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Nuovi orizzonti per la mediazione interculturale - Integrazione Migranti

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Prefazione92. L’intervento, promosso e finanziato dal<strong>la</strong> Regione Liguria,con il quale si è inteso s<strong>per</strong>imentare nuove modalità o<strong>per</strong>ative<strong>per</strong> <strong>la</strong> fruizione dei servizi di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>, èstato sin dall’inizio rivolto all’individuazione di nuove prospettive<strong>per</strong> i servizi, <strong>per</strong> le mediatrici e i mediatori interculturali, iquali necessitavano di una valorizzazione professionale cheandasse di pari passo con l’acquisizione di competenze interculturalida parte del<strong>la</strong> pubblica amministrazione.La prima scelta è stata quel<strong>la</strong> di avviare un confronto con leProvince liguri, insieme alle quali abbiamo provato ad immaginareun intervento che andasse ad incidere sulle logiche checaratterizzano l’erogazione dei servizi territoriali. A tal fine, èstato istituito un tavolo di <strong>la</strong>voro tecnico, che ha curato un<strong>per</strong>corso di analisi delle caratteristiche e delle criticità del<strong>la</strong><strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> nei rispettivi territori, <strong>per</strong>mettendocidi mettere a fuoco l’obiettivo generale dell’intervento.Diffondere e favorire <strong>la</strong> condivisione dei servizi di <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong> da parte di tutti i soggetti, istituzionali e non,che <strong>la</strong>vorano con l’utenza straniera, è risultato l’obiettivo strategicoa cui puntare <strong>per</strong> ottenere diversi ordini di risultati.In primo luogo, rafforzare il dialogo e <strong>la</strong> coo<strong>per</strong>azione trasoggetti diversi, raggiungendo nel modo più capil<strong>la</strong>re possibilel’intero territorio. In tal senso, favorire <strong>la</strong> continuità del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong> presso i servizi pubblici e privati, significanon solo riconoscerne l’utilità e l’importanza, ma anchesostenere gli enti locali, le istituzioni e i soggetti privati nel<strong>la</strong>programmazione dei propri servizi, immaginando una circo<strong>la</strong>ritàe un <strong>la</strong>voro di rete di cui il mediatore <strong>interculturale</strong> dovrebbedivenire uno dei punti di riferimento. Per questo, abbiamo


10 Prefazionepensato che, nell’ambito del<strong>la</strong> s<strong>per</strong>imentazione, si dovessero attivareaccordi tra i soggetti interessati al<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>che consentissero di ottimizzarne e potenziarne l’utilizzo.A questo aspetto doveva <strong>per</strong>ò necessariamente legarsi l’acquisizionedi conoscenze e competenze interculturali da partedel <strong>per</strong>sonale coinvolto sia nel<strong>la</strong> progettazione, sia nell’erogazionedei servizi destinati all’utenza straniera. Un altro importanteobiettivo era quello di cercare di dare risposte alle problematicheche caratterizzano <strong>la</strong> vita professionale dei mediatori:precarietà, forte mobilità tra i servizi, scarso riconoscimentoprofessionale.Per questo, <strong>la</strong> Regione ha definito <strong>la</strong> figura professionale delMediatore Interculturale e stabilito le modalità dei <strong>per</strong>corsiformativi <strong>per</strong> il conseguimento del<strong>la</strong> qualifica e del<strong>la</strong> specializzazione,individuando anche le modalità <strong>per</strong> il riconoscimentodi crediti formativi <strong>per</strong> quei soggetti che avevano precedentementefrequentato corsi di formazione a tito<strong>la</strong>rità pubblica realizzatisul territorio regionale.In tale processo, <strong>la</strong> Provincia di Genova ha svolto un ruolodi primo piano, sia nel<strong>la</strong> costruzione di un intervento interdisciplinaree partecipato, attraverso <strong>la</strong> realizzazione del progetto“Verso un servizio di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>”, che nel<strong>la</strong> tessituradi solide re<strong>la</strong>zioni di scambio e confronto con altre istituzioni.In questa logica, ha infatti programmato un importantemomento di aggiornamento <strong>per</strong> i mediatori interculturali del<strong>la</strong>regione e <strong>per</strong> le altre figure professionali coinvolte nei processidi <strong>mediazione</strong>, al fine di favorire lo scambio e l’integrazionedelle competenze.La messa a sistema dei servizi dovrebbe favorire l’adozionedi una visione d’insieme nel<strong>la</strong> programmazione degli interventidi <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>, visione che è stata concretamenteadottata dal<strong>la</strong> Provincia di Genova.Sicuramente, si tratta di processi che non si compionodall’oggi al domani e <strong>per</strong> questo sostengo <strong>la</strong> necessità di daresupporto agli interventi che vanno in questa direzione, al finedi favorire l’al<strong>la</strong>rgamento dei soggetti istituzionali coinvolti,dedicando partico<strong>la</strong>re attenzione alle problematiche vissutedalle istituzioni sco<strong>la</strong>stiche liguri, affinché sia possibile costrui-


La Teoria15Mediazione sul territorio tra confronto culturale estrategie del quotidianoGiuliano CarliniLa <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> sul territorio è oggetto da tempodi riflessioni teoriche e ricerche empiriche, da un <strong>la</strong>to, e darealizzazioni con forte contenuto s<strong>per</strong>imentale, dall’altro.Dal momento che il termine territorio, come d’altra parte <strong>la</strong><strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>, appare un termine dai connotati disenso indefiniti e d’uso spesso ambiguo, vogliamo partire innanzituttocon alcune riflessioni esplicative sul senso del terminee i confini del concetto evocato.I conti con <strong>la</strong> concezione “naturalistica” del territorio (quel<strong>la</strong>più diffusa) secondo <strong>la</strong> quale il “territorio” è pensato comeun luogo fisico sul quale diversi soggetti esercitano funzione dicontrollo e di monopolio e, al<strong>la</strong> fine, di sovranità. Diversi soggetti,dunque, dalle istituzioni ai vari modi di concretizzarsidel<strong>la</strong> presenza di quel<strong>la</strong> che viene, abbastanza impropriamente,chiamata “società civile”.Questo modo di concepire il territorio rispecchia l’idea digiurisdizione e ricorda, quindi, che <strong>per</strong> molti il territorio è vistoessenzialmente come istanza di esclusione, anche se occorrerebbeben ricordare che ogni attore sociale (anche il più deprivatoo, come si diceva un tempo, marginalizzato), contribuisceal<strong>la</strong> definizione del territorio.Il vero limite di quel<strong>la</strong> che potremmo chiamare l’immaginetradizionale è che essa privilegia, <strong>per</strong> ciascun territorio, l’aspettopiù visibile, cioè quello istituzionalmente strutturato e oggettivato.I <strong>per</strong>corsi di ricerca empirica tuttavia precisano che nel<strong>la</strong> realtàesistono pluralità di “territori invisibili”, ai vari livelli, che non sononormalmente riconducibili alle coordinate fisico-geografiche.


16 Giuliano CarliniSintetizza bene Brighenti (2009) “se non tutti gli spazi fisicisono territoriali, così non tutti i territori sono spaziali”.Così, fermo restando che non possiamo non tener conto delterritorio-mappa e delle istituzioni-risorsa, preferiamo rifletteresul fatto che una concezione re<strong>la</strong>zionale del territorio apparepiù promettente ai nostri fini.D’altra parte è proprio osservando il <strong>la</strong>to meno visibile diciascun territorio che scopriamo come esso sia costituito daattori sociali che si trovano a coesistere ed interagire nel quotidianocosì che ogni mutamento dei soggetti è di fatto un mutamentodel territorio.Questo richiama quelle situazioni in mutamento, quandolento quando accelerato, indotto sui territori dai fenomeni migratoridi qualsiasi natura.Allora il territorio può meglio essere pensato come tipo diimpegno reciproco tra <strong>per</strong>sone, finalizzato al<strong>la</strong> creazione di sistemidi negoziazione che consentano <strong>la</strong> sopravvivenza nelquotidiano, nello stesso tempo, una forma di narrazione e descrizionedegli impegni reciproci e delle definizioni delle re<strong>la</strong>zioniche i diversi soggetti intendono <strong>per</strong>seguire, attribuirsi oriaffermare.Qualsiasi modalità non solo esplicita, ma anche implicita didefinizione, di narrazione del sé sociale che esiste in re<strong>la</strong>zione aglialtri è, di fatto, un territorio che, rispecchiando il rapporto di forzefra queste re<strong>la</strong>zioni, non esiste tuttavia a prescindere da esse.Anche dove il territorio ha <strong>la</strong> pretesa di presentarsi omogeneoesso è, tuttavia, almeno tanto eterogeneo quanto lo sonol’insieme dei soggetti che lo formano.Ciò premesso, dobbiamo dire che <strong>la</strong> migrazione non riguardasolo un mutamento del<strong>la</strong> distribuzione degli attori nello spazio,ma riguarda in maniera essenziale il mutamento degli attori stessiin quanto soggetti, del loro modo di re<strong>la</strong>zionarsi, delle loroazioni, attraverso una serie di vincoli ad essi imposti dai riferimentidi sfondo e di possibilità che gli attori stessi pongono inessere.Si vedrà nei contributi seguenti che “<strong>la</strong> migrazione rinvia[…] direttamente al<strong>la</strong> capacità o meno di una società di pensarsicome plurale ed eterogenea […] cioè non secondo le essenze,le categorie e i paradigmi” (Colombo).


18 Giuliano CarliniIn ogni caso i legami sociali che si realizzano, quando si realizzano,sul territorio appaiono, nel<strong>la</strong> verifica di medio/lungo <strong>per</strong>iodo,conquiste fragili che richiedono una continua manutenzione.Il territorio è anche, <strong>per</strong> certi aspetti, colonizzazione daparte di concreti attori sociali e implica l’affermazione di potereorganizzato socialmente (in forme anche rituali) dove tuttisono chiamati ad una co-costruzione attraverso <strong>la</strong> condivisionedi codici interpretativi e, soprattutto, attraverso <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong>.Quindi, l’idea di territorio che aiuta il <strong>la</strong>voro di <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong> è quel<strong>la</strong> che non si limita a considerare il territorioun semplice luogo geografico da disegnare a suon di mappespaziali e di dati quantitativi, ma piuttosto quel<strong>la</strong> che si confrontacon l’idea di un processo di costruzione che è certo socio-politicoed economico ma soprattutto sociale, storico (quindi<strong>per</strong> certi aspetti tradizionale) rappresentativo di pulsioni esentimenti e, in definitiva, ideologico.Un’idea di questo tipo del territorio non crea opposizionefra attore e spazio, cerca invece di tracciare corre<strong>la</strong>zioni bidirezionali,non dimenticando che nel<strong>la</strong> realtà attuale gli attori socialisi deterritorializzano e si riterritorializzano in continuazione;entrano nel<strong>la</strong> costituzione, cioè, di nuovi territori e cercanonel contempo di svinco<strong>la</strong>rsi dai vecchi territori.La <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> reale, quindi, si realizza soloparzialmente in luoghi specifici deputati, ma avviene nel complessoaffastel<strong>la</strong>rsi delle re<strong>la</strong>zioni minime che hanno come ambientedi realizzazione i territori, come si è cercato di definirli.Il <strong>la</strong>voro del mediatore <strong>interculturale</strong> sul territorio diventaproprio quello di facilitare il processo di creazione di nuoviterritori (mentre si destruttura l’immagine culturale dei vecchi)e di spostare l’attenzione di tutti gli attori sociali, residenti vecchie nuovi, dall’essenza delle culture immaginate (e contrapposte)e dalle presunte comunità, a concreti territori in sviluppo<strong>per</strong> forza delle strategie di vita poste in essere nei contesticulturali del nostro tempo.Qualsiasi territorio coinvolge un processo di costruzionepolitica che crea eterogeneità spaziale, ma soprattutto sociale;ogni territorio deriva da un preciso progetto politico volto a


Mediazione sul territorio19creare, e a gestire, forme di identità collettiva e, quindi, risorseorganizzative del<strong>la</strong> società e del suo modello base.Non si trova semplicemente un territorio insediandosi su diesso, ma si contribuisce sempre a costruirlo, a dargli <strong>la</strong> formache assumerà: attori diversi avranno una quantità (e qualità)diversa di risorse da utilizzare a questo scopo e, quindi, il territoriosi troverà in una situazione asimmetrica rispetto alle diversevoci e posizioni degli attori sociali.Ai migranti viene <strong>per</strong> lo più negata, a livello teorico, <strong>la</strong> partecipazioneal<strong>la</strong> costituzione dei territori e, a livello politico, ildiritto di farlo.Si preferisce credere a processi di inserimento di nuovi soggettisu territori assolutamente già definiti. Non esistono, <strong>per</strong>ò,territori precostruititi rispetto ai soggetti che li possono abitare<strong>per</strong> cui l’inserimento pensato come passivo, episodico e comunque,poco rilevante, finisce con il trasformarsi in situazionedi oscil<strong>la</strong>zione <strong>per</strong>manente tra esclusione sociale e inclusionesubalterna.In oggi, inoltre, facciamo i conti con una sorta di “deterritorializzazioneselettiva” presente in alcuni ambiti e non in altri,che Portes ed altri definiscono “translocalismo”.Per tornare, in sede conclusiva, sulle situazioni specifichedel<strong>la</strong> città di Genova e del<strong>la</strong> sua provincia, diventa importantefare riferimento ad alcune condizioni di fatto.La prima ci dice che, dal consolidarsi dei flussi migratoriesterni (seconda metà degli anni ’80 e prima metà degli anni’90), un numero crescente di nuovi arrivati non solo ha acquisitoormai stanzialità certa, ma ha anche dato vita a microflussiinterni al<strong>la</strong> città e al<strong>la</strong> provincia, ridistribuendosi sui territori apartire dalle aree di prima concentrazione.Questa trasmigrazione interna è andata di pari passo con ilconsolidarsi delle re<strong>la</strong>zioni di <strong>la</strong>voro, di vita e d’insediamento. Siragiona quindi d’attività divenute, <strong>per</strong> molti, stabili, di case diventatedi proprietà e d’iniziative imprenditoriali (in costante crescita)assolutamente integrate nel tessuto socioeconomico presente.Tutto questo <strong>per</strong> dire che oggi <strong>la</strong> realtà del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong> è, in misura crescente, questione dello strutturarsidi rapporti e di progetti di convivenza che aggrumano resi-


20 Giuliano Carlinidenti originari (o migranti interni da tempo assimi<strong>la</strong>ti) e nuovi,su problemi comuni dettati dalle criticità crescenti caratteristichedelle mutazioni urbane attuali (nuove generazioni, <strong>per</strong>iferie,precariato….), molto più che contrasti dettati da presuntedifferenze di comportamento imputabili alle così dette culturedi origine.Dunque, l’intervento di <strong>mediazione</strong> deve <strong>per</strong>dere ogni connotatodi estemporaneità e muoversi lungo linee programmatealmeno <strong>per</strong> il medio <strong>per</strong>iodo.I contenuti di <strong>mediazione</strong>, come abbiamo appena ricordato,non si limitano a riferimenti di competenza sulle cosiddette“culture di origine”, ma devono scontare confronti con il mutare,anche rapido, degli atteggiamenti culturali diffusi.Impegno, quest’ ultimo, complicato se il riferimento non ènel<strong>la</strong> pratica quotidiana riferita a sistemi di re<strong>la</strong>zioni presentinei territori.Di qui <strong>la</strong> necessità di separare definitivamente le pratiche di<strong>mediazione</strong> dal<strong>la</strong> precarietà (quel<strong>la</strong> professionale degli o<strong>per</strong>atori,ma anche quel<strong>la</strong> del luogo e delle condizioni nelle quali siverifica l’intervento) legata, e determinata, da una concezionedel<strong>la</strong> mobilità spaziale delle <strong>per</strong>sone del tutto al di fuori del<strong>la</strong>realtà verificabile empiricamente e figlia, invece, di atteggiamentidi cultura politica che vedono, e s<strong>per</strong>ano, gli scambi dipopo<strong>la</strong>zione a livello territoriale, come provvisori e comunquelegati al<strong>la</strong> contingenza.Nel<strong>la</strong> prospettiva al<strong>la</strong> quale abbiamo cercato di rifarci, <strong>la</strong><strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> è vista come necessità di lungo <strong>per</strong>iodoe non solo legata alle necessità di <strong>mediazione</strong> fra culturecontingentemente differenziate, ma anche capace di traguardarele trasformazioni culturali imposte dal<strong>la</strong> globalizzazione ancheai residenti di lungo <strong>per</strong>iodo.Questa attenzione può essere attivata solo pensando a servizidi <strong>mediazione</strong> stabili nel tempo e nello spazio, quindi territoriali,capaci di porre in essere reti di rapporti dinamici contutte le realtà che cercano di coordinarsi <strong>per</strong> intervenire a favoredi condizioni di vita <strong>per</strong> pratica e <strong>per</strong> senso accettabili.


Mediazione sul territorio21Riferimenti bibliograficiAime M. (2004) Eccessi di culture, Einaudi, TorinoAppadurai A. (2001) Modernità in polvere, Meltemi Editore, RomaAppadurai A. (2005) Sicuri da morire, Meltemi Editore, RomaBeccatelli Guerrieri G. (2003) Mediare culture. Nuove professionitra comunicazione e intervento, Carocci, RomaBelpiede A. (2002) (a cura di), Mediazione culturale. Es<strong>per</strong>ienze e<strong>per</strong>corsi formativi, UTET Libreria, TorinoBeneduce R. (2005) La terza sponda del fiume. Un approccio antropologicoal<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> culturale, in Adinolfi F. (a cura di), La<strong>mediazione</strong> culturale. Tra l’estraneo e il familiare, Franco Angeli,Mi<strong>la</strong>no, pp. 39-72Brighenti A.M. (2009) Territori migranti, Ombre Corte, VeronaCarlini G., Cormagi C. (2001) (a cura di), Luoghi e non luoghidell’incontro. Problematiche dell’esclusione e del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> culturale,COEDIT, GenovaCarlini G., Petrillo A. (1998) Mediatori culturali, Provincia diGenova, Genova (cicl.)Favaro G., Fumagalli M. (2004) Capirsi diversi. Idee pratiche di<strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>, Carocci, RomaCastells M. (2003) Il potere delle identità, Università Bocconi,Mi<strong>la</strong>noColombo E., Semi G. (2007) (a cura di), Multiculturalismo quotidiano,Franco Angeli, Mi<strong>la</strong>noDaniele G. (2007) (a cura di), Sul crinale, Coop Tipograf, SavonaDaniele G. (2005) Da imbuto a niçoise, Coedital, GenovaDemetrio D., Favaro G. (2004) Didattica <strong>interculturale</strong>. <strong>Nuovi</strong>sguardi competenze e <strong>per</strong>corsi, Franco Angeli, Mi<strong>la</strong>noGuerci A. (2007) Dall’atropologia all’antropopoiesi: breve saggiosulle rappresentazioni e costruzioni del<strong>la</strong> variabilità umana, CristianLucisano, Mi<strong>la</strong>no


22 Giuliano CarliniLongoni L. (2008) (a cura di), Multiculturale a chi? Le aspettativeculturali degli immigrati, Fratelli Frilli, GenovaLuatti L. (2006) At<strong>la</strong>nte del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> linguistico culturale,Franco Angeli, Mi<strong>la</strong>noPaone S. (2008) Città in frantumi, Franco Angeli, Mi<strong>la</strong>noPetilli S., Pittau F., Mellina C., Pennacchiotti C. (2004) (a cura di),Mediatori interculturali. Un’es<strong>per</strong>ienza formativa, Sinnos, RomaPetrillo A. (2005) Identità urbane in trasformazione, Coedit, GenovaQueirolo L. (2010) At<strong>la</strong>ntico <strong>la</strong>tino: gang giovanili e culture transnazionali,Carrocci, RomaRiccio B. Vil<strong>la</strong>no P. (2008) Culture e mediazioni, Il Mulino, Bologna


La Teoria23Figli di migranti in Italia: una presenza che trasforma<strong>la</strong> societàEnzo ColomboNonostante <strong>la</strong> presenza di giovani figli di migranti sia unacondizione strutturale – cioè duratura e caratterizzante – del<strong>la</strong>società italiana, il livello di riflessione pubblica sulle implicazionidi tale presenza appare ancora molto frammentato, spessoarroccato su posizioni preconcette, eccessivamente legato aepisodi di cronaca. Par<strong>la</strong>re di immigrazione significa spesso,nel discorso mediatico, politico e di senso comune, par<strong>la</strong>re diinsicurezza, devianza, marginalità, dissoluzione del legame comunitario.Pervade <strong>la</strong> discussione un diffuso “panico morale”che rende l’immigrato sinonimo di problema sociale.Ciò è in a<strong>per</strong>to contrasto con molta parte dell’es<strong>per</strong>ienzaquotidiana che ci vede ormai in costante re<strong>la</strong>zione con “stranieri”senza che ciò comporti minacce o difficoltà partico<strong>la</strong>ri. Ladistorsione del dibattito pubblico è ancora più evidente se siriflette sui figli di immigrati che frequentano le scuole italiane.Piuttosto che costituire esempi di “marginalità” e “devianza”,rappresentano attori centrali del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> contemporanea. Èinfatti difficile, soprattutto nelle scuole del Nord Italia, trovarec<strong>la</strong>ssi dove non ci siano alunni “stranieri”. Sempre più, questi“stranieri” (o “nuovi italiani” come sarebbe più corretto identificarli)intrattengono re<strong>la</strong>zioni e amicizie con gli “autoctoni”,chiedono di partecipare al<strong>la</strong> vita comune – frequentano oratori,centri educativi e sportivi, si vestono e par<strong>la</strong>no allo stesso mododei loro compagni, hanno i medesimi sogni e i medesimi progetti<strong>per</strong> il futuro.Sarebbe allora forse utile, anche facendo tesoro di ciò che èavvenuto e avviene in altre nazioni occidentali, evitare almeno


24 Enzo Colombotre semplificazioni che pesano sul dibattito re<strong>la</strong>tivo al<strong>la</strong> presenzadi “nuovi italiani” nel<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> e più in generale nel<strong>la</strong> nostrasocietà.I. Non riconoscere <strong>la</strong> presenza di “nuovi italiani”Il primo scoglio mi sembra costituito dal<strong>la</strong> tendenza a ignorare<strong>la</strong> presenza o <strong>la</strong> specificità dei giovani figli di migranti. Èquesta <strong>la</strong> posizione di gran parte del dibattito pubblico e politicoitaliano contemporaneo. I figli di immigrati non costituisconoun problema specifico sia <strong>per</strong>ché vengono completamenteignorati da una discussione ossessivamente limitata al temadell’emergenza, del<strong>la</strong> migrazione c<strong>la</strong>ndestina e del<strong>la</strong> sicurezza,sia <strong>per</strong>ché si ritiene inevitabile un <strong>per</strong>corso di assimi<strong>la</strong>zione.Mentre <strong>la</strong> prima generazione di immigrati crea “problemi”<strong>per</strong>ché non conosce <strong>la</strong> lingua, le abitudini e le leggi del paese diimmigrazione, rimane rigidamente ancorata alle tradizioni del<strong>la</strong>società di provenienza e non è interessata a una piena integrazione<strong>per</strong>ché non si libera mai completamente del mito del ritornoal luogo di origine, si ritiene che i loro figli, crescendo inItalia, frequentando <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> e gli amici italiani, acquisirannocompetenze maggiori, attenuando <strong>la</strong> loro “differenza”. Le terzee le quarte generazioni saranno ancora meno visibili e menodiverse dai cittadini autoctoni.Nel<strong>la</strong> prospettiva assimi<strong>la</strong>zionista, il processo ha una suainevitabilità, richiede unicamente tempo e un livello minimo disforzo collettivo <strong>per</strong>ché l’inclusione non trovi eccessivi ostacoli.In questa logica, politiche specifiche servono <strong>per</strong> far fronte al<strong>la</strong>presenza di primo-migranti ma non trovano giustificazione néutilità <strong>per</strong> i loro figli. Si tratta di arginare l’emergenza iniziale,poi tutto si assesterà in un processo di dissoluzione completadei figli dei migranti nel<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse media autoctona.Se ciò è stato vero, forse, in anni passati durante il <strong>per</strong>iododel<strong>la</strong> migrazione fordista, oggi l’es<strong>per</strong>ienze di molti paesi occidentalie le ricerche disponibili non consentono di dare moltocredito a questo scenario. Le seconde e le terze generazioni diimmigrati non “scompaiono”, al contrario evidenziano alcuneloro specificità e pongono questioni di riconoscimento specifi-


