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di Gherardo GherardiniIL MESSAGGERO SARDO 32APRILE 2003Sono passati 60 anni daibombardamenti su Cagliari,che provocaronola morte di oltre 2.000 personee la devastazione del capoluogosardo, ma è come se il temponon fosse mai passato. Il ricordo,che non cancella neancheil gravissimo, inspiegabileepisodio di Gonnosfanadigadove la morte si accanì soprattuttosu donne intente a lavarei panni e bambini che uscivanodalla scuola, è vivido tra i testimoni.Gli scampati miracolosamenteagli spezzoni chetrafissero Cagliari non hannomai più potuto dimenticare eoffrono il contributo alle piùgiovani generazioni. Tra diloro molti dei nostri lettori,presenti in quella drammaticacircostanza. È il caso di AnnibaleBernardini che, appassionatoautore di diverse ricerchee insignito di ambiti riconoscimenti,ha vissuto quei momentinella città restandone profondamentecolpito. Per lui,come per tanti, quelle giornatesono divenute un solco incolmabilenella memoria.Sessant’anni dopo, mentre laguerra parla ancora facendotacere gli uomini incapaci ditrovare la strada del dialogo edella ragione, sono state dedicateagli eventi bellici del1943 numerose iniziative. Leamministrazione comunali diCagliari e Gonnosfanadigahanno promosso speciali programmiper lasciare ai più giovaniun’eredità da conservaree tramandare, senza retorica. Ilmessaggio più radicale è che lavita merita davvero rispetto enon c’è obiettivo, finalità oscopo che possa giustificare lamorte anche di una sola persona.È la negazione di un qualsivogliasenso della guerra, maè soprattutto un’opportunitàper riflettere sulle azioni degliuomini ed in particolare suquelle decisioni che si trasformanoin condanne a morte senzaappello per innocenti.Anche il mondo della scuolaè stato mobilitato in questoimpegno al recupero della memoria,all’incontro tra generazioni.Da un’idea iniziale deiLions Club, la collaborazionecon l’amministrazione cagliaritanae l’Istituto Regionale diRicerca Educativa hanno prodottoappuntamenti con testimonie studiosi. Con il coordinamentoscientifico dello storicoFrancesco Floris, è natoun dialogo che ha indagato gliaspetti più diversi dell’esperienza.Primo fra tutti la ricercadel perché proprio Cagliarisia stata investita da tanta distruzione.Un interrogativo, inparte ancora senza risposta,specialmente se si pensa aquanto è accaduto a Gonnosfanadiga.La motivazione ufficialedata dagli americani riguardala strategia militare:deviare l’attenzione dei tedeschiverso la <strong>Sardegna</strong>, mentresi preparava lo sbarco in Sicilia.Il pensiero dei civili peròesprime ancora scetticismo:era proprio indispensabile seminaretanta morte e distruzione?All’impegno profuso daibombardieri contro donne ebambini si può dare una giustificazione?Negli incontri peròsi è parlato anche di altre esperienze:quello dello “sfollamento”,che ha gettato un pontetra città e territorio, e dellaricostruzione.È stato inoltre promosso unconcorso. Studenti e insegnantilavoreranno insieme, con ilSTORIA / Il 60º anniversario celebrato con varieiniziative. Il contributo di Dario Dessì che raccontala storia di un bambino di dieci anniRICORDATI A CAGLIARII BOMBARDAMENTI DEL 1943CHE DISTRUSSERO LA CITTA'supporto tecnico-scientifico diun gruppo di lavoro in cui figurano,tra gli altri, i nomi diGianni Filippini, Antonio Romagnino,Marco Coni, AldoAccardo, per produrre materiali.Il 13 maggio, ultimogiorno di quel calendario deldolore che si diffuse inesauribile60 anni fa, ci sarà un convegnoconclusivo e la cerimoniadi premiazione. Un appuntamentoimportante per la cittàe le più giovani generazioniche potranno ripercorrere letappe del più recente passatotenute per mano dai testimonioculari.La ricorrenza non poteva lasciareindifferenti i quotidianidell’isola che hanno pubblicatointerventi, documenti e approfondimenti.“L’UnioneSarda”, il 28 febbraio scorso,ha pubblicato uno “speciale”di 8 pagine, curato da MarcoMostallino, in cui sono riprodotteanche inedite testimonianzetratte dal diario di unsottufficiale dell’Aviazione distanza a Monserrato.