e) Abitud<strong>in</strong>i di vita e voluttuarieImportanza non secondaria come cause di cancro umano hanno anche alcuneabitud<strong>in</strong>i voluttuarie o di vita condizionate dalla nostra civiltà, fra cui sonoessenzialmente da considerare il fumo di tabacco, l'alcool e, nel sesso femm<strong>in</strong>ile, leabitud<strong>in</strong>i sessuali, l'allattamento al seno, il numero dei figli e l'età al primo parto.Da studi epidemiologici prospettivi e retrospettivi, chimici, sperimentali emorfologici è emerso con <strong>in</strong>dubitabile chiarezza il legame esistente fra fumo ditabacco e cancro <strong>del</strong> polmone. Relazioni analoghe sono state trovate anche frafumo di tabacco e cancri <strong>del</strong> cavo orale, <strong>del</strong>la lar<strong>in</strong>ge, <strong>del</strong>l'esofago e <strong>del</strong>la vescica. Iprodotti di combustione <strong>del</strong> tabacco contengono benzopirene e altre sostanzecancerogene. I forti fumatori sono notevolmente più <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>i a sviluppare cancro <strong>del</strong>polmone dei non fumatori e mostrano all'autopsia lesioni premaligne più frequent<strong>in</strong>ell'albero bronchiale (v. U.S. Department of..., 1964). L'abuso di alcool è collegatocon maggiori <strong>in</strong>cidenze di cancri <strong>del</strong>la bocca, far<strong>in</strong>ge, lar<strong>in</strong>ge ed esofago, sebbene ilmeccanismo non sia noto (v. Willis, 1967 4 ).Il cancro <strong>del</strong>la cervice uter<strong>in</strong>a è più frequente nelle donne che hanno moltipartners, <strong>in</strong>tensa attività sessuale, numerosi figli, probabilmente a causa di<strong>in</strong>fezione venerea da virus erpetico che <strong>in</strong> tal modo contraggono (v. Kessler e altri,1974). Inf<strong>in</strong>e, il pratico abbandono <strong>del</strong>l'allattamento al seno, la riduzione nelnumero dei figli e soprattutto la primiparità tardiva o attempata, divenuteabitud<strong>in</strong>i di vita nei paesi occidentali, sono <strong>in</strong> stretto rapporto con l'<strong>in</strong>cremento dicancri <strong>del</strong>la mammella verificatosi durante questo secolo (v. Severi e Squart<strong>in</strong>i,1962; v. MacMahon e altri, 1973).f) Parassiti e virus oncogeniChiudono questo vasto panorama di cause <strong>del</strong> cancro umano le <strong>in</strong>festioni daparassiti e le <strong>in</strong>fezioni da virus oncogeni. Fra le prime sono da ricordare quelle daschistosomi, frequenti <strong>in</strong> Egitto, <strong>in</strong> Giappone e <strong>in</strong> altri paesi orientali, e daClonorchis s<strong>in</strong>ensis, frequente nella C<strong>in</strong>a meridionale. In entrambi i casi ilmeccanismo che conduce al cancro è quello <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fiammazione cronica. Glischistosomi penetrano allo stato larvale attraverso la cute, seguono il sistemavenoso e raggiungono così la vescica o l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o crasso determ<strong>in</strong>andovi <strong>in</strong>fezionicroniche granulomatose e poi tumori; Clonorchis s<strong>in</strong>ensis, attraverso la vena porta,passa dall'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o al fegato, ove determ<strong>in</strong>a granulomi seguiti nel tempo dallosviluppo di tumori.Il capitolo dei virus oncogeni è il più recente fra quelli dei fattori checontribuiscono alla eziologia <strong>del</strong> cancro umano e tuttavia e gia ricco di datisignificativi. Il l<strong>in</strong>foma di Burkitt (v., 1968) e il carc<strong>in</strong>oma giovanile <strong>del</strong>naso-far<strong>in</strong>ge, noto con il nome di l<strong>in</strong>foepitelioma, si manifestano solo <strong>in</strong> <strong>in</strong>dividui<strong>in</strong>fetti con virus di Epste<strong>in</strong>-Barr (v. Epste<strong>in</strong> e altri, 1964), un herpesvirus oncogeno14 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...contenente DNA diffuso nel genere umano, ove causa anche la mononucleosi<strong>in</strong>fettiva (v. neoplasie: Oncologia sperimentale). Il DNA virale è presente <strong>in</strong> tutte lecellule tumorali, nelle quali determ<strong>in</strong>a l'espressione di neoantigeni virali. Laproduzione virale da parte <strong>del</strong>le cellule tumorali può essere attivata <strong>in</strong> laboratorio.È difficile pensare di ottenere <strong>in</strong> laboratorio prove migliori di queste perdimostrare la natura virale dei tumori nom<strong>in</strong>ati. L'unico tentativo non facile cherimane da fare è quello di prevenire la malattia con un vacc<strong>in</strong>o specifico (v.Epste<strong>in</strong>, 1976).Vi sono <strong>in</strong>dicazioni, come si è già detto, che un herpesvirus di tipo II possa esserecausalmente associato al cancro <strong>del</strong>la cervice uter<strong>in</strong>a (v. Rapp, 1974), ma tali<strong>in</strong>dicazioni sono ancora <strong>in</strong>complete e necessitano di conferma (v. Doll, 1977). Lapatologia sperimentale suggerisce <strong>in</strong>oltre fortemente che le leucemie (v. Gross,1951) e il cancro <strong>del</strong>la mammella (v. Bittner, 1936) possano avere un'ori- g<strong>in</strong>evirale. Ma f<strong>in</strong>'ora nell'uomo sono state trovate solo prove tenui o <strong>in</strong>dirette <strong>del</strong>lapresenza di virus causali <strong>in</strong> queste malattie. I virus oncogeni <strong>in</strong> questione sonoRNA virus (oncornavirus) e una prova <strong>in</strong>diretta <strong>del</strong>la loro presenza è il riscontro diun enzima virale, la DNA polimerasi RNA-dipendente o trascrittasi <strong>in</strong>versa, cherappresenta appunto un marcatore biochimico specifico degli oncornavirus quandosi ritrovi associato con RNA ad alto peso molecolare (v. Spiegelman e altri, 1970 ; v.Schlom e Spiegelman, 1971).Nel caso <strong>del</strong> cancro mammario umano le tenui prove accumulate nell'ultimodecennio sulla possibile presenza e attività di un virus causale possono s<strong>in</strong>tetizzarsicome segue : a) sporadica dimostrazione di particelle B, l'espressione morfologica<strong>del</strong> virus dei tumori mammari mur<strong>in</strong>i, nel latte di donna (v. Moore e altri, 1971); b)presenza di trascrittasi <strong>in</strong>versa associata con RNA ad alto peso molecolare nel lattedi donna (v. Schlom e altri, 1972); c) omologia fra RNA <strong>del</strong> virus mur<strong>in</strong>o e RNAcitoplasmatico <strong>del</strong> cancro mammario umano negli studi di ibridazione molecolarecompetitiva (v. Spiegelman e altri, 1972; v. Vaidya e altri, 1974); d) anticorp<strong>in</strong>eutralizzanti il virus dei tumori mammari mur<strong>in</strong>i nel siero di donna (v. Charney eMoore, 1971); e) reazione immunologica crociata fra virus dei tumori mammarimur<strong>in</strong>i e cancro mammario umano nei test di ipersensibilità cellulare con leucociti<strong>in</strong> vitro (v. Black e altri, 1974 e 1976). Questi dati sono tuttavia ancora <strong>in</strong> attesa diun'<strong>in</strong>terpretazione unitaria e sono ritenuti al momento <strong>in</strong>sufficienti per sostenereun'eziologia virale <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong>la mammella nell'uomo (v. Squart<strong>in</strong>i, I virusoncogeni..., 1977). Potrà forse gettar luce <strong>in</strong> futuro su questo e analoghi problemi dioncologia umana la recente acquisizione sperimentale che oncornavirus comequello dei tumori mammari <strong>del</strong> topo possono essere trasmessi anche per viagenetica come provirus germ<strong>in</strong>ali (v. Bentvelzen e altri, 1970).g) Prevenzione e screen<strong>in</strong>g <strong>del</strong>le sostanze cancerogeneFra i numerosi fattori causali <strong>del</strong> cancro umano ricordati si possono verificare<strong>in</strong>terazioni e s<strong>in</strong>ergismi di azione che portano a potenziamento degli effetti. Alcune<strong>in</strong>terazioni, come quella fra asbesto o radiazioni ionizzanti e fumo di tabacco per ilcancro <strong>del</strong> polmone, e ancora quella fra alcool e fumo di tabacco per il cancro<strong>del</strong>l'esofago, sono state dimostrate.Nel concludere è giusto sottol<strong>in</strong>eare il grande compito che aspetta l'organizzazionesanitaria <strong>del</strong> futuro, impegnata a tradurre questo panorama di fatti <strong>in</strong> efficacimisure di prevenzione. Un problema prelim<strong>in</strong>are a questo compito è quello disperimentare test relativamente rapidi per valutare <strong>in</strong> futuro la pericolosità <strong>del</strong>le<strong>in</strong>numerevoli sostanze che la nostra società <strong>in</strong>dustriale riversa ogni annonell'ambiente. Infatti, i tradizionali test di cancerogenicità nei piccoli animali dilaboratorio sono troppo lunghi, <strong>del</strong>la durata di 1-3 anni, e costosi. I test dicancerogenicità <strong>in</strong> vitro sono più brevi, ma presentano qualche difficoltàapplicativa (v. Hei<strong>del</strong>berger, 1973 e 1977). Perciò recentemente l'<strong>in</strong>teresse si èconcentrato sul fatto che i cancerogeni noti sono <strong>in</strong> genere anche mutageni, cioèsostanze <strong>in</strong> grado di produrre mutazioni nel patrimonio genetico cellulare (v.Hollaender, 1971; v. Montesano e Bartsch, 1976). L'identificazione dei cancerogeniattraverso test di mutagenesi nei Batteri e nella drosofila (v. Vogel, 1977) potrebbeperciò, per la rapidità e la semplicità dei test, risolvere il problema almeno a livello<strong>del</strong>lo screen<strong>in</strong>g più grossolano. In una eventuale scala di approfondimento <strong>del</strong>15 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...rischio oncogeno di sostanze sconosciute, il test di cancerogenesi <strong>in</strong> vitro potrebbepoi rappresentare il secondo livello e quello su animali di laboratorio il terzo,necessario per quei composti che richiedano un'attivazione metabolica (v. Hiatt ealtri, 1977). Con questo armamentario si potrebbe <strong>in</strong> futuro controllare gli effettisull'ambiente <strong>del</strong>le sostanze chimiche nocive e prevenire così forse <strong>in</strong> larga parte ilcancro umano.6. Immunodepressione e malignitàL'ipotesi che la risposta immunitaria rappresenti un efficace meccanismo di difesacontro le neoplasie ha avuto una grande <strong>in</strong>fluenza nelle ricerche sul cancro degliultimi 20 anni. I lavori si contano a migliaia anche se i risultati sono f<strong>in</strong> quicontraddittori e scarsi. In particolare ha preso solido sviluppo il concetto che imeccanismi immuni possano prevenire lo sviluppo di tumori <strong>in</strong>cipienti e,reciprocamente, che le deficienze immunitarie possano favorire lo sviluppotumorale. Tale concetto ha trovato la sua formulazione più articolata e completanella teoria generale <strong>del</strong>la ‛sorveglianza immunologica' da parte di Burnet (v., 1963,1964 e 1967).a) L'ipotesi <strong>del</strong>la ‛sorveglianza immunologica'Il primo accenno all'ipotesi si trova <strong>in</strong> una considerazione <strong>del</strong> 1957, secondo laquale ‟non è affatto impossibile che piccoli accumuli di cellule tumorali possanosvilupparsi e, a causa <strong>del</strong>le loro nuove potenzialità antigeniche, provocareun'efficace reazione immunitaria con regressione <strong>del</strong> tumore e nessun segno cl<strong>in</strong>ico<strong>del</strong>la sua esistenza" (v. Burnet, 1957). Il term<strong>in</strong>e sorveglianza immunologica fuusato la prima volta nel 1963 (v. Burnet, 1963) e la prima elaborazione compiuta<strong>del</strong>l'ipotesi fu illustrata l'anno seguente (v. Burnet, 1964). Il concetto <strong>del</strong>lasorveglianza immunologica può essere riassunto come segue: ‟negli esseri viventicon lunga durata <strong>del</strong>la vita, come la maggior parte dei vertebrati a sangue caldo,trasformazioni genetiche ereditabili devono essere comuni nelle cellule somatiche euna proporzione di queste rappresenta un passo verso la malignità. E qu<strong>in</strong>di peruna necessità <strong>del</strong>l'evoluzione che dovrebbe esservi qualche meccanismo perelim<strong>in</strong>are o <strong>in</strong>attivare tali cellule mutanti potenzialmente pericolose e vienepostulato che questo meccanismo sia di carattere immunologico" (v. Burnet,Immunological surveillance..., 1970).L'ipotesi poggia dunque sui presupposti che quando dette cellule aberranti conpotenzialità proliferativa compaiono nell'organismo queste possiedano nuovedeterm<strong>in</strong>anti antigeniche e che quando una quantità sufficiente di nuovo antigeneè stata prodotta questa dia <strong>in</strong>izio a una risposta immunologica dipendente daltimo, l'organo preposto all'immunità cellulare, la quale porterebbe allaelim<strong>in</strong>azione <strong>del</strong>le cellule aberranti, all'<strong>in</strong>circa nello stesso modo <strong>in</strong> cui vienerigettato un trapianto (v. Burnet, The concept of..., 1970). Nella def<strong>in</strong>izione <strong>del</strong>concetto di sorveglianza immunologica sono perciò impliciti i due assiomifondamentali e precisamente: a) che le cellule tumorali possiedano antigenidiversi; b) che tali antigeni possano essere riconosciuti come estranei provocandouna risposta immune basata sugli immunociti timo-dipendenti (v. Burnet,Evaluation of..., 1970).b) Implicazioni cl<strong>in</strong>icheLe implicazioni cl<strong>in</strong>iche di un concetto così formulato sono ovviamente rilevanti.Indipendentemente dalle cause che, nelle varie circostanze, producono i tumori,questi <strong>in</strong>fatti, se una sorveglianza immunologica esiste, avrebbero maggiori om<strong>in</strong>ori possibilità di svilupparsi come malattie a seconda <strong>del</strong>lo stato immunologico<strong>del</strong> soggetto portatore (v. Burnet, Immunological surveillance, 1970).Le pr<strong>in</strong>cipali conseguenze cl<strong>in</strong>iche prevedibili sulla base <strong>del</strong>l'ipotesi presentatasono <strong>in</strong>fatti le seguenti: a) il cancro dovrebbe avere più possibilità di manifestarsi<strong>in</strong> quei periodi <strong>del</strong>la vita <strong>in</strong> cui l'efficacia <strong>del</strong> sistema immunitario è bassa, vale adire il periodo per<strong>in</strong>atale e l'età avanzata; b) le malattie genetiche che produconodifetti immunologici dovrebbero essere associate con un'eccessiva frequenza d<strong>in</strong>eoplasie maligne; c) gli agenti immunosoppressivi fisici (raggi X) e chimici16 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...(medicamenti) dovrebbero aumentare le probabilità di neoplasie; d) quando tessutiche comunemente soggiacciono allo sviluppo di tumori vengono esam<strong>in</strong>ati per<strong>in</strong>dividuarvi la presenza di foci istologici di malignità <strong>in</strong> <strong>in</strong>dividui non selezionati(per es. nel materiale autoptico di soggetti senza segni cl<strong>in</strong>ici di neoplasia), tali focidovrebbero essere trovati <strong>in</strong> numero maggiore di quanto prevedibile dalla specifica<strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong>le neoplasie cl<strong>in</strong>iche a quel livello <strong>in</strong> base all'età e al sesso considerati;e) anche se la sorveglianza immunologica dovrebbe essere <strong>in</strong>efficace per tumori chehanno raggiunto la soglia cl<strong>in</strong>ica, ci si potrebbe <strong>in</strong> rari casi aspettare unaregressione spontanea di cancri già diagnosticati; f) essendo postulato <strong>del</strong>l'ipotesiche la risposta immune alle cellule maligne è fornita dai l<strong>in</strong>fociti timo-dipendenti,ci si dovrebbe aspettare che la prognosi dopo rimozione chirurgica dei tumori siamigliore per i tumori mostranti adiacenti accumuli e <strong>in</strong>filtrazione di l<strong>in</strong>fociti, chenon per quelli sprovvisti di tale reazione (v. Burnet, Immunological surveillance...,1970).c) Difetti immunologici e tumoriUn confronto fra queste previsioni e l'osservazione anatomocl<strong>in</strong>ica offre svariatipunti di sostegno all'ipotesi <strong>del</strong>la sorveglianza immunologica contro i tumorimaligni. La malattia neoplastica è caratteristicamente collegata all'età e per lamaggior parte dei tipi di cancro le curve di frequenza crescono <strong>in</strong> progressionelogaritmica secondo l'età. Questa concentrazione di cancri nei gruppi di età piùavanzate può essere collegata con il ben noto decl<strong>in</strong>o <strong>del</strong>la risposta immunitariaconseguente all'età. L'altro periodo di <strong>in</strong>efficienza immunologica è quello fetale eperi- natale; e forse a questo è collegato il fatto che i tumori maligni dei bamb<strong>in</strong>i,per quanto molto meno frequenti di quelli dei soggetti adulti e anziani, mostranouna curva rapidamente decrescente dalla nascita f<strong>in</strong>o al periodo postpuberale (v.Squart<strong>in</strong>i e Bolis, 1966).L'associazione non casuale dei tumori maligni con difetti genetici <strong>del</strong> sistemaimmunitario è già stata qui ricordata (v. sopra, cap. 4). Le rassegne più estese <strong>in</strong>questo settore di ricerca, aperto circa un quarto di secolo fa da Bruton (v., 1952)con la scoperta <strong>del</strong>l'agammaglobul<strong>in</strong>emia nei bamb<strong>in</strong>i (v. immunologia eimmunopatologia: Immunologia generale), sottol<strong>in</strong>eano la particolare propensionedei pazienti con difetti immunologici congeniti a sviluppare neoplasie maligne (v.Bergsma e Good, 1968), più evidente, come è comprensibile, per quelle condizioniche consentono una maggiore sopravvivenza, essendo più lentamente di altre letali,come l'atassia-teleangectasia e la s<strong>in</strong>drome di Wiskott-Aldrich (v. Dent e altri,1968; v. Kersey e altri, 1973).L'<strong>in</strong>fluenza favorente dei trattamenti con agenti immunosoppressivi sullo sviluppodi tumori maligni ha pure qualche solido punto di riferimento nell' osservazionecl<strong>in</strong>ica. Il trapianto renale, un recente progresso <strong>del</strong>la nefrologia, ha il suo rischioiatrogeno, poiché richiede per attecchire un <strong>in</strong>tenso e cont<strong>in</strong>uo trattamento conimmunosoppressivi. Nei soggetti sottoposti a trapianto, ormai molto numerosi,sono stati ripetutamente descritti tumori maligni a prevalente tipo di l<strong>in</strong>fomi (v.Dent e altri, 1968; v. Kersey e altri, 1973). Le irradiazioni con raggi X, cherappresentano un potente mezzo immunosoppressivo, ma nello stesso tempoanche mutageno, usate a scopo terapeutico, aumentano di 10-15 volte il rischio d<strong>in</strong>eoplasie nell'uomo (v. Doll, 1963).d) Regressione spontanea dei tumoriLe <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i istologiche su materiali autoptici e bioptici alla ricerca di cancri occulti,microscopici, <strong>in</strong> soggetti cl<strong>in</strong>icamente liberi da neoplasie, hanno ripetutamentesegnalato la frequenza, <strong>del</strong> tutto <strong>in</strong>coord<strong>in</strong>ata con l'aspettazione, di focimicroscopici di carc<strong>in</strong>oma nella tiroide, nella prostata, nella mammella, nel collo<strong>del</strong>l'utero, o di neuroblastoma nel surrene, molti dei quali evidentemente nonhanno alcuna chance di raggiungere la soglia cl<strong>in</strong>ica, forse per regressionespontanea o per controllo efficace a livello microscopico.‟La regressione spontanea di un cancro già manifesto è così rara che essa èdivenuta quasi il miracolo tipo per giustificare una canonizzazione moderna" (v.Burnet, Immunological surveillance..., 1970). Tali casi comunque senza dubbio simanifestano e sono ormai numerosi quelli riferiti nella letteratura medica, ben17 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...documentati e competentemente diagnosticati su base cl<strong>in</strong>ica e istologica (v. AA.VV., Spontaneous regression..., 1976). In un'esauriente rassegna sull'argomentoEverson (v., 1964) e poi Everson e Cole (v., 1966) e Cole (v., 1976) ne hannocollezionati 176 e uno dei fatti emergenti <strong>in</strong> tale raccolta è che più <strong>del</strong>la metà deicasi, ben 98, appartengono a quattro tipi tumorali: l'ipernefroma, ilneuroblastoma, il melanoma e il coriocarc<strong>in</strong>oma. Si tratta di tumori di soggettirelativamente giovani per i quali, con eccezione <strong>del</strong> neuroblastoma - un tumoreembrionale che mostra talora la capacità di maturare, trasformandosi così nelcorso <strong>del</strong>l'evoluzione da maligno <strong>in</strong> benigno (v. Willis, 1962; v. Evans e altri, 1976) -l'ipotesi di una regressione su base immunologica appare fondata e senzaalternative razionali (v. Burnet, Immunological surveillance..., 1970). A questi sipuò aggiungere il l<strong>in</strong>foma di Burkitt, un tumore da virus dei bamb<strong>in</strong>i africani, giàricordato, le cui cellule possiedono neoantigeni virali e che talora è stato vistoregredire (v. David e Burkitt, 1968; v. Ziegler, 1976).Un notevole numero di contributi anatomopatologici ha <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e dimostrato ilsignificato prognostico favorevole degli <strong>in</strong>filtrati l<strong>in</strong>fatici peritumorali e <strong>del</strong>leiperplasie l<strong>in</strong>fatiche o reticolari reattive nei l<strong>in</strong>fonodi prossimi alle sedi tumorali (v.Black e altri, 1955; v. Fisher e altri, 1975; v. Ioachim, 1976).e) Azione immunosoppressiva dei cancerogeniUn altro dato, che può avere rilievo per eventuali applicazioni eziologiche <strong>del</strong>concetto esposto, è quello <strong>del</strong>la immunodepressione prodotta dai fattori oncogenisia chimici, sia fisici e virali, ben dimostrato dalle ricerche sperimentali. Così si èpers<strong>in</strong>o postulato che i cancerogeni agiscano come tali <strong>in</strong> quanto agentiimmunosoppressivi (v. Burnet, 1967).Ma le numerose ricerche hanno chiarito che l'azione diretta <strong>del</strong> cancerogeno sulsistema immunitario <strong>del</strong>l'ospite è un fattore, sebbene necessario, però nonsufficiente per l'effetto oncogeno e che questo può essere dissociato da quelloimmunodepressivo <strong>del</strong> cancerogeno, dim<strong>in</strong>uendo qu<strong>in</strong>di l'<strong>in</strong>teresse per questaassociazione (v. Stutman, 1973).f) Critiche sperimentali all'ipotesi e conclusioniPer quanto il concetto <strong>del</strong>la sorveglianza immunologica dei tumori sembri benfondato, a esso negli anni più recenti sono state mosse varie critiche sulla base didati sperimentali (v. Prehn, 1972 e 1974; v. Stutman, 1975). Le pr<strong>in</strong>cipali obiezionisono le seguenti: a) non tutti i tumori sono antigenici; b) i tumori <strong>in</strong>iziali,cosiddetti <strong>in</strong> situ perché ancora non hanno <strong>in</strong>vaso i tessuti vic<strong>in</strong>i, non sonoriconosciuti immunologicamente dall'ospite; c) nella maggior parte dei sistemisperimentali il meccanismo di difesa immunitaria, che pure esiste, è <strong>in</strong>efficace etardivo piuttosto che rappresentare un meccanismo di sorveglianza contro i tumori<strong>in</strong>cipienti; d) i tumori sperimentali da cancerogeni chimici e virali, nei quali ipr<strong>in</strong>cipi <strong>del</strong>la sorveglianza sembrano effettivi, sono abnormemente immunogenicie possono rappresentare artefatti di laboratorio i quali magari nulla hanno a chevedere con la malattia neoplastica spontanea o naturale; e) i tumori che piùcomunemente <strong>in</strong>sorgono <strong>in</strong> soggetti con difetti immunitari congeniti o sottoposti atrattamenti con immunosoppressivi sono <strong>in</strong> genere l<strong>in</strong>fomi, cioè tumori <strong>del</strong>lecellule <strong>del</strong> sistema immunitario (v. Stutman, 1977).Tuttavia, sebbene i punti card<strong>in</strong>ali <strong>del</strong>l'ipotesi sulla sorveglianza immunitaria sianostati <strong>in</strong> tal modo posti <strong>in</strong> discussione dagli esperimenti condotti su animali (v.Stutman, 1975), l'attrazione di questa teoria è rimasta pressoché immodificata edessa ha cont<strong>in</strong>uato a essere considerata più come un dogma che come un'ipotesi dilavoro, anche perché le sue implicazioni cl<strong>in</strong>iche appaiono tuttora sostanzialmentecorrette e rispettate. Comunque, il fatto più importante, che l'ipotesi stessa hacontribuito a controllare, dimostrare e sottol<strong>in</strong>eare, è che un qualche meccanismogenerale di difesa immunitaria esiste nella biologia <strong>del</strong> cancro. Indipendentementedal suo significato nella sorveglianza contro i tumori <strong>in</strong>cipienti, è auspicabile chetale meccanismo possa essere <strong>in</strong>crementato al f<strong>in</strong>e di realizzare concrete possibilitàdi immunoterapia (v. Prehn, 1974). Lungo questa l<strong>in</strong>ea convergono le <strong>in</strong>numerevoliricerche e i problemi attuali <strong>in</strong> tema di immunologia dei tumori.18 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...7. Storia naturale <strong>del</strong>la malattia neoplastica nell'uomoTra il momento <strong>in</strong> cui, silenziosamente, la malattia neoplastica com<strong>in</strong>cia e quello <strong>in</strong>cui ci si accorge <strong>del</strong>la sua presenza <strong>in</strong>tercorre un periodo di tempo più o menolungo che si designa come periodo di latenza o tempo di <strong>in</strong>duzione e si def<strong>in</strong>iscecome ‟il periodo che passa fra la prima esposizione al cancerogeno e la comparsa<strong>del</strong> tumore" (v. Ste<strong>in</strong>er, 1953).a) Fasi <strong>del</strong>la malattia neoplasticaDurante il periodo di latenza si verificano <strong>in</strong> realtà più fenomeni. Infatti, alla primaapplicazione di un cancero- geno non seguono spesso per qualche tempomodificazioni apprezzabili a livello istologico, sebbene modificazioni dei caratteribiologici, chimici e ultrastrutturali <strong>del</strong>le cellule costituenti il tessuto possanorealizzarsi anche <strong>in</strong> maniera istantanea o <strong>in</strong> brevissimo tempo. Dopo un certoperiodo com<strong>in</strong>ciano <strong>in</strong> genere a manifestarsi lesioni chiamate preneoplastiche,perché con frequenza precedono lo sviluppo di un carc<strong>in</strong>oma. Spesso tali lesion<strong>in</strong>on mostrano alcun attributo di malignità attuale, ma l'analisi <strong>del</strong> lorocomportamento biologico per mezzo dei trapianti consente di dimostrarne neglianimali la natura precancerosa (v. DeOme e altri, 1959), È nell'ambito di questelesioni che si realizza di solito la trasformazione maligna (v. Foulds, The histologicanalysis... II, 1956; v. Squart<strong>in</strong>i e Rossi, 1962; v. Squart<strong>in</strong>i e Severi, 1964). Quandola trasformazione maligna si è verificata, <strong>in</strong>izia lo sviluppo di una popolazionecellulare autonoma che però può essere apprezzata cl<strong>in</strong>icamente soltanto quando,per aver superato certe dimensioni, essa diviene palpabile o comunque valutabileattraverso la semeiologia fisica, radiologica, sc<strong>in</strong>tigrafica o la s<strong>in</strong>tomatologiasoggettiva e obiettiva (v. Severi e Squart<strong>in</strong>i, 1955).Corollari di quanto detto sopra sono che la malattia neoplastica nell'uomo ha <strong>in</strong>genere una lunga durata, talora di parecchi anni, e che la sua fase cl<strong>in</strong>ica è come lapunta di un iceberg, per la maggior parte sotto il livello cl<strong>in</strong>ico e perciò ben pococonosciuta.b) Il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> cancro mammarioUn esempio che particolarmente bene serve a illustrare le fasi <strong>del</strong>la malattianeoplastica è fornito dal cancro <strong>del</strong>la mammella, il più frequente nel sessofemm<strong>in</strong>ile e uno dei più frequenti <strong>in</strong> assoluto, particolarmente studiato <strong>in</strong> questosecolo appunto per la sua frequenza, per la sua gravità, per la sua accessibilità eanche per il fatto che dispone di uno dei mo<strong>del</strong>li sperimentali meglio conosciuti (v.Squart<strong>in</strong>i, 1966).Nel mo<strong>del</strong>lo sperimentale, come nel cancro <strong>del</strong>la mammella umana, un pienosviluppo <strong>del</strong>l'albero ghiandolare mammario è richiesto prima che compaianoalterazioni apprezzabili le quali condurranno poi alla formazione di un tumore. Lamammogenesi può essere def<strong>in</strong>ita qu<strong>in</strong>di come la prima tappa <strong>del</strong>la cancerogenesimammaria. La mammogenesi procede dalle gemme; ciascuna gemma sviluppa deidotti, i dotti term<strong>in</strong>ali sviluppano gli alveoli e quando la proliferazione alveolare èavanzata compaiono i lobuli mammari. Al term<strong>in</strong>e <strong>del</strong>lo sviluppo, l'alberoghiandolare <strong>del</strong>la mammella, visualizzato nelle tre dimensioni, somiglia qu<strong>in</strong>dimolto a un albero con i suoi rami (i dotti) e le foglie o i grappoli di frutta (i lobuli egli ac<strong>in</strong>i). Queste strutture sono strettamente dipendenti dagli ormoni per il lorosviluppo e per il loro mantenimento.La seconda tappa nella cancerogenesi mammaria sperimentale e umana èrappresentata di solito da lesioni iperplastiche, preneoplastiche alveolari, ducturario dottali. La lesione preneoplastica più nota nel mo<strong>del</strong>lo mur<strong>in</strong>o è rappresentatadai noduli di iperplasia alveolare. Questi somigliano ai lobuli normali, madifferiscono da essi perché dotati di maggiore autonomia, cioè meno dipendentidagli ormoni dei lobuli a loro simili (v. Squart<strong>in</strong>i, 1959; v. DeOme e altri, 1962).Recenti studi morfologici e trapianti hanno mostrato che anche nella mammellaumana vi sono lesioni, come i lobuli atipici e i lobuli postmenopausali persistenti,da <strong>in</strong>terpretare come possibili lesioni preneoplastiche (v. Well<strong>in</strong>gs e altri, 1975; v.Jensen e altri, 1976).C'è oggi qualche discussione a tale riguardo circa il dest<strong>in</strong>o di alcune lesioni19 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...pre<strong>in</strong>vasiva e <strong>in</strong>vasiva precoce <strong>del</strong> cancro precl<strong>in</strong>ico. Il tempo che <strong>in</strong>tercorre tra (d)ed (e) è quello che conosciamo meglio, specialmente a causa dei nostri <strong>in</strong>successi(v. Squart<strong>in</strong>i, 1978).Tabella 3Precisazioni ulteriori suggerite a questo schema sono state recensite, riassunte eanalizzate <strong>in</strong> dettaglio di recente (v. Foulds, 1975). La prima fase, detta fase A o fase<strong>in</strong>iziatoria, è descritta come una zona più o meno estesa di ‛neoplasia <strong>in</strong>cipiente'con ciò <strong>in</strong>tendendosi una capacità di sviluppo neoplastico superiore a quella che iltessuto possedeva prima <strong>del</strong>l'applicazione <strong>del</strong> cancerogeno, senza apprezzabilialterazioni morfologiche. Sarebbe dunque un cambiamento di stato nelcomportamento biologico <strong>del</strong>le cellule a ‛<strong>in</strong>iziare' la neoplasia dando orig<strong>in</strong>e,secondo le numerose term<strong>in</strong>ologie usate, a ‛zone trasformate senza modificazionimorfologiche', o ‛campi neoplastici potenziali', o ‛tessuti normali predisposti', osemplicemente a ‛tessuti <strong>in</strong>iziali'. In realtà nella fase A si possono osservaremodificazioni morfologiche di scarso rilievo <strong>in</strong>dicate come A1 e A2. Le lesioni A1sono ‛stigmate di esposizione' o puri effetti locali <strong>del</strong> danno aspecifico <strong>in</strong>flitto aitessuti dai cancerogeni, specie se potenti. Le lesioni A2 comprendono unamescolanza di lesioni proliferative transitorie e banali che non prendono parteulteriore nello sviluppo <strong>del</strong>la neoplasia.La seconda fase <strong>del</strong>la malattia neoplastica, detta fase B, è la cont<strong>in</strong>uazione senzaalcun limite netto <strong>del</strong>la precedente ed è caratterizzata da lesioni <strong>del</strong> gruppo B, chesono le lesioni precancerose o preneoplastiche, passibili fra loro di ulterioredist<strong>in</strong>zione secondo la m<strong>in</strong>ore (B1) o maggiore (B2) tendenza alla malignità. Questesono <strong>in</strong> genere lesioni focali spesso multiple le quali si sviluppano nella zona di‛neoplasia <strong>in</strong>cipiente' <strong>del</strong>la fase A e da esse potrà successivamente <strong>in</strong>iziare latrasformazione maligna. Ma, <strong>in</strong>dipendentemente dalla probabilità che unaneoplasia maligna emerga <strong>in</strong> una lesione B, c'è una def<strong>in</strong>ita e talora elevataprobabilità che essa emerga direttamente dai tessuti normali limitrofi <strong>in</strong>clusi nellazona di ‛neoplasia <strong>in</strong>cipiente' def<strong>in</strong>ita (o predest<strong>in</strong>ata o commissionata) dall'azione<strong>del</strong> cancerogeno nella fase A senza l'<strong>in</strong>tervento di alcuna lesione <strong>del</strong> gruppo B. Visono ormai dati anatomocl<strong>in</strong>ici sufficienti per sottol<strong>in</strong>eare l'importanza di questorilievo che, lungi dall'annullare, riqualifica il concetto di precancro.Con la trasformazione maligna ha <strong>in</strong>izio la fase avanzata o fase C <strong>del</strong>la malattianeoplastica caratterizzata dall'‛<strong>in</strong>vasione' e dalla ‛metastatizzazione', i due aspetticard<strong>in</strong>ali <strong>del</strong>la ‛malignità', non necessariamente associati (v. Foulds, 1975). Anchequesta fase si suddivide <strong>in</strong> due tempi successivi (C1, C2), per <strong>in</strong>dicare gradiprogressivamente crescenti di malignità mediante sigle che possono perciò servireanche a dist<strong>in</strong>guere il cancro precl<strong>in</strong>ico (C1) da quello cl<strong>in</strong>ico (C2). Poichèl'<strong>in</strong>vasione locale è il presupposto <strong>del</strong>la metastatizzazione, dipenderà dallaprecocità <strong>del</strong>la diagnosi cl<strong>in</strong>ica se le metastasi compaiono <strong>in</strong> fase C1 o C2.Tornando ai corollari di questa impostazione concettuale <strong>del</strong>la malattianeoplastica, basata come si è visto su solide evidenze anatomocl<strong>in</strong>iche, balzanodunque <strong>in</strong> piena luce le possibilità ancora esistenti di ricerca e di <strong>in</strong>tervento nelcorso di fasi meno gravi, meno conosciute e, si prevede, meglio trattabili econtrollabili per <strong>in</strong>terrompere il corso <strong>del</strong>le neoplasie. Tali possibilità di <strong>in</strong>terventoe di ricerca sono essenzialmente collegate a una def<strong>in</strong>izione, uno studio e untrattamento migliori dei precursori morfologici <strong>del</strong> cancro e a un maggiorechiarimento dei meccanismi <strong>del</strong>la progressione tumorale che regolano il passaggiofra le varie fasi <strong>del</strong>la malattia neoplastica. A questi argomenti sono dedicati i duecapitoli seguenti.8. Precursori morfologicia) Def<strong>in</strong>izioneNei tre quarti di secolo trascorsi da quando il term<strong>in</strong>e ‛precancerosi' venne usatoforse per la prima volta a proposito di alcune malattie <strong>del</strong>la pelle (v. Dubreuilh,1898), non si è riusciti a ottenere una def<strong>in</strong>izione univoca <strong>del</strong> suo significato.Infatti, questo term<strong>in</strong>e è ancora oggi largamente usato per <strong>in</strong>dicare, e purtroppo21 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...<strong>in</strong>dist<strong>in</strong>guibili a livello morfologico (v. Severi e altri, 1958), istochimico (v.Harkness e altri, 1957) e biochimico (v. DeOme e altri, 1956) dalla adenosifisiologica <strong>del</strong>la gravidanza. Inoltre, lo stesso tipo di lesione si ritrova sia <strong>in</strong> topiportatori <strong>del</strong> virus di Bittner, sia <strong>in</strong> topi geneticamente uguali che ne sono privi (v.Pitelka e altri, 1964). Ma a dispetto <strong>del</strong>la loro somiglianza morfologica i nodulisviluppati dai primi hanno un'alta probabilità e quelli sviluppati dai secondi unabassa probabilità di trasformarsi <strong>in</strong> cancro (v. Blair e DeOme, 1962). Sebbene gliesempi sopra riferiti provengano da studi di oncologia sperimentale, vi sono pochidubbi che circostanze analoghe siano operative anche nel campo <strong>del</strong>le precancerosiumane.c) Acquisizioni sperimentaliGli studi sulla morfologia <strong>del</strong> periodo di latenza nei tumori sperimentali hannocondotto a tre constatazioni di rilievo: a) la costanza di lesioni morfologiche neitessuti prima <strong>del</strong>la malignità attuale; b) la variabilità e aspecificità di tali lesioni; c)la loro natura frequentemente solo microscopica o subcl<strong>in</strong>ica. Nei sistemi megliostudiati di tumori sperimentali la lesione ‛benigna' rappresenta, salvo eccezioni, unpassaggio pressoché obbligato fra tessuto normale e neoplasia maligna, cosicché lasequenza consueta di eventi che si osserva è: tessuto normale → lesione benigna →neoplasia maligna. Ciò vale per la cancerogenesi cutanea (v. Berenblum, 1954),mammaria (v. De Ome, 1963), polmonare (v. Squart<strong>in</strong>i e altri, 1966), <strong>del</strong>leghiandole endocr<strong>in</strong>e (v. Bielschowsky e Horn<strong>in</strong>g, 1958), ecc. Le lesioni premalignehanno un volto diverso da tessuto a tessuto e talora anche <strong>in</strong> uno stesso tessuto.Per esempio, il cancro <strong>del</strong>la mammella <strong>del</strong> topo può prendere orig<strong>in</strong>e da noduli diiperplasia alveolare, che sono lesioni microscopiche ac<strong>in</strong>ose (v. DeOme e altri,1959), da placche, che sono lesioni palpabili a struttura ductulare cosi chiamate perla loro forma (v. Foulds, The histologic analysis... II, 1956), o da papillomi dei dotti(v. Orr, 1956). Inoltre, uno stesso tipo di lesione osservato nel medesimo tessuto <strong>in</strong>gruppi di ospiti diversi, può, talvolta molto frequentemente, altre volte moltoraramente, sviluppare un cancro. Un esempio <strong>in</strong> questo senso è già stato fornitosopra (v. Blair e DeOme, 1962).Se la lesione premaligna è molto piccola, il cancro che da questa si sviluppa necancella rapidamente le tracce, per cui l'impressione è che il cancro abbia presoorig<strong>in</strong>e da un tessuto normale. Se <strong>in</strong>vece la lesione premaligna è palpabile, divienepossibile seguirne la morfologia e il comportamento prima, durante e dopo latrasformazione maligna. Il sistema dei tumori mammari <strong>del</strong> topo fornisce unbell'esempio di queste due diverse situazioni attraverso i noduli di iperplasiaalveolare e le placche (v. Squart<strong>in</strong>i e Rossi, 1962). Nelle seconde, palpabili, latrasformazione assume di solito l'aspetto di un'area focale con struttura diversa, laquale progressivamente si estende guadagnando l'<strong>in</strong>tera lesione premaligna emostrando talora gli attributi <strong>del</strong>la malignità (v. Foulds, The histologic analysis. II,1956). Nei noduli di iperplasia alveolare rimane <strong>in</strong>vece difficile seguire almicroscopio la trasformazione (v. Squart<strong>in</strong>i e Rossi, 1960).L'osservazione sperimentale recente che i noduli di iperplasia alveolare, mantenuti<strong>in</strong>def<strong>in</strong>itamente a mezzo di trapianto, di rado divengono maligni (v. Nandi, 1977), eche nella cancerogenesi chimica <strong>del</strong>la mammella <strong>del</strong> ratto, pure <strong>in</strong> presenza d<strong>in</strong>umerosi noduli di iperplasia alveolare, i tumori maligni prendono orig<strong>in</strong>e daporzioni di ghiandola apparentemente normali (v. S<strong>in</strong>ha e Dao, 1975; v. Dao, 1977),ha dato orig<strong>in</strong>e a qualche scetticismo circa il reale significato <strong>del</strong>le lesionipreneoplastiche. Ma tale scetticismo è facilmente superato se si considera il fattoche queste lesioni, ove pure non rappresent<strong>in</strong>o la sede <strong>del</strong>la trasformazioneneoplastica, rimangono sempre segni premonitori di malignità che avrà luogo nelleloro vic<strong>in</strong>anze e se si riflette sulla possibilità che l'area <strong>del</strong> tessuto <strong>in</strong>izialmentemodificato dall'azione <strong>del</strong> cancerogeno responsabile <strong>del</strong>l'accresciuto rischio dimalignità sia più estesa di quella mostrante la lesione morfologica (v. Foulds,1975).d) Variabilità e molteplicità strutturaleNell'uomo, <strong>in</strong> dipendenza <strong>del</strong> tessuto di orig<strong>in</strong>e, dei fattori causali e, forse, di altrielementi ancora sconosciuti, le alterazioni che precedono la malignità attuale23 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...possono assumere il volto <strong>del</strong>l'iperplasia, <strong>del</strong>la displasia, <strong>del</strong>la metaplasia, <strong>del</strong>laneoplasia benigna <strong>in</strong> forma di papilloma, polipo, adenoma o simili, <strong>del</strong>ladisontogenia, ecc. Un'iperplasia diffusa persistente è fertile terreno per lo sviluppo<strong>del</strong>la malignità. Un esempio tipico è dato dallo struma o gozzo tiroideo. Intorno aiprimi decenni di questo secolo il cancro <strong>del</strong>la tiroide era circa 8 volte più frequentenelle aree geografiche con gozzo endemico che nelle altre. Una certa prevalenza <strong>del</strong>cancro tiroideo nelle regioni gozzigene esiste anche oggi, sebbene non sia piùevidente come <strong>in</strong> passato. Ciò è dovuto al largo impiego di sali iodati <strong>in</strong>trodotti ascopo profilattico dopo il 1920 nelle aree gozzigene a deficienza di iodio, da cui sipuò concludere che la profilassi <strong>del</strong> gozzo è una profilassi <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong>la tiroide(v. W<strong>in</strong>der, 1952).La displasia di un tessuto, che significa crescita non solo <strong>in</strong> eccesso ma anche<strong>in</strong>coord<strong>in</strong>ata dei s<strong>in</strong>goli costituenti, più spesso <strong>del</strong>la semplice iperplasiarappresenta un ponte fra la normalità strutturale e la malignità. Esempi tipici <strong>in</strong>questo caso sono forniti dalla mastopatia fibrocistica, che precede talvolta il cancromammario (v. Severi, 1952; v. Black, 1976), e dalla displasia epiteliale <strong>del</strong> collo<strong>del</strong>l'utero, che prelude al carc<strong>in</strong>oma <strong>in</strong> situ e al cancro manifesto (v. Burghardt,1973). Un altro tipo di lesione premaligna è la metaplasia, cioè unadifferenziazione, per esempio epiteliale, anomala per il tessuto od organo che siconsidera mentre è normale altrove. Tipico è il caso <strong>del</strong>la metaplasia squamosa oepidermoide degli epiteli mucosi di rivestimento (<strong>del</strong> labbro, <strong>del</strong>la l<strong>in</strong>gua, <strong>del</strong>lalar<strong>in</strong>ge, ecc.). Frequente è pure il caso che la malignità si realizzi <strong>in</strong> tumori benigniquali gli adenomi o polipi adenomatosi e i papillomi o polipi villosi <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>ocrasso, o i fibroadenomi <strong>del</strong>la mammella nel caso dei sarcomi di questa ghiandola.Un terreno particolare, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, per l'<strong>in</strong>sorgenza <strong>del</strong>la malignità è dato dalladisontogenia, cioè dalla condizione di alterato rapporto dei tessuti embrionali(amartomi), dalle malformazioni propriamente dette e dai teratomi (v. Willis,1962). Come si vede, molte fra le lesioni premaligne appartengono alla categoriadei processi progressivi. Ma non è questa una regola applicabile a tutte. Ve ne sonoalcune che <strong>in</strong>iziano come processi regressivi. Basterà ricordare <strong>in</strong> proposito lacirrosi epatica (v. Berman, 1962) e, per le aree geografiche <strong>in</strong> cui le è riconosciutoun significato premaligno, l'ulcera peptica <strong>del</strong>lo stomaco (v. Hirafuku, 1962).Anche <strong>in</strong> queste lesioni, tuttavia, la fase regressiva mette poi <strong>in</strong> movimento unmeccanismo di riparazione che porta a proliferazione dei tessuti. La sequenzairritazione → danneggiamento → riparazione costituisce <strong>in</strong>fatti una <strong>del</strong>le viealternative attraverso cui si può giungere al cancro.e) Classificazione patogeneticaUn tentativo di classificare le lesioni premaligne su base patogenetica è stato fattosuddividendo gli stati precancerosi <strong>in</strong>: a) disontogenetici, comprendenti leanomalie riconducibili a disturbi <strong>del</strong>lo sviluppo embrionale (amartomi,malformazioni, teratomi, ecc.); b) iperplasiogeni, <strong>in</strong>sorgenti sulla base diun'irritazione cronica di natura <strong>in</strong>fettiva, fisica o chimica che causa rigenerazionedi tessuti (focolai luposi, cicatrici da ustione, ulcere da raggi, ecc.); c) disendocr<strong>in</strong>i,derivanti da alterazioni nell'equilibrio ormonale (mastopia fibrocistica, iperplasiacistica <strong>del</strong>l'endometrio, ipertrofia prostatica, ecc.; v. Ste<strong>in</strong>er, 1953). È improbabileche <strong>in</strong> questo schema trov<strong>in</strong>o posto tutte le possibili lesioni premaligne e sarebbeperciò utile prevedere una quarta categoria per le lesioni miscellanee. Ma bisognariconoscere a tale classificazione criteri di semplicità, logica e utilità sufficienti amantenerla valida. Del resto, ogni altra base classificativa, dall'aspetto istologicoall'evoluzione cl<strong>in</strong>ica, dal momento eziologico alla distribuzione topografica,risulterebbe impropria per lesioni tanto vaghe nelle cause quanto variate nellastruttura e imprevedibili nel comportamento.f) I precursori morfologici <strong>del</strong> cancro umanoLa lista dei precursori morfologici <strong>del</strong> cancro umano è lunghissima. Se ne elencanomolti <strong>del</strong>la cute (cheratosi senile, da agenti fisici e chimici, xerodermapigmentosum, nevo giunzionale, <strong>in</strong>fiammazioni croniche, cicatrici da ustioni, ecc.),<strong>del</strong>la mammella (papillomi dei dotti, carc<strong>in</strong>oma lobulare <strong>in</strong> situ, mastopatiafibrocistica, lobuli atipici e postmenopausali, fibroadenomi, ecc.), <strong>del</strong>l'endometrio24 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...(iperplasia cistica postmenopausale, iperplasia adenomatosa atipica, polipi, ecc.),<strong>del</strong>la cervice uter<strong>in</strong>a (displasia, metaplasia squamosa, carc<strong>in</strong>oma <strong>in</strong> situ, ecc.),<strong>del</strong>lo stomaco (polipi adenomatosi, gastriti croniche, ulcera peptica, anemiaperniciosa, ecc.), <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o (polipi adenomatosi, adenomi villosi, colite ulcerosacronica, ecc.), <strong>del</strong> fegato (cirrosi emocromatosica, cirrosi volgare, iperplasia deidotti biliari, ecc.), <strong>del</strong>la vescica (papillomi, cistiti croniche, bilharziosi, estrofia,ecc.), <strong>del</strong> polmone (cicatrici, metaplasie e iperplasie atipiche <strong>del</strong> rivestimento deibronchi, tumourlets, ecc.), e praticamente di qualsiasi altra sede (v. Severi, 1962; v.Severi e Squart<strong>in</strong>i, 1973; v. AA. VV., Early lesions..., 1976; v. AA. VV., 1977).Queste lesioni sono parte <strong>in</strong>tegrante <strong>del</strong> processo di sviluppo <strong>del</strong> cancro (v. Gull<strong>in</strong>o,1977) e a esse dovrebbero essere dedicati studi più approfonditi volti alla ricerca diforme di controllo <strong>del</strong> cancro durante la fase premaligna, di nuovi metodi perselezionare gli <strong>in</strong>dividui esposti a maggior rischio, e di più accurati marcatoridiagnostici che rendano possibile una migliore def<strong>in</strong>izione <strong>del</strong>la preneoplasia e deisuoi rapporti con la neoplasia <strong>in</strong>vasiva (v. Antony e altri, 1976).g) Attuali <strong>in</strong>dirizzi di ricerca e conclusioniSul piano sperimentale non mancano possibilità di approfondire la conoscenza deicaratteri <strong>del</strong>le lesioni preneoplastiche attraverso studi come quelli, per esempio,sulle loro proprietà angiogeniche e sulla loro trasformazione nei trapianti. Oggi<strong>in</strong>fatti è possibile trapiantare lesioni umane <strong>in</strong> topi atimici, cioè geneticamenteprivi <strong>del</strong> sistema immunitario, <strong>in</strong> modo da seguirne l'evoluzione nel tempo (v.Jensen e Well<strong>in</strong>gs, 1976). Inoltre, le conoscenze sui fenomeni vascolari cheaccompagnano la trasformazione maligna consentono di esplorare un'altra via<strong>in</strong>teressante. I tumori maligni per svilupparsi hanno bisogno di un'adeguata tramadi vasi sanguigni e sono <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>durne lo sviluppo, attraverso un fattoreangiogenico ancora sconosciuto, quando un loro frammento viene trapiantato (v.Folkman e Cotran, 1976). Tale proprietà è comune anche alle lesioni premaligne,perciò <strong>in</strong> grado di attecchire (v. Gimbrone e Gull<strong>in</strong>o, 1976), mentre manca ai tessut<strong>in</strong>ormali, che <strong>in</strong>fatti non attecchiscono se sprovvisti di trama vascolare.L'identificazione <strong>del</strong> fattore angiogenico nelle lesioni premaligne potrebbe qu<strong>in</strong>diconsentire un'identificazione di quelle tra tali lesioni capaci di progredire verso ilcancro.A ottanta anni dal giorno <strong>in</strong> cui fu <strong>in</strong>tuito forse per la prima volta, l'argomento deiprecursori morfologici <strong>del</strong> cancro rimane dunque uno dei più affasc<strong>in</strong>anti e apertiproblemi di patologia. E più che mai aperto alla sperimentazione sugli animali econserva <strong>in</strong>tatto il suo fasc<strong>in</strong>o per il patologo che ancora non dispera di poterpredire un giorno il futuro <strong>del</strong>le lesioni. Oggi purtroppo il ventaglio dei possibiliprecursori morfologici è estremamente ampio e il loro significato biologico è spesso<strong>in</strong>decifrabile. Ciò porta a conclusioni forse non troppo soddisfacenti sul pianopratico.Infatti, poiché tanti sono i possibili precursori morfologici <strong>del</strong> cancro e tantodifficile è valutare le loro <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seche possibilità di progressione, si deve concludereche una prevenzione <strong>del</strong> cancro per questa via sarebbe difficile. Ma il problema vavisto <strong>in</strong> prospettiva. Oggi, l'osservazione di una lesione preneoplastica <strong>in</strong> unpaziente dovrà condurre alla sua rimozione ove questa sia possibile, e potrà servireper aumentare la sorveglianza ed elim<strong>in</strong>are le cause che possono essere rimosse,ammesso che si sia ancora <strong>in</strong> tempo (v. Severi e Squart<strong>in</strong>i, 1973). In futuro èprevedibile si disponga di una risposta o di una soluzione pratica soddisfacenti peri tre pr<strong>in</strong>cipali scopi attuali <strong>del</strong>la ricerca sui precursori morfologici <strong>del</strong> cancro, chesono essenzialmente: la diagnosi precoce, l'<strong>in</strong>terruzione <strong>del</strong>lo sviluppo neoplasticonelle popolazioni ad alto rischio e la comprensione <strong>del</strong>l'essenza <strong>del</strong>la malattianeoplastica (v. Farber, 1976).9. Progressione tumoraleQualche cosa è cambiato nella rigidità con cui, <strong>in</strong> tempi passati, veniva <strong>in</strong>tesa laseparazione fra una fase e l'altra <strong>del</strong>la malattia neoplastica e soprattutto fraprecancro e cancro. Negli ultimi decenni si è affermata <strong>in</strong>fatti l'op<strong>in</strong>ione che losviluppo di un tumore avvenga per ‛progressione' (v. Foulds, 1949, The histologic25 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...analysis... II, 1956, 1969 e 1975; v. Squart<strong>in</strong>i, 1964), cioè attraverso la progressivaacquisizione di nuovi caratteri permanenti (v. Rous e Beard, 1935), senza dunquealcun salto drammatico fra l'<strong>in</strong>nocenza e la malignità (v. Willis, 1967 4 ). In base aqueste vedute diviene sempre più difficile fissare un punto def<strong>in</strong>ito didemarcazione fra (b) e (c) (v. tab. III). Sopra tale concetto <strong>del</strong>la progressionetumorale, che direttamente <strong>in</strong>cide sulla storia naturale <strong>del</strong>la malattia neoplastica esul significato stesso di lesione premaligna, come su quello di lesione maligna, èpertanto opportuno fermare l'attenzione dedicando a esso qualche riflessione.a) Def<strong>in</strong>izione‛Progressione' è la comparsa di modificazioni qualitative stabili, ereditabili eirreversibili <strong>in</strong> uno o più caratteri di un tumore <strong>in</strong> accrescimento (v. Foulds, 1949).In senso lato questo term<strong>in</strong>e è perciò usato per <strong>in</strong>dicare l'<strong>in</strong>tero ciclo di sviluppo diuna neoplasia attraverso successive modificazioni qualitative, permanenti eirreversibili dei suoi caratteri (v. Foulds, 1951). Sotto questo profilo la progressionesi differenzia dalla ‛modulazione', term<strong>in</strong>e che è stato suggerito come il piùappropriato per <strong>in</strong>dicare l'occorrenza di quelle variazioni di portata m<strong>in</strong>ore,temporanee e reversibili, nella struttura e/o nel comportamento di un tumoredovute di solito a fattori ambientali (v. Foulds, The histologic analysis... I, 1956).Attraverso la progressione i tumori guadagnano un'autonomia sempre maggiorenei confronti <strong>del</strong>l'ambiente e <strong>del</strong>l'ospite. Da ciò deriva che il concetto diprogressione è <strong>in</strong>dissolubilmente legato a quello, opposto, di ‛dipendenza' (oresponsiveness) dei tumori. ‛Dipendenza' <strong>in</strong>dica <strong>in</strong>fatti la capacità <strong>del</strong>le cellule diun tumore di rispondere agli stimoli estr<strong>in</strong>seci di qualsiasi natura (ormoni, agentichemioterapici, cancerogeni chimici, ecc.), quale frequentemente si osserva nellefasi precoci <strong>del</strong>lo sviluppo di una neoplasia.b) Fonti di <strong>in</strong>formazioneLe pr<strong>in</strong>cipali fonti di <strong>in</strong>formazione sulla progressione sono rappresentate, comeFoulds (v., 1954) suggerisce, dallo studio, condotto con idonei mezzi cl<strong>in</strong>ici epatologici, <strong>del</strong>la storia naturale dei tumori negli animali c nell'uomo,dall'osservazione <strong>del</strong>la risposta dei tumori agli stimoli estr<strong>in</strong>seci, e dal trapianto deitumori, che si rivela utile sia come test per lo studio <strong>del</strong>la reversibilità di certicaratteri tumorali (modulazione), sia perché, prolungando nel tempo la vita <strong>del</strong>tumore, offre possibilità maggiori per il manifestarsi <strong>del</strong>la progressione e per lostudio <strong>del</strong>le fasi tardive di questa.c) Caratteri tumorali acquisibili per progressioneI ‛caratteri' elencati appresso forniscono un'esemplificazione rappresentativa diquelle che sono le più usuali modificazioni qualitative irreversibili cui i tumorivanno <strong>in</strong>contro nel corso <strong>del</strong> loro sviluppo: aumento <strong>del</strong>la velocità diaccrescimento, dim<strong>in</strong>uzione dei segni morfologici visibili di differenziazionecellulare (per es., perdita <strong>del</strong>la funzione secernente o di altre funzioni similari),<strong>in</strong>dipendenza dalle <strong>in</strong>fluenze ormonali o da altri stimoli estr<strong>in</strong>seci, capacità di<strong>in</strong>filtrare i tessuti adiacenti, capacità di sviluppare riproduzioni metastatiche adistanza, ampliamento <strong>del</strong> raggio di trapiantabilità, acquisizione <strong>del</strong>la capacità disvilupparsi <strong>in</strong> forme e ambienti diversi dagli usuali (per es., trasformazione di untumore solido <strong>in</strong> tumore ascite), ecc. (v. Kle<strong>in</strong> e Kle<strong>in</strong>, Some experiments..., 1958).È attraverso la progressiva acquisizione ditali caratteri biologici e morfologici che itumori, <strong>in</strong>izialmente dipendenti e differenziati, si trasformano, nel corso <strong>del</strong>la loroevoluzione, <strong>in</strong> tumori <strong>in</strong>dipendenti e altamente <strong>in</strong>differenziati.d) Pr<strong>in</strong>cipi generali (regole) <strong>del</strong>la progressione tumoraleL'analisi effettuata da Foulds (v., 1949, 1956 e 1969) su vasti materiali ha portatoall'<strong>in</strong>dividuazione di alcune regole o pr<strong>in</strong>cipi generali <strong>del</strong>la progressione tumorale.Tali pr<strong>in</strong>cipi sono i seguenti.1. Progressione <strong>in</strong>dipendente dei tumori multipli: la progressione si manifesta<strong>in</strong>dipendentemente <strong>in</strong> differenti tumori di uno stesso <strong>in</strong>dividuo. Questa regola siapplica assai bene a numerosi esempi di tumori multipli <strong>del</strong>l'uomo e degli animali eil suo significato pr<strong>in</strong>cipale è che la progressione è un fenomeno <strong>in</strong>erente al tumore26 di 121 23/05/13 11:13


1. Ünite - Bigisayar Destekli Tasar›m Kapsam›nda AutoCAD Yard›m› ‹le 2 Boyutlu Çizim Tekni¤<strong>in</strong>e Girifl21Kendimizi S›nayal›m Yan›t Anahtar›1. d Yan›t›n›z yanl›fl ise “Çekme Menüler Modify”konusunu tekrar gözden geçir<strong>in</strong>iz.2. a Yan›t›n›z yanl›fl ise “Draw Çekme Menüsü” konusunutekrar gözden geçir<strong>in</strong>iz.3. e Yan›t›n›z yanl›fl ise “Çizimlerde Kullan›lan Yard›mc›Komutlar Ortho Mode” konusunu tekrargözden geçir<strong>in</strong>iz.4. b Yan›t›n›z yanl›fl ise “Çizimlerde Kullan›lan Yard›mc›Komutlar Object Snap” konusunu tekrargözden geçir<strong>in</strong>iz.5. d Yan›t›n›z yanl›fl ise “View Çekme Menüsü” konusunutekrar gözden geçir<strong>in</strong>iz.6. c Yan›t›n›z yanl›fl ise “AutoCAD ‹le Komut Girme‹fllemi” konusunu tekrar gözden geçir<strong>in</strong>iz.7. d Yan›t›n›z yanl›fl ise “Format Çekme Menüsü”konusunu tekrar gözden geçir<strong>in</strong>iz.8. d Yan›t›n›z yanl›fl ise “Çekme Menüler” konusunutekrar gözden geçir<strong>in</strong>iz.9. c Yan›t›n›z yanl›fl ise “Draw Çekme Menüsü” konusunutekrar gözden geçir<strong>in</strong>iz.10. b Yan›t›n›z yanl›fl ise “File Çekme Menüsü” konusunutekrar gözden geçir<strong>in</strong>iz.S›ra Sizde Yan›t Anahtar›S›ra Sizde 1CAD sistem<strong>in</strong><strong>in</strong> yararlar›• Çizimlerde daha kolay ve h›zl› de¤ifliklik• Tasar›m hassasiyet<strong>in</strong><strong>in</strong> artmas›• Çeflitli ölçeklerde h›zl› çizim imkan›• Daha çok tasar›m seçene¤<strong>in</strong>i deneyebilme• Tasarlanan ürünü görsel olarak daha iyi anlama• Geometrik özellikler<strong>in</strong> kolay hesab›• Ka¤›t kullanman›n yaratt›¤› sorun ve riskler<strong>in</strong> azalmas›• Teknik doküman kalites<strong>in</strong><strong>in</strong> yükselmesi• De¤ifliklikler<strong>in</strong> daha kolay yer<strong>in</strong>e getirilebilmesidir.S›ra Sizde 2DWG AutoCAD çizim format›n›n uzant› biçimidir. AutoCADprogram›n›n DWG uzant›l› çizim format›, dünyaendüstriyel çizim standard› olarak kabul edilmektedir.


