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sardegna


“Cantavamo,morivamo,danzavamo,di padre in figlio,crescendo di numero e di esperienza dell'isola.Eravamofelici. Chiamavamo noi stessi "s'ard",che nell'antica lingua significa danzatoridelle stelle.” (Sergio Atzeni ,Passavamo sulla terra leggeri)v’è in Italia ciò che v’è in <strong>Sardegna</strong>, né in <strong>Sardegna</strong> v’è quel d’Italia”, scrivevail naturalista Francesco Cetti, analizzando quegli aspetti ambientali e naturalisticipropri dell’Isola per sottolinearne le differenze e ribadirne la contiguitàcon la penIsolaitalica. Isola versus terraferma. Isola versus continente.“NonOltre il dubbio amletico se la <strong>Sardegna</strong> sia o non sia Italia – dilemma che si è presentato allamente dei sardi molto prima che l’Italia divenisse Stato e nazione – vi è la certezza del fatto cheda milioni d’anni la <strong>Sardegna</strong> è un’Isola. E dell’Isola presenta i caratteri peculiari, ne porta i pesie le carenze, ma anche gli incanti e le attrattive di terra esclusiva, dove chiunque approdi, italianoo no, impara subito che il vento, il paesaggio, la gente profumano inequivocabilmente di...<strong>Sardegna</strong>. La <strong>Sardegna</strong> ha una sua precisa e forte identità che evoca immediatamente i suoi connotati:naturalistici, storici e culturali. Eppure... Eppure anche l’Isola necessita di legami con laterraferma, per non andare alla deriva, per continuare in qualche modo a sentirsi viva e differente,per riconoscersi comunque simile nella diversità. Se anche l’Africa, la Spagna e la Francia sonosempre state a portata della <strong>Sardegna</strong>, uno sguardo senza pregiudizi alla storia della civiltà nelMediterraneo svela una cosa inequivocabile: l’Isola di <strong>Sardegna</strong> è stata legata in modo particolarealle vicende della penIsola italica. Lingua, cultura, tradizioni, arte, architettura parlano unalingua affine, seppure distinta, a quella delle altre popolazioni della penIsola italica. Dissimili mauguali, è un ossimoro che ci si presenta continuamente come stimolo a ritrovare un antico legame,un terreno comune di intenti e un’unità già sudata, ma sempre messa a rischio dal desideriodi separazioni e strappi senza prospettive ponderate. Eppure fu proprio in quel momentocritico di passaggio dal Regno di <strong>Sardegna</strong> al Regno d’Italia che i balbettii della nazione nascentespinsero i sardi a coltivare la propria coscienza e consapevolezza, a guardarsi dentro e scoprirsiantichi e nuovi, simili ma unici; fu in quel momento in cui le condizioni sociali di tutta l’Europaspingevano verso la democrazia e l’unità che i sardi compresero il senso della loro insularità e liberandoil sentimento di identità culturale riscoprirono la loro terra e la loro storia. Difficilmentesi concepiva l’idea di un’Isola unita o di una penIsola come nazione; ma quella nuova coscienzadi “popolo”, sciolta finalmente dal giogo di sovrani lontani e indifferenti, spinse i sardi a mettersiin cammino con le altre genti della penIsola verso l’edificazione di una sola patria. Benoltre la retorica, la <strong>Sardegna</strong> è protagonista della storia dello Stato italiano fin dalla sua fondazione,con tutto il suo carico di sofferenze, rivolte e paladini, personalità politiche, intellettuali,laici e religiosi, donati alla costruzione dell’unità nazionale. Oggi, in tempi in cui il concetto dipatria è ampliato e diversificato – si viaggia più di prima ed è quasi la regola che una personaabbia più patrie, la patria di uno e dell’altro genitore e poi la terra dove si cresce – non dobbiamodimenticare o negare che la <strong>Sardegna</strong> è ancora vissuta istintivamente dai sardi e da molti sardiemigrati come la prima patria (terra dei padri). Ma se ponderassimo per un attimo, a titolo diesempio, dove nacque il primo sciopero generale di tutto il movimento operaio italiano, quale fula brigata militare che più si distinse in campo italiano durante la Prima Guerra Mondiale, qual èla regione che ha dato il maggior numero di presidenti della Repubblica Italiana, chi è l’unicadonna italiana ad aver vinto il Premio Nobel per la Letteratura, qual è la regione italiana con ilmaggior numero di parchi nazionali e con la maggiore estensione di demanio militare, ecco allorache abbiamo risolto facilmente il dubbio millenario: <strong>Sardegna</strong> è inevitabilmente Italia ma Italiaè incontrovertibilmente <strong>Sardegna</strong>. Così come la lingua sarda e quella italiana sono due linguedistinte, ma con la stessa radice, per i sardi la <strong>Sardegna</strong> e l’Italia restano due patrie distinte maunite in un unico progetto nazionale. E speciale. Atteros annos menzus.UGO CAPPELLACCIPresidente della Regione Autonoma della <strong>Sardegna</strong>SARDEGNA149