“Il Messaggero Sardo”, chenel mese di giugno di un annofa, aveva anticipato le iniziativee i programmi commemorativi,accoglie in questa circostanzail contributo di DarioDessì, un emigrato sardo diTreviso. Responsabile del settorecultura dell’associazione“Amicizia sarda nella marcatrevigiana”, Dessì racconta lastoria di Mario, un bambino di10 anni. La ricostruzione uniscedati oggettivi tratti dalledi Maria Grazia CaligarisSI INTITOLA “FEMINAS”LA MOSTRA FOTOGRAFICAALLESTITA A BRESCIADuecento immagini perraccontare una storiafatta spesso di sogni,speranze, illusioni e disillusioni,ma anche di coraggioe determinazione nell’inseguire,per sé e per i proprifigli, un futuro migliore: fortementevoluta dal CircoloSu Nuraghe, che per mesi halavorato alla ricerca delleimmagini che costituisconola rassegna, la mostra “Feminas:donne sarde a Biella”è la storia di un’intera comunitàraccontata da scattispesso casuali, rubati in ungiorno di festa oppure attentamentestudiati per creareun ricordo del giorno dellapartenza dall’Isola.L’esperienza della migrazionecoinvolge infatti in<strong>Sardegna</strong> moltissime donne,madri e mogli di migranti,ma anche solitarie pioniereche affrontano il viaggioopere di Francesco Alziator eNicola Malizia e da “Memoriedi guerra” del quotidiano cagliaritano,al ricordo personale.Al centro della vicenda sicolloca l’esperienza dei bombardamentisulla città di Mario,alunno della quinta elementaredella scuola “SebastianoSatta”, ubicata nella viaGiovanni Maria Angioy all’angolocon via Crispi, affidataal maestro Sebastiano Pirodda.La storia, che vi proponiamoanche se non in modo integrale,ha inizio il 17 febbraio del1943, data del primo terribilespezzonamento e bombardamento,quando le lezioni vengonosospese e Mario lascia ilcaseggiato scolastico per fareritorno a casa.“Dopo essersi reso conto chetanta gente, mentre parlava didanni, di feriti e di morti, stavaaffrettandosi verso un’unicadirezione, un po’ per curiositàe un po’ anche perché non sidiscostava tanto dal solito tragittoverso casa, Mario nonpoté resistere all’impulso diseguire quella folla concitata.Arrivò così in piazza Santa Restitutae si ritrovò, a dieci anniappena compiuti, davanti auno scenario tipico da film diguerra. In pratica un unico velivolo,quasi sicuramente unLightning P38, staccatosi inpicchiata dalla formazione,aveva fatto scempio di una folladi persone mentre, accalcatacontro i sacchetti di sabbiadella paratia di protezione disole, a volte attratte dai raccontie dagli appoggi fornitida sorelle, cugine e zie partiteprima di loro, secondo unatradizione antichissima chevede sull’Isola le donne protagonistenon solo dell’educazionedei figli, ma anchedell’economia.A queste donne e alla loroavventura è stata dedicata lamostra allestita presso inuovi locali espositivi delCircolo e inaugurata proprioin occasione della Festa dellaDonna.Le immagini che costituisconola rassegna rappresentanoun vero e proprioarchivio dell’immigrazionesarda a Biella, oltrechè unasorta di piccolo “Amarcord”della comunità sarda,sono infatti state raccoltegrazie all’aiuto delle sociedi Su Nuraghe che hannomesso a disposizione i propriarchivi privati.Questi scatti, che nei primigiorni di apertura hanno vistosfilare tantissime personeincuriosite dalla possibilitàdi rivivere la propria storiaattraverso le immagini inmostra, raccontano di fatica,sogni e speranze costituite ilpiù delle volte dalla possibilitàdi svolgere lavori umilicome la donna di servizio ol’operaia. Spesso questedonne compaiono in costumesardo di fronte a monumentisignificativi di Biella,città ospite e tutta da scoprireper chi giungeva dallalontana <strong>Sardegna</strong>.Una mostra dunque rivoltanon solo ai Sardi, ma ancheai Biellesi che in essa potrannocogliere spunti di osservazioneinediti della propriacittà, vista con gli occhidei migranti.Federica Chilàun rifugio, stava cercando disperatamentedi accedere aduna delle due entrate per mettersial riparo”.Nel testo di Dessì, che abbiamodovuto “ritoccare” per esigenzedi spazio, viene ricordatala sequenza, strada per strada,dell’operazione ed emergequanto avvenuto a Gonnosfanadiga.