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...pertanto una situazione teorica nella quale tutti i caratteri di malignità vengonoacquisiti contemporaneamente dal tumore. In realtà, la maggior parte dei tumoriesibisce una comune associazione di caratteri cl<strong>in</strong>ici e patologici fra lororispondenti o armonici, ciò che consente di mantenere nella pratica quotidiana ladist<strong>in</strong>zione <strong>in</strong>sostituibile fra malignità e benignità. Tuttavia, una progressione‛sfasata' dei caratteri tumorali è largamente possibile, come si è visto, e deve esseresempre tenuta presente dal patologo come dal cl<strong>in</strong>ico.f) Meccanismi di progressioneCirca i meccanismi <strong>del</strong>la progressione tumorale vari dati sono stati accumulati asostegno <strong>del</strong>l'ipotesi di una selezione clonale operativa nella prima come nellesuccessive fasi <strong>del</strong>lo sviluppo neoplastico (v. Prehn, 1976). Per clone si <strong>in</strong>tende lapopolazione cellulare discendente da un'unica cellula progenitrice. Si è già dettoche il processo <strong>in</strong>iziale <strong>del</strong>la cancerogenesi consiste <strong>in</strong> una modificazionepotenziale o latente sopra una larga zona di tessuto. Ma i dati suggeriscono chequesta è il risultato <strong>del</strong>l'amplificazione clonale di un'alterazione ereditabilemanifestatasi dapprima <strong>in</strong> una sola cellula. Anche le tappe successive <strong>del</strong>lacancerogenesi è verosimile che avvengano attraverso un analogo meccanismo diselezione clonale. Si ritiene <strong>in</strong>fatti che le mutazioni spontanee siano moltofrequenti nelle popolazioni di cellule tumorali. Qu<strong>in</strong>di, una popolazione cellularepremaligna o maligna non mostra di solito omogeneità genetica. Ciò comporta unaproliferazione competitiva di differenti doni cellulari dentro la stessa popolazione.Se uno di questi è provvisto di una maggior resistenza agli stimoli ambientali, o diuna più elevata velocità di accrescimento, esso può sopravanzare gli altri. In talmodo l'<strong>in</strong>dipendenza di una popolazione di cellule tumorali può progressivamenteaumentare attraverso selezioni clonali successive su base mutativa (v. Kle<strong>in</strong> eKle<strong>in</strong>, Some experiments..., 1958; v. Prehn, 1976).Un esempio visivo di questo fenomeno si ha nello studio <strong>del</strong>la progressione deitumori mammari <strong>del</strong> topo gravidico-dipendenti o placche verso stadi di crescenteautonomia. Le placche sono tumori con struttura tubulare organoide che crescono<strong>in</strong> gravidanza e spariscono dopo il parto. Quando vi si manifesta, la progressione disolito appare come un'area focale rotondeggiante di struttura diversa dentro laplacca. Dopo il parto la placca residua regredisce, ma non così l'area diprogressione focale. Per cui il corso cl<strong>in</strong>ico <strong>del</strong> tumore sarà irrevocabilmentemodificato, dipendendo ora dal potenziale di accrescimento e dal livello didifferenziazione cellulare <strong>del</strong> focolaio di progressione (v. Foulds, The histologicanalysis... II, 1956; v. Squart<strong>in</strong>i e Rossi, 1959; v. Squart<strong>in</strong>i, 1966).In certi casi la progressione tumorale potrebbe essere dovuta a perdita di taluniisoantigeni da parte <strong>del</strong>le cellule neoplastiche, oppure ad acquisita resistenza diqueste verso l'azione di isoanticorpi specifici (v. Kle<strong>in</strong> e Kle<strong>in</strong>, Some experiments...,1958). In conclusione, e senza entrare nei particolari di altri meccanismi possibili,la progressione dei tumori è il risultato di modificazioni cellulari successive le qual<strong>in</strong>on seguono sempre o necessariamente la stessa strada, ma possono viaggiarelungo vie diverse che conducono allo stesso risultato f<strong>in</strong>ale, la neoplasia,divergendo però circa i meccanismi citologici di dettaglio (v. Kle<strong>in</strong> e Kle<strong>in</strong>, Asystem..., 1958).g) Notazioni criticheLa progressione tumorale, un concetto come si vede solidamente fondato ecostruito <strong>in</strong> 40 anni di osservazioni ed esperienze, non è tuttavia risparmiata danotazioni critiche che preludono, su basi sperimentali, a ipotesi alternative.Recentemente, per spiegare la lunga durata <strong>del</strong>la malattia neoplastica, è statoproposto che le cellule trasformate siano <strong>in</strong>ibite nel loro accrescimento dalle cellulenormali contigue, per cui lo sviluppo tumorale sarebbe procrast<strong>in</strong>ato a quando l'etào eventuali fattori promoventi riducono <strong>in</strong> maniera assoluta o relativa lapopolazione cellulare limitrofa normale consentendo alle cellule trasformate, senzanecessità per esse di ulteriori mutazioni, di sfuggire al controllo e così realizzare dal‛tumore potenziale' la malattia neoplastica reale (v. Nandi, 1978).10. Diffusione metastatica28 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...e le vene polmonari si <strong>in</strong>caricano qu<strong>in</strong>di di raccoglierlo scaricandolo nel cuores<strong>in</strong>istro. Le reti capillari, a causa <strong>del</strong>le piccole dimensioni dei lumi capillari(<strong>in</strong>torno a 10µ), funzionano da filtri per eventuali contenuti solidi (emboli) <strong>del</strong>sangue: quelle dei s<strong>in</strong>goli organi per il sangue dest<strong>in</strong>ato all'organo, quelle deipolmoni per il sangue refluo attraverso le vene da tutti gli organi. Il sangue refluodal tubo digerente (stomaco, <strong>in</strong>test<strong>in</strong>o, pancreas) e dalla milza ha un doppio filtrocapillare <strong>in</strong>terposto sul suo camm<strong>in</strong>o, poiché la vena porta lo conduce al fegato ealla sua rete capillare (filtro epatico) e le vene epatiche lo conducono di qui al cuoredestro e al polmone.Per l'arresto di cellule o tessuti circolanti il problema è di sapere se questo èregolato da fattori meccanici (v. Walther, 1948; v. Consolandi, 1949), secondo leleggi <strong>del</strong>la circolazione e <strong>del</strong>l'embolia, o da fattori prevalentemente biologici (v.Willis, 1952, 1967 4 , 1973 3 ), secondo predilezioni particolari dei tumori donatori e/oidoneità differenziali degli organi e tessuti riceventi. L'importanza, o laprem<strong>in</strong>enza, <strong>del</strong>la teoria ‛meccanica' è stata ripetutamente illustrata e sottol<strong>in</strong>eata(v. Consolandi, 1950 e 1951; v. Coman, 1953), ma sempre più peso ha assunto <strong>in</strong>tempi recenti la teoria ‛biologica' <strong>del</strong>la distribuzione metastatica, <strong>in</strong> particolaredopo la dimostrazione sperimentale <strong>del</strong> passaggio diretto di emboli neoplasticiattraverso il filtro capillare polmonare (v. Zeidman, 1957) o altri territori capillari(v. Korpassy, 1956; v. Korpassy e altri, 1958), dopo le prove che <strong>in</strong> condizionisperimentali identiche tumori diversi sviluppano mo<strong>del</strong>li di distribuzionemetastatica diversi (v. Schmähl e Rieseberg, 1958; v. Schmähl, 1959), especialmente dopo la sistematica documentazione <strong>del</strong>la presenza di celluleneoplastiche circolanti, isolate o aggregate, nel sangue periferico (v. Engell, 1955; v.Pruitt e altri, 1958).Tuttavia, la quantità nettamente maggiore di cellule e ammassi di celluleneoplastiche nel sangue regionale rispetto al periferico (v. Potter e altri, 1960), ladocumentazione <strong>del</strong>la elevata efficienza filtrante <strong>del</strong> fegato per le cellule tumoralicircolanti (v. Fletcher e Stewart, 1959), e gli studi attuali sulle caratteristicheangioarchitettoniche dei vari territori di irrorazione con la dimostrazione deifrequenti corto-circuiti artero-venosi d'organo (v. Bucciante, 1960; v. Semisch,1959), hanno ricondotto anche di recente l'accento sull'importanza di alcuni fattoriemod<strong>in</strong>amici nella distribuzione metastatica dei tumori (v. Wieberd<strong>in</strong>k, 1957; v.Gabler e Peckholz, 1960).Come non tutte le cellule tumorali circolanti si arrestano nei filtri capillari<strong>in</strong>terposti sul loro camm<strong>in</strong>o, così non tutte le cellule arrestate <strong>in</strong> un dato distrettosopravvivono (v. Engell, 1959; v. Baserga e altri, 1960) e non tutte le cellulesopravvissute producono metastasi, poiché possono rimanere a lungo latenti senzaproliferare (v. Willis, 1952 e 1967 4 ), o produrre trombi neoplastici privi di ulterioreevoluzione nel senso di metastasi (v. Baserga e Saffiotti, 1955). L'impianto e losviluppo di tumori secondari da cellule neoplastiche circolanti nell'organismo(qualunque sia la via) e arrestatesi <strong>in</strong> un punto, rimane pertanto la fase menoconosciuta <strong>del</strong>la metastatizzazione, ma é <strong>in</strong>tuitivo che specialmente <strong>in</strong> questa fasegrande importanza debbano avere i fattori biologici <strong>del</strong>l'idoneità <strong>del</strong> terreno e<strong>del</strong>l'organospecificità (v. Squart<strong>in</strong>i e altri, 1968).c) Distribuzione <strong>del</strong>le metastasi al tavolo anatomicoIl patologo, che al tavolo anatomico ha l'opportunità di registrare i fatti <strong>del</strong>ladiffusione metastatica <strong>in</strong> ciascun caso di tumore maligno, è più di ogni altroconsapevole di quanto sia difficile armonizzare le s<strong>in</strong>gole osservazioni sopra uncosì complesso fenomeno biologico, e di come sia impossibile costr<strong>in</strong>gere i fattiosservati entro schemi troppo rigidi. Con il progresso <strong>del</strong>le conoscenze, il materialeautoptico rimane il test naturale di ogni nuova <strong>in</strong>terpretazione o ipotesi a riguardo.Nella tab. IV sono riassunti i dati di un'ampia <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e personale illustranti lasituazione <strong>del</strong>la diffusione metastatica relativa a 730 neoplasie maligne osservate aPerugia nel corso di 717 autopsie consecutive per tumori maligni (v. Squart<strong>in</strong>i ealtri, 1968). Al primo posto, dopo i l<strong>in</strong>fonodi, come sede di metastasi e il fegato con187 casi, seguito dai polmoni con 112, dai reni, dai surreni e dalle ossa. Tali valor<strong>in</strong>on si discostano sensibilmente, con rare e spiegabili eccezioni, da quelli rilevati <strong>in</strong>altre serie autoptiche (v. Willis, 1952, 1967 4 e 1973 3 ; v. P<strong>in</strong>gitore, 1972; v. Meissner30 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...e Warren, 1974 2 ) e costituiscono perciò un campione rappresentativo <strong>del</strong>ladiffusione metastatica dei tumori maligni al tavolo anatomico. Il campione riflette,s<strong>in</strong>teticamente, la complessità <strong>del</strong> fenomeno <strong>in</strong> esame e ne chiarisce meglio di ognicommento il grado di libertà biologica.Tabella 4Vi sono tumori (come i cancri mammari) i quali, pur non essendo <strong>in</strong> posizioneprivilegiata rispetto al circolo sanguigno, metastatizzano con frequenza<strong>in</strong>teressando un'ampia gamma di sedi, mentre ve ne sono altri i qualimetastatizzano di rado e solo nelle sedi più tradizionali. Una favorevole ubicazionedei tumori primari nel circolo sanguigno conduce, ovviamente, a un aumento <strong>del</strong>laloro attitud<strong>in</strong>e alla metastatizzazione attraverso questa via: su 61 carc<strong>in</strong>omi <strong>del</strong>polmone con metastasi (affacciati senza <strong>in</strong>terposizione di filtri al circolo generale)vi sono 63 localizzazioni metastatiche (una per tumore <strong>in</strong> media) <strong>in</strong> organi diversida l<strong>in</strong>fonodi, fegato e polmoni; su 191 carc<strong>in</strong>omi con metastasi ubicati <strong>in</strong> distrettitributari <strong>del</strong>le vene cave (cioè separati dal circolo generale per l'<strong>in</strong>terposizione <strong>del</strong>filtro polmonare) il numero di metastasi osservate all'<strong>in</strong>fuori dei l<strong>in</strong>fonodi, fegato epolmoni è 88 (0,5 per tumore); su 188 cancri con metastasi situati <strong>in</strong> regioni<strong>del</strong>l'apparato digerente che sono tributarie <strong>del</strong>la vena porta (<strong>in</strong> svantaggio anchemaggiore rispetto ai precedenti, poiché gli eventuali emboli neoplastici debbonosuperare due filtri per raggiungere il circolo generale) le metastasi, esclusi gliorgani già detti, sono 63 (0,3 per tumore).d) Fattori che <strong>in</strong>fluenzano la metastatizzazioneLa prem<strong>in</strong>enza dei grandi filtri capillari (fegato e polmoni) quali sedi di metastasi èevidente. Anche la loro importanza come punti di arresto degli emboli o <strong>del</strong>lecellule neoplastiche circolanti appare <strong>in</strong> certo grado confermata da quanto dettosopra e dai dati seguenti: su 188 carc<strong>in</strong>omi <strong>del</strong>l'apparato digerente, tributari <strong>del</strong>circolo portale, con metastasi riscontrate al tavolo anatomico, 100 (53%) avevanometastasi epatiche, mentre su 191 carc<strong>in</strong>omi di altre sedi, tributari <strong>del</strong>le due venecave, con metastasi riscontrate al tavolo anatomico, solo 47 (24%) avevanometastasi epatiche; reciprocamente, nei primi le metastasi polmonari erano 27(14%), nei secondi 48 (25%).Ma se si considerano le dimensioni degli organi colpiti, per esempio dividendo ilnumero di metastasi osservate <strong>in</strong> ciascun organo per il suo peso medio <strong>in</strong> grammi,la graduatoria di frequenza <strong>del</strong>le localizzazioni metastatiche quasi si capovolge e ilfegato o i polmoni arretrano verso gli ultimi posti.Una graduatoria così elaborata vedrebbe <strong>in</strong>fatti al primo posto l'ipofisi con un<strong>in</strong>dice di 5, seguita nell'ord<strong>in</strong>e da surreni (3,8), ovaie (0,5), tiroide (0,4), men<strong>in</strong>gi(0,2), reni (0,2), pancreas (0,16), fegato (0,13), polmoni (0,13), milza (0,09), utero(0,08), cuore (0,07), testicoli (0,04), cervello (0,01), ecc. Colpisce, fra le altre cose,<strong>in</strong> questa graduatoria la presenza di quattro ghiandole endocr<strong>in</strong>e ai primi quattroposti.Altro fatto evidente è la netta predilezione di alcuni tumori per particolari terrenidi metastatizzazione. Delle 42 metastasi nei surreni complessivamente osservate,19 (45%) appartengono a cancri <strong>del</strong> polmone, i quali costituiscono poco più <strong>del</strong>10% <strong>del</strong> materiale esam<strong>in</strong>ato. Su 7 metastasi ovariche osservate, 4 riguardano ilcancro <strong>del</strong>lo stomaco. Queste predilezioni si possono spiegare solo <strong>in</strong> parte con lasituazione dei tumori primitivi rispetto al circolo sanguigno, o con peculiari vie dimetastatizzazione. Del resto, la possibilità di selezionare da un tumore cellule conspecificità di sede <strong>del</strong>l'impianto metastatico è stata affrontata e <strong>in</strong> certa misuradimostrata dalla patologia sperimentale (v. Stansly e Sato, 1978).L'<strong>in</strong>tensità e l'ampiezza <strong>del</strong>la diffusione metastatica dipendono <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e <strong>in</strong> largamisura anche dal tipo <strong>del</strong> tumore primario. I melanomi mostrano il più alto <strong>in</strong>dicedi metastatizzazione (24 metastasi per 4 tumori) e una diffusione pressochéubiquitaria (14 localizzazioni), seguiti dai sarcomi e poi dai carc<strong>in</strong>omi, tra i quali itumori <strong>del</strong>la mammella e <strong>del</strong> polmone occupano, come già si è detto, i primi postiper tali caratteri.Le considerazioni svolte richiamano l'attenzione sulla molteplicità dei fattori di31 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...<strong>in</strong>teresse per la metastatizzazione dei tumori. I dati presentati sottol<strong>in</strong>eano <strong>in</strong>fattiequamente, <strong>in</strong> armonia con la fioritura di risultati sperimentali, l'importanzameccanica dei filtri, l'importanza quantitativa <strong>del</strong>l'irrorazione di organi e tessuti,l'importanza biologica <strong>del</strong> terreno e, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, l'importanza <strong>del</strong> tumore primario nellostabilire se, dove e quando si realizzerà nell'ospite una ripetizione metastatica adistanza (v. Squart<strong>in</strong>i e altri, 1968).Tali fenomeni sono tuttora al vaglio <strong>del</strong>la ricerca per una <strong>del</strong>ucidazione deimeccanismi causali. L'impatto degli ormoni, <strong>del</strong>le medic<strong>in</strong>e, degli antigeni tumoralie dei fattori immunitari sulla diffusione metastatica, come quello <strong>del</strong>lacomposizione chimica <strong>del</strong>le sostanze fondamentali dei tessuti riceventisull'attecchimento metastatico, sono argomenti attuali di studio, i quali allargano leprospettive di <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e e forse schiudono la via a possibili tentativi terapeutici <strong>del</strong>lametastatizzazione tumorale (v. Stansly e Sato, 1978).11. Manifestazioni cl<strong>in</strong>iche, problemi di diagnosi e di prognosia) Durata cl<strong>in</strong>icaPer alcuni tumori, come quelli cutanei o di siti facilmente accessibili ed esplorabili(per es. la cervice uter<strong>in</strong>a), la fase cl<strong>in</strong>ica può abbracciare, <strong>in</strong> situazioni ideali, quasil'<strong>in</strong>tero arco <strong>del</strong>la malattia neoplastica. Ma nella maggior parte dei casi questa èlimitata ancora oggi al tardo periodo <strong>del</strong>la malignità e da ciò deriva la sua duratageneralmente breve, la frustrazione <strong>del</strong> medico e il prevedibile <strong>in</strong>successoterapeutico. I tumori maligni non trattati uccidono il 75% dei pazienti entro unperiodo che oscilla fra i 14 mesi per il cancro <strong>del</strong>l'esofago e i 46 mesi per il cancro<strong>del</strong>la mammella (v. Foulds, 1969). Ma vi sono moltissime eccezioni. Talora ildecorso è sorprendentemente protratto (v. Shimk<strong>in</strong>, 1951); altre volte èparticolarmente breve. La sopravvivenza dei tumori dopo trattamento <strong>in</strong>completo èpure variabile e imprevedibile, come <strong>del</strong> resto lo sono i risultati <strong>del</strong> trattamento neis<strong>in</strong>goli casi. Ciò ha condotto i cl<strong>in</strong>ici a dist<strong>in</strong>guere empiricamente fra cancri ‛buoni'e ‛cattivi', cioè ‛curabili' e ‛non curabili', attributi cui la ricerca biologica cerca ditrovare una base che potrebbe risiedere anche <strong>in</strong> una diversa modalità diprogressione (v. Foulds, 1969).b) Comportamenti particolariAlla base <strong>del</strong>la fatalità dei tumori maligni <strong>in</strong> fase cl<strong>in</strong>ica, sta un comportamentoprogressivo e irreversibile che tuttavia può avere le sue eccezioni, rappresentate daitumori occulti, dai tumori latenti, dai tumori dormienti e dai tumori cheregrediscono. I ‛tumori occulti' sono quelli che si rivelano cl<strong>in</strong>icamente per le lorometastasi essendo il focolaio primario piccolo o addirittura microscopico. Ciò puòaccadere <strong>in</strong> ogni organo, ma è comune per i carc<strong>in</strong>omi papillari <strong>del</strong>la tiroide i cuipazienti spesso si rivolgono al medico per una metastasi palpabile <strong>in</strong> un l<strong>in</strong>fonodolaterocervicale (v. Squart<strong>in</strong>i e Severi, 1964). I ‛tumori latenti' si identificano conquei foci di carc<strong>in</strong>omi <strong>in</strong>sospettati che non raramente si riscontrano all'autopsianella prostata, o <strong>in</strong> altre sedi, <strong>in</strong> soggetti cl<strong>in</strong>icamente esenti da neoplasie (v.Franks, 1956). Di questi, come <strong>del</strong>l'eccezionale regressione spontanea <strong>del</strong>leneoplasie maligne (v. AA.VV., Spontaneous regression..., 1976), si è già parlato. Ilconcetto di ‛tumori dormienti' si riferisce <strong>in</strong>vece alle recidive locali o metastatiche adistanza di tempo eccezionale dalla rimozione <strong>del</strong> tumore primario, come 10-15anni o addirittura più, f<strong>in</strong>o a 40-50 anni. Questo stato dormiente <strong>del</strong>le celluletumorali, <strong>del</strong> quale la ricerca biologica sta tuttora esplorando i possibili motivi, ètuttavia anch'esso evento raro, a livello di eccezione.c) Fattori morfologici di prognosiIn genere, dopo la rimozione chirurgica, seguita o meno da terapia radiante o dachemioterapia, le recidive si manifestano nel giro dei primi 5 anni o al massimoentro 10 anni. Vi sono vari elementi anatomocl<strong>in</strong>ici e istologici che guidano allaprognosi e alla terapia. Fra questi sono più importanti il livello di <strong>in</strong>filtrazione o didiffusione locale <strong>del</strong> tumore, la presenza di metastasi nei l<strong>in</strong>fonodi regionali, lareazione l<strong>in</strong>fatica e <strong>in</strong>fiammatoria attorno alla neoplasia, lo stato <strong>del</strong> connettivo, ilgrado di malignità citologica e istologica, l'istotipo tumorale (v. Staquet, 1975; v.32 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...Fisher e altri, 1975). Purtroppo il livello di guarigioni da cura <strong>del</strong>le neoplasiemaligne non è ancora soddisfacente e spesso accade che il tumore sia troppoavanzato per essere sottoposto a terapie chirurgiche radicali.d) Diagnosi precoceDa ciò discende la necessità di una diagnosi precoce che non può ottenersi con imezzi tradizionali. Questi si basano sulla presenza <strong>del</strong> tumore come massaabnorme che provoca disturbi (da compressione, <strong>in</strong>filtrazione, ostruzione) ed èidentificabile con vari metodi obiettivi, dalla palpazione, alla dimostrazioneradiologica o sc<strong>in</strong>tigrafica. Ma a questa fase <strong>del</strong>la neoplasia maligna ben raramentele terapie sono efficaci. La ricerca dei segni precoci di neoplasia già da tempo si èperciò <strong>in</strong>dirizzata per altre vie rivolte alla identificazione di cellule atipicheelim<strong>in</strong>ate nei liquidi organici e nelle secrezioni e di prodotti precoci <strong>del</strong>metabolismo tumorale o di antigeni tumorali, che potrebbero rappresentare utilicontrassegni precoci morfologici o biologici <strong>del</strong>la presenza di una neoplasia.e) S<strong>in</strong>dromi paraneoplasticheÈ noto che le cellule neoplastiche oltre a moltiplicarsi svolgono attività piùsquisitamente metaboliche che possono dar luogo a produzione di sostanze osecrezioni. Queste sostanze anzi sono talora responsabili di s<strong>in</strong>tomi precoci e pococonosciuti <strong>del</strong>la neoplasia <strong>in</strong> sviluppo, noti col nome di ‛s<strong>in</strong>dromiparaneoplastiche'. Per s<strong>in</strong>dromi paraneoplastiche si <strong>in</strong>tendono quellemanifestazioni cl<strong>in</strong>iche legate alla presenza di un tumore ma non direttamenteimputabili ai fenomeni ostruttivi o <strong>in</strong>vasivi <strong>del</strong>la massa tumorale o <strong>del</strong>le metastasi,che regrediscono con la rimozione o la cura <strong>del</strong> tumore. Si tratta <strong>in</strong> genere dimanifestazioni dolorose neurologiche, muscolari, osteoarticolari, oppure dimanifestazioni endocr<strong>in</strong>e e dismetaboliche, cutanee, ematologiche, cardiovascolari,dovute più spesso a tumori <strong>del</strong> polmone, a l<strong>in</strong>fomi, a tumori <strong>del</strong> rene, ma presentianche <strong>in</strong> altri tumori viscerali (v. Greenberg e altri, 1964). Benché non moltofrequenti, è importante sottol<strong>in</strong>eare che le s<strong>in</strong>dromi paraneoplastiche sono spessola prima e unica manifestazione <strong>del</strong>la malattia, per cui su questa base un medicoattento potrebbe <strong>in</strong> certi casi fondare una diagnosi precoce. Il paradosso di questes<strong>in</strong>dromi sta tuttavia nel fatto che mentre <strong>in</strong> alcuni casi possono rivelare un tumoreocculto, altre volte assumono un ruolo di primo piano tanto da mascherare ifenomeni relativi alla neoplasia di cui sono emanazione, conducendo <strong>del</strong> tutto fuoristrada (v. Anglesio, 1973).f) Marcatori biologici e morfologiciNumerose <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i recenti hanno tentato di rendere più concreta e razionale laricerca dei marcatori biologici precoci dei tumori. E stata così identificata una seriedi prodotti e neoantigeni <strong>del</strong>le cellule tumorali nel siero o nelle ur<strong>in</strong>e di pazientiportatori, quali l'antigene carc<strong>in</strong>o-embrionale (CEA = carc<strong>in</strong>oembryonic antigen)particolarmente nei soggetti portatori di cancro <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale (v. i contributi di Gold eFreedman, 1965; v. Zamcheck e altri, 1972; v. immunologia e immunopatologia:Malattie immunoproliferative), ma anche <strong>in</strong> altri tipi di cancro (v. Chu e Nemoto,1973); la case<strong>in</strong>a <strong>in</strong> donne con cancro mammario (v. Hendrick e Franchimont,1974); l'idrossiprol<strong>in</strong>a, particolarmente per la diagnosi precoce e il controllosuccessivo <strong>del</strong>le metastasi (v. Bondy e altri, 1974), ecc. L'antigenecarc<strong>in</strong>oembrionale, che fu il primo marcatore biologico identificato, suscitò moltesperanze, oggi purtroppo ridimensionate. Si tratta di antigeni normalmentepresenti negli organi fetali (donde il nome di embrionali) che ricompaiono nellecellule sdifferenziate <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>oma. Sfortunatamente, le possibilità di dimostrarl<strong>in</strong>ei soggetti con tumori si sono rivelate direttamente proporzionali alle dimensioni<strong>del</strong> tumore, per cui la positività è scarsa nelle lesioni piccole e <strong>in</strong>iziali. Con ciò vienemeno l'<strong>in</strong>teresse a questo test per una diagnosi precoce, mentre esso sembra oggipiù utile per valutare la prognosi, la radicalità <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>tervento chirurgico, e lacomparsa di recidive o di metastasi a questo conseguenti (v. Dhar e altri, 1972; v.Robb<strong>in</strong>s, 1974).I mezzi citologici di diagnosi precoce <strong>del</strong> cancro, <strong>in</strong>iziati con lo studio degli striscivag<strong>in</strong>ali e poi applicati a tutti i liquidi e secrezioni organiche (espettorati, ur<strong>in</strong>e,33 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...secrezione gastrica, ecc.), sono <strong>in</strong> uso già da molto tempo (v. Koss, 1968 2 ) per cuise ne possono valutare i risultati a distanza. Nel carc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong>la cervice uter<strong>in</strong>a lostriscio vag<strong>in</strong>ale consente di seguire a livello citologico la progressione tumorale, ela sua applicazione su larga scala a donne che volontariamente e periodicamente sisottopongono all'esame ha portato, attraverso diagnosi precoci e <strong>in</strong>terventi limitati,a una riduzione sensibile e talora drammatica dei carc<strong>in</strong>omi cervicali <strong>in</strong>vasivi nelmateriale cl<strong>in</strong>ico e qu<strong>in</strong>di <strong>del</strong>la mortalità per questo carc<strong>in</strong>oma (v. Dunn, 1958; v.Boyes e altri, 1962). Vi è qu<strong>in</strong>di chi prevede, per tale via, la scomparsa di certi tipidi cancro come causa di morte, ma subentrano problemi di costi sociali per orairrisolvibili e neppure mancano note di scetticismo (v. Spriggs, 1972) circa le viteche <strong>in</strong> tal modo effettivamente possono essere salvate. Ciò probabilmente è <strong>in</strong>rapporto al fatto che la progressione dei tumori non sempre è graduale, ma puòavvenire anche per salti improvvisi e i tumori a <strong>in</strong>sorgenza più rapida sono spessoanche quelli a più rapida e maligna evoluzione (v. Foulds, 1975).12. Stato attuale <strong>del</strong>la terapiaLa terapia di elezione <strong>in</strong> tutti i casi di tumori maligni localizzati che si possonoasportare rimane l'<strong>in</strong>tervento chirurgico coadiuvato dalla radioterapia, la qualerappresenta anche un'alternativa all'<strong>in</strong>tervento chirurgico stesso nel caso di tumorilocalizzati che non si possono asportare radicalmente. Queste terapie vengonopertanto ancora oggi impiegate nella cura <strong>del</strong>la maggior parte dei tumori, quali leneoplasie <strong>del</strong> tubo digerente (stomaco, <strong>in</strong>test<strong>in</strong>o, esofago), <strong>del</strong>l'apparatorespiratorio (lar<strong>in</strong>ge, bronchi, polmoni), <strong>del</strong>l'apparato genitale (mammella, utero,prostata, testicoli, ovaie), <strong>del</strong> sistema nervoso, ecc.È tuttavia evidente dai risultati che queste terapie sono decisamente <strong>in</strong>sufficienti aibisogni. L'esperienza basata su 20 anni di trattamento <strong>del</strong> cancro mammario hacondotto a concludere che le pazienti possono essere separate <strong>in</strong> tre gruppi: il 45%di esse muoiono qualunque sia il trattamento che ricevono, il 45% sopravvivonoqualunque sia il trattamento che ricevono (se cioè più o meno radicale) e solo ilrimanente 10% mostrano di essere <strong>in</strong>fluenzate nel decorso <strong>del</strong>la malattia daltrattamento che ricevono (v. Atk<strong>in</strong>s, 1969; v. Handley, 1972; v. Foulds, 1975).Nel caso di tumori sistemici, come sono ad esempio le leucemie e i l<strong>in</strong>fomi, oquando i tumori localizzati si diffondono attraverso gli impianti metastatici adistanza, le terapie suddette non sono ulteriormente utilizzabili e subentra cosìl'esigenza di altre terapie (v. chemioterapia ant<strong>in</strong>eoplastica).a) ChemioterapiaLa ricerca di farmaci efficaci contro i tumori ha orig<strong>in</strong>i lontane, ma solo negli ultimidue decenni ha conseguito, con impostazioni più razionali, risultati apprezzabili,seppure nel complesso ancora modesti. Sono stati s<strong>in</strong>tetizzati farmaci rivelatisi util<strong>in</strong>el prolungare la sopravvivenza <strong>in</strong> certi tipi di neoplasie umane. Sono statesperimentate con successo procedure di trattamenti comb<strong>in</strong>ati, cioè conassociazioni di più farmaci. Per tumori particolari, come il l<strong>in</strong>foma di Burkitt e ilcorionepitelioma, sono state talora segnalate addirittura guarigioni, probabilmentedovute però a particolari situazioni immunologiche (v. Burkitt e Wright, 1970; v.Bagshawe, 1969). La chemioterapia, divenuta così <strong>in</strong> pochi anni la pr<strong>in</strong>cipalerisorsa terapeutica nelle leucemie, si pone come valida alternativa alla radioterapianelle varie forme di l<strong>in</strong>foma, e il suo uso si va estendendo ogni giorno di più cometrattamento secondario di copertura, dopo l'<strong>in</strong>tervento chirurgico, o cometrattamento primario, quando le neoplasie sono <strong>in</strong>operabili e diffuse, nella maggiorparte dei tumori solidi comuni, quali il cancro <strong>del</strong>la mammella, <strong>del</strong>lo stomaco, <strong>del</strong>polmone, ecc. (v. Stock, 1978).Per la selezione e la prova di agenti chimici con azione ant<strong>in</strong>eoplastica ci si serveampiamente, prima <strong>del</strong>la sperimentazione cl<strong>in</strong>ica, di mo<strong>del</strong>li sperimentali ditumori prevalentemente rappresentati da tumori trapiantabili nei comuni animalidi laboratorio (leucemia mur<strong>in</strong>a, tumore ascite di Ehrlich <strong>del</strong> topo, tumore diWalker <strong>del</strong> ratto, ecc.; v. Schnitzer e Hawk<strong>in</strong>g, 1966). Purtroppo, per le neoplasieumane più comuni, che sono i carc<strong>in</strong>omi derivati da epiteli ghiandolari, non sidispone di mo<strong>del</strong>li sperimentali adatti. Si sta perciò tentando il saggio diretto dei34 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...farmaci su tumori umani trapiantati <strong>in</strong> animali resi tolleranti medianteimmunosoppressione (v. Cobb, 1972; v. Berenbaum e Sheard, 1972). I test <strong>in</strong> vitro,che al momento non sono ritenuti sostituti adeguati <strong>del</strong>la sperimentazione <strong>in</strong> vivo,avranno prevedibilmente largo sviluppo <strong>in</strong> futuro (v. Hudson, 1972). Prima <strong>del</strong>leprove cl<strong>in</strong>iche sui pazienti, i farmaci dimostratisi attivi e maneggevoli nei saggisperimentali sono naturalmente sottoposti ad accurate <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i tossicologiche efarmacologiche (v. Stock, 1978).b) Agenti chemioterapiciI farmaci antiblastici più comunemente usati comprendono gli agenti alchilanti, gliantimetaboliti, gli antibiotici, prodotti vegetali e alcuni enzimi, seguiti da unamiscellanea di agenti diversi.Gli agenti alchilanti utilizzati <strong>in</strong> terapia appartengono <strong>in</strong> prevalenza alleN-aloetilamm<strong>in</strong>e o mostarde azotate, alle etileneimm<strong>in</strong>e, alle epossidi e agli esteri<strong>del</strong>l'acido sulfonico. Questo gruppo di farmaci comprende, oltre alla mostardaazotata, il BCNU (bis-cloroetilnitrosourea), il CCNU (doroetilcicloexilnitrosourea),il clorambucil, la ciclofosfammide, il melfalan, il merofan, il degranol e il tiotepa (v.Stock, 1978).Gli antimetaboliti di maggiore uso comprendono il metotrexate, il 5-fluorouracile,la 6-mercaptopur<strong>in</strong>a, la 6-tioguan<strong>in</strong>a e la citos<strong>in</strong>a-arab<strong>in</strong>oside. Gli antibiotici piùattivi contro le neoplasie, prodotti da varie specie di streptomyces, comprendonol'act<strong>in</strong>omic<strong>in</strong>a D, l'adriamic<strong>in</strong>a, la daunomic<strong>in</strong>a, la rubidomic<strong>in</strong>a, la mitramic<strong>in</strong>a ela streptozotoc<strong>in</strong>a. Ai prodotti vegetali ant<strong>in</strong>eoplastici appartengono gli alcaloidi<strong>del</strong>la V<strong>in</strong>ca, farmacologicamente noti come v<strong>in</strong>blast<strong>in</strong>a e v<strong>in</strong>crist<strong>in</strong>a. Fra gli enzimicon proprietà ant<strong>in</strong>eoplastiche sono da ricordare la L-asparag<strong>in</strong>asi e lacarbossipeptidasi (v. Stock, 1978).c) Meccanismi di azioneGli agenti alchilanti sono nucleofili e capaci di <strong>in</strong>teragire con molti costituenticellulari (v. Ross, 1962). L'attività ant<strong>in</strong>eoplastica sembra comunqueprevalentemente dovuta alla loro <strong>in</strong>terazione col DNA nucleare (v. Roberts, 1978).Alcuni agenti alchilanti <strong>in</strong>teragiscono direttamente con le macromolecole, mentrealtri debbono essere prima metabolicamente attivati. I metaboliti sono spessomolto labili e perciò talora attivi solo nel distretto <strong>in</strong> cui vengono formati. Così lamostarda azo-bromica è attiva prevalentemente contro i tumori epatici (v. Bukharie altri, 1973), il BCNU e il CCNU, mostarde azotate derivate dalla nitrosourea, sonoimpiegati nel trattamento dei tumori <strong>del</strong>l'encefalo (v. Carter e altri, 1972).Gli antimetaboliti esercitano azione citotossica o citostatica. L'azione citostaticadegli antifolici, di cui il metotrexate è il più noto esponente, si esplica attraversoun'<strong>in</strong>ibizione <strong>del</strong>l'attività <strong>del</strong>la dudrofolato-reduttasi, che impedisce latrasformazione <strong>in</strong> forma attiva <strong>del</strong>l'acido folico (v. Stock, 1978). Gli altriantimetaboliti citotossici esplicano la loro azione solo se trasformatimetabolicamente <strong>in</strong> derivati attivi. La 6-mercaptopur<strong>in</strong>a e la 6-tioguanid<strong>in</strong>a sono ipr<strong>in</strong>cipali antagonisti <strong>del</strong>le pur<strong>in</strong>e. La citos<strong>in</strong>a-arab<strong>in</strong>oside è il pr<strong>in</strong>cipaleantagonista <strong>del</strong>le pirimid<strong>in</strong>e (v. Roberts e Loehr, 1972).Gli antibiotici con effetto antiblastico agiscono <strong>in</strong>ibendo la s<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong>l'RNA o <strong>del</strong>DNA. L'act<strong>in</strong>omic<strong>in</strong>a D <strong>in</strong>ibisce selettivamente la s<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong>l'RNA DNAdipendente. Sembra che l'antibiotico legato all'acido nucleico impedisca <strong>in</strong> questocaso la progressione <strong>del</strong>l'RNA polimerasi lungo il DNA (v. Stock, 1978). Anchel'<strong>in</strong>ibizione <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong>l'RNA da parte <strong>del</strong>la mitramic<strong>in</strong>a è dovuta al legame chequesto antibiotico contrae con il DNA (v. Mihich, 1971). La daunomic<strong>in</strong>a, larubidomic<strong>in</strong>a e l'adriamic<strong>in</strong>a <strong>in</strong>ibiscono la s<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong> DNA o quella <strong>del</strong>l'RNAsecondo il sistema utilizzato (v. Bernard e altri, 1969; v. Meriwether e Bachur,1972).La v<strong>in</strong>blast<strong>in</strong>a e la v<strong>in</strong>crist<strong>in</strong>a sono, come le colchic<strong>in</strong>e e derivati, veleni <strong>del</strong>lametafase. La loro azione antimito- tica sembra essenzialmente dovuta all'<strong>in</strong>ibizione<strong>del</strong>la s<strong>in</strong>tesi degli acidi nucleici (v. Liv<strong>in</strong>gston e Carter, 1970). La L-asparag<strong>in</strong>asi èl'unica, fra le sostanze ant<strong>in</strong>eoplastiche, che sfrutta per l'azione una differenzaqualitativa fra cellule normali e neoplastiche, e precisamente la capacità <strong>del</strong>leprime e l'<strong>in</strong>capacità <strong>del</strong>le seconde di s<strong>in</strong>tetizzare l'asparag<strong>in</strong>a. Perciò grandi35 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...<strong>del</strong>le pur<strong>in</strong>e impedendo alle cellule di raggiungere, o progredire attraverso, la fase5, che è quella sensibile all'effetto pr<strong>in</strong>cipale <strong>del</strong> farmaco rappresentato appuntodalla morte cellulare per carenza tim<strong>in</strong>ica (v. Borsa e Whitmore, 1969; v. Stock,1978).e) Limiti e danni <strong>del</strong>la chemioterapiaIl pr<strong>in</strong>cipale limite alla chemioterapia dei tumori è nel fatto che non si disponeancora di farmaci ad azione selettiva sulle cellule neoplastiche, per cui si devericorrere a sostanze chimiche le quali esplicano un'elevata azione citotossica neiconfronti <strong>del</strong>le cellule normali <strong>del</strong>l'ospite. Si impone perciò sempre l'esigenza diridurre e di limitare al massimo gli effetti <strong>in</strong>desiderati, ciò che va a detrimento<strong>del</strong>l'efficacia terapeutica sulla neoplasia. Quando è possibile si può aggirarel'ostacolo ricorrendo alla perfusione regionale <strong>del</strong> farmaco, una metodica che peròè di rado applicabile, o all'immissione diretta <strong>del</strong> farmaco nella massa tumorale,ma con scarso successo.L'accesso dei farmaci al tumore è un altro problema non secondario <strong>del</strong>lachemioterapia antiblastica. La vascolarizzazione di molte neoplasie è irregolare escarsa (v. Willis, 1967 4 ) e ciò rende particolarmente difficile un'efficacepenetrazione dei farmaci entro masse neoplastiche sovente estese efrequentemente <strong>in</strong>terrotte nella loro cont<strong>in</strong>uità da focolai di necrosi, nei qualituttavia sopravvivono nidi di cellule neoplastiche.Un altro problema fondamentale, e un limite f<strong>in</strong>ora <strong>in</strong>valicabile per lachemioterapia dei tumori, è quello <strong>del</strong>la resistenza ai farmaci. Con rare eccezioni iltrattamento chemioterapico determ<strong>in</strong>a quasi sempre all'<strong>in</strong>izio una remissione disettimane o mesi, dopodichè però la neoplasia riprende a crescere mostrandoresistenza nei confronti <strong>del</strong> farmaco. Ciò rende necessario il ricorso ad altricitostatici, per i quali il fenomeno si ripete, e così gradualmente vengono preclusele possibilità di trattamento, anche perché la rosa dei farmaci disponibili è limitata.Se si riuscisse a chiarire nei suoi diversi aspetti il fenomeno <strong>del</strong>la resistenza deitumori ai farmaci e si scoprisse il modo per impedirne la comparsa, o meglio pervolgerla a favore <strong>del</strong>la terapia, non vi è dubbio che si trarrebbero enormi vantaggiper il paziente (v. Stock, 1978).Molte <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i sono state svolte <strong>in</strong> proposito e vari fattori responsabili <strong>del</strong>losviluppo di una resistenza ai farmaci sono stati <strong>in</strong>dividuati per i chemioterapicioggi <strong>in</strong> maggior uso. Una s<strong>in</strong>tesi bibliografica recente ne ricorda 10, che sono: ilridotto assorbimento, la ridotta attivazione <strong>del</strong> farmaco, l'aumento <strong>del</strong> catabolismo<strong>del</strong> farmaco, o dei suoi metaboliti, l'aumentata produzione di molecole bersaglio,l'aumento <strong>del</strong>la concentrazione <strong>in</strong>tracellulare di molecole neutralizzanti il farmaco,la ridotta sensibilità <strong>del</strong>l'enzima bersaglio, lo sviluppo di vie o siti metabolicialternativi nelle cellule neoplastiche trattate, l'aumento nella capacità riparativa<strong>del</strong>le lesioni <strong>in</strong>dotte dal farmaco e, per i trattamenti ormonali, l'alterazione <strong>del</strong>recettore (v. Stock, 1978).Il trattamento con chemioterapici, che sono particolarmente tossici per le cellule<strong>del</strong> sangue, riduce notevolmente le difese immunitarie e la competenzaimmunologica dei pazienti, rendendoli particolarmente recettivi alle <strong>in</strong>fezioni (v.Mathé, 1971). Per ridurre i pericoli sono stati proposti sistemi di isolamento deimalati, onde proteggerli dai microrganismi ambientali. Una pratica tuttavia nonseguita da tutti, perché il paziente è di per sé portatore di agenti potenzialmentepatogeni (nella flora batterica saprofitica <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale, nel cavo orale, ecc.) per cui ilrischio di contrarre un'<strong>in</strong>fezione letale non dim<strong>in</strong>uisce con l'isolamento.f) Terapia ormonaleLe leucemie e i tumori <strong>del</strong>le ghiandole endocr<strong>in</strong>e o di organi bersaglio term<strong>in</strong>ali <strong>del</strong>sistema endocr<strong>in</strong>o (mammella, utero) risentono <strong>in</strong> genere favorevolmente <strong>del</strong>trattamento con ormoni, specie nelle fasi <strong>in</strong>iziali. Nella terapia <strong>del</strong>le leucemie ègeneralizzato l'uso dei corticosteroidi (prednisone e prednisolone) per il marcatoeffetto l<strong>in</strong>focitolitico e per la generica azione ant<strong>in</strong>eoplastica che tali ormonidimostrano. Le pazienti con cancro mammario <strong>in</strong> età premenopausale vengonogeneralmente sottoposte a terapia ormonale aggiuntiva (somm<strong>in</strong>istrazione diormoni antiestrogeni come il testosterone e i progest<strong>in</strong>ici, o di corticosteroidi) e/o37 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...sottrattiva (ovariectomia, talora associata a surrenectomia per ridurre laconcentrazione ematica degli estrogeni) con validi risultati pratici e sperimentali(v. Currie e Ill<strong>in</strong>gworth, 1958; v. DeS ombre e altri, 1976). A tali terapie sonosensibili i tumori le cui cellule conservano recettori estrogenici e perciò si sonosviluppate tecniche per la dimostrazione di tali recettori nei tessuti neoplastici (v.McGuire e altri, 1975). Gli estrogeni vengono usati con successo nella terapia <strong>del</strong>carc<strong>in</strong>oma prostatico, i progest<strong>in</strong>ici nella cura <strong>del</strong> cancro metastatico<strong>del</strong>l'endometrio (v. Stoll, 1972).g) ImmunoterapiaLa capacità dei tumori di suscitare una risposta immunitaria nell'ospite e lepossibili applicazioni terapeutiche di tale fenomeno sono già state discusse oaccennate nel cap. 6. Si è già detto anche che alcuni tumori (corionepitelioma,l<strong>in</strong>foma di Burkitt, neuroblastoma, melanoma, ecc.) sono particolarmentesuscettibili di regressione spontanea o conseguente a un'<strong>in</strong>sufficientechemioterapia, con probabilità a seguito di un'efficace reazione immunitaria <strong>del</strong>paziente. Tuttavia, i tentativi effettuati nell'uomo di stimolare le risposte immuni<strong>del</strong>l'ospite contro i tumori hanno f<strong>in</strong>ora dato risultati <strong>del</strong>udenti (v. Stock, 1978). Evi sono anche problemi sperimentali ancora aperti da risolvere prima di poterprocedere a un'applicazione pratica dei pr<strong>in</strong>cipi (v. Alexander, 1978). È comunquepossibile che <strong>in</strong> futuro l'immunoterapia, specie <strong>in</strong> comb<strong>in</strong>azione con lachemioterapia, risulti utile <strong>in</strong> certi casi.F<strong>in</strong>ora si è sperimentata, con qualche risultato, la somm<strong>in</strong>istrazione diimmunostimolanti aspecifici (Corynebacterium parvum o bacillo di Calmette eGuér<strong>in</strong>, un ceppo attenuato di micobatterio <strong>del</strong>la tubercolosi) <strong>in</strong> particolari tumorisperimentali e nella leucemia umana (v. Mathé e altri, 1969; v. Powles e altri,1973). Sono stati <strong>in</strong>oltre provati l'attacco di un gruppo citotossico su anticorpiantitumorali specifici (v. Ghose e altri, 1972), allo scopo di guidare selettivamente ilchemioterapico sul bersaglio <strong>del</strong>le cellule neoplastiche, e l'autoimmunizzazionemediante cellule tumorali autologhe irradiate <strong>in</strong> pazienti con malattia neoplasticaavanzata (v. Alexander, 1978).h) ConclusioniIn conclusione la chemioterapia, valutando la generalità dei casi e non solo lefavorevoli eccezioni, ha f<strong>in</strong>ora fornito risultati assai modesti offrendosostanzialmente solo un prolungamento <strong>del</strong>la vita dei malati al prezzo di<strong>in</strong>tossicazioni e danni biologici purtroppo rilevanti (v. Sieber e Adamson, 1975).Tale terapia è dunque ancora alla ricerca di farmaci veramente efficaci, selettivi epertanto non nocivi, come di meccanismi che precludano lo sviluppo di unaresistenza ai farmaci. La terapia ormonale concede pure solo prolungamenti otemporanee remi ssioni. L'immunoterapia è <strong>in</strong> una fase ancora più sperimentale. Ilproblema cruciale <strong>del</strong>la terapia dei tumori resta perciò tuttora largamente nonrisolto e la sua quotidiana manipolazione a opera dei medici rimane a un livelloempirico che chiude ulteriori possibilità di approfondimento e discussione. Ed èlogico che sia cosi, poiché non si conoscono ancora i meccanismi <strong>del</strong>latrasformazione tumorale.Attualmente si possono però offrire a tale problema quei contributi chespeculativamente discendono dal concetto e dai pr<strong>in</strong>cipi <strong>del</strong>la progressionetumorale, elencandoli <strong>in</strong> breve qui di seguito: a) non vi è dubbio, anzitutto, che laterapia medica avrebbe raggiunto un grande risultato se riuscisse a controllare eregolare la progressione dei tumori. Tutto lascia f<strong>in</strong> qui supporre che laprogressione, sebbene forse <strong>in</strong>evitabile e <strong>in</strong>arrestabile, possa essere accelerata oritardata da stimoli vari. Il problema è di identificarli; b) il pr<strong>in</strong>cipio <strong>del</strong>laprogressione <strong>in</strong>dipendente dei caratteri tumorali suggerisce una ristrutturazione<strong>del</strong> grossolano criterio di ‛malignità', oggi considerato dai più come entità unitaria.Ciò ha i suoi riflessi pratici, perché è difficile pensare che una s<strong>in</strong>gola terapia sidimostri efficace contro tutti i caratteri tumorali (dipendenza, accrescimento,<strong>in</strong>filtrazione, metastasi, ecc.) capaci di progressione <strong>in</strong>dipendente; c) il blocco<strong>del</strong>l'accrescimento tumorale, quale si può ottenere con vari agenti chemioterapici,non previene né impedisce la progressione, la quale è <strong>in</strong>dipendente38 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...dall'accrescimento, e non è escluso che la favorisca; d) una migliore conoscenza <strong>del</strong>livello di progressione raggiunto dal tumore, mediante il perfezionamento di testbiologici e analisi morfologiche, potrebbe utilmente <strong>in</strong>dirizzare le cure; e) ilcontrollo dei tumori dipendenti, quale si può ottenere con vari mezzi, è <strong>in</strong> sé discarsa importanza pratica, perché la dipendenza da un determ<strong>in</strong>ato stimolo èevento transitorio e viene prima o poi perduta per progressione. Il problemacentrale è di mantenere dipendenti per il maggior tempo possibile i tumori che losono, non di sfruttare questo loro carattere per una temporanea cura; f) che laprogressione sia fenomeno irreversibile e <strong>in</strong>evitabile <strong>in</strong> un tumore non devescoraggiare, visto che essa può non raggiungere il suo punto d'arrivo nell'ospiteprimario e che sembra possibile, sperimentalmente, rallentarla prolungando lamalattia anche per lungo tempo; g) sul piano sperimentale, il primo suggerimentoè di dedicare gli sforzi maggiori allo studio <strong>del</strong>le possibilità di <strong>in</strong>terferirecompetitivamente, a livello genico, con i fattori che controllano la progressionetumorale. Da queste impostazioni, <strong>in</strong> mancanza per ora di conoscenze migliori,sembra giustificato attendere sviluppi più razionali per la terapia antiblastica didomani (v. Squart<strong>in</strong>i, 1964).13. Tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia e <strong>del</strong>l'adolescenzaa) Peculiarità e problemiIl panorama dei tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia, <strong>del</strong>l'età puberale e <strong>del</strong>la prima adolescenza enotoriamente molto diverso da quello consueto per gli altri periodi <strong>del</strong>la vita. Neibamb<strong>in</strong>i e negli adolescenti prevalgono i tumori cosiddetti embrionali, i teratomi,gli amartomi, i tumori degli organi emol<strong>in</strong>fopoietici, i sarcomi, mentre sono moltorari i carc<strong>in</strong>omi, che costituiscono il tipo più comune di tumore degli adulti. Leneoplasie dei primi anni di vita sollevano dunque una serie di problemi particolari,di ord<strong>in</strong>e biologico, morfologico, epidemiologico e cl<strong>in</strong>ico, che riguardano i lororapporti con l'embriogenesi, la natura e la provenienza dei fattori causali,l'istogenesi, l'identificazione e la classificazione dei diversi oncotipi, ladistribuzione nelle comunità <strong>in</strong>fantili di alcune forme a sospetta eziologia virale ela ricerca dei veicoli di un possibile contagio, l'eventuale profilassi sulle gestanti, ilcontrollo, la diagnosi e il decorso, le terapie efficaci, ecc. Questi problemiparticolari fanno dei tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia un argomento a sé nel campo <strong>del</strong>lamoderna oncologia, che richiede specializzazione non solamente al cl<strong>in</strong>ico, maanche al patologo e al biologo.b) Epidemiologia e frequenzaIn Italia, come <strong>in</strong> altri paesi a sviluppo analogo, i tumori si avviano a diventare lapr<strong>in</strong>cipale causa di morte nell'<strong>in</strong>fanzia e nell'adolescenza. Con la dim<strong>in</strong>uzione dimolte malattie <strong>in</strong>fettive che oggi si possono curare e col miglioramento <strong>del</strong>lecondizioni di vita e sanitarie generali, la frequenza relativa di decessi per tumor<strong>in</strong>ell'età <strong>in</strong>fantile e nell'adolescenza mostra un progressivo sensibile aumento. Senella prima <strong>in</strong>fanzia, e particolarmente nel primo anno di vita, tale frequenzaappare tuttora molto piccola, ciò si deve all'elevata mortalità per<strong>in</strong>atale per causevarie ancora non sufficientemente controllabili e prevenibili, ma certo dest<strong>in</strong>ate aridimensionarsi nel tempo. In realtà, il numero dei decessi per tumori è maggiorenei primi c<strong>in</strong>que anni di vita che nei quattro qu<strong>in</strong>quenni successivi. Solo fra 26 e 30anni il numero dei tumori che causano la morte torna a un livello comparabile aquello che gli compete nel primo qu<strong>in</strong>quennio. Il rapporto fra i morti per tumoriprima e dopo i 18 anni è di circa 1:50. Se però è riferito al numero totale dei decessiche si verificano per ciascuna età, tale rapporto sale a 1:2, fatta eccezione per iprimi due anni di vita a causa dei motivi detti sopra. Dal sesto anno <strong>in</strong> poi i tumorisono la seconda causa di morte nell'<strong>in</strong>fanzia e nell'adolescenza. L'<strong>in</strong>sieme dei fattiricordati dimostra che i tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia e <strong>del</strong>l'adolescenza non sono come avolte si pensa un'entità trascurabile, e il problema che essi rappresentano non è sulpiano quantitativo molto diverso da quello dei tumori nelle età successive <strong>del</strong>lavita. Di qui la necessità di non trascurarne lo studio, sotto ogni aspetto, anche seciò è difficile e richiede particolare competenza.Considerando gli apparati, gli organi o i sistemi colpiti, i tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia e39 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...