SARDEGNA150UN LEGAME ANTICOSpesso coloro che sono animati dal pur legittimo sentimentodi autonomia della <strong>Sardegna</strong> sostengono le proprieidee con tendenziose prove di una cultura e di un’identitàsarda stabile nei secoli; dimenticano però che i paesagginaturali e sociali della <strong>Sardegna</strong> sono il frutto del sovrapporsidelle numerose civiltà che navigarono per il Mediterraneo,soprattutto di quelle provenienti dalla penIsolaitalica. Nell’antichità l’Isola era terra ambita per la suastrategica posizione geografica e per le sue ricchezze naturalie minerarie. Per questo i romani, sempre alla ricercadi nuove terre e nuove abbondanze, vi fondarono città,ampliarono centri urbani e diedero impulso all’agricolturae allo sfruttamento delle risorse metallifere. E il loro dominionon lasciò solo importanti tracce archeologiche, sesi considera che la lingua sarda, in tutte le sue varianti,conserva, più di ogni altro idioma romanzo o italico, itratti del latino arcaico. Quando i bizantini la liberaronodai vandali, la <strong>Sardegna</strong> entrò a far parte delle sette provincenelle quali era stata divisa l’Africa. Ma sempre piùlontana da Bisanzio e infestata dalle incursioni degli arabil’Isola dovette rendersi economicamente e politicamenteautonoma: nacquero così i cosiddetti “Giudicati” – la Galluraa Nord-Est, il Logudoro o Torres a Nord-Ovest, l’Arbo-Monumento aGiuseppe Garibaldi- CapreraCarta de LoguEleonora d’Arborea- OristanoGiuseppe Mannoautore di Storiadella <strong>Sardegna</strong>


SARDEGNA151rea al centro, il giudicato di Cagliari nella parte meridionale– signorie rurali di carattere patriarcale e regni autoctoniorganizzati in una sorta di federalismo ante litteramsu scala regionale. Il periodo giudicale fu moltoimportante soprattutto per la formazione di una prima coscienza“nazionale” sarda, che si manifestò in particolarenella lotta contro i dominatori aragonesi guidata dai giudicidi Arborea Mariano IV e poi dalla figlia Eleonora(morta nel 1404): molto amata dal popolo, Eleonora è ancoraoggi una delle donne sarde più conosciute, autorevolee audace condottiera le cui opere e aspirazioni sono consideratecome il migliore esempio di autogoverno, libertàe indipendenza della <strong>Sardegna</strong>. Nel frattempo, tra il XII eil XIII secolo le repubbliche di Pisa e Genova ebbero fortiinteressi nell’Isola: edificarono borghi e instaurarono Comuni,fortificarono città e rocche per difendere i possedimentidelle famiglie nobili, lasciando, nel paesaggio enelle tradizioni dei sardi, importanti segni ancora oggi benChiesa S.Saturnino -Cagliaririconoscibili. Durante l’età dei giudicati e durante il governopisano e genovese furono edificate fra l’altro moltefra le più significative chiese in stile romanico dell’Isola,oggi maestosi testimoni di un tempo in cui monaci, architettie maestranze di alta scuola italiana furono i fautoridell’espansione dell’arte europea in <strong>Sardegna</strong>. Certo,a volte la <strong>Sardegna</strong> navigò lontana dalla penIsola italica,soprattutto durante i quattro secoli del dominio catalano-spagnoloin cui molti studiosi individuano l’origine ol’incancrenirsi dei problemi che affliggeranno l’Isola finoalla soglia del Novecento: la miseria delle popolazioni rurali,l’arretratezza culturale ed economica causata da un sistemadi governo basato sullo sfruttamento tramite balzellie pesanti imposte, il feudalesimo che sottraeva tuttociò che il popolo produceva, a cui si aggiunsero le ricorrenticarestie e pestilenze, la malaria endemica e il continuoassillo delle incursioni piratesche a cui gli ibericinon seppero mai far fronte in maniera decisiva.