Figli di migranti in Italia: una presenza che trasforma <strong>la</strong> società25che. I figli dei migranti chiedono contemporaneamente maggioreinclusione – cittadinanza, parità di opportunità, riconoscimentodel loro essere “italiani”, parte attiva del<strong>la</strong> società incui vivono –, possibilità di paro<strong>la</strong> – concessione del diritto divoto, possibilità di far contare <strong>la</strong> loro voce e i loro interessi – eun chiaro riconoscimento del<strong>la</strong> loro storia familiare – voglionoessere riconosciuti e accettati anche <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro specificità, <strong>per</strong><strong>la</strong> partico<strong>la</strong>re storia delle loro famiglie, <strong>per</strong> le tradizioni a cuiritengono di non dover rinunciare (Colombo, Domaneschi,Marchetti 2009).Le evidenze attuali mostrano che i figli dei migranti trasformanole società occidentali, piuttosto che adattarsi a esse senzamodificarle.La scuo<strong>la</strong> e <strong>la</strong> cittadinanza sono due esempi evidenti di comei figli di migranti sappiano fungere da specchio: mettono inevidenza i limiti delle società di accoglienza e amplificano letensioni e le trasformazioni che le attraversano (Sayad 2002).La loro presenza modifica in modo profondo e duraturo <strong>la</strong>scuo<strong>la</strong>, riproponendo in termini nuovi l’insegnamento del<strong>la</strong>lingua italiana, evidenziando <strong>la</strong> necessità dello sviluppo del<strong>la</strong>competenza di apprendere ad apprendere, segna<strong>la</strong>ndo <strong>la</strong> necessitàdi accompagnare le nuove generazioni nello sviluppo diun insieme artico<strong>la</strong>to, ma non caotico, di codici differenziati dacui attingere in modo diverso, in situazioni diverse e <strong>per</strong> scopidiversi, attrezzandole adeguatamente a convivere rispettando leinevitabili differenze (Besozzi, Colombo, Santagati 2009).La presenza di figli di immigrati nati in Italia modifica inoltrel’idea di cittadinanza e di appartenenza nazionale evidenziandoil legame contraddittorio che lega l’appartenenza a unacomunità politica – che si immagina come “naturale”, uniformee immutabile – al<strong>la</strong> tute<strong>la</strong> dei diritti individuali e collettivi. Modifical’idea di appartenenza nazionale e di identificazione collettivaevidenziandone il carattere plurale e mobile. Costringe aripensare termini quali inclusione/esclusione, appartenenza,valori nazionali, solidarietà (Colombo 2009). La cittadinanzabasata sul<strong>la</strong> so<strong>la</strong> parente<strong>la</strong> – sullo ius sanguinis – appare semprepiù inadeguata <strong>per</strong> rendere conto di una comunità sociale formatada <strong>per</strong>sone che pur avendo storie familiari e background


26 Enzo Colomboculturali differenziati si trovano a condividere il medesimo spaziosociale, <strong>per</strong>sone che rifiutano rigide categorizzazioni ascrittee rivendicano <strong>la</strong> possibilità di mettere a frutto le proprie capacitàsenza discriminazioni o handicap ingiustificati.Si tratta di giovani che non vogliono essere riconosciuti nécome unicamente “uguali” né come unicamente “diversi” rispettoai loro compagni “autoctoni”. Mettono in discussioneche l’appartenenza nazionale possa essere riservata solo a chi ha“sangue” o “tradizioni” di un certo tipo, ma mettono in discussioneanche che essere italiani significhi qualcosa di unitario, diuniforme e di stabile. Evidenziano come al trasformasi del<strong>la</strong>società si modifichi il senso dell’appartenenza, mettendo così inrilievo i possibili diversi strati che compongono <strong>la</strong> cittadinanza.Quest’ultima non vede più una corrispondenza necessaria eunivoca tra riconoscimento dei diritti individuali (civili, politicie sociali) e identificazione con un’unica appartenenza nazionale.I primi sono rivendicati su base universalistica come elementinecessari <strong>per</strong> una piena realizzazione <strong>per</strong>sonale, <strong>la</strong> seconda èvista come un’opzione a<strong>per</strong>ta, condizionata, definibile in basealle situazioni, ai pubblici e agli obiettivi.II. Enfatizzare eccessivamente <strong>la</strong> differenza dei figli dei migrantiUn secondo scoglio che sarebbe utile evitare consiste nelconsiderare questi giovani legati in modo meccanico al<strong>la</strong> primagenerazione. Presumere, cioè, che siano definiti da una presunta“differenza”, che si lega in modo automatico all’es<strong>per</strong>ienzamigratoria dei loro genitori e che li allontana in modo significativodai loro coetanei “autoctoni”. Essere figli di immigrati noncostituisce che un aspetto dell’es<strong>per</strong>ienza quotidiana di questigiovani. Un aspetto limitato a contesti specifici e spesso fruttodi stereotipi ed etichette negative imposte dall’esterno più cherisultato di scelte desiderate e consapevoli (Leonini, Rebughini2010).Le ricerche disponibili evidenziano che i giovani figli diimmigrati sono prima di tutto giovani, cioè condividono con iloro coetanei gran parte dello stile di vita, delle scelte di consu-


Figli di migranti in Italia: una presenza che trasforma <strong>la</strong> società27mo e di utilizzo del tempo libero, dei sogni e delle aspirazioni <strong>per</strong>il futuro (Dal<strong>la</strong> Zuanna, Farina, Strozza 2009; Colombo 2010).Più che essere “diversi”, i figli dei migranti sembrano essere“esemp<strong>la</strong>ri” delle condizioni peculiari dei giovani d’oggi. Lecaratteristiche che sembravano accompagnare <strong>la</strong> collocazione“marginale” dei figli di migranti – eternamente sospesi tra dueculture, confusi ed incerti tra modelli, valori e interpretazioniculturali diversificati, spesso contraddittori, destinati a <strong>per</strong>ennecrisi – appaiono oggi, sempre più, condizione comune degliindividui moderni. I giovani metropolitani contemporanei, nonimporta in quale parte del globo siano nati o in quale città sitrovino a vivere, vengono descritti come immersi in uno spaziodi consumo e di identificazione che trascende i confini del locale;il bilinguismo viene considerato uno strumento utile, senon necessario, <strong>per</strong> il successo professionale; <strong>la</strong> capacità diadattarsi su<strong>per</strong>ando le identificazioni eccessivamente rigide ègiudicata una competenza pregiata <strong>per</strong> avere successo in unmondo sempre più flessibile; <strong>la</strong> capacità di muoversi entro contestidifferenziati sapendo cogliere quali regole sono ritenutevalide al suo interno costituisce un prerequisito necessario <strong>per</strong>gestire l’es<strong>per</strong>ienza continua di multi-locazione.La necessità di vivere “sospesi” tra due o più mondi, di acquisirecodici differenziati che possono essere usati in contestidifferenti, di passare continuamente da un mondo all’altrocomprendendone le regole ed evitando di trovarsi esclusi, piuttostoche rappresentare momenti critici, sembrano costituirenecessità/capacità delle nuove generazioni. Quest’ultime nonsembrano infatti potersi sottrarre al<strong>la</strong> necessità di svilupparedifferenti competenze linguistiche di alto livello, di sa<strong>per</strong>simuovere con <strong>per</strong>izia in contesti di interazione e di vita diversi,in cui valgono aspettative e regole diverse, in cui è necessarioimparare a convivere rispettando le reciproche differenze (Melucci2001; Colombo 2002).Da questo punto di vista, i figli dei migranti costituiscono unaparte di una più generale nuova generazione di ragazze e di ragazziabituati a vivere in contesti globali, mutevoli, spesso incerti.La loro differenza nei confronti dei coetanei “autoctoni” risulta“di grado”, “re<strong>la</strong>tiva”, piuttosto che “sostanziale”.


28 Enzo ColomboInsistere sul<strong>la</strong> distinzione tra giovani figli di immigrati e igiovani autoctoni rischia di avvalorare in forma acritica l’ideache esista tra loro una “differenza sostanziale” che questa differenzasia legata a una presunta appartenenza etnica o nazionaleo a un’es<strong>per</strong>ienza migratoria dei genitori che, raramente, iloro figli hanno vissuto in prima <strong>per</strong>sona. Ancor più di quantoavvenga <strong>per</strong> il termine immigrato, è necessario mantenere unafinestra riflessiva e critica che sottolinei che <strong>la</strong> categoria di “figlidi immigrati” non deriva da dimensioni oggettive, stabili e definite,di cui questi giovani sarebbero portatori, ma è, piuttosto,un concetto analitico che segna<strong>la</strong> una partico<strong>la</strong>re “posizionesociale”, risultato di una serie di re<strong>la</strong>zioni che includono tantoi giovani figli di immigrati quanto <strong>la</strong> società “autoctona”; unconcetto che evidenzia una partico<strong>la</strong>re modalità di attribuzionedi senso al<strong>la</strong> realtà sociale che ritiene significativa una distinzionebasata sull’origine nazionale o etnica degli individui, contribuendoa crear<strong>la</strong>, confermar<strong>la</strong> e render<strong>la</strong> fonte p<strong>la</strong>usibile dispiegazione del<strong>la</strong> realtà sociale.Inserire l’osservazione dei giovani figli di immigrati in unpiù ampio contesto di trasformazione globale consente, da un<strong>la</strong>to, di evidenziare <strong>la</strong> “normalità” dei figli di migranti, evitandoletture eccessivamente appiattite sul<strong>la</strong> dimensione del<strong>la</strong> “difficoltà”e del<strong>la</strong> devianza, dall’altro di segna<strong>la</strong>re che se esiste unadifferenza tra questi giovani e i loro coetanei che non hannoun’es<strong>per</strong>ienza familiare diretta del<strong>la</strong> migrazione, tale differenzaè data dal fatto che i primi sono spesso nel<strong>la</strong> condizione dis<strong>per</strong>imentare le trasformazioni indotte dai processi di globalizzazionein forma anticipata e più intensa.I giovani figli di migranti – <strong>per</strong>lomeno quelli tra loro chehanno a disposizioni maggiori risorse familiari, culturali e sociali,che investono in modo forte sul<strong>la</strong> loro educazione su<strong>per</strong>ioree sul loro successo professionale – possono essere visticome coloro che «“par<strong>la</strong>no avanti”, annunciano ciò che si staformando senza che ancora ne sia chiara <strong>la</strong> direzione e lucida <strong>la</strong>coscienza» (Melucci 1982, p. 7). Non si tratta di favorireun’esaltazione acritica di ciò che viene prodotto, né di abbracciareuna visione irenica che occulta <strong>la</strong> dimensione del conflitto,ma di proporre uno sguardo analitico che individui i proces-


Figli di migranti in Italia: una presenza che trasforma <strong>la</strong> società29si sociali e di identificazione attivati da questi giovani come“luogo significativo e privilegiato” di produzione di nuovi codici(non necessariamente migliori, democratici, fautori diconvivenze pacifiche, esenti da nuove potenziali linee di discriminazione).III. Considerare i figli dei migranti una categoria omogeneaUn terzo scoglio consiste nel considerare <strong>la</strong> categoria di “figlidi immigrati” come omogenea, capace di indicare un insiemespecifico e ben definito di soggetti, capace di descrivere effettivistati del<strong>la</strong> realtà. Uno sguardo più ravvicinato a questi giovanievidenzia piuttosto come essi si dimostrino non solo molto diversidai loro genitori, ma anche molto diversi tra di loro.Innanzi tutto fa differenza l’età di arrivo in Italia. Esserenati in Italia o esservi arrivati in tenera età, comunque frequentandoqui l’intero ciclo di formazione sco<strong>la</strong>stica definisce condizionied es<strong>per</strong>ienze completamente diverse da chi arriva comeadolescente e deve inserirsi in un contesto ampiamentenuovo in un’età già di <strong>per</strong> sé delicata e carica di straformazioniche è necessario apprendere a gestire adeguatamente.Anche il genere fa differenza. Essere ragazzi o ragazze puòstrutturare <strong>per</strong>corsi di inserimento e modalità di accettazionediverse. Le aspettative delle famiglie, lo sguardo del<strong>la</strong> societàospitante, l’atteggiamento degli insegnanti e dei compagni dic<strong>la</strong>sse varia al variare del genere e può sia facilitare sia complicarele forme di integrazione.La condizione economica del<strong>la</strong> famiglia costituisce un ulterioreelemento fondamentale di differenziazione. Sebbene le ricerchesui risultati sco<strong>la</strong>stici dei figli di migranti in Italia evidenzino<strong>per</strong>corsi accidentati, spesso caratterizzati da ritardi, bocciature eda risultati peggiori rispetto ai loro coetanei “autoctoni”, quandoquesti esiti sono valutati mantenendo eguali le condizioni sociali<strong>la</strong> disparità si riduce, fino a mostrare un’inversione di segno: spessosono i figli di immigrati a mostrare maggiore impegno e miglioririsultati di quanto non facciano i loro coetanei “autoctoni”nelle medesime condizioni economiche e sociali (Favaro, Napoli2004; Queirolo Palmas 2006; Ravecca 2009).


30 Enzo ColomboUno dei fattori comunque più significativi sembra rappresentatodal capitale culturale del<strong>la</strong> famiglia. Genitori con buonaformazione culturale sono generalmente in grado di mantenereun legame con i figli che massimizza sia <strong>la</strong> capacità dicontrollo sia lo stimolo all’autonomia. Da un <strong>la</strong>to, sanno trasmettereai figli un elevato grado di rispetto <strong>per</strong> <strong>la</strong> storia familiare,coinvolgendoli in obiettivi di successo che implicano unsenso di riconoscenza <strong>per</strong> i sacrifici dei genitori e stimo<strong>la</strong>ndolia un impegno sco<strong>la</strong>stico maggiore <strong>per</strong> non deludere le aspettativeposte sul loro futuro. Dall’altro, stimo<strong>la</strong>no l’a<strong>per</strong>tura e ilconfronto con <strong>la</strong> società italiana, consci che il futuro dei lorofigli si gioca in Italia e consapevoli delle mancanze nei paesi diorigine che hanno motivato <strong>la</strong> migrazione e rendono improbabileil ritorno.A questi fattori si aggiungono caratteri contingenti, come ilcontesto locale e sco<strong>la</strong>stico in cui si trovano inseriti, le es<strong>per</strong>ienze<strong>per</strong>sonali, i singoli incontri significativi del<strong>la</strong> loro vita, dentroe fuori <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>.Nel complesso è sempre più evidente che <strong>la</strong> categoria “figlidi immigrati” è una semplificazione eccessiva, costruita <strong>per</strong>scopi analitici o come scorciatoia comunicativa, ma che nonindica un fenomeno concreto, caratterizzato da tratti distintividefiniti. La realtà richiede molta più pazienza, capacità di distinzionee di analisi.Bi<strong>la</strong>nciando continuità e mutamento, eguaglianza e differenzaMolti degli studi a disposizione insistono sulle capacità diazione dei giovani figli di migranti nel<strong>la</strong> loro ricerca di <strong>per</strong>corsidi autonomia; ne sottolineano l’impegno nel definire sia un lorospazio all’interno del<strong>la</strong> società entro cui si trovano a crescere edal<strong>la</strong> quale non vogliono essere esclusi, sia una loro collocazione,spesso critica, all’interno delle abitudini familiari e delletradizioni religiose o etniche dei loro genitori. Ad esempio,Chantal Saint-B<strong>la</strong>ncat (2004) o Annalisa Frisina (2007) evidenzianocome i giovani figli di migranti di religione is<strong>la</strong>mica sappianoutilizzare in modo attivo <strong>la</strong> dimensione religiosa sia <strong>per</strong>avanzare richieste politiche di riconoscimento nei confronti


Figli di migranti in Italia: una presenza che trasforma <strong>la</strong> società31del<strong>la</strong> società in cui vivono sia <strong>per</strong> opporre resistenza verso leconcezioni dei genitori e del<strong>la</strong> loro comunità nazionale rispettoai rapporti di genere, ai modelli di re<strong>la</strong>zioni e di comando all’internodel<strong>la</strong> famiglia, allo spazio di libertà concesso ai figli.Molto spesso i giovani di seconda generazione sviluppano <strong>la</strong>capacità di un continuo movimento oscil<strong>la</strong>torio tra il mantenimentodei legami famigliari e <strong>la</strong> contestazione degli aspetti cheritengono più restrittivi, retrogradi o semplicemente inadeguati.Tradizione e trasformazione rappresentano due poli maicompletamente eliminabili, entro i quali è importante impararea “giocare” <strong>per</strong> non sprecare opportunità e <strong>per</strong> non <strong>per</strong>dereimportanti riferimenti.Movimento oscil<strong>la</strong>torio che caratterizza anche <strong>la</strong> distinzionetra i poli dell’eguaglianza e del<strong>la</strong> differenza. La differenza culturalediviene qualcosa da utilizzare se è in grado di produrrevantaggi e di ampliare le opzioni, ma viene vissuta come unpeso e una costrizione se è solo un’etichetta imposta dall’esternoche produce esclusione e discriminazione. Ciò evidenziacome <strong>la</strong> differenza possa essere utilizzata sia come una tatticaquotidiana (de Certeau 2001) di inclusione o di resistenza al<strong>la</strong>discriminazione (usando<strong>la</strong> o negando<strong>la</strong> <strong>per</strong> costruire confiniadeguati agli obiettivi contestuali o <strong>per</strong> contestare quelli esistenti),sia come una strategia di ascesa sociale (ad esempio diventandomediatori culturali).La differenza non è qualcosa che i figli di migranti “possiedono”o si “portano sulle spalle”, ma piuttosto una dimensionesignificativa che può essere utilizzata – od occultata – in base aprecise esigenze contestuali o agli obiettivi che si intendonoraggiungere. In questa logica, <strong>la</strong> “differenza” e l’inclusione nonsono caratterizzabili in modo statico e definitivo, ma assumonoil valore di vincolo e di risorsa a cui attingere o con cui confrontarsia seconda delle situazioni e dei contesti. I figli di migranti nonsono quindi “definiti” dal<strong>la</strong> loro differenza, ma ne sono piuttostodegli utilizzatori accorti, pur s<strong>per</strong>imentandone anche il caratterevinco<strong>la</strong>nte e, spesso, discriminante (Colombo, Semi 2007).Lo stesso vale <strong>per</strong> l’eguaglianza. Viene chiaramente rivendicataquando apre spazi di inclusione e di partecipazione, vienevista criticamente quando si riduce a una richiesta di assimi<strong>la</strong>-


32 Enzo Colombozione e omologazione ai modelli del<strong>la</strong> maggioranza.L’immagine complessiva che emerge è quel<strong>la</strong> di una nuova generazionedi italiani che sfugge a categorizzazioni precise mache evidenzia <strong>la</strong> capacità di navigare tra le differenze, di unireil locale e il globale ampliando le opzioni e ponendo le basi <strong>per</strong>una profonda trasformazione dell’intera società.Riferimenti bibliograficiBesozzi E., Colombo M., Santagati M. (2009) Giovani stranieri,nuovi cittadini. Le strategie di una generazione ponte, Franco Angeli,Mi<strong>la</strong>no.Colombo E. (2002) Le società multiculturali, Carocci, Roma.Colombo E. (2009) Oltre <strong>la</strong> cittadinanza multiculturale. La rappresentazionedei diritti, dei doveri e delle appartenenze tra alcunigiovani delle scuole su<strong>per</strong>iori, «Rassegna italiana di sociologia», 50,3, pp. 433-461.Colombo E. (2010) (a cura di) Figli di migranti in Italia: identificazioni,re<strong>la</strong>zioni, pratiche, Utet, Torino.Colombo E., Domaneschi L., Marchetti C. (2009) Una nuova generazionedi italiani. L’idea di cittadinanza tra i giovani figli di immigrati,Franco Angeli, Mi<strong>la</strong>no.Colombo E., Semi G. (2007) Multiculturalismo quotidiano. Le pratichedel<strong>la</strong> differenza, Franco Angeli, Mi<strong>la</strong>no.Dal<strong>la</strong> Zuanna G., Farina P., Strozza S. (2009) <strong>Nuovi</strong> italiani. Igiovani immigrati cambieranno il nostro paese?, Il Mulino, Bologna.De Certeau M. (2001) L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro,Roma.Favaro, G., Napoli, M. (2004) (a cura di) Ragazze e ragazzi nel<strong>la</strong>migrazione. Adolescenti stranieri: identità, racconti, progetti, Guerini,Mi<strong>la</strong>no.Frisina A. (2007) Giovani musulmani d’Italia, Carocci, Roma.


Figli di migranti in Italia: una presenza che trasforma <strong>la</strong> società33Leonini, L., Rebughini P. (2010) Legami di nuova generazione, IlMulino, Bologna.Melucci A. (1982) L’invenzione del presente, Il Mulino, Bologna.Melucci A. (2000) Culture in gioco, Il Saggiatore, Mi<strong>la</strong>no.Queirolo Palmas L. (2006) Prove di seconde generazioni. Giovanidi origine immigrata tra scuo<strong>la</strong> e spazi urbani, Franco Angeli,Mi<strong>la</strong>no.Ravecca A. (2009) Studiare nonostante. Capitale sociale e successosco<strong>la</strong>stico degli studenti di origine immigrata nel<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> su<strong>per</strong>iore,Franco Angeli, Mi<strong>la</strong>no.Saint-B<strong>la</strong>ncat, C. (2004) La transmission de l’is<strong>la</strong>m auprès desnouvelles générations de <strong>la</strong> diaspora, in «Social Compass», 51, 2,pp. 235-247.Sayad A. (2002) La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato allesofferenze dell’immigrato, Raffaello Cortina, Mi<strong>la</strong>no.