<strong>del</strong>l'adolescenza mostrano notoriamente predilezioni molto diverse da quellepeculiari ai tumori <strong>del</strong>la maturità e <strong>del</strong>l'età senile. In Italia sono nettamente alprimo posto f<strong>in</strong>o a 18 anni i tumori degli organi emol<strong>in</strong>fopoietici (<strong>in</strong>cluse leleucemie) responsabili da soli di circa il 55% dei decessi per tumori. Seguono adistanza i tumori <strong>del</strong> sistema nervoso (16%) e quelli <strong>del</strong>le ossa e dei connettivi(6%). Poi tutti gli altri, fra cui le neoplasie degli apparati digerente, genitale erespiratorio responsabili complessivamente e nei due sessi di circa l'80% deidecessi per tumori <strong>in</strong> soggetti oltre i 18 anni di età. Poche e poco marcate sono alriguardo le differenze con i dati resi noti per altri paesi. Non vi è dubbio, qu<strong>in</strong>di,che le neoplasie dei bamb<strong>in</strong>i e degli adolescenti siano nettamente diverse sul pianogenetico e qualitativo da quelle degli adulti. Per approfondire l'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e <strong>in</strong> tal sensooccorre tuttavia trasferirsi dal terreno <strong>del</strong>le statistiche sui certificati di morte aquello <strong>del</strong>la patologia, considerando quei materiali che consentono lo studiomorfologico dei casi.c) Quadri di patologiaLa patologia dei tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia e <strong>del</strong>l'adolescenza offre difficoltà numerose sulpiano <strong>del</strong>la def<strong>in</strong>izione, <strong>del</strong>la classificazione, a volte pers<strong>in</strong>o <strong>del</strong> riconoscimento<strong>del</strong>le varie forme. Incerti sono talora i limiti fra malformazioni e tumori, franeoplasie congenite e acquisite, fra tumori benigni e maligni. Fra l'altro neibamb<strong>in</strong>i sono più frequenti rispetto agli adulti i tumori benigni che causano lamorte (per la sede, per l'estensione, per le complicazioni; v. Andersen, 1951). Visono ampie possibilità di errori diagnostici per chi non abbia familiarità conl'embriologia, con i problemi morfologici <strong>del</strong>lo sviluppo così mutevoli e diversi datessuto a tessuto, con la vastità <strong>del</strong>le modificazioni che ai livelli quantitativo equalitativo le cellule di un tessuto possono subire <strong>in</strong> condizioni funzionali diverse(si pensi alle cellule <strong>del</strong>la serie bianca <strong>del</strong> sangue) senza oltrepassare i conf<strong>in</strong>i <strong>del</strong>lanorma. Anche il concetto di progressione tumorale (v. Foulds, 1954) perde <strong>in</strong> certicasi ogni valore, potendosi assistere nei bamb<strong>in</strong>i alla maturazione graduale ditumori prima maligni che avevano dato metastasi (v. Fox e altri, 1959).L'impressione più viva che si ricava dal quadro generale è quella <strong>del</strong>la confluenzanell'<strong>in</strong>fanzia e nell'adolescenza di categorie di tumori fra loro molto divers<strong>in</strong>ell'orig<strong>in</strong>e, nella morfologia, nel comportamento, nelle distribuzioni e anche nellecause. I tumori cosiddetti embrionali dei primi anni, per esempio, non hanno nulla<strong>in</strong> comune con certe neoplasie <strong>del</strong>la pubertà e <strong>del</strong>l'adolescenza che preludono allapatologia tumorale degli adulti (v. Squart<strong>in</strong>i e Bolis, 1966).Articolare <strong>in</strong> una classificazione semplice e utile alla pratica categorie di tumoricosì diversi non è facile e per riuscirvi è necessario considerare, accantoall'istogenesi e al comportamento, criteri di cronologia e di frequenza <strong>del</strong>leneoplasie. Infatti, è giusto riservare il primo posto nella considerazione a queitumori, frequenti nell'<strong>in</strong>fanzia, che compaiono per primi: i tumori embrionali iquali, ord<strong>in</strong>ati <strong>in</strong> graduatoria di frequenza, comprendono i tumori dei tessut<strong>in</strong>eurali (neuroblastomi, medulloblastomi e neuroepiteliomi, ret<strong>in</strong>oblastomi, ecc.), itumori embrionali dei visceri (nefroblastomi, epatoblastomi, orchioblastomi, ecc.)e i sarcomi embrionali. Dopo i tumori embrionali appare logico considerare iteratomi (neoformazioni derivate da più foglietti embrionali), perché a essi aff<strong>in</strong>i, epoi gli amartomi (sviluppo <strong>in</strong> eccesso di una componente di un tessuto) con irelativi tumori e i tumori <strong>del</strong>le vestigia embrionali, perché tutti derivati da tessutiche hanno subito un disturbo nel corso <strong>del</strong> loro sviluppo. Sistemate così le classi d<strong>in</strong>eoplasie più tipiche <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia sul piano istogenetico, restano tutte le altre, chenon sono diverse da quelle corrispondenti degli adulti e comprendono, <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e difrequenza, i tumori dei tessuti emopoietici, quelli dei tessuti scheletrici, gli altritumori mesenchimali, i tumori <strong>del</strong>le ghiandole endocr<strong>in</strong>e e <strong>del</strong>le gonadi, e gli altritumori epiteliali derivati da tessuti non endocr<strong>in</strong>i. Questa classificazione (v. Willis,1962) ha numerosi pregi e solo trascurabili difetti.d) Curve di distribuzioneNella tab. V e nei relativi diagrammi è illustrata la distribuzione di un ampiomateriale patologico, bioptico e autoptico, da me elaborato, comprendente 579tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia e <strong>del</strong>l'adolescenza osservati a Perugia <strong>in</strong> soggetti da 0 a 16 anni40 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...e catalogati secondo il tipo istologico e l'età (v. Squart<strong>in</strong>i e Bolis, 1966; v. Severi eSquart<strong>in</strong>i, 1969). Nella distribuzione secondo il sesso (non riportata) c'èun'evidente predilezione dei tumori di derivazione mesenchimale per il sessomaschile e di quelli di orig<strong>in</strong>e epiteliale per il femm<strong>in</strong>ile, mentre i tumori piùpropriamente embrionali e assimilati sono assai equamente distribuiti fra i duesessi. La distribuzione secondo il tipo istologico e l'età è corredata da graficiesplicativi. Per analizzare le varie componenti che <strong>in</strong>tervengono nella composizione<strong>del</strong>la curva di distribuzione totale dei tumori, sono state tracciate separatamenteanche le curve di distribuzione parziali dei tumori <strong>in</strong>clusi nelle classi morfologichee istogenetiche considerate, riunite allo scopo <strong>in</strong> quattro gruppi secondo criteri diomogeneità e precisamente: a) le classi da 1 a 6 che comprendono tutti i tumoriembrionali e i teratomi accanto a poche altre forme derivate da tessuti neuralidifferenziati; b) le classi 7 e 8 che <strong>in</strong>cludono gli amartomi, i tumori da questiderivati e quelli che prendono orig<strong>in</strong>e dalle vestigia <strong>del</strong>lo sviluppo embrionale; c) leclassi da 9 a 11 che comprendono tutti i tumori dei tessuti emopoietici, ossei emesenchimali <strong>in</strong> genere; d) <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e le classi da 12 a 14 che <strong>in</strong>cludono i tumori degliorgani endocr<strong>in</strong>i, <strong>del</strong>le gonadi, <strong>del</strong>la mammella e i tumori epiteliali degli altriorgani e apparati.Tabella 5Esam<strong>in</strong>ando le curve di distribuzione di questi quattro raggruppamenti di tumorisecondo l'età si osserva che i tumori <strong>del</strong> primo e <strong>del</strong> secondo gruppo compongonotracciati regolarmente e rapidamente decrescenti con picchi di massima frequenzanel primo anno di vita, i tumori <strong>del</strong> terzo disegnano un tracciato irregolare conpicchi a 1, 4, 7 e 14 anni corrispondenti a onde di ampiezza diversa e massimanell'ultimo qu<strong>in</strong>quennio, mentre i tumori <strong>del</strong> quarto gruppo si all<strong>in</strong>eano lungo unacurva regolare ma capovolta rispetto alle prime due, con picco di massimafrequenza al sedicesimo anno.È la comb<strong>in</strong>azione di questi differenti tracciati che condiziona il caratteristicoandamento <strong>del</strong> grafico di distribuzione secondo l'età dei tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia e<strong>del</strong>l'adolescenza nel loro complesso, espresso da una curva assai regolare adandamento ellittico con concavità superiore, per due punti di massima frequenzaquasi equivalenti <strong>in</strong> corrispondenza <strong>del</strong> primo e <strong>del</strong> qu<strong>in</strong>dicesimo-sedicesimo annodi vita, separati da una profonda depressione <strong>in</strong>termedia. Nella parte centrale <strong>del</strong>lacurva, <strong>in</strong> corrispondenza cioè <strong>del</strong> periodo di m<strong>in</strong>ima frequenza dei tumori, sonoevidenti e riconoscibili alcuni picchi m<strong>in</strong>ori che deviano dall'andamento altrimentiregolare <strong>del</strong> tracciato, dovuti alle neoplasie dei tessuti emopoietici, ossei emesenchimali <strong>in</strong> genere (v. Squart<strong>in</strong>i e Bolis, 1966).e) Possibili fattori causaliSenza volere qui entrare nel merito dei problemi eziologici dei tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanziae <strong>del</strong>l'adolescenza, per parlare dei quali non si dispone di dati sufficienti, è lecitotuttavia estrarre dalle curve presentate quello che con chiarezza suggeriscono.Nell'ambito <strong>del</strong>le neoplasie <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia si possono riconoscere quattro categoriepr<strong>in</strong>cipali di tumori che appaiono fra loro <strong>in</strong>dipendenti sotto vari aspetti e per lequali è giustificato supporre anche una diversa eziologia.I tumori embrionali e i teratomi, i quali si sviluppano da tessuti <strong>in</strong>differenziati esono concentrati nel primo o nei primi anni di vita, debbono riconoscere fattoricausali che agiscono prima <strong>del</strong>la nascita disturbando e deviando <strong>in</strong> sensoneoplastico i normali processi di sviluppo e maturazione dei tessuti <strong>del</strong> feto e<strong>del</strong>l'embrione.Gli amartomi e i tumori che prendono orig<strong>in</strong>e da questi o dalle vestigia <strong>del</strong>losviluppo embrionale sono nel comportamento analoghi ai precedenti. Con quellicondividono la massima frequenza nei primi anni di vita, sebbene alcuni simanifest<strong>in</strong>o solo più tardi. Similmente a quelli debbono riconoscere fattori causaliche agiscono o prima <strong>del</strong>la nascita, ma su tessuti giunti ormai al term<strong>in</strong>e <strong>del</strong>la lorofase di maturazione causandovi uno squilibrio di rapporti quantitativi (amartomi),o anche dopo la nascita, ma su residui di tessuti mantenutisi allo stato embrionale(tumori <strong>del</strong>le vestigia embrionali).41 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...Per i tumori dei tessuti emopoietici, ossei e mesenchimali <strong>in</strong> genere, che simanifestano a ondate con numerosi picchi di frequenza corrispondenti all'<strong>in</strong>circa aiperiodi di maggiore accrescimento corporeo postnatale, sembra giustificatopensare a fattori causali di natura particolare i quali agiscono con probabilità dopola nascita sopra tessuti ai più alti livelli <strong>del</strong>la loro attività funzionale o di sviluppo.Inf<strong>in</strong>e, i tumori degli organi endocr<strong>in</strong>i, <strong>del</strong>le gonadi, <strong>del</strong>la mammella e gli altritumori epiteliali <strong>in</strong> genere, praticamente assenti nell'<strong>in</strong>fanzia e concentrati almassimo nelle età <strong>del</strong>la pubertà e <strong>del</strong>l'adolescenza, debbono riconoscere fattoricausali non diversi da quelli ai quali si attribuisce la maggiore importanza per losviluppo di tumori negli adulti, alcuni di natura ormonale, altri ambientale (v.Squart<strong>in</strong>i e Bolis, 1966).Quali siano i fattori causali dei tumori che si sviluppano nel corso <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanziarimane comunque f<strong>in</strong>o ad ora sconosciuto. La suscettibilità dei tessuti embrionali eneonatali ai cancerogeni trasmessi dalla madre o direttamente applicati (v. Shay ealtri, 1950; v. Kle<strong>in</strong>, 1952; v. Heston e Staffee, 1957; v. Kelly e O'Gara, 1961), comepure l'orig<strong>in</strong>e virale di alcune fra le neoplasie più comuni nelle prime età di vita (v.Gross, 1961 e 1970 2 ), sono fatti chiaramente dimostrati dalla patologiasperimentale. Nella patologia umana questi fatti rimangono tuttavia ancora per lamaggior parte solo stimolanti argomenti di <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e e di speculazione.14. Pr<strong>in</strong>cipali tipi di tumori maligni negli adultiNon è possibile, nè sarebbe utile agli scopi di questa trattazione, riferire su tutti itipi di tumori maligni umani. Nei paragrafi seguenti si descriveranno pertanto soloi pr<strong>in</strong>cipali e di questi i caratteri meglio adatti all'esemplificazione di problemi.a) Cancro <strong>del</strong>la mammellaLa mammella, come organo differenziato, esiste soltanto <strong>in</strong> funzione degli stimoliormonali che riceve. Sotto questo profilo essa rappresenta anzi il più tipicoesempio nell'organismo di struttura d<strong>in</strong>amica. In rapporto alla pubertà, ai ciclimestruali, alle gravidanze, agli allattamenti, quest'organo term<strong>in</strong>ale <strong>del</strong> sistemaendocr<strong>in</strong>o converte gli stimoli ormonali che riceve <strong>in</strong> strutture morfologiche e cosìaumenta l'ampiezza <strong>del</strong> suo albero ghiandolare, modifica i conf<strong>in</strong>i coi tessutilimitrofi, perfeziona la differenziazione istologica, adatta la struttura alle esigenzefunzionali (v. Squart<strong>in</strong>i e Olivi, 1962).A causa di questo d<strong>in</strong>amismo strutturale, l'albero ghiandolare mammario è fatto distrutture transitorie e permanenti, ciò che apre nuovi problemi alla cancerogenesimammaria, sconosciuti a livello di altri organi. In larga parte, ogni cellula epitelialedi una mammella a riposo è la depositaria potenziale di una complessa strutturaghiandolare. Reciprocamente, molte strutture ghiandolari di una mammellafunzionante sono completamente riassorbite <strong>in</strong> breve tempo.Ciò può spiegare la mancanza di <strong>in</strong>formazioni precise perf<strong>in</strong>o riguardo alla sede diorig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> cancro mammario. La maggior parte dei carc<strong>in</strong>omi mammari <strong>in</strong>filtrantisono usualmente ritenuti di orig<strong>in</strong>e dottale extralobulare (v. McDivitt e altri, 1968).Ma studi sul cancro mammario sperimentale e umano suggeriscono che la piùcomune sede di orig<strong>in</strong>e possa <strong>in</strong>vece essere il lobulo mammario (v. Squart<strong>in</strong>i, 1959e III Histogenesis..., 1977; v. Well<strong>in</strong>gs e altri, 1975). Indag<strong>in</strong>i recenti, basate sullostudio <strong>del</strong>le lesioni submacroscopiche nelle sezioni di mammelle umane <strong>in</strong>tere,<strong>in</strong>dicano che i focolai più precoci di carc<strong>in</strong>oma mammario sono localizzati nelleunità term<strong>in</strong>ali dottali <strong>in</strong>tralobulari (v. Well<strong>in</strong>gs e Jensen, 1973). Ciò è importante<strong>in</strong> considerazione <strong>del</strong> controllo ormonale <strong>del</strong>le strutture lobulari e può spiegareperché il cancro <strong>del</strong>la mammella è così comune nelle femm<strong>in</strong>e e così raro neimaschi, i quali raramente hanno lobuli mammari a meno che non siano sottopostiper lungo tempo a trattamento con estrogeni (v. O'Grady e McDivitt, 1969).Gli ormoni che presiedono allo sviluppo mammario sono l'estrogeno, ilprogesterone e la prolatt<strong>in</strong>a. Questa triade ormonale è <strong>in</strong> grado di produrre unpieno sviluppo <strong>del</strong>l'albero ghiandolare mammario con differenziazione lobuloalveolarenegli animali ovariectomizzati, surrenectomizzati e ipofisectomizzati (v.Cowie e Folley, 1958). Gli stessi ormoni endogeni, cioè la prolatt<strong>in</strong>a ipofisaria e glisteroidi ovarici e/o surrenali, sono strettamente implicati anche nello sviluppo <strong>del</strong>42 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...cancro mammario. L'ovariectomia precoce riduce fortemente o annulla addiritturail rischio di cancro <strong>del</strong>la mammella (v. Fe<strong>in</strong>leib, 1968). Ma vari esperimenti hannodimostrato che livelli normali di ormoni, dunque non necessariamente livelliaumentati o esagerati, sono sufficienti per la cancerogenesi mammaria (v.Bulbrook, 1971 e 1977). Inoltre, i dati raccolti da esperimenti di trapianto nel toposuggeriscono che le cellule epiteliali mammarie trasformate dall'azione dicancerogeni chimici o virali possono trovare il supporto necessario allo sviluppo<strong>del</strong>le neoplasie nell'ambiente ormonale di ospiti endocr<strong>in</strong>ologicamente normali (v.Brennan, 1975).Sul piano cl<strong>in</strong>ico è ben nota l'azione protettiva <strong>del</strong>le gravidanze e degli allattamenti(v. Severi e Squart<strong>in</strong>i, 1962), <strong>in</strong> particolare <strong>del</strong>la prima gravidanza (v. MacMahon ealtri, 1973), nei confronti <strong>del</strong> cancro mammario. Sono così stati identificati ecatalogati numerosi fattori di rischio generici predisponenti al cancro mammarioche <strong>in</strong>cludono: la nulliparità, la primiparità attempata, il mancato allattamento alseno, il menarca precoce e la menopausa tardiva (v. Tuyns, 1971; v. MacMahon ealtri, 1973). Il progressivo aumento di tali fattori di rischio nel corso di questosecolo è responsabile apparentemente <strong>del</strong> forte aumento registrato nelle frequenzedi cancro mammario dei paesi occidentali. Accanto ai fattori di rischio generici, vene sono altri più importanti, detti specifici, <strong>in</strong> quanto segnalano un alto rischiolocale di cancro. Questi comprendono: la familiarità (cioè presenza di più cancrimammari nelle parenti), la displasia mammaria e i papillomi <strong>in</strong>traduttali multipli(ritenute lesioni preneoplastiche), il carc<strong>in</strong>oma lobulare <strong>in</strong> situ (una lesioneconsiderata di sicuro significato pre<strong>in</strong>vasivo) e il carc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong>la mammellacontrolaterale (v. Haagensen, 1971).Sul piano morfologico, i problemi <strong>del</strong> cancro mammario riguardano ancora laclassificazione, che attualmente è riferita alle sedi di orig<strong>in</strong>e (dai lobuli, dai dotti;ma si è già detto con quanta approssimazione), all'aspetto <strong>in</strong>vasivo (cancri <strong>in</strong> situ e<strong>in</strong>filtranti), al tipo cellulare, e alle reazioni <strong>del</strong>l'ospite (proliferazione connettivale ofibrosi produttiva, <strong>in</strong>filtrati <strong>in</strong>fiammatori, ecc.; v. McDivitt e altri, 1968). Le<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i ultrastrutturali tendono a ricollegare i diversi tipi di cancro con gli stipiticellulari normali di orig<strong>in</strong>e che sono essenzialmente tre: le cellule secernenti deilobuli, le cellule di rivestimento dei dotti, e le cellule mioepiteliali esterne, confunzioni di contrazione sulle precedenti per l'espulsione <strong>del</strong> secreto (v. i contributidi Murad, 1971). Altri problemi di <strong>in</strong>teresse per il cancro mammario sono già statidiscussi nei capitoli precedenti.b) Cancro <strong>del</strong> polmoneAlmeno tre quarti dei tumori polmonari nell'uomo prendono orig<strong>in</strong>e dai grossibronchi all'ilo o <strong>in</strong> prossimità <strong>del</strong>l'ilo (v. Willis, 1967 4 ), mentre soltanto un numeromolto limitato, probabilmente <strong>in</strong>feriore al 5%, ha una localizzazione periferica,sottopleurica, e un'orig<strong>in</strong>e bronchiolare o alveolare (v. Decker, 1955). Questadistribuzione non omogenea dei tumori lungo i rivestimenti epiteliali <strong>del</strong>l'alberorespiratorio può dipendere sia da una diversa sensibilità, sia da una diversaesposizione degli epiteli bronchiale e alveolare agli agenti cancerogeni specifici. Laprima di tali due ipotesi tuttavia si è dimostrata erronea all'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e sperimentale(v. Squart<strong>in</strong>i e Bolis, 1971). La seconda ipotesi è qu<strong>in</strong>di molto più realistica e <strong>in</strong>accordo con l'op<strong>in</strong>ione, generalmente condivisa, che la maggior parte dei tumori<strong>del</strong> polmone nell'uomo sono dovuti a cancerogeni malati. Infatti la maggior parte<strong>del</strong>le particelle presenti nell'aria malata si arrestano nell'impatto con le mucose<strong>del</strong>le vie respiratorie maggiori e <strong>in</strong> particolare dei grossi bronchi. Gli epitelialveolari sono <strong>in</strong>vece <strong>in</strong> larga misura sottratti all'azione <strong>del</strong> pulviscolo e molto più<strong>in</strong> contatto con eventuali agenti trasportati dal sangue circolante.Uno dei fatti più evidenti, nel panorama anatomo-cl<strong>in</strong>ico <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong> polmone èil suo straord<strong>in</strong>ario aumento di frequenza negli ultimi decenni. Sembra logico, <strong>in</strong>base anche a quanto detto sopra, mettere tale fenomeno <strong>in</strong> rapporto con lecrescenti quantità di cancerogeni malati dall'uomo per motivi voluttuari (fumo ditabacco), professionali (arsenico, cromo, nichel, asbesto) o ambientali (prodotti<strong>del</strong>la combustione, fumi <strong>in</strong>dustriali, ecc.; v. Willis, 1967 4 ). Ma, accanto a questi, sipossono considerare anche motivi o cause più strettamente <strong>in</strong>erenti la patologia<strong>del</strong>l'organo. Le cicatrici nel parenchima polmonare favoriscono notevolmente43 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...l'<strong>in</strong>sorgenza di cancri <strong>del</strong> polmone. E i motivi di cicatrici polmonari sononettamente aumentati oggi rispetto al passato: per la guarigione di processitubercolari che un tempo non si potevano curare; per le fibrosi polmonari dapolveri (silicosi, asbestosi, ecc.); per le polmoniti che, <strong>in</strong>terrotte nel loro naturaledecorso dall'uso frequentissimo di antibiotici, vanno talora <strong>in</strong>contro aorganizzazione fibrosa degli essudati negli alveoli (la cosiddetta carnificazionepolmonare) <strong>in</strong>vece che a risoluzione (cioè lisi e riassorbimento degli essudatialveolari).Il cancro <strong>del</strong> polmone può oggi essere curato mediante <strong>in</strong>terventi chirurgici, terapieradianti e chemioterapie, con probabilità di successo <strong>in</strong> certi casi purché siadiagnostica- to precocemente. Per questo ha acquistato importanza <strong>in</strong> cl<strong>in</strong>ica laclassificazione morfologica dei diversi istotipi a scopo terapeutico e prognostico,poiché ognuno esibisce comportamenti e risposte peculiari. Così il carc<strong>in</strong>oma acellule squamose (il più frequente nei fumatori) risente il beneficio maggiore dallaterapia chirurgica mentre su di esso ha scarsissimo effetto la chemioterapia.Opposto è il comportamento <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>oma a piccole cellule anaplastiche, il piùsensibile ai trattamenti chemioterapici e radianti, mentre <strong>in</strong> posizione <strong>in</strong>termediafra i due sono il carc<strong>in</strong>oma a grandi cellule anaplastiche e l'adenocarc<strong>in</strong>oma.Tuttavia, i carc<strong>in</strong>omi anaplastici hanno nel complesso la prognosi peggiore per illoro comportamento biologico che conduce a metastasi precoci (v. Cohen eSelawry, 1975).Il carc<strong>in</strong>oma alveolare periferico <strong>del</strong> polmone umano è collegato da rapporti per lomeno formali con una varietà di adenomatosi polmonare papillare <strong>in</strong>fettiva già datempo descritta nella pecora, <strong>in</strong>dicata col nome di Jaagsiekte (v. Duran-Reynals ealtri, 1958) e ritenuta di assai probabile orig<strong>in</strong>e virale (v. Markson e Terleki, 1964).I tumori spontanei polmonari <strong>del</strong> topo sono anch'essi di derivazione bronchioloalveolaree di aspetto papillare, mostrando qu<strong>in</strong>di numerosi punti di contatto da unlato con l'adenomatosi polmonare <strong>del</strong>la pecora, dall'altro con il carc<strong>in</strong>omaalveolare periferico <strong>del</strong> polmone umano. L'ipotesi che i tumori spontanei <strong>del</strong>polmone nel topo siano dovuti a fattori endogeni presenti nell'ospite e trasportatial polmone dal sangue circolante, è suggerita da consistenti dati sperimentali (v.Squart<strong>in</strong>i e Bolis, 1970). Ne discende che anche il carc<strong>in</strong>oma alveolare periferico<strong>del</strong> polmone umano potrebbe riconoscere cause endogene e diverse da quelle deitumori emergenti dai grossi bronchi <strong>in</strong> prossimità <strong>del</strong>l'ilo.c) Cancro <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>oSe si pone <strong>in</strong> rapporto l'<strong>in</strong>cidenza neoplastica dei vari segmenti <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali con laloro lunghezza, cioè con l'estensione <strong>del</strong>la loro superficie mucosa, ne scaturisce unaconsiderazione a prima vista paradossale: la frequenza <strong>del</strong> cancro nei vari segmentiè <strong>in</strong>versamente proporzionale alla loro lunghezza (v. Hueper, 1942). Infatti,nell'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o tenue, lungo 7 metri, si localizza solo il 5% di tutti i cancri <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali,mentre il 95% è localizzato nell'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o crasso, lungo i metro e 70 centimetri, epiù <strong>del</strong> 50% di questi ha sede nella sua ultima porzione, il retto, che è lungo appena13 centimetri (v. Squart<strong>in</strong>i e Caschera, 1956). Ciò fornisce la riprova più evidente <strong>in</strong>patologia umana <strong>del</strong>la distribuzione non casuale o spontanea dei tumori, la qualeseguirebbe altrimenti il calcolo <strong>del</strong>le probabilità.Analizzando più da vic<strong>in</strong>o la distribuzione si osserva che nel duodeno (3,6% di tuttii cancri <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali; 26 cm di lunghezza) la maggior parte dei tumori ha due sediparticolari e precisamente i d<strong>in</strong>torni <strong>del</strong>la papilla di Vater, che conduce la bileall'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o, e la regione parapilorica, che rappresenta il punto d'<strong>in</strong>gresso <strong>del</strong>contenuto gastrico nel lume <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale (v. Squart<strong>in</strong>i e Maltzeff, 1956). Ciòsuggerisce che nel chimo gastrico e nella bile siano contenute sostanzecancerogene, un fatto anzi sul quale non dovrebbero sussistere molti dubbi se sitien conto <strong>del</strong>l'elevata frequenza di neoplasie maligne riscontrabili nel trattooro-gastrico ed epato-biliare. Attraverso la via oro-gastrica possono giungereall'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o i cancerogeni presenti nella dieta, di cui si è già parlato. Sembratuttavia improbabile che questi abbiano un ruolo importante nella cancerogenesi<strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale, poiché le popolazioni con alto rischio di cancro <strong>del</strong> tratto esofagogastriconon presentano anche un alto rischio di cancro <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale (v. Correa eHaenszel, 1978). Attraverso la via epato-biliare, verosimilmente dunque più44 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...importante, passano le sostanze nocive condotte al fegato per la neutralizzazioneed espulse nell'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o con la bile, fra cui possono esservi anche sostanzecancerogene (v. Cleveland e altri, 1967), così come vi sono sostanzeprecancerogene, rappresentate per esempio dagli acidi biliari (v. Wynder, 1975).Più a valle, <strong>in</strong>fatti, i batteri <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali, metabolizzando gli acidi biliari, il colesteroloe i grassi <strong>del</strong>la dieta sono, come già detto, verosimilmente <strong>in</strong> grado di produrre daqueste sostanze cancerogeni <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali endogeni (v. Reddy e Wynder, 1973; v.Reddy e altri, 1975; v. Hill, 1975 e 1977).Tutto ciò non sarebbe comunque sufficiente a spiegare appieno la peculiaredistribuzione dei tumori <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali se non si ponesse mente alla fisiologia <strong>del</strong> tubodigerente che di quella distribuzione è <strong>in</strong> larga parte responsabile. Infatti,all'immissione <strong>del</strong> chimo gastrico e <strong>del</strong>la bile nel duodeno fa seguito un'immediata,abbondante secrezione di muco operata dalle ghiandole di Brunner che diluisce efluidifica notevolmente il contenuto <strong>del</strong> lume facilitandone lo svuotamento, il qualeè molto rapido grazie anche alla vivace peristalsi, e ricoprendo le pareti con unasottile pellicola di muco a funzione protettiva e lubrificante. Queste verosimilmentele ragioni che annullano, al di là <strong>del</strong> piloro e <strong>del</strong>la papilla di Vater, il potereoncogeno <strong>del</strong> contenuto duodenale, giustificando la bassa <strong>in</strong>cidenza neoplastica ditale segmento (3,6%) e quella ancora più bassa <strong>del</strong> digiunoileo (1,8%), il tratto piùlungo <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o, dove i pochi tumori sono localizzati <strong>in</strong> genere nell'ultimaporzione, cioè <strong>in</strong> una zona <strong>in</strong> cui il contenuto <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale, term<strong>in</strong>ati i fenomeni diassorbimento, è meno fluido ed è costretto a un soggiorno più lungo per lapresenza <strong>del</strong>la valvola ileocecale.A partire dal cieco e per tutta la lunghezza <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o crasso, f<strong>in</strong>o al retto,l'<strong>in</strong>cidenza neoplastica cresce progressivamente <strong>in</strong> senso cranio-caudale e laspiegazione dei fatti ci viene ancora una volta dalla fisiologia. Le modificazioni piùimportanti che il contenuto <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale subisce a livello <strong>del</strong> crasso consistono nelriassorbimento dei liquidi ancora presenti nelle feci e, di conseguenza, nella loroprogressiva solidificazione. A questo punto diviene efficace anche l'azionemetabolica dei Batteri sugli acidi biliari e sui grassi <strong>del</strong>la dieta (v. Hill, 1975 e 1977).Questi fatti comportano un aumento di concentrazione <strong>del</strong>le sostanze cancerogeneche prima erano state diluite e un aumento <strong>del</strong> tempo di soggiorno <strong>del</strong>le feci neivari segmenti. Dopo quanto ora esposto non sembra più strano che l'<strong>in</strong>cidenzatumorale nell'ambito <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o crasso aumenti progressivamente nonostanteche la lunghezza dei segmenti nel contempo dim<strong>in</strong>uisca, potendosi ciò riassumerenella proposizione che la frequenza <strong>del</strong> cancro nei vari segmenti <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali èdirettamente proporzionale al tempo di soggiorno <strong>in</strong> essi <strong>del</strong>le feci e allaconcentrazione raggiunta dalle sostanze cancerogene <strong>in</strong> queste ultime (v. Hueper,1942; v. Squart<strong>in</strong>i, 1957).La più precoce modificazione morfologicamente dimostrabile nel cancro <strong>in</strong>test<strong>in</strong>aleè la dislocazione <strong>del</strong>le mitosi negli strati più superficiali <strong>del</strong>l'epitelio, dovenormalmente non si ritrovano (v. Deschner e altri, 1966). Tale fenomenosuggerisce l'avvento di alterazioni nel microambiente <strong>del</strong>la mucosa e determ<strong>in</strong>auna sovrapproduzione di cellule che f<strong>in</strong>iscono per protrudere nel lume dandoorig<strong>in</strong>e a lesioni quali i polipi adenomatosi e villosi (v. Cole e McKalen, 1963). Le<strong>in</strong>formazioni f<strong>in</strong> qui raccolte circa tali lesioni depongono per una forte econsistente associazione tra polipi e cancro <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale, di natura causale nellamaggior parte dei casi. Il polipo è un prerequisito obbligato per il cancro quando lamalignità com<strong>in</strong>cia nel polipo. Ma vi sono casi ben documentati nei quali il cancronon <strong>in</strong>izia <strong>in</strong> uno dei polipi, pure con esso associati. In tali casi l'associazione è<strong>in</strong>diretta nel senso di due risposte <strong>in</strong>dipendenti ad una stessa causa (v. sopra, cap.7). Questa dist<strong>in</strong>zione nelle vie percorribili dal cancro <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale ha rilevanzapratica per la strategia di controllo. Infatti, la speranza di prevenire tutti, o lamaggior parte, dei cancri <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali resecando i polipi sembra non realistica. Laprofilassi ideale <strong>del</strong> cancro dovrebbe <strong>in</strong>vece puntare alla prevenzione dei polipirimuovendo le cause che li producono. A questo punto, <strong>in</strong>fatti, la dist<strong>in</strong>zione fraassociazione diretta e <strong>in</strong>diretta diverrebbe irrilevante (v. Correa e Haenszel, 1978).Le differenze anatomiche dei vari segmenti <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali e dei tumori che <strong>in</strong> questi sisviluppano sono causa di differenze rilevanti nelle manifestazioni cl<strong>in</strong>iche e nellaprognosi fra i cancri <strong>del</strong> colon destro, <strong>del</strong> colon s<strong>in</strong>istro e <strong>del</strong> retto. I primi si45 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...manifestano tardivamente con emorragie, squilibri elettrolitici da eccessiva perditaper ipersecrezione tumorale, cachessia; i secondi si manifestano <strong>in</strong>vece piùprecocemente perché stenosanti e pertanto occludenti il lume <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale. I cancri<strong>del</strong> retto hanno la prognosi peggiore. Numerosi fattori prognostici, rilevabilidall'esame cl<strong>in</strong>ico, chirurgico o morfologico, sono stati di recente identificati e<strong>in</strong>trodotti nella pratica (v. Gérard, 1975).Le terapie chirurgiche hanno fatto progressi. Tuttavia le prospettive di guarigione odi sopravvivenza globali dei soggetti con cancro <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale curato sono ancora oggiassai poco brillanti. Infatti, su 100 casi di carc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>- test<strong>in</strong>o crasso, almomento <strong>del</strong>la diagnosi 5 sono <strong>in</strong>operabili, 95 sono giudicati operabili. Di questiultimi, al momento <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>tervento si appura che <strong>in</strong> realtà 15 sono <strong>in</strong>operabili e solo80 sono giudicati operabili. Tuttavia, per 10 di questi 80 nel corso <strong>del</strong>la resezione sirileva che l'<strong>in</strong>tervento sarà solo palliativo, perché non tutto il tumore è asportabile.Dei 70 che rimangono e vengono curati con <strong>in</strong>tervento chirurgico radicale, 3muoiono <strong>in</strong> conseguenza <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>tervento, 35 muoiono entro c<strong>in</strong>que anni perrecidiva o metastasi e solo 32 su 100 dunque sopravvivono per più di c<strong>in</strong>que annicon buone probabilità di essere guariti (v. Robb<strong>in</strong>s, 1974).d) Cancro <strong>del</strong>lo stomacoSebbene l'<strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>oma gastrico sia <strong>in</strong> dim<strong>in</strong>uzione, esso rimane il tipopiù frequente di cancro <strong>in</strong> Giappone, nell'Unione Sovietica, nell'America Lat<strong>in</strong>a eanche <strong>in</strong> alcuni paesi europei, nonché una <strong>del</strong>le più comuni cause di morte pertumori ovunque. Il carc<strong>in</strong>oma gastrico è <strong>in</strong>vece eccezionale negli animali domesticie di laboratorio, praticamente assente <strong>in</strong> quelli selvatici e ciò <strong>in</strong>dica chiaramenteche le cause sono da ricercare nelle <strong>in</strong>naturali condizioni di vita <strong>del</strong>l'uomo, specieriguardo alle sue abitud<strong>in</strong>i alimentari. I cancerogeni possono derivare dagliadditivi, dai modi di cottura dei cibi, dalle sostanze <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>anti il suolo e l'atmosferache possono venire raccolte dalle acque e di cui si è già parlato (v. sopra, cap. 5). Ilcancro gastrico per motivi genetici e/o ambientali ha una distribuzione geograficamolto varia. La sua frequenza è <strong>in</strong>fluenzata anche dallo stato sociale dei soggetti, <strong>in</strong>quanto nelle classi sociali più povere la sua <strong>in</strong>cidenza è circa doppia rispetto aquella <strong>del</strong>le classi agiate (v. Willis, 1967 4 ), ciò che non è forse estraneo al fatto giàrilevato <strong>del</strong>la sua tendenza negli ultimi decenni a dim<strong>in</strong>uire di frequenza.Questo tipo di tumore fornisce utili esempi negativi e positivi circa il possibilesignificato concausale di lesioni gastriche concomitanti. L'ulcera gastrica peptica èfrequente, talora è associata al cancro <strong>del</strong>lo stomaco e lo precede, per cui sipotrebbe supporre che l'ulcera favorisca l'<strong>in</strong>sorgenza <strong>del</strong> cancro rappresentandoneun precursore morfologico e una concausa importante. Ma tale ipotesi non resistealla critica ove si consideri che l'ulcera peptica duodenale è ancora più frequente diquella gastrica, mentre il cancro duodenale è raro. Pertanto, fatta eccezione persituazioni particolari, all'ulcera <strong>del</strong>lo stomaco si riconosce oggi solo il significato diun fattore di localizzazione <strong>del</strong> cancro realizzato da altre cause (v. Willis, 1967 4 ).Diverso è il caso per la gastrite cronica atrofica associata ad anemia perniciosa, laquale è considerata un precursore morfologico e un fattore causale o concausaleimportante, capace di evolvere nel 10% dei casi <strong>in</strong> cancro <strong>del</strong>lo stomaco. In talemalattia è frequente anche il riscontro di carc<strong>in</strong>omi <strong>in</strong> situ. Circa il meccanismopatogenetico che la legherebbe al cancro si attribuisce importanza allemodificazioni cellulari <strong>in</strong>staurantisi a seguito <strong>del</strong>la carenza di vitam<strong>in</strong>a B12, nonassorbita per l'atrofia <strong>del</strong>la mucosa gastrica, carenza che direttamente <strong>in</strong>fluiscesulla s<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong> DNA e sulla replicazione cellulare (v. Robb<strong>in</strong>s, 1974).Il cancro gastrico non trattato o <strong>in</strong>curabile porta a morte nel giro di un annodall'<strong>in</strong>izio dei s<strong>in</strong>tomi. Solo il 10% dei pazienti supera l'anno e appena il 2% i 5anni. Poiché l'<strong>in</strong>tervento chirurgico si rivela difficilmente radicale, anche ilcarc<strong>in</strong>oma gastrico curabile diviene presto un problema di terapia medica conscarse prospettive per ora di efficaci risultati. Gli agenti chemioterapici possonoprodurre regressioni <strong>in</strong> una certa percentuale di casi prolungando lasopravvivenza. Le risposte favorevoli sono più frequenti nei maschi, nell'età dimezzo e negli istotipi maggiormente differenziati, che sono i carc<strong>in</strong>omi a strutturaghiandolare o adenocarc<strong>in</strong>omi (v. Moertel, 1975).46 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...e) Leucemie e l<strong>in</strong>fomiSono questi i tumori <strong>del</strong> sistema emo-l<strong>in</strong>fo-reticolare che comprende i l<strong>in</strong>fonodi, iltimo, la milza e i tessuti l<strong>in</strong>fatici sparsi nell'organismo (come per es. le tonsille),produttori di l<strong>in</strong>fociti e plasmacellule, e il midollo osseo che produce le cellulestam<strong>in</strong>ali progenitrici di tutto il sistema, i globuli rossi o eritrociti (serie eritroide) ei globuli bianchi o leucociti (serie mieloide). Si parla di leucemia quando le celluleneoplastiche circolano nel sangue, come fanno le corrispondenti cellule normali,un fenomeno oggi considerato alla stregua di una metastasi circolante (v. Willis,1967 4 ), mentre col term<strong>in</strong>e di l<strong>in</strong>fomi <strong>in</strong> senso lato si <strong>in</strong>tendono comunemente itumori solidi <strong>del</strong> sistema. Per molti anni tali neoplasie sono state considerate,osservate e classificate dal solo punto di vista morfologico, senza cioè alcunriferimento alla funzione dei rispettivi stipiti cellulari. Oggi, dopo i rilevantiprogressi <strong>del</strong>l'immunologia negli ultimi vent'anni, si com<strong>in</strong>ciano giustamente ariconsiderare molte di queste neoplasie come tumori <strong>del</strong> sistema immunitario. (v.sangue: Leucemie e Organi emopoietici ; v. sistema reticolo endoteliale).Limitando i ricordi funzionali a un solo tipo cellulare, i l<strong>in</strong>fociti, va ricordato cheoggi, <strong>in</strong> base alle osservazioni sui difetti immunologici congeniti nell'uomo e agliesperimenti di ablazione negli animali di parti dei sistemi immunitari mur<strong>in</strong>i(timo) e aviari (borsa di Fabrizio), si ritiene che esistano due sistemi l<strong>in</strong>focitarifunzionanti: il sistema a cellule T (timo dipendente) responsabile <strong>del</strong>la immunitàcellulare e il sistema a cellule B (borsa equivalente) responsabile <strong>del</strong>la immunitàumorale. Vi sono tuttavia anche cellule dette U (undef<strong>in</strong>ed) o N (null), perché nonappartenenti né all'uno né all'altro dei sistemi nom<strong>in</strong>ati. Tutte queste cellulederiverebbero da un progenitore comune, la cellula germ<strong>in</strong>ativa o stam<strong>in</strong>aleprodotta nel midollo e circolante col sangue. A seconda che questa cellula si diriganel timo o nelle strutture l<strong>in</strong>fatiche <strong>del</strong> tubo digerente (ritenute l'equivalentenell'uomo <strong>del</strong>la borsa di Fabrizio degli uccelli), la sua discendenza sarebbecondizionata o commissionata per la funzione T o B. Dagli organi l<strong>in</strong>fatici centrali(timo e stazioni l<strong>in</strong>fatiche <strong>del</strong> digerente) le cellule così commissionate per lafunzione si dirigerebbero attraverso il circolo sanguigno a popolare gli organil<strong>in</strong>fatici periferici o effettori (l<strong>in</strong>fonodi, milza, ecc.; v. Smith, 1977 7 ; v. immunologiae immunopatologia).Le cellule B e T sono distribuite <strong>in</strong> maniera caratteristica negli organi l<strong>in</strong>faticieffettori periferici: le cellule T occupano le aree paracorticali dei l<strong>in</strong>fonodi e leregioni perivascolari <strong>del</strong>la milza, le cellule B <strong>in</strong>vece sono concentrate nei centrigerm<strong>in</strong>ativi dei l<strong>in</strong>fonodi e <strong>del</strong>la milza (i cosiddetti follicoli l<strong>in</strong>fatici a strutturarotondeggiante concentrica), nelle mucose <strong>del</strong> tratto gastroenterico e dissem<strong>in</strong>atenel midollo. Le plasmacellule, che sono cellule mature e funzionanti <strong>del</strong> sistema B,appaiono tipicamente localizzate nell'area midollare dei l<strong>in</strong>fonodi, nelle areeperivascolan <strong>del</strong>la milza e <strong>del</strong> midollo osseo. Le cellule T rappresentanonormalmente il 70% dei l<strong>in</strong>fociti <strong>del</strong> sangue circolante mentre il rimanente 30% ècostituito da cellule B e N. I l<strong>in</strong>fociti B e T, sotto l'<strong>in</strong>fluenza di mitogeni vegetali eantigeni ai quali siano stati precedentemente esposti, si trasformano <strong>in</strong> vitro dapiccoli l<strong>in</strong>fociti <strong>in</strong> cellule volum<strong>in</strong>ose capaci di moltiplicarsi e metabolicamenteattive, dette immunoblasti, ciò che ha meritato al fenomeno il nome diblastizzazione.La fitoemoagglut<strong>in</strong><strong>in</strong>a è un mitogeno specifico per i l<strong>in</strong>fociti T, come la fitolacca loè per i l<strong>in</strong>fociti B, i quali blastizzano comunque sotto l'azione di svariati antigeni. Icentri germ<strong>in</strong>ativi dei l<strong>in</strong>fonodi e <strong>del</strong>la milza sono le sedi <strong>del</strong>la blastizzazione deil<strong>in</strong>fociti B <strong>in</strong> vivo dopo stimolazione antigenica. I l<strong>in</strong>fociti B possono essere ancheidentificati selettivamente <strong>in</strong> laboratorio per la presenza di immunoglobul<strong>in</strong>e disuperficie e di recettori superficiali per il complemento. I l<strong>in</strong>fociti T sonoidentificabili per la formazione di rosette con eritrociti di montone dietrostimolazione da parte di antigeni timo-dipendenti. Anche la morfologia secondoalcuni servirebbe a differenziare i l<strong>in</strong>fociti T dai B <strong>in</strong> quanto i primi avrebbero unasuperficie relativamente liscia, i secondi una superficie filamentosa o pelosa pernumerosi microvilli che al microscopio elettronico tridimensionale appaiono comeciuffi di peli (v. Smith, 1977 7 ).Questi progressi <strong>del</strong>l'immunologia stanno rivoluzionando gli schemi patologicitradizionali di classificazione dei l<strong>in</strong>fomi (v. Coll<strong>in</strong>s e Lukes, 1971; v. Lukes e47 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...Coll<strong>in</strong>s, A functional approach..., 1974). Una classificazione immunologica deil<strong>in</strong>fomi è già stata proposta e sta entrando sperimentalmente nell'uso, almenocome ipotesi di lavoro (v. Lukes e Coll<strong>in</strong>s, Immunologic..., 1974). La s<strong>in</strong>drome diSézary, la micosi fungoide, che sono tipi particolari di l<strong>in</strong>fomi cutanei, la leucemial<strong>in</strong>fatica acuta dei bamb<strong>in</strong>i e, forse, il l<strong>in</strong>fogranuloma maligno o malattia diHodgk<strong>in</strong> sono oggi considerate neoplasie a l<strong>in</strong>fociti T. La leucemia l<strong>in</strong>fatica cronica,il l<strong>in</strong>foma l<strong>in</strong>focitico differenziato, i l<strong>in</strong>fomi <strong>del</strong> centro germ<strong>in</strong>ativo, di aspettospesso nodulare come le strutture da cui traggono orig<strong>in</strong>e, i l<strong>in</strong>fomi caratterizzatida abnorme produzione di immunoglobul<strong>in</strong>e e con essi il plasmocitoma, ilmieloma, la macroglobul<strong>in</strong>emia di Waldeström e il l<strong>in</strong>foma di Burkitt o africanosono <strong>in</strong>vece ritenute oggi neoplasie a l<strong>in</strong>fociti B. Accanto a tali due gruppipr<strong>in</strong>cipali si considerano poi ancora i sarcomi immunoblastici (a blasti T o B) e isarcomi istiocitari, cioè composti da cellule reticolari macrofagiche <strong>in</strong>differenziatecorrispondenti alla cellula midollare orig<strong>in</strong>aria dei sistemi (v. Lukes e Coll<strong>in</strong>s, 1975;v. Smith, 1977 7 ).Sulla base dei nuovi criteri, numerosi fattori prognostici e di valutazione <strong>del</strong>larisposta alle terapie sono stati vagliati e saggiati (v. Rozencweig e altri, 1975; v.Bergsagel, 1975; v. Mathé e altri, 1975; v. Silver, 1975; v. Eckhardt, 1975). Per ilfuturo si attende, da un'impostazione concettuale più razionale, un approcciomigliore ai problemi <strong>del</strong>la prognosi e <strong>del</strong>la terapia.15. Conclusioni‟Il cancro è sempre stato un ‛problema'. In pr<strong>in</strong>cipio, per quanto personalmentepossa ricordare, era un ‛problema <strong>in</strong>tellettuale' che molti pensavano fosse oltre ipoteri <strong>del</strong>la mente umana di risolvere. Oggi è divenuto un ‛problema biologico',che, come a volte si dice, i biologi potrebbero risolvere nei ritagli di tempo, se neavessero. Il pendolo è probabilmente sfuggito troppo oltre. Il cancro è ancora unamalattia che uccide la gente e i limitati contributi <strong>del</strong>le ricerche di laboratorio allaalleviazione <strong>del</strong>le sofferenze umane bandiscono ogni facile ottimismo" (v. Foulds,1969).Di fronte alla impressionante mole di ricerche e di bibliografia sul cancroaccumulatesi durante questo secolo, sta ancora la scarsezza dei risultati utili <strong>in</strong>pratica. Di fronte alla fioritura di ipotesi per <strong>in</strong>terpretare il problema biologico <strong>del</strong>cancro, sta l'attuale povertà di valide e accettate conclusioni. Ciò forse dipendeanche dal fatto che questa malattia cl<strong>in</strong>ica e questo affasc<strong>in</strong>ante problema dilaboratorio trascendono i limiti e il l<strong>in</strong>guaggio <strong>del</strong>la patologia. Le basi patologicherimangono ancora oggi fondamentali per una impostazione razionale <strong>del</strong>problema, ma l'accento va forse posto sulla patologia neoplastica <strong>in</strong>tesa comeprocesso epigenetico (v. Foulds, 1969), o come accidente evoluzionistico (v. Burnet,Immunological surveillance, 1970) e non meramente come sviluppo di tumefazionipalpabili.È difficile immag<strong>in</strong>are che soluzioni pratiche di portata rivoluzionaria possanoessere raggiunte f<strong>in</strong>o a quando il problema <strong>del</strong>l'accrescimento neoplastico non avràtrovato un'<strong>in</strong>terpretazione biologica soddisfacente nel suo <strong>in</strong>sieme. Ed è perciò daritenersi un progresso la formulazione di concetti nuovi che trascendono l'aspettoanatomo-cl<strong>in</strong>ico att<strong>in</strong>gendo al vasto patrimonio di conoscenze <strong>del</strong>la modernabiologia. Da questo orientamento di pensiero discende l'<strong>in</strong>tuizione che il cancro è‟un processo <strong>in</strong>evitabile quanto il progresso evoluzionistico e <strong>del</strong>la stessa naturagenerale" (v. Burnet, 1967), come l'affermazione che ‟nessuna teoria sul cancro èaccettabile se non considera le neoplasie come una <strong>del</strong>le possibili conseguenze<strong>del</strong>la organizzazione biologica" (v. Foulds, 1969).Nel corso <strong>del</strong>l'evoluzione si è reso necessario per gli organismi più complessi dipreservare l'uniformità <strong>del</strong> tipo cellulare imparando a riconoscere dalle proprie lestrutture estranee e a elim<strong>in</strong>arle attraverso il fenomeno immunologico <strong>del</strong> rigetto(v. Thomas, 1959). Per tali scopi si è sviluppato negli organismi superiori il sistema<strong>del</strong>l'immunità cellulare imperniato sul timo, sugli organi l<strong>in</strong>fatici periferici, suil<strong>in</strong>fociti circolanti, dotato <strong>del</strong>la capacità di rigettare i tessuti eterogenei. Questosistema sembra rivelarsi oggi come un meccanismo primario nella difesa naturalecontro le neoplasie attraverso la ‛sorveglianza immunologica'. Ma è probabile che la48 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...stessa modificazione flessibile <strong>del</strong> controllo genetico, necessaria per lo sviluppo <strong>del</strong>sistema immunitario e per la comparsa <strong>in</strong> ogni specie degli antigeni specifici diistocompatibilità, sia stata anche responsabile <strong>del</strong>la comparsa <strong>del</strong> cancro comemalattia nei Vertebrati (v. Burnet, Immunological surveillance..., 1970).L'<strong>in</strong>sieme <strong>del</strong>le <strong>in</strong>formazioni derivate dallo studio <strong>del</strong>le metastasi dei tumor<strong>in</strong>ell'uomo e <strong>del</strong> trapianto dei tumori negli animali, <strong>in</strong>dica che il comportamentoneoplastico dipende da una modificazione cellulare stabile, probabilmenteirreversibile, replicabile e verosimilmente presente <strong>in</strong> tutte le cellule neoplastiche.La prova decisiva <strong>del</strong>la donazione (trapianto di una sola cellula), necessaria persostanziare questa op<strong>in</strong>ione, è tecnicamente difficile e di rado ha successo. Ma ladonazione di un teratocarc<strong>in</strong>oma trapiantabile fornisce evidenze conv<strong>in</strong>centi di unmeccanismo stabile e replicabile entro le s<strong>in</strong>gole cellule, responsabile di tutti idettagli <strong>del</strong>la struttura neoplastica e <strong>del</strong> comportamento, il quale dunque possiedee trasporta con sé la ‛memoria morfogenetica' o il ‛programma di sviluppo' di unarchetipo tumorale estremamente complesso, analogamente a quanto avviene perla ‛differenziazione biologica' lungo tutta la scala degli esseri viventi (v. Foulds,1969). Inoltre, dalla sperimentazione con virus dei tumori mammari mur<strong>in</strong>i, èemersa la dimostrazione che <strong>in</strong>formazioni genetiche complete per la strutturamorfologica e il comportamento biologico dei tumori sono possedute e trasmessestabilmente dagli acidi nucleici virali (v. Squart<strong>in</strong>i e altri, 1963).Lo studio anatomo-cl<strong>in</strong>ico <strong>del</strong>le neoplasie e la ricerca sperimentale hanno prodottoun'<strong>in</strong>verosimile quantità di conoscenze empiriche o di fatti senza fornire nelcontempo un adeguato l<strong>in</strong>guaggio per la loro comprensione, o concetti efficaci perla loro s<strong>in</strong>tesi (v. Foulds, 1969). Tali concetti, e il l<strong>in</strong>guaggio biologico necessarioalla decodificazione <strong>del</strong> problema, com<strong>in</strong>ciano oggi ad affiorare, offrendosi perl'approfondimento e la meditazione. Al term<strong>in</strong>e di una rassegna, necessariamentesommaria, dei risultati accumulati <strong>in</strong> quasi mezzo secolo conforta percepire, nellapensosa rielaborazione concettuale dei fatti, quasi il presagio di una soluzione.bibliografiaAA. 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Cancerogenesi fisica: a) radiazioniultraviolette; b) raggi X, isotopi radioattivi, radiazioni ionizzanti; c)cancerogenesi da solidi. 4. Cancerogenesi virale: a) caratteristiche generali deivirus oncogeni; b) virus polioma e SV40; c) tumori da virus erpetici: il l<strong>in</strong>foma diBurkitt e l'adenocarc<strong>in</strong>oma di Lucké <strong>del</strong> rene di rana; d) il sarcoma di Rous; e) ilcomplesso sarcoma-leucemia <strong>del</strong> topo; f) il fattore latte. 5. Cenni di biologiamolecolare <strong>del</strong>la cancerogenesi. 6. Metabolismo energetico <strong>del</strong>la cellulaneoplastica. 7. Cenni di immunologia oncologica. 8. Ormoni e cancro. 