Carta geografica.Il regno di<strong>Sardegna</strong> del 1860voia, del Principato del Piemonte, del Ducato di Genovae della Contea di Nizza; l’insieme dei territori costituì ununico stato, con un solo popolo e un solo governo da cuiquattordici anni dopo ebbe effettivamente origine il Regnod’Italia. Proprio in quegli anni di fermento, tra glianni Venti e Cinquanta dell’Ottocento, in pieno periodoromantico di riscoperta delle radici storiche dei popoli,nacque anche negli intellettuali sardi la voglia di ri-conoscerela <strong>Sardegna</strong>: Giovanni Spano intraprese i primiscavi archeologici, Giuseppe Manno scrisse i volumi sullastoria dell’Isola, Pasquale Tola scoprì e analizzò impor-SARDEGNA152IL REGNO DI SARDEGNACosì, quando nel 1720 passò in mano ai Savoia come parteintegrante del Regno di <strong>Sardegna</strong>, l’Isola si trovava sullasoglia della catastrofe economica e sociale. I sabaudi nonseppero e non vollero risolvere i problemi cronici, sebbenequalche buona cosa fu portata a termine come la riorganizzazionedegli studi universitari e delle scuole secondarie.Nel 1760 fu stabilito l’obbligo dell’uso della linguaitaliana, che sostituiva così lo spagnolo nelle scuole e negliatti ufficiali, e nel 1764 fu riaperta l’Università di Cagliarie l’anno dopo quella di Sassari. Purtroppo talvoltai governanti piemontesi aggravarono la situazione sociale,come in occasione del ben noto “Editto delle Chiudende”del 1820, che consentì ai privati di recintare con muri asecco le terre gestite da sempre dalle comunità in pacificaconvivenza, creando un grave squilibrio nel mondoagropastorale da cui originarono conflitti e faide. Si ingrossaronocosì le fila del banditismo, che imperversò finoall’alba del nuovo secolo e fu represso nel sangue. Solo nel1847 Carlo Alberto accolse alcune istanze dei sardi estendendoalla <strong>Sardegna</strong> le leggi degli Stati di Terraferma. Conla cosiddetta “fusione perfetta” la <strong>Sardegna</strong> si unì dalpunto di vista amministrativo ai territori del Ducato di Sa-Brigata Sassari –Torino 1921Brigata Sassarioggitanti documenti del passato, Pietro Martini pubblicò biografiedi sardi illustri. Nel frattempo il generale piemonteseAlberto La Marmora percorreva l’Isola in lungo inlargo, studiandone geografia, archeologia e tradizioniche poi porterà alla conoscenza degli ambienti colti ditutta Europa tramite la ponderosa opera intitolata “Voyageen Sardaigne”; la quale servì da viatico per altri viaggiatorie intellettuali italiani e stranieri che vedevano la<strong>Sardegna</strong> come una terra esotica e ancora tutta da scoprire.