La Teoria35Rappresentare, mediare e negoziare. 1Bruno RiccioPer molto tempo l’antropologia sociale e culturale haespresso una certa diffidenza nei confronti del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>culturale e dell’idea di cultura sottostante a questa pratica. Conl’accresciuta consapevolezza delle possibilità e delle strategiecon le quali il concetto di cultura può essere usato <strong>per</strong> fini politici,“gli antropologi sono più restii a par<strong>la</strong>re di ‘culture’ inmaniera acritica, come entità definibili” (Herzfeld 2006, pp.58-59). Più precisamente, si obbietta che “ogni tentativo diidentificare i gruppi […] ha l’effetto di contrastare i processinaturali di aggiustamento delle differenze […] <strong>per</strong>ché le differenzetra gli attori non sono <strong>per</strong>cepite da questi ultimi in terminiassoluti” (Amselle 1999, p. 38).L’ironia del<strong>la</strong> sorte ha voluto che, nel passato, fossero propriogli antropologi a contribuire ad una visione del<strong>la</strong> culturacome un insieme dai confini delimitati e immutabili in cui lecaratteristiche di comunanza e condivisione fossero dominantirispetto alle differenze interne ai gruppi e alle comunità.L’obiettivo era quello di concedere a tutti i popoli dignità culturale.Finalità, quest’ultima, che al<strong>la</strong> fine del XIX secolo rappresentavagià una visione rivoluzionaria rispetto al pensieroim<strong>per</strong>ialista e razzista che dominava le borghesie europee. Oggiquesta visione di cultura come insieme omogeneo e definitodi caratteri valoriali e comportamentali sembra diffusa nel sensocomune e si riscontra spesso nei rapporti quotidiani. Più<strong>per</strong>versamente, è questa concezione che spesso essenzializza ledifferenze <strong>per</strong> legittimare le disuguaglianze che sono così natura-1 Questo contributo attinge dai capitoli 6 e 7 di Vil<strong>la</strong>no Riccio 2008.


36 Bruno Ricciolizzate in favore di quello che viene ormai, da più voci, definitocome “fondamentalismo culturale” (Stolcke, 2000) o nuovo“razzismo debiologizzato” e “differenzialista” (Rivera 2003).Per quanto concerne le retoriche e gli atteggiamenti neiconfronti dell’immigrazione, si tratta di un tipo di strategia discorsivache nega e, contemporaneamente, costruisce simbolicamente<strong>la</strong> sua opposizione nei confronti dei migranti attraversoargomentazioni emergenti dal senso comune, quali il desideriodi regole chiare, l’anelito a legge ed ordine, <strong>la</strong> difesa di interessieconomici nazionali o locali e quel<strong>la</strong> di interessi politiciautoctoni, legittimando così <strong>la</strong> diffusa ostilità verso una convivenzamulticulturale come naturale espressione di difesa delproprio territorio (Riccio 2007; 2008). Contro questa tendenza,è sempre opportuno ricordare che sono le <strong>per</strong>sone che si incontranoe si scontrano, non tanto le culture (Aime 2004). L’evocazionedi una cultura astratta viene utilizzata <strong>per</strong> disegnareconfini, a volte con un linguaggio morale, tra un “noi” ed un“loro”, e <strong>per</strong> forgiare ideologie che invocano, pretendendo inmodo retorico di scongiurar<strong>la</strong>, una sorta di “inconmensurabilitàculturale” che naturalizza <strong>la</strong> distribuzione diseguale delle risorsea livello locale, come lo scontro di civiltà a livello globale.Seguendo i cambiamenti storici del dopoguerra (decolonizzazione,urbanizzazione, migrazioni), le scienze etno-antropologichehanno formu<strong>la</strong>to definizioni sempre più processuali edinamiche del<strong>la</strong> cultura. La cultura è stata pensata sempre menocome complesso unitario e sempre più come un processodifferenziato al suo interno e in costante movimento di ricomposizionee contaminazione (Matera 2008). L’identità culturaleviene ora pensata non solo come “essere” ma anche come “divenire”,come appartenente tanto al futuro quanto al passato.L’identità culturale in quest’ottica non è considerata come unelemento naturale scollegato dal tempo e dallo spazio. In quantostoricamente fondata, essa è in continua trasformazione,muta seguendo il <strong>per</strong>corso storico e le es<strong>per</strong>ienze delle collettivitàe delle individualità (Cal<strong>la</strong>ri Galli 2005).In questa sede terremo conto dei rilievi critici sopra menzionatie, con l’aiuto di alcuni esempi e testimonianze emergentida alcune ricerche sociali sui servizi rivolti agli immigrati nel<strong>la</strong>


Rappresentare, mediare e negoziare37Regione Emilia Romagna (Riccio 2008), 2 mostreremo il fortebisogno di <strong>mediazione</strong> culturale nei servizi, che viene ribaditoda più voci e, contemporaneamente, le ambivalenze che caratterizzanoil ruolo del mediatore agli occhi sia degli o<strong>per</strong>atoriche degli stessi migranti. Inoltre, cercheremo di evidenziare lericadute o<strong>per</strong>ative e pratiche di alcune difficoltà connesse alfenomeno del<strong>la</strong> rappresentanza/rappresentazione e ai moltepliciparadossi che circondano <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> culturale.Rappresentanza/rappresentazioneSe si desidera cogliere appieno il senso critico delle obbiezioniantropologiche al culturalismo sottostante <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>culturale, può rive<strong>la</strong>rsi opportuno addentrarci in quei dilemmiche le molteplici funzioni del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> comportano. Ininglese, si può giocare sul doppio senso del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> representation,traducibile sia con il termine “rappresentazione” che con“rappresentanza”. Nei processi socio-culturali quotidiani, entrambiquesti significati s’intrecciano in modo complesso. Peresempio, una rappresentazione essenzialista del<strong>la</strong> cultura puòpresentare delle ricadute sul tipo di rappresentanza che vieneassicurata o negata ad una comunità migrante. La rappresentanzaemerge spesso grazie all’o<strong>per</strong>ato di quegli immigrati, chemeglio “par<strong>la</strong>no il linguaggio” delle istituzioni di accoglienza(Grillo, Pratt 2006), ovvero i più sco<strong>la</strong>rizzati, spesso di origineurbana, i quali riescono a rappresentare i connazionali nonsenza incontrare ambivalenze ed occasionali resistenze.Il problema del<strong>la</strong> rappresentanza è stato segna<strong>la</strong>to anche daMarco Aime, quando esprime alcune <strong>per</strong>plessità sul coinvolgimentodei mediatori culturali nelle iniziative interculturali:“<strong>per</strong>sone di indubbia capacità, ma scelte dagli enti preposti enon dalle comunità con le quali dovrebbero mediare” (Aime2004, p. 61). A questa difficoltà si aggiunge, sovrapponendosi,2 Le testimonianze degli o<strong>per</strong>atori sociali, italiani e stranieri, provengono da <strong>per</strong>sone con es<strong>per</strong>ienzeprofessionali decennali nei servizi e nell’implementazione delle politiche sociali e di <strong>mediazione</strong> neiconfronti dei migranti.


38 Bruno Riccioquel<strong>la</strong> riferita al secondo significato evocato precedentemente,quello del<strong>la</strong> rappresentazione essenzializzante. “Il mediatorereifica <strong>la</strong> cultura, <strong>la</strong> rende visibile e finisce <strong>per</strong> diventare unaspecie di rappresentante ufficiale istituzionalizzato, sottraendo<strong>la</strong>al<strong>la</strong> sua natura a<strong>per</strong>ta e fluida e impedendo in tal modo agliindividui di esercitare altre opzioni disponibili” (Aime 2004, p.62). Si presume che i mediatori “debbano essere portatori etestimoni, rappresentanti appunto, di una cultura, in alcunicasi di una lingua, in altri anche dei diritti e degli interessi diuna comunità etnica. […] E’ chiaro che i mediatori dovrebberoraccontare <strong>la</strong> loro cultura come un tutto definito (Zoletto 2002, p.14). Il rischio, ci avverte Zoletto, è quello di riprodurre “gli equivocidel multiculturalismo”, rafforzando lo stigma che si vorrebberisolvere (cfr. Giacalone, Pa<strong>la</strong> 2006; Colombo, Semi 2007).Tuttavia, è opportuno evitare di sostituire l’essenzialismodel<strong>la</strong> cultura con l’essenzialismo del servizio di <strong>mediazione</strong>. Inrealtà con il termine mediatore culturale vengono indicate funzioniestremamente diverse con gradi di istituzionalizzazionevariabili ed in contesti organizzativi differenti. Correttamente,una specialista del fenomeno come <strong>la</strong> sociologa Franca Balsamo,distingue tra mediatore come mero interprete linguistico,mediatore come informatore e traduttore delle regole e mediatorecon funzione psico-sociale di sostegno. Oltre ai problemie alle difficoltà che discuteremo, desideriamo evidenziare, con<strong>la</strong> Balsamo, come il mediatore oltre a legittimare i bisogni deimigranti agli occhi degli o<strong>per</strong>atori, possa mettere in luce “ancherisorse invisibili degli utenti”, facilitando <strong>la</strong> messa in giocore<strong>la</strong>zionale di fattori sotto-utilizzati (Balsamo 2003, p. 149).Lo stesso Zoletto, dopo aver discusso in modo problematizzantele diverse forme di essenzialismo che circondano le pratichedei mediatori, ammette che se “funzionano, nonostante iloro equivoci, è <strong>per</strong>ché nei fatti (anche se non in teoria) si pongonomeno il problema dell’essenzialismo e dell’anti-essenzialismo,e più quello di una buona retorica o rappresentazione”(Zoletto 2002, p. 17). Desideriamo ora addentrarci, senza pretesadi esaustività, nelle pratiche che caratterizzano alcuni pro-


Rappresentare, mediare e negoziare39cessi di <strong>mediazione</strong> culturale in ambito sociale e di alcuneproblematiche che ne emergono. 3Mediazione come servizioNonostante il rafforzamento delle politiche di controllo allefrontiere, i flussi migratori sono continuati senza interruzioninegli ultimi quindici anni e, soprattutto, hanno subito un processodi significativa diversificazione dei loro contesti di origine.Da più parti si evidenzia come l’Italia sia un modello di recenteimmigrazione post-industriale, con un gran numero digruppi nazionali re<strong>la</strong>tivamente piccoli che tenta di inserirsi in unmercato del <strong>la</strong>voro fortemente segmentato (Ambrosini 2005;Colombo, Sciortino 2004). Inoltre, il moltiplicarsi di modalitàmigratorie che uniscono i contesti di origine e di destinazione inspazi transnazionali che attraversano i confini territoriali, invitanoa su<strong>per</strong>are le dicotomie ricorrenti negli studi sulle migrazioni,come il modello bipo<strong>la</strong>re che rappresenta il migrante nel distaccototale da un luogo e l’inserimento graduale in un altro luogo, entrambiconcepiti come chiusi ed immutabili (Riccio 2007).Questa situazione di frammentazione, che tende a caratterizzarei nuovi scenari migratori anche d’altri paesi, rende ancorapiù imprevedibile costruire strategie formative e d’interventosociale. Infatti, ai cambiamenti caratteristici di un insediamentoduraturo, come il ricongiungimento famigliare, siaggiunge il continuo rinnovamento dell’utenza straniera. Ladiversificazione di scenari rende anche obsoleto pensare intermini alternativi <strong>la</strong> sempre necessaria attivazione di forme diprima accoglienza e gli altrettanto fondamentali sviluppi deiservizi rivolti a facilitare un inserimento degli stranieri nel tessutosocio-economico di immigrazione (Riccio 2008).Da una ricerca sui servizi di accoglienza in Emilia Romagna(Sgrignuoli 2002), emergeva che <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> culturale venivaritenuta come un servizio offerto in modo inferiore alle neces-3 Per quello che concerne il settore educativo si rimanda a Tarozzi 1998. Per una panoramica recente ecompleta si veda Luatti 2006.


40 Bruno Ricciosità essendo quello linguistico un ostacolo all’accesso ai servizispesso rilevato come cruciale da parte degli o<strong>per</strong>atori. L’esigenzadi un avvicinamento linguistico, culturale e sociale da partedei servizi nei confronti degli stranieri è una richiesta che sottosvariate forme ricorre continuamente. Frasi come “secondo mesiamo un po’ carenti dal punto di vista del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>per</strong>ché non cisono mediatori a sufficienza”, o “una delle emergenze che io penso cisiano quì è quel<strong>la</strong> di preparare dei mediatori culturali”, possiamo azzardarcia considerarle ricorrenti se non tipiche. L’esigenza dimediatori culturali è, dunque, una delle tematiche più ricorrentinelle riflessioni sul<strong>la</strong> costruzione di un contesto locale di accoglienza.Tuttavia, <strong>la</strong> definizione del ruolo e i confini dell’effettivoutilizzo dei mediatori linguistico culturali possono essere caratterizzatida una certa arbitrarietà, come mostrano le riflessioni diquesta coordinatrice con lunghi anni di es<strong>per</strong>ienza nei servizi:il mediatore, se è un cane sciolto non ha una garanzia che gli<strong>per</strong>metta un introito sicuro; forse ancora non si sa bene se investircio no da parte dei servizi, non si sa bene come investirci,<strong>per</strong>ché l’esigenza c’è, gli o<strong>per</strong>atori chiedono di avere queste figure,che <strong>per</strong>ò io penso debbano essere figure formate, che abbianofatto un certo <strong>per</strong>corso […] se deve essere inserito uno stranieroin quanto tale, pensando che risolva i problemi non ha senso […]Può essere una figura di supporto che può essere coinvolta al<strong>la</strong>stregua di un altro o<strong>per</strong>atore nel<strong>la</strong> progettazione, senza <strong>per</strong>ò dargliné il ruolo di quello che deve solo tradurre, né di quello chedeve risolvere tutti i problemi, deve essere portato all’interno diuna discussione collettiva e non sempre questo avviene, a volte glivengono delegati degli aspetti e basta.Questa citazione è molto istruttiva e sintetizza, anticipandolinel<strong>la</strong> nostra discussione, alcuni dei fattori problematici, quali<strong>la</strong> difficoltà a situare il ruolo del mediatore tra una funzione dimera traduzione linguistica e, all’estremo opposto, una funzionetotalizzante a cui delegare qualsiasi compito.Nei colloqui di approfondimento è emersa anche <strong>la</strong> consapevolezzadel “valore aggiunto” che comporta il <strong>la</strong>voro ingruppi “multiculturali” in termini di confronto, apprendimentoreciproco, conoscenza di aspetti rilevanti del contesto di


Rappresentare, mediare e negoziare41partenza. Così si esprime una dirigente provinciale con unalunga es<strong>per</strong>ienza in questo campo:se si <strong>la</strong>vora insieme ai mediatori nel gruppo di <strong>la</strong>voro, si puòarrivare ad un confronto e ad un arricchimento delle culture reciprochee possiamo arrivare anche al<strong>la</strong> modificazione dei modellie dei sistemi organizzativi. […] In questo modo si può arrivare,ovviamente <strong>la</strong>vorandoci, discutendone, al<strong>la</strong> definizione di nuovimodelli d’intervento che credo possano servire anche <strong>per</strong> <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zioneautoctona. […] Questo ti porta, se c’è <strong>la</strong> curiosità e l’interesse,a delle nuove e<strong>la</strong>borazioni e a delle nuove forme di letturadel<strong>la</strong> realtà, anche <strong>per</strong> il tuo servizio. […]. se mi viene segna<strong>la</strong>tauna situazione dove potrebbe esserci l’abbandono di un minoreoppure di un disagio, allora come faccio in solitudine o conuna collega o con uno psicologo se non conosco niente del mondodi provenienza di questa famiglia a capire se stanno o meno comportandosipiù o meno bene con il figlio.Questa citazione, da un altro vertice d’osservazione, evidenzia<strong>la</strong> grande aspettativa che si ripone nei confronti del mediatoreculturale, che non si limita al<strong>la</strong> traduzione linguistica madeve facilitare <strong>la</strong> comprensione culturale di un comportamentoindividuale o famigliare. A volte, un’attesa non dissimile sembracaratterizzare anche le es<strong>per</strong>ienze dei migranti che accedonoai servizi. Così si esprime uno straniero a proposito dell’ufficiostranieri del comune emiliano di media grandezza:In comune c’è un ufficio dove <strong>la</strong>vorano due italiani <strong>per</strong> <strong>la</strong>popo<strong>la</strong>zione straniera, dove nessuno dei due par<strong>la</strong> una lingua diversodall’italiano[…] ed è certo che poi dopo vengono al sindacatodove ci sono più stranieri.Quindi, sono spesso gli stessi stranieri a desiderare un’organizzazione“etnicizzante” del servizio, non solo <strong>per</strong>ché ‘un <strong>la</strong>voratoreimmigrato fa fatica a fidarsi di un italiano’, o <strong>per</strong>ché ‘civuole uno straniero che convince di più rispetto ad un italiano[…] è più facile l’informazione’, ma si tende a preferire ancheun immigrato del<strong>la</strong> stessa nazionalità ad un o<strong>per</strong>atore stranierodi diversa origine. Oltre all’aspetto comunicativo e linguisticosi può registrare una dimensione di fiducia che l’appartenenzacomune è capace di garantire agli occhi degli utenti.da me vengono più che altro pakistani, indiani e mi par<strong>la</strong>no


42 Bruno Riccioanche dei loro problemi <strong>per</strong>sonali, non solo di quelli che riguardanole leggi, loro mi danno fiducia <strong>per</strong>ché non racconto le lorocose private ai miei colleghi.Per quanto riguarda il sindacato, che in molte provincie hafornito servizi di supporto ed orientamento che suppliscono aquelli non assicurati dall’ente locale, un ulteriore problema cheun eccessiva “etnicizzazione” nelle rappresentazioni dei servizicomporta è lo sviluppo di quel “duplice <strong>la</strong>voro” che tende acaratterizzare l’attività sindacale. Questa è chiamata a far fronte,come spiegano Mottura e Pinto, “contemporaneamente, daun <strong>la</strong>to all’esigenza crescente di specializzazione in materiaspecificatamente sindacale (riflesso inevitabile dei processi diinserimento <strong>la</strong>vorativo più stabile e strutturato degli immigrati),dall’altro a quel<strong>la</strong> di sviluppare l’e<strong>la</strong>borazione e l’iniziativasu tematiche complesse (e in certa misura altrettanto specialistichesebbene in senso e su piani diversi) quali il razzismo e <strong>la</strong>discriminazione a livello culturale e sociale più ampio” (1996,p. 72). Questa tensione è risentita con modalità differenti daalcune <strong>per</strong>sone che hanno avuto modo di s<strong>per</strong>imentare le ambivalenzedell’attività dei mediatori e degli o<strong>per</strong>atori di sportellosindacali.A volte l’eccessiva enfasi sul<strong>la</strong> differenza culturale concorrea rafforzare l’esclusione piuttosto che l'inclusione dei migranti(Salih 2006). A produrre un sovraccarico di compiti e responsabilitàcontribuisce anche il continuo smistamento dell’utenzaverso gli uffici <strong>per</strong> i <strong>la</strong>voratori stranieri da parte di alcuni funzionarisindacali. È questo un nodo problematico estremamentecomplesso: spesso l’identificazione con i <strong>la</strong>voratori stranierispinge alcuni mediatori e o<strong>per</strong>atori ad assumere totalmente ivariegati bisogni che essi esprimono, senza necessariamentegarantire loro un adeguato orientamento capace di fornire progressivamenteun certo grado di autonomia.C’era una C.G.I.L. dei normali e c’era una C.G.I.L. di quellidi colore, dove il responsabile dell’ufficio fa un sacco di roba sostituendogli altri che devono fare quelle robe lì, solo sul presuppostoche c’è questo problema del<strong>la</strong> lingua […] chiunque telefonassee dimostrasse di non conoscere[…] o meglio di par<strong>la</strong>re unitaliano diverso da quello usuale allora finivano <strong>per</strong> dirottarlo


Rappresentare, mediare e negoziare43all’ufficio […] alcuni funzionari […], pochi si atteggiavano inquesto modo, il problema linguistico al<strong>la</strong> fine diventava l’alibiaffinché <strong>la</strong> questione immigrazione non rientrasse in considerazioneordinaria nel <strong>la</strong>voro che faceva <strong>la</strong> categoria, e diventavatutte le volte straordinaria.Queste riflessioni denunciano un rischio importante. Se èvero che gli utenti stranieri che hanno i bisogni sociali più varisi avvicinano al sindacato grazie all’esistenza del centro servizi,è anche vero che il sovraccarico di compiti può generare confusioninel<strong>la</strong> rappresentazione del sindacato nel suo complessoe non stimo<strong>la</strong>re l’autonomia del <strong>la</strong>voratore straniero. L’etnicizzazionedel servizio, oltre a congestionare le attività del serviziostesso, rischia di mantenere il <strong>la</strong>voratore straniero allo statuto<strong>per</strong>manente di straniero e di limitare il riconoscimento del suostatuto di <strong>la</strong>voratore all’interno dell’organizzazione sindacale(Riccio 2008).I fattori critici emersi in questo breve <strong>per</strong>corso attraverso lenarrazioni di alcuni o<strong>per</strong>atori italiani e stranieri, - essenzialismoculturalista, etnicizzazione dei servizi con ricadute assistenzialisteverso gli utenti e deresponsabilizzanti verso gli altri o<strong>per</strong>atori- concorrono a forgiare quello che Graziel<strong>la</strong> Favaro, unadelle massime es<strong>per</strong>te dei processi di <strong>mediazione</strong> culturale inambito educativo, ha chiamato il “paradosso del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>”<strong>per</strong> cui “un dispositivo coraggioso, creativo e dirompente nato<strong>per</strong> dare voce a più voci, può rischiare in certi casi di trasformarsiin un’occasione di semplificazione eccessiva e di risposta‘tampone’ che non modifica in alcun modo i servizi” (Favaro2006, p. 30).Associarsi e rinegoziare ruoli e posizioniD’altra parte, dal punto di vista dei mediatori e delle mediatricisi è rive<strong>la</strong>to strategico il riunirsi ed organizzarsi <strong>per</strong> fornireun servizio con un grado di autonomia e di riconoscimentoprofessionale, non sempre garantito quando si è chiamati occasionalmenteda un’organizzazione <strong>per</strong> prestazioni individuali esporadiche. Come sostiene un mediatore citato da Zoletto,“vorrei smettere di fare sempre il mediatore, e diventare


44 Bruno Riccioanch’io attore di qualcosa” (Zoletto 2002, p. 14). Il protagonismodei mediatori come attori sociali riconosciuti si è rafforzatocon lo sviluppo di associazioni e coo<strong>per</strong>ative che li riunisseroe ne organizzassero il servizio (Balsamo 2003). Questo tipo diauto-organizzazione ha facilitato <strong>la</strong> definizione più precisa del<strong>la</strong>figura del mediatore da parte dei diretti interessati oltre al<strong>la</strong>creazione di diversi effetti non previsti. In alcuni casi, <strong>per</strong> esempio,ha <strong>per</strong>messo di creare il contesto di solidarietà al femminilenon scontato (Pinelli 2007).Questo processo induce a prendere in considerazione anchel’al<strong>la</strong>rgamento del<strong>la</strong> funzione e del ruolo del mediatore comeun facilitatore di processi di negoziazione culturale e socialecapace di migliorare l’accesso da parte dei migranti al<strong>la</strong> cittadinanzapraticata nel<strong>la</strong> quotidianità. Vogliamo prendere in considerazionei potenziali di un tale al<strong>la</strong>rgamento del<strong>la</strong> funzione delmediatore in chiave socio-culturale, ma avvertire anche dei rischie degli effetti imprevisti che quest’evoluzione del ruolo delmediatore può comportare.I mediatori e le mediatrici potrebbero svolgere un ruolo nonesclusivamente esecutivo, ma di più generale promozione deidiritti di cittadinanza, o di aiuto al processo di “cittadinizzazione”(Jabbar 2006), se venisse assicurata una partecipazione al<strong>la</strong>e<strong>la</strong>borazione dei servizi e una più marcata attenzione alle dimensionisociali e non so<strong>la</strong>mente culturali che producono ledifficoltà di molte famiglie migranti. Nel<strong>la</strong> ricerca su famigliemigranti coordinata da Marazzi (2005), le mediatrici coinvoltehanno evidenziato <strong>la</strong> necessità di distinguere i fattori di differenziazionespecificatamente culturali e religiosi da ciò che èattribuibile alle condizioni socio-economiche in cui vivonomolti immigrati e le loro famiglie. Gli stessi mediatori sonospesso sottopagati e chiamati a muoversi in contesti <strong>la</strong>vorativiprecari, incontrando difficoltà a vedere riconosciuta <strong>la</strong> propriaprofessionalità. Da questo punto di vista, è importante che imediatori riescano ad associarsi sia <strong>per</strong> potere incidere nel<strong>la</strong>definizione del loro ruolo e delle aspettative degli o<strong>per</strong>atori edegli utenti, sia <strong>per</strong> rinegoziare, di volta in volta, il patto professionaledel loro specifico servizio. E’ possibile che <strong>la</strong> conoscenzaapprofondita delle condizioni socio-culturali di alcune