9.Conclusioni. □ Bibliografia.1. Introduzionea) Cenni storici sullo sviluppo <strong>del</strong>le moderne ricerche di oncologiaIl problema <strong>del</strong> cancro, uno dei più travagliati <strong>del</strong>la medic<strong>in</strong>a per le difficoltàdiagnostiche di molte <strong>del</strong>le sue forme e per la limitata efficacia dei sussiditerapeutici, da pochi anni è divenuto anche uno dei più complessi <strong>del</strong>la biologia.Si può a ragione dire ‛da pochi anni', perché <strong>in</strong> effetti solo molto recentemente si èavuta tale concentrazione di sforzi nelle ricerche da dare l'impressione che lacancerologia sia discipl<strong>in</strong>a nuova o nuovissima; se si paragona ciò che si conosceoggi con quanto si sapeva nei primi trenta anni di questo secolo, si ha l'impressionedi due mondi culturali diversi.Ciò non significa che non fosse viva, già negli ultimi decenni <strong>del</strong> secolo scorso,l'ansia di conoscere da una parte la causa o le cause <strong>del</strong> cancro, dall'altra ilmeccanismo o i meccanismi con cui un tessuto diventa canceroso. I progressi nelleconoscenze erano, però, pochi e <strong>in</strong> parte <strong>in</strong>certi, onde la diffusa sfiducia diconseguire solide acquisizioni, e ciò <strong>in</strong> contrasto con quanto era avvenuto oavveniva per le malattie <strong>in</strong>fettive, <strong>del</strong>le quali venivano progressiva- mente isolati ivari agenti patogeni, con scoperte seguenti a scoperte <strong>in</strong> quella che ancora oggi si<strong>in</strong>dica con la romantica espressione di ‛epoca d'oro <strong>del</strong>la batteriologia'.Sembrava, <strong>in</strong> sostanza, che il mistero <strong>del</strong> cancro fosse <strong>in</strong>solubile <strong>in</strong> quanto legato almistero stesso <strong>del</strong>la vita, e quando affiorò qualche scoperta, che solo dopo moltianni fu riconosciuta di essenziale importanza, essa fu riguardata, anche daem<strong>in</strong>enti patologi, con scetticismo e considerata piuttosto come curiosità biologica,priva di significato generale.Tanto scetticismo proveniva pr<strong>in</strong>cipalmente dal fatto che i tumori colpisconol'uomo a caso, come a caso <strong>in</strong>sorgono <strong>in</strong> uno o <strong>in</strong> un altro organo, e che mai erastato possibile dimostrare la loro contagiosità anche tra persone viventi nello stessoambiente e con abitud<strong>in</strong>i di vita praticamente identiche, sebbene fossero note lecosiddette ‛famiglie a cancro', cioè famiglie con notevole <strong>in</strong>cidenza di tumori63 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...maligni.L'epoca che potrebbe dirsi scientifica <strong>del</strong>l'oncologia ebbe <strong>in</strong>izio nel 1908, quando V.Ellermann e O. Bang (v., 1908) scoprirono che una forma di leucemia dei polli eraprodotta da un virus filtrabile, e si consolidò pochi anni dopo, quando P. Rous (v.,1911) scoprì che un sarcoma <strong>del</strong> pollo era anch'esso prodotto da un virus filtrabile.In realtà, Giuseppe Sanarelli nel 1898 aveva già scoperto che il mixoma <strong>del</strong> coniglioera prodotto da un virus filtrabile (v. Sanarelli, 1898), ma né la scoperta diEllermann e Bang, né quella di Rous e meno ancora quella di Sanarelli suscitaronomolto <strong>in</strong>teresse tra gli studiosi, per la già accennata considerazione che nell'uomola leucemia e il sarcoma non mostrano caratteri di contagiosità tali da farsospettare una eziologia da agenti <strong>in</strong>fettivi quali sono i Virus; per quanto riguarda ilmixoma <strong>del</strong> coniglio, <strong>in</strong>oltre, sorsero dubbi sulla sua natura neoplastica, dubbi chetuttora permangono.Successivamente fu dimostrata l'eziologia virale di altri tumori di Mammiferi, mala situazione essenzialmente non mutò f<strong>in</strong>o a quando K. Yamagiwa e K. Ichikawa(v., 1914) scoprirono che la pennellatura con catrame <strong>del</strong>la cute <strong>del</strong> padiglione<strong>del</strong>l'orecchio <strong>del</strong> coniglio, ripetuta per molti mesi, causava un tumore epiteliale <strong>in</strong>tutto simile ad alcune forme di tumori umani. Da tale scoperta prese l'avviol'affannosa ricerca <strong>del</strong>la sostanza o <strong>del</strong>le sostanze contenute nel catrame capaci dideterm<strong>in</strong>are formazione di tumori, e con ciò ebbe <strong>in</strong>izio l'era degli studi sullacancerogenesi chimica che tanta luce doveva portare nell'oscuro problema.In quegli anni <strong>in</strong>izio, <strong>in</strong> altra direzione, l'opera di O. Warburg (v., 1926) che portòalla scoperta di quel peculiare metabolismo <strong>del</strong>la cellula cancerosa, la glicolisiaerobica, che tuttora è considerato la sua più importante diversità metabolicarispetto alla cellula normale.Successivamente, dopo la scoperta che da attività cancerogena sono caratterizzat<strong>in</strong>on solo molti idrocarburi, ma anche sostanze che con questi non hanno alcunarelazione strutturale, l'elenco dei carc<strong>in</strong>ogeni chimici si è enormemente accresciutoe sono stati isolati o s<strong>in</strong>tetizzati sia idrocarburi naturali o artificiali a enormeattività oncogena, sia sostanze da questi differenti <strong>in</strong> grado di produrre tumori divari organi. Oggi si dispone pertanto di composti capaci di <strong>in</strong>durre tumorisperimentali <strong>in</strong> animali di differenti specie e <strong>in</strong> organi diversi, si e cioè <strong>in</strong> grado dicancerizzare un tessuto a volontà.Con tali scoperte, naturalmente, sono sorti nuovi e più <strong>in</strong>tricati problemi, primo tratutti quello di comprendere come sostanze chimicamente tanto dissimili tra loroproducano praticamente sempre lo stesso effetto, e se i vari carc<strong>in</strong>ogeni chimici, oalmeno le varie classi di questi, agiscano <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e agli stessi livelli <strong>del</strong> metabolismocellulare ovvero <strong>in</strong> siti differenti.Alla quasi <strong>in</strong>differenza per le prime scoperte di virus oncogeni, è succeduto negliultimi anni un gran fervore di ricerche su di essi, non <strong>in</strong>feriore a quello che suscitòla cancerogenesi chimica. Le scoperte, da parte di Shope, <strong>del</strong> fibroma (v. Shope,1932) e poi <strong>del</strong> papilloma <strong>del</strong> coniglio (v. Shope, 1934) segnarono certamente passiimportanti nello sviluppo <strong>del</strong>l'oncogenesi virale. Questa, al momento attuale,costituisce il campo di maggiore <strong>in</strong>teresse, sia per sperimentazione sia perconsiderazioni generali, soprattutto da quando è stato dimostrato che vari altritumori di animali, appartenenti a generi e specie diverse, sono prodotti da virus,identificati alla microscopia elettronica e <strong>in</strong> colture di cellule. La scoperta <strong>del</strong> viruspolioma (v. Gross, 1953; v. Stewart, 1953) ha segnato una svolta decisiva <strong>in</strong> questosettore di studi, perché esso è risultato capace di determ<strong>in</strong>are <strong>in</strong> uno stesso ospitetumori a differente struttura istologica, mentre gli altri virus studiati <strong>in</strong> precedenzadeterm<strong>in</strong>ano <strong>in</strong> genere un solo tipo di tumore o tumori di tipi istologici moltoaff<strong>in</strong>i. La possibilità di ottenere allo stato di grande purificazione e <strong>in</strong> quantitàcospicue il virus polioma ha consentito di eseguire <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i altrimenti impossibili.Molto ha contribuito all'attuale <strong>in</strong>teresse per i virus oncogeni anche la scopertaeffettuata da J. J. Bittner, nel 1936 (v. Bittner, Some possible..., e Thereceptibility..., 1936), di un virus presente nel latte di alcuni ceppi di topi, che sitrasmette dalla madre alla prole, scoperta che ha suscitato la speranza di poter<strong>in</strong>dividuare un analogo fattore per il cancro <strong>del</strong>la mammella <strong>del</strong>la donna. Molto hacontribuito e contribuisce alle ricerche sui virus oncogeni la scoperta <strong>del</strong> virus <strong>del</strong>sarcoma-leucemia <strong>del</strong> topo, di quello <strong>del</strong>l'adenocarc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong> rene <strong>del</strong>la rana e,64 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...per quanto più strettamente riguarda la patologia umana, lo studio <strong>del</strong> tumore diBurkitt dei bamb<strong>in</strong>i <strong>del</strong>l'Uganda; ancor più recentemente, <strong>in</strong>oltre, sono statiscoperti i virus di tumori di scimmie, di Fel<strong>in</strong>i e di vari altri animali.Tutto ciò ha portato a quella che può dirsi la riscoperta <strong>del</strong> virus di Rous, di cuisono stati isolati vari ceppi con proprietà alquanto differenti tra loro, alcuni deiquali sono anche trasmissibili <strong>in</strong> Mammiferi. Solo, dunque, dopo cmquant'anni èstata giustamente valorizzata una grande scoperta, così che al Rous venne conferitoil premio Nobel per la medic<strong>in</strong>a nel 1966, quando egli aveva ormai ottantasetteanni.Naturalmente, le ricerche di virologia oncologica sono state rese possibili daglienormi sviluppi <strong>del</strong>le tecniche di identificazione e di isolamento dei Virus <strong>in</strong>generale, e <strong>in</strong> particolare dai metodi elaborati per lo studio <strong>del</strong> fago e dalla grandemole di notizie raccolte abbastanza rapida- mente su questo agente.Uno dei mezzi tecnici più utili per tali ricerche è risultato quello <strong>del</strong>le colture <strong>in</strong>vitro, largamente impiegate <strong>in</strong> biologia e particolarmente <strong>in</strong> virologia quale mezzopr<strong>in</strong>cipale per la coltura dei Virus; sono stati <strong>in</strong> tal modo ottenuti risultati<strong>in</strong>teressanti anche dal punto di vista pratico, <strong>in</strong> quanto si è giunti a selezionareceppi di virus a scarsissimo o nullo potere patogeno, ma a capacità immunizzantecorrispondente a quella dei ceppi virulenti. In seguito a questi studi si sono potutipreparare il vacc<strong>in</strong>o Sab<strong>in</strong> contro il virus <strong>del</strong>la poliomielite, e successivamente ilvacc<strong>in</strong>o antimorbilloso. Dell'impiego <strong>del</strong>le colture <strong>in</strong> vitro negli studi di oncologiasarà detto successivamente; qui basti accennare che esse hanno reso possibilerealizzare <strong>in</strong> vitro la cosiddetta trasformazione, cioè l'<strong>in</strong>duzione allacancerizzazione di una s<strong>in</strong>gola cellula che, <strong>in</strong> dipendenza di tale evento, diventadist<strong>in</strong>guibile dàlle cellule normali circostanti. È stato anche possibile, per mezzo<strong>del</strong>le colture <strong>in</strong> vitro, isolare e dist<strong>in</strong>guere per uno stesso virus tipi diversi, alcunidotati e altri privi di attività oncogena; un tipico esempio è rappresentato dagliadenovirus <strong>del</strong>l'uomo.La penetrazione di un virus <strong>in</strong> una cellula <strong>del</strong>la quale determ<strong>in</strong>a la trasformazionesignifica <strong>in</strong>troduzione di materiale genico virale nel genoma <strong>del</strong>la cellula ospite. Siarriva così dal livello cellulare e subcellulare a quello più strettamente molecolare,cioè all'<strong>in</strong>terazione tra acido nucleico cellulare e acido nucleico virale o tra prodotti<strong>del</strong>la loro attività. Con ciò il problema <strong>del</strong>l'oncogenesi è diventato, nella suaessenza, problema di biologia molecolare e non pochi progressi di questarelativamente nuova discipl<strong>in</strong>a traggono orig<strong>in</strong>e e sviluppo dall'oncologiasperimentale.La constatazione <strong>del</strong>la relativa frequenza di neoplasie <strong>in</strong> persone ripetutamenteesposte all'azione di radiazioni di vario tipo e la produzione sperimentale di tumoria mezzo di radiazioni ha portato a riconoscere anche una cancerogenesi fisica.Fisica è anche la cancerogenesi da solidi, il cui recente riconoscimento è dovutoall'osservazione di quei tumori che si sviluppano per <strong>in</strong>troduzione negli animali dilam<strong>in</strong>e di sostanze plastiche o di alcuni metalli.Si suole, pertanto, classificare gli agenti oncogeni <strong>in</strong> chimici, fisici e biologici(Virus): classificazione arbitraria, come tutte le classificazioni, ma tuttora usata,anche se appare chiaro che il meccanismo <strong>del</strong>l'oncogenesi deve essere <strong>in</strong>dagato,come si è detto, a quei livelli <strong>del</strong> metabolismo sui quali direttamente o<strong>in</strong>direttamente si esercita l'<strong>in</strong>fluenza degli agenti carc<strong>in</strong>ogenetici, quale che ne sial'orig<strong>in</strong>e e la natura.Lo studio <strong>del</strong>l'eziologia e <strong>del</strong>la patogenesi <strong>del</strong>le malattie <strong>del</strong>l'uomo è tanto piùagevole quanto più fe<strong>del</strong>e ne è la riproduzione <strong>in</strong> animali da laboratorio. Secondouno dei postulati di R. Koch, perché un germe possa sicuramente ritenersiresponsabile di una malattia <strong>in</strong>fettiva la sua <strong>in</strong>oculazione <strong>in</strong> animali daesperimento deve determ<strong>in</strong>are la comparsa di espressioni cl<strong>in</strong>iche eanatomopatologiche proprie <strong>del</strong>la malattia <strong>in</strong> studio.Con la produzione <strong>del</strong>la malattia sperimentale è altamente facilitata la scoperta dimezzi terapeutici quali i chemioterapici e gli antibiotici.Se la malattia umana non è riproducibile negli animali o se <strong>in</strong> questi non siriscontra una malattia spontanea a essa paragonabile, i progressi nelle conoscenzesono molto più lenti, perché la base di sperimentazione è enormemente piùlimitata.65 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...Da ciò l'orig<strong>in</strong>e di una <strong>del</strong>le più importanti discipl<strong>in</strong>e medico-biologiche, cioè <strong>del</strong>lamedic<strong>in</strong>a sperimentale, e la conseguente creazione di istituti di libera ricerca nelmondo, quali l'Institut Pasteur di Parigi, il Preussisches Institut (poi Koch'sInstitut) für Infektionskrankheiten di Berl<strong>in</strong>o, il Rockefeller Institute for MedicalResearch di New York, e tanti altri.b) I tumori spontanei degli animaliS<strong>in</strong>o agli <strong>in</strong>izi <strong>del</strong> XIX secolo si riteneva, <strong>in</strong> generale, che il cancro fosse unamalattia esclusiva <strong>del</strong>l'uomo non riscontrabile negli animali. Tale conv<strong>in</strong>zionedoveva poi cadere, quando si <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò a osservare l'<strong>in</strong>cidenza di tumori benigni emaligni <strong>in</strong> molte specie animali. Talvolta furono anche compiuti tentativi ditrapianto di tumori spontanei <strong>in</strong> animali <strong>del</strong>la stessa specie, con risultati <strong>in</strong> alcunicasi positivi, ma <strong>in</strong>validati dall'<strong>in</strong>terruzione <strong>del</strong>la trasmissione. I primi consistentitentativi di trapiantare tumori spontanei da animale ad animale <strong>del</strong>la stessa speciefurono compiuti <strong>in</strong> vari laboratori (v. Loeb, 1901; v. Borrel, 1903; v. Jensen, 1903),ma il maggiore impulso fu dato da P. Ehrlich e H. Apolant nel 1905 con il trapiantodi sarcomi e specialmente di adenocarc<strong>in</strong>omi mammari <strong>del</strong> topo.Tumori di quest'ultimo tipo sono tuttora impiegati <strong>in</strong> molti laboratori,specialmente nella forma ascitica; l'<strong>in</strong>troduzione endoperitoneale di cellule isolateè seguita dalla comparsa di ascite, e <strong>in</strong> tale liquido le cellule cont<strong>in</strong>uano amoltiplicarsi rimanendo libere le une dalle altre, sospese nel liquido. In tal modo èpossibile eseguire ricerche confrontabili, almeno entro certi limiti, con quellecondotte su cellule cancerose coltivate <strong>in</strong> vitro.Nei trapianti <strong>in</strong>iziali di tumori la percentuale di attecchimento variava molto, percui non si ottenevano risultati costanti. Ehrlich vide che il trapianto frequentefaceva dim<strong>in</strong>uire lo scarto e credette che tale fatto fosse dovuto a un fenomeno di‛virulentazione' <strong>del</strong> ceppo di tumore, <strong>in</strong> analogia a quanto era stato osservato peralcuni microbi che, trasferiti frequentemente da animale ad animale, acquistanomaggiore virulenza, cioè <strong>in</strong>cremento <strong>del</strong>la capacità di uccidere gli animali daesperimento: <strong>in</strong> altre parole, a seguito dei ripetuti passaggi si otteneva unaprogressiva dim<strong>in</strong>uzione, f<strong>in</strong>o a un dato livello stazionario, <strong>del</strong> numero dei microb<strong>in</strong>ecessario per l'effetto letale. E ora ben noto che il fenomeno <strong>del</strong>l'esaltazione <strong>del</strong>lavirulenza dei Batteri dipende dalla selezione che i poteri immunitari <strong>del</strong>l'organismooperano nei loro confronti, per cui muoiono i germi meno virulenti e sopravvivonoquelli dotati di virulenza più elevata, onde alla f<strong>in</strong>e solo questi si moltiplicano. Inmodo analogo si può spiegare la virulentazione <strong>del</strong>le cellule neoplastiche, cioècome un fenomeno <strong>in</strong> rapporto non all'acquisizione di nuove proprietà, bensìall'elim<strong>in</strong>azione <strong>del</strong>le cellule immunosensibili.Nonostante tali acquisizioni, il trapianto di tumori da animale ad animale, specieper alcuni tipi di neoplasie e per alcune specie, dava sempre risultati nonsoddisfacenti proprio per l'<strong>in</strong>costanza dei risultati. Un passo decisivo fu compiutocon la selezione di ceppi di topi geneticamente puri.c) I ceppi <strong>in</strong>bredI ceppi <strong>in</strong>bred si selezionano <strong>in</strong>crociando fratelli e sorelle e talvolta genitori e figli. Iprimi risultati furono ottenuti da C. C. Little <strong>del</strong>l'Università di Harwardselezionando il ceppo DBA (Dilute Brown), ma solo nel 1919, dopo varie traversie,Little a Cold Spr<strong>in</strong>g Harbor (v. Little, 1947) riuscì a ottenere allevamenticonsistenti di tale ceppo, che tuttora è largamente impiegato (v. Gross, 1970). Unceppo famoso è il C3H, ottenuto da L. C. Strong (v., 1935), che presenta alta<strong>in</strong>cidenza spontanea di tumore <strong>del</strong>la mammella. In parallelo fu isolato un ceppodetto X (CBA di Strong), sempre <strong>in</strong>bred, a bassissima frequenza di tumore <strong>del</strong>lamammella; e così fu resa possibile la scoperta di Bittner (v., Some possible..., e Thereceptibility..., 1936) <strong>del</strong> fattore <strong>del</strong> latte, cui si è precedentemente accennato.Un ceppo di topi molto <strong>in</strong> uso è lo Swiss, allevato orig<strong>in</strong>ariamente <strong>in</strong> un laboratoriosvizzero e poi <strong>in</strong> America e <strong>in</strong> altri paesi.Si conosce anche un ceppo <strong>in</strong>bred con frequenza <strong>del</strong> c<strong>in</strong>quanta per cento di tumori<strong>del</strong>le ossa. I ricercatori dispongono oggi di ceppi nei quali la frequenza spontaneadi un dato tipo di tumore è assai elevata e di ceppi, utilizzabili come controllo, neiquali tale frequenza è al contrario bassa o nulla. Sono stati progressivamente isolati66 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...ceppi, <strong>in</strong>bred ad alta e rispettivamente bassa <strong>in</strong>cidenza di tumori di vari organi e dileucemie, che costituiscono praticamente il materiale sperimentale di ognilaboratorio di oncologia.Al f<strong>in</strong>e di discipl<strong>in</strong>are e standardizzare la nomenclatura dei ceppi <strong>in</strong>bred di topi fucostituito nel 1952 un comitato il quale periodicamente <strong>in</strong>tegra la lista dei ceppi giànoti con quelli di nuovo isolamento.Anche per altre specie animali sono disponibili ceppi <strong>in</strong>bred, ma i caratteri sonomeno selezionati che per il topo: ciononostante, essi costituiscono un materiale perle prove sperimentali di gran lunga più adatto che i ceppi non selezionati.Si conoscono ora oltre c<strong>in</strong>quanta tipi di tumori trapiantabili, così che si dispone ditumori praticamente di tutti gli organi compresi quelli <strong>del</strong> sistema nervoso e dighiandole endocr<strong>in</strong>e; essi sono disponibili presso il National Institute of Health diBethesda.d) La coltura di cellule <strong>in</strong> vitroAltro ausilio tecnico di essenziale importanza per la cancerologia, come si è giàaccennato, è offerto dalla possibilità di coltivare le cellule, malgrado alcunelimitazioni dipendenti dalle diversità di condizioni di vita rispetto alle cellule<strong>del</strong>l'organismo. Lo studio <strong>del</strong>le colture cellulari presenta <strong>in</strong>estimabili vantaggi tra iquali importantissimo quello di consentire osservazioni <strong>in</strong> assenza di fenomeniimmunitari, che <strong>in</strong> vivo <strong>in</strong>terferiscono spesso validamente con l'attecchimento deitrapianti di tumori o di cellule trasformate <strong>in</strong> vitro.Le colture <strong>in</strong> vitro hanno messo <strong>in</strong> evidenza fenomeni <strong>del</strong> più alto <strong>in</strong>teresse: uno diquesti consiste nel fatto che mentre le cellule normali generalmente si sviluppano<strong>in</strong> vitro solo per alcune generazioni (a eccezione di alcune l<strong>in</strong>ee di recenteosservazione), quelle dei tumori si sviluppano <strong>in</strong>vece <strong>in</strong>def<strong>in</strong>itamente.Con adatti accorgimenti tecnici, e <strong>in</strong> particolare con la frequente sostituzione <strong>del</strong>liquido di sviluppo, si riesce a mantenere <strong>in</strong> coltura alcune cellule normali per varimesi. A tali colture si dà il nome convenzionale di ceppi (cell stra<strong>in</strong>s); una buonapercentuale di questi, però, dopo un tempo più o meno lungo muore. Talvolta,<strong>in</strong>vece, le colture diventano stabili, acquisiscono cioè la proprietà <strong>del</strong>lamoltiplicazione illimitata, e <strong>in</strong> tal caso a queste cellule si dà il nome di l<strong>in</strong>eecellulari (cell l<strong>in</strong>es). Sono al presente note varie l<strong>in</strong>ee cellulari normali e tumorali.Alcune l<strong>in</strong>ee derivano da fibroblasti di embrioni di topo di alcuni ceppi <strong>in</strong>bred,altre da fibroblasti di embrioni di hamster, una da cellule renali di scimmia verdeafricana. F<strong>in</strong>ora non si è riusciti a ottenere l<strong>in</strong>ee cellulari umane, mentre si disponedi l<strong>in</strong>ee di tumori umani tra cui famosa, perché largamente impiegata, la l<strong>in</strong>ea Helaproveniente da cellule di un tumore uter<strong>in</strong>o. Un'altra l<strong>in</strong>ea di tumore umano usatanell'oncologia virale è quella <strong>in</strong>dicata con la sigla Kb, proveniente da un carc<strong>in</strong>oma<strong>del</strong> nasofar<strong>in</strong>ge, che permette la crescita di adenovirus isolati dall'uomo.e) Il fenomeno <strong>del</strong>la trasformazioneUn'altra importante proprietà cellulare messa <strong>in</strong> evidenza con gli studi <strong>del</strong>le colture<strong>in</strong> vitro è quella <strong>del</strong>la perdita <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>ibizione da contatto, per azione sia dicarc<strong>in</strong>ogeni chimici sia di virus.Per l'allestimento <strong>del</strong>le colture, si opera il distacco <strong>del</strong>le cellule dal tessuto diprovenienza per mezzo <strong>del</strong>la digestione con trips<strong>in</strong>a <strong>del</strong>le strutture <strong>in</strong>terstiziali. Lecellule, libere le une dalle altre, si muovono nel liquido di coltura f<strong>in</strong>o a quandonon entrano <strong>in</strong> contatto tra loro; allora cessano i movimenti e si affiancano. Ilcontatto reciproco <strong>del</strong>le cellule determ<strong>in</strong>a anche la cessazione <strong>del</strong>l'attività mitotica.In tal modo per la scomparsa <strong>del</strong>la motilità e <strong>del</strong>la capacità di moltiplicarsi si formaun tappeto monostratificato di cellule contigue e la coltura entra <strong>in</strong> fasestazionaria. A tale fenomeno di cessazione dei movimenti e blocco <strong>del</strong>lamoltiplicazione si dà il nome, proposto da M. Abercrombie (v., 1961 e 1962) chescopri il fenomeno, di ‛<strong>in</strong>ibizione da contatto'. Le cellule di tumore, <strong>in</strong>vece dicrescere <strong>in</strong> tappeto, restano libere fra loro nei terreni liquidi, mentre sisovrappongono <strong>in</strong> più strati formando dei cumuli ben identificabili <strong>in</strong> colture <strong>in</strong>agar molle, costituendo quelli che sono anche chiamati foci di trasformazione.La morfologia <strong>del</strong>le cellule trasformate è molto diversa da quella <strong>del</strong>le cellule dicolture normali: i fibroblasti normali, ad esempio, hanno forma fusata, ma quando67 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...sono trasformati diventano rotondeggianti e molto spesso presentano variazioni<strong>del</strong> numero dei cromosomi. Altra importante caratteristica è che le celluletrasformate crescono con maggiore velocità, così che la loro densità, cioè il numerodi cellule per un dato volume o una data superficie, aumenta nettamente.Molti ritengono che l'<strong>in</strong>ibizione da contatto sia l'espressione di un meccanismo diregolazione <strong>del</strong>lo sviluppo, e che la perdita ditale capacità potrebbe, almeno <strong>in</strong>parte, spiegare la crescita illimitata o, come si dice, sfrenata <strong>del</strong>le celluleneoplastiche: queste, cioè, sarebbero caratterizzate dalla perdita di uno deicontrolli <strong>del</strong>la moltiplicazione.Alcuni fatti <strong>in</strong>dicano che nella trasformazione si verificano alterazioni di una certaentità a livello <strong>del</strong>la membrana cellulare. Si è visto che nelle cellule trasformate davirus di Rous dim<strong>in</strong>uisce notevolmente la concentrazione<strong>del</strong>l'adenos<strong>in</strong>monofosfato ciclico, c-AMP, potente regolatore di molti processimetabolici, mediatore <strong>del</strong>la risposta cellulare a vari ormoni.Tale dim<strong>in</strong>uzione <strong>del</strong> c-AMP pare sia di essenziale importanza nel processo ditrasformazione, come risulta dall'importante constatazione che la sua aggiunta acellule <strong>in</strong>fettate con virus di Rous ne blocca la trasformazione <strong>in</strong> celluleneoplastiche. Ricerche sull'agglut<strong>in</strong>abilità <strong>del</strong>le cellule condotte con l'impiego diuna sostanza di natura proteica, la concanaval<strong>in</strong>a A, e di due glicoprote<strong>in</strong>e, tutte diorig<strong>in</strong>e vegetale e <strong>in</strong> grado di legarsi a tre differenti carboidrati, hanno consentitodi dimostrare anzitutto che nel processo di trasformazione le alterazioni <strong>del</strong>lamembrana cellulare svolgono un ruolo di primaria importanza; <strong>in</strong>oltre, che sullasuperficie di fibroblasti trasformati <strong>in</strong> vitro esistono almeno tre siti differenti,corrispondenti ai tre carboidrati legabili dalle tre diverse agglut<strong>in</strong><strong>in</strong>e, ai quali peranalogia con altre situazioni biologiche si dà il nome di recettori. Non è escluso cheoltre ai tre recettori <strong>in</strong>dividuati, ne esistano altri con diversi carboidrati. Ciòdimostra l'esistenza di una sostanziale differenza tra superfici, cioè membrane<strong>del</strong>le cellule agglut<strong>in</strong>abili, <strong>in</strong> particolare di quelle trasformate, e membrane <strong>del</strong>lecellule normali. Tale differenza consisterebbe nella posizione dei recettori, chenella cellula normale sarebbero situati più all'<strong>in</strong>terno <strong>del</strong>la membrana, qu<strong>in</strong>di nonesposti e non comb<strong>in</strong>abili con agglut<strong>in</strong><strong>in</strong>e, mentre nella cellula trasformatasarebbero più all'esterno, qu<strong>in</strong>di esposti.Questa spiegazione è convalidata dal fatto che cellule normali sottoposte adigestione con trips<strong>in</strong>a divengono agglut<strong>in</strong>abili sia dalla concanaval<strong>in</strong>a siadall'agglut<strong>in</strong><strong>in</strong>a da germi di grano. Si ha ragione di credere che i recettori perl'agglut<strong>in</strong><strong>in</strong>a da semi di soia sarebbero situati più profondamente degli altri nellamembrana cellulare, <strong>in</strong> quanto solo alcune cellule trasformate sono da essaagglut<strong>in</strong>abili, e per rendere agglut<strong>in</strong>abili quelle normali il trattamento con trips<strong>in</strong>adeve essere protratto.Il meccanismo con il quale le cellule neoplastiche divengono agglut<strong>in</strong>abili dalle tresostanze non è chiaro, ma il fenomeno verosimilmente <strong>in</strong>dica che nel passaggio dacellula normale a trasformata si ha perdita di qualche costituente chimico <strong>del</strong> tuttoperiferico nella cellula.Si è anche prospettata l'idea che nelle cellule trasformate i recettori che legano leagglut<strong>in</strong><strong>in</strong>e siano più ad- densati <strong>in</strong> alcuni tratti <strong>del</strong>la membrana, qu<strong>in</strong>di piùfacilmente comb<strong>in</strong>abili con le agglut<strong>in</strong><strong>in</strong>e vegetali (fenomeno <strong>del</strong> cap<strong>in</strong>g).Connessi probabilmente con questo sono altri due fenomeni <strong>in</strong>dicati comeadhesivity e stick<strong>in</strong>ess: parole che, se pure traducibili <strong>in</strong> italiano ambedue con‛adesività', esprimono tuttavia due concetti differenti e pertanto vengonocomunemente impiegate <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese. Secondo D. R. Coman (v., 1961), il primo diquesti due term<strong>in</strong>i <strong>in</strong>dica la forza che si oppone alla separazione meccanica di duecellule unite tra loro, il secondo la tendenza di una cellula ad aderire a unsubstrato, ad esempio alla superficie di un vetro. Secondo lo stesso Coman, mentrele cellule normali sono dotate di grande adhesivity ma di scarsa stick<strong>in</strong>ess, quelleneoplastiche mostrano caratteri opposti. In altri term<strong>in</strong>i, le cellule normali tendonoad aderire fortemente tra loro, quelle neoplastiche molto meno ; ma mentre lenormali si attaccano debolmente alle superfici, quelle neoplastiche, <strong>in</strong>vece, vi sifissano più fortemente. Probabilmente questi due fenomeni sono solo aspettiparticolari <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>ibizione da contatto, cioè <strong>del</strong>le alterazioni alle quali lo stratoperiferico <strong>del</strong>la cellula va <strong>in</strong>contro nel passaggio a cellula trasformata, per cui le68 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...cellule normali aderiscono tra loro e formano tappeto, mentre le neoplastiche nonaderiscono tra loro e restano libere o si pluristratificano. Sarebbe <strong>in</strong>teressanteconoscere quale ruolo i vari siti sensibili alle diverse agglut<strong>in</strong><strong>in</strong>e svolgano nei duefenomeni di adhesivity e di stick<strong>in</strong>ess.La dim<strong>in</strong>uzione <strong>del</strong>la adhesivity viene ritenuta da Kojima e Sakai (v., 1964) fattoredi rilievo per la formazione <strong>del</strong>le metastasi, perché, essendo deboli le forze<strong>in</strong>tercellulari, alcune cellule facilmente si staccano dalle altre, passano nel sangue onella l<strong>in</strong>fa e possono colonizzare a distanza.2. Cancerogenesi chimicaFrequentemente <strong>in</strong> medic<strong>in</strong>a l'osservazione cl<strong>in</strong>ica ha determ<strong>in</strong>ato l'<strong>in</strong>izio diricerche biologiche che, a loro volta, hanno giovato alla soluzione <strong>del</strong> problemapratico; così pure <strong>in</strong> cancerologia partendo da osservazioni cl<strong>in</strong>iche si è giunti allostudio e alle scoperte <strong>del</strong>la cancerogenesi chimica. Tali ricerche hanno portatoall'identificazione di composti ad attività carc<strong>in</strong>ogenetica e, conseguentemente,hanno prospettato il problema <strong>del</strong>le modalità secondo le quali queste sostanzedeterm<strong>in</strong>ano la trasformazione di una cellula normale <strong>in</strong> cellula neoplastica.Nel 1775-1778 P. Pott, famoso medico <strong>in</strong>glese noto anche per la prima descrizione<strong>del</strong>la tubercolosi dei corpi vertebrali, richiamò l'attenzione sulla frequenza ditumori <strong>del</strong>lo scroto negli spazzacam<strong>in</strong>i (v. Pott, 1778).Un secolo più tardi, R. V. Volkmann (v., 1875) descrisse un secondo tipo di cancroprofessionale, cioè l'epitelioma cutaneo nei lavoratori <strong>del</strong> catrame o <strong>del</strong>la paraff<strong>in</strong>a.Tuttavia, i primi tentativi di riprodurre sperimentalmente tumori <strong>in</strong> animali dalaboratorio mediante spennellatura <strong>del</strong>la cute con catrame di carbone non furonocoronati da successo: <strong>in</strong>fatti A. N. Hanau (v., 1889) non ottenne alcun risultato, névero risultato positivo ottenne H. Bayon (v., 1912).Il problema fu qu<strong>in</strong>di abbandonato per alcuni anni, per quanto fosse sempreevidente uno stretto rapporto tra catrame e cancro, f<strong>in</strong>ché Yamagiwa e Ichikawa(v., 1914), dopo aver spennellato pazientemente per mesi con catrame la cute <strong>del</strong>padiglione di orecchi di conigli, ottennero lo sviluppo di veri cancri cutanei a largacapacità <strong>in</strong>filtrativa nel derma. Fu così dimostrato sperimentalmente quantol'osservazione cl<strong>in</strong>ica aveva notato, cioè che il cancro dei lavoratori <strong>del</strong> catrame èdovuto all'azione di tale sostanza, ed ebbe qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong>izio la cosiddetta era <strong>del</strong>lacancerogenesi chimica.Ma l'<strong>in</strong>teresse per i tumori da catrame si destò <strong>in</strong> Europa solo alcuni anni dopo laprima guerra mondiale, e dopo che la dimostrazione fornita da H. Tsutsui (v., 1918)<strong>del</strong>la possibilità di provocare sperimentalmente cancri cutanei da catrame sullacute di topi stimolò e facilitò lo sviluppo <strong>del</strong>le ricerche <strong>in</strong> proposito. Infatti, qualcheanno dopo, R. D. Passey (v., 1922) con l'applicazione di estratti eterei di fuligg<strong>in</strong>esulla cute dei topi ottenne lo sviluppo di cancri cutanei, riproducendo cosìsperimentalmente il cancro <strong>del</strong>lo scroto degli spazzacam<strong>in</strong>i, secondo il citato nessodi dipendenza prospettato dal Pott.Il catrame è una complessa miscela di sostanze organiche e <strong>in</strong>organiche: siimponeva, qu<strong>in</strong>di, la necessità di isolare da esso la sostanza o le sostanze dotate dipotere oncogeno. Elim<strong>in</strong>ata la possibilità che questo fosse dovuto a costituenti<strong>in</strong>organici <strong>del</strong> catrame e <strong>in</strong> particolare all'arsenico, nel quale vari ricercatoriavevano <strong>in</strong>izialmente creduto di <strong>in</strong>dividuare l'elemento responsabile <strong>del</strong>lacancerizzazione per la diffusa op<strong>in</strong>ione circa il presunto potere oncogeno di taleelemento (cancro da arsenico), fu presto accertato che l'attività oncogena èriferibile a idrocarburi aromatici e precisamente a quelli che distillano tra 300 e400 °C: dunque, idrocarburi a elevato peso molecolare. Un importante progressofu realizzato da E. L. Kennaway (v., 1924 e 1925), che ottenne composticancerogeni molto potenti trattando l'acetilene e l'isoprene <strong>in</strong> atmosfera diidrogeno ad alta temperatura (idrocarburi artificiali). Il riconoscimento degliidrocarburi nei distillati, e nei tessuti con essi trattati, fu <strong>in</strong>oltre facilitato dallascoperta che le sostanze biologicamente attive sono contenute nelle frazioni <strong>del</strong>distillato il cui spettro di assorbimento presenta tre massimi, cioè a 400, 418 e 440mm (v. Hieger, 1930).Carc<strong>in</strong>ogeni furono anche ottenuti da sostanze presenti nell'organismo, come il69 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...colesterolo, nonché da estratti di pelle, di capelli ecc. (v. Hieger, 1946, 1947, 1949 e1959). Anche da oli m<strong>in</strong>erali furono ottenuti carc<strong>in</strong>ogeni (v. Leitch, 1922).a) IdrocarburiL'1-2-benzantracene fu il primo composto puro, <strong>in</strong>dividuato nel 1933 da I. Hieger(v.), il cui spettro di fluorescenza si avvic<strong>in</strong>ava a quello <strong>del</strong>la frazione attiva, anchese non si identificava con esso. Peraltro né tale composto né l'antracene da cui essoderiva avevano attività cancerogena.FormulaTuttavia l'identificazione <strong>del</strong>l'1,2-benzantracene servì da guida per scoprire altritipi molecolari a esso analoghi e rese così possibile trovare il primo potentecarc<strong>in</strong>ogeno, cioè l'1,2:5,6-dibenzantracene (v. Kennaway e Hieger, 1930).FormulaDa allora sono stati isolati oltre trecento idrocarburi cancerogeni a potenzavariabile. Alcuni, che determ<strong>in</strong>ano l'<strong>in</strong>sorgenza di tumore solo <strong>in</strong> qualche specieanimale e solo <strong>in</strong> qualcuno degli animali trattati, <strong>in</strong> genere dopo un lungo periododi latenza, vengono <strong>in</strong>dicati come carc<strong>in</strong>ogeni deboli o debolissimi. Al contrario, siconoscono idrocarburi che <strong>in</strong> varie specie animali (topo, ratto, coniglio, criceto,piccione ecc.) e <strong>in</strong> vari tessuti <strong>in</strong>ducono la formazione di tumori che ripetono lastruttura dei tessuti dai quali orig<strong>in</strong>ano (epiteliomi negli epiteli, sarcomi nelconnettivo sottocutaneo, rabdomiomi nel tessuto muscolare, osteosarcomi nelleossa ecc.). Non è accertata la possibilità <strong>del</strong>la produzione di tumori <strong>del</strong> tubodigerente per mezzo di idrocarburi anche molto potenti, come dubbia è quella di<strong>in</strong>durre con tali sostanze leucemie e tumori <strong>del</strong>la mammella.Di due altri idrocarburi aromatici occorre far cenno, per il particolare significatoche hanno avuto <strong>in</strong> questi studi (v. Hieger, 1961). Uno è il 3,4-benzopireneFormulala cui importanza nella storia <strong>del</strong>la cancerologia deriva dal fatto che il suo spettrodi fluorescenza è il più <strong>in</strong>tenso tra tutti, onde è servito da guida per ilriconoscimento e per l'isolamento <strong>del</strong>le molecole biologicamente più attive <strong>in</strong> unamiscela di idrocarburi.L'altro è il 3-metilcolantrene, uno tra i più potenti carc<strong>in</strong>ogeni che si conoscano.FormulaÈ <strong>in</strong>teressante il fatto che il metilcolantrene fu preparato per la prima volta da H.Wieland ed E. Dane (v., 1933) dall'acido desossicolico e poi da W. Rossner (v.,1937) dal colesterolo, cioè da due componenti naturali degli organismi. Con ciò siponeva il quesito, peraltro non ancora risolto, se sia possibile che nell'organismodall'acido desossicolico e <strong>in</strong> particolare dal colesterolo abbiano orig<strong>in</strong>e molecoletipo metilcolantrene.Tra gli idrocarburi debolissimi e quelli ad altissima attività si <strong>in</strong>seriscono, <strong>in</strong>graduale successione, gli altri. Nella sperimentazione si impiegano <strong>in</strong> genere oquelli debolissimi o, all'opposto, quelli altamente attivi. I primi vengonospecialmente usati nelle ricerche con i cosiddetti fattori cocancerogeni, cioè fattoridi per sé <strong>in</strong>nocui o a debolissima attività oncogena, ma capaci di potenziarefortemente l'attività dei carc<strong>in</strong>ogeni deboli.L'alchilazione <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ati punti <strong>del</strong>lo scheletro di alcuni idrocarburi aromatici<strong>in</strong>duce la comparsa di attività cancerogena o il suo potenziamento. L'alchile piùattivo è il metile, poi l'<strong>in</strong>fluenza decresce con l'aumentare dei carboni f<strong>in</strong>o adannullarsi <strong>in</strong> corrispondenza dei derivati butilici. L'<strong>in</strong>troduzione di un secondometile <strong>in</strong>crementa l'attività cancerogena, ma solo per alcuni idrocarburi, e forseanche per un terzo metile si determ<strong>in</strong>a un lieve rafforzamento rispetto aldimetilderivato; ulteriori metilazioni non fanno aumentare l'attività. Un fatto70 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...importante, risultato dalle numerose ricerche eseguite sullo scheletrofondamentale <strong>del</strong>l'1,2-benzantracene, è che esistono <strong>in</strong> esso punti di massimasensibilità all'alchilazione situati a livello dei carboni <strong>in</strong> posizione 5, 9 e 10; moltomeno sensibili sono quelli <strong>in</strong> posizione 6, 7, 8, 3, 4, e <strong>del</strong> tutto <strong>in</strong>sensibili quelli <strong>in</strong>posizione 1′, 2′, 3′ e 4′. Il punto di massima sensibilità <strong>del</strong> crisene è, <strong>in</strong>vece, ilcarbonio <strong>in</strong> posizione 2, un poco meno sensibili sono quelli <strong>in</strong> 1 e <strong>in</strong> 6.FormulaSi può anche, per metilazione <strong>in</strong> alcuni punti, far perdere all'idrocarburo ogniattività cancerogena: tale è il caso <strong>del</strong> 3,4-benzopirene, molecola che permetilazione dei carboni 2′ e 3′ diviene <strong>in</strong>attiva. L'<strong>in</strong>troduzione nelle molecole diidrocarburi di altri gruppi altamente reattivi come OH, COOH, CH2Cl ecc. portaalla loro <strong>in</strong>attivazione come cancerogeni; ma anche questa non è regola generale,perché <strong>in</strong> alcuni, come il 10-metil-1,2-benzantracene, alcune sostituzioni nonalterano praticamente il potere oncogeno.L'idrogenazione <strong>in</strong>attiva i carc<strong>in</strong>ogeni; l'<strong>in</strong>troduzione di un idrogeno <strong>in</strong> uno deidoppi legami di uno degli anelli aromatici <strong>in</strong>duce abbassamento <strong>del</strong> potereoncogeno, che va completamente perduto se l'idrogenazione <strong>del</strong>la molecola ècompleta.L'attività cancerogena degli idrocarburi aromatici è massima nei composti tetra- epentaciclici nei quali si sia determ<strong>in</strong>ata o la metilazione <strong>in</strong> alcuni punti disensibilità o la coniugazione con un altro anello benzenico <strong>in</strong> posizione laterale(anellazione), con l'effetto che H. Druckrey (v., 1950) chiamò auxocancerogeno.Secondo lo stesso ricercatore, gli idrocarburi a tre o anche a quattro anellibenzenici, a comb<strong>in</strong>azione laterale, non sono cancerogeni ma hanno <strong>in</strong> sé lapossibilità di diventarlo: sono cioè, come egli si esprime, cancerofori. Tutte quelleazioni che deformano la molecola o agiscono sui doppi legami degli anellideterm<strong>in</strong>ano attenuazione o perdita <strong>del</strong>l'attività cancerogena (v. Butenandt eDannenberg, 1956); uguale effetto causa la sostituzione con gruppi atomici moltoreattivi o che hanno proprietà acide.Nel 1940 O. Schmidt (v.) richiamò l'attenzione sulla relazione esistente tra poterecarc<strong>in</strong>ogenetico degli idrocarburi e densità di elettroni mobili - gli elettroni π - <strong>in</strong>alcuni punti <strong>del</strong>la molecola, cioè nella cosiddetta regione K e nella regione L. Laregione L è chimicamente più reattiva, perché più facilmente vi avvengonosostituzioni, e la regione K è quella dei doppi legami più altamente reattivi degliidrocarburi tipo fenantrene. La densità elettronica <strong>del</strong>la regione K deve, secondo A.e B. Pullman (v., 1954) e altri studiosi di chimica-fisica, superare un certo valoreperché la molecola <strong>del</strong>l'idrocarburo sia cancerogena.Un altro cancro professionale - quello <strong>del</strong>la vescica dei lavoratori di anil<strong>in</strong>a ederivati, messo <strong>in</strong> evidenza da osservazioni cl<strong>in</strong>iche di L. Rehn (v., 1895) - ha datempo posto il problema <strong>del</strong>l'importanza <strong>del</strong>l'anil<strong>in</strong>a come cancerogeno. Lasemplice molecola <strong>del</strong>l'anil<strong>in</strong>a non ha tale potere, che è <strong>in</strong>vece posseduto dallaβ-naftilamm<strong>in</strong>a, dalla β-antramm<strong>in</strong>a e dal 2-amm<strong>in</strong>ofluorene.FormulaFormulaFormulaFormulaQuest'ultimo composto, specialmente attivo come acetilderivato (9), è di notevoleimportanza: esso <strong>in</strong>duce <strong>in</strong> varie specie animali tumori di organi vari a strutturaistologica diversa. Molto probabilmente è carc<strong>in</strong>ogeno non il2-acetilamm<strong>in</strong>ofluorene, bensì una sostanza orig<strong>in</strong>ata dalla sua degradazionemetabolica: F. Bielschowsky e W. H. Hall (v., 1951) dimostrarono <strong>in</strong>fatti cheponendo due ratti <strong>in</strong> parabiosi il tumore si sviluppa solo nell'animale cui è statosomm<strong>in</strong>istrato con l'alimento il composto, i cui prodotti di degradazione vengono71 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...rapidamente fissati nei tessuti, senza diffondere nell'animale a lui unito.Anche per quanto riguarda la β-naftilamm<strong>in</strong>a è verosimile che il corpo attivo sia unprodotto <strong>del</strong> suo metabolismo, probabilmente identificabile nel 2-amm<strong>in</strong>o-1-naftolo che viene elim<strong>in</strong>ato con le ur<strong>in</strong>e e pertanto permane <strong>in</strong> vescica:l'applicazione di tale sostanza sulla mucosa vescicale <strong>in</strong>duce <strong>in</strong>fatti formazione ditumore. Il 2-amm<strong>in</strong>ofluorene e la β-naftilamm<strong>in</strong>a si citano come esempi <strong>del</strong>lacosiddetta cancerizzazione a distanza, espressione con la quale si suole <strong>in</strong>dicare losviluppo di cancro <strong>in</strong> sede diversa da quella <strong>del</strong>l'applicazione <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>ogeno. Ciòsignifica che solo dal metabolismo <strong>del</strong> composto ha luogo la formazione <strong>del</strong>lamolecola attiva che si fissa e causa sviluppo di tumore: questo può avvenirenell'organo stesso <strong>del</strong>la captazione e <strong>del</strong>la successiva degradazione metabolica;oppure il composto viene fissato <strong>in</strong> un organo, ad esempio nel fegato, ove si svolgela sua degradazione metabolica seguita da rapida elim<strong>in</strong>azione dei metaboliti equ<strong>in</strong>di dall'<strong>in</strong>duzione <strong>del</strong> tumore negli organi di elim<strong>in</strong>azione (vescica, vie biliariecc.).Anche per il 2-acetilamm<strong>in</strong>ofluorene molte ricerche riguardano il raggruppamentoatomico attivo. La molecola è abbastanza resistente a trattamenti chimici, ondesostituzioni varie non ne alterano essenzialmente l'attività; questa è ridotta nell'Ndimetilamm<strong>in</strong>ofluorenee rafforzata, <strong>in</strong>vece, per <strong>in</strong>troduzione di un secondogruppo acetilamm<strong>in</strong>ico o di un atomo di fluoro nel carbonio <strong>in</strong> posizione 7.b) AzocompostiAltra serie di composti a cancerizzazione a distanza è quella degli azocomposti. Le<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i <strong>in</strong> proposito traggono orig<strong>in</strong>e dal cosiddetto fenomeno di Fischer: quest<strong>in</strong>el 1906 osservò che l'<strong>in</strong>troduzione di rosso scarlatto o di Sudan III nelsottocutaneo <strong>del</strong> padiglione <strong>del</strong>l'orecchio dei conigli determ<strong>in</strong>ava l'<strong>in</strong>sorgenza diproliferazioni epiteliali tendenti anche all'<strong>in</strong>vasione e alla corneificazione, concaratteri cioè di tipo epiteliomatoso. A tale fenomeno, <strong>in</strong> generale, non fu dataimportanza e lo si ritenne espressione eccito-proliferativa senza rapporto conepiteliomi, anche perché le proliferazioni facilmente regredivano. In seguito T.Sasaki e T. Yoshida (v., 1935) scoprirono che l'o-amm<strong>in</strong>oazotoluene, che precedentiricerche di E. Hayward (v., 1909) avevano dimostrato essere la sostanza attiva <strong>del</strong>rosso scarlatto producente il fenomeno di Fischer, determ<strong>in</strong>ava nei ratti ai quali erastato somm<strong>in</strong>istrato con gli alimenti lo sviluppo di tumori epatici. Questa scopertaaprì un vasto campo di studi, tuttora <strong>in</strong> pieno sviluppo, e alimentò la speranza discoprire la sostanza o le sostanze <strong>in</strong> grado di causare tumori <strong>del</strong> fegato nell'uomo.Un fatto molto importante, messo <strong>in</strong> luce dalle ricerche di H. Druckrey e K.Küpfmüller (v., 1948), è che l'attività cancerogena risulta, <strong>in</strong> una certa maniera,dipendente non dal tempo nel quale viene somm<strong>in</strong>istrato un composto, ma dallasoglia critica <strong>del</strong>la sua somm<strong>in</strong>istrazione, che può essere raggiunta <strong>in</strong> tempivariabili. Tra le altre dimostrazioni appare particolarmente valida quella <strong>del</strong>laStop- Versuche (ricerca con stop): se un ratto è nutrito per un certo tempo con dosibasse di cancerogeno <strong>del</strong> quale si sospende poi la somm<strong>in</strong>istrazione, il tumore nonsi sviluppa; se però dopo un certo tempo si riprende a somm<strong>in</strong>istrare il compostocon la dieta, l'epatoma compare quando è stata raggiunta la quantitàcorrispondente a somm<strong>in</strong>istrazioni giornaliere cont<strong>in</strong>uative. Il fenomeno è analogoa quello che si riscontra nel caso <strong>del</strong>le radiazioni, per le quali ha importanza lasommazione <strong>del</strong>le dosi, anche se tale sommazione avviene <strong>in</strong> periodi molto lunghi.La dose critica varia molto <strong>in</strong> rapporto al ceppo di ratti e alle condizionisperimentali, oscillando da 350 a 1.200 mg. Per uno stesso ceppo genetico, <strong>in</strong>condizioni determ<strong>in</strong>ate, particolarmente per quanto riguarda l'alimentazione, taledose critica è abbastanza costante. Sembra <strong>in</strong>oltre che l'arricchimento <strong>del</strong>la dietacon vitam<strong>in</strong>a B2 ritardi notevolmente lo sviluppo <strong>del</strong> tumore.La molecola madre è costituita dall'azobenzeneFormulache non è cancerogeno. Il suo derivato dimetilato, 2,3′-azotoluene, possiede unacerta attività. I composti più attivi orig<strong>in</strong>ano dal 4-amm<strong>in</strong>oazobenzene, molecolaancora a debole attività carc<strong>in</strong>ogena.72 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...FormulaFormulaTale attività diviene elevata nel 4-dimetilamm<strong>in</strong>oazobenzene e specialmente nel4-metiletilamm<strong>in</strong>oazobenzene. I composti (12) e (13) vengono trasformatifacilmente l'uno nell'altro nei processi metabolici cellulari.FormulaIl 4-dimetilamm<strong>in</strong>oazobenzene era un tempo usato nelle <strong>in</strong>dustrie dei grassi comecolorante <strong>del</strong> burro (giallo burro), ma <strong>in</strong> seguito alla scoperta <strong>del</strong>la sua attivitàcancerogena ne è stato, naturalmente, vietato l'impiego.La sostituzione <strong>del</strong> ponte di azoto con un gruppo etilenico porta alla produzione distilbeni, alcuni dei quali, come il 4-dimetilamm<strong>in</strong>ostilbene, sono cancerogeni;Formulaal contrario, il 4-amm<strong>in</strong>ostilbene <strong>in</strong>ibisce la crescita tumorale.Già nel 1937 A. Haddow e A. M. Rob<strong>in</strong>son (v.) avevano visto che l'<strong>in</strong>oculazione dialcuni idrocarburi <strong>in</strong>ibiva la crescita di tumori negli animali; successivamente, nel1947, Haddow e Kon (v.) trovarono che il 4-amm<strong>in</strong>ostilbene era molto più attivo diessi come ant<strong>in</strong>eoplastico.La constatazione che alcuni composti di una stessa serie agiscono da deboli e alcunida potenti carc<strong>in</strong>ogeni, che altri risultano <strong>del</strong> tutto <strong>in</strong>differenti e altri ancoraesercitano addirittura attività biologica opposta, ha posto già da tempo numerosi ecomplessi problemi teorici e sperimentali.c) UretanoUn carc<strong>in</strong>ogeno chimico di particolare <strong>in</strong>teresse è l'uretano (etilcarbammato).FormulaLa scoperta <strong>del</strong>l'attività carc<strong>in</strong>ogenetica di tale sostanza avvenne, come taloraaccade, fortuitamente. Nel 1943 A. Nettleship e altri (v.) dovendo realizzare, per leloro ricerche sugli effetti <strong>del</strong>le radiazioni nel topo, un tipo di anestesia di più lungadurata di quella che si otteneva con il pentobarbitale, impiegarono unapreparazione a base di etiluretano, usata <strong>in</strong> veter<strong>in</strong>aria: notarono allora ilsorprendente fatto che 26 su 29 giovani femm<strong>in</strong>e di topo presentarono, dopo uncerto tempo, tumori <strong>del</strong> polmone causati, come fu poi possibile accertare con icontrolli, non dall'irradiazione, ma dal narcotico.Tale scoperta diede orig<strong>in</strong>e a numerose ricerche sull'azione <strong>del</strong>l'uretano a livello divarie funzioni cellulari e fu possibile mettere <strong>in</strong> evidenza come gli effetti maggiori<strong>del</strong> composto si esplicassero sul nucleo, e <strong>in</strong> particolare sul DNA, con conseguentialterazioni dei cromosomi.L'uretano è cancerogeno, oltre che per il topo, anche per il ratto; per altre specie,<strong>in</strong>vece, come cavia e pollo, è <strong>del</strong> tutto <strong>in</strong>attivo. Esso risulta cancerogeno anche perapplicazione locale, cioè per pennellazioni <strong>del</strong>la cute, e tale effetto è potenziabilecon cocarc<strong>in</strong>ogeni come l'olio di croton. L'uretano è un carc<strong>in</strong>ogenomultipotenziale perché, somm<strong>in</strong>istrato per via alimentare con l'acqua da bere atopi