NELL’ITALIA UNITAI passi decisivi verso l’unità nazionale, la seconda guerradi indipendenza e l’impresa dei Mille, furono seguiti nell’Isolacon grande entusiasmo, né mancò la partecipazioneagli eventi di militari di carriera e di leva, di volontari edi uomini politici sardi, così come non era mancata la partecipazionealla prima guerra di indipendenza e alla bennota guerra di Crimea, dove un nutrito contingente di militarisardi era stato schierato da Cavour per combattereil nemico russo. Ma quando nel 1861 entrò a far parte dell’Italia,la <strong>Sardegna</strong> era ancora una terra per lo più sconosciutaalmeno agli occhi della borghesia e degli intellettualiitaliani, sebbene uno che il mondo lo conoscevabene, Giuseppe Garibaldi, scelse proprio l’Isola di Capreracome personale oasi di riposo. Certo, se si può dire achiare lettere che la creazione di uno stato nazionaleevitò alla <strong>Sardegna</strong> un isolamento ancora più devastante,è anche vero che l’unità politica non portò immediaticambiamenti per la gente comune: la <strong>Sardegna</strong> era inforte ritardo rispetto alle altre regioni italiane, persinodelle più povere, e in più i trasporti marittimi erano inadattie costosi, e le comunicazioni interne malagevoli eantiquate. Purtroppo anche i nuovi amministratori non siIl capitano EmilioLussu e il tenenteAlfredo Grazianiresero conto subito della difformità della società sarda rispettoal resto d’Italia, se si pensa ad esempio alla leggesui terreni ademprivili – i terreni boschivi utilizzati dasempre da pastori e contadini per far legna e raccogliereghiande che furono concessi ad imprese per lo più toscanee piemontesi che poterono sfruttare a piacimento le risorsedel bosco – e a quanto le comunità rurali ne furono danneggiate.I sardi, seppure fedeli al nuovo Stato, si unironoin alcune sollevazioni popolari, fra cui quella de “Su Connottu”svoltasi a Nuoro nel 1868, durante la quale i rivoltosichiedevano di ritornare “al conosciuto”, vale a direall’uso collettivo di quei terreni. Il malumore crebbe ancordi più in seguito alla politica protezionistica attuataa livello europeo dal governo nazionale, che fermò il processodi modernizzazione dell’agricoltura sarda. Tutto questoebbe come conseguenza l’aggravamento del fenomenodel banditismo e della criminalità nelle campagne; la durareazione repressiva delle forze dell’ordine italiane sancì ilconflitto tra le popolazioni rurali e il nuovo Stato. Eppure...Eppure in questo quadro angosciante di crisi economicae sociale qualcosa andava avanti, come ad esempioil settore minerario. L’attività estrattiva di blenda,galena e piombo a Iglesias, Guspini e Buggerru conobbeuno sviluppo impetuoso: il complesso minerario dell’Iglesienterappresentò per alcune decine di anni l’unico verocentro industriale della <strong>Sardegna</strong> e uno dei centri mineraripiù importanti d’Italia, con oltre 15.000 operai che inqualche modo cercavano di sfuggire alla fame pur lavorandomal retribuiti, in condizioni spaventose. Negli ultimianni dell’Ottocento i minatori maturarono una più forte coscienzapolitico-sindacale e crebbero le rivendicazioni perl’ottenimento dei diritti lavorativi: la prima e più clamorosaprotesta sindacale dei minatori si svolse a Buggerruil 4 settembre 1904. La società che gestiva la minierachiese l’intervento del governo: i soldati spararono sullafolla e quattro operai rimasero uccisi. Il lavoro riprese il7 settembre dopo alcune modeste concessioni da parte deldirettore. Ma la notizia dell’eccidio suscitò una grandeemozione in tutta la nazione e fu la scintilla che fece scoccareil primo sciopero generale del movimento operaio inItalia. Nonostante le incomprensioni tra lo Stato e l’Isolae i problemi che il nuovo secolo portava con sé, la <strong>Sardegna</strong>continuava ostinata e leale a dare il proprio contributodi uomini e idee alla nazione italiana. Anche in occasionedella Prima Guerra Mondiale i soldati sardi, in gran partepastori e contadini, combatterono per l’Italia sotto l’egidadella ben nota Brigata Sassari , distinguendosi in impreseleggendarie. Erede delle tradizioni del Terçio de Cerdena(età aragonese-spagnola) e del Reggimento di <strong>Sardegna</strong>(età sabauda), la Brigata Sassari fu fondata il 1 Marzo del1915 con i Reggimenti 151° e 152° composti interamenteda fanti sardi. Venne impegnata in combattimentonel luglio dello stesso anno e subito espugnò le trinceedelle “Frasche” e dei “Razzi” meritando la citazione, primaSARDEGNA153