Rappresentare, mediare e negoziare45realtà renda il contributo del mediatore molto più artico<strong>la</strong>to ecomplesso di una semplice traduzione linguistica.Tuttavia, <strong>per</strong> ricordare <strong>la</strong> delicatezza di questi processi, èopportuno riprendere le riflessioni sul ruolo del mediatore e suidilemmi del<strong>la</strong> rappresentanza-rappresentazione discussi precedentemente.Spesso i mediatori devono negoziare tra pressioniopposte, e trovare una giusta distanza tra un’eccessiva identificazionecon il servizio o un altrettanto marcato appiattimentosulle istanze del<strong>la</strong> comunità migrante che si è supposti “rappresentare”(Cospe 1993; Balsamo 2003). D’altra parte, <strong>la</strong> collocazionestrategica tra due fronti, a volte, può essere utilizzata daalcuni mediatori <strong>per</strong> rafforzarsi individualmente, anche a spesedell’inefficacia del servizio o di una effettiva rappresentanza ecorretta rappresentazione dei bisogni e delle caratteristiche significative<strong>per</strong> i migranti.Per esempio, al<strong>la</strong> fine degli anni novanta, dopo una serie dieventi conflittuali che animarono l’estate di una provincia romagno<strong>la</strong>,venne convocata una conferenza stampa a cui parteciparonocoloro che vengono nominati come “rappresentantidei cittadini extracomunitari” (Riccio 2007). Questi erano alcunipresidenti di associazioni nazionali e alcuni mediatori edo<strong>per</strong>atori stranieri in istituzioni come i sindacati o i centri diaccoglienza. Molti di loro sentirono il bisogno di scusarsi innome delle diverse comunità immigrate, come se veramentel’appartenenza a tali comunità avesse qualche cosa a che farecon gli atti criminali avvenuti, legittimando così involontariamentele diffuse connessioni simboliche tra immigrazione ecriminalità. In questa sede mi interessa esclusivamente presentarealcuni passaggi delle affermazioni di un cittadino stranieroche <strong>la</strong>vorava come mediatore presso un sindacato, poiché mostranocome alcuni di questi immigrati, <strong>la</strong> cui funzione di portavoceemerge spesso più da una interazione con le istituzionidi accoglienza che non da una effettiva rappresentanza del<strong>la</strong>propria comunità di origine, possano anche nuocere al<strong>la</strong> stessacomunità:è importante che noi condanniamo questi avvenimenti, sonointollerabili e siamo pronti a col<strong>la</strong>borare con le autorità locali <strong>per</strong>affrontare questi problemi. Abbiamo anche un suggerimento <strong>per</strong>


46 Bruno Riccioil prefetto da presentargli all’incontro sul<strong>la</strong> sicurezza, che è dicontrol<strong>la</strong>re bene il territorio, attraverso posti di blocco in tutti ipunti di entrata: autostrada, stazione e le strade statali. […] Ognistraniero deve essere control<strong>la</strong>to <strong>per</strong> capire cosa fa, quali sono lesue intenzioni e chiunque si trovi senza mezzi di sostentamento,senza una residenza chiara, anche se rego<strong>la</strong>re, ripeto, anche se rego<strong>la</strong>re,deve essere spedito con il foglio di via fuori dal<strong>la</strong> provincia.Sembra che il bisogno di legittimarsi agli occhi degli interlocutoriitaliani abbia spinto alcuni di questi “rappresentanti deglistranieri” a riprodurre il linguaggio poliziesco che si riscontranei media e nelle “retoriche dell’esclusione” diffuse in tuttaEuropa (Stolcke 2000), ed involontariamente a contribuire al<strong>la</strong>criminalizzazione dei migranti.E’ questo un esempio estremo, e sicuramente non generalizzabile.Più spesso, incontriamo mediatori capaci di unire unasensibile conoscenza dettagliata dei problemi dei migranti, enon solo dei connazionali, ad un’artico<strong>la</strong>ta comprensione deimeccanismi decisionali e delle procedure burocratiche di molteorganizzazioni. Questo tipo di mediatori riesce a rendere <strong>la</strong>comunicazione “<strong>interculturale</strong>” veramente più efficace e può, avolte, assumersi responsabilità socio-politiche più ampie senzail rischio di effetti col<strong>la</strong>terali e paradossali. L’obiettivo era quellodi ricordare al lettore che se da un <strong>la</strong>to emerge sia tra glistranieri sia tra gli o<strong>per</strong>atori dei diversi servizi un crescente bisognodi aiuto negli scambi linguistici e culturali, dall’altro, sievidenzia come le situazioni di <strong>mediazione</strong>, così come altreoccasioni di interazione culturale, siano anche contesti di produzionedi rappresentazioni reciproche ambivalenti che si inserisconoa loro volta in complesse re<strong>la</strong>zioni di potere.L’attività di <strong>mediazione</strong> culturale si rive<strong>la</strong> dunque necessaria,ma ricca di complessità. Essa richiede una capacità interpretativapiuttosto sofisticata, capace di negoziare tra le proceduredei servizi, gli atteggiamenti e le aspettative degli o<strong>per</strong>atorida un <strong>la</strong>to e i bisogni, le richieste e le priorità degli utentistranieri dall’altro, modu<strong>la</strong>ndo allo stesso tempo le caratteristicheindividuali con quelle culturali, nazionali ed organizzativeche esse siano. Dal<strong>la</strong> discussione emergono diverse sfumatureproblematiche collegate al ruolo di mediatore, l’eccesso di po-


Rappresentare, mediare e negoziare47tere che si può concentrare in quel ruolo, come l’eccesso diresponsabilità che può comportare <strong>la</strong> riduzione dello sforzo daparte del servizio <strong>per</strong> raggiungere l’utente straniero. In altreparole, non vi è nul<strong>la</strong> di scontato o di automaticamente virtuosoin questo genere di processi ed è quindi opportuna una responsabilizzazionetrasversale di tutti gli attori in gioco.Riferimenti bibliograficiAime M. (2004) Eccessi di culture, Torino, Einaudi.Ambrosini M. (2005) Sociologia delle migrazioni, Bologna, Il Mulino.Amselle J.L. (1999) Logiche meticcie, Torino, Bol<strong>la</strong>ti e Boringhieri.Balsamo F. (2003) Famiglie di migranti. Trasformazioni dei ruoli e<strong>mediazione</strong> culturale, Roma, Carocci.Cal<strong>la</strong>ri Galli M. (2005) Antropologia senza confini, Palermo, Sellerio.Colombo A., Sciortino G. (2004) Gli immigrati in Italia, Bologna,Il Mulino.Colombo E., Semi G. (2007) (a cura di), Multiculturalismo quotidiano.Le pratiche del<strong>la</strong> differenza, Mi<strong>la</strong>no, Franco Angeli.Cospe (1993), Immigrati/risorse. La figura del mediatore culturale,le prime es<strong>per</strong>ienze ed i <strong>per</strong>corsi formativi a confronto. Bologna,Atti del seminario Cospe.Favaro G. (2006) I paradossi del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>, in Luatti, L. (acura di) At<strong>la</strong>nte del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> linguistico culturale, Mi<strong>la</strong>no,Franco Angeli.Giacalone F., Pa<strong>la</strong> L. (2006) Un quartiere multiculturale, Mi<strong>la</strong>no,Franco Angeli.Grillo R.D., Pratt J. (2006) Le politiche del riconoscimento delledifferenze. Multicultiuralismo all’italiana, Rimini, Guaraldi.Herzfeld M. (2006) Antropologia, Firenze, Seid.Jabbar A. (2006) Disuguaglianza sociale e differenze culturali inLuatti L. (a cura di) At<strong>la</strong>nte del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> linguistico culturale,


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Parte II – La pratica


La pratica51I riferimenti di sfondo e <strong>la</strong> metodologia del corsoGiuliano CarliniIl mandato affidato dal<strong>la</strong> Provincia ai responsabili tecnicoscientificidel corso fa riferimento al progetto “Verso un servizio di<strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>” teso a s<strong>per</strong>imentare modalità di fruizionedi servizi di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> a livello territoriale.Si è trattato, quindi, di e<strong>la</strong>borare le linee di un momento diformazione che configurasse una situazione di aggiornamento<strong>per</strong> i mediatori interculturali o<strong>per</strong>anti nelle diverse realtà diintervento dell’area provinciale, ma anche <strong>per</strong> altre figure professionalicoinvolte o coinvolgibili nei processi di <strong>mediazione</strong>.Di qui <strong>la</strong> necessità di ragionare in termini di integrazione dicompetenze, sia teoriche sia pratiche, piuttosto che di formazionein senso assolutamente specifico.Di fatto è stato necessario tenere presente <strong>la</strong> storia dei contenutie delle modalità del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> come siè sviluppata nel<strong>la</strong> nostra regione, facendo tesoro delle criticitàevidenziatesi nel tempo e dei limiti degli approcci formativi finqui agiti. Di fatto <strong>la</strong> nostra Regione, e <strong>la</strong> Provincia di Genovain essa, hanno una lunga storia di momenti e di riflessioni sul<strong>la</strong>formazione dei mediatori, storia che copre quasi quindici anni.Questo <strong>per</strong>corso è stato in varie fasi documentato da rapportie da pubblicazioni che vanno dall’opuscolo “Mediatoriculturali”, pubblicato nel 1998 dal<strong>la</strong> Provincia, al recente “Sulcrinale” pubblicato nel 2007. Sia nelle pubblicazioni sia neirapporti, alcuni elementi si ripropongono come costanti: <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zionefra <strong>la</strong> pratica di <strong>mediazione</strong> e le sue specializzazioni intrinseche(linguistica, socio-sanitaria, socio-educativa, <strong>interculturale</strong>in senso proprio, ecc.); i contesti socio-politici, ma anchegiuridici che segnano di fatto i gradi di sviluppo del rapporto


52 Giuliano Carlinidi <strong>mediazione</strong>; gli accadimenti contingenti che influenzano ilgrado di intensità e di bisogno del<strong>la</strong> formazione e infine l’evoluzione,o involuzione, dei <strong>per</strong>corsi culturali complessivi entroi quali <strong>la</strong> pratica di <strong>mediazione</strong> viene a concretizzarsi.L’evoluzione, sia quantitativa sia qualitativa del fenomenomigratorio nelle nostre aree ha portato, poi, successivi elementidi criticità al <strong>la</strong>voro specifico. Il rovesciarsi del rapporto digenere fra i migranti, il moltiplicarsi delle aree di provenienza,ma anche <strong>la</strong> modificazione dei rapporti quantitativi fra le variecomponenti nazionali, l’aprirsi di elementi di differenziazioneall’interno del<strong>la</strong> comunità migrante, l’accrescersi dei matrimonimisti, ma anche del fenomeno dei ricongiungimenti famigliari.Gli elementi sommariamente richiamati, si combinano nelsottolineare il limite dell’intervento specifico <strong>per</strong> settore cheera stato caratteristico o addirittura esclusivo all’inizio.Si vuole qui ricordare come al primo apparire di presenzemigranti, <strong>la</strong> richiesta e l’uso di momenti di <strong>mediazione</strong> riguardavanosituazioni istituzionali molto specifiche quali le questure, gliuffici di stato civile, i pronto soccorsi e così via, dove l’attività di<strong>mediazione</strong> era fortemente condizionata da esigenze di meratraduzione linguistica e di generiche informazioni ambientali.Negli ultimi anni si sono <strong>per</strong> l’appunto sviluppate, anche inriferimento al<strong>la</strong> migrazione, le trasformazioni di cui si è par<strong>la</strong>toprecedentemente, che hanno progressivamente messo in discussionele modalità di intervento più usuali e più agite, oltreche l’organizzazione complessiva dell’attività di <strong>mediazione</strong>.L’intervento in situazione emergenziale o<strong>per</strong>ato da mediatori,spesso polivalenti nei fatti ma abituati a modalità di interventosettoriale, pur rimanendo <strong>la</strong> norma, mostra l’emergere di limitisia nell’erogazione del servizio sia nell’acquisizione dellecompetenze puntuali di volta in volta richieste. In pratica, al<strong>la</strong><strong>mediazione</strong> come intervento d’eccezione e comunque transeunte,si è venuta sostituendo <strong>la</strong> necessità del<strong>la</strong> costruzioneprogressiva di “ambiti di <strong>mediazione</strong>” polifunzionali anchenell’ambito di settori specifici.Valga l’esempio dell’intervento socio - educativo dove, accantoall’intervento di sostegno “momentaneo” all’o<strong>per</strong>atoresco<strong>la</strong>stico (<strong>per</strong>altro ancora <strong>la</strong>rgamente praticato), è venuta sem-


I riferimenti di sfondo e <strong>la</strong> metodologia del corso53pre più emergendo l’esigenza di progetti polivalenti e progettati<strong>per</strong> durare nel tempo.Questa è l’esigenza emersa e anche <strong>la</strong> pratica messa in attoda strutture istituzionali o<strong>per</strong>anti sul campo, ma si è tuttavialontani da una generalizzazione dell’approccio, e forse anchedal<strong>la</strong> convinzione necessaria.In ogni caso, <strong>la</strong> storia dell’evoluzione delle presenze migratorienelle nostre aree ha portato con sé almeno <strong>la</strong> necessità diriflettere su interventi continuativi e di lungo <strong>per</strong>iodo anche neisettori tradizionali quali <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, <strong>la</strong> sanità e più di recente leistituzioni chiuse.L’altro corno del<strong>la</strong> filosofia che ha sostenuto l’organizzazionedel corso in questione riguarda il territorio.In un’ottica che traguarda <strong>la</strong> realtà migratoria come contingente,e di fatto marginale, il territorio inteso come l’insiemedelle <strong>per</strong>sone e delle re<strong>la</strong>zioni fra di loro collegate a situazionidi spazio definibili sia fisicamente sia culturalmente, è di fattodi rilievo marginale.Le situazioni comunitarie <strong>per</strong>sistenti, i quartieri quindi, e i“territori” che <strong>la</strong> ospitavano, rappresentavano, e in parte consistenteancora rappresentano, uno strumento base indiscusso dilettura delle situazioni. Di fatto il problema dell’integrazione,territoriale, veniva e viene concepito essenzialmente come unprocesso di inserimento di “corpi estranei”, poi opportunamenteadattati, in un tessuto comunitario assolutamente riconoscibile.Nei decenni che hanno visto l’evolversi del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong>, tuttavia, questa immagine tranquillizzante e staticadei territori originali è mutata sostanzialmente <strong>per</strong> l’effettocongiunto dell’alta mobilità territoriale e del<strong>la</strong> progressiva costruzionedei territori “immaginati” indotto dai processi diglobalizzazione.Le comunità territoriali dei “residenti” hanno assunto daanni caratteristiche improntate al<strong>la</strong> forte variabilità delle situazioni,al trasformarsi degli stili di vita e quindi anche dei modidi rapportarsi nelle unità sociali di base: famiglie, vicinato, comunitàpolitiche, culturali, economiche e religiose.In effetti, da diversi decenni le ricerche, ma soprattutto lepolitiche d’intervento, fanno i conti con “comunità estrema-


54 Giuliano Carlinimente <strong>la</strong>bili”, camaleontiche e <strong>per</strong> lo più create attraverso modalitàdi immaginazione.A queste mappe empiriche corrispondono, tuttavia, mappeculturali molto differenziate che tendono a coagu<strong>la</strong>rsi intorno afantasmi identitari, a “bisogni” contingentemente condivisi, aricostruzioni immaginifiche di comportamenti comunitari inrealtà inesistenti.L’insediamento migratorio avviene dunque prevalentementein situazioni di questo tipo e compartecipa, anziché inserirsi,al<strong>la</strong> costruzione e ricostruzione di situazioni mobili nelle qualinuove strategie di vita vanno ad intrecciarsi con quelle, ancheloro nuove, dei residenti.In questo contesto diventa necessario immaginare politiched’intervento sociale che prevedano come componente non episodica,ma costante, l’azione del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>.Se continua ad essere vero che l’intervento professionalmenteartico<strong>la</strong>to del mediatore è necessario in tutte le fasi checomportano confronti “acuti”, quindi nelle situazioni emergenziali,diventa sempre più importante costruire una cultura del<strong>la</strong><strong>mediazione</strong> nei rapporti del quotidiano agendo tanto su unamodifica dell’atteggiamento culturale di tutti gli o<strong>per</strong>atori,quanto nel creare strutture di supporto specialistiche che rendanopossibile il processo nel suo insieme.La <strong>mediazione</strong> sul territorio, che pur non potendo prescindereda quanto sul territorio è stato già costruito ed è o<strong>per</strong>ante,deve tuttavia porsi come una possibilità in più.L’idea, <strong>per</strong>tanto, di un <strong>per</strong>corso di formazione/aggiornamentodeve fare i conti con tutte le considerazioni proposte, ed è <strong>per</strong>questo che si è immaginato un doppio <strong>per</strong>corso che consentisse,da un <strong>la</strong>to, di confrontarsi con gli elementi delle trasformazioniin atto letti attraverso lo sguardo di ricercatori, e dall’altro dichiamare i partecipanti al corso ad una partecipazione fattiva intutte le fasi del <strong>per</strong>corso formativo/di aggiornamento.I ricercatori proposti 1 , tutti di formazione socio-antropolo-1 Enzo Colombo - Università degli Studi di Mi<strong>la</strong>no, Giovanni Semi - Università degli Studi di Torino, Bruno Riccio- Università degli Studi di Bologna


I riferimenti di sfondo e <strong>la</strong> metodologia del corso55gica, sono stati invitati a orientare i loro interventi su aree <strong>per</strong>corsedal<strong>la</strong> pratica anche settoriale che costruisce l’es<strong>per</strong>ienzaprevalente del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> nel<strong>la</strong> Provincia di Genova: dalleproblematiche educative, soprattutto nelle seconde generazioni,alle re<strong>la</strong>zioni di territorio e di <strong>la</strong>voro, alle pratiche nel<strong>la</strong> salute,alle rappresentazioni culturali e così via.A partire da realtà tendenzialmente omogenee (i re<strong>la</strong>toriprovenivano ed o<strong>per</strong>ano essenzialmente a Mi<strong>la</strong>no, Torino, Bolognae Genova), essi hanno proposto <strong>per</strong>corsi di ricerca nell’ambitodel<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> molto avanzati rispetto agli elementi dinovità e alle criticità che oggi caratterizzano <strong>la</strong> realtà migratoriaed il suo confronto con le realtà sociali più complessive.Ricercatori, dunque, che hanno messo a disposizione conoscenzeacquisite in ricerche recenti su aree o settori in qualchemodo confrontabili con le realtà che caratterizzano <strong>la</strong> nostraprovincia.E’ sembrato a questo punto importante anche che i ricercatoricoinvolti si situassero, come c<strong>la</strong>sse d’età, in tempi prossimiall’affermarsi dei fenomeni delle modificazioni citate e che potesserovantare un’es<strong>per</strong>ienza di <strong>la</strong>voro sul campo anche sulpiano del<strong>la</strong> preparazione/formazione degli o<strong>per</strong>atori.Questo insieme d’incontri che avevano il compito di aggiornare,ma anche di suscitare riflessioni di auto-aggiornamentonei corsisti, sono stati completati da momenti di esposizione di“pratiche” di <strong>la</strong>voro sul territorio in modo da consentire unconfronto anche fra “addetti ai <strong>la</strong>vori”.Naturalmente i “momenti pratici” non hanno avuto <strong>la</strong> pretesadi costituirsi come <strong>per</strong>corsi esemp<strong>la</strong>ri in assoluto, ma quel<strong>la</strong>di fornire uno spunto <strong>per</strong> ridiscutere, in termini o<strong>per</strong>ativi, leeventuali suggestioni emerse dall’intervento dei re<strong>la</strong>tori.A questo fine sono stati invitati a presentare <strong>la</strong> propria es<strong>per</strong>ienzasul campo un o<strong>per</strong>atore, Adil El Marouakhi Responsabiledel Centro <strong>per</strong> lo Sviluppo delle Re<strong>la</strong>zioni Interculturali“Mondinsieme” del Comune di Reggio Emilia, e <strong>la</strong> società coo<strong>per</strong>ativa“Il Leprecauno” attiva nell’area del savonese con <strong>la</strong>radio web “Radio Trafiko” - Diritto di Paro<strong>la</strong>.I quattro incontri, che si sono svolti nel corso dei mesi dimarzo e aprile 2010, hanno fatto riferimento ad un target costi-


56 Giuliano Carlinituito, nel<strong>la</strong> maggioranza, da mediatori interculturali attivi nelterritorio del<strong>la</strong> Provincia, arricchito dal<strong>la</strong> presenza di o<strong>per</strong>atorisocio-sanitari, socio-educativi e sociali tout court provenientidalle stesse aree.Ogni incontro si è caratterizzato da un’introduzione da partedel responsabile scientifico del momento di aggiornamentocomplessivo teso a precisare non solo gli argomenti specificitrattati dai re<strong>la</strong>tori, ma anche ad evidenziare gli elementi comunicaratterizzanti i vari momenti e da una discussione con ipartecipanti orientata tanto a sottolineare momenti di convergenzaquanto elementi di condivisione dell’au<strong>la</strong> nel suo insieme.Occorre a questo punto ricordare come l’impianto complessivoabbia previsto anche, e soprattutto, un <strong>la</strong>voro distinto insede di <strong>la</strong>boratorio previsto in un altro giorno del<strong>la</strong> stessa settimana,nel quale un numero più ristretto di partecipanti si proponevadi ricostruire, sul<strong>la</strong> base delle attività pregresse e dell’es<strong>per</strong>ienza<strong>per</strong>sonale, disegni di processi di <strong>mediazione</strong> sul territorio.Le modalità e l’esito di questa seconda fase dell’impiantocomplessivo del corso viene ripresa e documentata nel saggiosuccessivo.Quanto agli esiti degli incontri plenari, si possono proporrealcune considerazioni conclusive che appaiono di rilievo:1. le re<strong>la</strong>zioni condotte con <strong>la</strong> tecnica del<strong>la</strong> “lezione frontale”sono state partecipate in ogni fase attraverso interruzionie precisazioni, quindi in un rapporto di sostanzialeinterazione che è diventata poi generalizzata nel<strong>la</strong>fase di discussione;2. gli interventi dal pubblico hanno interessato mediamentepiù del 20% dei presenti e sono stati rappresentatinon solo da domande di approfondimento o di precisazione,ma anche e soprattutto da osservazioni e precisazioniaggiuntive;3. <strong>la</strong> natura degli interventi ha messo in evidenza, in molticasi, l’importanza ancora rilevante dell’intervento specificodel singolo mediatore molto spesso non supportatoda un sistema di accesso a informazioni e sa<strong>per</strong>i facilmentedisponibili;4. si è evidenziata una differenza generazionale fra gli in-


I riferimenti di sfondo e <strong>la</strong> metodologia del corso57terventi nel senso che i mediatori più giovani hannoavuto minore difficoltà a ritrovarsi nelle riflessioni propostedai re<strong>la</strong>tori e a portare elementi aggiuntivi di conoscenza,mentre gli interventi degli o<strong>per</strong>atori di piùlunga es<strong>per</strong>ienza hanno teso a caratterizzarsi <strong>per</strong> unamaggiore assertività;5. il clima che si è instaurato tra o<strong>per</strong>atori e re<strong>la</strong>tori, e anchenel gruppo dei partecipanti, ha consentito <strong>la</strong> costituzionedi rapporti diretti e nuove reti di re<strong>la</strong>zione.I contributi che seguono queste note riprendono, giustificanoe documentano il <strong>per</strong>corso appena descritto.Si tratta del<strong>la</strong> sintesi dei <strong>la</strong>vori di Laboratorio messa a puntoda Miche<strong>la</strong> Vecchia e, proposti in appendice, due contributi ditesi di ricerca di Giorgia Franzone e Serena Milesi che hanno<strong>per</strong> oggetto sia l’attività di formazione che quel<strong>la</strong> di interventoposta in essere sul<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> territoriale dal<strong>la</strong> Provincia diGenova e da quel<strong>la</strong> di Savona.