neonati, causa non solo tumori <strong>del</strong> polmone, ma anche <strong>del</strong>la mammella e <strong>del</strong>fegato, e <strong>in</strong>oltre emangiomi e l<strong>in</strong>fomi <strong>del</strong> timo. Ciò dipende dal fatto che ilcomposto, quale che sia la via d'<strong>in</strong>troduzione, si ripartisce, press'a poco alla stessaconcentrazione, tra tutti i tessuti dai quali, però, scompare <strong>in</strong> poche ore. Non siconoscono ancora esattamente le varie tappe metaboliche <strong>del</strong>l'uretano: si sacomunque che esso è metabolizzato dal fegato ed escreto come urea e che il 90%<strong>del</strong> carbonio <strong>del</strong> gruppo carbossilico è elim<strong>in</strong>ato sotto forma di CO2. Tale ultimopunto, dimostrato dal reperto nell'aria espirata <strong>del</strong>la massima parte <strong>del</strong>laradioattività <strong>del</strong> carbonio marcato <strong>del</strong> residuo carbammico, potrebbe spiegare73 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...l'elevata <strong>in</strong>cidenza di tumori polmonari <strong>in</strong> animali sottoposti all'azione oncogena<strong>del</strong>l'uretano. Desta tuttora sorpresa il fatto che una sostanza a modesto pesomolecolare, quale è l'uretano, solubile <strong>in</strong> acqua e rapidamente elim<strong>in</strong>abile, esercit<strong>in</strong>otevole potere oncogeno a sede multipla. Occorre ricordare che O. Warburg (v.,1921) ritenne che l'attività cancerogena <strong>del</strong>l'uretano fosse ascrivibile al suo poterenarcotico, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva, qu<strong>in</strong>di, a limitazione <strong>del</strong>la respirazione cellulare: egli tentòdi spiegare la narcosi da uretano come dovuta a competizione, sulla superficiecellulare, tra molecole <strong>del</strong> narcotico e molecole di sostanze nutritive, quali glucosioe amm<strong>in</strong>oacidi, e <strong>in</strong>terpretò tale fenomeno come conseguenza di una <strong>in</strong>ibizione<strong>del</strong>le ossidazioni cellulari, dimostrando che l'azione narcotica aumenta conl'allungarsi <strong>del</strong>la catena carboniosa negli omologhi superiori <strong>del</strong>l'etiluretano.Tuttavia tali composti non pare che esercit<strong>in</strong>o attività oncogena, come <strong>in</strong>vece ci sisarebbe aspettato qualora l'attività oncogena fosse stata realmente correlata conquella narcotica.L'uretano, oltre a possedere attività cancerogena, è anche <strong>in</strong> grado di esercitarepotere antiproliferativo, come fu messo <strong>in</strong> evidenza da A. Haddow e W. A. Sexton(v., 1946) prima su tumori solidi e poi sulle leucemie, nelle quali l'azione èparticolarmente rilevante: per un certo tempo, qu<strong>in</strong>di, si diffuse l'impiego <strong>del</strong>composto come farmaco ant<strong>in</strong>eoplastico specialmente <strong>in</strong> alcune forme di leucemiae nel mieloma, e ancora oggi alcuni ricercatori paragonano i risultati che siconseguono con antileucemici vari a quelli che, per controllo e riferimento, siottengono con l'uretano. Si <strong>in</strong>clude comunemente il farmaco nella vasta serie deiveleni antimitotici: la sua somm<strong>in</strong>istrazione <strong>in</strong>duce <strong>in</strong>fatti caratteristichealterazioni nucleari (v. chemioterapia ant<strong>in</strong>eoplastica).Anche per alcuni composti <strong>del</strong>la classe degli idrocarburi cancerogeni era da tempoconosciuta l'azione ant<strong>in</strong>eoplastica: si tratta, tuttavia, di molecole vic<strong>in</strong>estrutturalmente, ma diverse <strong>in</strong> uno o più raggruppamenti atomici rispetto a quelledotate di potere oncogeno. Per quanto riguarda l'uretano, <strong>in</strong>vece, sembrerebbe chela stessa semplice molecola possegga entrambe le capacità, cancerogena eanticancerogena, e il fenomeno viene da alcuni studiosi messo <strong>in</strong> relazione amomenti di sensibilità diversa <strong>del</strong>le fasi <strong>del</strong> ciclo cellulare.Sembra però più probabile che <strong>in</strong> conseguenza <strong>del</strong>le attività metaboliche specifichedei diversi tipi cellulari si form<strong>in</strong>o dalla stessa molecola prodotti diversi, talunicapaci di esercitare potere oncogeno nei riguardi di alcuni tipi di cellule, altri<strong>in</strong>vece dotati di potere antiproliferativo e ant<strong>in</strong>eoplastico. Si potrebbe cosiammettere che a contatto con le cellule neoplastiche, caratterizzate da unparticolare metabolismo parzialmente anaerobico, l'uretano dia luogo allaformazione di molecole ad attività antiproliferativa, contrariamente a quanto siverifica nel caso <strong>del</strong>le cellule normali, nei cui confronti il composto agisce dacarc<strong>in</strong>ogeno.d) Mostarde, etilenimm<strong>in</strong>e, epossidiPer altri gruppi di sostanze, come le mostarde, le etilenimm<strong>in</strong>e e gli epossidi, siosservano fatti analoghi: attività carc<strong>in</strong>ogenetica esplicata da alcuni tipi molecolari,attività anticarc<strong>in</strong>ogenetica svolta da altri a questi correlati. C'è troppo riscontro,anche per composti a struttura molecolare estremamente diversa, tra le due azionibiologiche, quella favorente e quella <strong>in</strong>ibente la crescita neoplastica, per potersospettare che si tratti di evenienze casuali disgiunte. Più logico appare, pertanto,ammettere l'esistenza di uno stretto nesso, e sulla guida <strong>del</strong>la struttura chimica<strong>del</strong>le varie sostanze cercare il punto bersaglio <strong>del</strong>l'una o <strong>del</strong>l'altra azione.Le mostarde (iprite e derivati) erano da tempo note come sostanze ad azioneanaloga o almeno confrontabile con quella <strong>del</strong>le radiazioni. Il corpo base, notocome gas mostarda o iprite, è il bis(2-cloroetil)solfuro.FormulaQuesta sostanza, somm<strong>in</strong>istrata per <strong>in</strong>alazione, provoca nei topi la comparsa ditumori polmonari e <strong>in</strong>trodotta per via sottocutanea determ<strong>in</strong>a <strong>in</strong> topi e rattisviluppo di sarcomi (v. Heston, 1950). Molto più attive risultano le mostardeazotate, nelle quali lo zolfo è sostituito da un azoto mono- o dimetilato, come la74 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...metilbis(2-cloroetil)amm<strong>in</strong>a e la tris(2-cloroetil)amm<strong>in</strong>a.FormulaFormulaL'attività di questi composti è <strong>in</strong> rapporto con il loro potere fortemente alchilante,che si esplica su vari aggruppamenti atomici e <strong>in</strong> primo luogo sui gruppi amm<strong>in</strong>ici,dunque su amm<strong>in</strong>oacidi e amm<strong>in</strong>e biogene; ma essi sono <strong>in</strong> grado di alchilareanche gruppi carbossilici e gruppi fosforati, così che la loro azione risultaparticolarmente <strong>in</strong>tensa sulle prote<strong>in</strong>e e sugli acidi nucleici. In tal modo, secondomolti autori, si spiegano le alterazioni cromosomiche che si riscontrano a seguito diapplicazioni di mostarde azotate <strong>in</strong> cellule normali o <strong>in</strong> cellule neoplastiche.L'azione biologica di tali composti è molto complessa e vari sono i sistemienzimatici a essi sensibili. Le mostarde azotate sono potenti mutageni sia perorganismi relativamente semplici come Batteri e Funghi (Neurospora), sia perDrosophila, e fu proprio la scoperta <strong>del</strong>la loro attività mutagena che destòl'<strong>in</strong>teresse per quella carc<strong>in</strong>ogenica.Le mostarde azotate sono altresì <strong>in</strong> grado di esercitare una notevole azionecitostatica e <strong>in</strong>ibente lo sviluppo di alcune forme di tumori, come l<strong>in</strong>fosarcomi el<strong>in</strong>fogranulomi (morbo di Hodgk<strong>in</strong>), e per vario tempo furono impiegate per laterapia di tali affezioni.Da potenti alchilanti agiscono tutte le etilenimm<strong>in</strong>e, e <strong>in</strong> particolare leN-aciletilenimm<strong>in</strong>e,Formulache, <strong>in</strong>oculate sotto cute, determ<strong>in</strong>ano nei ratti formazione di sarcomi.L'etilenimm<strong>in</strong>a svolge anche attività mutagena e alcuni suoi derivati(metilolammide) sono dotati di potere antiproliferativo. La funzione cancerogena èdipendente dalla struttura molecolare; si sa a tale proposito che le etilenimm<strong>in</strong>emonofunzionali (acil-etilenimm<strong>in</strong>e), cioè con un solo gruppoFormulasono carc<strong>in</strong>ogene, mentre quelle bifunzionali, cioè con due gruppiFormulasono sempre prive di potere oncogeno e agiscono solo da <strong>in</strong>ibenti lo svilupponeoplastico.Azione alchilante esercitano gli epossidi, composti nei quali due atomi di carboniosono uniti da un ponte di ossigeno:FormulaGli epossidi come tali sono <strong>in</strong>attivi, ma alcuni loro derivati esercitano notevoleattività oncogena, che è massima nel 4-v<strong>in</strong>il-cicloesano-1,2:7,8-diepossido; altriderivati sono <strong>in</strong>vece caratterizzati da proprietà antiproliferativa.Formulae) Aflatoss<strong>in</strong>a e cicas<strong>in</strong>aRecentemente due potenti carc<strong>in</strong>ogeni sono stati scoperti <strong>in</strong> sostanze alimentari:l'aflatoss<strong>in</strong>a, dimostratasi poi sostanza non unitaria, e la cicas<strong>in</strong>a.La storia <strong>del</strong>l'aflatoss<strong>in</strong>a è <strong>in</strong>teressante per la s<strong>in</strong>golare co<strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong>le varieosservazioni. Nel 1961 si osservò <strong>in</strong> Inghilterra una larghissima mortalità, dovutapr<strong>in</strong>cipalmente a gravi lesioni epatiche, negli allevamenti di tacch<strong>in</strong>i, anatre e pollialimentati con far<strong>in</strong>a di arachide.Nello stesso anno E. M. Wood e C. P. Larson (v., 1961) richiamarono l'attenzione75 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...sul fatto che nel Nord-Ovest degli Stati Uniti si osservavano, con una certafrequenza, trote con epatomi, e il fenomeno fu messo <strong>in</strong> relazione con lacontam<strong>in</strong>azione di Aspergillus flavus <strong>del</strong>la far<strong>in</strong>a di arachide con la quale glianimali venivano nutriti. Dalle colture di tale fungo furono <strong>in</strong>izialmente isolatequattro afiatoss<strong>in</strong>e che, <strong>in</strong>oculate <strong>in</strong> trote normali, produssero epatomi edepatocarc<strong>in</strong>omi identici a quelli naturali. Le orig<strong>in</strong>ali afiatoss<strong>in</strong>e furono <strong>in</strong>dicatecon le sigle B1, B2, G1 e G2. In seguito sono state identificate altre due toss<strong>in</strong>e,<strong>in</strong>dicate come B2a e G2a. Dal latte di ratti e di mucche nutrite con far<strong>in</strong>a diarachide contenente afiatoss<strong>in</strong>e sono stati isolati due prodotti, M1 e M2, che paresiano prodotti idrossilati di B1 e B2.Contemporaneamente Lancaster e altri (v., 1961) dimostrarono l'alta <strong>in</strong>cidenza diepatomi <strong>in</strong> ratti nutriti con far<strong>in</strong>a di arachide contenente aflatoss<strong>in</strong>e. F<strong>in</strong>ora è statadimostrata l'attività carc<strong>in</strong>ogenetica <strong>del</strong>le aflatoss<strong>in</strong>e <strong>in</strong> ratti, anatre e trote, mentretopi di varie l<strong>in</strong>ee genetiche non sono sensibili a queste sostanze.Per quanto riguarda l'uomo, è stato dimostrato che alcuni alimenti,particolarmente <strong>in</strong> Asia e <strong>in</strong> Africa, contengono aflatoss<strong>in</strong>e <strong>in</strong> quantità variabili. Èstata prospettata, perciò, l'ipotesi che la frequenza di epatomi <strong>in</strong> alcuni paesi, comel'Uganda, si possa attribuire alle afiatoss<strong>in</strong>e prodotte dai microrganismi <strong>del</strong> genereAspergillus flavus contam<strong>in</strong>anti gli alimenti.Inquietante è anche il problema <strong>del</strong>la contam<strong>in</strong>azione <strong>del</strong> riso con muffe. In alcunicampioni di riso di orig<strong>in</strong>e giapponese sono state isolate circa duecento specie dimuffe tra le quali c<strong>in</strong>quanta di Penicillium. Nell'avaria <strong>del</strong> riso conosciuta comeriso <strong>in</strong>giallito è stato isolato il Penicillium islandicum, nelle cui colture sono statiidentificati la luteoschir<strong>in</strong>a e un peptide contenente cloro.FormulaEntrambe le sostanze sono fortemente tossiche per il tessuto epatico, <strong>in</strong> quantodeterm<strong>in</strong>ano <strong>in</strong>filtrazione grassa, necrosi centrolobulare, atrofia e cirrosi.Era noto s<strong>in</strong> dall'antichità che la far<strong>in</strong>a di semi di Cycadaceae - piante antichissimee per la maggior parte fossi- li, con pochi generi superstiti <strong>in</strong> varie parti <strong>del</strong> mondo- risultava tossica se <strong>in</strong>gerita cruda, mentre la cottura la rendeva <strong>in</strong>nocua. InAustralia il bestiame che si nutriva con foglie, frutti e parti <strong>del</strong> tronco di tali piantepresentava gravi manifestazioni morbose, per cui <strong>in</strong> alcune zone esse vengono oraestirpate. Si osservò anche che nel Guam, un'isola <strong>del</strong>le Marianne, si riscontravanonumerosi casi di sclerosi laterale amiotrofica (v. Whit<strong>in</strong>g, 1963), da mettere forse <strong>in</strong>relazione col largo consumo di far<strong>in</strong>a di Cycadaceae.Nutrendo varie specie animali con tale far<strong>in</strong>a si riscontrò non già <strong>in</strong>sorgenza difenomeni neurologici, ma, nei ratti, sviluppo di tumori di vari organi, <strong>in</strong> particolare<strong>del</strong> fegato e <strong>del</strong> rene (v. Laquer e altri, 1963), e, nella cavia, di carc<strong>in</strong>omi <strong>del</strong> fegato.Fu isolata la sostanza attiva, cui fu dato il nome di cicas<strong>in</strong>a.FormulaLa somm<strong>in</strong>istrazione di tale sostanza determ<strong>in</strong>a nei ratti un'elevata <strong>in</strong>cidenza ditumori <strong>del</strong> rene, e un'<strong>in</strong>cidenza <strong>in</strong>feriore di tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o e <strong>del</strong> fegato. Fu poiscoperto che la sostanza <strong>in</strong>trodotta per via parenterale determ<strong>in</strong>a effetti tossici manon formazione di tumore, e che viene elim<strong>in</strong>ata come tale; <strong>in</strong>oltre la cicas<strong>in</strong>a <strong>in</strong>ratti germ free non esercita azione oncogena, ma solo effetti tossici. Tutto ciòportava a concludere che il carc<strong>in</strong>ogeno viene orig<strong>in</strong>ato dalla metabolizzazione<strong>del</strong>la cicas<strong>in</strong>a da parte di batteri <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali.La sostanza ad azione carc<strong>in</strong>ogenica venne identificata nell'aglicone <strong>del</strong>la cicas<strong>in</strong>a,cioè nel metilazossimetanolo (MAM), che si forma per azione di glucosidasibatteriche (v. Kobayashi e Matsumoto, 1964). La sostanza determ<strong>in</strong>a comparsa ditumori <strong>in</strong> diversi organi, come l'orig<strong>in</strong>aria far<strong>in</strong>a di Cycadaceae, e manifesta taleproprietà anche se viene <strong>in</strong>oculata <strong>in</strong> ratti germ-free. Il MAM, che nel 1965 fus<strong>in</strong>tetizzato da H. Matsumoto e altri (v., 1965), è chimicamente simile alladimetilnitrosamm<strong>in</strong>a, per cui J. A. Miller (v., 1964) suppose che i due compostisiano convertiti <strong>in</strong> uno stesso effettivo cancerogeno.Si conoscono varie altre sostanze di orig<strong>in</strong>e vegetale dotate di attività76 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...carc<strong>in</strong>ogenetica più o meno spiccata, come la griseofulv<strong>in</strong>a estratta dal fungoPenicillium griseofulvum e il safrolo contenuto nell'olio di sassafrasso (corteccia<strong>del</strong>la radice <strong>del</strong>l'albero americano Sassafras offic<strong>in</strong>ale). Ratti nutriti con segalecornuta, sclerozio <strong>del</strong> fungo Claviceps purpurea, parassita <strong>del</strong>la spiga di segale,presentano numerosi neurofibromi, che regrediscono se tale alimentazione vienesospesa, ricompaiono se riprist<strong>in</strong>ata.La tiourea, contenuta nelle piante <strong>del</strong> genere Brassica, produce adenomi e anchecarc<strong>in</strong>omi <strong>del</strong>la tiroide. Gli alcaloidi <strong>del</strong>la pirrolizid<strong>in</strong>a, ricavabili soprattutto daSenecio, sono sostanze ad azione epatotossica e carc<strong>in</strong>ogenetica per il fegato. Variealtre sostanze di orig<strong>in</strong>e vegetale sono state identificate come carc<strong>in</strong>ogene, e la listaevidentemente è dest<strong>in</strong>ata ad allungarsi nei prossimi anni. L'<strong>in</strong>teresse che si rivolgeai vegetali quali fonti di carc<strong>in</strong>ogeni deriva, naturalmente, dalla possibilità chealcuni di essi caus<strong>in</strong>o tumori epatici nell'uomo: ciò potrà essere assodatosoprattutto <strong>in</strong> base a ricerche epidemiologiche, <strong>del</strong> tipo di quelle, già citate,compiute sulle aflatoss<strong>in</strong>e nelle trote e <strong>in</strong> alcuni volatili.f) Agenti chimici endogeniPer quanto riguarda la cancerogenesi da agenti chimici endogeni il problema è diappurare se nell'organismo si possano formare sostanze carc<strong>in</strong>ogene, nel corso direazioni metaboliche dipendenti dalla presenza di specifici sistemi enzimatici.Nonostante le <strong>in</strong>numerevoli ricerche eseguite, <strong>in</strong>iziate poco dopo la scoperta deiprimi idrocarburi cancerogeni e tuttora <strong>in</strong> corso, non si può dare una rispostacerta. Come si è già detto, H. Wieland ed E. Dane (v., 1933), riuscendo a otteneremetilcolantrene dall'acido desossicolico, dimostrarono la possibilità <strong>del</strong>laformazione per via chimica di idrocarburi cancerogeni da steroidi costituent<strong>in</strong>ormali dei tessuti e dei liquidi <strong>del</strong>l'organismo; tuttavia, la prova che una talereazione possa realmente svolgersi nell'organismo non fu fornita. Come fannonotare R. Butenandt e H. Dannenberg (v., 1956), mentre gli steroidi sono compostiidroaromatici saturi, il metilcolantrene e gli altri cancerogeni di questo tipo sonoidrocarburi formati esclusivamente da anelli aromatici: per tale ragione,l'attenzione dei ricercatori è stata rivolta <strong>in</strong> particolare alle molecole ditale tipostrutturale, come gli ormoni femm<strong>in</strong>ili estrone, equil<strong>in</strong>a ed equilen<strong>in</strong>a, perappurare se dalla loro deidrogenazione possano orig<strong>in</strong>are idrocarburi cancerogeni.Non si è riusciti a dimostrare tale evenienza, anche perché non si sono trovati neitessuti enzimi catalizzanti tali reazioni, e qu<strong>in</strong>di l'ipotesi che da ormoni naturalipossano derivare carc<strong>in</strong>ogeni non è stata comprovata. Né è stata dimostrata lapossibilità che germi <strong>del</strong>la normale flora <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale siano capaci di trasformaresteroidi normali <strong>in</strong> carc<strong>in</strong>ogeni.Di un certo <strong>in</strong>teresse è la possibilità, dimostrata per primo da L. Shabad (v., 1937),di provocare sviluppo di neoplasie <strong>in</strong> animali da esperimento mediante<strong>in</strong>oculazione di estratti di tessuto. L'estratto di Shabad proveniva dal fegato di uncanceroso, ma <strong>in</strong> seguito fu osservato da altri, come ad esempio da P. E. Ste<strong>in</strong>er (v.,1942 e 1943), che anche gli estratti di fegato di <strong>in</strong>dividui normali sono <strong>in</strong> grado disvolgere identica azione. Questa non è attribuibile a idrocarburi cancerogeniorig<strong>in</strong>ati nei processi metabolici che si svolgono nel fegato, perché risultati simili siottengono perf<strong>in</strong>o con estratti di fegato di bamb<strong>in</strong>i nati morti e di fegato di maiale.Il riconoscimento che la sostanza attiva era contenuta nella frazione<strong>in</strong>saponificabile degli estratti lipidici <strong>in</strong>dusse I. Hieger (v., 1946 e 1947) a ritenereche si trattasse o di colesterolo o di suoi derivati e non di idrocarburi aromatici,anche perché nel corso di queste ricerche non era stato possibile mettere <strong>in</strong>evidenza sostanze i cui spettri di assorbimento corrispondessero a quellicaratteristici degli idrocarburi aromatici.Lo stesso Hieger dimostrò come il colesterolo possa determ<strong>in</strong>are sviluppo ditumori: egli <strong>in</strong>fatti <strong>in</strong>iettando tale sostanza, anche altamente purificata, nel tessutosottocutaneo di topi ottenne <strong>in</strong>sorgenza di sarcomi <strong>in</strong> 70 su 1.424 animali (v.Hieger, 1959).Risultati talvolta simili, talvolta opposti, furono ottenuti <strong>in</strong> vari altri laboratori: permotivi ancora non spiegabili, secondo i dati riferiti dai vari autori è possibileosservare l'<strong>in</strong>sorgenza di tumori entro limiti notevolmente ampi, dallo 0 al 15%, eaddirittura per uno stesso ceppo <strong>in</strong>bred di topi, come ad esempio il C57, dallo 077 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...all'11%. Il problema, perciò, permane attuale, soprattutto <strong>in</strong> considerazione <strong>del</strong> bennoto reperto anatomopatologico <strong>del</strong>l'accumulo di colesterolo nel connettivocircostante alcuni tumori, <strong>in</strong> particolare quelli <strong>del</strong>la mammella. Di recente è statapresa <strong>in</strong> esame la possibilità che il colesterolo agisca non come carc<strong>in</strong>ogenochimico ma come corpo allo stato solido, <strong>in</strong> rapporto alle facce dei suoi cristalli (v.sotto, cap. 3, È c).Alcuni dei derivati <strong>del</strong> colesterolo, quali il 6-idrossi-Δ 4 - colestene-3-one, ilΔ 4 -colestene-3,6-dione, l'ossido di colesterile e il 6-idroperossido-Δ 4 -colestene-3-one, svolgono azione oncogena (v. Fieser e altri, 1955; v. Bischoff e altri, 1955; v.Bischoff, 1957). Hieger, <strong>in</strong>vece, è riuscito a ottenere sviluppo di tumori solo conl'ultimo di tali composti. È <strong>in</strong>teressante notare che le percentuali di positività circal'attività oncogena sono notevolmente elevate, <strong>in</strong> particolare proprio per l'ultimasostanza, con la quale si registra f<strong>in</strong>o al 60% di risultati positivi. Anche nel caso diquesti derivati <strong>del</strong> colesterolo le conoscenze sul meccanismo d'azione sono<strong>in</strong>complete, e si impongono qu<strong>in</strong>di ulteriori ricerche.g) Etion<strong>in</strong>aUna sostanza strettamente vic<strong>in</strong>a a un costituente normale <strong>del</strong>le cellule è l'etion<strong>in</strong>a,un omologo <strong>del</strong>l'amm<strong>in</strong>oacido naturale metion<strong>in</strong>a.FormulaL'etion<strong>in</strong>a, considerata per molto tempo un amm<strong>in</strong>oacido artificiale, cioè nonesistente <strong>in</strong> natura, fu identificata nel 1957 da F. Schlenk (v., 1957) tra i costituentidi un lievito e successivamente, nel 1961, venne <strong>in</strong>dividuata da I. F. Fisher e M. F.Mallette <strong>in</strong> Escherichia coli e <strong>in</strong> altri batteri. A tale ultimo reperto potrebbe essereattribuito un particolare significato <strong>in</strong> considerazione <strong>del</strong>la ricchezza <strong>in</strong> Escherichiacoli <strong>del</strong>la flora <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale: <strong>in</strong>fatti nella stasi <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale, o per sopravvento di altrigermi, Escherichia coli va <strong>in</strong>contro a lisi e libera etion<strong>in</strong>a, il cui assorbimentopotrebbe determ<strong>in</strong>are effetti tossici.L'etion<strong>in</strong>a certamente non fa parte degli amm<strong>in</strong>oacidi che entrano nellacostituzione <strong>del</strong>le prote<strong>in</strong>e di organismi pluricellulari; è anzi un antimetabolita diun amm<strong>in</strong>oacido per questi <strong>in</strong>dispensabile, la metion<strong>in</strong>a. Somm<strong>in</strong>istrata adanimali provoca gravi lesioni soprattutto a livello epatico, consistenti <strong>in</strong><strong>in</strong>filtrazione grassa e necrosi degli ac<strong>in</strong>i, e <strong>in</strong>oltre necrosi dei tubuli renali,emorragie dei surreni, alterazioni metaboliche <strong>del</strong> miocardio e <strong>del</strong>le cellule <strong>del</strong>lamucosa <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale, ecc. Si può qu<strong>in</strong>di affermare che esiste una patologiasperimentale da etion<strong>in</strong>a, che può essere limitata o annullata dallasomm<strong>in</strong>istrazione di metion<strong>in</strong>a: tra i due amm<strong>in</strong>oacidi, <strong>in</strong>fatti, si determ<strong>in</strong>ano,anche nei tessuti neoplastici, fenomeni di scambio competitivo.L'azione cancerogena <strong>del</strong>l'etion<strong>in</strong>a fu messa <strong>in</strong> evidenza da H. Popper e altri (v.,1953) che, somm<strong>in</strong>istrandola per via alimentare, osservarono nei ratti lo sviluppodi noduli epatici con qualche modesto carattere di malignità. Successivamente,riducendo la percentuale <strong>del</strong>l'etion<strong>in</strong>a dallo 0,50% allo 0,25%, E. Farber (v., 1959)ottenne, <strong>in</strong> rapporto alla più lunga sopravvivenza degli animali dipendente dallariduzione degli effetti tossici, sviluppo di veri cancri <strong>del</strong> fegato. L'ipotesi oggi piùaccreditata è che l'etion<strong>in</strong>a costituisca una molecola donatrice di alchili per gli acid<strong>in</strong>ucleici.h) Metalli e non metalliL'<strong>in</strong>teresse suscitato da vari metalli e non metalli come agenti carc<strong>in</strong>ogenetici ènegli ultimi anni notevolmente dim<strong>in</strong>uito a causa <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>costanza dei risultatisperimentali e <strong>del</strong>la sempre maggiore importanza che ha assunto la cancerogenesida composti organici e, più recentemente, quella da virus.Tra i metalli è stata attribuita attività cancerogena pr<strong>in</strong>cipalmente al cromo, alcobalto, al berillio e al nichel; di questi il più importante sembra essere il cromo, <strong>in</strong>relazione al non raro riscontro di tumori <strong>del</strong> polmone <strong>in</strong> operai addetti allamanipolazione di m<strong>in</strong>erali contenenti il metallo. Da tempo era nota la frequenza dipiù o meno gravi <strong>in</strong>fiammazioni, a volte a carattere necrotizzante, <strong>del</strong>la mucosanasale <strong>in</strong> operai addetti all'estrazione <strong>del</strong> cromo e alla fabbricazione di colori da78 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...questo derivati; nel 1936 W. Alwens e altri (v.) segnalarono numerosi casi ditumore polmonare <strong>in</strong> lavoratori nelle <strong>in</strong>dustrie di cromo, e successivamente lacasistica è notevolmente aumentata così che al presente il cancro polmonare dacromo viene considerato da molti autori come un cancro professionale. Anche semolte volte i due tipi di alterazioni sono concomitanti, non è stato sicuramenteaccertato alcun rapporto tra lesioni nasali e tumori <strong>del</strong> polmone. Per quantoriguarda la presunta azione oncogena, pare che i cromati siano molto più attivi deidicromati. Sperimentalmente, però, nonostante qualche risultato parzialmentepositivo (v. Sch<strong>in</strong>z e Uehl<strong>in</strong>ger, 1942), non si è riusciti a produrre tumori neglianimali; tale fatto sosterrebbe l'ipotesi secondo la quale il cromo non rappresentala causa <strong>del</strong> cancro polmonare e i casi osservati sono verosimilmente cancri dafumo.Ancora meno precise sono le conoscenze sulla possibile attività oncogena <strong>del</strong>berillio e <strong>del</strong> nichel, mentre può essere <strong>del</strong> tutto esclusa quella <strong>del</strong>l'allum<strong>in</strong>io,ipotesi che aveva <strong>in</strong>izialmente suscitato notevole allarme per il diffuso impiego ditale metallo nella fabbricazione di recipienti da cuc<strong>in</strong>a.Per quanto manch<strong>in</strong>o ancora sicure dimostrazioni, maggiore importanza comeagente cancerogeno sembra avere l'arsenico. Era da tempo nota la relativafrequenza di cancro <strong>del</strong> polmone nei m<strong>in</strong>atori dei giacimenti arseniferi <strong>del</strong>loSchneeberg e di Joachimsthal, come erano noti s<strong>in</strong> dal 1820 i tumori cutanei dialcuni abitanti <strong>in</strong> prossimità dei giacimenti d'arsenico di Reichenste<strong>in</strong>. Mentre fuaccertato che i cancri polmonari <strong>del</strong>le due prime località erano imputabili non giàall'azione <strong>del</strong>l'arsenico, bensì a quella di emanazioni radioattive (v. Rajewsky ealtri, 1943), fu altresì dimostrato che l'acqua che bevevano gli abitanti diReichenste<strong>in</strong> proveniva da una falda idrica situata al di sotto dei giacimenti econteneva elevate quantità di arsenico: si pensò qu<strong>in</strong>di che a tale elemento fossepresumibilmente imputabile l'elevata <strong>in</strong>cidenza di tumori. A dimostrazione<strong>in</strong>diretta di tale <strong>in</strong>terpretazione veniva fatta notare la scomparsa <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>cidenzaneoplastica verificatasi nel 1928, a seguito <strong>del</strong>la costruzione di un nuovoacquedotto. È certo che negli operai esposti all'azione cronica <strong>del</strong>l'arsenico sonofrequenti alcune alterazioni cutanee localizzate preferibilmente sul tronco e sulledita, <strong>in</strong> particolare ipercheratosi e papillomi, che sono considerate di tipoprecanceroso e che <strong>in</strong> alcuni casi si trasformano <strong>in</strong> veri cancri cutanei.L'avvelenamento cr0nico da arsenico determ<strong>in</strong>a <strong>in</strong>oltre con una certa frequenzacirrosi epatica, sulla quale si osserva talvolta l'impianto di un tumore epatico, fattoche pone molti e gravi problemi patogenetici, allo stato attuale non solubili. Difronte a queste e a varie altre osservazioni cl<strong>in</strong>iche sta però la scarsa rilevanza <strong>del</strong>lericerche sperimentali, perchè non è possibile produrre negli animali veri cancri daarsenico, a eccezione di rari casi. D'altra parte, è anche vero che ricercatori di altolivello, come A. Carrel (v., Le pr<strong>in</strong>cipe..., 1925) e A. Fischer (v., Die Erzeugung..., eDauerzüchtung..., 1927), comunicarono di essere riusciti a trasformare <strong>in</strong> vitrocellule normali <strong>in</strong> cellule cancerose <strong>in</strong> presenza di tracce di arsenico, ma taliricerche non hanno avuto seguito.Pertanto, contrariamente a quanto si è verificato <strong>in</strong> altri casi, il reperto cl<strong>in</strong>ico nonè sostenuto da <strong>in</strong>confutabili prove sperimentali, e allo stato <strong>del</strong>le conoscenze non sipuò certo dubitare <strong>del</strong> primo nè trascurare le altre.i) Cenni sui meccanismi d'azione dei carc<strong>in</strong>ogeni chimiciSi è accennato che con particolari idrocarburi aromatici si possono ottenere tumori<strong>in</strong> varie specie animali; è relativamente facile provocare con queste sostanzecarc<strong>in</strong>omi nel topo e sarcomi nel topo e nel ratto. Non sono ancora note le ragioni<strong>del</strong>la differente sensibilità all'azione dei cancerogeni di due specie tantofilogeneticamente vic<strong>in</strong>e; si consideri <strong>in</strong> proposito che per effetto <strong>del</strong>l'applicazionedi idrocarburi, che è <strong>in</strong> grado di provocare lo sviluppo di carc<strong>in</strong>omi cutanei anchenel coniglio, si determ<strong>in</strong>a la comparsa di cancri soltanto nella cute <strong>del</strong> topo e non <strong>in</strong>quella <strong>del</strong> ratto, ma <strong>in</strong>sorgenza di sarcomi sottocutanei <strong>in</strong> entrambe le specie.Il fatto che sostanze a struttura chimica nota <strong>in</strong>ducano crescita neoplastica fecesorgere l'idea, subito dopo l'isolamento dei primi idrocarburi cancerogeni, che sipotesse studiare il meccanismo <strong>del</strong>la carc<strong>in</strong>ogenesi a livello morfologico. Tuttavia,le più accurate <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i istologiche non riuscirono a recare validi contributi alla79 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...soluzione <strong>del</strong> problema; le ragioni di tale <strong>in</strong>successo possono oggi essere compresese si considera che i fenomeni che determ<strong>in</strong>ano la cancerizzazione si svolgono alivello molecolare, cioè a grandezze enormemente <strong>in</strong>feriori a quelle accessibilimorfologicamente. È stato comunque possibile documentare alcuni eventiterm<strong>in</strong>ali espressi a livello di determ<strong>in</strong>ate strutture, che sono valsi soltanto aprecisare e a def<strong>in</strong>ire quanto già si conosceva sull'istogenesi di noduli tumorali<strong>in</strong>iziali <strong>del</strong>l'uomo o di tumori spontanei o sperimentali di animali. D'altra parte, erafacilmente supponibile che nella zona trattata con idrocarburi si sviluppassero fatti<strong>in</strong>fiammatori o anche necrotici, con stimolo alla proliferazione vasale ed eventuale<strong>in</strong>capsulazione <strong>del</strong> veicolo lipoideo. Generalmente le sostanze cancerogene, qualeche sia la loro struttura molecolare, non sono dotate <strong>del</strong>la sola attività oncogena,ma possono agire <strong>in</strong> modo assai vario, svolgendo il ruolo di eccitatori, di mediatorichimici <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fiammazione, di agenti necrotizzanti per alcuni tipi cellulari edeccito-proliferativi per altri, e così via. Sulla cute gli idrocarburi determ<strong>in</strong>ano variereazioni aspecifiche di tale tipo. La proliferazione da essi <strong>in</strong>dotta mostra, <strong>in</strong> alcunicasi, qualche carattere di specificità, con conseguente formazione di cellule atipichee qu<strong>in</strong>di comparsa di caratteri di anaplasia cellulare.Di particolare <strong>in</strong>teresse nello studio <strong>del</strong>l'istogenesi dei tumori cutanei daidrocarburi appare il reperto, piuttosto frequente anche se non costante, <strong>del</strong>laformazione di papillomi, che si possono comparare con alcune lesioni precancerose<strong>del</strong>l'uomo. E tuttavia difficile stabilire anche <strong>in</strong> questo caso se a tali manifestazionidebba essere attribuito un significato generale ed essenziale o non rappresent<strong>in</strong>opiuttosto soltanto un fenomeno collaterale.Il frequente riscontro, <strong>in</strong> fase precoce di formazione dei tumori, <strong>del</strong>la paralisi <strong>del</strong>lemitosi lascia supporre che la stessa sostanza cancerogena o un prodotto <strong>del</strong> suometabolismo esercit<strong>in</strong>o azione antimitotica, alla stessa guisa di vari altriantimitotici.La vera cancerizzazione è un fenomeno che si avvera ex novo: <strong>in</strong> accordo con P.Rondoni (v., 1946), si può dire che, <strong>in</strong> un determ<strong>in</strong>ato momento, tra le variereazioni aspecifiche si manifesta una violenta attivazione <strong>del</strong>le mitosi e si formal'ammasso di cellule neoplastiche. Si ritiene che non sia una cellula sola a subire latrasformazione neoplastica, ma che il processo <strong>in</strong>teressi contemporaneamente ungruppo di cellule e che <strong>in</strong> generale lo sviluppo neoplastico sia pluricentrico, cioènon limitato a un solo centro di proliferazione: successivamente i vari centricont<strong>in</strong>uano a proliferare, si fondono tra loro e costituiscono la massa tumorale ilcui accrescimento è agevolmente osservabile. Anche <strong>in</strong> patologia umana,d'altronde, erano ben noti i fenomeni di accrescimento pluricentrico di tumori <strong>in</strong>fase <strong>in</strong>iziale.La crescita ex novo <strong>del</strong> tessuto neoplastico si accorda, forse, con quanto si osservanella trasformazione maligna <strong>del</strong>le cellule coltivate <strong>in</strong> vitro nelle quali latrasformazione dei caratteri che segna il passaggio dalla cellula normale alla cellulacancerosa è fenomeno critico, se è lecito paragonare quanto avviene <strong>in</strong> vivo conquanto accade nelle colture di cellule.l) CocancerogenesiStrettamente connesso con la cancerogenesi chimica è il fenomeno <strong>del</strong>lacocancerogenesi. Nel 1938 M. J. Shear (v.) scoprì che l'attività cancerogena <strong>del</strong>benzopirene è <strong>in</strong>crementata dall'olio di creosoto: a tale sostanza egli diede il nomedi cocancerogeno per precisarne proprio l'azione cooperativa con il cancerogeno. Ilterm<strong>in</strong>e ha avuto fortuna, non solo perché furono scoperte varie sostanze dotate diattività cocancerogena, ma soprattutto perché le ricerche sull'argomento misero <strong>in</strong>luce alcuni fenomeni la cui <strong>in</strong>terpretazione è servita di base alla concezione <strong>del</strong>lateoria dei due stadi <strong>del</strong>l'oncogenesi. Tale teoria fu espressa da I. Berenblum (v.,1941), il quale <strong>in</strong>dividuò nell'olio di croton, che si estrae dai semi di crotontiglio(Croton tilium), un potente cocarc<strong>in</strong>ogeno.Pennellando la cute di topo con quantità troppo esigua di benzopirene o con soloolio di croton non si osserva comparsa di tumore, ma il trattamento comb<strong>in</strong>ato conle stesse dosi di idrocarburo e con il cocancerogeno è <strong>in</strong> grado di determ<strong>in</strong>arel'effetto oncogeno: l'olio di croton, cioè, potenzia l'azione <strong>del</strong> benzopirene. Ilpotenziamento è svelato dalla percentuale di animali nei quali <strong>in</strong>sorge la neoplasia,80 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...dalla notevole abbreviazione <strong>del</strong> tempo di latenza, cioè <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>tervallo di tempo che<strong>in</strong>tercorre tra l'applicazione <strong>del</strong> cancerogeno e l'<strong>in</strong>sorgenza <strong>del</strong> cancro, e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e dalfatto che, mentre con determ<strong>in</strong>ate dosi di benzopirene si provoca la comparsa di unsolo centro di sviluppo, con la contemporanea applicazione di entrambe le sostanzesi <strong>in</strong>duce un'<strong>in</strong>sorgenza pluricentrica. Di conseguenza, il fenomeno può ancheessere espresso quantitativamente (v. Berenblum, 1941).L'olio di croton, che è un agente irritante cutaneo per molte specie, si comportacome cocancerogeno soltanto per la cute <strong>del</strong> topo; la sua azione cocancerogena,<strong>in</strong>oltre, si svolge nettamente nei confronti di alcuni idrocarburi aromatici,soprattutto <strong>del</strong> benzopirene, ma è nulla o assai scarsa nei confronti <strong>del</strong>l'1,2-benzantracene e <strong>del</strong>l'1,2:5,6-dibenzantracene. Esso agisce come cocancerogenoanche nei confronti <strong>del</strong>l'uretano che, pur essendo un carc<strong>in</strong>ogeno generale capacedi provocare tumori <strong>in</strong> vari organi, riesce a <strong>in</strong>durre comparsa di carc<strong>in</strong>omi cutaneicon grande difficoltà e soltanto <strong>in</strong> particolari ceppi <strong>in</strong>bred di topi; questi carc<strong>in</strong>omiperò si sviluppano facilmente nelle zone di cute pretrattate con uretano sulle qualisi applichi il cocancerogeno.Oltre all'olio di croton, sono state <strong>in</strong>dividuate numerose altre sostanze ad azionecocancerogena, tra le quali di notevole importanza alcuni detergenti: ladimostrazione <strong>del</strong>la loro attività è stata fornita da <strong>in</strong>gegnosi esperimenti, condotticon trapianti di zone cutanee pretrattate con vari carc<strong>in</strong>ogeni. La constatazione chel'azione <strong>del</strong> cocancerogeno si esercita anche varie settimane dopo la cessazione<strong>del</strong>la pennellatura <strong>del</strong>la cute con il carc<strong>in</strong>ogeno <strong>in</strong>duce a pensare che questo abbiaprodotto nella cellula modificazioni funzionali irreversibili.Sui fenomeni ora accennati e su vari altri, che non è possibile riportare <strong>in</strong> questasede, è fondata la teoria dei due stadi, concepita da P. Rous e I. G. Kidd (v., 1941) eda I. Berenblum (v., 1941) e conosciuta con il nome di ‛carc<strong>in</strong>ogenesi a due stadi' oanche di ‛carc<strong>in</strong>ogenesi a molti stadi'. Fondamentalmente, secondo tale teoria, ilcarc<strong>in</strong>ogeno durante un primo stadio determ<strong>in</strong>a la trasformazione <strong>del</strong>le cellulenormali <strong>in</strong> cellule maligne. A questo punto possono verificarsi due condizioni: o ilcarc<strong>in</strong>ogeno oltre a causare la trasformazione maligna è anche <strong>in</strong> grado dideterm<strong>in</strong>are fenomeni proliferativi a tendenza iperplastica, e allora il tumore sisviluppa <strong>in</strong> quanto le cellule hanno subito quella che attualmente si designa cometrasformazione cellulare e sono avviate alla moltiplicazione; o il carc<strong>in</strong>ogeno nonpossiede, o possiede solo <strong>in</strong> debole grado, attività eccitoproliferativa, e allora lecellule cancerizzate restano quiescenti per un tempo anche assai lungo. Inquest'ultimo caso, tuttavia, è ancora possibile il rapido completamento <strong>del</strong> ciclo e losviluppo <strong>del</strong> tumore <strong>in</strong> seguito all'<strong>in</strong>tervento di uno stimolo specifico,rappresentato dal cocarc<strong>in</strong>ogeno. Alla cancerizzazione pura Berenblum diede ilnome di ‛<strong>in</strong>iziazione' e alla stimolazione proliferativa quello di ‛promozione',dist<strong>in</strong>guendo corrispondentemente gli agenti <strong>in</strong> ‛<strong>in</strong>izianti' e ‛promoventi'. Rous<strong>in</strong>dicò l'<strong>in</strong>iziazione con il term<strong>in</strong>e di ‛potenzialità neoplastica'. In Italia F.Pentimalli, <strong>in</strong> base alle sue ricerche sull'importanza dei fenomeni rigenerativi nellosviluppo <strong>del</strong> sarcoma <strong>del</strong> pollo da virus di Rous, <strong>in</strong>dicò quest'ultimo come ‛fattorepotenziale' e la rigenerazione, cioe la moltiplicazione cellulare, con il term<strong>in</strong>e di‛fattore realizzante'.Più recentemente Berenblum (v., 1969), <strong>in</strong> un lucido <strong>in</strong>quadramento dei fattori che<strong>in</strong> senso positivo o negativo agiscono sullo sviluppo neoplastico, ha messo <strong>in</strong>evidenza che una certa confusione è generata dal frequente uso come s<strong>in</strong>onimi deidue term<strong>in</strong>i ‛azione cocarc<strong>in</strong>ogena' e ‛azione promovente'.Il term<strong>in</strong>e ‛cocancerogenesi' si usa <strong>in</strong> senso generale per <strong>in</strong>dicare ogni tipo diaumento <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>duzione di tumore realizzata, generalmente, per mezzo <strong>del</strong>laconcorrente applicazione di carc<strong>in</strong>ogeno e di cocancerogeno, sebbene <strong>in</strong> alcuni casiquest'ultimo possa esplicare la sua azione prima o dopo rispetto al primo.Il term<strong>in</strong>e azione ‛promovente', <strong>in</strong>vece, è più limitativo, vale cioè a designare lacondizione <strong>in</strong> cui il cocancerogeno viene applicato dopo completamento <strong>del</strong>l'azione<strong>in</strong>iziante propria <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>ogeno. Si conoscono molti cocarc<strong>in</strong>ogeni che nonesercitano azione promovente.Per tali considerazioni, secondo Berenblum si debbono dist<strong>in</strong>guere vari tipi dicocancerogenesi, a seconda <strong>del</strong>l'azione che esplicano le diverse sostanze: 1) azione‛additiva', che si esplica nei confronti di un carc<strong>in</strong>ogeno <strong>in</strong> grado di provocare da81 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...solo la comparsa <strong>del</strong> tumore; 2) azione s<strong>in</strong>ergica, <strong>in</strong> senso farmacologico, che siverifica quando gli effetti comb<strong>in</strong>ati eccedono la sommazione degli effetti separati;3) azione carc<strong>in</strong>ogenica <strong>in</strong>completa, consistente <strong>in</strong> attività nei riguardi di una solafase <strong>del</strong>la carc<strong>in</strong>ogenesi, cioè solo per l'<strong>in</strong>iziazione o solo per la promozione; 4)azione preparativa, che si svolge sull'organo bersaglio rendendolo più sensibileall'azione carc<strong>in</strong>ogenica; 5) azione permissiva, consistente <strong>in</strong> facilitazione <strong>del</strong>lafunzione carc<strong>in</strong>ogenetica, che si esplica, per esempio, aumentando la solubilità o lavelocità di assorbimento <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>ogeno da parte <strong>del</strong>la cellula, o affrettandone ilmetabolismo o la velocità di escrezione; 6) azione sui Virus, che si svolge secondomeccanismi diversi: a) favorendo la liberazione <strong>del</strong>le particelle virali dal sito nelquale sono localizzate; b) deprimendo la reazione immunitaria <strong>del</strong>l'ospite; c)attivando un virus <strong>in</strong>completo; d) rendendo le cellule bersaglio più sensibili alvirus; e) deprimendo l'azione <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>terferon; 7) azione condizionante, consistentenell'<strong>in</strong>tervento di alcuni fattori richiesti per la crescita di un tumore ormonodipendenteo di un tumore il cui sviluppo è frenato dalla reazione immunitaria<strong>del</strong>l'ospite.L'azione cocancerogena studiata più a fondo è quella <strong>del</strong>l'olio di croton, che agiscecome carc<strong>in</strong>ogeno <strong>in</strong>completo (tipo 3 <strong>del</strong>l'elenco), cioè come promovente chesollecita focolai di cellule, sulle quali si è già esplicata l'azione <strong>in</strong>iziatrice.Si tratta naturalmente di schematismi di grande utilità per una materia cosìcomplessa come la cocancerogenesi, <strong>in</strong> quanto facilitano i processi di dist<strong>in</strong>zione especificazione, pur presentando a volte il rischio di <strong>in</strong>durre a <strong>in</strong>quadramentisemplicistici e non rigorosi.m) Il fumo <strong>del</strong> tabaccoConnessa con la cancerogenesi chimica è la questione <strong>del</strong>l'importanza <strong>del</strong> fumo ditabacco quale agente eziologico <strong>del</strong> cancro polmonare. È fuori dubbio che negliultimi anni la frequenza di tale tipo di tumore è assai aumentata: mentre <strong>in</strong> passatoil cancro polmonare era raro, attualmente esso rappresenta un'alta percentuale deitumori maligni, con differenze notevoli tra le s<strong>in</strong>gole popolazioni e <strong>in</strong> rapporto allevarie condizioni di vita. In passato l'importanza <strong>del</strong> tabacco quale causa di cancroaveva attratto pr<strong>in</strong>cipalmente l'attenzione per la frequenza di tumori localizzat<strong>in</strong>ella cavità orale nei fumatori, <strong>in</strong> particolare di quelli <strong>del</strong>le labbra nei fumatori dipipa.Il rapporto fumo di tabacco/cancro <strong>del</strong> polmone si è desunto fondamentalmente dadati statistici molto elaborati, che hanno dimostrato una netta prevalenza deitumori polmonari tra i fumatori. Il problema ha assunto significato sociale e moltecommissioni nei vari paesi, <strong>in</strong> particolare <strong>in</strong> Inghilterra, Stati Uniti e Paesiscand<strong>in</strong>avi, hanno svolto estesissime <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i con risultati che, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea di massima,concordano nel porre <strong>in</strong> guardia l'umanità verso la pericolosità <strong>del</strong> fumo ditabacco, nell'<strong>in</strong>dicare la durata media <strong>del</strong> tempo di <strong>in</strong>duzione e la zona dipericolosità, cioè il numero di sigarette fumate per giorno, nel riconoscerel'<strong>in</strong>dispensabilità di filtri idonei, ecc.Le ricerche sperimentali non hanno dato, però, risultati significativi, nonostante lemolte modalità cui si è fatto ricorso. La grande difficoltà di tali <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i consistenell'impossibilità di riprodurre condizioni corrispondenti a quelle reali, soprattuttoper quanto riguarda la meccanica <strong>del</strong> fumare. Inoltre, bisogna tener conto <strong>del</strong> fattoche il cancro polmonare si manifesta nei fumatori dopo molti anni dall'<strong>in</strong>izio<strong>del</strong>l'abitud<strong>in</strong>e di fumare: tale lungo periodo di preparazione non è attuabile neglianimali da esperimento per la relativa brevità <strong>del</strong>la loro vita, e d'altra parte non sipuò accettare senz'altro l'idea che un evento morboso, che nella vita <strong>del</strong>l'uomoevolve durante un lungo periodo di tempo, negli animali a breve vita debba <strong>in</strong>vececompiersi <strong>in</strong> un tempo a questa proporzionato.Se è vero d'altronde che una relazione abbastanza stretta tra fumo e tumorepolmonare si desume statisticamente per la diversa <strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong>la malattia neifumatori rispetto ai non fumatori, è altresì vero che anche per questi ultimi lafrequenza di tali tumori è andata progressivamente aumentando, anche se <strong>in</strong>misura m<strong>in</strong>ore che nei primi. Tutto ciò <strong>in</strong>duce a ritenere che l'eziologia dei tumoripolmonari sia molteplice, dovuta cioè a più fattori, dei quali alcuni personali comeil fumo, altri ambientali e tra questi <strong>in</strong> primo luogo il grave <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento82 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...<strong>del</strong>l'ambiente nell'epoca attuale.Per la produzione sperimentale di tumori da fumo si sono usati metodi diretti e<strong>in</strong>diretti. I primi consistono nell'abituare alcuni tipi di scimmie a fumare (v.Jarvick, 1967): tuttavia gli animali fumano, e sembra volentieri, un numero moltolimitato di sigarette ma rifiutano ulteriori <strong>in</strong>viti, e pertanto non sono staticonseguiti risultati di qualche importanza. E stato anche tentato di realizzare neicani il fumo forzato attraverso tracheotomia, ma l'<strong>in</strong>sorgenza di fenomeni morbosicollaterali, come emboli polmonari ed enfisema, non consente esperimenti di lungadurata.I metodi <strong>in</strong>diretti sono basati <strong>in</strong>vece sull'<strong>in</strong>alazione passiva, che si attuamantenendo gli animali da esperimento <strong>in</strong> ambiente saturo di fumo di tabacco.Nonostante alcuni studiosi, <strong>in</strong> particolare E. L. Wynder e D. Hoffmann (v., 1967),abbiano potuto osservare l'<strong>in</strong>sorgenza di cancri ghiandolari <strong>del</strong> polmone <strong>in</strong> topi diceppi sensibili ai tumori polmonari mantenuti <strong>in</strong> tali condizioni sperimentali,secondo altri autori (v. Di Paolo e Moore, 1959; v. Di Paolo e Lev<strong>in</strong>, 1965) questenon riprodurrebbero <strong>in</strong> realtà gli effetti determ<strong>in</strong>ati dal fumo di tabacco nell'uomo.È comunque dimostrato che con il catrame o con il condensato di tabacco, cioè conil materiale che si accumula, per esempio, nei cannelli di pipa, si producono tumoriepiteliali negli animali da esperimento (v. Wynder e altri, 1953; v. Wynder eHoffmann, 1967). È da tener presente che l'attività carc<strong>in</strong>ogenetica dei condensatifreschi, cioè di meno di 24 ore, è maggiore di quella dei condensati di più tempo, <strong>in</strong>rapporto alla presenza nei primi di sostanze volatili. Alcuni condensati sono attivisugli epiteli, ove provocano l'<strong>in</strong>sorgenza di carc<strong>in</strong>omi, e sul sottocutaneo, ovedanno luogo a sviluppo di sarcomi; altri <strong>in</strong>vece esplicano attività oncogena solo suitessuti epiteliali. Frazionando con vari metodi il condensato di fumo di tabacco èstato possibile compiere importanti osservazioni, tra le quali di particolare<strong>in</strong>teresse appaiono quelle di Wynder e Hoffmann che hanno identificato fattori<strong>in</strong>izianti e fattori promoventi la crescita neoplastica, cioè cocancerogeni: gli<strong>in</strong>iziatori sono risultati idrocarburi aromatici localizzati <strong>in</strong> una s<strong>in</strong>gola frazione,mentre i promoventi sono stati localizzati nella frazione acida, <strong>in</strong> quella neutra e <strong>in</strong>quella fenolica. La cancerogenesi da condensato di fumo avverrebbe cosi a operadei due fattori, secondo la concezione di Berenblum dei cocarc<strong>in</strong>ogeni.Il problema <strong>del</strong>l'eziologia <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong> polmone, notevolmente complesso per lemolteplicità dei fattori <strong>in</strong> causa, è <strong>in</strong> ogni modo ancora lontano dalla sua soluzione.3. Cancerogenesi fisicaAnche <strong>in</strong> questo caso la patologia sperimentale ha affrontato e per alcuni aspettirisolto il problema posto dall'osservazione cl<strong>in</strong>ica. Già da lungo tempo era nota lafrequenza di tumori cutanei sulle parti scoperte di <strong>in</strong>dividui esposti per molti anniall'azione diretta <strong>del</strong>le radiazioni solari, <strong>in</strong> prevalenza qu<strong>in</strong>di mar<strong>in</strong>ai e contad<strong>in</strong>i.Più recentemente, <strong>in</strong> rapporto al rapido ed esteso sviluppo <strong>del</strong>la diagnostica eterapia radiologica, è divenuto progressivamente più frequente e allarmante ilriscontro di lesioni cutanee, evolventi talvolta <strong>in</strong> cancri, <strong>in</strong> medici e tecniciradiologi.Da tali osservazioni sorse anzitutto la necessità di adeguate protezioni <strong>del</strong>personale addetto all'uso di apparecchi di radiologia e degli stessi ammalati che perscopi diversi venivano irradiati, protezioni da molti anni obbligatorie per legge.In campo sperimentale, è stato possibile riprodurre agevolmente sia i tumori dairradiazioni solari, sia quelli da raggi Rüntgen, e la mole <strong>del</strong>le ricerche è veramentenotevole.a) Radiazioni ultravioletteNel 1928 G. M. F<strong>in</strong>dlay (v.) vide che l'irradiazione con raggi ultravioletti <strong>del</strong>la cutedi ratti spennellata con catrame determ<strong>in</strong>ava più rapida comparsa di cancri cutaneirispetto agli animali di controllo sottoposti alla sola azione <strong>del</strong> catrame. Due annidopo lo stesso autore dimostrò che la sola irradiazione è <strong>in</strong> grado di provocarel'<strong>in</strong>sorgenza di cancri cutanei.Seguirono naturalmente numerose altre ricerche, e al presente non v'è dubbio che iraggi ultravioletti esplich<strong>in</strong>o azione cancerogena sia sull'epitelio, ove danno luogo83 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...alla comparsa di epiteliomi, sia sul derma e sull'ipoderma, ove provocano losviluppo di sarcomi; anzi, <strong>in</strong> condizioni sperimentali quest'ultimo tipo di tumori siosserva molto più frequentemente che non gli epiteliomi, contrariamente a quantosi verifica spontaneamente nell'uomo.