SARDEGNA154tra tutte le unità dell’Esercito Italiano, sul bollettino delComando Supremo. Nel giugno 1916, sull’altipiano diAsiago conquistò le postazioni di Monte Fior, Monte Castelgombertoe Casera Zebio. Il 3 agosto ricevette la primaMedaglia d’Oro. Nei drammatici eventi di Caporetto i fantidella Sassari si distinsero per la coesione morale e organizzativa:furono gli ultimi dell’Esercito Italiano a ripiegaresul Piave e poi i primi ad andare alla riscossa. Nel gennaio1918, sull’altopiano dei Sette Comuni, la Sassari fu protagonistadella battaglia di Col de Rosso, Col d’Echele eMonte Valbella, che le valse la seconda Medaglia d’Oro. LaGrande Guerra costò alla Sassari oltre 2.000 vite: caddero138 Sassarini ogni 1.000 incorporati, mentre la media nazionalefu di 104. Lo straordinario valore dimostrato inguerra, sotto le effigi delle due bandiere, le valsero 6 OrdiniMilitari di Savoia, 9 Medaglie d’Oro, 405 d’Argento,551 di Bronzo. Fra gli ufficiali della Sassari ci fu ancheGrazia DeleddaPergamena delNobel dellaletteraturaassegnato allascrittrice GraziaDeledda nel 1927Sciopero generaledel 16 maggio1906 - Via Roma aCagliariEmilio Lussu, scrittore ed intellettuale che insieme ad altrireduci sardi della Grande Guerra fondò nel 1921 il PartitoSardo d’Azione. Fu in seguito parlamentare, combattentecontro il regime fascista nella Resistenza di Roma eministro all’assistenza postbellica nel primo governo diunità nazionale dell’Italia libera nel 1945. Un altro intellettualee politico sardo, Antonio Gramsci, fu fra i fondatorinel 1921 del Partito Comunista d’Italia: strenuo oppositoredel regime fascista, fu incarcerato nel 1926 e morìa causa delle dure condizioni di detenzione. I suoi scritti,nei quali analizzava con originalità e profondo intuito lastruttura culturale e politica della società, sono consideratipatrimonio della cultura italiana ed europea. Nel frattempo,in campo culturale la <strong>Sardegna</strong> assurgeva alle cronacheinternazionali grazie alla scrittrice di Nuoro GraziaDeledda, che nel 1926 vinse il Premio Nobel per la Letteratura,unica donna italiana, finora, ad essere stata insignitadel prestigioso riconoscimento.IL VENTENNIO FASCISTADopo la Prima Guerra Mondiale la <strong>Sardegna</strong> si presentava ancorain condizioni disastrose, soprattutto per l’alto tributodi giovani vite sacrificate per la patria italiana, superiorein percentuale al resto delle altre regioni. Con l’ascesa diMussolini la <strong>Sardegna</strong> legò definitivamente la sua storia aquella della penIsola. Certo, svanirono i sogni di moltisardi di una <strong>Sardegna</strong> autonoma, ma nonostante la propagandaattuata dal regime per unificare la nazione sotto ilprofilo culturale, nell’Isola il sentimento di identità, la lingua,i costumi e le tradizioni si perpetuarono per lo più intatte.Per combattere l’arretratezza del mondo rurale sardogli amministratori fascisti intrapresero la realizzazione di va-


SARDEGNA155ste opere pubbliche che portarono degli indubbi vantagginella vita quotidiana: bonifiche delle aree paludose per destinarleall’agricoltura e creazione di nuovi centri abitativi(Fertilia, Arborea) dove furono inserite famiglie provenientida altre regioni d’Italia e portatrici di conoscenze più avanzatenel settore agropastorale. Fu molto incisivo l’interventonel settore minerario, con il potenziamento delle minieredell’Iglesiente e del Sulcis: nel 1938 fu fondata la città diCarbonia, dove migliaia di italiani si trasferirono per lavorarenelle miniere di carbone di Seruci, che, in base ai pianidi Mussolini, avrebbe dovuto essere il bacino energetico piùimportante d’Italia. Durante la Seconda Guerra Mondiale anchela <strong>Sardegna</strong> subì le pene della partenza al fronte e lamorte di migliaia di giovani; nel 1943 Cagliari fu quasi distruttadai bombardamenti alleati. Nel 1944 il governo istituìun organo straordinario, l’Alto Commissario per la <strong>Sardegna</strong>,attuando, in un certo modo, un decentramentoamministrativo.Lapide in memoriadell’eccidio deiminatori del Sulcisper i moti diBuggerru del 1904Porto FlaviaminieraMasua