La pratica59I <strong>la</strong>boratori come spazio di confronto e fucina di ideeMiche<strong>la</strong> VecchiaNel quadro dell’intervento di aggiornamento rivolto ai mediatoriinterculturali, paralle<strong>la</strong>mente alle attività seminariali,sono stati organizzati quattro <strong>la</strong>boratori (con cadenza bisettimanale)che hanno visto <strong>la</strong> partecipazione di un numero ristrettodi partecipanti (ventitré mediatori appartenenti a diverserealtà attive sul territorio 2 ), con lo scopo di approfondire i temitrattati nel corso degli incontri plenari e di avviare una riflessionecirca proposte progettuali da realizzarsi nei territori di riferimento.I mediatori sono stati affiancati, in questa attività, da un facilitatoreal quale erano affidati tre compiti: assicurare continuitàe coerenza tra i contenuti delle sedute plenarie e le attivitàdi <strong>la</strong>boratorio; stabilire un collegamento tra <strong>la</strong> programmazionedell’azione complessiva di aggiornamento professionale e leaspettative dei partecipanti; gestire il <strong>la</strong>voro di gruppo favorendoun esito positivo dei processi comunicativo-re<strong>la</strong>zionali edassicurando <strong>la</strong> piena espressione a tutti i partecipanti.I <strong>la</strong>boratori hanno rappresentato uno spazio di confronto edibattito re<strong>la</strong>tivo sia alle tematiche affrontate nell’ambito dellesedute plenarie, sia (e soprattutto) rispetto all’identità del mediatore<strong>interculturale</strong> ed al<strong>la</strong> sua azione sul territorio.In partico<strong>la</strong>re, sin dal primo incontro, l’attenzione dei mediatorisi è progressivamente spostata dalle tematiche (“teoriche”)affrontate dai re<strong>la</strong>tori che si sono succeduti nei diversi2 S.A.B.A. Coo<strong>per</strong>ativa Sociale; ARCI Genova; Associazione Il Ponte Savona; ASL3; Coo<strong>per</strong>ativa Tau;Anolf/CISL; Consorzio Motiva; COLIDOLAT- Genova/Associazione Raggio di Sole Savona


60 Miche<strong>la</strong> Vecchiaincontri plenari, ad una riflessione circa <strong>la</strong> propria funzione sulterritorio ed all’interno del sistema istituzionale (scuo<strong>la</strong>, carcere,centri <strong>per</strong> l’impiego, anagrafe, …), ed al<strong>la</strong> progettazione dipossibili interventi innovativi da attuare sul territorio.Un tema che ha accomunato tutti e quattro gli incontri èstato quello re<strong>la</strong>tivo al<strong>la</strong> mancanza di una vera e propria retesul territorio che consenta ai mediatori di sentirsi parte di ungruppo riconosciuto, in partico<strong>la</strong>re da tutti quei soggetti che avario titolo rappresentano i committenti e/o i fruitori del<strong>la</strong> loroattività professionale.I mediatori, in generale, si <strong>per</strong>cepiscono come un gruppoquasi completamente iso<strong>la</strong>to rispetto al processo decisionale(re<strong>la</strong>tivo agli interventi da attuare nei diversi ambiti e territori)al quale si fa ricorso solo in situazioni problematiche, se nonaddirittura di emergenza. Pur sottolineando che questo fenomenoè dovuto in gran parte al<strong>la</strong> scarsa conoscenza del<strong>la</strong> lorofunzione e delle loro potenzialità di intervento da parte deglio<strong>per</strong>atori, essi hanno anche riconosciuto (ed avviato una riflessione)sul<strong>la</strong> mancata capacità, da parte loro, di creare una reteproattiva ed a<strong>per</strong>ta, che consenta di dar vita ad uno scambioreciproco continuativo che <strong>per</strong>metta una crescita complessivadel<strong>la</strong> qualità delle azioni di <strong>mediazione</strong>.La scarsa capacità di comunicazione “interna” al gruppo (dimediatori presenti sul territorio genovese e ligure) è stata discussae riconosciuta come un anello debole dell’intervento sulterritorio che si riverbera, parzialmente, anche sul<strong>la</strong> tipologia (equalità) delle azioni nelle quali i mediatori si trovano coinvolti.La constatazione condivisa da tutti, infatti, è stata quel<strong>la</strong> di unascarsa conoscenza di quanto accade sul territorio al di là degliinterventi/progetti ai quali il mediatore (singolo) partecipa direttamente.Questa presa di coscienza ha indotto i mediatori aconcentrarsi progressivamente sul<strong>la</strong> necessità di creare unamodalità di scambio e confronto <strong>per</strong>manente che consenta lorodi agire con modalità sinergiche sia sul territorio, sia nei variambiti di intervento.E’ <strong>per</strong>tanto emerso un bisogno, condiviso, di incrementare<strong>la</strong> disponibilità di informazioni re<strong>la</strong>tive a progetti, iniziative,servizi implementati sul territorio regionale allo scopo di evita-


I <strong>la</strong>boratori come spazio di confronto e fucina di idee61re <strong>la</strong> reiterazione di interventi già disponibili e <strong>la</strong> loro frammentazionea seconda dei territori di riferimento, e di rafforzarel’apprendimento reciproco e <strong>la</strong> creazione di una sorta di comunitàdi pratiche.Il fare rete dovrebbe significare re<strong>la</strong>zionarsi, in primis, con ipropri pari (i mediatori attivi in altri contesti territoriali o ambitidi intervento) attivando una serie di canali volti a favorirelo scambio <strong>per</strong>manente di es<strong>per</strong>ienze, riflessioni e pratiche.Fig. 1 – I soggetti da coinvolgere nel<strong>la</strong> reteTra i mediatoriFare reteConIstituzioniO<strong>per</strong>atories. database dellees<strong>per</strong>ienze,piattaforma web, <strong>la</strong>casa dell’interculturaCon gliItalianies. corsi di aggiornamento<strong>per</strong> insegnanti;formazione congiuntacon medici e infermieri;rapporti con imezzi di informazioneassociazione mediatoriA questo proposito, un altro aspetto discusso (e che rimanda,anch’esso, al<strong>la</strong> mancanza di un’identità condivisa) è l’assenzadi una associazione nel<strong>la</strong> quale i mediatori possano riconoscersie attraverso <strong>la</strong> quale avere una voce comune. Da qui nasce,sostanzialmente, l’idea di disporre di uno spazio comune(non associato ad organismi che raggruppano attualmente imediatori) presso il quale intraprendere un <strong>per</strong>corso di formazione,progettazione e confronto tra pari (ma anche con altriattori coinvolti nei processi di <strong>mediazione</strong>) fino a renderlo unpunto di riferimento nel<strong>la</strong> nostra Regione (una sorta di “centro


62 Miche<strong>la</strong> Vecchiamultifunzionale” del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>) 1 .Nel corso di questa discussione, inoltre, è emerso anche ilbisogno di una su<strong>per</strong>visione psicologica. Il mediatore, infatti,si confronta quasi sempre con situazioni problematiche e conflittuali,ma non dispone di un supporto che gli consenta disu<strong>per</strong>are i momenti di difficoltà affrontati e di costruire, attraversoquesti ultimi, nuove modalità di re<strong>la</strong>zione e di intervento.La rete, poi, dovrebbe consolidarsi anche con tutti gli o<strong>per</strong>atoricon in quali i mediatori si confrontano nel<strong>la</strong> loro praticaquotidiana allo scopo di rafforzare <strong>la</strong> conoscenza reciproca (intermini di competenze e potenzialità) e di avviare un processodi coo<strong>per</strong>azione continuativo e di progettualità condivisa.Il confronto con gli o<strong>per</strong>atori, infatti, potrebbe consentirel’avvio di es<strong>per</strong>ienze innovative sul territorio e di un processodi coo<strong>per</strong>azione <strong>per</strong>manente.L’ultimo nodo del<strong>la</strong> rete è rappresentato dai cittadini italiani,che potrebbero avere un ruolo fondamentale nei processi di<strong>mediazione</strong>, ma che molto spesso ne sono esclusi (se non direttamentecoinvolti in situazioni che, spesso, sono di carattereconflittuale).Il punto di partenza, comunque, resta <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione dei mediatoricon gli altri soggetti attivi nei diversi ambiti di intervento.Il dibattito, infatti, ha evidenziato (nel corso di tutti gli incontri<strong>la</strong>boratoriali) una difficoltà generalizzata dei mediatori are<strong>la</strong>zionarsi con gli o<strong>per</strong>atori che <strong>la</strong>vorano nelle istituzioni/organismidi riferimento e con i quali vengono a contatto nelcorso del<strong>la</strong> loro attività quotidiana. Questa difficoltà risiede, inpartico<strong>la</strong>re, nel<strong>la</strong> <strong>per</strong>cezione che del mediatore <strong>interculturale</strong>hanno gli o<strong>per</strong>atori, che quasi sempre identificano <strong>la</strong> sua funzionecon attività re<strong>la</strong>tive al<strong>la</strong> facilitazione del<strong>la</strong> comunicazionetra i cittadini migranti e le varie istituzioni/servizi (traduzionedall’italiano al<strong>la</strong> lingua madre del migrante e viceversa) ed al<strong>la</strong>risoluzione di situazioni conflittuali (spesso non unicamentelegate al background migratorio del soggetto). A questo propo-1 Si rimanda al paragrafo successivo <strong>per</strong> maggiori dettagli sul<strong>la</strong> proposta progettuale


I <strong>la</strong>boratori come spazio di confronto e fucina di idee63sito, tutti i mediatori si sono trovati d’accordo sul<strong>la</strong> necessità diavviare un’attività di informazione ad ampio spettro, che possasfociare in un mutuo riconoscimento professionale e che riconoscail valore aggiunto che un <strong>la</strong>voro sinergico tra o<strong>per</strong>atori emediatori potrebbe apportare all’interno dei servizi.Per quanto riguarda l’informazione re<strong>la</strong>tiva alle funzioni edalle potenzialità del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>, i partecipantihanno riflettuto sul<strong>la</strong> possibilità di realizzare una pubblicazionerivolta agli o<strong>per</strong>atori (suddivisa <strong>per</strong> settori di intervento edaree tematiche) che metta in luce competenze, funzioni, valoreaggiunto, potenzialità di coo<strong>per</strong>azione, da utilizzarsi <strong>per</strong> renderechiara ed univoca <strong>la</strong> <strong>per</strong>cezione del<strong>la</strong> figura professionale delmediatore presso gli o<strong>per</strong>atori.Partico<strong>la</strong>re riferimento, a questo proposito, è stato fatto aglio<strong>per</strong>atori del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> dove <strong>la</strong> presenza dei mediatori ha unatradizione più lunga, ma evidenzia ancora alcune fragilità essenziali.In questo ambito, i mediatori rilevano una certa diffidenzarispetto al<strong>la</strong> loro funzione o, all’opposto, una richiesta disupporto che poco ha a che vedere con le specificità del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>(attribuzione del ruolo di “insegnante di sostegno”,risoluzione di conflitti non necessariamente legati a questioniconnesse all’interculturalità, ecc.). A questo proposito, i mediatorihanno sottolineato <strong>la</strong> necessità di dare vita ad un <strong>per</strong>corsodi riflessione (ed azione) che consenta di creare un rapportosinergico e di col<strong>la</strong>borazione continuativa con le istituzionisco<strong>la</strong>stiche allo scopo di favorire un loro pieno coinvolgimentoall’interno delle scuole (e del<strong>la</strong> programmazione sco<strong>la</strong>stica),con partico<strong>la</strong>re riguardo alle scuole medie inferiori e su<strong>per</strong>iori(dove <strong>la</strong> loro presenza è assai più debole rispetto al<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>dell’infanzia e primaria). La costituzione di equipe multidisciplinaristabili e <strong>la</strong> continuità dell’intervento all’interno dellescuole sembrano essere i primi due elementi essenziali <strong>per</strong> avviareun nuovo approccio al<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> all’internodelle istituzioni sco<strong>la</strong>stiche.Un altro nodo centrale del<strong>la</strong> riflessione è stato quello re<strong>la</strong>tivoalle “seconde generazioni” (tematica trattata nel corsodell’incontro plenario con il prof. Colombo). L’attenzione aquesto riguardo si è incentrata sull’assenza di iniziative chepossano creare una sinergia tra i diversi soggetti coinvolti (fi-


64 Miche<strong>la</strong> Vecchiagli, genitori, o<strong>per</strong>atori) e che consentano un <strong>la</strong>voro rivolto siaal<strong>la</strong> famiglia, sia all’ambito sociale nel suo insieme.Si è rilevato, ad esempio, come <strong>la</strong> scelta migratoria sia unascelta dei genitori al<strong>la</strong> quale i figli (ancor più quelli nati in Italia)non hanno partecipato. Questo implica, talvolta, un conflittopiù marcato tra giovani e famiglia di appartenenza che nontra gli stessi giovani e l’ambiente sociale nel quale vivono.Gli ambiti di intervento identificati come essenziali al fine dimigliorare l’efficacia delle attività di <strong>mediazione</strong> rispetto a questatematica sono i seguenti:1. un coinvolgimento attivo delle famiglie (ad esempioportando i genitori a scuo<strong>la</strong>, coinvolgendoli in attività dilettura multilingue, di racconti di storie <strong>per</strong>sonali, …);2. il rafforzamento dei flussi di comunicazione tra scuo<strong>la</strong> efamiglia (ad esempio organizzando incontri culturali sutemi quali <strong>la</strong> cura del bambino, il cibo, …);3. <strong>la</strong> presenza stabile, all’interno del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, di un supportoal<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> che funga da ponte tra scuo<strong>la</strong> efamiglia;4. il rafforzamento del<strong>la</strong> presenza dei mediatori nelle scuolemedie inferiori e su<strong>per</strong>iori (dove sono attualmentepresenti solo in forma frammentaria e discontinua), ancheattraverso <strong>la</strong> costituzione di equipe multidisciplinariche vedano una partecipazione attiva dei mediatori.Alle attività sopra elencate, e nell’ottica di fornire una rispostaa bisogni avanzati (rispetto al<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> tradizionale),potrebbero essere integrate azioni di accompagnamento dellefamiglie nelle fasi del ricongiungimento <strong>per</strong> coadiuvare i figli ariadattarsi al contesto famigliare nel quale non vivono talvoltada tempo; di assistenza alle famiglie che adottano bambini diorigine straniera; di supporto ai figli di quelle famiglie dove il<strong>la</strong>voro delle madri costringe i bambini/ragazzi a passare moltotempo da soli.Questa riflessione sulle seconde generazioni ha evidenziatoanche <strong>la</strong> consapevolezza del<strong>la</strong> necessità di accrescere <strong>la</strong> capacitàdei mediatori interculturali di rispondere a bisogni evoluti,andando quindi oltre le tradizionali attività di primo inserimentoe/o destinate a migranti appena giunti in Italia.


I <strong>la</strong>boratori come spazio di confronto e fucina di idee65Fig. 2 – I possibili servizi da attivareQueste attività possono riguardare svariati ambiti di intervento(<strong>la</strong>voro, educazione, socio - sanitario, …) e focalizzarsi suservizi che si spingano verso azioni che prendano in considerazionesituazioni di presenza stabile sul territorio con esigenzees. creazioned’impresaRispondere abisogni “Evoluti”es. riconoscimentodi titolie qualifichees. corso di italiano<strong>per</strong> mamme stranierees. aumentare<strong>la</strong> cultura del<strong>la</strong>preven-zione inambito sanitarioes. preparazionedel<strong>la</strong> “secondagenerazione” al<strong>la</strong><strong>mediazione</strong>mutate (e più evolute) rispetto alle tradizionali attività di primaaccoglienza.Le idee progettuali emerseIl confronto tra i mediatori nell’ambito dei <strong>la</strong>boratori haconsentito l’individuazione di una serie di proposte progettualiche potrebbero dare un ulteriore impulso alle attività di <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong> sul territorio, ma anche rafforzare/consolidare<strong>la</strong> figura del mediatore come soggetto attivo rispetto aibisogni del territorio.Le proposte emerse si concentrano essenzialmente su trefiloni:1. consolidamento dell’identità professionale del mediatore<strong>interculturale</strong> e rafforzamento dello scambio tra pari;2. consolidamento dei rapporti istituzionali e rafforzamentodel livello di coo<strong>per</strong>azione con gli o<strong>per</strong>atori;3. avvio di un processo di informazione sistematizzato che


66 Miche<strong>la</strong> Vecchiasi rivolga sia ai mediatori, sia agli o<strong>per</strong>atori ed ai fruitoridei servizi.Per quanto riguarda il primo punto (consolidamentodell’identità professionale e rafforzamento dello scambio tra pari),i partecipanti hanno riflettuto sul<strong>la</strong> possibilità di creare un“centro dell’interculturalità” che rappresenti uno spazio (fisico)d’incontro <strong>per</strong> i mediatori interculturali che <strong>la</strong>vorano nelsettore sociale in Liguria. All’interno di questa struttura, i mediatoridovrebbero avere <strong>la</strong> possibilità di riflettere sulle propriees<strong>per</strong>ienze <strong>la</strong>vorative e pratiche professionali in modo da creareun patrimonio professionale comune. Le principali attività dovrebberocomprendere anche <strong>la</strong> progettazione di iniziative disensibilizzazione e di informazione rivolte ai mediatori, maanche e soprattutto, agli o<strong>per</strong>atori ed al<strong>la</strong> cittadinanza allo scopodi promuovere attività di scambio e confronto che favoriscano<strong>la</strong> prevenzione dell’insorgere di situazioni di conflitto e <strong>la</strong>creazione di una cultura dell’accoglienza.Il centro, <strong>per</strong>tanto, dovrebbe svolgere tre funzioni essenziali:• punto d’incontro e confronto dove si possano organizzareseminari, <strong>la</strong>boratori e produrre materiale re<strong>la</strong>tivamente aspecifici settori di intervento (giuridico, educativo, sanitario,del <strong>la</strong>voro) e favorire <strong>la</strong> creazione di una rete di col<strong>la</strong>borazionestabile tra tutti i mediatori interculturali inognuno degli ambiti specifici e nei diversi territori suiquali o<strong>per</strong>ano;• luogo di sensibilizzazione e informazione attraverso il qualepromuovere incontri (settoriali) con gli o<strong>per</strong>atori sociali<strong>per</strong> rendere visibile le iniziative del centro e le attivitàdei mediatori facendolo diventare un punto di riferimentonel campo del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> in Liguria;• luogo di interscambio culturale attraverso il quale sensibilizzarele diverse nazionalità presenti sul territorio a parteciparead eventi sociali e culturali e favorire, così, unapartecipazione attiva al<strong>la</strong> vita sociale del<strong>la</strong> comunità territoriale(intesa nel suo insieme).Per quanto riguarda, invece, il consolidamento dei rapportiistituzionali ed il rafforzamento del livello di coo<strong>per</strong>azione con glio<strong>per</strong>atori, l’attenzione si è incentrata in partico<strong>la</strong>re sul mondo


I <strong>la</strong>boratori come spazio di confronto e fucina di idee67del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> con <strong>la</strong> proposta di dare il via ad una “campagna disensibilizzazione” degli o<strong>per</strong>atori del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> (dove <strong>la</strong> presenzadei mediatori non è continuativa) attraverso incontri informativi/formativirivolti ai docenti.Visto che il rapporto con le scuole resta uno dei nodi centralidel<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> e che gli interventi non hanno caratteristichedi continuità in tutti gli istituti sco<strong>la</strong>stici (in partico<strong>la</strong>re<strong>per</strong> quanto riguarda le scuole medie su<strong>per</strong>iori), ma quasi sempredi intervento ad hoc in situazioni problematiche, si ritieneche un’attività di sensibilizzazione rivolta agli insegnanti rispettoalle potenzialità che può offrire una col<strong>la</strong>borazione continuativacon i mediatori potrebbe consentire nuove interessantiopportunità.A questo proposito, una delle iniziative immaginate riguarda<strong>la</strong> possibilità di inserire, da parte dell’Ufficio Sco<strong>la</strong>stico Regionaletra i corsi di aggiornamento obbligatorio <strong>per</strong> gli insegnanti,un modulo sul<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> nel quadrodel quale possa essere presentata <strong>la</strong> figura del mediatore e vengaavviato un <strong>per</strong>corso di progettazione condivisa con le scuolee gli insegnanti.Il modulo dovrebbe concentrarsi, in partico<strong>la</strong>re, sui seguentitemi:1. <strong>la</strong> funzione del mediatore <strong>interculturale</strong> come ponte trascuo<strong>la</strong>, famiglia e nuovi cittadini (con partico<strong>la</strong>re riferimentoalle seconde generazioni);2. <strong>la</strong> rilevanza delle attività interculturali in tutte le scuoleed in tutte le aree (anche dove <strong>la</strong> presenza di alunni diorigine straniera non è forte, se non addirittura assente);3. l’importanza del dibattito sull’identità multiculturaledel nuovo cittadino italiano;4. <strong>la</strong> prevenzione del conflitto socio-culturale.La seconda iniziativa, sempre re<strong>la</strong>tiva all’ambito educativo,che si ritiene essenziale <strong>per</strong> consentire una maggiore visibilitàal<strong>la</strong> professionalità ed alle potenzialità dell’azione dei mediatoriinterculturali, è <strong>la</strong> partecipazione di questi ultimi al SaloneOrientamenti con un proprio spazio espositivo ed eventualmentel’organizzazione di incontri rivolti agli insegnanti da ripetersiquotidianamente <strong>per</strong> tutta <strong>la</strong> durata dell’evento. Questa