È stato precisato che <strong>del</strong>lo spettro ultravioletto solo le radiazioni a lunghezzad'onda comprese tra 260 e 300 nm sono dotate di attività carc<strong>in</strong>ogenetica, anzi perluci ultraviolette monocromatiche si è visto che tale attività è strettamente limitataa 297 nm. Si supponeva, e sembrava logico ritenere, che l'effetto cancerogeno fossecorrelato con quello eritematoso, che cioè fosse dipendente da questo; si è potuto<strong>in</strong>vece stabilire che non esiste alcuna relazione tra i due effetti, perché le radiazioniche <strong>in</strong>ducono eritema hanno una lunghezza d'onda di 253,7 nm e come tali nonsono cancerizzanti.La prova diretta che i raggi solari sono efficaci nel produrre tumori fu fornita da A.H. Roffo (v., 1934) che esponendo topi e ratti a <strong>in</strong>tensa irradiazione solare ottennesviluppo di carc<strong>in</strong>omi.b) Raggi X, isotopi radioattivi, radiazioni ionizzantiL'attività oncogena dei raggi X fu dimostrata sperimentalmente da P. Marie e altri(v., 1910) che riuscirono con tale mezzo a <strong>in</strong>durre sviluppo di tumori nel topo, evenne poi ampiamente studiata da B. Bloch e N. Dreyfus (v., 1921).I risultati <strong>del</strong>le numerose ricerche sull'argomento, condotte secondo variemodalità, hanno consentito di stabilire senza alcun dubbio che i raggi X, così comegli isotopi radioattivi, esplicano attività oncogena, e hanno qu<strong>in</strong>di imposto lanecessità di adottare adeguati mezzi di protezione per tutti coloro, chimici, fisici,biologi, m<strong>in</strong>eralogisti, che per ragioni di lavoro sono esposti a fonti di radiazioni.È ormai perfettamente chiarita la causa <strong>del</strong>la notevole frequenza di tumori <strong>del</strong>polmone negli operai <strong>del</strong>le m<strong>in</strong>iere di Schneeberg e di Joachimsthal: come si è giàdetto, misurazioni di radioattività <strong>del</strong>l'aria eseguite <strong>in</strong> tali ambienti hannoconsentito di dimostrare che il contenuto <strong>in</strong> emanazione è assai alto e certamentedi molto superiore alla concentrazione ritenuta tollerabile. Anche <strong>in</strong> una largapercentuale di animali da esperimento mantenuti per lungo tempo <strong>in</strong> m<strong>in</strong>iera siosserva la comparsa di cancro <strong>del</strong> polmone. Fra le varie sostanze radioattivepresenti nell'aria <strong>del</strong>le m<strong>in</strong>iere il radon sembra svolgere il ruolo pr<strong>in</strong>cipalenell'eziologia <strong>del</strong>la malattia (v. Hueper, 1954 e 1955; v. Hueper e altri, 1952). Cosìpure è stato possibile accertare che la frequenza di sarcomi <strong>del</strong>le ossa nelle operaiedi una fabbrica di orologi nel New Jersey addette alla verniciatura dei quadranticon colori fluorescenti dipendeva dall'<strong>in</strong>gestione di sostanze radioattive. Leoperaie, <strong>in</strong>fatti, per l'abitud<strong>in</strong>e di affilare la punta <strong>del</strong> pennell<strong>in</strong>o con le labbra,<strong>in</strong>gerivano cont<strong>in</strong>uamente tracce di vernice contenente derivati <strong>del</strong> tono, il cuiaccumulo nelle ossa determ<strong>in</strong>ava entro un periodo relativamente breve, di pochianni, l'<strong>in</strong>sorgenza <strong>del</strong> tumore (v. Martland, 1929).L'importanza <strong>del</strong>le radiazioni ionizzanti quale causa di tumori e di malattiecorrelate è risultata tragicamente evidente dopo la constatazione<strong>del</strong>l'impressionante aumento dei casi di leucemia tra i soggetti esposti agli effetti<strong>del</strong>la esplosione <strong>del</strong>le bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki nel 1 945, nell'areacompresa <strong>in</strong> un raggio di due chilometri dalle città l'<strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong>la malattia, nellaforma di leucemia mieloide, fu calcolata essere da sei a sette volte maggiore <strong>in</strong> talipopolazioni rispetto a quelle non comprese nelle aree contam<strong>in</strong>ate. Si sonoosservati due periodi di massima <strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong>la leucemia mieloide nelle suddettepopolazioni il primo compreso tra 4 e 8 anni dopo l'esplosione, con circa il 50% dicasi acuti, il secondo tra 13 e 14 anni dopo l'esplosione, con l'84% di casi acuti, e ilfenomeno non ha ancora ricevuto una soddisfacente spiegazione.Già da tempo erano stati segnalati numerosi casi di leucemia tra i radiologi (v.Jagic e altri, 1911): è stato calcolato che questi specialisti presentano unaprobabilità di contrarre la malattia circa dieci volte maggiore rispetto agli altrimedici.Accurate statistiche hanno <strong>in</strong>oltre dimostrato l'aumento di frequenza <strong>del</strong>laleucemia <strong>in</strong> bamb<strong>in</strong>i le cui madri siano state sottoposte a panirradiazione, durantela gravidanza.Dal punto di vista sperimentale <strong>in</strong> alcuni topi adulti <strong>del</strong> ceppo LAF1 esposti a84 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...esplosioni atomiche fu possibile osservare lo sviluppo di tumori <strong>in</strong> vari organi, <strong>in</strong>particolare l<strong>in</strong>fomi timici e leucemie e nelle femm<strong>in</strong>e anche tumori ovarici eipofisari. Più dimostrative furono <strong>in</strong>vece le ricerche di H. S. Kaplan e M. B. Brown(v., 1952) e di L. Gross e altri (v., 1959), che ottennero alte percentuali di casi dileucemia <strong>in</strong> topi di ceppi <strong>in</strong>bred nei quali, <strong>in</strong> condizioni normali, l'<strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong>lamalattia è molto bassa: <strong>in</strong> particolare il Kaplan e il Brown dimostrarono lapossibilità di osservare dopo panirradiazione X l'<strong>in</strong>cidenza di leucemia nel 90% deitopi <strong>del</strong> ceppo C 57 Black - nei quali, spontaneamente, la malattia si manifestasporadicamente o non si manifesta affatto - con frequenza massima negli animalidi 2-4 settimane di vita e <strong>in</strong>versamente proporzionale all'età. Da rilevare che laleucemia consegue, come già detto, all'irradiazione di tutto il corpo, mentrel'irradiazione <strong>del</strong> solo timo ottenuta proteggendo con adeguata schermatura il resto<strong>del</strong> corpo è priva di effetto leucemogeno; <strong>in</strong>oltre, la timectomia preventiva riduce acirca un decimo i casi di leucemia da irradiazione o da sostanze chimiche, e questa<strong>in</strong>ibizione <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong>la malattia è a sua volta annullata dall'impianto ditimo. Tali rilievi <strong>in</strong>ducono a ritenere che il fatto che la leucemia sperimentale dairradiazione sia di tipo l<strong>in</strong>fatico, sia <strong>del</strong> tutto <strong>in</strong>dipendente da una azione diretta deiraggi sugli organi l<strong>in</strong>fatici: Kaplan e Brown ritengono possibile la liberazione daitessuti irradiati di un fattore leucemogeno, e la sua <strong>in</strong>attivazione da parte degliorgani non irradiati nel caso di irradiazione parziale. L'<strong>in</strong>oculazione di cellule dimidollo osseo esercita un certo potere <strong>in</strong>ibente sullo sviluppo <strong>del</strong>la leucemia, sepraticata per via endovenosa subito dopo l'irradiazione. Inoltre, è stato osservatoche un analogo potere <strong>in</strong>ibente esercita sul topo l'<strong>in</strong>oculazione di poltiglia di milza<strong>del</strong>la stessa specie e di milza di pecora, mentre un effetto <strong>in</strong>ibente più modestoconsegue all'<strong>in</strong>oculazione di estratti splenici acellulari. Si è pertanto suppostal'esistenza di un fattore antileucemogeno, che è stato <strong>in</strong>dicato con la sigla RLP(Radiation Leukaemia Protect<strong>in</strong>g factor), attivo nei confronti <strong>del</strong>la leucemia daraggi ma privo di effetti nei confronti di quella da sostanze chimiche (v. Berenblume altri, 1965).Di notevole <strong>in</strong>teresse è il rilievo che l'irradiazione di topi appartenenti a ceppi conalta <strong>in</strong>cidenza di leucemia non determ<strong>in</strong>a aumento di tale <strong>in</strong>cidenza: sembrerebbecosi dimostrato che <strong>in</strong> tali ceppi la potenzialità leucemica è già espressa ai valorimassimi e pertanto non <strong>in</strong>crementabile ulteriormente dalle radiazioni, mentre neiceppi a bassa <strong>in</strong>cidenza di leucemia questa potenzialità è pressoché <strong>in</strong>espressa esuscettibile di essere esaltata f<strong>in</strong>o alla completa espressione dal trattamentoirradiante.L. Gross (v., 1958) <strong>in</strong> topi <strong>del</strong> ceppo C3H e M. Liebermann e H. S. Kaplan (v., 1959)<strong>in</strong> topi <strong>del</strong> ceppo C57 Black poterono fornire l'importantissima dimostrazione chedagli organi degli animali nei quali si è sviluppata la leucemia da irradiazione èpossibile isolare un virus che può essere trasmesso <strong>in</strong> serie <strong>in</strong> animali normal<strong>in</strong>eonati: l'irradiazione, cioè, non sarebbe causa diretta di leucemia, ma agirebbeattivando un virus leucemogeno latente, che sarebbe il vero effettore <strong>del</strong>la malattia.Tale virus risulterebbe identico al virus A <strong>del</strong>la leucemia spontanea di Gross sia perl'aspetto <strong>del</strong>le particelle osservate al microscopio elettronico, sia dal punto di vistaimmunologico, differenziandosene soltanto per particolarità m<strong>in</strong>ori.Contrariamente a quanto accade per il topo, nel ratto la panirradiazione non<strong>in</strong>duce lo sviluppo di leucemia bensì l'elevata <strong>in</strong>cidenza di tumori solidi <strong>in</strong> variorgani, nei quali però non si è f<strong>in</strong>ora riusciti a dimostrare particelle virali. Ciò nonautorizza tuttavia ad ammettere senz'altro una refrattarietà dei ratti alla leucemiada virus, perché è ben noto che questi animali sono sensibilissimi all'azioneleucemogena <strong>del</strong> virus A; piuttosto si può pensare che nel ratto non esista un viruspotenzialmente leucemogeno, e che la panirradiazione attivi <strong>in</strong>vece virus <strong>in</strong> gradodi <strong>in</strong>durre lo sviluppo di tumori solidi (v. Gross, 1970).Secondo Gross, nel topo il virus attivabile da radiazioni è trasmesso dai genitorialla prole, cioè <strong>in</strong> via verticale, e solo così se ne spiegherebbe la presenza <strong>in</strong> ceppicome il C3H a bassissima <strong>in</strong>cidenza leucemica. Gross non esclude la possibilità,f<strong>in</strong>ora <strong>in</strong> realtà non dimostrata, di trasmissione <strong>del</strong> virus latente con il latte.Non si conosce ancora il meccanismo con il quale i vari tipi di irradiazionedeterm<strong>in</strong>ano tumori solidi o leucemie, ma certamente esso è molto complesso e va<strong>in</strong>quadrato nell'ambito <strong>del</strong>le conoscenze radiobiologiche che hanno avuto negli85 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...ultimi anni uno sviluppo veramente notevole (v. radiologia medica; v.radiobiologia). Occorre <strong>in</strong>oltre ricordare che le stesse radiazioni che esplicanoattività cancerogena possono, <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ate condizioni, determ<strong>in</strong>are regressionealmeno temporanea di tumori e di leucemie, onde il loro ben noto impiegoterapeutico.Sarà <strong>in</strong> seguito fatto cenno all'azione <strong>del</strong>le radiazioni su qualche fenomenocellulare elementare.c) Cancerogenesi da solidiLa scoperta <strong>del</strong>lo sviluppo di tumori <strong>in</strong> corrispondenza di superfici solide si deve aF. C. Turner (v., 1941) che osservò <strong>in</strong> ratti l'<strong>in</strong>sorgenza di sarcomi <strong>in</strong> prossimità didischi di bachelite <strong>in</strong>trodotti nel tessuto sottocutaneo.Al caso si deve la scoperta di B. S. Oppenheimer e altri (v., 1948) <strong>del</strong>lo sviluppo disarcomi <strong>in</strong> ratti nei quali, allo scopo di produrre ipertensione sperimentale, i renierano stati avvolti con un foglio di cellofan. Successivamente, si riuscì a produrresarcomi mediante impianto sottocutaneo di fogli di cellofan. Tuttavia il concetto dicarc<strong>in</strong>ogenesi da superfici solide fu <strong>del</strong><strong>in</strong>eato con precisione da H. Nothdurft (v.,1955), il quale vide che mentre la polvere di cellofan risultava poco attivanell'<strong>in</strong>durre la formazione di sarcomi, i dischi di tale materiale mostravano dipossedere attività oncogena <strong>in</strong> grado direttamente proporzionale all'estensione<strong>del</strong>la loro superficie, cioè erano fortemente attivi quelli <strong>in</strong>teri e meno attivi quelliforati. Tali prove consentivano di escludere un'azione da sostanze chimiche, e ilprocesso venne <strong>in</strong>dicato come cancerogenesi da superficie di corpi allo stato solido.Il rapido sviluppo <strong>del</strong>le ricerche mise <strong>in</strong> evidenza la possibilità di produrre, sia pure<strong>in</strong> grado diverso, sarcomi con l'impiego di fogli di molti tipi di plastiche, come ildracon, il teflon, l'ivalon, il polietilene, il polistirene e vari altri, mentre le polveri otrucioli di tali plastiche risultavano <strong>in</strong>attivi.Un'ulteriore sorpresa provocarono le ricerche di G. Hecht (v., 1952), il qualeosservò sviluppo di sarcomi nel tessuto sottocutaneo di ratti <strong>in</strong> seguito all'impiantodi fogliol<strong>in</strong>e d'oro e successivamente di lam<strong>in</strong>e d'avorio. Oppenheimer e altri (v.,1956) riprodussero i tumori con l'impianto di lam<strong>in</strong>e d'acciaio, di tantalio o divitallio (lega a base di cromo, cobalto, nichel e molibdeno). Successivamente sidimostrò che anche l'asbesto <strong>in</strong>duce sviluppo di sarcomi e che, mentre polveri diquarzo o di vetro comune non svolgono attività oncogena, questa è svolta <strong>in</strong>vece dacristalli o lam<strong>in</strong>e di quarzo o da lastr<strong>in</strong>e di vetro.Ricerche istogenetiche hanno consentito di risolvere parzialmente il problema,facendo luce sulle modalità di sviluppo <strong>del</strong>le masse neoplastiche.Attorno alle lam<strong>in</strong>e di materiale solido si forma una capsula connettivale la qualeper vari mesi resta quiescente, cioè senza segni di attiva proliferazione cellulare odi <strong>in</strong>fiammazione, f<strong>in</strong>o a quando <strong>in</strong> corrispondenza di una piccola zona <strong>in</strong>izia lamoltiplicazione cellulare di elementi atipici e qu<strong>in</strong>di lo sviluppo <strong>del</strong> tumore. Nelperiodo di quiescenza la capsula è costituita da fibre collagene e da numerosifibroblasti immaturi, con scarsa partecipazione vasale. Le polveri, <strong>in</strong>vece,determ<strong>in</strong>ano reazioni <strong>in</strong>fiammatorie più o meno vivaci, con partecipazione dimacrofagi, neoformazione vasale e comparsa di cellule giganti. Di particolare<strong>in</strong>teresse appaiono due osservazioni: asportando la lastr<strong>in</strong>a di metallo o di plastica,con una porzione <strong>del</strong>la capsula che l'<strong>in</strong>clude, si verifica egualmente sviluppo disarcoma sui residui <strong>del</strong>la capsula (v. Oppenheimer e altri, 1958); il trapianto neltessuto sottocutaneo di ratti normali <strong>del</strong>la sola capsula connettivale, priva cioè<strong>del</strong>la lam<strong>in</strong>a, dopo alcuni mesi dalla sua formazione, è seguito dallo sviluppo disarcoma (v. Nothdurft, 1960). Molto persuasiva è l'<strong>in</strong>terpretazione di L. S.Salyamon (v., 1961), secondo il quale la carc<strong>in</strong>ogenesi da solidi è il risultato<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>ibizione <strong>del</strong>la <strong>in</strong>fiammazione che si determ<strong>in</strong>a a livello <strong>del</strong>le superfici deisolidi, mentre le polveri, come si è detto, costituiscono lo stimolo di una cospicuareazione <strong>in</strong>fiammatoria, frequentemente sfociante anche nella formazione digranulomi.A F. Bischoff e G. Bryson (v., 1964) si deve un'analisi dei term<strong>in</strong>i di confronto traformazione di sarcomi da solidi e trasformazione <strong>in</strong> cellule sarcomatose difibroblasti normali coltivati <strong>in</strong> vitro. Nel 1941 C. P. Gey (v.) comunicò di averosservato trasformazione neoplastica <strong>in</strong> colture di cellule, suscitando un enorme86 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...<strong>in</strong>teresse perché per la prima volta veniva dimostrata una cancerizzazionespontanea, cioè senza <strong>in</strong>tervento di carc<strong>in</strong>ogeno. Successivamente W. R. Earle (v.,1943) confermò tale osservazione, escludendo <strong>in</strong> modo assoluto la possibilità dicontam<strong>in</strong>azione <strong>del</strong>le colture con tracce di carc<strong>in</strong>ogeni chimici o di virus.Attualmente non si hanno più dubbi sulla possibilità di cancerogenesi spontanea dicellule coltivate <strong>in</strong> vitro.La cancerogenesi <strong>in</strong> vitro e quella da solidi presentano il carattere comune<strong>del</strong>l'adesione dei fibroblasti a superfici <strong>in</strong>erti e l'<strong>in</strong>terposizione di uno strato diprote<strong>in</strong>e tra cellule e superfici, che limita gli scambi gassosi. Secondo H. Goldblatte G. Cameron (v., 1953) l'anaerobiosi, <strong>in</strong> armonia con la teoria di Warburg, ècondizione favorente la trasformazione spontanea <strong>del</strong>le cellule coltivate <strong>in</strong> vitro <strong>in</strong>cellule neoplastiche.Il meccanismo <strong>del</strong>la cancerogenesi da solidi è tuttora ignoto. L'ipotesi che dallesostanze plastiche si form<strong>in</strong>o radicali liberi, cioè si verifichi trasferimento dielettroni <strong>in</strong>stabili dalla superficie <strong>del</strong> polimero alla cellula, così come accade per leradiazioni, è probabilmente da escludersi, perché ricerche condotte da H. Druckreye D. Schmäll (v., 1954) mediante l'impiego di polietilene, che contiene radicaliliberi, e di cellofan, che ne è esente, non mettono <strong>in</strong> evidenza significativedifferenze nella capacità <strong>del</strong>le due sostanze di <strong>in</strong>durre formazione di sarcomi.A. Caputo (v., 1973) prende <strong>in</strong> considerazione la possibilità che per formazione dilegami a idrogeno tra polimeri e membrane dei lisosomi si determ<strong>in</strong>i un danno ditali strutture che darebbe luogo alla liberazione di DNA-asi e conseguentemente adalterazioni <strong>del</strong>le catene pol<strong>in</strong>ucleotidiche <strong>del</strong> DNA.È certo che il problema <strong>del</strong>l'attività carc<strong>in</strong>ogenetica <strong>del</strong>le sostanze plastiche è d<strong>in</strong>otevole <strong>in</strong>teresse medico non solo per l'impiego attualmente assai diffuso diplastiche sostitutive, ma anche per l'<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento ambientale da parte dicomponenti a base di plastiche poliv<strong>in</strong>iliche. La dimostrazione fornita da P. L.Viola e altri (v., 1971) che l'<strong>in</strong>alazione di aria con un contenuto <strong>del</strong> 30% di clorurodi v<strong>in</strong>ile <strong>in</strong>duce tumori <strong>del</strong>la cute, <strong>del</strong> polmone e <strong>del</strong>le ossa è qu<strong>in</strong>di di grandeimportanza teorica e pratica.4. Cancerogenesi viralea) Caratteristiche generali dei virus oncogeniGli studi sull'oncogenesi virale hanno dimostrato che sono <strong>in</strong> grado di produrre laformazione di tumori sia virus a DNA sia virus a RNA.I virus a DNA dotati di potere oncogeno sono il virus <strong>del</strong> polioma e il virus SV40, ilvirus <strong>del</strong> papilloma, gli adenovirus, i poxvirus, gli herpesvirus; il loro DNA ha unastruttura a doppia elica, e nei virus <strong>del</strong> polioma, SV40 e <strong>del</strong> papilloma presenta unaforma ad anello <strong>in</strong> quanto le estremità di ogni catena sono legate tra loro da legamicovalenti di natura ancora non precisata (v. acidi nucleici). Questi tre virus sono<strong>in</strong>oltre caratterizzati dal piccolo diametro <strong>del</strong>le particelle e dal più basso pesomolecolare <strong>del</strong> DNA (rispettivamente per i primi due 450 Å e 3•10 6 dalton, per ilterzo 550 Å e 5•10 6 dalton), e dal fatto che il loro esiguo genoma può codificare almassimo dieci proteme ciò consente di dist<strong>in</strong>guere facilmente nella cellulatrasformata i prodotti genici di orig<strong>in</strong>e virale e quelli di orig<strong>in</strong>e cellulare, e diprecisare il numero dei geni che <strong>in</strong>tervengono nel processo di trasformazionecellulare. Adenovirus, poxvirus ed herpesvirus hanno diametro <strong>del</strong>le particellemaggiore, peso molecolare <strong>del</strong> DNA più elevato (per ognuno dei tre: 21-23•10 6dalton, 160•10 6 dalton e circa 100•10 6 dalton) e morfologia più complessa; ipoxvirus causano tumori benigni cutanei <strong>in</strong> alcune scimmie e talvolta nell'uomo eun fibroma nel coniglio, gli herpesvirus sono ritenuti gli agenti eziologici di alcunitumori degli animali e <strong>del</strong>l'uomo, quale l'adenocarc<strong>in</strong>oma di Lucké <strong>del</strong> rene di ranae il l<strong>in</strong>foma maligno di Burkitt.I virus a RNA sono causa di tumori <strong>in</strong> molte specie animali: appartengono a talegruppo proprio il virus <strong>del</strong>la eritroleucemia dei polli, il primo virus di cui fuscoperto il potere oncogeno (v. Ellermann e Bang, 1908), quello <strong>del</strong> sarcoma deipolli (v. Rous, 1911), e altri come il virus di Bittner <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>oma mammario <strong>del</strong>topo, quelli <strong>del</strong>la leucemia-sarcoma <strong>del</strong> topo, quelli <strong>del</strong> sarcoma-leucemia <strong>del</strong> gatto,identificati molto più tardi e oggetto di ricerche ancor oggi molto estese. Sono virus87 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...di dimensioni piuttosto grandi (diametro <strong>del</strong>le particelle f<strong>in</strong>o a 1.000 Å e oltre), ilcui genoma è costituito da un solo filamento di RNA caratterizzato da un pesomolecolare relativamente poco elevato.Per quanto riguarda le caratteristiche generali <strong>del</strong>l'oncogenesi virale, i problemi più<strong>in</strong>teressanti sono quelli relativi ai meccanismi con i quali i virus <strong>in</strong>ducono latrasformazione cellulare. Come abbiamo già detto, questa consiste essenzialmentenel fatto che le cellule si sottraggono ai meccanismi di controllo <strong>del</strong>lamoltiplicazione per l'<strong>in</strong>tervento di fattori <strong>in</strong> grado di agire sulla loro superficie osulle loro strutture <strong>in</strong>terne. I virus sono risultati <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>durre alterazioni sia<strong>del</strong>la membrana cellulare (come nel caso <strong>del</strong> virus <strong>del</strong> sarcoma di Rous, già citato),sia dei processi <strong>in</strong>tracellulari determ<strong>in</strong>ando alterazioni di alcune attivitàenzimatiche e <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong> DNA e conseguente comparsa di aberrazionicromosomiche. Un altro aspetto importante <strong>del</strong>la trasformazione cellulare <strong>in</strong>dottadai virus oncogeni a eccezione dei virus a RNA <strong>del</strong>la leucemia mur<strong>in</strong>a,<strong>del</strong>l'adenocarc<strong>in</strong>oma mammario <strong>del</strong> topo e <strong>del</strong>la eritroleucemia dei polli, è che lecellule trasformate contengono l'acido nucleico virale, DNA o RNA, <strong>in</strong> formafunzionalmente <strong>in</strong>completa: le ragioni di tale differente comportamento degli acid<strong>in</strong>ucleici virali nelle cellule trasformate non sono note. Il problema <strong>del</strong>la conoscenza<strong>del</strong> meccanismo <strong>del</strong>la trasformazione è strettamente connesso al riconoscimento<strong>del</strong>l'alterazione metabolica che ne è responsabile, e qu<strong>in</strong>di <strong>del</strong> prodotto o deiprodotti genici che determ<strong>in</strong>ano il fenomeno, e all'identificazione di quellevariazioni metaboliche che ne rappresentano <strong>in</strong>vece una conseguenza. Di grandeimportanza sono, a tale riguardo, gli studi con i mutanti temperatura-sensibili.Cellule <strong>in</strong>fettate con uno di tali mutanti crescono <strong>in</strong> vitro come cellule normali, enon sono da queste differenziabili, se tenute a temperatura non permissiva, cioè 41°C; sebbene producano virus, e qu<strong>in</strong>di siano <strong>in</strong>fettate, tali cellule non sono dunquetrasformate. Se le stesse cellule sono <strong>in</strong>vece mantenute a 36 °C, cioè a temperaturapermissiva, si determ<strong>in</strong>a la trasformazione, che retrocede tuttavia se latemperatura è nuovamente portata a 41 °C. Appare chiaro che <strong>in</strong> tali mutanti si èdeterm<strong>in</strong>ata una particolare alterazione responsabile <strong>del</strong>la codificazione di una opiù prote<strong>in</strong>e denaturabili dalla temperatura, la cui identificazione e il cui studiosono essenziali per la comprensione <strong>del</strong> processo di trasformazione che esse sono<strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>durre e di mantenere.Un altro vantaggio offerto dallo studio dei mutanti temperatura-sensibili èrappresentato dalla possibilità di ottenere s<strong>in</strong>cronizzazione <strong>del</strong>la trasformazione:<strong>in</strong>fatti, <strong>in</strong>fettando le cellule a temperatura più bassa e lasciando trascorrere iltempo necessario perché tutte siano <strong>in</strong>fettate, è possibile ottenere <strong>in</strong> poche ore latrasformazione di tutti gli elementi con l'elevazione <strong>del</strong>la temperatura a 36 °C.Esam<strong>in</strong>iamo ora alcuni dei tumori sperimentali da virus, tra quelli più studiati ediffusamente impiegati nelle ricerche.b) Virus polioma e SV40La storia <strong>del</strong>la scoperta di questo virus è <strong>in</strong>certa. Nel suo libro Oncogenie viruses,L. Gross (v., 1970) riferisce che nel 1951, <strong>in</strong> alcuni dei topi neonati di ceppo C3H aiquali aveva <strong>in</strong>oculato un filtrato di tessuti di topi di ceppo AK affetti da leucemiaspontanea, osservò, anziché l'atteso sviluppo <strong>del</strong>la leucemia, la comparsa di tumori<strong>del</strong> collo <strong>in</strong> ambo i lati. Egli pubblicò questa sua osservazione soltanto due annidopo, cioè proprio quando S. E. Stewart (v., 1953) comunicava di aver rilevato lostesso fenomeno. È difficile dire a chi tocchi la priorità <strong>del</strong>la scoperta, nonostanteche Gross la rivendichi a sé con molte argomentazioni.Gross <strong>in</strong>dicò il virus come parotid tumor virus, perché i tumori <strong>del</strong> collo comparsi<strong>in</strong> seguito all'<strong>in</strong>oculazione di filtrato erano adenocarc<strong>in</strong>omi <strong>del</strong>la parotide. Qualcheanno dopo Stewart e altri (v., 1957) riuscirono a isolare un virus capace di produrretumori anche di altri organi, e proposero qu<strong>in</strong>di di chiamarlo polyoma virus (virusdi tumori multipli), nome che ha <strong>in</strong>contrato fortuna ed è divenuto di uso corrente.È questo uno dei virus più profondamente studiati non solo nelle ricerche dioncogenesi, ma anche <strong>in</strong> quelle di virologia generale e di biologia molecolare.La sua <strong>in</strong>oculazione determ<strong>in</strong>a comparsa di alterazioni dei tubuli renali di aspettoadenocarc<strong>in</strong>omatoso e, <strong>in</strong> una certa percentuale di casi, di sarcomi <strong>del</strong> rene talvoltabilaterali, sviluppo di carc<strong>in</strong>omi <strong>del</strong>la mammella, di tumori <strong>del</strong>le ossa, di carc<strong>in</strong>omi88 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...dei surreni e di altri tipi di neoplasmi. Complessivamente, secondo le osservazionidi Stewart e collaboratori, il virus <strong>del</strong> polioma è <strong>in</strong> grado di provocare ben 23 tipi ditumori a struttura istologica differente, sebbene con frequenze molto diverse.In generale non esiste alcuna relazione tra la leucemia e i vari tumori solidi <strong>in</strong>dottidal virus, nel senso che solo eccezionalmente la sua <strong>in</strong>oculazione è seguita dallacontemporanea comparsa dei due tipi di processi morbosi. Si è pertanto suppostoche questi siano <strong>in</strong> realtà provocati da due virus diversi occasionalmente presenti<strong>in</strong> uno stesso animale o <strong>in</strong> un particolare ceppo <strong>in</strong>bred di topi, e che tra essi sistabilisca un fenomeno di <strong>in</strong>terferenza tale che la penetrazione di uno dei due <strong>in</strong>una cellula impedisce l'azione <strong>del</strong>l'altro. Questa ipotesi sembra confermata da varieprove abbastanza conv<strong>in</strong>centi, quali la possibilità di annullare con il riscaldamentoa 56 °C per 30 m<strong>in</strong>uti l'attività leucemogena, ma non quella cancerogena,<strong>del</strong>l'estratto di colture cellulari <strong>in</strong>fettate e l'<strong>in</strong>attivazione <strong>del</strong>la sola attivitàcancerogena ma non di quella leucemogena <strong>del</strong> virus, a opera <strong>del</strong> siero di topoimmunizzato mediante trattamento con liquido di colture cellulari <strong>in</strong> cui si èmoltiplicato il virus polioma.Il virus polioma viene facilmente coltivato <strong>in</strong> colture soprattutto di celluleembrionali di topo; è di notevole <strong>in</strong>teresse il fatto che la coltivazione <strong>in</strong> seriedeterm<strong>in</strong>a progressivo aumento non solo <strong>del</strong>la produzione, ma anche <strong>del</strong>l'attività<strong>del</strong> virus, nel senso che la capacità di <strong>in</strong>durre tumori a strutture istologiche diverseè maggiore per il virus coltivato su cellule <strong>in</strong> vitro che per quello che si estrae dallamassa tumorale.Il virus polioma è attivo su molti ceppi, <strong>in</strong>bred e non <strong>in</strong>bred, di topi; <strong>in</strong> cricet<strong>in</strong>eonati provoca lo sviluppo di vari tumori, come nel topo, e talvolta sarcomi <strong>del</strong>muscolo cardiaco, che nell'uomo e negli animali da esperimento è raramente sededi neoplasmi. Questa particolare sensibilità di topi e criceti neonati e di varie altrespecie (ratti, furetti, conigli, cavie, un tipo di ratto selvatico) ha determ<strong>in</strong>ato unlarghissimo impiego <strong>del</strong> virus nelle ricerche di oncologia sperimentale. La varietàdi specie sensibili al virus e la capacità di questo di <strong>in</strong>durre tumori di molteplici tipiistologici, se per certi aspetti rappresentano un vantaggio nella soluzione dideterm<strong>in</strong>ati problemi tecnici, di fatto danno tuttavia luogo a una situazionesperimentale multiforme e complessa.A tale proposito va anche considerato che il virus polioma è presente <strong>in</strong>un'altissima percentuale di topi normali di ceppi <strong>in</strong>bred diversi dall'orig<strong>in</strong>ario AK,cioè <strong>in</strong> quelli C3H, C57 Brown ecc., senza alcuna relazione con la frequenza <strong>in</strong>questi ceppi di <strong>in</strong>cidenza spontanea di leucemia o di carc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong>la mammella.Furono <strong>in</strong>izialmente identificati diversi ceppi <strong>del</strong> virus polioma, dei quali unocaratterizzato da maggiore attività oncogena nei confronti di ratti e criceti rispettoal topo, uno da una particolare aff<strong>in</strong>ità per il timo, altri forniti di elevata attivitàcitopatogena e bassa attività carc<strong>in</strong>ogenetica. La vera fase scientifica sui mutanti<strong>del</strong> virus polioma <strong>in</strong>iziò, però, quando M. Fried (v., 1965) dimostrò che altrattamento con acido nitroso resistono solo alcune particelle virali : se con questesi <strong>in</strong>fettano colture di cellule embrionali di pollo mantenute a temperature di 31 °C(temperatura permissiva) e di 38 °C (temperatura non permissiva), si osserva che il25% <strong>del</strong>le placche di cellule trasformate che ne derivano risultano sensibili allatemperatura, cioè possono svilupparsi solo a temperatura permissiva. I mutanti <strong>del</strong>virus <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>durre la formazione di tali placche vennero <strong>in</strong>dicati con la siglats (temperature-sensitive). Da questo primo esperimento numerosissime ricerchesi sono susseguite, sia con altri mutageni come l'idrossilamm<strong>in</strong>a, sia con varie l<strong>in</strong>eecellulari come la 3T3 (v. Di Mayorca e altri, 1969), tanto che f<strong>in</strong>ora sono stati isolaticirca 200 mutanti ts. Analoghe osservazioni sono state <strong>in</strong> seguito compiute sulvirus SV4O e su quello di Rous. Si ritiene oggi che la temperatura permissivaconsenta la s<strong>in</strong>tesi di alcuni prodotti genici, impossibile alla temperatura nonpermissiva: si dispone così di un espediente tecnico di grandissima importanza perla virologia oncologica, perché consente di dist<strong>in</strong>guere alcuni fatti <strong>del</strong>latrasformazione cellulare come dipendenti o <strong>in</strong>dipendenti dall'attività virale,soprattutto di precisare quanta parte <strong>del</strong> genoma virale è <strong>in</strong>dispensabile per ilmantenimento nella progenie cellulare e qu<strong>in</strong>di anche nel tumore <strong>in</strong> vivo <strong>del</strong>carattere di trasformazione.Nel 1959 G. A. Di Mayorca e altri (v.) fornirono l'im- portante dimostrazione che il89 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...DNA <strong>del</strong> virus polioma, isolato con metodi chimici e <strong>in</strong>oculato <strong>in</strong> colture di celluledi embrione di topo, determ<strong>in</strong>a effetto citopatogeno e, do- po due passaggi,produzione di particelle virali che, a loro volta <strong>in</strong>oculate nel topo, provocano lacomparsa di tumori. La prova decisiva che la sostanza isolata biologicamente attivafosse DNA fu fornita dalla sua <strong>in</strong>attivazione specifica, cioè dalla perdita <strong>del</strong>la suaattività <strong>in</strong>fettante, dopo trattamento con desossiribonucleasi. L'estrazione <strong>del</strong> DNA<strong>in</strong>fettivo è facilitata dal riscaldamento <strong>del</strong>le cellule a temperature comprese tra 75 e100 °C, con un meccanismo e per ragioni tuttora non conosciuti; trattasi comunquedi un DNA dotato di una notevole termoresistenza, che può essere mantenuto per30 m<strong>in</strong>uti a 100 °C senza che perda la sua attività. Successivamente, <strong>in</strong> altrilaboratori fu realizzata l'estrazione <strong>del</strong> DNA anche con altri solventi, e si dimostrò<strong>in</strong>oltre la capacità <strong>in</strong>fettante di DNA estratti da virus <strong>del</strong> papilloma di Shope (v. Ito,1960) e SV40 (v. Boiron e altri, 1962).Numerose sono state le ricerche di microscopia elettronica per l'identificazione<strong>del</strong>le particelle virali <strong>del</strong> polioma e la dimostrazione <strong>del</strong>le loro dimensioni, condotte<strong>in</strong>iziai- mente su liquido di colture cellulari, poi su sezioni ultrasottili: nel corso ditali studi fu possibile anche dimostrare la presenza nel nucleo <strong>del</strong>le cellule <strong>in</strong>fettatedi cospicui addensamenti di particelle virali a struttura cristall<strong>in</strong>a. La grandezza deivirus può anche essere determ<strong>in</strong>ata, oltre che con la microscopia elettronica,mediante l'ultrafiltrazione attraverso membrane di collodio a porosità nota e permezzo <strong>del</strong>l'ultracentrifugazione.Nel nucleo sono state messe <strong>in</strong> evidenza anche formazioni filamentose di diametrocorrispondente a quello <strong>del</strong>le particelle di tipo cristall<strong>in</strong>o, la cui comparsa precedequella <strong>del</strong>le particelle: basandosi su tali osservazioni W. Bernard e altri (v., 1959)hanno concluso che <strong>in</strong> realtà i filamenti sono costituiti dalle particelle stesse.Quando queste divengono così numerose da riempire i nuclei, passano nelcitoplasma: qui non è possibile osservare filamenti, ma si r<strong>in</strong>vengono soltantoparticelle piccole e grandi, queste ultime facenti parte di corpi <strong>in</strong>clusi.Nelle cellule dei tumori, di qualsivoglia struttura istologica, le particelle virali siriscontrano <strong>in</strong> numero molto piccolo o non si riscontrano affatto: ciò corrispondeal fatto, noto già dagli studi <strong>in</strong>iziali, come si è accennato, che dai tumori siestraggono solo piccole quantità di virus, contrariamente a quanto si verifica per lecellule coltivate <strong>in</strong> vitro e <strong>in</strong>fettate con virus polioma dalle quali se ne ottengonograndi quantità.Nelle cellule <strong>in</strong>fettate con virus polioma sono presenti due antigeni, che mancanonelle corrispondenti cellule normali, uno dei quali compare nel nucleo prima che<strong>in</strong>izi la s<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong> DNA virale e prima <strong>del</strong>la comparsa <strong>del</strong>l'antigene capsidico, e puòessere dimostrato per mezzo <strong>del</strong>l'immunofluorescenza o <strong>del</strong>la fissazione <strong>del</strong>complemento: tale antigene, <strong>in</strong>izialmente designato con la sigla ICFA (Induc<strong>in</strong>gComplement Fixation Antigen), è stato poi denom<strong>in</strong>ato T per <strong>in</strong>dicarne la presenzaoltre che nelle cellule <strong>in</strong>fettate anche <strong>in</strong> quelle trasformate e <strong>in</strong> quelle dei tumori.Anticorpi antiantigene T sono dimostrabili nel siero di criceti adulti portatori ditumori trapiantabili da virus polioma o nel siero di topi neonati <strong>in</strong>fettati con talevirus. Antigeni T sono anche presenti <strong>in</strong> cellule <strong>in</strong>fettate con SV40 o conadenovirus, ma poiché i corrispondenti anticorpi non danno reazioni crociate siritiene che questi antigeni siano prodotti dal genoma virale e qu<strong>in</strong>di specifici diciascun virus.Un'altra classe di antigeni dimostrata nei tumori <strong>in</strong>dotti da virus polioma, SV40 eadenovirus, <strong>in</strong>dicata con la sigla TSTA (Tumor Specific Transplantation Antigens),favorisce la resistenza al trapianto di cellule tumorali <strong>in</strong> animali adultiprecedentemente <strong>in</strong>fettati con tali virus. In queste condizioni sperimentali, <strong>in</strong>fatti,<strong>in</strong> un certo numero di animali nei quali si è sviluppato il tumore a seguito<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>oculazione di virus si determ<strong>in</strong>a il rigetto, così come avviene nei trapianti diorgani o di tessuti tra animali <strong>del</strong>la stessa specie, fenomeno essenzialmente d<strong>in</strong>atura immunitaria dovuto all'attività che i l<strong>in</strong>fociti <strong>del</strong>l'ospite esplicano neiconfronti <strong>del</strong> tessuto trapiantato. È probabile che questi antigeni siano localizzatisulla membrana cellulare.I quesiti relativi ai due tipi di antigeni sono numerosi e complessi, e <strong>in</strong>vestono ilproblema più generale <strong>del</strong>l'immunologia dei tumori: a tale proposito, occorre tenerpresente che è stata dimostrata un'antigenicità anche nei tumori <strong>in</strong>dotti da90 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...sostanze dotate di attività carc<strong>in</strong>ogenetica, nei quali una <strong>del</strong>le più tipichecaratteristiche è la rarità <strong>del</strong>le reazioni crociate immunologiche tra i vari tipi ditumori.Il virus SV4O, molto simile al virus polioma per quanto riguarda sia lecaratteristiche fisiche e chimiche, sia quelle biologiche quali la capacità di <strong>in</strong>durrela trasformazione cellulare e di formare antigeni, si trova largamente diffuso nellecolture di rene di scimmia impiegate per la coltivazione di virus patogeni perl'uomo e <strong>in</strong> particolare di quello <strong>del</strong>la poliomielite. La scoperta <strong>del</strong> virus SV4O sideve a B. H. Sweet e M. R. Hilleman (v., 1960), i quali videro che il liquido dicoltura di cellule renali di rhesus o di cynomolgus produceva <strong>in</strong> quelle dicercopiteco un <strong>in</strong>tenso effetto citopatico, consistente essenzialmente nellaformazione di vacuoli. Il virus responsabile di tale alterazione fu qu<strong>in</strong>di chiamatoagente vacuolizzante e successivamente <strong>in</strong>dicato con la sigla SV4O proposta da R.N. Hull e altri (v., 1956) e facente seguito alla serie di sigle progressive SV1, SV2ecc. con le quali erano stati designati vari virus isolati <strong>in</strong> colture di cellule renali discimmia. L'attività oncogena <strong>del</strong> virus fu dimostrata <strong>in</strong> criceti neonati da B. E.Eddy e altri (v., 1961) e confermata <strong>in</strong> vari altri laboratori; fu tra l'altro messa <strong>in</strong>evidenza la sua capacità di <strong>in</strong>durre tumori <strong>del</strong> cervello <strong>in</strong> un roditore (Mastomysnatalensis), e soprattutto quella di trasformare cellule umane coltivate <strong>in</strong> vitro.Naturalmente, il fatto che il virus SV4O fosse riscontrato <strong>in</strong> preparazioni di vacc<strong>in</strong>oSab<strong>in</strong> destò un certo allarme, sebbene l'<strong>in</strong>fezione di volontari con tale virus nonabbia dato luogo a fenomeni morbosi. Sono stati fatti <strong>in</strong>numerevoli tentativi perevitare la contam<strong>in</strong>azione di vacc<strong>in</strong>i con SV40, e si sono adoperati <strong>in</strong> propositoanticorpi specifici o sostanze chimiche come il beta-propiolattone, che è risultato <strong>in</strong>grado di <strong>in</strong>attivare il virus SV40 senza distruggere quello poliomielitico.c) Tumori da virus erpetici: il l<strong>in</strong>foma di Burkitt e l'adenocarc<strong>in</strong>oma di Lucké <strong>del</strong>rene di ranaCome accennato, certi virus erpetici sono considerati da alcuni studiosi, sulla basedi dimostrazioni molteplici e di rilievi epidemiologici di notevole importanza,agenti eziologici di tumori umani e di tumori degli animali. Ciò nonostante,esistono tuttora non pochi dubbi pr<strong>in</strong>cipalmente per il fatto che, specie nell'uomo, ivirus erpetici sono molto diffusi così come diffusa è la presenza di anticorpiantierpetici. È ben noto, <strong>in</strong>oltre, che herpesvirus persistono <strong>in</strong> molti <strong>in</strong>dividuianche per tutta la vita, provocando occasionalmente eruzioni erpetiche nonostantela presenza di anticorpi specifici nel sangue circolante. La struttura morfologica, lacomposizione chimica e le varie fasi dei virus nella cellula ospite sono stateampiamente <strong>in</strong>dagate negli ultimi anni, ma le conoscenze acquisite sulla lorooncogenicità sono tuttora relativamente scarse, nonostante gli sforzi compiuti.I due tumori per i quali l'eziologia erpetica è altamente probabile sono il tumore diBurkitt <strong>del</strong>l'uomo e l'adenocarc<strong>in</strong>oma di Luckè <strong>del</strong>la rana; meno certe sono leconoscenze sull'eventuale significato eziologico dei virus erpetici nei riguardi <strong>del</strong>carc<strong>in</strong>oma a cellule squamose <strong>del</strong> collo <strong>del</strong>l'utero <strong>del</strong>la donna e per alcuni altritumori di animali. Poiché per i primi due le ricerche sono state estesissime, specienegli ultimi anni, e da esse sono derivati fatti e idee di ord<strong>in</strong>e generale, si riporta <strong>in</strong>s<strong>in</strong>tesi la sequenza <strong>del</strong>le scoperte.D. Burkitt (v., 1958), chirurgo <strong>in</strong>glese nell'ospedale di Kampala <strong>in</strong> Uganda,<strong>in</strong>dividuò una particolare s<strong>in</strong>drome, occorrente con una certa frequenza <strong>in</strong> bamb<strong>in</strong>is<strong>in</strong>o ai 14 anni di età viventi <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ate zone, nelle quali rappresenta circa il50% dei tumori <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fanzia. Si tratta di un l<strong>in</strong>foma la cui localizzazione piùfrequente è nei mascellari, ma che può manifestarsi <strong>in</strong> vari organi e <strong>in</strong> modoparticolare nelle ovaie; tuttavia, contrariamente a quanto si osserva <strong>in</strong> altri l<strong>in</strong>fomi,non determ<strong>in</strong>a aumento di volume <strong>del</strong>la milza nè dei l<strong>in</strong>fonodi, ma solooccasionalmente rare adenomegalie a sede addom<strong>in</strong>ale, e non si accompagna acomparsa di cellule abnormi nel sangue periferico nemmeno negli stadi term<strong>in</strong>ali.Burkitt e collaboratori visitarono c<strong>in</strong>quanta ospedali <strong>del</strong>l'Africa centrale e poteronoosservare numerosi casi <strong>del</strong>la malattia, diversamente diagnosticati. Per l'Uganda fuaccertata l'esistenza, prima <strong>del</strong>l'osservazione di Burkitt, di almeno duecento casi<strong>del</strong> l<strong>in</strong>foma. Fu così <strong>in</strong>dividuata la c<strong>in</strong>tura <strong>del</strong> l<strong>in</strong>foma (lymphoma belt), una vastazona compresa all'<strong>in</strong>circa fra i 15 gradi di latitud<strong>in</strong>e nord e i 20 gradi di latitud<strong>in</strong>e91 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...sud. Inoltre, l'<strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong>la malattia apparve limitata ad altitud<strong>in</strong>i <strong>in</strong>feriori ai1.600 metri, e ciò fece concepire l'idea che l'agente eziologico fosse trasmesso da un<strong>in</strong>setto vettore <strong>in</strong>capace di vivere al di sopra ditale altezza: esso però non è statoidentificato nemmeno nel corso <strong>del</strong>le <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i più recenti. Va sottol<strong>in</strong>eato, e <strong>in</strong>seguito ne sarà dimostrata la ragione, che vari casi di l<strong>in</strong>foma di Burkitt sono statiriscontrati nella Nuova Gu<strong>in</strong>ea, alcuni <strong>in</strong> Canada, alcuni negli Stati Uniti, <strong>in</strong>Colombia e <strong>in</strong> regioni <strong>del</strong> Sudafrica, un caso tra gli eschimesi.Per un certo tempo sembrò che tali reperti potessero <strong>in</strong>firmare il concetto dilymphoma belt, che tuttavia successivamente ricevette piena conferma dallaconstatazione che la frequenza <strong>del</strong> tumore nei territori <strong>del</strong>la c<strong>in</strong>tura èenormemente più alta, tanto da assumere aspetto epidemiologico; solo nella NuovaGu<strong>in</strong>ea è possibile rilevare un'<strong>in</strong>cidenza relativamente più elevata <strong>del</strong> l<strong>in</strong>foma, che<strong>in</strong>vece si manifesta negli altri paesi <strong>in</strong> casi isolati.Vari virus furono di volta <strong>in</strong> volta osservati e descritti, alcuni di tipo erpetico, altridi tipo reovirus (v. Bell e altri, 1964), ma la conclusione fu che essi erano solo virusoccasionali, di frequente osservazione nelle cellule neoplastiche, e conosciuti con ilnome di opportunist passengers. Si era, così, nella condizione di non riuscire a<strong>in</strong>dividuare il virus agente eziologico di una malattia che pure, per molteconsiderazioni, si doveva ritenere di natura virale.M. A. Epste<strong>in</strong> e Y. M. Barr (v., 1965) considerarono la possibilità che il virus nellecellule <strong>del</strong> tumore fosse mascherato dagli anticorpi specifici formatisi nel corso<strong>del</strong>la malattia, e la conseguente estrema difficoltà di dimostrarlo con lamicroscopia elettronica; essi ritennero qu<strong>in</strong>di che solo <strong>in</strong> colture di cellule avulseda ogni possibile contatto con anticorpi si sarebbe riusciti a porlo <strong>in</strong> evidenza. Lacoltivazione <strong>in</strong> vitro di materiale bioptico di l<strong>in</strong>foma di Burkitt, compiuta <strong>in</strong>Uganda dagli stessi autori nel 1964 e da R. J. V. Pulvertaft (v., 1967) <strong>in</strong> Nigeria,dette luogo allo sviluppo di l<strong>in</strong>ee cont<strong>in</strong>ue di l<strong>in</strong>foblasti, elim<strong>in</strong>ando così ognipossibile dubbio sulla natura neoplastica <strong>del</strong>la malattia <strong>in</strong> quanto è noto che il<strong>in</strong>fociti normali non danno l<strong>in</strong>ee cont<strong>in</strong>ue. Nel corso di tali ricerche, dopo alcunipassaggi, sia <strong>in</strong> sezioni ultrasottili degli elementi l<strong>in</strong>foblastici sia su pellets di loroestratti furono osservate particelle virali di tipo erpetico che vennero <strong>in</strong>dicate conla sigla EB, Epste<strong>in</strong>-Barr (v. Epste<strong>in</strong> e Barr, 1964; v. Epste<strong>in</strong> e altri, 1964 e 1966).Successivamente, S. Toshima e altri (v., 1967) poterono osservare tali particelleanche all'esame diretto <strong>del</strong>le cellule <strong>del</strong> l<strong>in</strong>foma.Osservazioni oltremodo <strong>in</strong>teressanti sono scaturite nel corso di tali studi: Stewart(v., 1969) ha dimostrato che <strong>in</strong> criceti neonati e timectomizzati l'<strong>in</strong>oculazionecomb<strong>in</strong>ata di virus EB e di dimetilsulfossido (DMSO) determ<strong>in</strong>a l'<strong>in</strong>sorgenza diun'encefalite trasmissibile <strong>in</strong> serie; questa malattia <strong>in</strong> altre specie - scimmie, topi,cavie, conigli e gatt<strong>in</strong>i neonati - è <strong>in</strong>vece provocata dal solo virus anche <strong>in</strong> assenzadi DMSO. La spiegazione di questi dati sperimentali non appare semplice: sipotrebbe <strong>in</strong>fatti ammettere sia la contam<strong>in</strong>azione con un virus neurotropo, sia unvario potere patogeno <strong>del</strong>l'EB che sarebbe <strong>in</strong> grado di provocare nell'uomo ill<strong>in</strong>foma e negli animali l'encefalite. Di estrema importanza è senza dubbio lacapacità mostrata dall'EB di <strong>in</strong>durre <strong>in</strong> vitro crescita illimitata di l<strong>in</strong>fociti <strong>del</strong>sangue periferico, sicura espressione di trasformazione neoplastica.Una svolta importante negli studi sul l<strong>in</strong>foma di Burkitt è stata segnata dallericerche immunologiche: con tecniche di immunofluorescenza si è dimostrato che isieri di soggetti ammalati e i sieri di conigli nei quali sia stato <strong>in</strong>oculato l'EBreagiscono solo con le cellule contenenti il virus, la cui presenza è facilmentecontrollabile al microscopio elettronico; si è <strong>in</strong>oltre osservato che reagiscono contali cellule anche i sieri di un'elevata percentuale di <strong>in</strong>dividui normali.Tutto ciò <strong>in</strong>duce ad ammettere che il virus EB sia largamente diffuso e determ<strong>in</strong><strong>in</strong>egli organismi la formazione di anticorpi che ne impediscono l'attività patogena, eche nelle zone ove la sua diffusione è meno estesa, più elevata è la frequenza disoggetti non immuni e qu<strong>in</strong>di suscettibili ad ammalarsi.L'immunologia ha <strong>in</strong>oltre convalidato il ruolo eziologico <strong>del</strong> virus EB per il l<strong>in</strong>fomacon la dimostrazione <strong>del</strong>la comparsa nelle cellule <strong>in</strong>fettate con esso, analogamentea quanto è possibile osservare <strong>in</strong> cellule trasformate da altri virus, di unneoantigene al quale sarebbe dovuta la reattività immunologica nelle prove diimmunofluorescenza.92 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...Per quanto riguarda la possibile identificazione <strong>del</strong>l'EB con altri virus, occorreanzitutto precisare che esso presenta una notevole aff<strong>in</strong>ità con il virus <strong>del</strong>l'herpessimplex, ma se ne differenzia nettamente perché non è <strong>in</strong> grado come questo di<strong>in</strong>durre effetto citopatogeno e per l'assenza di corrispondenza immunologica.Suggestiva appare l'ipotesi <strong>del</strong>la probabile esistenza di rapporti tra EB e virus <strong>del</strong>lamononucleosi <strong>in</strong>fettiva <strong>del</strong>l'uomo: già da tempo <strong>in</strong>fatti è stata segnalata una certafrequenza di tale malattia <strong>in</strong> <strong>in</strong>dividui a contatto con ammalati di l<strong>in</strong>foma, e aopera