L’ETÀ DELLA REPUBBLICASARDEGNA156Nel dopoguerra l’azione dell’Alto Commissariato per la <strong>Sardegna</strong>continuò con la nomina di una Consulta Regionaleche aveva lo scopo di studiare un progetto di statuto regionale.Nel frattempo, la malaria che per secoli aveva infestatol’Isola fu debellata grazie alla campagna di eradicazione“Sardinian Project”, iniziata nel 1946 e conclusasinel 1958, voluta dal governo italiano e finanziata dagliamericani. Il 31 gennaio 1948 costituisce una data fondamentalenei rapporti tra lo Stato Italiano e la <strong>Sardegna</strong>:l’Assemblea Costituente approvò lo statuto dell’autonomiaspeciale per la <strong>Sardegna</strong>, che divenne una delle cinque regionia statuto speciale del nuovo ordinamento dello StatoItaliano. Le ragioni che determinarono la concessione dell’autonomiavanno ricercate nelle condizioni particolari incui l’Isola venne a trovarsi alla fine della Seconda GuerraMondiale; inoltre, lo Statuto rappresentò il punto di incontrodell’iniziativa dei sardi e della volontà dello Statoche riconosceva come valore legittimo quella tensione autonomisticae di autogoverno che aveva percorso l’interastoria della <strong>Sardegna</strong>. L’elezione del primo Consiglio Regionaledella <strong>Sardegna</strong> si tenne l’8 maggio 1949. Su questanuova Isola, libera dalla malaria e proiettata versoun’idea più moderna come parte integrante e attiva dellanazione italiana, furono impostati i cosiddetti “Piani di Rinascita”,misure legislative speciali per il finanziamentodell’industrializzazione della <strong>Sardegna</strong>. Purtroppo i mali dell’Isolasi dimostrarono più profondi, anche perché l’insularitàe la sua unicità richiedevano un’analisi e una soluzionedei problemi diversi da quelli di altre località e regionid’Italia. La <strong>Sardegna</strong> continuava però a offrirsi incondizionatamenteall’Italia, con il sentimento maturo di farne pienamenteparte, come dimostrò quando in base ai nuovi assettigeopolitici internazionali non poté sottrarsi dalconcedere le cosiddette “servitù militari”, cosicché divennela regione italiana con la maggiore estensione di demaniomilitare. Nella nuova repubblica democratica sonostati tanti i politici sardi che hanno contribuito, e contribuiscono,alla costruzione di un’Italia più democratica; ricordiamoper brevità solo i due presidenti della Repubblica:Antonio Segni, che dopo aver ricoperto diversi incarichi governativifu eletto per due volte Presidente del Consiglio deiMinistri e poi Presidente della Repubblica nel 1962, eFrancesco Cossiga, uno dei più importanti protagonistidella vita politica italiana dal dopoguerra fino alla suamorte (2010), che ha ricoperto più volte incarichi governativifino a divenire Presidente del Consiglio e l’ottavoPresidente della Repubblica dal 1985 al 1992. Fra le notestoriche degli anni Settanta, ci piace concludere ricordandoche in campo sportivo la <strong>Sardegna</strong> e l’Italia compironol’effettiva unità quando l’Isola metaforicamente “sottomise”l’intera nazione, con la squadra del Cagliari chetrionfò nel campionato di calcio del 1970.Prima riunione delConsiglioRegionale della<strong>Sardegna</strong> 29maggio 1949I SARDI NELLA CULTURA ITALIANANei primi decenni del XX secolo, quando in molti sardi sifaceva sempre più matura la coscienza di essere finalmente“anche” italiani, si affermò in campo nazionale ilgenio dello scultore Francesco Ciusa, la cui opera “La madredell’ucciso” vinse la Biennale di Venezia nel 1907.Dopo la seconda guerra, in seguito alla famosa “Indaginesu Orgosolo” dell’antropologo