68 Miche<strong>la</strong> Vecchiainiziativa potrebbe, infatti, rappresentare un primo passo versouna maggiore coo<strong>per</strong>azione diretta con gli insegnanti dellescuole medie inferiori e su<strong>per</strong>iori. Nel quadro di questa iniziativa,inoltre, i mediatori hanno riflettuto sull’opportunità disviluppare una documentazione ad hoc che possa aiutare ilpubblico presente (insegnanti, formatori e giovani) a megliocomprendere <strong>la</strong> loro funzione e a riflettere su possibili <strong>per</strong>corsidi coo<strong>per</strong>azione. I documenti potrebbero comprendere:1. un opuscolo generale sul<strong>la</strong> figura del mediatore <strong>interculturale</strong>che chiarisca le funzioni, le competenze, gliambiti di intervento unitamente ad indicazioni pratichesu come può essere attivata l’azione di <strong>mediazione</strong>, inquali ambiti, le modalità <strong>per</strong> contattare un mediatore<strong>interculturale</strong>, …;2. opuscoli settoriali che descrivano le funzioni assolte e leattività messe in atto dai mediatori nei diversi ambiti diintervento sociale;3. un catalogo delle iniziative messe in atto sul territorioallo scopo di rendere visibile quanto già implementatoe, quindi, disponibile.Re<strong>la</strong>tivamente al terzo punto (avvio di un processo di informazionesistematizzato che si rivolga sia ai mediatori sia aglio<strong>per</strong>atori ed ai fruitori dei servizi) i mediatori hanno discusso <strong>la</strong>possibilità di creare un portale dedicato all’interculturalità chedovrebbe racchiudere in sé due funzioni essenziali:1. creare una finestra sull’interculturalità a<strong>per</strong>ta ad unpubblico il più ampio possibile (istituzioni, o<strong>per</strong>atori ebeneficiari diretti/indiretti delle azioni di <strong>mediazione</strong>),2. fornire una piattaforma di aggiornamento, sul modellodi una comunità di pratica, ai mediatori interculturaliche o<strong>per</strong>ano in Liguria.Il portale dovrebbe, <strong>per</strong>tanto, strutturarsi in una sezionepubblica, destinata ad un ampio pubblico di utenti ed una riservata,destinata unicamente ai mediatori interculturali e atutte le associazioni attive in questo ambito.La sezione pubblica dovrebbe configurarsi come un possibile<strong>per</strong>corso fruibile da una serie di soggetti che possano accederea <strong>per</strong>corsi specifici sia sul<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> propria identità


I <strong>la</strong>boratori come spazio di confronto e fucina di idee69(giovani, insegnanti, o<strong>per</strong>atori dei servizi, …), sia sul<strong>la</strong> base difiloni tematici specifici (gius<strong>la</strong>voristico, sanitario, …). Sul<strong>la</strong>base del<strong>la</strong> “scelta in entrata”, dovrebbero essere proposte alvisitatore una serie di informazioni, riferimenti, iniziative adhoc che possano essere rilevanti sia <strong>per</strong> l’individuo, sia <strong>per</strong> coloroche intendono approfondire le tematiche del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>e dell’interculturalità.Fig. 3 - Struttura del<strong>la</strong> sezione pubblica del portalePortale dell’interculturalitàEntra qui se sei …(questa sezione dovrebbe consentireuna navigazione del sito a secondadell’identità del visitatore – <strong>per</strong>corsie contenuti specifici)Un giovaneUn insegnanteUn o<strong>per</strong>atore dei servizi socialiUn o<strong>per</strong>atore ospedalieroUn medicoUn’aziendaUna famiglia…Informazioni(informazioni re<strong>la</strong>tive a novità, iniziative,nuovi servizi, …)Buone Pratiche(iniziative esemp<strong>la</strong>ri da poter riprodurrein altri contesti, anche da soggettidiversi dai mediatori)Entra qui se ti interessa sa<strong>per</strong>ne dipiù su …(questa sezione dovrebbe consentireuna navigazione tematica del sito –contenuti settoriali)CittadinanzaLavoroScuo<strong>la</strong>UniversitàOspedaleNormativa…Calendario Eventi(calendario aggiornato di tutti glieventi – istituzionali e non – re<strong>la</strong>tivial<strong>la</strong> interculturalità)Aggiornamenti Tematici(articoli, ricerche, riferimenti bibliografici,materiali didattici, …)Servizi di MediazioneDescrizione delle attività/specializzazioni del mediatore <strong>interculturale</strong>Descrizione, indirizzo web e contatti di coloro che si occupano di <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong>Elenco regionale dei mediatori interculturali (o link al<strong>la</strong> pagina del<strong>la</strong> Regione)Oltre all’opportunità di una navigazione “individualizzata”,<strong>la</strong> sezione pubblica dovrebbe dare <strong>la</strong> possibilità di accedere ad


70 Miche<strong>la</strong> Vecchiauna serie di informazioni specifiche (novità, eventi, buone pratiche,aggiornamenti tematici) e ad un vademecum sul<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong> in Liguria (attività, contatti, servizi offerti, …).Allo scopo di dare <strong>la</strong> maggior visibilità possibile al portale,inoltre, si ritiene opportuno attivare un link al portale a partiredai siti web delle istituzioni e dei diversi servizi e viceversa.Il portale, inoltre, dovrebbe utilizzare quale lingua principalel’italiano, ma prevedere anche <strong>la</strong> traduzione di alcune parti (inpartico<strong>la</strong>re quelle re<strong>la</strong>tive a normativa, servizi, …) nelle linguedei migranti presenti sul territorio ligure (spagnolo, arabo, …).Per quanto riguarda, invece, <strong>la</strong> sezione del portale riservataai mediatori, i contenuti dovrebbero focalizzarsi essenzialmentesu una raccolta sistematica di documentazione ed es<strong>per</strong>ienzeimplementate nell’ambito del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> capacidi arricchire e mantenere aggiornate le competenze nei variambiti di intervento (ad esempio opportunità formative, convegnie conferenze, es<strong>per</strong>ienze italiane e non, …). (vedi fig. 4)Allo scopo di rendere condivisibili tutte le es<strong>per</strong>ienze attuatesul territorio ligure e, conseguentemente, creare una comunitàdi pratiche che possa scambiarsi know-how in ambiti specifici,<strong>la</strong> sezione riservata dovrebbe contenere anche un databasere<strong>la</strong>tivo alle es<strong>per</strong>ienze attuate ed in atto (con re<strong>la</strong>tivi risultati,punti di forza, punti di debolezza, …), ed un database ditutti i soggetti coinvolti in attività di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>sul territorio (sia a livello professionale sia volontaristico).Questa sezione dovrebbe essere progettata come uno strumentoopen source in modo da consentire a tutti i soggetti chehanno accesso all’area riservata di aggiornare ed integrare leinformazioni disponibili mantenendole costantemente aggiornate.Ovviamente, <strong>la</strong> piattaforma, una volta creata, potrà esserearricchita da ulteriori funzioni sul<strong>la</strong> base dei bisogni informativiindividuati.


I <strong>la</strong>boratori come spazio di confronto e fucina di idee71Fig. 4 - Struttura dell’area riservata (ai mediatori) del portaleDatabase deiProgetti(descrizione di tutti i progetti realizzatie in corso sul territorio regionale– ogni progetto sarà descrittosecondo <strong>la</strong> scheda che segue)scheda progetto• Titolo del progetto• Ente promotore• Fonte di finanziamento (costo)• Territorio di riferimento• Target di riferimento (età)• Ambito di intervento (settore)• Stato di attuazione (in corso,ultimato)• Durata dell’intervento• Descrizione dell’intervento(obiettivi ed attività)• Risultati ottenuti• Punti di forza e punti didebolezza• Dati statistici (se disponibili)Database delle Associazionie degli Enti(descrizione di tutte le associazioni/enti/ istituzioni attivi nell’ambitodel<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> edelle loro attività)Opportunità Formative(elenco aggiornato delle opportunitàdi formazione, aggiornamento, seminari,convegni)Opportunità di Finanziamento(elenco aggiornato delle opportunitàdi finanziamento di iniziative nelcampo del<strong>la</strong> interculturalità, …)Es<strong>per</strong>ienze dall’Italia(link ad associazioni/ istituzioni/entiattivi nel campo del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong>, descrizione di progettiimplementati in altre regioni italiane,…)Es<strong>per</strong>ienze dal Mondo(link ad associazioni/ istituzioni/entiattivi nel campo del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong>, descrizione di progettiimplementati in altri paesi)L’aggiornamento professionale dei mediatori in futuroAl<strong>la</strong> conclusione delle attività di <strong>la</strong>boratorio è sembratoopportuno somministrare un breve questionario attraverso ilquale verificare <strong>la</strong> corrispondenza tra le aspettative dei partecipantied il <strong>per</strong>corso formativo proposto, il loro grado di soddisfazionecomplessivo e raccogliere, allo stesso tempo, suggerimenti<strong>per</strong> lo sviluppo di iniziative formative/di aggiornamentoda implementare in futuro.L’attenzione si è focalizzata essenzialmente sul<strong>la</strong> qualità/utilità degli incontri plenari, sul<strong>la</strong> rilevanza delle attività svoltenel quadro dei quattro <strong>la</strong>boratori e sui potenziali sviluppi diquanto emerso durante l’intero <strong>per</strong>corso di aggiornamento. Ilquestionario è stato somministrato a tutti i soggetti che hanno


72 Miche<strong>la</strong> Vecchiapreso parte all’intero ciclo, ovvero sia al<strong>la</strong> parte seminariale siaa quel<strong>la</strong> di <strong>la</strong>boratorio.Per quanto riguarda <strong>la</strong> soddisfazione rispetto al <strong>per</strong>corso, sievince che <strong>la</strong> totalità dei partecipanti ha apprezzato l’iniziativaed ha giudicato positivamente i temi individuati e <strong>la</strong> strutturazionedello stesso <strong>per</strong>corso (una parte di riflessione teorica accompagnatada una discussione guidata volta ad individuarepossibili sviluppi nel<strong>la</strong> pratica professionale).L’elemento che è stato maggiormente apprezzato si riferisceal<strong>la</strong> possibilità di un confronto tra pari che ha consentito unprocesso di apprendimento reciproco.Vista l’opportunità di scambiarci molte es<strong>per</strong>ienze, ognuno di noi haimparato dagli altriE’ importante che coesistano ascolto e dibattito, solo attraverso ilconfronto si può costruire e migliorareHa <strong>per</strong>messo un costruttivo scambio di es<strong>per</strong>ienzeLa parte “teorica” sviluppata nel corso dei seminari, inoltre,è stata ritenuta un elemento essenziale <strong>per</strong> <strong>la</strong> crescita professionaleindividuale ed uno spunto di riflessione <strong>per</strong> analizzare, construmenti nuovi ed attraverso il confronto tra pari, le problematichedel<strong>la</strong> pratica professionale.Abbiamo avuto l’opportunità di riflettere e agire su due versanti:uno teorico e l’altro pratico. I due versanti che nel mestiere del mediatore<strong>interculturale</strong> servono a costruire il proprio <strong>la</strong>voroAltro elemento apprezzato dai partecipanti è stata <strong>la</strong> possibilitàdi ascoltare, nel corso degli incontro plenari, le testimonianzedi mediatori provenienti da altre realtà territoriali (rispettoal<strong>la</strong> Provincia di Genova). Questa opportunità è statagiudicata come un’ulteriore possibilità di confronto ed unafonte di ispirazione <strong>per</strong> sviluppare ed innovare l’attività già inatto sul territorio.Apre <strong>orizzonti</strong> ancora sconosciuti sul nostro territorio, stimolo <strong>per</strong>immaginare ed attuare nuovi progetti di <strong>mediazione</strong>In questo modo entriamo in contatto con pratiche di altre realtà chesono molto utili <strong>per</strong> riuscire ad al<strong>la</strong>rgare <strong>la</strong> prospettiva <strong>interculturale</strong>nel territorio dove si <strong>la</strong>vora[…] si possono conoscere le es<strong>per</strong>ienze di altre realtà territoriali,paragonarle alle nostre es<strong>per</strong>ienze ed estrarre spunti di riflessione,prendere esempio e tentare di applicarle sul nostro territorio


I <strong>la</strong>boratori come spazio di confronto e fucina di idee73Indubbiamente, <strong>la</strong> pratica professionale individuale incidesulle tematiche di interesse primario, confermando un approcciomolto settoriale al<strong>la</strong> funzione di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>.Numerosi sono, infatti, i mediatori che hanno fatto riferimentoa temi legati all’ambito educativo e sanitario (che rappresentanoi loro settori primari di occupazione), mentre sembrano esserein numero inferiore coloro che sentono <strong>la</strong> necessità diconfrontarsi su tematiche più generali connesse al<strong>la</strong> funzionedel<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> (slegata da riferimenti settoriali) o di approfondiretemi rispetto ai quali avvertono il bisogno di una conoscenzadi tipo più teorico 2 .Per quanto riguarda le attività di <strong>la</strong>boratorio, i mediatorihanno espresso un giudizio complessivamente positivo, evidenziandone<strong>la</strong> funzione di confronto ed apprendimento reciproco.Potersi confrontare con i propri pari è stato vissuto comeuna opportunità di crescita <strong>per</strong>sonale e professionale, ma anchecome una occasione di conoscenza reciproca e di creazione dinuove reti sul territorio.Il confronto tra mediatori, con diverse es<strong>per</strong>ienze e strategie di interventodà un ventaglio di riflessioni su tipologie di interventi, problematichee possibili soluzioniCi dà <strong>la</strong> possibilità di tornare in un secondo momento sul tema[trattato nel corso degli incontri plenari] con nuovi criteri, approfondirecriticamente e cercare possibili soluzioni da diversi punti di vistaalle problematicheI <strong>la</strong>boratori hanno <strong>per</strong>messo un’interazione diretta tra i mediatori ein questo modo sono emerse problematiche, riflessioni e proposte<strong>per</strong> affrontare in un’ottica nuova <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> sulterritorioE’ stato utile <strong>per</strong> confrontarci su tutti gli aspetti del<strong>la</strong> professioneSi è trattato di occasioni di scambio di idee ed es<strong>per</strong>ienze diverse; si2 Tra i temi indicati dai mediatori, quelli che seguono sono quelli considerati di maggior rilievo: modalitàdi intervento rispetto agli adolescenti, interventi in ambito sanitario, <strong>la</strong> problematica dell’obbligoformativo e del <strong>la</strong>voro <strong>per</strong> i giovani tra i 16 ed i 18 anni, centri di prima accoglienza, <strong>mediazione</strong> deiconflitti, seconde (e terze) generazioni e conflitti generazionali, scuo<strong>la</strong> e <strong>la</strong>voro, donne e famiglia, leadozioni internazionali ed il possibile ruolo dei mediatori, progettazione (fondi nazionali ed europei),lotta al<strong>la</strong> discriminazione, le equipe multidisciplinari, il diritto e i diritti di cittadinanza


74 Miche<strong>la</strong> Vecchiaè riusciti ad individuare priorità ed obiettivi condivisi da <strong>per</strong>seguirePer quanto riguarda, invece, le aspettative <strong>per</strong> il futuro prossimoe sul<strong>la</strong> sostenibilità dell’intervento concluso, i partecipantihanno espresso il desiderio che iniziative di aggiornamento econfronto di questo tipo vengano nuovamente organizzate (almenouna volta l’anno) ed hanno dichiarato <strong>la</strong> loro volontà direalizzare, in col<strong>la</strong>borazione con le istituzioni, alcune delle ideeprogettuali discusse (e parzialmente sviluppate) nel corso dei<strong>la</strong>boratori.Per quanto riguarda il primo punto, l’esigenza espressa èquel<strong>la</strong> di proseguire nelle attività di aggiornamento/formazioneprofessionale attraverso <strong>la</strong> sistematizzazione delle iniziative chedovrebbero diventare più continuative nel tempo. E’ stata,inoltre, sottolineata <strong>la</strong> necessità/opportunità di al<strong>la</strong>rgare <strong>la</strong> partecipazione(ai <strong>la</strong>boratori) anche a soggetti con i quali i mediatorisi confrontano quotidianamente nel<strong>la</strong> pratica professionale(in partico<strong>la</strong>re o<strong>per</strong>atori e rappresentanti di enti ed istituzioni).Il corso è stato molto utile, innovativo, anche <strong>per</strong> <strong>la</strong> presenza dio<strong>per</strong>atori italiani. Mi sarebbe piaciuto coinvolgerli anche nei <strong>la</strong>boratori<strong>per</strong> conoscere il loro punto di vista rispetto ai temi, al ruolo delmediatore nei loro servizi, <strong>per</strong> avere un confronto arricchenteIn questo ambito, inoltre, viene ribadita <strong>la</strong> necessità di iniziativedi questo genere allo scopo di rafforzare l’identità collettivadel mediatore e <strong>la</strong> consapevolezza del proprio ruolo nelsettore di riferimento e nel territorio di intervento (“valorizzazionee auto-valorizzazione del mediatore”).Re<strong>la</strong>tivamente al secondo punto (realizzazione delle ideeprogettuali e<strong>la</strong>borate nel corso dei <strong>la</strong>boratori), tutti i mediatorihanno espresso un forte interesse, ed un’altrettanto elevatamotivazione, a proseguire nell’attività di progettazione e realizzazionedi interventi innovativi negli ambiti e nei territori diriferimento.


I <strong>la</strong>boratori come spazio di confronto e fucina di idee75ConclusioniLe attività di <strong>la</strong>boratorio, che avrebbero richiesto sicuramenteun tempo più esteso <strong>per</strong> giungere ad una progettazionepiù avanzata, hanno comunque <strong>per</strong>messo di raggiungere duerisultati di estremo rilievo.Il primo è sicuramente il fatto di aver ridotto l’iso<strong>la</strong>mento(se non reale, sicuramente <strong>per</strong>cepito) di ogni singolo mediatore,offrendo <strong>la</strong> possibilità di un confronto diretto tra pari cheha consentito una riflessione collettiva sul<strong>la</strong> funzione ed il ruolodel<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>, ma anche e soprattuttol’inizio del<strong>la</strong> creazione di una comunità di pratica che stentavaad attivarsi vista <strong>la</strong> frammentazione delle attività in cui i mediatorivengono coinvolti e l’intensità (in senso temporale) dell’attivitàindividuale su territori tra loro distanti.Il secondo, invece, è stato l’avvio di un gruppo di <strong>la</strong>vorostabile che intende portare avanti (possibilmente in col<strong>la</strong>borazionecon le varie istituzioni di riferimento) un’attività continuativasul territorio al fine di stimo<strong>la</strong>re nuovi approcci al<strong>la</strong><strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> e consentire un ulteriore sviluppo, intermini di propositività, del<strong>la</strong> coo<strong>per</strong>azione già in atto sul territorio.


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Parte III – Descrizione delle attività del progetto


Descrizione delle attività del progetto83Il progetto “Verso un servizio di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>territoriale”A cura del<strong>la</strong> Direzione Politiche Formative e del Lavorodel<strong>la</strong> Provincia di GenovaLa Provincia di Genova, con il contributo di Regione Liguria,ha avviato ormai più di un anno fa il progetto “Verso unservizio di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> territoriale”.Il progetto si propone di portare al centro l’analisi dei bisognidelle <strong>per</strong>sone straniere sganciando<strong>la</strong> dal<strong>la</strong> modalità di erogazionedel servizio di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> attualmentepiù diffusa sul territorio del<strong>la</strong> “committenza istituzionale unica”.Ad oggi, infatti, il modello prevalente sul territorio del<strong>la</strong>Provincia di Genova è quello di un mediatore “referente” diuna specifica istituzione (Scuo<strong>la</strong>, CPI, Anagrafe, Questura),con un mandato limitato all’erogazione del singolo servizio allostraniero che ne faccia richiesta.Il progetto propone dunque <strong>la</strong> “trasformazione del paradigmadel<strong>la</strong> Mediazione Interculturale come strumento chiavedelle politiche di integrazione” e dunque il passaggio da un tipodi “committenza singo<strong>la</strong>” (ogni servizio si rivolge al<strong>la</strong> <strong>per</strong>sonastraniera con l’obiettivo di rispondere al singolo problemadi propria competenza) al<strong>la</strong> “committenza plurale” (<strong>la</strong> <strong>per</strong>sonastraniera portatrice di bisogni multipli trova sul territorio ununico servizio di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> con il mandato dimigliorare <strong>la</strong> fruibilità dei differenti servizi pubblici e privatilocali avendo a questo fine stipu<strong>la</strong>to un accordo territoriale).


84 Direzione Politiche Formative e del Lavoro del<strong>la</strong> Provincia di GenovaDestinatariDestinatari del presente progetto sono gli stranieri presentisul territorio provinciale con partico<strong>la</strong>re attenzione a coloroche hanno maggiori difficoltà nel confronto <strong>interculturale</strong> acausa del<strong>la</strong> scarsa conoscenza del<strong>la</strong> lingua italiana, ma anche<strong>per</strong> le condizioni di iso<strong>la</strong>mento socio-culturale derivante dacontesti famigliari degradati o da riferimenti comunitari partico<strong>la</strong>rmentechiusi.Sono inoltre destinatari del progetto i mediatori interculturalie gli o<strong>per</strong>atori dei vari servizi coinvolti a partire da quellidirettamente impiegati nei servizi del<strong>la</strong> Provincia di Genova<strong>per</strong> <strong>la</strong> parte di crescita professionale, tramite attività di apprendimentocoo<strong>per</strong>ativo.Obiettivi specifici del progetto e azioni messe in campo1. Rafforzare <strong>la</strong> rete istituzionale (con l’auspicato coinvolgimentoanche di soggetti privati) dei soggetti interessatia mettere in comune le iniziative già adottate nel<strong>la</strong><strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> e a costruire le prassi o<strong>per</strong>ative<strong>per</strong> rendere fruibile al più vasto pubblico dei beneficiaripotenziali il servizio di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>su<strong>per</strong>ando le separazioni tra differenti servizi.La Provincia di Genova, <strong>per</strong> proporre tali forme di col<strong>la</strong>borazionee utilizzo congiunto dei servizi, parte dalleconsolidate reti di rapporti con soggetti pubblici e privatiche ha attivato negli anni e dal<strong>la</strong> sua funzione istituzionaledi raccordo sovra comunale, considerandoinoltre <strong>la</strong> capil<strong>la</strong>re presenza sul territorio di sportelliprovinciali (Centri <strong>per</strong> l’Impiego) e comunali/provinciali(Informa<strong>la</strong>voro) dove già oggi <strong>la</strong> cittadinanza trovaservizi. E’ in corso di sottoscrizione un “Protocollo <strong>per</strong><strong>la</strong> condivisione dei servizi territoriali di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>”.Sono stati realizzati incontri con <strong>la</strong> Conferenzadi Distretto Socio Sanitario 10, il Comune di Genovae i Comuni di Santa Margherita e Rapallo <strong>per</strong> iniziarea discutere le possibili forme di convergenza/inte-


Descrizione delle attività del progetto85grazione dei diversi servizi di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>già o<strong>per</strong>anti.2. Individuare i bisogni e raggiungere con il servizio di<strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> i Comuni del<strong>la</strong> Provincia diGenova che da alcuni anni sono interessati in modosempre più intenso ai fenomeni migratori e col<strong>la</strong>boranocon l’Amministrazione sulle tematiche del <strong>la</strong>voro attraversogli Sportelli Informa<strong>la</strong>voro (in partico<strong>la</strong>re servizisociali non già supportati dai distretti sociali del Comunedi Genova).Interventi realizzati nel <strong>per</strong>iodo ottobre 2009 n. interventi- agosto 2010 presso gli Informa<strong>la</strong>voro di:Sestri Levante 114Rapallo e Santa Margherita 288Arenzano 82Busal<strong>la</strong> 236Campomorone 152Sant’Olcese 126TOTALE 998Suddivisione <strong>per</strong> tipologia di intervento:Colloqui insede (Informa<strong>la</strong>voro)Accompagnamentoverso altriserviziMediazionepresso altriserviziContatti con iservizi792 87 31 883. Concordare e sviluppare con i soggetti istituzionali delsettore dei servizi rivolti all’area penale una specificamodalità o<strong>per</strong>ativa di servizio di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong><strong>per</strong> contribuire ad affrontare le problematiche propriedel<strong>la</strong> fase di ingresso e del<strong>la</strong> <strong>per</strong>manenza deglistranieri nelle strutture penitenziarie.