di numerosi ricercatori e soprattutto di G. Henle e altri (v., 1968) è statodimostrato che <strong>in</strong> ammalati di mononucleosi gli anticorpi antivirus EB - presenticome abbiamo già detto negli <strong>in</strong>dividui normali - sono assenti nel siero nelle fasi<strong>in</strong>iziali e fanno la loro comparsa più tardi durante il decorso <strong>del</strong>la malattia.Lo studio <strong>del</strong>le colture cellulari ha consentito <strong>in</strong>oltre osservazioni di estremo<strong>in</strong>teresse. Anzitutto, è stato dimostrato che al pari <strong>del</strong>le cellule <strong>del</strong> l<strong>in</strong>foma il<strong>in</strong>fociti <strong>del</strong> sangue periferico degli ammalati di mononucleosi danno l<strong>in</strong>eecont<strong>in</strong>ue: tale comportamento, caratteristico <strong>del</strong>le cellule neoplastiche, è <strong>in</strong> nettocontrasto con la natura assolutamente benigna <strong>del</strong>la mononucleosi che anziregredisce spontaneamente, ma occorre ricordare che, con una certa frequenza,regrediscono anche l<strong>in</strong>fomi di Burkitt. Si è poi accertato che sia nelle cellule <strong>del</strong>l<strong>in</strong>foma coltivate <strong>in</strong> vitro, o nei l<strong>in</strong>fociti normali <strong>in</strong>fettati con EB, sia nelle cellule<strong>del</strong>la mononucleosi è presente un'anomalia cromosomica consistentenell'accorciamento <strong>del</strong> braccio lungo <strong>del</strong> cromosoma 10.La scoperta che anticorpi antivirus EB sono largamente presenti nelle popolazioniha portato necessariamente ad ammettere che tale virus sia molto diffuso nelmondo e che la valida immunizzazione che precocemente si determ<strong>in</strong>a nei suoiconfronti ne renda impossibile l'identificazione anche al microscopio elettronico ela coltivazione con i tradizionali metodi virologici: la sua attività patogena puòqu<strong>in</strong>di esplicarsi solo nei rari casi nei quali l'<strong>in</strong>dividuo non è venuto a contatto conesso, con una certa analogia a quanto avviene per la poliomielite. Lo studio diquesti fenomeni ha prospettato una serie di problemi quanto mai complessi, tra iquali soprattutto la ricerca e il chiarimento dei motivi per cui <strong>in</strong> assenza diimmunizzazione <strong>in</strong> alcuni soggetti si sviluppa il l<strong>in</strong>foma e <strong>in</strong> altri la mononucleosi.Nel 1934 B. Lucké (v.) pubblicò uno studio accurato di un adenocarc<strong>in</strong>oma renaleche aveva osservato <strong>in</strong> molte <strong>del</strong>le rane catturate nell'area <strong>del</strong> lago Campla<strong>in</strong> nelVermont; il tumore fu riscontrato anche <strong>in</strong> rane viventi <strong>in</strong> zone lacustri <strong>del</strong>Wiscons<strong>in</strong> e <strong>del</strong> Quebec, e <strong>in</strong> altre zone. La frequenza con la quale era possibileosservare tale neoplasia negli Anfibi fece per la prima volta prospettare l'ipotesi<strong>del</strong>la trasmissione di un tumore maligno per contagio.Lo studio di tale neoplasia permise di accertare una serie di fatti <strong>in</strong>aspettati es<strong>in</strong>golari. Anzitutto fu dimostrato che il tumore può essere trapiantato a rane <strong>del</strong>lostesso ceppo, ma non a quelle <strong>del</strong>la stessa specie ma di ceppo diverso: così, iltrapianto non attecchisce se un adenocarc<strong>in</strong>oma renale di una rana <strong>del</strong> Vermont,ad esempio, viene trapiantato <strong>in</strong> una <strong>del</strong> Wiscons<strong>in</strong>, pur appartenendo ambedue glianfibi alla stessa specie, Rana pipiens. Tuttavia, malgrado questa strettissimaspecificità nell'ambito <strong>del</strong>la stessa specie, la trasmissibilità <strong>del</strong> tumore fu operatacon successo nel tritone (Triturus viridiscens o Diemictylus viridiscens), cioèaddirittura <strong>in</strong> un animale appartenente ad altro genere: nel nuovo ospite iltrapianto si sviluppa come adenocarc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong> rene, ma talvolta anche comecondrosarcoma, vale a dire come un tumore di struttura istologica completamentedifferente. Fu <strong>in</strong>oltre dimostrato che il successivo trapianto <strong>in</strong> Rana pipiens diquesti due tipi di tumori sviluppatisi nel tritone dà luogo a sua volta a sviluppo dientrambi i tipi istologici: di questi, però, il condrosarcoma regredisce, mentrel'adenocarc<strong>in</strong>oma si sviluppa ulteriormente perdendo la peculiare orig<strong>in</strong>ariaspecificità di ceppo così da poter essere trapiantato <strong>in</strong> rane di altre zone.S<strong>in</strong> dalle prime <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i è apparso verosimile che la neoplasia sia causata da unvirus, <strong>in</strong> quanto non solo lo stesso Lucké aveva dimostrato la possibilità diriprodurla mediante <strong>in</strong>oculazione di estratti di tumore essiccato e conservato abassa temperatura o anche tenuto <strong>in</strong> glicer<strong>in</strong>a al 50%, ma si osservò anche chel'<strong>in</strong>troduzione di frammenti di tumore <strong>in</strong> parti diverse <strong>del</strong> corpo <strong>del</strong>la rana dàluogo, per la diffusione dalla sede di impianto di un virus che si fissa elettivamentenel tessuto renale, a sviluppo di adenocarc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong> rene anziché di un tumore93 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...locale: questo fenomeno è particolarmente evidente se si opera l'<strong>in</strong>nesto nellacamera anteriore <strong>del</strong>l'occhio, ove l'attecchimento è notevole e rapido, ma seguitodalla regressione <strong>del</strong>la massa che <strong>in</strong>izialmente si sviluppa e dalla comparsa di unadenocarc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong> rene.S<strong>in</strong>golare è anche il fatto che la crescita <strong>del</strong> tumore è vivace durante i mesi estivi, siattenua o cessa <strong>del</strong> tutto durante quelli <strong>in</strong>vernali e riprende <strong>in</strong> primavera. Daitumori <strong>in</strong>vernali il virus si estrae facilmente <strong>in</strong> grande quantità, da quelli estivi sene estrae pochissimo o non se ne estrae affatto: questo fenomeno <strong>del</strong>l'esistenza diun rapporto <strong>in</strong>verso tra crescita tumorale e produzione di virus pare dipendereesclusivamente dalla temperatura, perché M. Mizell e altri (v., 1969) hannoosservato che è possibile estrarre virus solo da tumori di rane tenute artificialmentea bassa temperatura e non da quelli di animali mantenuti a temperatura elevata. Sitratta con ogni probabilità di un fenomeno analogo a quello noto per alcuni fagi,per il polioma, l'SV40, il virus di Rous, i cui mutanti temperatura- sensibiliesplicano a bassa temperatura - temperatura permissiva - alcune attività che nonsono <strong>in</strong>vece <strong>in</strong> grado di esplicare a temperatura elevata, cioè non permissiva, comesi è già accennato.Connessa con la produzione di virus nelle rane ibernanti è la diffusione<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fezione: <strong>in</strong> primavera parte <strong>del</strong> virus prodotto viene elim<strong>in</strong>ato con le orme,diffuso nell'acqua, assunto dai gir<strong>in</strong>i, con conseguente sviluppo di tumore, mentreciò non può avvenire durante l'estate.La prima prova diretta <strong>del</strong>l'esistenza di un virus quale agente eziologico<strong>del</strong>l'adenocarc<strong>in</strong>orna renale fu fornita da W. R. Duryll (v., 1956), il quale dimostròche un estratto di tumore filtrato su filtro da batteriologia e <strong>in</strong>oculato nelle rane dàluogo a sviluppo <strong>del</strong>l'adenocarc<strong>in</strong>oma.Con le prime osservazioni di microscopia elettronica si poté dimostrare su sezioniultrasottili di tumore l'esistenza di particelle virali endonucleari e di particelle viralicitoplasmatiche, le prime di tipo erpetico, le seconde di tipo poliedrico, ma non siriuscì a stabilire se le une o le altre o entrambe fossero i reali agenti eziologici.Dalle colture <strong>in</strong> vitro di cellule <strong>del</strong> tumore e di cellule normali di Anfibi e di speciediverse, compresi i Mammiferi, <strong>in</strong>fettate con materiale proveniente dal tumore<strong>del</strong>la rana, sono stati isolati numerosi ceppi di virus, che sono stati <strong>in</strong>dicati con unasigla seguita da un numero: quelli isolati dalla Rana pipiens con sigla FV (FrogVirus) seguita da numeri progressivi, FV1, FV2, FV3, ecc. (l'FV3 è stato isolato daun tumore renale, FV1, FV2 da rane normali); altri ceppi con la sigla L (L1, L2, L3,ecc.), altri ancora con quella LT (LT1, LT2, LT3, ecc.).Alcuni di tali ceppi sono stati anche isolati da tumori fatti sviluppare <strong>in</strong> ospiti<strong>in</strong>termedi, ad esempio nel tritone, allo stato larvale e a quello adulto.La maggior parte dei ceppi isolati è di tipo virus cito- plasmatici, e si riscontrano <strong>in</strong>cellule parenchimali, ad esempio <strong>del</strong> fegato, sia di animali normali sia di animaliportatori di tumore. Nella compag<strong>in</strong>e <strong>del</strong> tumore i virus citoplasmatici sono anchefrequenti, ma sono localizzati solo <strong>in</strong> cellule stromali anziché <strong>in</strong> quelleneoplastiche. Attualmente, però, si ritiene che i virus citoplasmatici non abbianosignificato eziologico e sono qu<strong>in</strong>di considerati come opportunist passengerviruses. Con maggiore probabilità, <strong>in</strong>vece, possono essere identificate come agentieziologici <strong>del</strong>la neoplasia le forme virali di tipo erpetico osservabili al microscopioelettronico nelle sezioni <strong>del</strong> tumore.Dei ceppi isolati l'FV4 è il solo di natura erpetica ; poi- ché la sua curva di crescita<strong>in</strong> colture cellulari è bifasica, si ammette il concorso di un helper, cui è stata data lasigla CAV (Cell Associated Virus), <strong>in</strong> analogia a ciò che si verifica per virus d<strong>in</strong>eoplasie di altre specie e <strong>in</strong> particolare <strong>del</strong> sarcoma di Rous.Tuttavia, né con i virus citoplasmatici né con FV4 è possibile <strong>in</strong>durre sviluppo ditumore <strong>in</strong> animali adulti o <strong>in</strong> embrioni, gir<strong>in</strong>i, larve ecc., o provocare la trasformazioneneoplastica <strong>in</strong> cellule coltivate <strong>in</strong> vitro. Qu<strong>in</strong>di, per lo stesso virus di tipoerpetico, che è maggiormente <strong>in</strong>di- ziato quale agente <strong>del</strong> tumore di Lucké, èmancata la prova eziologica decisiva <strong>del</strong>la produzione <strong>del</strong>la neoplasia.È probabile che, <strong>in</strong> base alle conoscenze <strong>del</strong> virus EB <strong>del</strong> tumore di Burkitt, anchela questione <strong>del</strong>l'eziologia <strong>del</strong> tumore di Lucké venga chiarita: <strong>in</strong>fatti è certo che trai due tipi di tumore, per quanto riguarda la situazione virologica, le aff<strong>in</strong>ità oanalogie sono molto strette.94 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...d) Il sarcoma di RousNel 1911 Peyton Rous, nell'Istituto Rockefeller di New York, descrisse un sarcomadei polli provocato da un virus, che fu <strong>in</strong>dicato con il n. 1 quando, di lì a poco,seguirono le scoperte di numerose altre neoplasie di questo tipo: tra queste, con iln. 5 fu designato il tumore osservato nel 1915 a Napoli da F. Pentimalli (v., Qu<strong>in</strong>totumore..., 1916), mentre con il n. 7 venne <strong>in</strong>dicato un osteocondrosarcoma che lostesso Rous <strong>in</strong> collaborazione con J. B. Murphy e W. H. Tyler <strong>in</strong>dividuò nel 1912 (v.Rous e altri, 1912). Circa 50 sono complessivamente i sarcomi provocati da virusscoperti f<strong>in</strong>ora nei polli e <strong>in</strong> altri volatili. Attualmente il sarcoma di Rous èconsiderato uno dei più importanti materiali di ricerca <strong>in</strong> oncologia sperimentale.Dal punto di vista più strettamente patologico il tumore di Rous è, tra i tumoridegli animali, uno di quelli che più si avvic<strong>in</strong>ano ai tumori <strong>del</strong>l'uomo sia perl'aspetto morfologico sia per l'evoluzione maligna. Le cellule sono fortementeanaplastiche, la crescita è di tipo <strong>in</strong>filtrativo con distruzione <strong>del</strong> tessuto <strong>in</strong>vaso, congrande frequenza compaiono metastasi soprattutto nel polmone e nelle ovaie e glianimali vanno rapidamente <strong>in</strong>contro a cachessia.L'<strong>in</strong>iziale ipotesi che il trapianto <strong>del</strong> tumore fosse possibile solo <strong>in</strong> alcune razze dipolli, comunque non <strong>in</strong> altri volatili, fu <strong>in</strong> seguito smentita: come sarà chiarito piùavanti, furono studiate le ragioni <strong>del</strong>la differente recettività <strong>del</strong>le varie razze alsarcoma, e fu possibile isolare ceppi di polli sensibili o <strong>in</strong>sensibili all'azione <strong>del</strong>virus. Si è comunque accertato che <strong>in</strong> generale gli animali giovani sono molto piùsuscettibili a tale azione di quelli adulti, e che nei più vecchi, specialmente nei galli,il trapianto <strong>del</strong> sarcoma non attecchisce o tutt'al più è seguito dallo sviluppo di unfibroma che abitualmente non contiene virus.Nel 1914 <strong>in</strong> Giappone A. Fuj<strong>in</strong>ami e K. Inamoto (v.) avevano osservato un tumore<strong>del</strong> pollo trapiantabile <strong>in</strong> animali <strong>del</strong>la stessa specie, e quattro anni dopo ne avevanodimostrano la filtrabilità <strong>del</strong>l'agente eziologico. Successivamente Fuj<strong>in</strong>ami e K.Suzue (v., 1928) riuscirono a trapiantare il tumore <strong>in</strong> anatre, dimostrando così perla prima volta la possibilità di eterotrapianti che, <strong>in</strong>nestati nel pollo, riproducevanoil tipico tumore. Queste ricerche, che hanno avuto <strong>in</strong> seguito larghissimaestensione, hanno dimostrato la possibilità di effettuare il trapianto <strong>in</strong> molte altrespecie animali, <strong>in</strong> particolare <strong>in</strong> Mammiferi, consentendo così la scoperta di alcunifatti di fondamentale importanza.Quando Rous, nel 1911, descrisse il sarcoma <strong>in</strong>dicato con il suo nome, fornì pure laprima dimostrazione <strong>del</strong>l'eziologia virale <strong>del</strong>la neoplasia, poiché riuscì a riprodurreun sarcoma identico come struttura a quello orig<strong>in</strong>ario <strong>in</strong>oculando nei muscoli diun pollo un filtrato per can<strong>del</strong>a di tale tumore. Inoltre, lo stesso Rous <strong>in</strong>collaborazione con Murphy (v. Rous e Murphy, 1912 e 1914) dimostrò pure cheframmenti <strong>del</strong> tumore essiccati o conservati <strong>in</strong> glicer<strong>in</strong>a al 50% <strong>in</strong>oculati <strong>in</strong> pollidanno luogo a sviluppo <strong>del</strong>la neoplasia.Innumerevoli seguirono poi le ricerche tendenti a def<strong>in</strong>ire i caratteri <strong>del</strong> virusresponsabile <strong>del</strong> sarcoma; soltanto nel 1947 fu possibile ad A. Claude e altri (v.,1947) osservare al microscopio elettronico su sezioni ultrasottili di tumore o dipellets da centrifugazione di estratto di tumore la presenza di particelle virali, e ilreperto fu successivamente confermato con varia frequenza da numerosi altriricercatori.S<strong>in</strong> dalle prime ricerche apparve chiaro che le cellule stimolate <strong>in</strong> modo aspecificoalla proliferazione risultano più recettive al virus: fu <strong>in</strong>fatti osservato chel'<strong>in</strong>oculazione di filtrato acellulare di tumore, che specialmente se ottenuto daneoplasia a lento accrescimento può non dar luogo a crescita neoplastica, èprontamente seguita dalla comparsa di sarcoma se si aggiunge al materiale<strong>in</strong>oculato polvere di diatomee, e Pentimalli dimostrò <strong>in</strong>oltre che un focolaiorigenerativo, determ<strong>in</strong>ato meccanicamente <strong>in</strong> un tessuto, diviene sede di sarcoma<strong>in</strong> seguito all'<strong>in</strong>troduzione endovenosa <strong>del</strong> filtrato acellulare (v. Pentimalli, Lesionidei tessuti..., 1916). Tali fenomeni possono ora essere <strong>in</strong>terpretati sulla base <strong>del</strong>ladifferente sensibilità <strong>del</strong>le cellule ai carc<strong>in</strong>ogeni nelle varie fasi <strong>del</strong> ciclo cellulare. Estato osservato che il virus <strong>del</strong> sarcoma di Rous può provocare manifestazionidiverse, neoplastiche o emorragiche, a seconda <strong>del</strong>l'età <strong>del</strong>l'organismo <strong>in</strong>fettato:<strong>in</strong>fatti, F. Duran-Reynals (v., 1940) dimostrò che la sua <strong>in</strong>oculazione determ<strong>in</strong>a95 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...generalmente nei pulc<strong>in</strong>i appena nati una malattia emorragica caratterizzata dallapresenza di sangue fluido o coagulato nel peritoneo, da emorragie <strong>in</strong> vari organi, dasplenomegalia; <strong>in</strong> quelli di qualche settimana di vita comparsa di emorragie enoduli neoplastici; <strong>in</strong> animali adulti formazioni di tumori nel cui contesto sonotalvolta osservabili emorragie. È <strong>in</strong>teressante rilevare che nel liquido emorragicodegli animali <strong>in</strong>fettati si r<strong>in</strong>vengono notevoli quantità di virus, prodotti, come èfacilmente <strong>in</strong>tuibile, nelle cellule <strong>del</strong>l'organismo ospite. È pensabile che le cellule<strong>del</strong>l'animale giovane, o almeno alcune tra esse, vadano <strong>in</strong>contro per azione <strong>del</strong>virus esclusivamente a <strong>in</strong>fezione progressiva, e che solo quelle <strong>del</strong>l'animale adultopresent<strong>in</strong>o quella particolare forma di <strong>in</strong>fezione abortiva che è caratterizzata datrasformazione e contemporanea produzione di virus.In vari modi si è tentato di isolare il virus di Rous; W. R. Bryan (v. Bryan e altri,1954) è riuscito a ottenere preparazioni che conservano per anni l'attività semantenute sotto vuoto e a bassa temperatura: si tratta, però, di colture eterogeneedi virus, alcune pure, altre contenenti virus <strong>del</strong>la leucosi <strong>del</strong> pollo. Attualmente, ivari ceppi di virus isolati dal pool di Bryan e da altri ricercatori, cioè il CarrZilberparticolarmente adatto per la trasmissione <strong>in</strong> Mammiferi, i due Bryan standardstra<strong>in</strong> e high titer stra<strong>in</strong>, il Mill Hill, l'Harris, il Praga, il ceppo Schmidt-Rupp<strong>in</strong>patogeno anche per i Mammiferi, non mostrano proprietà biologiche univoche.Gross, <strong>in</strong> base a una serie di dati raccolti da P. J. Simons e R. M. Dougherty (v.,1966), ritiene che tutti questi ceppi provengano dal sarcoma n. 1 di Rous, e che <strong>in</strong>umerosi passaggi <strong>in</strong> polli di razze differenti abbiano dato luogo a fenomeni diselezione e <strong>in</strong> qualche caso abbiano favorito la contam<strong>in</strong>azione con virus occultiesistenti allo stato latente <strong>in</strong> quegli animali.Un nuovo orientamento venne impresso agli studi sul virus di Rous, e <strong>in</strong> genere suivirus oncogeni a RNA, dalla dimostrazione fornita da H. Hanafusa e altri (v., 1963 e1964) che il ceppo high titer stra<strong>in</strong> è <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>durre formazione di tumorianche a rapida crescita, ma non di dar luogo a progenie di virus. Questo fatto fumesso <strong>in</strong> relazione con la mancanza di un fattore necessario alla formazione diparticelle virali complete, il quale venne designato con il term<strong>in</strong>e helper o con lasigla RAV (Rous Associated Virus), e fu poi identificato come virus <strong>del</strong>la leucosiaviaria; la presenza contemporanea dei due virus nelle cellule sensibili <strong>in</strong>duceformazione di virioni completi, la cui parte <strong>in</strong>terna cioè il nucleoprotide contenenteil genoma è codificata dal virus di Rous e quella esterna cioè l'envelope dal RAV.Poiché i due virus possono coesistere <strong>in</strong> uno stesso ospite ma anche apparireisolati, si ammette l'esistenza di virus di Rous completi capaci di codificare tutte lecomponenti <strong>del</strong>le particelle virali, e di virus difettivi che abbisognano <strong>del</strong>l'helperper la formazione <strong>del</strong>le particelle. I virus di Rous possono qu<strong>in</strong>di venire dist<strong>in</strong>ti <strong>in</strong>completi o difettivi, ed essere <strong>in</strong>dicati con una sigla nella quale le lettere compresetra parentesi denotano se l'envelope è codificato dallo stesso virus o da quello <strong>del</strong>leleucosi: RSV.A (RSVA) ceppo autosufficiente, RSV.O (ALV.A) ceppo difettivocompletabile con ALV.A (Avian Leucosis Virus).La paziente e laboriosa selezione di razze di polli caratterizzate da differentesensibilità ai vari ceppi ha consentito poi di classificare il virus di Rous nei quattrosottogruppi A, B, C, D; la l<strong>in</strong>ea di polli che si dimostrò sensibile a tutti questisottogruppi fu <strong>in</strong>dicata con la sigla Ch/O. Tuttavia, soltanto alcuni degli animali ditale l<strong>in</strong>ea apparvero sensibili al RSV.O, così che fu poi possibile selezionare dueceppi di polli Ch/O, rispettivamente sensibili e resistenti al RSV.O.Corrispondentemente le cellule dei Ch/O sensibili sono sensibili <strong>in</strong> vitro ai c<strong>in</strong>quevirus, A, B, C, D, O, mentre quelle dei Ch/O resistenti sono sensibili ai primiquattro virus e <strong>in</strong>sensibili al qu<strong>in</strong>to sottogruppo.Gli studi di H. Rub<strong>in</strong> (v., 1960 e 1961) dimostrarono che i sottogruppi dei virus <strong>del</strong>sarcoma e di quelli <strong>del</strong>la leucosi <strong>in</strong>terferiscono tra loro: ad esempio, una coltura dicellule Ch/O sensibili se è <strong>in</strong>fettata con virus A <strong>del</strong>la leucosi non fissa il virus A <strong>del</strong>sarcoma, ma fissa <strong>in</strong>vece gli altri virus, B o C o D; la situazione <strong>in</strong>versa si determ<strong>in</strong>ase la coltura è <strong>in</strong>fettata con un sottogruppo di virus di sarcoma. Queste ricerchehanno offerto la possibilità non solo di identificare determ<strong>in</strong>ati sottogruppi di viruse di approfondire gli studi di genetica <strong>del</strong> virus di Rous, ma anche di compiereimportanti osservazioni di ord<strong>in</strong>e immunologico: è stato <strong>in</strong>fatti scoperto che <strong>in</strong>alcuni polli sono presenti antigeni capaci di reagire con anticorpi specifici96 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...antiantigeni dei virus <strong>del</strong>la leucosi e <strong>del</strong> sarcoma. Tali polli sono <strong>in</strong>dicati comeCOFAL positivi (COFAL, Complement Fix<strong>in</strong>g Avian Leucosis), mentre vengonodetti COFAL negativi quelli privi di antigeni. Si ammette che nelle cellule dei polliCOFAL positivi deve necessariamente essere presente un antigene o un sitoantigenico identico a quello posseduto dal virus <strong>del</strong>la leucosi o dal virus <strong>del</strong>sarcoma, e qu<strong>in</strong>di un gene che ne codifichi la s<strong>in</strong>tesi: ciò fa supporre che nelgenoma di tali cellule esista un frammento <strong>del</strong> genoma <strong>del</strong> virus <strong>del</strong> sarcoma o<strong>del</strong>la leucosi, stabilmente <strong>in</strong>tegrato. Recentemente R. A. Weiss e altri (v., 1971)hanno dimostrato che con vari agenti chimici e fisici è possibile <strong>in</strong>durre laproduzione di virus strutturalmente simili a quelli <strong>del</strong>la leucemia-sarcoma <strong>del</strong> polloda parte di cellule di pollo normale, cioè <strong>in</strong>fetto. Si è osservato che il fattore COFALè trasmissibile come un virus <strong>del</strong>la leucosi aviaria che può essere ripreso da unparticolare sottoceppo, RSV.B (RSV.O), ed è costituito da RNA a 65S. Come si puòfacilmente comprendere, queste ricerche, tuttora <strong>in</strong> pieno svolgimento, sonoestremamente <strong>in</strong>teressanti anche da un punto di vista biologico generale.Di grande <strong>in</strong>teresse è la possibilità di trasmettere il tumore non solo ad altri uccelli- anatre, come abbiamo già ricordato, e fagiani (v. Andrewes, 1932) - maaddirittura <strong>in</strong> mammiferi: L. A. Zilber e I. N. Kriukova (v., 1957) trapiantarono consuccesso il ceppo Carr-Zilber <strong>del</strong> sarcoma di Rous <strong>in</strong> ratti, nei quali osservarono poila formazione di cisti <strong>in</strong> parte simili a quelle descritte da F. Duran-Reynals (v.,1940) nei pulc<strong>in</strong>i neonati. Presto si vide che agli stessi risultati si poteva giungereanche impiegando i ceppi Praga e Schmidt-Rupp<strong>in</strong>, con i quali ceppi anzi fu purepossibile il trapianto <strong>in</strong> topi. Successivamente, si operarono trapianti <strong>in</strong> ratti a codacotonosa, <strong>in</strong> criceti siriani, <strong>in</strong> cavie, <strong>in</strong> cani e <strong>in</strong> alcune specie di scimmie.I tumori si <strong>in</strong>ducono sia per <strong>in</strong>nesto di tessuto sia, ma con m<strong>in</strong>ore percentuale diattecchimento, mediante <strong>in</strong>oculazione di supernatante di estratto tessutale.Lo studio degli eterotrapianti ha messo <strong>in</strong> evidenza che mentre dai tumorifacilmente <strong>in</strong>ducibili con trapianto da pollo a mammifero e con quello <strong>in</strong> serie damammifero a mammifero non si ottiene produzione di virus o se ne estrae unaquantità m<strong>in</strong>ima, l'impianto <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong> mammifero <strong>in</strong> polli determ<strong>in</strong>a <strong>in</strong>vecelo sviluppo di virus. Se si coltivano contemporaneamente cellule di tumore di rattocon cellule di pollo di ceppo sensibile e si determ<strong>in</strong>a la loro fusione a mezzo di virusSendai, <strong>in</strong>attivato con raggi ultravioletti, si forma un heterokaryon <strong>in</strong> grado diprodurre virus.Recentemente D. Simkovic (v., 1972) ha schematizzato la situazione dei rapportitra virus <strong>del</strong> sarcoma aviario e cellule di tumori dei Mammiferi prodotti da virus diRous <strong>in</strong>dicando le seguenti possibilità: a) produzione di virus da parte <strong>del</strong>le cellule<strong>del</strong> tumore <strong>del</strong> mammifero; b) produzione di virus soltanto <strong>in</strong> presenza di cellulesensibili di polli comb<strong>in</strong>ate <strong>in</strong> heterokaryon a mezzo di virus Sendai; c) nessunaproduzione di virus con qualunque mezzo; d) persistenza o moltiplicazione pervario tempo <strong>del</strong> virus nelle cellule, nelle quali provoca alterazioni morfologiche es<strong>in</strong>tesi di antigene virale ma non trasformazione maligna.Questi fatti sono di estremo <strong>in</strong>teresse, ma la loro ancora <strong>in</strong>completa conoscenzanon consente, al momento attuale, di trarre conclusioni generali.I rapporti a volte molto stretti che esistono tra il virus <strong>del</strong> sarcoma e quello <strong>del</strong>laleucosi dei polli <strong>in</strong>ducono oggi ad ammettere l'esistenza di un complesso <strong>in</strong>dicatocome sarcoma-leucemia <strong>del</strong> pollo, anche se <strong>in</strong> realtà, come si è detto, si tratta didue virus diversi dei quali è possibile la separazione. La forma per la quale piùevidenti appaiono tali connessioni è la mieloblastosi aviaria, i cui virus conosciuti, 1e 2, sono frequentemente associati al virus di Rous, tanto che correntemente sidesignano con una sola sigla: AMVUn problema che ha sempre appassionato gli studiosi è quello dei rapporti tracarc<strong>in</strong>ogeni chimici e agenti virali. L'affermazione di A. Carrel (v. Carrel, Unsarcome..., 1925) che da tumori <strong>in</strong>dotti da idrocarburi aromatici era possibileestrarre un virus riproducente il tumore <strong>in</strong> animali normali, <strong>in</strong>izialmentecontrastata soprattutto da P. R. Peacock (v., 1933), è stata poi ampiamenteconfermata dalle ricerche di C. Oberl<strong>in</strong>g e M. Guér<strong>in</strong> (v., 1950): sembra cosìdimostrato che gli agenti chimici attivano nel pollo un virus oncogeno preesistente<strong>in</strong> stato latente o potenziale. Pur non essendo possibile al momento attualeattribuire a questi dati sperimentali un valore generale, occorre comunque tener97 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...presente che il virus di Rous e quelli <strong>del</strong>le leucosi sono largamente diffusi tra i pollie non necessariamente <strong>in</strong> rapporto a presenza di tumore o di leucosi; d'altra parte,pare assodato che tutti i tumori spontanei che sono stati trovati nel pollo siano d<strong>in</strong>atura virale, e si è potuto osservare come il complesso sarcoma-leucosi sia <strong>in</strong>alcuni allevamenti una malattia largamente diffusa.Con la dimostrazione che il virus di Rous è <strong>in</strong> grado di determ<strong>in</strong>are latrasformazione di fibroblasti <strong>in</strong> coltura, H. Tem<strong>in</strong> e H. Rub<strong>in</strong> (v., 1958)realizzarono un sistema semplice ed essenziale per studiare il meccanismo con ilquale il virus provoca la formazione di tumore. Nel corso di tali ricerche fupossibile osservare che le cellule trasformate dal virus cont<strong>in</strong>uano a moltiplicarsi<strong>in</strong>dipendentemente dalla densità cellulare, la quale <strong>in</strong>vece rappresenta un fattorelimitante nelle colture di fibroblasti normali.e) Il complesso sarcoma-leucemia <strong>del</strong> topoNel 1951 L. Gross (v.) scoprì che una forma di leucemia <strong>del</strong> topo è determ<strong>in</strong>ata daun virus; <strong>in</strong> seguito furono isolati numerosi altri virus, alcuni identici, altri perqualche aspetto diversi da quello di Gross, per un totale di oltre duecento ceppi, lacui classificazione tuttavia è ancora <strong>in</strong>certa.Sicuramente sette ceppi hanno caratteristiche proprie, e vengono <strong>in</strong>dicati con lasigla MuLV (Mur<strong>in</strong>e Leukemia Virus), o più comunemente con quella MLV (MouseLeukemia Virus), preceduta dal nome <strong>del</strong> ricercatore: Gross, Moloney, Rauscher,Friend, Kaplan, Graffi.L'<strong>in</strong>oculazione <strong>in</strong> topi, ratti o criceti di un virus leucemogeno determ<strong>in</strong>a sviluppo dil<strong>in</strong>fosarcomi negli organi emol<strong>in</strong>fopoietici, più frequentemente nel timo, spessonella milza, nel fegato, nei gangli l<strong>in</strong>fatici. Nel contesto <strong>del</strong> quadro morboso cosìprovocato, il reperto di cellule immature nel sangue periferico non è affattocostante, e limitato agli stadi term<strong>in</strong>ali, onde appare evidente che il term<strong>in</strong>eleucemia è <strong>in</strong> realtà usato <strong>in</strong> senso largo.Si conoscono anche forme di leucemia mieloide da virus, caratterizzate da presenzanel sangue di cellule immature <strong>del</strong>la serie mieloide, ed è noto che il virus di Friende quello di Rauscher determ<strong>in</strong>ano una eritroleucemia.Nel 1964 J. J. Harvey (v.) <strong>in</strong>oculando <strong>in</strong> topi neonati BALB/C plasma di rattoportatore di leucemia da virus di Moloney conservato a lungo a bassa temperatura,osservò <strong>in</strong>sorgenza di sarcoma <strong>in</strong> prossimità <strong>del</strong>la zona di <strong>in</strong>oculazione oltre allosviluppo di l<strong>in</strong>fosarcomi nella milza. Due anni più tardi J. B. Moloney (v., 1966)<strong>in</strong>oculando ancora <strong>in</strong> topi neonati <strong>del</strong> ceppo BALB/C lo stesso virus da plasmaconservato e centrifugato, ottenne soltanto sviluppo di rabdomiosarcomi nel sito di<strong>in</strong>oculazione, senza comparsa di l<strong>in</strong>fosarcomi o di leucemie. Apparve qu<strong>in</strong>dievidente il ruolo eziopatogenetico di un virus differente da quelli precedentementeisolati, cui fu dato il nome di virus <strong>del</strong> sarcorna mur<strong>in</strong>o e <strong>del</strong> quale furono poi<strong>in</strong>dividuati tre ceppi, <strong>in</strong>dicati ognuno con la sigla MSV o MuSV (Mouse o Mur<strong>in</strong>eSarcoma Virus) preceduta dall'<strong>in</strong>iziale <strong>del</strong> cognome <strong>del</strong> ricercatore che l'ha isolato.In considerazione dei rapporti assai stretti tra virus leucemogeni e virus <strong>del</strong>sarcoma, si usa comunemente la sola espressione di complesso sarcoma-leucemiamur<strong>in</strong>a, così come nel caso dei polli si parla di complesso sarcoma-leucemiaaviaria.La morfologia <strong>del</strong>le particelle virali <strong>del</strong> complesso sarcoma-leucemia mur<strong>in</strong>a èmolto simile a quella <strong>del</strong> complesso aviario; il loro RNA comprende due tipi dimolecole con il primo dei quali è identificabile il materiale genetico, costituito daun unico filamento. Gli studi sulla costituzione di queste particelle hannoconsentito di <strong>in</strong>dividuare un componente polipeptidico che viene <strong>in</strong>dicato comeantigene gs (gruppo specifico), poichè è risultato comune a tutti i componenti <strong>del</strong>complesso sarcoma-leucemia mur<strong>in</strong>o; esso è presente anche <strong>in</strong> virus di sarcomaleucemiadi criceti e di gatti, così che si considera la possibilità di un suo eventualeimpiego per la ricerca di virus oncogeni a RNA <strong>del</strong>l'uomo. I virus <strong>del</strong>la leucemia e<strong>del</strong> sarcoma <strong>del</strong> topo si comportano <strong>in</strong> modo <strong>del</strong> tutto simile ai corrispettivi virusaviari: <strong>in</strong>fatti, i leucemogeni <strong>in</strong>fettano i fibroblasti <strong>in</strong> coltura senza trasformarli epassano nel mezzo dopo essersi moltiplicati, mentre quelli <strong>del</strong> sarcoma sono <strong>in</strong>grado di <strong>in</strong>durre la trasformazione dei fibroblasti. Il virus <strong>del</strong> sarcoma è difettivo,può cioè riprodursi soltanto se le cellule vengono <strong>in</strong>fettate anche con virus98 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...leucemico: si forma <strong>in</strong> tal caso un fenotipo misto o pseudo-tipo, denom<strong>in</strong>ato MSV(MLV) per <strong>in</strong>dicare che il materiale genico è di virus sarcomatoso e l'envelope è divirus leucemico con funzione di helper. In genere, i due virus coesistono <strong>in</strong> unostesso materiale, così come accade per quelli <strong>del</strong> complesso aviario nell'high titervirus di Bryan, e conseguentemente dalle cellule trasformate con la misceladerivano particelle virali complete. I fibroblasti trasformati crescono menorigogliosamente di quelli normali, forse per un accumulo di metaboliti tossici<strong>in</strong>ibenti la moltiplicazione, e pertanto non si sviluppano quelle generazionisuccessive alla moltiplicazione di una cellula trasformata <strong>in</strong>dicate come foci clonali;si formano <strong>in</strong>vece, <strong>in</strong> prossimità di cellule che producono gli pseudo-tipi <strong>del</strong> virus<strong>del</strong> sarcoma, foci proliferativi che sono stati denom<strong>in</strong>ati da W. P. Rowe e altri (v.,1970) ‛foci a placca'.L'<strong>in</strong>iziale ipotesi <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>tervento di due fattori nella trasformazione, ossia di untwo-hits phenomenon consistente nella contemporanea <strong>in</strong>fezione di una stessacellula da parte di MSV (MLV) e di MLV, fu poi dimostrata errata quando <strong>in</strong> variel<strong>in</strong>ee cellulari, quali ad esempio la BALB/C, si osservò crescita di tipo clonale<strong>in</strong>dotta dal virus di uno stock molto diluito, <strong>in</strong> situazione qu<strong>in</strong>di caratterizzata daassai scarse probabilità di <strong>in</strong>fezione contemporanea di una stessa cellula con i duevirus. Come è stato già detto, l'<strong>in</strong>fezione di una cellula con MSV (MLV) è seguitadalla trasformazione e da crescita di tipo clonale, ma non dalla produzione di virus:la possibilità <strong>del</strong> recupero <strong>del</strong> genoma <strong>del</strong>l'MSV con la super<strong>in</strong>fezione di virus MLVe <strong>del</strong>la conseguente produzione di particelle virali complete ma semprefenotipicamente miste - cioè MSV (MLV) - è un'ulteriore conferma che latrasformazione è un s<strong>in</strong>gle-hit phenomenon. È da notare che, f<strong>in</strong>ora, non siconosce un ceppo di virus sarcomatoso <strong>del</strong> topo <strong>in</strong>dipendente da quello <strong>del</strong>laleucemia, mentre per il virus di Rous sono stati dimostrati ceppi autonomi, cioèsenza helper.La constatazione che il genoma <strong>del</strong> virus <strong>del</strong> sarcoma si trasmette da una cellulaalla progenie sempre come virus difettivo <strong>in</strong>dusse H. Tem<strong>in</strong> (v., 1964) a <strong>in</strong>trodurreil concetto di provirus, cui sarà accennato <strong>in</strong> seguito.Complessi virali analoghi a quelli aviari e mur<strong>in</strong>i sono stati dimostrati anche per icriceti, per i gatti e, forse, per i bov<strong>in</strong>i.f) Il fattore latteLa scoperta <strong>del</strong> fattore latte segnò un'importante svolta nelle conoscenze sullacancerogenesi. Era da tempo nota la relativa frequenza di cancri spontanei <strong>del</strong>lamammella <strong>in</strong> alcuni allevamenti di topi: dal 1935 L. C. Strong (v.) era riuscito aisolare ceppi <strong>in</strong>bred, denom<strong>in</strong>ati CBH e A, caratterizzati da un'elevatissima<strong>in</strong>cidenza di cancro mammario, pari nel primo al novanta per cento di tutte lefemm<strong>in</strong>e, nell'altro al novanta per cento <strong>del</strong>le femm<strong>in</strong>e che avevano partorito e alc<strong>in</strong>que per cento di quelle verg<strong>in</strong>i. Successivamente (v. Strong, 1936-1942) furonoisolati altri ceppi di topi, CBA, BALB/C, C57 Black, con <strong>in</strong>cidenza di cancromammario assai bassa o addirittura nulla, e ceppi simili furono isolati anche <strong>in</strong>altri laboratori. Si ritenne <strong>in</strong>izialmente che la diversa frequenza <strong>del</strong>la neoplasia,apparentemente ereditaria, fosse <strong>in</strong> rapporto a fattori genici; tuttavia,l'osservazione che la prole da padre appartenente a un ceppo con alta <strong>in</strong>cidenza eda madre appartenente a un ceppo con bassa <strong>in</strong>cidenza non era affetta da tumore,contrastava fortemente con l'ipotesi <strong>del</strong>l'eredità cromosomica. Si ammise allora lapossibilità di una trasmissione extracromosomica, term<strong>in</strong>e ampio comprendentel'<strong>in</strong>tervento di fattori sia citoplasmatici, sia esterni; e <strong>in</strong> seguito all'osservazione diJ. J. Bittner (v. Some possibile..., e The receptibility..., 1936) che <strong>del</strong>le top<strong>in</strong>eappartenenti a un ceppo con alta <strong>in</strong>cidenza di tumore mammario, allattate, anzichèdalla propria madre, da una femm<strong>in</strong>a di ceppo a bassa frequenza, soltanto tre sunove presentarono cancro mammario, si pensò che tra questi fattoriextracromosomici almeno uno dovesse essere identificato tra i componenti <strong>del</strong>latte. Seguirono numerose altre ricerche, condotte dallo stesso Bittner, da H. B.Andervont e da un folto gruppo di sperimentatori <strong>in</strong> vari laboratori su un grannumero di animali.In particolare i lavori <strong>del</strong>lo Andervont (v., 1941) contribuirono <strong>in</strong> manierarisolutiva a spiegare il motivo per cui una sia pur esigua percentuale <strong>del</strong>la prole99 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...sottratta all'allattamento materno si ammalava, prima o poi, di cancro mammario:egli <strong>in</strong>fatti, <strong>in</strong> luogo di isolare la madre dai figli entro le prime 24 ore dal partosecondo gli schemi seguiti dai vari ricercatori, procedeva al taglio cesareo <strong>del</strong>lefemm<strong>in</strong>e giunte al term<strong>in</strong>e <strong>del</strong>la gestazione, così da avere l'assoluta certezza che itop<strong>in</strong>i neonati non potessero <strong>in</strong>gerire la benchè m<strong>in</strong>ima quantità di latte materno.In tali condizioni, la <strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong>la neoplasia nelle top<strong>in</strong>e si riduceva a zero o almassimo eguagliava quella <strong>del</strong> ceppo <strong>del</strong>la nutrice. All'agente trasmesso con il latteresponsabile <strong>del</strong>lo sviluppo di carc<strong>in</strong>oma mammario venne dato il nome di fattorelatte o fattore di Bittner.La constatazione che l'<strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong> tumore è molto più elevata nelle top<strong>in</strong>e chehanno partorito che <strong>in</strong> quelle verg<strong>in</strong>i e di gran lunga maggiore nelle femm<strong>in</strong>e chenei maschi, poneva naturalmente il problema <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fluenza ormonica sullosviluppo <strong>del</strong> cancro mammario. Era da tempo noto l'effetto <strong>del</strong>la castrazione sullosviluppo di tumori <strong>del</strong>la mammella <strong>del</strong> topo, <strong>in</strong> riflesso a quanto noto <strong>in</strong> patologiaumana sulla diversa frequenza <strong>del</strong> cancro mammario nella donna <strong>in</strong> relazione allediverse situazioni ormoniche (gravidanza, allattamento, menopausa ecc.);<strong>in</strong>teressante per la oncologia sperimentale era stata <strong>in</strong>oltre la dimostrazione di A.Lacassagne (v., 1932 e 1939) <strong>del</strong>la possibilità di <strong>in</strong>duzione <strong>del</strong> cancro mammario <strong>in</strong>topi maschi trattati a lungo con benzoato di estrone, trattamento che fu poi da altridimostrato efficace solo <strong>in</strong> animali appartenenti a ceppi caratterizzati da elevata<strong>in</strong>cidenza di tumore mammario spontaneo nelle femm<strong>in</strong>e. Si vide <strong>in</strong>oltre che neimaschi di tali ceppi già la castrazione è da sola sufficiente a <strong>in</strong>durre lo sviluppo dicarc<strong>in</strong>oma mammario, e si pensò che i fattori ormonali agissero aumentando lasensibilità <strong>del</strong>le cellule <strong>del</strong>la ghiandola mammaria al fattore latte. Riassumendo isuoi studi sull'argomento, Bittner concluse che lo sviluppo di carc<strong>in</strong>omi mammar<strong>in</strong>ei topi appartenenti a ceppi con alta <strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong>la malattia è con ogniprobabilità <strong>in</strong> relazione a tre fattori: a) un fattore latte, trasmesso attraversol'allattamento; b) un fattore genetico ereditario; c) un fattore ormonale causale.Secondo la maggior parte degli autori, la natura virale <strong>del</strong> fattore di Bittner sembrasicuramente dimostrata dalle sue caratteristiche di filtrabilità, di lungaconservabilità <strong>in</strong> glicer<strong>in</strong>a al 50%, di <strong>in</strong>attivabilità al calore (61 °C per 30 m<strong>in</strong>uti) edi ultracentrifugabilità, e soprattutto dalle fotografie al microscopio elettronico disezioni ultrasottili di tessuto <strong>del</strong> tumore che dimostrano la presenza di particellevirali localizzate nel citoplasma. Il fattore latte, pertanto, viene frequentemente<strong>in</strong>dicato come virus <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>oma mammario <strong>del</strong> topo (mouse mammarycarc<strong>in</strong>oma virus) o come MTA.Si è tentato di trasferire <strong>in</strong> patologia umana i risultati di questi studi peridentificare un possibile fattore responsabile <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>omamammario nella donna: la ricerca di particelle di tipo virale nelle sezioniultrasottili di questi tumori ha spesso avuto esito negativo, tuttavia occorrericordare che anche <strong>in</strong> tumori sperimentali di sicura eziologia virale la microscopiaelettronica sovente non consente il reperto <strong>del</strong> virus.5. Cenni di biologia molecolare <strong>del</strong>la cancerogenesiLa trasformazione neoplastica <strong>del</strong>la cellula rappresenta l'evento term<strong>in</strong>ale dicomplesse fasi <strong>del</strong>le quali alcune sono soltanto deviazioni di vario grado dallanorma, altre <strong>in</strong>vece costituiscono aspetti peculiari <strong>del</strong>l'abnorme processo biologico.Lo studio di tali alterazioni, che si trasmettono poi nelle successive discendenzecellulari, riguarda essenzialmente i processi metabolici e le caratteristichestrutturali e d<strong>in</strong>amiche <strong>del</strong>le molecole che sono alla base <strong>del</strong> meccanismo <strong>del</strong>lacancerizzazione: il problema entra così nell'ambito <strong>del</strong>la biologia molecolare, cioè<strong>del</strong>la discipl<strong>in</strong>a che studia <strong>in</strong> generale struttura e funzione <strong>del</strong>le macromolecolebiologiche, <strong>in</strong> primo luogo degli acidi nucleici cui è essenzialmente devoluta latrasmissione dei caratteri ereditari (v. acidi nucleici; v. biologia molecolare).La moltiplicazione cellulare è uno dei più complessi fenomeni <strong>del</strong>la vita cellulare,<strong>del</strong> quale è stato possibile operare uno schematismo fondato su particolariespressioni morfologiche (v. cellula: Fisiologia <strong>del</strong>la cellula); per comodità distudio, essa viene dist<strong>in</strong>ta <strong>in</strong> fasi e le varie attività che vi si svolgono sono designatecon il term<strong>in</strong>e c<strong>in</strong>etica cellulare. A. Howard e S. Pelc (v., 1953) <strong>in</strong>dicarono le varie100 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...fasi <strong>del</strong> ciclo cellulare come G1-S-G2-M, con una ulteriore suddivisione <strong>del</strong>le G1 eG2 nelle due sottofasi G1 e G2 precoce e G1 e G2 tardiva, ognuna corrispondente aeventi biochimici diversi e caratterizzata da una particolare sensibilità ad agentiesterni, tra i quali carc<strong>in</strong>ogeni chimici o fisici o biologici, e chemioterapici.La fase M rappresenta la mitosi, cioè l'evento conclusivo e più appariscente<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>tero ciclo, mentre nella fase 5 ha luogo quel complesso fenomeno diprogrammazione biochimica che è la duplicazione <strong>del</strong> DNA. Uno dei meccanismipreparatori di questa s<strong>in</strong>tesi, ritenuto <strong>in</strong>dispensabile da molti ricercatori, è quellocosiddetto ‛a p<strong>in</strong>g pong', consistente <strong>in</strong> una successione alternata di s<strong>in</strong>tesi di RNAe di prote<strong>in</strong>e. Si usa dire che una cellula che si moltiplica è <strong>in</strong> ciclo, mentre quellache non si moltiplica - potendo permanere <strong>in</strong> tale situazione stabilmente otemporaneamente - è fuori ciclo. Stabilmente fuori ciclo sono gli elementi cellularimaggiormente differenziati, come ad esempio le cellule nervose, cioè queglielementi che G. Bizzozero <strong>in</strong>dicò come perenni; temporaneamente fuori ciclo sonoquelle cellule labili di Bizzozero, <strong>del</strong>le mucose o <strong>del</strong>la cute, che dopo essersi diviseentrano <strong>in</strong> stato temporaneo di quiete, e gli elementi stabili come le celluleepatiche, le quali si moltiplicano solo <strong>in</strong> alcune particolari condizioni. Le cellulefuori ciclo si trovano nella cosiddetta fase Q, di quiete, e <strong>in</strong> tale stato sonorelativamente <strong>in</strong>sensibili ad agenti <strong>in</strong>terni ed esterni tra cui mutageni e carc<strong>in</strong>ogenidi vario tipo, ai quali sono <strong>in</strong>vece sensibilissime le cellule <strong>in</strong> ciclo: è nota lafrequenza notevolmente più elevata di sviluppo di tumori <strong>in</strong> tessuti a elementilabili <strong>in</strong> confronto di quelli a elementi stabili. Una differente sensibilità agli agenticarc<strong>in</strong>ogeni caratterizza anche le varie fasi <strong>del</strong> ciclo cellulare: la maggioresensibilità sembrerebbe peculiare <strong>del</strong>la fase G1 tardiva, secondo quanto dimostratodalle ricerche di G. P. Warwick (v., 1971) sulla facilità di trasformazione <strong>del</strong>lecellule epatiche <strong>in</strong> rigenerazione durante questa fase.Le cellule che compongono un tumore sono <strong>in</strong> parte <strong>in</strong> ciclo, <strong>in</strong> parte fuori ciclo,con ritmi che determ<strong>in</strong>ano la rapidità di crescita <strong>del</strong>la massa neoplastica : èprobabile che, anche <strong>in</strong> condizioni così lontane dai normali fenomeni di crescitaarmonizzata, esista una certa regolazione <strong>del</strong>la proliferazione cellulare. Perspiegare le modalità di una tale regolazione, si ammette che l'<strong>in</strong>izio <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong>DNA corrisponda a un segnale che dà l'avvio al meccanismo ‛a p<strong>in</strong>g pong', eanalogamente che un segnale ne determ<strong>in</strong>i l'arresto: non si conosce ancora,tuttavia, la natura di questi due segnali.La s<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong> DNA, che come è noto è di tipo semiconservativo, per cui il filamentodi DNA risulta costituito da una catena pol<strong>in</strong>ucleotidica orig<strong>in</strong>aria e da unacomplementare neos<strong>in</strong>tetizzata (v. acidi nucleici; v. biologia; v. cellula: Fisiologia<strong>del</strong>la cellula), può essere spontanea, stimolata e <strong>in</strong>dotta. La s<strong>in</strong>tesi spontanea èquella che si svolge nella cellula <strong>in</strong> condizioni normali. La s<strong>in</strong>tesi stimolata è,<strong>in</strong>vece, quella che avviene sotto l'<strong>in</strong>fluenza di un agente che <strong>in</strong>attiva il fattore o ifattori normalmente deputati a <strong>in</strong>ibire la moltiplicazione cellulare, la cui esistenzae per varie ragioni ammessa e che si ritiene siano localizzati verosimilmente alivello <strong>del</strong>la membrana cellulare. L'<strong>in</strong>ibizione esercitata da tali fattori è con ogniprobabilità dovuta a blocco <strong>del</strong>la traduzione <strong>del</strong>l'RNA; la dis<strong>in</strong>ibizione attiva l'RNArendendolo così disponibile a funzionare da template, e avvia <strong>in</strong> tal modo la catenadi eventi che sfociano nella s<strong>in</strong>tesi di DNA e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e nella mitosi. La s<strong>in</strong>tesi stimolatacostituirebbe il meccanismo con il quale la cellula fuori ciclo può rientrarvi e qu<strong>in</strong>diriprodursi.Più complesso, e per alcuni lati ancora molto oscuro, è il meccanismo <strong>del</strong>la terzaforma di s<strong>in</strong>tesi, quella <strong>in</strong>dotta, connessa con l'esistenza di un fattore o di uncomplesso di <strong>in</strong>duzione, identificabile con l'alterazione <strong>in</strong>tervenuta nella cont<strong>in</strong>uità<strong>del</strong>la molecola <strong>del</strong>l'acido nucleico, a opera per esempio di un carc<strong>in</strong>ogeno o di uncocarc<strong>in</strong>ogeno. Come si vede, si tratterebbe di un processo che presenta qualcheanalogia con il cross<strong>in</strong>g over, nel quale pure <strong>in</strong>tervengono fenomeni di riparazione(v. biologia; v. genetica: Citogenetica).Comunque, la s<strong>in</strong>tesi <strong>in</strong>dotta si dist<strong>in</strong>guerebbe da quella spontaneafondamentalmente per due motivi: per il segnale di <strong>in</strong>izio, che avvia la s<strong>in</strong>tesispontanea e non quella <strong>in</strong>dotta; e per il sito di <strong>in</strong>izio stesso <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>tesi, localizzato,<strong>in</strong> quella spontanea, a livello di un ben determ<strong>in</strong>ato tratto <strong>del</strong>la lunga catena<strong>del</strong>l'acido nucleico denom<strong>in</strong>ato punto di <strong>in</strong>iziazione, e <strong>in</strong> un punto qualunque101 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...corrispondente al tratto ove si è verificato il danno <strong>in</strong> quella <strong>in</strong>dotta.Secondo A. Caputo (v., 1973), la comparsa <strong>del</strong> segnale è <strong>in</strong> rapporto allaprovenienza <strong>del</strong>l'energia, identificabile nel caso <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>tesi spontanea nellecomuni reazioni esoergoniche che si svolgono <strong>in</strong> prossimità <strong>del</strong>la membranacellulare, <strong>in</strong> quello <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>tesi <strong>in</strong>dotta nella rottura dei legami chimici a livello deitratti danneggiati <strong>del</strong>la molecola. Ciò determ<strong>in</strong>erebbe una diversa disponibilità dienergia <strong>in</strong> dipendenza sia <strong>del</strong> punto ove è avvenuta la rottura, sia <strong>del</strong>la strutturachimica <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>ogeno.La s<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong> DNA <strong>in</strong>izia con lo svolgimento <strong>del</strong>la doppia elica, conseguente allarottura di legami che tengono unite le due eliche, ognuna <strong>del</strong>le quali è cosìdisponibile a funzionare da template; la successiva formazione <strong>del</strong>le due nuovecatene pol<strong>in</strong>ucleotidiche, resa possibile dalla s<strong>in</strong>tesi di nucleotidi, dà luogo allacostituzione di un nuovo filamento di DNA. Rottura dei legami e s<strong>in</strong>tesi de<strong>in</strong>ucleotidi avvengono