Franco Cagnetta, l’Isola attrassestudiosi di etnografia e fotoreporter interessatialle contraddizioni di una terra al bivio tra antico e modernoe dal clamore suscitato dalle gesta del banditismo.Fu così che approdarono in <strong>Sardegna</strong> i fotoreporter FedericoPatellani, Franco Pinna, Mario De Biasi, che mostrarono,agli altri italiani, l’unicità e il fascino della societàsarda ancora legata al mondo arcaico e tradizionale. Allafine degli anni Cinquanta due film-documentari furonofondamentali per una seria analisi antropologica delle popolazionisarde: “Banditi a Orgosolo” e “Un giorno in Barbagia”di Vittorio De Seta. Negli anni Sessanta le indaginisullo stato sociale dell’Isola si fecero più accurate, con alcunidocumentari storici prodotti dalla RAI e realizzati dalsardo Giuseppe Fiori. In letteratura, toccato l’apice conl’opera di Grazia Deledda, l’Isola si affacciava oltre la tradizionevernacolare per entrare a far parte della culturaitaliana: il secondo dopoguerra fu un momento di svoltain cui gli autori sardi divennero consapevoli di trovarsi difronte alla possibilità irripetibile di porre fine all’Isolamentomillenario, tema trattato da Francesco Masala eSalvatore Mannuzzu, da Giuseppe Fiori e Giuseppe Dessì


Costume diOrgosoloSagra di S. Efisio,1 maggio, Cagliari– Particolare “ saramadura”Sagra di S. Efisio,1 maggio, Cagliari– Particolare “cocchio del Santo”SARDEGNA157(Premio Strega nel 1972 col capolavoro “Paese d’Ombre”).Due saggi fondamentali per comprendere la societàsarda alle soglie del terzo millennio sono “La vendettabarbaricina come ordinamento giuridico” (1959) di AntonioPigliaru, e “La rivolta dell’oggetto” (1978) dell’antropologoMichelangelo Pira. Salvatore Satta, uno dei piùgrandi giuristi italiani, acquisì fama postuma col capolavoro“Il giorno del giudizio” (1977), tradotto in tutto ilmondo. Una spinta verso il realismo fu data nel 1975 da“Padre padrone”, romanzo di Gavino Ledda che narral’emancipazione culturale e civile di un giovane pastoresardo: sceneggiato dai fratelli Taviani, il film “Padre padrone”vinse il Festival del Cinema di Cannes nel 1977. Nelfrattempo, lo scultore Costantino Nivola svolgeva la suaattività in prevalenza negli Stati Uniti, dove acquisì famainternazionale come rappresentante di una forma diespressionismo che recuperava le suggestioni plastichedella tradizione nuragica e mediterranea, mentre daglianni Sessanta Pinuccio Sciola si distingueva per il gustodella sperimentazione di originali tecniche di incisione,fino alla creazione delle cosiddette “pietre sonore”, sculturesimili a menhir che vibrano al semplice tocco dellamano. Alla fine degli anni Ottanta e Novanta, la cultura


SARDEGNA158sarda acquisì nuova linfa grazie a un rinascimento culturaleguidato dai romanzieri, i quali seppero andare oltrela tradizione realista per creare un nuovo stile “isolano”e un nuovo immaginario della <strong>Sardegna</strong>: entrarono nel noverodei più importanti autori italiani e internazionale romanziericome Maria Giacobbe, Sergio Atzeni, MarcelloFois, Salvatore Niffoi e Giorgio Todde.La <strong>Sardegna</strong> c’è, non più Isola solitaria in mezzo al mare,ora naviga guardando con fiducia alla terraferma: si affidaalla proverbiale ospitalità dei suoi abitanti per far decollareun nuovo modello sociale ed economico basato sullavalorizzazione delle peculiarità ambientali e delle risorselocali legate alle tradizioni. Così il turismo è una delle vieper la rinascita, capace di creare opportunità concrete dicrescita. Ma per far questo la <strong>Sardegna</strong> ha estremo bisognodell’Italia e degli italiani: in attesa da secoli -la speranzanon ha mai abbandonato i sardi che, nonostante le sconfittee le delusioni sono anzi mossi da esse- la spinta generatadal sentimento di identità isolana e nazionale, insieme,creerà un futuro radioso e solido per i figli dellenostre patrie.


SARDEGNA159Spiaggia di Piscinas (Arbus)Pagina a fronteRiti della settimana Santa - CuglieriNuraghe Ola- Oniferi

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