86 Direzione Politiche Formative e del Lavoro del<strong>la</strong> Provincia di GenovaStruttura carcerariaottobre dicembre2009gennaioaprile2010maggioagosto2010totalecc. Marassi 104 156 180 440cc. Pontedecimo(sez. Femminile) 73 162 104 339cc. Pontedecimo(sez. Maschile) 33 91 64 188cc.Chiavari 48 68 72 188TOTALE 258 477 420 11554. Curare <strong>la</strong> crescita e l’aggiornamento professionale dimediatori e o<strong>per</strong>atori dei servizi. Individuare ulterioriaree di bisogno nelle quali introdurre <strong>la</strong> funzione di<strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>. Anche in quest’ottica sonostati progettati e realizzati gli incontri seminariali di cuisi dà conto in questo volume.5. Realizzare colloqui di accoglienza, informazione e diorientamento re<strong>la</strong>tivamente ai servizi presenti sul territorio(anagrafe, distretti sociali, strutture sanitarie, scuole,centri educativi).6. Realizzare azioni accompagnamento dei cittadini stranieriai servizi del territorio.


Appendice87


Appendice89Le frontiere avanzate del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>: l'approccioterritoriale - Riflessioni in merito ai risultati del<strong>la</strong> ricercaGiorgia FranzoneNell’ambito del<strong>la</strong> tesi “Le frontiere avanzate del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>:l’approccio territoriale”, un capitolo è stato dedicato al<strong>la</strong><strong>mediazione</strong> sul territorio ed in partico<strong>la</strong>re al progetto “Verso unservizio territoriale di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>”, e<strong>la</strong>borato esviluppato dal<strong>la</strong> Provincia di Genova, in col<strong>la</strong>borazione con ilConsorzio Motiva, e finanziato dal<strong>la</strong> Regione Liguria.Nel quadro del <strong>la</strong>voro di tesi è stata approfondita esclusivamentel’es<strong>per</strong>ienza genovese con l’obiettivo di raccogliere informazionisul funzionamento del progetto e sul processo diimplementazione dello stesso sul territorio.Nell’ambito di questa analisi sono state condotte una seriedi interviste semi-strutturate 1 a dieci mediatori attivi nel progettosul<strong>la</strong> base di una traccia di intervista e<strong>la</strong>borata in col<strong>la</strong>borazionecon il corre<strong>la</strong>tore del<strong>la</strong> tesi (nonché responsabile scientificodel corso di aggiornamento) e con un referente del<strong>la</strong> RegioneLiguria (Elisa Turno).La traccia dell’intervista si è limitata a prefissare otto domandea<strong>per</strong>te secondo <strong>la</strong> cosiddetta tecnica ad “imbuto”, che passada un argomento più generale a temi via via più specifici.Le prime due domande, hanno introdotto l’argomento centralesul quale si è poi incentrata tutta l’intervista e cioè il proget-1 L’intervista semi-strutturata è <strong>la</strong> forma di intervista più frequentemente utilizzata con i “testimoni privilegiati”,<strong>per</strong>sone cioè che possiedono una conoscenza es<strong>per</strong>ta del campo di indagine e che possono, <strong>per</strong>tanto, fornire unquadro di insieme dell’oggetto di studio a partire da un punto di vista qualificato. In questo contesto, le domandeconsentono all’intervistato di rispondere liberamente ad un insieme fisso e ordinato di domande a<strong>per</strong>te.


90 Giorgia Franzoneto “Verso un servizio territoriale di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>”.La prima aveva l’obiettivo di raccogliere le impressioni delsingolo mediatore sul<strong>la</strong> sua es<strong>per</strong>ienza <strong>per</strong>sonale nei servizi,cercando di capire se il suo <strong>la</strong>voro viene valorizzato e <strong>per</strong>cepitoin modo corretto. La seconda domanda, invece, ha cercato dirilevare se il cittadino straniero incontra ancora delle criticitàquando si deve muovere tra più servizi e o<strong>per</strong>atori.Entrambe le domande possono essere, quindi, consideratedomande chiave in quanto hanno consentito di “aprire <strong>la</strong> porta”,mentre le restanti cinque domande riguardavano il progettoed hanno consentito ai mediatori di esprimere il loro puntodi vista, i punti di forza e le criticità riscontrate nell’ambitodel<strong>la</strong> loro attività professionale.Le domande hanno verificato se ci sono state delle trasformazioniall’interno dei servizi, nel territorio e nel modo di <strong>la</strong>voraredei mediatori interculturali che possano essere messe inre<strong>la</strong>zione con l’implementazione del progetto. In partico<strong>la</strong>re iquesiti hanno cercato di rilevare:• se il progetto ha consentito cambiamenti concreti sia alivello professionale sia nell’erogazione dei servizi;• l’es<strong>per</strong>ienza dei mediatori all’interno dell’ambito penale,realtà complessa che richiede preparazione formativae col<strong>la</strong>borazione con le altre figure professionali;• se le attività previste dal progetto hanno consentito unmaggiore coinvolgimento dei mediatori nel<strong>la</strong> progettazionedei servizi e negli interventi rivolti all’utenza;• se il ciclo di incontri e <strong>la</strong>boratori di aggiornamento hamesso a disposizione dei mediatori informazioni e conoscenzeadeguate <strong>per</strong> consentire loro di agire positivamenteall’interno del progetto;• se il passaggio ad una <strong>mediazione</strong> sul territorio ha introdottonuove problematiche;• <strong>la</strong> <strong>per</strong>tinenza dei progetti rispetto ai bisogni del territorioo se si dovrebbero potenziare altri servizi.Nonostante si sia utilizzata una traccia fissa che prevedevale stesse domande <strong>per</strong> tutti gli intervistati, <strong>la</strong> conduzionedell’intervista ha richiesto variazioni dipendenti dalle rispostedi volta in volta ottenute dall’intervistato, quindi dal<strong>la</strong> singo<strong>la</strong>


Le frontiere avanzate del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>: l'approccio territoriale91situazione. Ad esempio, alcune domande non sono state propostein conseguenza del fatto che l’intervistato aveva già fornitoinformazioni su quel tema all’interno di un’altra, precedente,risposta. Inoltre, all’interno dell’atto di interrogazione, ci sonostati alcuni interventi volti a una migliore comprensione o a unapprofondimento del<strong>la</strong> risposta fornita.Soffermandoci ad esaminare i risultati del<strong>la</strong> ricerca sul campo,come già accennato in precedenza, i mediatori interculturaliintervistati sono, <strong>per</strong> <strong>la</strong> quasi totalità, professionisti che o<strong>per</strong>anoda molto tempo sul territorio e nell’ambito del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>presso i servizi e le istituzioni.Dalle prime due domande (focalizzate su argomenti di tipogenerale) è emersa una positività di vedute rispetto al<strong>la</strong> valorizzazionedel<strong>la</strong> figura del mediatore sul territorio. I mediatori,infatti, si sentono maggiormente presi in considerazione inquanto nel corso degli anni sono sorte numerose col<strong>la</strong>borazionicon gli o<strong>per</strong>atori dei servizi, che hanno dato l’opportunità di farconoscere <strong>la</strong> figura professionale del mediatore e di farne comprenderele funzioni. Alcuni intervistati hanno affermato che <strong>la</strong>non conoscenza delle loro funzioni e dei loro obiettivi professionalicreava, negli altri o<strong>per</strong>atori, dubbi e <strong>per</strong>plessità che sipossono su<strong>per</strong>are solo <strong>la</strong>vorando insieme, col<strong>la</strong>borando e veico<strong>la</strong>ndoil messaggio che i mediatori non intendono sostituirsia nessuno, bensì vogliono integrare l’agire professionale deiservizi, fornendo ai cittadini stranieri un supporto qualificato edi qualità.La conoscenza è il motore dei cambiamenti e solo attraverso<strong>la</strong> conoscenza si può giungere ad una corretta <strong>per</strong>cezione dellefunzioni dei mediatori interculturali. Spesso, i mediatori sonoconsiderati come meri traduttori o sono chiamati a svolgereattività non <strong>per</strong>tinenti al<strong>la</strong> loro qualifica. E’ importante, invece,che si capisca che <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> non è solo questo:essa principalmente ripristina una comunicazione interrottao compromessa; si dovrebbe andare oltre l’aspetto verbale elinguistico e focalizzarsi su quello non verbale, sulle abitudini,le tradizioni, i costumi e i modi di essere.E’ stato sottolineato, inoltre, che anche i corsi di formazionee aggiornamento, realizzati a livello locale, hanno rafforzato il


92 Giorgia Franzoneloro o<strong>per</strong>ato, continuando in questo lungo <strong>per</strong>corso di valorizzazionee di professionalizzazione del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>.Sono emerse, invece, una serie di criticità quando è statochiesto agli intervistati se i cittadini stranieri incontrano delledifficoltà quando devono muoversi fra più servizi e o<strong>per</strong>atori.Il pensiero comune (e prevalente) è che, attualmente, gli stranierisi imbattono ancora in diverse criticità sul territorio dovutesia al<strong>la</strong> loro ines<strong>per</strong>ienza e al<strong>la</strong> mancanza di strumenti, siaal<strong>la</strong> complessità burocratica dei servizi italiani (difficoltosa anche<strong>per</strong> i cittadini autoctoni). Queste difficoltà fanno emergereulteriormente l’importanza del<strong>la</strong> presenza stabile di un mediatore<strong>interculturale</strong> sul territorio, che diventi un punto di riferimento<strong>per</strong> l’utenza straniera, un aiuto <strong>per</strong> consentire una miglioreintegrazione nel tessuto sociale e un orientamento <strong>per</strong>districarsi nel<strong>la</strong> complessità del<strong>la</strong> burocrazia italiana.Alcuni mediatori hanno fatto anche notare l’ines<strong>per</strong>ienzadegli o<strong>per</strong>atori dei servizi nel trattare problematiche riguardantil’immigrazione, ines<strong>per</strong>ienza che potrebbe essere ridotta attraversocorsi di formazione specifica e attività di col<strong>la</strong>borazionediretta con i mediatori interculturali.Le risposte alle domande inerenti al progetto “Verso unservizio territoriale di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>”, hanno fornitoinformazioni interessanti sul funzionamento del progetto e sul<strong>la</strong>sua implementazione sul territorio.La maggioranza degli intervistati ha espresso un giudiziopositivo nei confronti di un progetto che <strong>per</strong>mette di conferireai mediatori <strong>la</strong> tanto attesa stabilità sul territorio; essi affermano,infatti, di <strong>la</strong>vorare meglio nei servizi, di avere <strong>la</strong> possibilitàdi creare col<strong>la</strong>borazioni durature e concrete con gli altri o<strong>per</strong>atorie di divenire un punto di riferimento stabile <strong>per</strong> l’utenzastraniera. È emerso che questo progetto sta migliorando paralle<strong>la</strong>mente<strong>la</strong> qualità dei servizi rivolti all’utenza straniera e <strong>la</strong>qualità di una professione che è sempre stata fragile e pocostabile, in quanto i mediatori spesso si devono muovere sulterritorio e tra una varietà di servizi senza mai potersi radicareall’interno di questi ultimi e senza avere il tempo e <strong>la</strong> possibilitàdi intraprendere <strong>per</strong>corsi progettuali di lungo <strong>per</strong>iodo.


Le frontiere avanzate del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>: l'approccio territoriale93A questa visione positiva si contrappone, <strong>per</strong>ò, <strong>la</strong> paura chequesto progetto non venga prorogato: ora che hanno iniziato arealizzare le attività previste dal progetto e ad o<strong>per</strong>are con maggiorecontinuità in ambiti partico<strong>la</strong>ri e delicati, come quellopenale, vi è <strong>la</strong> s<strong>per</strong>anza che tutto continui e che possa consolidarsi.La <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>, infatti, ha bisogno di questatipologia di progetti <strong>per</strong> potersi sviluppare ulteriormente, masenza <strong>la</strong> stabilità progettuale, anche quel<strong>la</strong> professionale puòessere compromessa.Dall’attivazione del progetto, non si sono rilevati cambiamentisignificativi <strong>per</strong> quanto riguarda un maggiore coinvolgimentodei mediatori nel<strong>la</strong> progettazione dei servizi. La maggiorparte degli intervistati si sente ancora poco coinvolta nel<strong>la</strong> faseprogettuale delle attività, sostenendo di venire a conoscenza delprogetto solo quando è già stato approvato, mentre sarebbeimportante dare un contributo ed essere tenuti in considerazionenelle fasi creative e di progettazione.Gli interventi rivolti all’utenza sono, invece, migliorati inquanto il mediatore, disponendo di un numero di ore settimanalifisso <strong>per</strong> o<strong>per</strong>are in un determinato servizio, riesce ad instaurare,rispetto al passato, rapporti significativi con l’utenzastraniera realizzando azioni di sostegno, orientamento e aiutopiù concrete ed efficaci. Anche l’utenza straniera trae dei vantaggida ciò, in quanto muovendosi nel proprio territorio, ècosciente che nei servizi sono presenti, in modo stabile, o<strong>per</strong>atoricompetenti nel campo del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> e che, anche <strong>per</strong> leloro caratteristiche <strong>per</strong>sonali, sono maggiormente vicini a determinateproblematiche e dotati di partico<strong>la</strong>re sensibilità.La presenza continuativa sul territorio, inoltre, ha <strong>per</strong>messoai mediatori di conoscere o approfondire specifiche problematichelegate all’es<strong>per</strong>ienza migratoria: mentre alcuni intervistatihanno affermato che i problemi che riguardano gli stranierisono sempre gli stessi (casa, <strong>la</strong>voro e denaro), altri hanno <strong>per</strong>cepitosul territorio altre criticità, soprattutto nelle famiglie, euna difficoltà di integrazione degli stranieri nel<strong>la</strong> società italianadovuta a scarsa capacità di adattamento agli usi e costumiitaliani, disorientamento nel momento dell’arrivo in Italia,


94 Giorgia Franzonemancato riconoscimento dei titoli di studio, ecc.Per far fronte a tutte queste problematiche, <strong>la</strong> quasi totalitàdei mediatori, ha espresso il desiderio di vedere un potenziamentodell’attività di <strong>mediazione</strong> in alcuni servizi specifici. Ilprogetto in corso si è focalizzato principalmente sull’ambitopenale e <strong>la</strong>vorativo (Informa<strong>la</strong>voro) ottenendo risultati soddisfacentima, secondo gli intervistati, <strong>la</strong> presenza dei mediatorinelle scuole e negli ospedali incontra ancora numerosi ostacoli.La <strong>mediazione</strong> nelle strutture sco<strong>la</strong>stiche è prassi consolidatada anni, tuttavia molti mediatori <strong>la</strong>mentano una scarsa col<strong>la</strong>borazioneda parte di alcuni insegnanti e <strong>la</strong> mancanza di progettia lungo termine.Per quanto riguarda <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> all’interno degli ospedali,invece, dalle interviste è emerso che questo resta un nodo diforte criticità. I mediatori interculturali <strong>la</strong>vorano in questo settoreprincipalmente “a chiamata” e ciò comporta una serie diproblematicità: difficoltà ad intervenire nei casi di urgenza (anchea causa di mancata re<strong>per</strong>ibilità), discontinuità dei serviziofferti, forte stress <strong>per</strong> i mediatori; impossibilità di garantireagli utenti stranieri uno scambio comunicativo equilibrato conil <strong>per</strong>sonale sanitario. In ambito ospedaliero spesso il contestocomunicativo viene sottovalutato dando precedenza unicamenteal<strong>la</strong> cura del sintomo presentato dal paziente. Una maggioreattenzione, invece, dovrebbe essere dedicata agli aspetti nonverbali (tradizioni, usi e costumi, modi di essere) del<strong>la</strong> comunicazionetra <strong>per</strong>sonale sanitario e paziente, che specialmentenel<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia acutizzano le differenze.La soluzione potrebbe essere rappresentata dal<strong>la</strong> presenzafissa di un mediatore in determinati giorni e orari <strong>per</strong> consentire<strong>la</strong> realizzazione di un sistema organizzativo efficiente, in cuianche gli o<strong>per</strong>atori sanitari dovrebbero impegnarsi ad unastretta col<strong>la</strong>borazione con i mediatori interculturali.La domanda che ha suscitato negli intervistati maggiore interesse,è stata quel<strong>la</strong> riguardante l’es<strong>per</strong>ienza di <strong>la</strong>voro in ambitopenale. Alcuni mediatori possedevano una duratura es<strong>per</strong>ienza<strong>la</strong>vorativa all’interno di questa realtà, ma il progetto ha<strong>per</strong>messo di consolidare <strong>la</strong> loro presenza all’interno del carceree, di conseguenza, anche le loro attività con i detenuti.


Le frontiere avanzate del<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong>: l'approccio territoriale95Avere un orario fisso settimanale di presenza all’interno delcarcere è risultato essere fondamentale in quanto i bisogni deidetenuti stranieri sono tanti e, in alcuni casi, anche più complessirispetto a quelli dei detenuti italiani. Essi si ritrovanosenza punti di riferimento, spesso lontani dal<strong>la</strong> famiglia, in unarealtà difficile e il mediatore <strong>interculturale</strong> diviene uno spiragliodi luce, un canale di collegamento tra il fuori e il dentro,tra il carcere e il proprio paese di origine. I detenuti aspettanoogni settimana l’incontro con il mediatore <strong>interculturale</strong> con ilquale hanno <strong>la</strong> possibilità di par<strong>la</strong>re <strong>la</strong> propria lingua d’origine,di conoscere i fatti che avvengono nel loro paese e di chiedereinformazioni sul<strong>la</strong> famiglia e sugli amici. Si crea, in questo modo,un legame che costituisce un importante sostegno psico-fisico<strong>per</strong> il detenuto, anche in vista del suo reinserimento nel<strong>la</strong>società, che può dare risultati concreti e duraturi solo se <strong>la</strong>presenza del mediatore nel carcere è continuativa e costante.I mediatori non hanno avuto rilevanti problemi ad inserirsiall’interno dell’organizzazione del carcere anche se, in alcunicasi, <strong>la</strong> formazione teorica prima di iniziare le attività è statapoco completa. Per quanto riguarda il rapporto con le altre figureprofessionali all’interno del carcere, i mediatori sono riuscitia farsi conoscere e a conquistare <strong>la</strong> loro fiducia e stimaoffrendo il loro contributo. Sono emersi alcuni problemi con leguardie carcerarie che, in alcuni casi, si sono dimostrate pococol<strong>la</strong>borative e scarsamente interessate al <strong>la</strong>voro effettuato daimediatori interculturali.Per quanto riguarda il ciclo di incontri di aggiornamento e i<strong>la</strong>boratori, sono stati accolti con entusiasmo da tutti i mediatoriche li hanno considerati come un’opportunità <strong>per</strong> acquisireulteriori conoscenze, <strong>per</strong> agire positivamente nell’ambito delprogetto e hanno costituito un’occasione di incontro tra i vario<strong>per</strong>atori. La quasi totalità degli intervistati ha rimarcato l’importanzadi questo scambio es<strong>per</strong>ienziale, di avere avuto <strong>la</strong>possibilità di discutere i vari casi e di aver potuto conosceremeglio i colleghi scambiandosi notizie e informazioni sull’attivitàprofessionale svolta da ciascuno.A causa del<strong>la</strong> complessità organizzativa del loro <strong>la</strong>voro, e delfatto che o<strong>per</strong>ano su un territorio vasto, i mediatori hanno


96 Giorgia Franzonesempre avuto scarse possibilità di incontro e le ore dedicatealle riunioni di gruppo sono sempre state poche e male organizzate:i cicli di <strong>la</strong>boratorio, <strong>per</strong>tanto, sono stati un’importanterisorsa di arricchimento professionale.Una criticità emersa è che ai <strong>la</strong>boratori hanno partecipatosolo i mediatori, mentre non erano presenti gli o<strong>per</strong>atori deiservizi. Per alcuni intervistati ciò è risultato negativo <strong>per</strong>ché inquesto contesto ci sarebbe stato più spazio <strong>per</strong> il dibattito esarebbe stato importante avere un confronto diretto volto aconoscere i rispettivi punti di vista.In conclusione, dai risultati del<strong>la</strong> ricerca emerge che <strong>la</strong> prossimitàdel territorio rappresenta un elemento fondamentale nel<strong>la</strong>voro di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>. Gli interventi più efficacisono a carattere continuativo in quanto, il rischio di una frammentazionedelle attività (anche in senso temporale), è che ilmediatore sia coinvolto soprattutto nelle emergenze, <strong>per</strong>dendodi vista il processo e l’obiettivo complessivo ovvero: il miglioramentodelle re<strong>la</strong>zioni e l’integrazione delle culture nel rispettodelle differenze. Il progetto “Verso un servizio territoriale di<strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>” intende proprio intraprendere questo<strong>per</strong>corso di lungo termine e s<strong>per</strong>imentare un modello diintervento non più “servizio-centrato”, ma che parta dal<strong>la</strong> complessitàdei bisogni del<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona straniera e <strong>la</strong> aiuti a costruireun <strong>per</strong>corso individuale <strong>per</strong> <strong>la</strong> fruizione dei servizi. Il mediatorediventa <strong>per</strong>tanto una figura che, attraverso competenze linguistiche,culturali e re<strong>la</strong>zionali, rappresenta e accompagna lostraniero nelle sue molteplici re<strong>la</strong>zioni con le istituzioni pubblichee private del territorio.