a opera di enzimi specifici, endonucleasi e polimerasi <strong>in</strong>grado rispettivamente di sc<strong>in</strong>dere il legame 3-idrossil-5-fosforil e di operare laformazione di legami fosfo-diesterici tra i desossiribonucleotidi trifosfati.La rottura di una regione <strong>del</strong> DNA può avvenire a opera di vari agenti, ma sempretramite l'<strong>in</strong>tervento di endonucleasi: si possono così formare frammenti di DNA divaria lunghezza, costituiti comunque da almeno c<strong>in</strong>que mononucleotidi. Lariparazione si effettua per l'<strong>in</strong>tervento di polimerasi che promuovonol'<strong>in</strong>corporazione di mononucleotidi sul template <strong>del</strong>la catena pol<strong>in</strong>ucleotidicaomologa a quella degenerata, o di ligasi che determ<strong>in</strong>ano coniugazione di cortecatene di pol<strong>in</strong>ucleotidi, s<strong>in</strong>tetizzati da polimerasi, con la molecola di DNAmediante legami fosfodiesterici.Di notevole <strong>in</strong>teresse è il problema se gli enzimi agenti nella funzione di repairsiano preesistenti nella cellula allo stato attivato, ovvero presenti <strong>in</strong> essa ma<strong>in</strong>attivi, o vengano <strong>in</strong>vece formati ex novo nel momento <strong>del</strong>la trasformazionecellulare. Per quanto riguarda la trasformazione <strong>in</strong>dotta dai carc<strong>in</strong>ogeni chimici, lecognizioni sono scarse e non univoche; al contrario, per quella determ<strong>in</strong>ata daivirus oncogeni moltissimi dati sperimentali sono stati accumulati negli ultimi annie, come si è accennato a proposito <strong>del</strong> polioma, si è sicuramente dimostrato chealcuni enzimi sono di nuova s<strong>in</strong>tesi, alcuni altri presenti ma <strong>in</strong>attivi nella cellulavengono attivati. Inoltre, almeno per quanto riguarda il polioma, gli enzimi d<strong>in</strong>uova s<strong>in</strong>tesi sono di orig<strong>in</strong>e cellulare; <strong>in</strong> altri casi, <strong>in</strong>vece, come per il virusvacc<strong>in</strong>ico, alcuni di questi enzimi sono certamente codificati dal virus.Appare evidente che l'<strong>in</strong>fezione da polioma <strong>in</strong>duce nella cellula s<strong>in</strong>tesi di nuovemolecole enzimatiche, <strong>del</strong>le quali alcune operano la rottura <strong>del</strong>le catenepol<strong>in</strong>ucleotidiche cellulari, altre promuovono la s<strong>in</strong>tesi di acido nucleico virale ecellulare con preponderanza <strong>del</strong>l'uno o <strong>del</strong>l'altro a seconda rispettivamente <strong>del</strong> tipoproduttivo o abortivo <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fezione. Un virus è qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> grado di determ<strong>in</strong>arenotevoli variazioni biochimiche nella cellula ospite, sia per effetto di enzimi, <strong>in</strong>grado di operare la s<strong>in</strong>tesi pol<strong>in</strong>ucleotidica, <strong>in</strong> esso presenti o contenuti come<strong>in</strong>formazione nel suo patrimonio genetico così che la cellula stessa è <strong>in</strong>dotta aprodurli, sia <strong>in</strong> alcuni casi mediante la capacità di promuovere la formazione dieso- ed endonucleasi che staccano pol<strong>in</strong>ucleotidi dalla catena <strong>del</strong> DNA cellulare eoperano l'<strong>in</strong>serimento successivo di porzioni <strong>del</strong> genoma virale. In conseguenza diquesto complesso di <strong>in</strong>terazioni si determ<strong>in</strong>a quella deviazione più o menocompleta dei processi bios<strong>in</strong>tetici cellulari secondo i mo<strong>del</strong>li strutturali <strong>del</strong> virusche rappresenta <strong>in</strong> sostanza l'<strong>in</strong>tima essenza <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>fezione virale.L'esistenza di virus oncogeni a RNA e di altri a DNA era stata spiegata da Tem<strong>in</strong>(v., 1964), già da vari anni, con l'ipotesi che i primi fossero <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>durres<strong>in</strong>tesi di DNA virale. Tale spiegazione non era <strong>in</strong> realtà apparsa conv<strong>in</strong>cente,soprattutto perché <strong>in</strong> contrasto con uno dei dogmi <strong>del</strong>la biologia molecolare,secondo il quale è possibile lo stampo <strong>del</strong>l'RNA sul DNA e non viceversa. Tuttavia,nel 1970 5. Mizutani e Tem<strong>in</strong> (v., 1970) nel virus di Rous, e D. Baltimore (v., 1970)nello stesso virus di Rous e <strong>in</strong> quello di Rauscher, scoprirono un enzima, latranscriptasi <strong>in</strong>versa, che determ<strong>in</strong>a la trascrizione <strong>del</strong>l'RNA virale <strong>in</strong> DNA; ladimostrazione che il prodotto <strong>del</strong>l'attività di tale enzima è <strong>in</strong>sensibile allaribonucleasi, ma idrolizzabile dalla desossiribonucleasi, costituisce la provamigliore <strong>del</strong>l'effettiva s<strong>in</strong>tesi di DNA a partire da RNA come template (stampo).102 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...L'enzima, ora noto anche con il nome di polimerasi RNA-dipendente, è statopurificato e attentamente studiato. È stato così possibile precisarne alcunecaratteristiche chimiche e fisicochimiche e accertare che la sua attività si svolge <strong>in</strong>due fasi successive: dapprima si forma una sola elica di DNA sullo stampo<strong>del</strong>l'unico filamento di RNA, qu<strong>in</strong>di si determ<strong>in</strong>a la formazione di catene ibrideRNA/DNA; la catena di DNA funziona poi da template e, a opera di unaDNA-polimerasi DNA-dipendente, si forma una doppia elica di DNA (v. acid<strong>in</strong>ucleici; v. biologia).Si scoprì <strong>in</strong>oltre che alcuni polimeri s<strong>in</strong>tetici, ribo- e desossiribonucleotidi,artificialmente uniti possono funzionare da template: S. Spiegelmann e altri (v.,1970) e Mizutani e altri (v., 1970) hanno dimostrato chepoliossicitos<strong>in</strong>a/poliriboguan<strong>in</strong>a agiscono da template per la transcriptasi <strong>in</strong>versa,con un'efficienza molto maggiore degli acidi nucleici naturali.Le ricerche di Tem<strong>in</strong>, di Baltimore, di Spiegelmann e di Mizutani hanno realizzatouna <strong>del</strong>le più importanti scoperte biologiche degli ultimi anni. Si è, di conseguenza,aperto un vasto campo di <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i <strong>in</strong>tese a dimostrare la presenza di polimerasiRNA-dipendente <strong>in</strong> tumori umani quale prova, sia pure <strong>in</strong>diretta, <strong>del</strong>la loroeziologia virale.F<strong>in</strong>ora, vari ricercatori hanno dimostrato nell'uomo la presenza di entrambe leattività polimerasiche, RNA- e DNA-dipendenti, <strong>in</strong> cellule leucemiche, ma non <strong>in</strong>leucociti normali, e la loro scomparsa quando, <strong>in</strong> seguito a terapia, il quadroematologico si normalizza. Sembrerebbe pertanto di poter concludere che leleucemie <strong>del</strong>l'uomo, così come quelle di varie specie animali, sono provocate davirus. Tuttavia non va dimenticato che le due attività polimerasiche sono presentianche <strong>in</strong> virus non oncogeni, onde la loro dimostrazione, se costituisce unagenerica <strong>in</strong>dicazione <strong>del</strong>la presenza di un virus, non è comunque sufficiente afornire la prova sicura <strong>del</strong>l'eziologia virale di un tumore o di una leucemia. Lericerche condotte <strong>in</strong> numerosi laboratori di oncologia sperimentale hannoconsentito di accertare che nei virioni di virus oncogeni a RNA sono presenti, oltrea quella polimerasica, un'attività ribonucleasica che agisce sul substrato costituitodall'ibrido RNA/DNA e idrolizza l'RNA, e attività esonucleasiche edendonucleasiche. L'<strong>in</strong>terazione di questi diversi enzimi, di importanza essenzialeper la replicazione dei virus, è responsabile <strong>del</strong>la formazione di una copia a DNA<strong>del</strong> genoma virale la quale poi, <strong>in</strong>tegratasi <strong>in</strong> quello cellulare, è <strong>in</strong> grado sia didirigere la s<strong>in</strong>tesi di nuove particelle virali, sia di causare la trasformazionemaligna <strong>del</strong>la cellula. I dati sperimentali sembrano confermare l'ipotesi che traacido nucleico <strong>del</strong>la cellula ospite e acido nucleico virale si form<strong>in</strong>o ibridi, <strong>in</strong> modoanalogo a quanto avviene nel caso dei fagi, generalmente <strong>in</strong> seguito all'unione solodi quei tratti dei due filamenti nei quali vi è complementarità <strong>del</strong>le basi.Le numerose ricerche sulle caratteristiche di queste corrispondenze complementaritendono attualmente a dimostrare aff<strong>in</strong>ità tra acido nucleico di cellule umane equello di virus a DNA e a RNA maggiormente <strong>in</strong>diziati come probabili agentieziologici di tumori.La formazione di molecole ibride di acido nucleico virale e cellulare può spiegare lemodalità <strong>del</strong>la trasmissione, <strong>in</strong> vivo e <strong>in</strong> vitro, <strong>del</strong>la trasformazione operata davirus oncogeni nelle successive generazioni cellulari, cioè <strong>del</strong>la trasmissione <strong>del</strong>virus o di parte di esso <strong>in</strong> senso verticale. R. J. Huebner e G. J. Todaro (v., 1969)hanno formulato la cosiddetta teoria sull'‛oncogene', quella parte cioè <strong>del</strong> genomavirale che, stabilmente <strong>in</strong>tegrato <strong>in</strong> quello <strong>del</strong>le cellule, viene trasmesso digenerazione <strong>in</strong> generazione. Il dato sperimentale più importante sul quale si fondatale teoria è la dimostrazione che alcune l<strong>in</strong>ee cellulari, come la 3T3 o la 3T12, dopomolte generazioni e dopo che le cellule sono divenute aneuploidi, producono <strong>in</strong>vitro virus <strong>del</strong> tipo <strong>del</strong>la leucemia <strong>del</strong> topo (MLV): ciò si può spiegare ammettendoche il virus <strong>in</strong> fase <strong>in</strong>tracellulare si trovi <strong>in</strong> forma <strong>in</strong>espressa e che particolaricondizioni, come il frequente trasferimento su nuovo terreno o l'alta densità dicellule, ne favoriscano l'espressione, cioè la formazione di particelle viralicomplete.Si è <strong>in</strong>oltre osservata produzione di virus, specialmente <strong>del</strong>la leucemia, <strong>in</strong> topisottoposti all'azione di radiazioni o di carc<strong>in</strong>ogeni chimici, che qu<strong>in</strong>di nondeterm<strong>in</strong>erebbero la diretta trasformazione neoplastica <strong>del</strong>le cellule, ma103 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...attiverebbero l'oncogene <strong>in</strong>ducendo nella cellula un profondo disord<strong>in</strong>e e laconseguente perdita <strong>del</strong>la normale capacità di regolazione.A modifica <strong>del</strong>la teoria ora esposta il Tem<strong>in</strong> (v., 1971) ha <strong>in</strong>trodotto la teoria <strong>del</strong>‛protovirus', secondo la quale non esisterebbe l'oncogene nelle cellule germ<strong>in</strong>ali,ma si determ<strong>in</strong>erebbe nel corso <strong>del</strong>lo sviluppo; attraverso il passaggio RNA → DNAl'<strong>in</strong>formazione verrebbe poi <strong>in</strong>serita nel genoma cellulare con possibilità di <strong>in</strong>durreformazione di particelle complete a RNA. Tale processo, però, dovrebbecomportare la comparsa di antigeni virali durante lo sviluppo tardivo e non, come<strong>in</strong> realtà accade, già durante la vita embrionale; la precocità di comparsa diantigeni virali e la conseguente tolleranza immunitaria svelata dall'assenza neglianimali di anticorpi specifici contro tali antigeni, costituiscono <strong>in</strong>vece un validosostegno <strong>del</strong>la teoria <strong>del</strong>l'oncogene.È opportuno ricordare il significato di alcuni term<strong>in</strong>i usati <strong>in</strong> virologia per def<strong>in</strong>iresituazioni tra loro dist<strong>in</strong>te: come provirus si <strong>in</strong>dica qualsiasi <strong>in</strong>formazione allo statopotenziale; come ‛virogene' si designa un provirus naturale, costituito dall'<strong>in</strong>siemedi geni che codificano l'<strong>in</strong>tera particella virale; <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, come abbiamo visto, ilterm<strong>in</strong>e di ‛oncogene' si riferisce a quel particolare provirus responsabile <strong>del</strong>latrasformazione cellulare, rappresentato da un gene o da un gruppo di geni nei qualiè contenuta la relativa <strong>in</strong>formazione.Conseguentemente all'<strong>in</strong>tegrazione di parte <strong>del</strong> genoma virale con quello <strong>del</strong>lacellula, <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ate condizioni si verifica il fenomeno <strong>del</strong>la trasformazionecellulare, che può o meno essere accompagnata dalla replica di particelle virali; <strong>in</strong>alcuni casi, <strong>in</strong>vece, la suddetta <strong>in</strong>tegrazione è seguita dalla sola replica di particellevirali, mentre manca il processo di trasformazione.È molto probabile che diversi fattori siano <strong>in</strong> grado di determ<strong>in</strong>are una rottura<strong>del</strong>la o <strong>del</strong>le catene di pol<strong>in</strong>ucleotidi <strong>del</strong>l'acido nucleico cellulare; esiste allora lapossibilità che a tale rottura segua, a mezzo <strong>del</strong>le polimerasi e ligasi, la riparazione<strong>del</strong> danno (fenomeno <strong>del</strong> repair) con ristabilimento <strong>del</strong>la normale struttura o diparte di essa o, nel caso che l'agente lesivo sia un virus, la sostituzione conframmenti di catene pol<strong>in</strong>ucleotidiche virali. Se il repair avviene secondo ilprogramma normale, non si determ<strong>in</strong>ano variazioni geniche; <strong>in</strong> caso contrario, sistabiliscono mutilazioni <strong>del</strong> codice genetico cellulare o, come ad esempio quandoavviene l'<strong>in</strong>tegrazione con parte di quello virale, ha luogo il fenomeno <strong>del</strong>latrasformazione.Il momento <strong>del</strong> repair è qu<strong>in</strong>di, secondo molti studiosi, quello che decide il dest<strong>in</strong>o<strong>del</strong>la cellula per quanto riguarda la sua possibile cancerizzazione.L'azione dei cancerogeni si esplicherebbe <strong>in</strong> un primo tempo determ<strong>in</strong>ando ildanno, secondariamente impedendo la riparazione o determ<strong>in</strong>ando saldature conpol<strong>in</strong>ucleotidi fuori programma; questa seconda modalità d'azione sarebbe quellaprevalentemente esercitata dai cocancerogeni.Il fatto che solo alcune <strong>del</strong>le cellule sottoposte all'azione di carc<strong>in</strong>ogeni diventanocancerose esprimerebbe la maggior frequenza <strong>del</strong>la riparazione secondoprogramma rispetto a quella anomala fuori programma.6. Metabolismo energetico <strong>del</strong>la cellula neoplasticaNel 1910 O. Warburg (v., 1930, p. 35) poté dimostrare che la moltiplicazionecellulare implica un'attivazione <strong>del</strong>la respirazione: egli <strong>in</strong>fatti osservò che nelleuova di riccio di mare, dopo la fecondazione, aumenta il consumo di ossigenorapportato all'unità di peso. In seguito a questa osservazione, si suppose che anchele cellule neoplastiche, data l'elevata moltiplicazione cellulare propria di un grannumero di tumori, fossero caratterizzate da un aumento degli scambi respiratori.Tale ipotesi fu però smentita dallo stesso Warburg, che proseguendo nei suoi studivide che con una discreta frequenza la maggiore richiesta di energia è soddisfattadalla fermentazione <strong>del</strong> glucosio, con conseguente produzione di acido lattico: atale fenomeno egli diede il nome di glicolisi, dist<strong>in</strong>guendone una forma anaerobicache si svolge <strong>in</strong> ambiente privo di ossigeno e una aerobica che si svolge <strong>in</strong> presenzadi ossigeno. Nel processo di glicolisi anaerobica si determ<strong>in</strong>a un accumulo di acidolattico, perché, conseguentemente alla mancanza di ossigeno, si arrestal'ossidazione <strong>del</strong>l'acido piruvico: <strong>in</strong> condizioni di anaerobiosi, pertanto, ogni104 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...tessuto normale glicolizza. La glicolisi aerobica, <strong>in</strong>vece, ha luogo quando la cellulanon è capace di ossidare tutto l'acido piruvico che produce, una parte <strong>del</strong> quale sitrasforma qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> acido lattico. La determ<strong>in</strong>azione dei due tipi di glicolisi, che siesegue facendo metabolizzare il materiale biologico <strong>in</strong> ambiente di azoto e diossigeno rispettivamente per la glicolisi anaerobica e per l'aerobica, consente divalutare la quantità di acido lattico prodotta per ora e per milligrammo di tessutosecco: questi valori vengono espressi rispettivamente con le sigleQN2CO2e QO2CO2ove Q è la quantità di acido lattico prodotto desunta dal volume di CO2 sviluppato<strong>in</strong> presenza di bicarbonato.Warburg (v., 1925, 1926, 1943 e 1955) poté dimostrare che molti tessuti normali,specialmente quelli <strong>in</strong> vivace proliferazione, e molti tumori <strong>in</strong> rapido accrescimentosvolgono un'<strong>in</strong>tensa attività glicolitica <strong>in</strong> condizioni di anaerobiosi, mentre <strong>in</strong>aerobiosi la funzione glicolitica è frequente <strong>in</strong> tessuti neoplastici e soppressa afavore <strong>del</strong>l'ossidazione <strong>in</strong> quelli normali. La conferma <strong>del</strong>la scoperta di Warburgprovenne soprattutto dalla dimostrazione <strong>del</strong>la possibilità per le celluleneoplastiche di sopravvivere <strong>in</strong> ambiente privo di ossigeno ma <strong>in</strong> presenza diglucosio (v. Warburg, 1930).S<strong>in</strong> dalle prime ricerche Warburg ritenne che le cellule neoplastiche avessero lanormale respirazione danneggiata e fossero pertanto obbligate a operare lafermentazione <strong>del</strong> glucosio per <strong>in</strong>tegrare il fabbisogno energetico deficitario. Egli<strong>in</strong>oltre <strong>in</strong>terpretò <strong>in</strong> vario modo la glicolisi aerobica osservata nei tessuti nonneoplastici: quella ret<strong>in</strong>ica quale espressione <strong>del</strong> danneggiamento subito daltessuto durante la preparazione, quella dei tessuti embrionali come conseguenza dimaggior fabbisogno energetico nel corso <strong>del</strong>la moltiplicazione cellulare. Grazie aimiglioramenti tecnici razionalmente usati e perfezionati f<strong>in</strong>o agli ultimi anni <strong>del</strong>lasua vita, egli vide che i valori <strong>del</strong>la glicolisi aerobica <strong>del</strong>la ret<strong>in</strong>a eranonotevolmente <strong>in</strong>feriori a quelli <strong>in</strong>izialmente trovati e che il metabolismorespiratorio e glicolitico <strong>del</strong>le cellule embrionali è diverso da quello <strong>del</strong>le celluleneoplastiche.All'<strong>in</strong>iziale entusiasmo per queste ricerche subentrò un periodo di critichedemolitrici, specialmente a opera di S. We<strong>in</strong>house (v., 1951 e 1955) e collaboratori(v. We<strong>in</strong>house e altri, 1950 e 1951) <strong>in</strong> aspra polemica con Warburg e i suoi allievi;tra questi ultimi, D. Burk (v., 1939) riuscì a operare un confronto tra respirazione efermentazione di cellule di fegato normale, di fegato rigenerante e di fegatocancerizzato con o-amm<strong>in</strong>oazotoluene, e concluse che nelle cellule tumorali i dueprocessi sono peculiari.Fu rilevato che negli epatomi a lenta crescita (a deviazione m<strong>in</strong>ima) di Morris, nelratto, non si notava né riduzione <strong>del</strong>la respirazione cellulare né comparsa diglicolisi aerobica: questa è, forse, la critica meno valevole all'ipotesi di Warburg, <strong>in</strong>quanto tali epatomi, appunto perché a deviazione m<strong>in</strong>ima, sono poco diversi daltessuto epatico normale, certamente non comparabili a neoplasie <strong>in</strong> attivosviluppo.Allo stato attuale <strong>del</strong>le conoscenze, anche se appare scarsamente sostenibile convalide dimostrazioni il concetto di Warburg di un danneggiamento respiratorio<strong>del</strong>le cellule neoplastiche, è tuttavia certo che queste sono caratterizzate daun'elevata glicolisi aerobica e che con grande frequenza mostrano una nettariduzione dei mitocondri, cioè degli organuli sede <strong>del</strong>la catena <strong>del</strong>le ossidazionicellulari (v. cellula: Fisiologia <strong>del</strong>la cellula).L'esistenza di glicolisi aerobica nella ret<strong>in</strong>a costituisce tuttora un problema nonrisolto.Gli studi sul metabolismo <strong>del</strong>le cellule neoplastiche hanno messo <strong>in</strong> evidenzafenomeni di un certo rilievo: tra questi il cosiddetto effetto Crabtree (v. Crabtree,1959), cioè l'abbassamento dei valori <strong>del</strong>la respirazione per aggiunta di glucosio almezzo di sospensione di cellule neoplastiche, che non si determ<strong>in</strong>a per quellenormali, e la riduzione <strong>del</strong>l'effetto Pasteur, cioè <strong>del</strong>la fermentazione <strong>in</strong> presenza di105 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...ossigeno, il cui meccanismo è <strong>in</strong> realtà tuttora poco chiaro onde è impossibiletrarne un sicuro significato fisiopatologico.Negli epatomi di Morris sono state osservate alterazioni di alcuni enzimi <strong>in</strong>rapporto al grado di malignità. Sono state poste <strong>in</strong> evidenza alterazioni <strong>del</strong>laproduzione di enzimi a funzione limitante a livello di punti chiave <strong>del</strong>lademolizione <strong>del</strong> glucosio, cioè <strong>del</strong>l'esoch<strong>in</strong>asi, <strong>del</strong>la fosfofruttoch<strong>in</strong>asi e <strong>del</strong>lapiruvatoch<strong>in</strong>asi, con comparsa di isoenzimi di tipo fetale; la s<strong>in</strong>tesi ditali enzimi èrepressa durante la vita cellulare normale, ma viene derepressa nellatrasformazione neoplastica.7. Cenni di immunologia oncologicaI brillanti successi ottenuti con l'impiego di sieri e vacc<strong>in</strong>i nella terapia e nellaprofilassi <strong>del</strong>le malattie <strong>in</strong>fettive fecero nascere la speranza che sussidi di tale tipopotessero essere utilizzati anche per la prevenzione e la cura dei tumori. Ciònaturalmente implicava l'esistenza e l'<strong>in</strong>dividuazione di costituenti antigenicispecifici <strong>del</strong>la cellula neoplastica: tale presupposto teorico, che dette luogo a primiapprocci sperimentali i cui risultati debbono oggi essere valutati con la massimacautela, ottenne <strong>in</strong> realtà una valida conferma soltanto quando si osservò il rigettodi isotrapianti neoplastici da parte di animali ospiti s<strong>in</strong>genici. Si raggiunse pertantola certezza <strong>del</strong>l'esistenza di antigeni neoplastici specifici, e fu così possibilesuperare la difficoltà <strong>del</strong>le prime ricerche sperimentali: stabilire cioè se la rispostaimmunitaria <strong>in</strong> un animale <strong>in</strong> seguito al trapianto di un tumore sia suscitata daantigeni specifici <strong>del</strong> tumore ovvero da isoantigeni presenti nella massa di tessutotrapiantato.La comparsa di antigeni specifici tumorali rappresenta un evento importante <strong>del</strong>lacancerogenesi, ma non <strong>in</strong>di- spensabile ai f<strong>in</strong>i <strong>del</strong>la trasformazione neoplastica:non mancano, difatti, esempi di tumori dotati di scarsa antigenicità e anche ditumori nei quali si è verificata una <strong>del</strong>ezione dei normali costituenti antigenicisenza sostituzione con antigeni di nuova s<strong>in</strong>tesi. Comunque, la maggior parte deitumori sperimentali possiede antigeni specifici, ma non è ancora possibilecomprendere l'importanza <strong>del</strong>l'antigenicità <strong>del</strong>la cellula neoplastica nei riguardi<strong>del</strong>l'organismo ospite e <strong>del</strong>la sua capacità di risposta immunitaria <strong>in</strong> relazione siaalla genesi, sia all'ulteriore controllo <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong> tumore.Gli antigeni <strong>in</strong>dividuati nei tumori e nelle leucemie sperimentali sono dist<strong>in</strong>ti <strong>in</strong>base alla loro associazione con virus oncogeni a RNA o a DNA, alla loro solubilità,alla loro localizzazione. In particolare, per quanto riguarda quest'ultimo carattere èimportante la dist<strong>in</strong>zione <strong>in</strong> antigeni superficiali, ovviamente più esposti e a piùimmediato contatto con le cellule immunitarie, e antigeni <strong>in</strong>tracellulari <strong>in</strong> grado didar luogo a una risposta immunitaria <strong>in</strong> seguito a fenomeni di citolisi.Si ritiene che gli anticorpi diretti contro tali ultimi antigeni difficilmente possanoesercitare un proficuo sistema di controllo <strong>del</strong>la neoplasia, anche se la loroeventuale di- mostrazione potrebbe essere utilizzabile <strong>in</strong> cl<strong>in</strong>ica a scopodiagnostico.Occorre tuttavia ricordare che alcuni di quegli antigeni tumorali che def<strong>in</strong>iamospecifici compaiono <strong>in</strong> realtà nelle cellule anche nelle malattie non neoplastiche etalora, sia pure transitoriamente, anche <strong>in</strong> condizioni fisiologiche <strong>in</strong> alcune fasi <strong>del</strong>ciclo cellulare: presc<strong>in</strong>dendo da più complesse considerazioni sulla genesi de<strong>in</strong>uovi costituenti antigenici, si comprende la necessità di un'attenta valutazione aif<strong>in</strong>i diagnostici <strong>del</strong>la dimostrazione di un antigene, soprattutto <strong>in</strong> rapporto allapresenza di altri segni probativi per l'esistenza di una neoplasia. La dimostrazione,ad esempio, di anticorpi anti EBV (Epste<strong>in</strong> Barr Virus) è comunque di notevole<strong>in</strong>teresse diagnostico, ma assume significato diverso nel caso <strong>del</strong>la mononucleosi<strong>in</strong>fettiva e <strong>in</strong> quello <strong>del</strong> l<strong>in</strong>foma di Burkitt o <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>oma nasofar<strong>in</strong>geo.Vi è una differenza di ord<strong>in</strong>e generale tra i tumori <strong>in</strong>dotti nell'animale concancerogeni chimici e quelli <strong>in</strong>dotti da virus oncogeni. I primi hanno <strong>in</strong>fatti unapropria caratteristica <strong>in</strong>dividualità antigenica, tipica di ogni s<strong>in</strong>golo tumore: senello stesso animale si <strong>in</strong>ducono, con lo stesso agente chimico, diversi tumori <strong>in</strong>varie zone <strong>del</strong>l'organismo, ogni tumore sarà fornito di almeno un costituenteantigenico <strong>in</strong>dividuale, e conseguentemente la reattività crociata sarà assente o106 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...notevolmente rara. Al contrario, i tumori da virus posseggono antigeni tra di lorocorrelati o identici sierologicamente, dei quali è difficile def<strong>in</strong>ire la natura el'orig<strong>in</strong>e, anche se numerose osservazioni sperimentali sono riuscite a metterne <strong>in</strong>evidenza <strong>in</strong> alcuni casi la provenienza dal genoma virale, <strong>in</strong> altri quella dalla cellulaospite.Le acquisizioni suddette sono di estremo <strong>in</strong>teresse per la comprensione di alcunifenomeni generali <strong>del</strong>la cancerogenesi. Tralasciando altre considerazioni di ord<strong>in</strong>epiù strettamente immunologico, basterà qui ricordare che nel caso di tumori<strong>in</strong>dotti da un carc<strong>in</strong>ogeno chimico la diversità degli antigeni dimostrabili <strong>in</strong>dicachiaramente da un lato che il carc<strong>in</strong>ogeno di per sè non può essere l'antigene,dall'altro il disord<strong>in</strong>e genico <strong>del</strong>la cellula trasformata: i vari antigeni s<strong>in</strong>golarmentedist<strong>in</strong>ti di uno stesso tumore, <strong>in</strong>fatti, rappresentano con molta probabilità prodottidi geni alterati o anche di geni normali che, repressi nelle cellule differenziate, sonoresi liberi dalla trasformazione maligna.Altri <strong>in</strong>teressanti aspetti <strong>del</strong> problema <strong>del</strong>l'immunologia dei tumori riguardano ifenomeni di resistenza e di tolleranza: la dimostrazione, ad esempio, <strong>del</strong>lapossibilità di ottenere immunizzazione attiva con vari metodi contro tumori <strong>in</strong>dottida agenti chimici o da virus, e la constatazione <strong>del</strong>l'esistenza di condizioni ditolleranza immunologica f<strong>in</strong>o alla completa soppressione <strong>del</strong>la risposta immune,aprono <strong>in</strong>teressanti campi di <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e anche nei confronti di possibili applicazionipratiche.Si è accennato alla possibilità che alcuni antigeni di tumori <strong>in</strong>dotti da carc<strong>in</strong>ogenichimici rappresent<strong>in</strong>o l'espressione fenotipica di geni normali repressi nelle celluledifferenziate. In alcuni casi tali antigeni appartengono al gruppo di quelliembrionali, presenti nella cellula durante il periodo <strong>del</strong>la vita embrionale, e la lorobios<strong>in</strong>tesi, come si è detto, è <strong>in</strong> rapporto a fenomeni di derepressione che hannoluogo nella trasformazione maligna. Sono oggi ben conosciuti, e svelabili nell'uomocon <strong>in</strong>dubbio valore diagnostico, antigeni CEA (Carc<strong>in</strong>o-Embryonic Antigen) deitumori <strong>del</strong>lo stomaco e <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o, e una α-fetoprote<strong>in</strong>a dei tumori <strong>del</strong> fegato (v.immunologia e immunopatologia: Malattie immunoproliferative).Tuttavia, i numerosi studi condotti nel tentativo di dimostrare che i tumori umaniposseggono antigeni specifici similmente a quanto si osserva nelle neoplasiesperimentali degli animali, non sono stati f<strong>in</strong>ora coronati da successo.8. Ormoni e cancroLa ben nota cognizione, derivata da numerose osservazioni cl<strong>in</strong>iche, <strong>del</strong>l'esistenzadi tumori ormonodipendenti, <strong>in</strong> modo particolare il cancro <strong>del</strong>la mammella, ha<strong>in</strong>dotto gli studiosi a ricercare sperimentalmente i rapporti tra alcune neoplasie edeterm<strong>in</strong>ate attività endocr<strong>in</strong>e. Interessanti dati sperimentali si sono andati cosìaccumulando f<strong>in</strong>o a costituire prove certe e <strong>in</strong>controvertibili <strong>del</strong>la stretta relazioneesistente tra complesse <strong>in</strong>terazioni endocr<strong>in</strong>e e sviluppo di tumori. Basterà quiricordare che M. S. Bisk<strong>in</strong>d e G. S. Bisk<strong>in</strong>d (v., 1944) nel ratto, H. A. Bali e J. Furth(v., 1949) e W. V. Gardaer (v., 1955) nel topo osservarono lo sviluppo di tumori <strong>in</strong>ovaie escisse e successivamente <strong>in</strong>nestate nella milza <strong>del</strong>lo stesso animale: perspiegare ciò si è pensato che gli ormoni ovarici che cont<strong>in</strong>uano a formarsi negli<strong>in</strong>nesti <strong>in</strong>trasplenici vengano direttamente immessi nel fegato ove sono <strong>in</strong>attivati,così da non essere più <strong>in</strong> grado di esercitare la normale azione di blocco a livelloipofisario; conseguentemente si determ<strong>in</strong>a un'iperproduzione di gonadotrop<strong>in</strong>eipofisarie che agiscono sul tessuto ovarico <strong>in</strong> sede ectopica, determ<strong>in</strong>andonel'iperplasia e la successiva cancerizzazione. Probabilmente con analogomeccanismo, cioè provocando una prolungata iperproduzione di tireotrop<strong>in</strong>aipofisaria, agiscono i vari metodi impiegati per produrre sperimentalmentecarc<strong>in</strong>omi <strong>del</strong>la tiroide; più recentemente, D. S<strong>in</strong>ha e altri (v., 1965) sono riusciti a<strong>in</strong>durre un cancro <strong>del</strong>la tiroide mediante somm<strong>in</strong>istrazione di tireotrop<strong>in</strong>a.Tra tutti i tumori ormonodipendenti, il cancro mammario è senza dubbio quellopiù studiato e per il quale sono stati raccolti <strong>in</strong> maggior numero <strong>in</strong>teressanti rilievicl<strong>in</strong>ici e sperimentali. A. E. C. Lathrop e L. Loeb (v., 1916) dimostrarono, per es.,che la castrazione di top<strong>in</strong>e giovani <strong>in</strong>duce una notevole dim<strong>in</strong>uzione <strong>del</strong>lafrequenza <strong>del</strong> cancro mammario spontaneo <strong>in</strong> ceppi di topi caratterizzati dalla107 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...elevata frequenza di tale tumore. Successivamente si osservò che l'<strong>in</strong>oculazione diormone ovarico, <strong>in</strong> dosi elevate e protratta nel tempo, è <strong>in</strong> grado di determ<strong>in</strong>are unconsiderevole aumento <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>cidenza <strong>del</strong> cancro nelle top<strong>in</strong>e nonché la suacomparsa anche <strong>in</strong> alcuni maschi nei quali la neoplasia spontanea è praticamente<strong>in</strong>esistente. Già si è fatto cenno come fosse apparso chiaro che anche l'azione <strong>del</strong>fattore latte è strettamente dipendente, oltre che da condizioni genetiche, dallapresenza degli ormoni ovarici.Un più accurato studio <strong>del</strong> problema fu reso possibile a partire dagli anni trenta,quando si riuscì a ottenere <strong>in</strong> forma pura gli estrogeni. Si ritenne <strong>in</strong>izialmente chela molecola <strong>del</strong>l'estradiolo, di gran lunga il più attivo tra gli ormoni ovarici e dalpunto di vista chimico assai simile agli idrocarburi, a seguito di particolaritrasformazioni operasse come agente carc<strong>in</strong>ogeno: tuttavia non si è mai riusciti adimostrare la presenza nei tessuti di enzimi capaci di <strong>in</strong>- durre tale conversionemolecolare. Si è <strong>in</strong>oltre osservato che l'equilen<strong>in</strong>a, il più <strong>in</strong>saturo degli estrogeni equ<strong>in</strong>di teoricamente il più probabilmente trasformabile <strong>in</strong> idrocarburi cancerogeni,è assai meno attiva nella cancerizzazione, mentre sostanze s<strong>in</strong>tetiche chimicamentemolto lontane dagli ormoni ovarici, come lo stilbestrolo, agiscono come gliestrogeni steroidei. Per tali ragioni l'ipotesi <strong>del</strong>la formazione di idrocarburiaromatici <strong>in</strong> seno ai tessuti a opera di enzimi è apparsa sempre meno probabile.Molti autori hanno supposto che gli estrogeni agirebbero non <strong>in</strong>ducendodirettamente la trasformazione <strong>del</strong>la cellula <strong>del</strong>la ghiandola mammaria, bensìsensibilizzandola all'azione di quei fattori che sono i veri responsabili <strong>del</strong>lacancerizzazione. È stato <strong>in</strong>fatti dimostrato che gli estrogeni sono <strong>in</strong> grado dideterm<strong>in</strong>are iperplasia e trasformazione cistica <strong>del</strong>la mammella, condizioni nellequali per <strong>in</strong>tervento di vari fattori locali la comparsa di un cancro è assai probabile.Gli studi dei rapporti tra neoplasie mammarie e ormoni hanno consentito didist<strong>in</strong>guere determ<strong>in</strong>ate categorie sperimentali, corrispondenti a vari stadi disviluppo <strong>del</strong> tumore. La prima categoria e il primo stadio, <strong>del</strong>la dipendenza,esprimono una condizione <strong>in</strong> cui la proliferazione neoplastica avviene solo <strong>in</strong>presenza di un alto livello di ormone: tale è il caso di un tumore che si sviluppa <strong>in</strong>una top<strong>in</strong>a verg<strong>in</strong>e non appena diventi gravida, qu<strong>in</strong>di regredisce e scompare, perricomparire poi a una nuova gravidanza, e così successivamente. La secondacategoria, <strong>del</strong>la responsività, corrisponde a uno stadio di proliferazione accelerata<strong>in</strong> seguito a somm<strong>in</strong>istrazione di alte dosi di ormone, ma che, cessata questa,prosegue, sia pure a ritmo più lento. La terza categoria, <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>dipendenza,corrisponde all'assenza di sensibilità alla somm<strong>in</strong>istrazione di ormone. In term<strong>in</strong>irigorosamente corretti, quando si parla di condizione si deve <strong>in</strong>tendere il caratterepermanente <strong>del</strong> tumore nei riguardi <strong>del</strong>la dipendenza ormonale, mentrel'espressione stadio <strong>in</strong>dica un mutevole e successivo svolgersi di eventi di unaneoplasia che può <strong>in</strong>iziare come ormonodipendente, per diventare poiormono<strong>in</strong>dipendente, passando per lo stato di responsività. I tumori <strong>del</strong>lamammella <strong>del</strong>la donna possono appartenere a una <strong>del</strong>le tre categorie.La recente acquisizione sperimentale <strong>del</strong>la possibilità di studiare i rapporti traestrogeni e cancro mammario oltre che nei topi anche nei ratti, nei quali adifferenza dei primi non si conosce un virus <strong>in</strong> qualche modo correlato allosviluppo <strong>del</strong>la neoplasia, ha consentito di semplificare notevolmente il problema;attualmente si conoscono almeno c<strong>in</strong>que ceppi di ratti nei quali è possibile <strong>in</strong>durrecon estrogeni formazione di tumori <strong>del</strong>la mammella. Interessanti osservazioni sonostate anche condotte sui possibili rapporti tra carc<strong>in</strong>ogeni chimici ed estrogeni. Èstato dimostrato che il 3-metilcolantrene e il 7,1 2-dimetilbenzantracene, adesempio, somm<strong>in</strong>istrati per via alimentare, <strong>in</strong> parte passano nelle feci senza subiremodificazioni, <strong>in</strong> parte vengono assorbiti e metabolizzati o depositati nei tessuti,particolarmente nel tessuto adiposo. La persistenza di tali sostanze nei vari organi,fegato, polmone, reni, tubo gastroenterico, è limitata dalla presenza <strong>in</strong> essi diun'idrolasi per il benzopirene, la cui attività è stimolata proprio da alcuniidrocarburi cancerogeni; la mammella è <strong>in</strong>vece priva di questo enzima, così chel'accumulo nel suo tessuto adiposo di carc<strong>in</strong>ogeni assunti con l'alimentazione e nonmetabolizzati può rappresentare la ragione per cui è <strong>in</strong>dotto lo sviluppo <strong>del</strong> cancromammario (v. Dao, 1964). La possibilità di provocare <strong>in</strong> tal modo la neoplasia nonè modificata <strong>in</strong> femm<strong>in</strong>e di ratto castrate immediatamente prima <strong>del</strong>la108 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...somm<strong>in</strong>istrazione <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>ogeno, nelle quali è qu<strong>in</strong>di ancora circolante unasufficiente quantità di estrogeni; tuttavia, se la somm<strong>in</strong>istrazione <strong>del</strong> carc<strong>in</strong>ogenosegue di trenta o più giorni la castrazione, il tumore non si sviluppa. Questi rilievi<strong>in</strong>ducono a ritenere che il ruolo degli estrogeni nell'<strong>in</strong>duzione <strong>del</strong> cancromammario nel ratto è essenziale. D'altro canto, è stato sperimentalmentedimostrato che la somm<strong>in</strong>istrazione di 17β-estradiolo sopprime l'<strong>in</strong>ibizione <strong>del</strong>las<strong>in</strong>tesi <strong>del</strong>l'RNA, e probabilmente <strong>del</strong>le prote<strong>in</strong>e, determ<strong>in</strong>ata come effetto <strong>in</strong>izialeda un idrocarburo cancerogeno a livello <strong>del</strong>le cellule <strong>del</strong>la ghiandola mammaria, lequali possono così proliferare.La stretta dipendenza <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong> cancro mammario da idrocarburi dacomplesse situazioni endocr<strong>in</strong>e è documentata da numerosi dati: la neoplasiacresce più rapidamente durante la gravidanza, regredisce dopo il parto, riprende asvilupparsi nel corso di una successiva gravidanza; la sua crescita è notevolmente<strong>in</strong>fluenzata dall'attività <strong>del</strong>l'ipofisi, <strong>del</strong>le ovaie e dei surreni, e la rimozione ditalighiandole ne determ<strong>in</strong>a una rapida regressione; un tumore <strong>in</strong> regressione <strong>in</strong> unanimale ovariectomizzato riprende a crescere <strong>in</strong> seguito alla somm<strong>in</strong>istrazione diormoni; un tumore regredito per effetto di ovariectomia e ipofisectomia riprende asvilupparsi se nell'animale si <strong>in</strong>nesta un tumore mammotrofico, cioè secernenteprolatt<strong>in</strong>a, ormone <strong>del</strong>la crescita e forse ACTH.L'analisi dei meccanismi con i quali i vari ormoni <strong>in</strong>fluenzano lo sviluppo <strong>del</strong>cancro mammario nel topo ha compiuto negli ultimi anni notevoli progressi.Si deve a E. V. Jensen e H. I. Jacobson (v., 1962) l'importante osservazione chealcuni organi, come utero e vag<strong>in</strong>a, hanno la capacità di concentrare e trattenere il17β- estradiolo marcato; <strong>in</strong> seguito è stato dimostrato che tale caratteristica ècomune a tutti gli organi cosiddetti bersaglio, tra cui pr<strong>in</strong>cipalmente la ghiandolamammaria. Dopo che F. Bresciani e G. A. Puca (v., 1965) e Bresciani e altri (v.,1967, 1969 e 1973) hanno identificato le prote<strong>in</strong>e che legano il 17β-estradiolo, allequali pertanto compete la funzione di recettori, i cancri <strong>del</strong>la mammella sia <strong>del</strong>topo sia <strong>del</strong>la donna possono essere dist<strong>in</strong>ti <strong>in</strong> due categorie: quelli con recettori equelli senza recettori per l'ormone. È stato dimostrato che l'estrogeno reagisce coni recettori proteici <strong>del</strong> citoplasma; qui un enzima proteolitico, attivabile dal calcio,sc<strong>in</strong>de il frammento <strong>del</strong> recettore al quale è fissato l'ormone, questo qu<strong>in</strong>di passanel nucleo e si lega a una prote<strong>in</strong>a basica <strong>del</strong>la cromat<strong>in</strong>a. È probabile che <strong>in</strong> talmodo sia <strong>in</strong>dotta un'attivazione di geni, e qu<strong>in</strong>di s<strong>in</strong>tesi di RNA econseguentemente di prote<strong>in</strong>e, cioè il primo evento <strong>del</strong>la moltiplicazione cellulare.Nella donna è stato possibile dimostrare l'esistenza di una stretta relazione tracancri privi di recettori e <strong>in</strong>sensibilità alla terapia ormonica, mentre notevolmentevariabile è apparsa la risposta a tale trattamento dei cancri provvisti di recettori.9. ConclusioniI progressi realizzati nel corso degli ultimi anni dall'oncologia sperimentale, espostis<strong>in</strong>teticamente <strong>in</strong> questo articolo, hanno consentito importanti acquisizioni sumolti processi biologici abnormi, anche se la conoscenza dei meccanismi che sonoalla base <strong>del</strong> loro svolgersi è ancora parziale.È stato sicuramente accertato che agenti di natura diversa, chimica, fisica,biologica, sono <strong>in</strong> grado di determ<strong>in</strong>are l'<strong>in</strong>sorgenza <strong>del</strong> cancro <strong>in</strong> animali daesperimento. Alcuni di tali agenti sono responsabili <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>sorgenza di determ<strong>in</strong>atitipi di cancro anche nell'uomo: tale è il caso degli idrocarburi cancerogeni,all'azione di alcuni dei quali è da ascrivere il cancro dei lavoratori <strong>del</strong> catrame; deicomposti di anil<strong>in</strong>a, che provocano l'<strong>in</strong>sorgenza di tumori <strong>del</strong>la vescica; <strong>del</strong>leradiazioni ultraviolette, causa di epiteliomi cutanei <strong>in</strong> persone esposte a lungo alleradiazioni solari; dei raggi Röntgen e <strong>del</strong>le radiazioni di corpi radioattivi, <strong>in</strong>ducentitumori <strong>del</strong> tutto comparabili a quelli che con essi si producono sperimentalmentenegli animali.In tal modo, l'oncologia sperimentale ha chiarito, attraverso un'enorme massa diricerche, l'eziologia di alcuni tumori <strong>del</strong>l'uomo, quelli cosiddetti professionali; essaè stata favorita <strong>in</strong> questa ricerca dalla possibilità di identificare <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>atifattori ambientali presumibili agenti carc<strong>in</strong>ogenetici, grazie all'evidenza di unarelazione causa- effetto non riscontrabile nella maggior parte dei tumori che109 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...colpiscono apparentemente a caso l'<strong>in</strong>dividuo o l'organo.Diversa è la situazione per quanto concerne i tumori da virus. Come si è già detto,numerosi virus sono stati def<strong>in</strong>itivamente riconosciuti quali agenti eziologici di varitumori degli animali: il virus di Rous <strong>del</strong> sarcoma <strong>del</strong> pollo, i virus <strong>del</strong>la leucemia<strong>del</strong> pollo, alcuni dei quali correlati con il virus di Rous, i virus <strong>del</strong> complessosarcoma-leucemia <strong>del</strong> topo, il fattore di Bittner <strong>del</strong> cancro mammario <strong>del</strong> topo, ilvirus polioma <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>la parotide e di vari altri organi nel topo, e così moltialtri virus di tumori o leucemie spontanee di altre specie animali. La dimostrazione<strong>del</strong>la contagiosità per tutti questi virus è mancata o è ancora dubbia, con la solaeccezione <strong>del</strong> virus di Lucké <strong>del</strong>l'adenocarc<strong>in</strong>oma <strong>del</strong> rene di rana.Soprattutto le ricerche sui virus oncogeni hanno contribuito <strong>in</strong> notevole misura allostudio <strong>del</strong> meccanismo o dei meccanismi attivi nel trasformare una cellula normale<strong>in</strong> cellula tumorale. Infatti, poiché si conosce con sufficiente approssimazione lacapacità di virus oncogeni molto piccoli di codificare un numero limitato diprote<strong>in</strong>e, è possibile dist<strong>in</strong>guere nella cellula trasformata quanto è da riferire adattività propria <strong>del</strong>la cellula e quanto, <strong>in</strong>vece, a quella <strong>del</strong> virus <strong>in</strong>fettante.Diversa è, <strong>in</strong>vece, la situazione riguardo all'ansiosa domanda se l'eziologia di alcunio di molti o di tutti i tumori umani sia di natura virale. Le numerose ricerche f<strong>in</strong>oraeseguite sia per scoprire al microscopio elettronico forme virali, sia per isolare <strong>in</strong>coltura virus provenienti da tessuti umani, non hanno f<strong>in</strong>ora condotto a risultatiprobativi; si spiega pertanto lo scarso credito che vari studiosi concedono all'ipotesi<strong>del</strong>l'eziologia virale <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong>l'uomo, <strong>in</strong> considerazione anche <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>sorgenzaimprevedibile e <strong>del</strong> tutto casuale <strong>del</strong>la malattia per la quale non è dimostrabile lacontagiosità propria dei processi morbosi sostenuti da un agente <strong>in</strong>fettivo.Peraltro, contro tale scetticismo fa riscontro la conv<strong>in</strong>zione di molti ricercatori, ilcui numero è sensibilmente aumentato negli ultimi anni, <strong>del</strong>l'orig<strong>in</strong>e virale <strong>del</strong>cancro <strong>del</strong>l'uomo, probabilmente di tutte le forme di cancro.L'eziologia virale di due tumori <strong>del</strong>l'uomo, la verruca e il condiloma acum<strong>in</strong>ato, èstata sicuramente dimostrata dalla possibilità <strong>del</strong>la trasmissione diretta <strong>del</strong>lemalattie <strong>in</strong> volontari - <strong>in</strong> genere gli stessi ricercatori. È vero che verruca econdiloma non sono tumori maligni e possono regredire spontaneamente, tuttavianon va dimenticato che alcuni papillomi di animali, come quello di Shope,spontaneamente o <strong>in</strong> risposta ad alcuni stimoli si trasformano <strong>in</strong> cancro; che perazione di idrocarburi cancerogeni si sviluppano papillomi, i quali successivamentesi trasformano <strong>in</strong> carc<strong>in</strong>omi; <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e che, con relativa frequenza, papillomi di alcuniorgani <strong>del</strong>l'uomo, come quello <strong>del</strong>la vescica, si trasformano <strong>in</strong> carc<strong>in</strong>omi.Si tratta pur sempre, <strong>in</strong> ogni caso, di ragionamenti analogici, contrastati dallamancanza di dimostrazioni dirette.Tuttavia, la recente acquisizione che il tumore di Burkitt è dovuto al virus diEpste<strong>in</strong> e Barr, il quale è anche l'agente eziologico <strong>del</strong>la mononucleosi <strong>in</strong>fettiva, harichiamato l'attenzione degli studiosi su alcuni importanti aspetti <strong>del</strong> problema:<strong>in</strong>fatti, non si riesce a porre sicuramente <strong>in</strong> evidenza <strong>in</strong> sezioni ultrasottili allamicroscopia elettronica il virus di Epste<strong>in</strong>-Barr né a coltivarlo, e la sua esistenza èammessa <strong>in</strong> base a criteri immunitari. Questi sono, è vero, criteri <strong>in</strong>diretti, ma ditale enorme specificità da non lasciar dubbi sulla relazione tra il virus checostituisce l'antigene e gli anticorpi presenti nel sangue degli uom<strong>in</strong>i a eccezione diquelli affetti da morbo di Burkitt e da mononucleosi <strong>in</strong>fettiva nelle loro fasi <strong>in</strong>iziali.Non sembrerebbe, dunque, <strong>in</strong>dispensabile per sostenere l'orig<strong>in</strong>e virale di untumore dimostrare la presenza di particelle virali nell'<strong>in</strong>terno <strong>del</strong>le sue cellule néisolare il virus <strong>in</strong> coltura.D'altra parte, le ricerche sui tumori sperimentali da virus hanno messo <strong>in</strong> evidenzache solo di alcuni di essi è possibile la dimostrazione al microscopio elettronico ol'isolamento nelle colture di cellule; <strong>in</strong>vece altri virus, il cui genoma è <strong>in</strong>timamentelegato a quello <strong>del</strong>la cellula ospite, non si riproducono più come tali, ma <strong>in</strong>tegrat<strong>in</strong>ella cellula ne operano la trasformazione maligna, cosicché l'acido nucleico viraleviene trasmesso alle cellule figlie e si perpetua il carattere <strong>del</strong>la malignità.Ancora a sostegno <strong>del</strong>la natura virale dei tumori <strong>del</strong>l'uomo sta la constatazione checellule umane normali sono trasformabili <strong>in</strong> vitro <strong>in</strong> cellule neoplastiche a opera divirus di orig<strong>in</strong>e umana - Adenovirus <strong>in</strong> particolare - o di virus di orig<strong>in</strong>e animale.D'altra parte, sembra difficile pensare che mentre tante specie animali sono110 di 121 23/05/13 11:13


<strong>Neoplasie</strong> <strong>in</strong> <strong>“Enciclopedia</strong> <strong>del</strong> <strong>Novecento”</strong> <strong>–</strong> <strong>Treccani</strong>http://www.treccani.it/enciclopedia/neoplasie_(Enciclopedia...spontaneamente affette da tumori di natura virale, l'uomo ne sarebbe <strong>del</strong> tuttoesente. A tale proposito occorre anche considerare che l'esistenza di alcuni virus <strong>in</strong>grado di <strong>in</strong>durre neoplasie, quale ad esempio quello <strong>del</strong> polioma, fu documentatagrazie a particolari tecniche di ricerca <strong>in</strong> feti o <strong>in</strong> animali appena nati, alle qualifecero poi seguito scoperte di fondamentale importanza che hanno determ<strong>in</strong>ato unnuovo corso nelle ricerche di oncologia sperimentale.Naturalmente, le considerazioni esposte, e varie altre che si omettono, hannovalore relativo, ma allo stato attuale è impossibile non tenerne debito conto.Il problema, già di per sé tanto complesso, si complica ulteriormente se si tenta diesam<strong>in</strong>are la relazione tra agenti chimici e agenti fisici da una parte e virusdall'altra. Esistono realmente tanti agenti cancerogeni con peculiari modalità diazione quanti sono quelli che si conoscono, o piuttosto, come si è già accennato,tutti hanno a bersaglio lo stesso o gli stessi punti <strong>del</strong> metabolismo cellulare? Lapossibilità di <strong>in</strong>durre lo sviluppo di tumori con agenti chimici o fisici ècompletamente <strong>in</strong>dipendente dalla presenza di virus oncogeni, ovvero, come molticredono <strong>in</strong> base a conv<strong>in</strong>centi ricerche, soltanto questi debbono essere considerati iveri effettori <strong>del</strong>la cancerizzazione mentre gli altri agenti cancerogenideterm<strong>in</strong>erebbero l'attivazione di un virus oncogeno per cosi dire latente?È questo non solo uno dei maggiori problemi <strong>del</strong>l'attuale oncologia sperimentale,per motivi di ord<strong>in</strong>e strettamente teorico e speculativo, ma anche di grande<strong>in</strong>teresse umano, perché la conoscenza <strong>del</strong> tipo di molecole, ad esempio virali,<strong>in</strong>teragenti con quelle specifiche <strong>del</strong>la cellula ospite, è presumibile che possarendere più razionale ed efficace la terapia dei tumori.bibliografiaAbercrombie, M., Behaviour of normal and malignant connective tissue cells <strong>in</strong>vitro, <strong>in</strong> ‟Canadian cancer conference", 1961, IV, pp. 101-118.Abercrombie, M., Contact-dependent behavior of normal cells and the possiblesignificance of surface changes <strong>in</strong> virus-<strong>in</strong>duced transformation, <strong>in</strong> ‟Cold Spr<strong>in</strong>gHarbor symposia on quantitative biology", 1962, XXVII, pp. 427-431.Alwens, W., Banke, E. 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