Nello stu<strong>di</strong>o del 1998, in particolare, Richards ha confermato i dati ottenuti daAnthony e Graham (1983, 1985), <strong>di</strong>mostrando che quando la modalità sensoriale dellostimolo <strong>di</strong> sfondo e dello stimolo elicitante il blink concordano (match), è possibile osservareun significativo effetto <strong>di</strong> facilitazione della risposta, cioè un aumento dell’ampiezza delblink. Questo dato rinforza l’ipotesi dell’esistenza <strong>di</strong> sistemi attentivi modalità specifici giànelle prime settimane <strong>di</strong> vita. Nello stu<strong>di</strong>o successivo (Richards, 2000), la facilitazione delblink durante i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> attenzione sostenuta nei confronti <strong>degli</strong> stimoli <strong>di</strong> sfondomultimodali risultò ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> grandezza doppia rispetto alla facilitazione del blink inrisposta agli stimoli unimodali utilizzati nel primo esperimento. Questo ha consentito <strong>di</strong>ipotizzare (Richards, 2000) che gli stimoli multimodali, oltre a risultare più interessanti equin<strong>di</strong> più attivanti per i bambini, implicano contemporaneamente il coinvolgimento deisistemi corticali attentivi <strong>di</strong> tipo visivo e u<strong>di</strong>tivo, determinando un effetto sommatoriasull’intensità del blink. La facilitazione del blink si verificava, infatti, sia quando lo stimoloelicitante il riflesso era <strong>di</strong> tipo u<strong>di</strong>tivo, sia quando era <strong>di</strong> tipo visivo.Problematiche nell’indagine della risposta <strong>di</strong> startle nei primi mesi <strong>di</strong> vitaL’analisi della risposta <strong>di</strong> startle sembra essere in grado <strong>di</strong> fornire, quin<strong>di</strong>,informazioni essenziali circa lo sviluppo delle emozioni e dell’attenzione, proponendosi comeuna nuova e preziosa metodologia utilizzabile sin dalle prime settimane <strong>di</strong> vita. Tuttavia, lericerche pubblicate sono molto poche e questo para<strong>di</strong>gma stenta ancora oggi ad assumere unruolo centrale nella ricerca sullo sviluppo umano. Probabilmente le ragioni fondamentali chegiustificano questo ritardo rispetto alla notevole <strong>di</strong>ffusione del para<strong>di</strong>gma nello stu<strong>di</strong>o <strong>degli</strong>adulti, sono essenzialmente due: la prima strettamente legata all’utilizzo della tecnica EMG(Agnoli et al., 2007; Agnoli et al., in corso <strong>di</strong> stampa), la seconda alla scarsità <strong>di</strong> stimoli ocompiti dotati <strong>di</strong> salienza affettiva per infanti <strong>di</strong> pochi mesi <strong>di</strong> vita (Grillon & Baas, 2003).Per quanto concerne l’utilizzo della registrazione elettromiografica, questa tecnicaprevede alcune manovre moderatamente invasive, necessarie per l’applicazione <strong>degli</strong> elettro<strong>di</strong>sul volto del bambino. E’ in<strong>di</strong>spensabile, infatti, provocare una piccola dermoabrasione sullacute del volto in prossimità della palpebra inferiore. Questa manovra, lievemente dolorosa,determinerebbe negli infanti uno stato iniziale <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, inficiando, nel caso in cui oggettod’indagine sia la modulazione affettiva della risposta, la qualità dei dati raccolti. Taleoperazione, inoltre, sebbene compiuta da una mano esperta, viene svolta da un adultosconosciuto al bambino, introducendo, soprattutto dopo i primi mesi <strong>di</strong> vita, un ulterioreevento stressante. Inoltre, contrariamente all’adulto, è praticamente impossibile impe<strong>di</strong>re al32
ambino <strong>di</strong> muoversi e <strong>di</strong> toccarsi il volto durante la registrazione, interferendo, in entrambi icasi, con la qualità dei dati ottenuti. Questi limiti, che derivano dalle modalità stesseattraverso le quali viene rilevata la risposta <strong>di</strong> startle, hanno spinto gli stu<strong>di</strong>osi ad utilizzarecon parsimonia il para<strong>di</strong>gma dello startle probe nella ricerca sullo sviluppo, nonostante le suegran<strong>di</strong> potenzialità, coinvolgendo, come abbiamo visto, soltanto bambini sani e relativamentegran<strong>di</strong>, a partire, cioè, dai 2 mesi <strong>di</strong> vita.Un secondo problema a cui la ricerca sulla modulazione affettiva della risposta <strong>di</strong>startle nei primi mesi <strong>di</strong> vita si è trovata a fare fronte, è legato all’utilizzo <strong>di</strong> stimoli(denominati in letteratura foreground stimuli) in grado <strong>di</strong> determinare uno stato emozionalepositivo o negativo negli infanti. Come in parte hanno <strong>di</strong>mostrato McManis et al. (2001), glistimoli solitamente utilizzati nell’indagine <strong>di</strong> questo fenomeno negli adulti (come ad esempiole immagini della IAPS) risultano spesso privi <strong>di</strong> significato ed inappropriati per i bambini(Grillon & Baas, 2003). Prima <strong>di</strong> adottare un para<strong>di</strong>gma sperimentale basato sullapresentazione <strong>di</strong> stimoli emozionali sarebbe perciò necessaria un’approfon<strong>di</strong>ta riflessionesulle tipologie <strong>di</strong> stimoli realmente salienti per gli infanti. Per comprendere lo sviluppo <strong>degli</strong>stati affettivi è necessario infatti chiedersi come elicitare tali stati nel corso dello sviluppo.Soprattutto a tale domanda la ricerca sullo sviluppo della modulazione affettiva dello startleha cercato <strong>di</strong> trovare una risposta. Su tale domanda la ricerca si è però anche arenata,determinando in parte quel notevole ritardo che caratterizza l’utilizzo dello startle probepara<strong>di</strong>gm nei primi mesi <strong>di</strong> vita rispetto alla <strong>di</strong>ffusione del para<strong>di</strong>gma nello stu<strong>di</strong>o <strong>degli</strong> adulti(Grillon & Baas, 2003). A questo punto ci si potrebbe persino domandare se tale questione siarealmente fondata. Per indagare lo sviluppo della modulazione affettiva della risposta <strong>di</strong>startle è cioè necessario affidarsi ad una metodologia basata sulla presentazione <strong>di</strong> stimoli ingrado <strong>di</strong> determinare uno stato emozionale positivo o negativo negli infanti? Non è possibileinvece indagare lo sviluppo <strong>degli</strong> stati affettivi e della modulazione della risposta basandosi supara<strong>di</strong>gmi sperimentali adatti alla prima infanzia senza che questi derivino necessariamentedallo stu<strong>di</strong>o <strong>degli</strong> adulti? A tali domande la parte sperimentale <strong>di</strong> questo lavoro ha cercato <strong>di</strong>dare risposta, indagando attraverso metodologie e para<strong>di</strong>gmi sperimentali creatiappositamente per la prima infanzia, la modulazione affettiva ed attentiva della risposta <strong>di</strong>startle nei primi mesi <strong>di</strong> vita.33
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all’attivazione dei sistemi neura
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