Appendice97Il progetto “Me.Te.” realizzato nel Distretto Sociosanitariofinalese: risultati e considerazioniSerena MilesiAll’interno del<strong>la</strong> tesi di <strong>la</strong>urea “La <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>sul territorio finalese: il progetto Me.Te.”, è stato illustrato ilprogetto di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> territoriale realizzato dalDistretto Sociosanitario n. 5 finalese 1 .“Me.Te.” è un progetto provinciale realizzato dai quattrodistretti sociosanitari del<strong>la</strong> Provincia di Savona (Distretto n. 4Albenganese, n. 5 Finalese, n. 6 delle Bormide e n. 7 Savonese)e dall’ASL 2 Savonese.Le informazioni re<strong>la</strong>tive al progetto sono state raccolte attraverso<strong>la</strong> partecipazione diretta al<strong>la</strong> progettazione dello stessoe ad alcuni interventi implementati. È stato, inoltre, utilizzatolo strumento delle interviste ad alcuni mediatori interculturaliche <strong>la</strong>vorano nel quadro del progetto “Me.Te.”, <strong>per</strong> approfondirnealcuni elementi specifici.Nel 2008, con l’emanazione del<strong>la</strong> delibera n. 753 (Approvazioneprogetto servizi di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> realizzato conle province liguri), <strong>la</strong> Regione Liguria ha previsto <strong>la</strong> messa a sistemadei servizi di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> attraverso lostanziamento di risorse specifiche alle quattro Province liguri.Nel maggio dello stesso anno è stato istituito un Tavolo di LavoroTecnico Regione/Province liguri, che ha realizzato un<strong>per</strong>corso di analisi delle caratteristiche e delle criticità del<strong>la</strong><strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> presso i servizi pubblici e privati deirispettivi territori.1 La tesi è stata e<strong>la</strong>borata a conclusione del Corso di <strong>la</strong>urea specialistica in direzione sociale e servizi al<strong>la</strong> <strong>per</strong>sonasvolto presso <strong>la</strong> Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Genova


98 Serena MilesiAl termine di questa analisi, ed in seguito allo stanziamentodei finanziamenti da parte del<strong>la</strong> Regione, le Province hannoassegnato le risorse disponibili ai distretti sociosanitari e alleASL presenti sul proprio territorio, sul<strong>la</strong> base di criteri qualil’ampiezza territoriale e <strong>la</strong> numerosità del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione stranieraresidente.La Provincia di Savona, in partico<strong>la</strong>re, ha e<strong>la</strong>borato il progetto“Mediazione <strong>interculturale</strong> territoriale” nel quadro delquale <strong>la</strong> Provincia ha assunto un ruolo di regia <strong>la</strong>sciando ai distrettil’e<strong>la</strong>borazione/progettazione degli interventi da implementaresul territorio. Questa col<strong>la</strong>borazione tra i vari soggettisi è resa necessaria poiché <strong>la</strong> presenza straniera nel<strong>la</strong> Provinciadi Savona è caratterizzata da notevoli differenze culturali elinguistiche che impediscono di concepire un unico grandeprogetto provinciale. Proprio da qui deriva <strong>la</strong> scelta di attribuireai distretti il compito di realizzare e calibrare, sul<strong>la</strong> basedelle singole esigenze e specificità territoriali, progetti di <strong>mediazione</strong><strong>interculturale</strong> specifici.Il progetto “Mediazione Interculturale Territoriale” è statoavviato dal<strong>la</strong> Provincia di Savona nel gennaio 2010.Oltre al ruolo di regia e coordinamento nel quadro dell’implementazionedel progetto, <strong>la</strong> Provincia di Savona ha promossodue ulteriori iniziative: <strong>la</strong> creazione di un sito web focalizzatosul<strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> e l’istituzione di un serviziodi call center dedicatoIl sito web, <strong>la</strong> cui attivazione è prevista <strong>per</strong> <strong>la</strong> fine del 2010,conterrà le seguenti informazioni:• una mappa con motore di ricerca dei servizi territorialicon l’indicazione di tutti i servizi presenti sul territorio:patronati, servizi al<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona, sportelli di informazione,Informagiovani, uffici e servizi vari;• un elenco dei punti informativi specificatamente dedicatiagli stranieri;• un re<strong>per</strong>torio del<strong>la</strong> modulistica standard e specifica direttamentescaricabile e accompagnato da note esplicativemultilingua;• un sistema Frequently Asked Questions;• guide multilingue in formato PDF;


Il progetto “Me.Te.”99• una serie di link provinciali, regionali e nazionali e contattiutili;• una video box di presentazione curata dalle mediatriciculturali attive sul territorio.Il sito web <strong>per</strong>metterà, <strong>per</strong>tanto, di avere una panoramicadei servizi presenti sull’intero territorio provinciale e costituiràuno strumento di ausilio <strong>per</strong> gli o<strong>per</strong>atori e consentirà altresì diindirizzare l’utente verso il servizio che più risponde alle sueesigenze e bisogni.Per quanto riguarda il servizio di call center, che è già attivo,a rispondere sono mediatori interculturali qualificati cheo<strong>per</strong>ano su quattro matrici linguistiche attualmente identificatecome prioritarie: albanese, araba, ispano–americana, rumena.Con questo servizio si intende facilitare l’accesso ai servizi,promuovere i servizi di accoglienza ed eliminare ogni forma didiscriminazione.Prima di passare ad analizzare il progetto sviluppato dalDistretto Finalese nel dettaglio, è necessaria una premessa teorica.Il Distretto Sociosanitario è <strong>la</strong> dimensione territoriale incui si integrano i servizi sociali dei Comuni con i servizi sociosanitaridell’Azienda Sanitaria Locale. Il territorio del DistrettoSociosanitario n. 5 Finalese è costituito da sedici Comuni ricompresiin tre Ambiti Territoriali Sociali (ATS) che costituiscono<strong>la</strong> sede di accesso al<strong>la</strong> rete locale di interventi e servizisociali di base. Gli ATS sono i seguenti:• ATS 20 di Loano (comprende i comuni di Loano, Balestrino,Boissano, Borghetto Santo Spirito e Toirano);• ATS 21 di Pietra Ligure (comprende i comuni di PietraLigure, Borgio Verezzi, Giustenice, Magliolo e Tovo SanGiacomo);• ATS 22 di Finale Ligure (comprende i comuni di FinaleLigure, Calice, Noli, Orco Feglino, Rialto e Vezzi Portio).Il ruolo del distretto nel progetto “Me.Te.” consiste nell’attivazionedi interventi di <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> a supportodei servizi e degli o<strong>per</strong>atori pubblici e del privato sociale presentisul territorio.


100 Serena MilesiIl DSS finalese ha stipu<strong>la</strong>to, <strong>per</strong> <strong>la</strong> gestione del progetto, unaconvenzione con l’Ente Ligure di Formazione (E.L.Fo) di Albengache, nel marzo 2009 ha attivato un corso di formazioneprofessionale <strong>per</strong> <strong>la</strong> figura di mediatore <strong>interculturale</strong>. I mediatori,che <strong>la</strong>vorano attualmente al progetto “Me.Te.”, hannotutti ottenuto l’attestato di qualifica nel quadro di questo <strong>per</strong>corsoformativo e, altro elemento significativo, sono tutte <strong>per</strong>soneche hanno alle spalle un progetto migratorio. Uno dei requisiti<strong>per</strong> accedere al corso, infatti, era <strong>la</strong> nazionalità straniera;scelta, questa, effettuata allo scopo di valorizzare il bagaglioes<strong>per</strong>ienziale e di vita di ogni singolo mediatore.In una fase successiva è stata firmata (tra DSS Finalese edE.L.Fo.) una convenzione re<strong>la</strong>tivamente al <strong>per</strong>iodo di tirociniodei mediatori.Tutti i mediatori hanno svolto uno stage presso i distrettisociosanitari del finalese e dell’albenganese e presso altri servizisocio-educativi, dove è stata svolta anche attività di didatticain au<strong>la</strong>.L’attività di stage è coincisa con le fasi preliminari di avviodel progetto “Me.Te.” ed è stata un utile strumento, <strong>per</strong> i servizie gli o<strong>per</strong>atori, <strong>per</strong> conoscere le finalità dello stesso. Inoccasione dell’attività di stage, inoltre, i mediatori hanno svoltouna rilevazione dei bisogni del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione straniera presentenei diversi territori <strong>per</strong> verificare come questi si manifestanonell’o<strong>per</strong>atività quotidiana dei servizi.Quest’analisi ha coinvolto i servizi sociali e le scuole dei treambiti territoriali sociali del Distretto sociosanitario Finalese eha posto le basi <strong>per</strong> tracciare alcune ipotesi di intervento direttosul territorio.Complessivamente, gli interventi di <strong>mediazione</strong> implementatigrazie al progetto “Me.Te.” possono essere suddivisi in tremacroaree:1. interventi diretti, di supporto all’o<strong>per</strong>atore e nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zionecon l’utente straniero e viceversa;2. interventi di sensibilizzazione finalizzati a costruire unclima favorevole e a diffondere i principi dell’intercultura;3. costruzione di strumenti che facilitino e supportino leprime due tipologie di attività.


Il progetto “Me.Te.”101Nello specifico gli interventi diretti sono stati realizzati nellescuole, luogo d’azione privilegiato del progetto, o in col<strong>la</strong>borazionecon i servizi sociali.Nell’ambito degli interventi di sensibilizzazione, i mediatoriinterculturali hanno promosso attività finalizzate al<strong>la</strong> diffusionedei principi dell’intercultura, dell’integrazione e del<strong>la</strong> non discriminazionenelle scuole materne e medie inferiori 2 compresenel territorio del distretto.Sono stati organizzati, inoltre, corsi di formazione/aggiornamento<strong>per</strong> gli o<strong>per</strong>atori sco<strong>la</strong>stici e attività di sensibilizzazionee/o formazione rivolte a vigili urbani, o<strong>per</strong>atori dei servizi socialie delle comunità montane.Un’altra iniziativa importante, volta al<strong>la</strong> sensibilizzazionedell’intera comunità, è stata <strong>la</strong> “Festa dei popoli”, tenutasi a FinaleLigure nel marzo 2010 e intito<strong>la</strong>ta: “Parte di una comunitào comunità a parte”. L’organizzazione del<strong>la</strong> festa, che ha visto ilcoinvolgimento del Comune e delle associazioni di volontariatolocali, ha consentito di creare un’intensa rete di col<strong>la</strong>borazionee ha visto <strong>la</strong> partecipazione di numerosi gruppi nazionali presentisul territorio finalese (Ecuador, Paraguay, Perù, Est europeo,Africa).La festa è stata un momento importante di diffusione del<strong>la</strong>conoscenza del progetto e i mediatori hanno avuto l’occasionedi allestire uno stand e distribuire materiale illustrativo alloscopo di sensibilizzare rispetto alle questioni inerenti l’immigrazionee <strong>la</strong> creazione di una cultura dell’accoglienza. I mediatori,inoltre, hanno coinvolto i partecipanti anche attraverso uncaffè “multietnico”.Per quanto riguarda <strong>la</strong> costruzione degli strumenti, i mediatorihanno realizzato:• alcune interviste fatte da e tra loro, raccolte - sotto formadi racconto - nel libro “Mediatore <strong>interculturale</strong>.Storie di immigrazione al femminile”, realizzato dall’EnteLigure di Formazione. Questi squarci di vita descrivonole difficoltà incontrate nel <strong>per</strong>corso di immigrazio-2 Le scuole medie su<strong>per</strong>iori non fanno parte dell’ambito di intervento del progetto


102 Serena Milesine dalle mediatrici del progetto, le motivazioni al<strong>la</strong> basedel<strong>la</strong> scelta migratoria e alcune considerazioni <strong>per</strong>sonali;• un CD-Rom contenente schede informative sui servizisociali, sanitari ed educativi dei principali paesi di provenienzadegli immigrati presenti sul territorio;• <strong>la</strong> traduzione di modulistica e materiale informativo deiservizi in sei lingue;• un documento di sintesi sui fabbisogni di <strong>mediazione</strong>.Come già precedentemente specificato, <strong>per</strong> approfondireulteriormente <strong>la</strong> conoscenza del progetto “Me.Te.” sono statecondotte sette interviste a mediatori interculturali (un uomo esei donne) di origine cilena, albanese, <strong>per</strong>uviana, po<strong>la</strong>cca, nigerianae siriano–palestinese.Dopo alcune domande introduttive, l’intervista si è concentrataessenzialmente sulle attività messe in atto dal progetto“Me.Te.” e si è conclusa con una domanda volta a capire <strong>la</strong>spinta motivazionale ad intraprendere <strong>la</strong> professione di mediatore<strong>interculturale</strong> e, nello specifico, le difficoltà incontrate daimediatori nel<strong>la</strong> propria attività professionale. Alcuni mediatori,inoltre, hanno raccontato <strong>la</strong> propria es<strong>per</strong>ienza migratoria.Di seguito si riportano alcuni concetti e idee che emergonodalle interviste, utilizzando anche alcune citazioni delle rispostefornite dai mediatori nel corso delle stesse.I mediatori interculturali svolgono quasi tutti anche altri <strong>la</strong>vori<strong>per</strong>ché “è difficile vivere di <strong>mediazione</strong>, è un <strong>la</strong>voro precario chenel<strong>la</strong> sua bellezza <strong>per</strong>ò sta ancora nascendo, soprattutto in questaregione”. Nonostante ciò, tutti affermano di amare questa professioneanche se “<strong>la</strong> prospettiva <strong>per</strong> il momento è un po’ limitata”.Le motivazioni che hanno portato i mediatori a frequentareil corso sono molto simili: è insito in tutti il desiderio di aiutaregli altri e <strong>per</strong> alcuni di dare un significato a es<strong>per</strong>ienze precedentio a <strong>per</strong>corsi di studio non riconosciuti in Italia (“sonostata spinta dal fatto che mi piace tanto come <strong>la</strong>voro, mi piaceentrare in re<strong>la</strong>zione con gli altri, mi piace comunicare e dare quelloche ho dentro di me e allora qual è <strong>la</strong> migliore occasione? Ilcorso me ne ha dato <strong>la</strong> possibilità”).


Il progetto “Me.Te.”103Tutti i mediatori, inoltre, si sono mostrati d’accordo sul fattoche essere straniero è importante <strong>per</strong> un mediatore <strong>interculturale</strong>,<strong>per</strong>ché facilita <strong>la</strong> comprensione di un’altra <strong>per</strong>sona cheha vissuto un’es<strong>per</strong>ienza di vita simile (“il mediatore è un interpretenon solo del<strong>la</strong> lingua […] <strong>la</strong>vora anche grazie alle propriees<strong>per</strong>ienze di <strong>per</strong>sona immigrata”). A questo proposito, un altrointervistato ha affermato che “il mediatore <strong>interculturale</strong>, dalpunto di vista del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> di immigrazione che abbiamo avutonoi, deve essere un immigrato <strong>per</strong>ché […] in prima <strong>per</strong>sona haavuto difficoltà. Il ruolo del mediatore, essendo lui stesso immigratoe conoscendo certe cose, è quello, da una parte di riuscire avalorizzare delle es<strong>per</strong>ienze di vita e, dall’altra valorizzare dellees<strong>per</strong>ienze accademiche proprie precedenti”. Un altro mediatoreha aggiunto che “è importante che ci sia un rapporto di empatiareso più facile dal fatto che lui stesso è immigrato. Il mediatorepuò comprendere meglio l’immigrato <strong>per</strong>ché capisce <strong>la</strong> sua cultura[…]”.La funzione fondamentale del mediatore è quel<strong>la</strong> di intercederetra <strong>per</strong>sone appartenenti a culture diverse provando aspiegare che ogni cultura ha le sue specificità che possono esseremolto diverse da quelle di un’altra ma non <strong>per</strong> questo irrilevantio sciocche. Ci sono aspetti che contraddistinguono ilmodo di vivere di una <strong>per</strong>sona ed è fondamentale aprirsi a certedifferenze <strong>per</strong> favorire l’integrazione e anche <strong>per</strong> aprire <strong>la</strong>mente ad altre culture.Le principali criticità emerse dalle interviste sono state leseguenti:• <strong>la</strong> figura del mediatore <strong>interculturale</strong> non è ancora bendelineata dal punto di vista istituzionale e le sue funzionivengono molto spesso ridotte a quelle di sempliceinterprete del<strong>la</strong> lingua;• <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> viene spesso pensata come una praticavolta a rispondere a situazioni emergenziali;• gli interventi diretti hanno fatto emergere alcuni stereotipi:<strong>per</strong> esempio se in una c<strong>la</strong>sse c’è un bambino o unragazzo straniero appena inserito con delle difficoltà(non par<strong>la</strong>, non interagisce con gli altri, ecc.), il problemaviene attribuito al<strong>la</strong> sua origine e/o cultura e non


104 Serena Milesivengono prese in considerazioni le difficoltà legateall’immigrazione o più semplicemente al<strong>la</strong> sua età;• capita, non di rado, che le problematiche re<strong>la</strong>tive all’immigrazionee all’integrazione vengano amplificate dascelte sbagliate compiute sia dalle istituzioni sia daiservizi a causa di una scarsa conoscenza dei problemi.Per quanto riguarda il progetto “Me.Te.” nello specifico,uno dei mediatori ha dichiarato “Me.Te. è un progetto s<strong>per</strong>imentale,a mio avviso penso che cerchi di costruire le basi <strong>per</strong>interventi maggiori, <strong>per</strong> portare avanti tutte le politiche concretedi immigrazione attraverso interventi <strong>per</strong> capire i bisogni in terminidi <strong>mediazione</strong> e quindi sono le problematiche legate autenti di origine straniera nei servizi sociali, nelle scuole e neiservizi socio sanitari”.Tra gli interventi a cui i mediatori hanno partecipato figurano<strong>la</strong> presentazione del progetto nelle scuole durante lo stage,attività di supporto a minori stranieri con difficoltà inseriti nelcontesto sco<strong>la</strong>stico, col<strong>la</strong>borazione con i servizi sociali nel casodi famiglie o minori in carico ai servizi stessi.Secondo quanto dichiarato dagli intervistati, l’attività dovesi sono avute maggiori soddisfazioni è stata quel<strong>la</strong> svolta nellescuole. Gli interventi nelle c<strong>la</strong>ssi hanno quasi sempre avuto unriscontro positivo e sono stati svolti, preferibilmente, da mediatoridi nazionalità diversa da quel<strong>la</strong> degli alunni stranieripresenti in modo da non far sentire “diversi” dagli altri glistudenti stranieri presenti nel<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse.Un mediatore ha affermato che l’esito dell’intervento è statodiverso da c<strong>la</strong>sse a c<strong>la</strong>sse: “il riscontro dipendeva da c<strong>la</strong>sse ac<strong>la</strong>sse: alcune di queste erano già molto preparate ad alcuni diquesti temi, vi era una maggior presenza di alunni stranieri, ma,il più delle volte, erano ragazzi nati qui e che vivono qui da sempre.A scuo<strong>la</strong> sono italianissimi e, a casa, appartengono al<strong>la</strong> propriacultura e quindi non presentavano problemi”.Si è avuto modo di partecipare direttamente a tre interventidi sensibilizzazione svolti nelle prime c<strong>la</strong>ssi di una scuo<strong>la</strong>media inferiore. L’attività è stata suddivisa in vari momenti: i


Il progetto “Me.Te.”105mediatori, in tutte e tre le c<strong>la</strong>ssi, hanno fatto ascoltare il brano“Ma se ghe pensu”, utilizzato come spunto <strong>per</strong> affrontare iltema del<strong>la</strong> partenza e dell’attaccamento al<strong>la</strong> propria terra. Imediatori hanno posto l’accento sul concetto di spostamento:non importa da dove si parte e quanta distanza si <strong>per</strong>corre, si<strong>la</strong>scia sempre qualcosa dietro di sé. Si è così sottolineato quantosia importante, quando si conosce una <strong>per</strong>sona straniera cheha <strong>la</strong>sciato il proprio paese, ricordare che ciò le avrà sicuramentecausato sofferenza. L’ascolto di questa canzone, quindi,ha rappresentato un momento di riflessione giocoso <strong>per</strong> sensibilizzaregli allievi ad un tema alquanto importante.I mediatori, in seguito, hanno proposto il gioco del<strong>la</strong> valigia:i ragazzi dovevano scrivere su un foglio (<strong>la</strong> loro valigiaimmaginaria) che cosa avrebbero voluto portar via nel caso diun trasferimento definitivo. Inizialmente tutti scrivevano soldi,oggetti, vestiti, ecc. Un allievo dichiarò di voler portar con sé“il tabaccaio del mio vicolo”, “Perché?” gli ha domandato unmediatore, “<strong>per</strong>ché mi rega<strong>la</strong> le caramelle”. Questo interventoha a<strong>per</strong>to <strong>la</strong> strada agli altri <strong>per</strong> scrivere, a loro volta, cose moltosingo<strong>la</strong>ri e impossibili da mettere in una vera valigia, comegli amici, i genitori, <strong>la</strong> famiglia, il pesto o il sugo preparatodal<strong>la</strong> nonna.Da questo gioco sono emersi elementi interessanti e spunti diriflessione: nel<strong>la</strong> “valigia” porti cose che fanno parte del<strong>la</strong> tuacultura, di te stesso. La cultura, <strong>per</strong>ò, viene in contatto con altrequando ci si sposta: un immigrato appena arrivato nel nuovopaese ha bisogno di costruire nuovamente qualcosa di valore.Affrontando, attraverso l’intervista, lo stato attuale di implementazionedel progetto e le attività da intraprendere infuturo, i mediatori sono concordi nel dichiarare che il progettodebba proseguire e ampliare <strong>la</strong> sua portata. Tutti i mediatori,infatti, ritengono che vi sia bisogno di attività di <strong>mediazione</strong>ma, “con <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> bisogna capire dove c’è bisogno <strong>per</strong>chénon deve essere un’imposizione. Ci sono immigrati che non hannobisogno di <strong>mediazione</strong> ma qui si tratta di una loro capacitàindividuale ad affrontare una situazione”.“Me.Te.” è un progetto s<strong>per</strong>imentale e le attività messe in


106 Serena Milesiatto fino a questo momento sono il primo passo <strong>per</strong> costruireinterventi futuri. Come ha dichiarato un mediatore “è anchevero che <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> deve andare avanti, non bastano solo lecene interetniche, le feste, queste sono tutte basi poi è necessarioiniziare a par<strong>la</strong>re di altre cose <strong>per</strong> fare intercultura”.E’ ritenuto di primaria importanza diffondere alcuni principinon ancora chiari a tutti e riguardanti <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong>e, <strong>per</strong> favorire ciò, è necessaria una costante col<strong>la</strong>borazionea livello territoriale. In parte questo è già accaduto con“Me.Te.” ma dalle criticità sopra menzionate, si evince come ilprogetto necessiti di ulteriore visibilità, anche in base al fattoche le istituzioni sco<strong>la</strong>stiche e i servizi sociali non sono ancoradel tutto abituati al<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione diretta con i mediatoriinterculturali: prima di contattare un mediatore, di fronte aduna situazione problematica, infatti, si chiama lo psicologo,l’assistente sociale, ecc. e si <strong>la</strong>scia <strong>la</strong> possibilità di coinvolgereun mediatore <strong>interculturale</strong> come scelta residuale.Il progetto anche sta <strong>per</strong>seguendo l’obiettivo di far caderecerti stereotipi e pregiudizi che ruotano attorno allo straniero,mostrando come <strong>la</strong> <strong>mediazione</strong> <strong>interculturale</strong> possa giocare unruolo fondamentale <strong>per</strong> una nuova cultura dell’accoglienza edel<strong>la</strong> convivenza.La positività degli interventi è riscontrabile nell’effetto positivoche ha avuto su alcuni docenti delle scuole che chiedonoai mediatori di tornare nelle loro c<strong>la</strong>ssi. Alcuni mediatori hannoraccontato che anche alcuni immigrati, ormai residenti inItalia da anni, li ringraziano <strong>per</strong> il <strong>la</strong>voro che fanno, <strong>per</strong>chéquando loro sono arrivati non esistevano interventi di <strong>mediazione</strong>e il fatto che ora, invece, ci siano, li fanno s<strong>per</strong>are inmeglio <strong>per</strong> le nuove generazioni di immigrati e <strong>per</strong> <strong>la</strong> convivenzatra loro e <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione autoctona.La <strong>mediazione</strong>, <strong>per</strong>ò, dovrebbe essere pensata soprattutto<strong>per</strong> chi è nato e risiede nel territorio di accoglienza. A detta diun mediatore infatti “il ruolo del mediatore, svolto grazie all’interesse<strong>per</strong>sonale e al proprio vissuto, è di avvicinare <strong>la</strong> societàitaliana, nel suo insieme, alle comunità straniere e l’individuoitaliano all’individuo appartenente a queste comunità”.Il progetto, avviato nel marzo 2010, si concluderà a dicembre2010, salvo nuova erogazione di fondi da parte del<strong>la</strong> Regione.


Pubblicazione realizzata da:Centro di Eccellenza <strong>per</strong> l’Innovazione FormativaG. Carlini, M. Vecchia a cura di — <strong>Nuovi</strong> Orizzonti <strong>per</strong> <strong>la</strong> Mediazione Interculturale - Riflessioni <strong>per</strong> il futuro

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