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Strategie e macchine innovative per il controllo della ... - Enrico Avanzi

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<strong>Strategie</strong> e <strong>macchine</strong> <strong>innovative</strong> <strong>per</strong> <strong>il</strong> <strong>controllo</strong> fisico <strong>della</strong> flora spontaneasu pomodoro e cavolo coltivati nella bassa Valle del Serchio30e dei metodi di coltivazione ormai assodati in favore di pratiche che <strong>per</strong>cepisconocome onerose e rischiose <strong>per</strong> <strong>il</strong> mantenimento di un soddisfacentelivello produttivo.Nel caso dei circuiti di f<strong>il</strong>iera corta, ad esempio, molti produttori si dimostranoassai preoccupati dalla necessità di dover garantire ai consumatoriun assortimento “troppo” più vasto, <strong>per</strong> la vendita diretta, in qualsiasi contestoessa venga attenuata (presso un punto vendita aziendale, un mercatolocale, sia attraverso gli ordini settimanali effettuati da un gruppo di acquistosolidale). A tale riguardo, molte aziende, come descritto nel paragrafo1.3., hanno modificato nel tempo la loro organizzazione proprio in direzionedi un grado maggiore di specializzazione, generalmente consistentenella produzione di 4 o 5 colture su su<strong>per</strong>fici piuttosto vaste in modo daassicurare forniture di una certa consistenza ai grandi mercati ortofrutticoli,da semplificare la meccanizzazione e da gestire in maniera più agevolel’organizzazione del lavoro e quindi la manodo<strong>per</strong>a.La <strong>per</strong>plessità maggiore riguarda quindi <strong>il</strong> rischio di modificare profondamentela propria organizzazione <strong>della</strong> produzione, “complicandosi la vita”,senza avere la garanzia che i consumatori disposti ad acquistare gli ortaggidirettamente dai produttori, in punti vendita in cui non trovano un assortimentodi prodotti di altro tipo, siano in numero tale da poter sostenere laredditività dell’azienda. Molti agricoltori temono che siano ancora troppopochi i consumatori che si sono affrancati dal “modello” dell’acquisto neisu<strong>per</strong>mercati, in cui si può trovare tutto, inclusi i prodotti da “consumoveloce”, come i cibi surgelati o addirittura pre-cotti.Per quanto riguarda invece l’adozione di una gestione biologica ciò chemaggiormente (e spesso “infondatamente”…) preoccupa gli agricoltorisono le difficoltà all’adeguamento di regolamenti prevista dall’agricolturabiologica, soprattutto nel caso <strong>della</strong> concimazione e <strong>della</strong> difesa delle colture.Gli agricoltori (spesso ignorando, o sottovalutando le evidenze ottenuteproprio nelle loro aziende nel corso delle ricerche oggetto del presente volume…) temono di andare incontro a consistenti riduzioni delle rese, talida “azzerare” i vantaggi derivanti da maggiori prezzi di mercato spuntatidai prodotti “bio” ed inoltre ritengono “più complicata” la gestione “nonchimica” <strong>della</strong> flora infestate (nonostante molti di loro la attuino già in buonaparte), che potrebbe mettere a rischio la tempestività delle semine e deitrapianti. Vi sono infine poco giustificab<strong>il</strong>i “paure” relative alla gestione<strong>della</strong> fert<strong>il</strong>izzazione, che in continuità con quanto previsto dall’agricolturaconvenzionale, dovrebbe prevedere un largo ricorso a prodotti “ammessi”di origine organica, caratterizzati da un costo decisamente elevato.Appare evidente, come l’adozione <strong>della</strong> gestione “bio” non possa inveceche passare <strong>per</strong> una reale trasformazione delle strategie di nutrizione, cheprevedono l’ut<strong>il</strong>izzo appropriato di colture da co<strong>per</strong>tura e da sovescio in

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