“Il giorno dopo, poco primadi mezzogiorno, una zia maternaaccompagnò Mario adAssemini, al sicuro a casa deinonni materni. I giornali avevanoannunciato la chiusuradelle scuole elementari. In unpomeriggio quasi assolato etiepido di venerdì 26 febbraio,Mario si trovava assieme aduno zio in un terreno, ad ovestdell’idroscalo di Elmas, seminatoa grano. Improvvisamentevidero e udirono in lontananzauna ventina di fortezzevolanti. Erano munite di 13mitragliere calibro 12,7 millimetri,a protezione del velivolo,e potevano recare un caricomassimo di bombe pari a5.800 chilogrammi. Cominciòa cadere su Cagliari, in una sequenzaesasperante, una miriadedi grappoli di bombe. Stranamente,forse a causa deglischerzi bizzarri dei venti in<strong>Sardegna</strong>, quasi non si percepivanole deflagrazioni e gliscoppi. Si distinguevano peròben nitide le colonne di fumoframmisto a fiamme e bagliori.Nel tardo pomeriggio la cittàrisultò irriconoscibile. A tardasera si udì bussare freneticamenteal portone della casa deinonni materni di Mario. La madree due fratelli, sopravvissutialle devastazioni, avevano decisodi abbandonare la città emettersi al sicuro nella casa diGiovanni Andrea Mereu”.Appena due giorni dopo, domenica28 febbraio – ricordaDessì – tre ondate successivecondotte da una cinquantina diB17 scortati da altrettanti cacciabombardieri P38 lasciaronocadere oltre 120 tonnellatedi bombe sul capoluogo.“Nel mese di marzo, duranteun periodo di tregua, ma semprecon la paura di un’incursione,uno zio e due fratelli diMario riuscirono ad organizzareil trasporto delle suppellettilidalla casa di Cagliari adAssemini, per evitare l’azionesistematica degli sciacalli. Fucosì che a casa dei nonni arrivòuna radio Marelli, a tecnologiaalquanto avanzata perquei tempi. E fu così che tuttele sere, con le luci oscurate, arrivavada Radio Belgrado lavoce roca, sensuale e promettentedi Lale Andersen checantava Lili Marlene. Per Marioera come una ninna nanna.Il 31 marzo una grossa formazionedi fortezze volanti e dicaccia pesanti di scorta bombardaronoancora il porto di Cagliarie gli aeroporti: pochissime vittimenel capoluogo, molte aMonserrato. Navi e aerei distruttio resi inutilizzabili. Nelmese di aprile, vennero bombardateCarloforte, la Maddalena,dove venne affondato il Triestealla fonda nella baia di Mezzoschifo,gli aeroporti di Elmas,Monserrato, Alghero-Fertilia eVillacidro, Portotorres, Arbatax,e Sant’Antioco.Toccò nuovamente a Cagliariil 13 maggio subire due incursioni:quella diurna degli americanie q\uella notturna degli inglesi.Crollarono le ultime case,anche quella di Mario”.Pochi sanno – ricorda infineDessì – che Cagliari, dopo Napoliè stata la città più bombardata.Pochissimi sanno che èstata la città che ha subitomaggiori danni a livello diConventry (Inghilterra) o diDresda (Germania), ma senzaalcuna ragione plausibile. ForseCagliari, a cui nel 1995 èstata dedicata un’emissione filatelicainsieme a Vittorio Venetoe Firenze, insignite diMedaglia d’Oro per il coraggioe la resistenza delle popolazionicivili, ha solo avuto iltorto di trovarsi, quale comodopoligono di addestramento, apoche miglia dalle basi alleatein Marocco, Algeria e Libia.“Dopo aver sostenuto l’esamedi ammissione al ginnasiodi San Gavino Monreale, Mariorivide Cagliari nel mese diottobre, quando dovette recarsia Pirri per iscriversi a scuola.Allora un unico treno collegavaAssemini all’estrema periferiadi Cagliari e per raggiungereil capolinea deltramvai bisognava attraversarea piedi la città. Nel ricordo anchequalche campo di prigionieritedeschi tra le rovine, ibivacchi delle truppe alleate eil traffico di automezzi americanie inglesi. Parecchi annidopo, nel 1958, Mario, mentrevisitava una base in Arizona,non potè fare a meno di vedereuna linea di volo con centinaiadi B17, gli stessi che feceroscempio su Cagliari. Provòun brivido: le industrie avevanocontinuato a produrre anchea guerra finita”.

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