nu<strong>di</strong>, mutilazioni, operazioni chirurgiche, etc.) classificate, in relazione al loro contenuto,secondo la valenza affettiva (piacevole vs. spiacevole) ed il loro carattere attivante (molto vs.poco). Lang, in particolare, ha elaborato un set standar<strong>di</strong>zzato <strong>di</strong> <strong>di</strong>apositive, denominatoInternational Affective Picture System (IAPS), contenente quasi 1000 immagini, ognuna dellequali è stata valutata e classificata in base a valenza ed arousal (Lang, 1995). Per levalutazioni delle immagini, inoltre, Lang ha ideato il Self-Assessment Manikin (Lang &Bradley, 1994), una scala a 9 punti, dove valenza ed arousal sono rappresentati graficamentedai cambiamenti <strong>di</strong> espressione <strong>di</strong> un fumetto. A seconda della posizione che ciascuna <strong>di</strong>queste immagini occupa all’interno <strong>di</strong> tale classificazione, è stato possibile <strong>di</strong>mostrare innumerosi esperimenti che la risposta <strong>di</strong> startle variava in latenza ed ampiezza. Un altro fattorecentrale nella modulazione della risposta <strong>di</strong> startle è, infatti, il livello <strong>di</strong> arousaldell’organismo. Cuthbert e coll. (1996) hanno <strong>di</strong>mostrato, per esempio, che allasomministrazione <strong>di</strong> stimoli poco attivanti (come un’immagine raffigurante un cestino) noncorrispondeva alcuna modulazione della risposta, in<strong>di</strong>pendentemente dalla valenza emotiva<strong>degli</strong> stessi. Valenza ed arousal, quin<strong>di</strong>, agendo in sinergia, determinano quel fenomenoconosciuto come modulazione affettiva della risposta <strong>di</strong> startle (Figura 7).Figura 7. Distribuzione delle immagini dell’International AffectivePicture System (IAPS) sulle due <strong>di</strong>mensioni della valenza affettiva (pleasure) edell’arousal. Per la valutazione delle immagini è stato utilizzato il Self-Assessment Manikin, un pupazzo rappresentato in <strong>di</strong>verse varianti sulla base delgrado <strong>di</strong> attivazione (da basso ad alto) e della valenza affettiva (da positiva anegativa) (da P. Lang, 1995, American Psychologist, 50, p. 374).22
Il modello teorico proposto da Lang non è totalmente estraneo al panorama teoricorelativo alle emozioni, ma rientra all’interno <strong>di</strong> un approccio <strong>di</strong>mensionale allo stu<strong>di</strong>o delcomportamento affettivo (Russell, 1979, 1980, 2003; Watson, Wiese, Vaidya, & Tellegen,1999; Watson & Tellegen, 1985). Secondo questo approccio teorico il comportamentoaffettivo (affect 1 ) sarebbe strutturato secondo alcune <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> base. Sebbene alcunimodelli inizialmente teorizzassero la presenza <strong>di</strong> tre <strong>di</strong>mensioni principali (si veda ad es.Engen, Levy, & Schlosberg, 1958), attualmente i ricercatori convengono su una strutturabi<strong>di</strong>mensionale dell’affect (Russell, 2003; Watson et al., 1999). Nello specifico, approfon<strong>di</strong>teindagini condotte sulle espressioni facciali e vocali delle emozioni, sugli in<strong>di</strong>cipsicofisiologici, sui giu<strong>di</strong>zi relativi alla somiglianza <strong>di</strong> parole connotate affettivamente, sul<strong>di</strong>fferenziale semantico <strong>di</strong> termini affettivi (Watson et al., 1999), hanno suggerito l’esistenza<strong>di</strong> una strutturazione dell’affect secondo due <strong>di</strong>mensioni generali: 1) Piacevolezza versusSpiacevolezza; 2) Attivazione (o Arousal). Sebbene la struttura bi<strong>di</strong>mensionale del “mondoaffettivo” sembri essere una nozione quasi universalmente con<strong>di</strong>visa, altrettanto non si può<strong>di</strong>re rispetto alle modalità in cui le due <strong>di</strong>mensioni interagiscano nel generare l’alta variabilitàche si può ritrovare in questo mondo. Secondo alcuni autori (tra cui anche Lang) le due<strong>di</strong>mensioni possono essere rappresentate geometricamente con due assi posti ortogonalmente(ve<strong>di</strong> Figura 7). Un asse verticale rappresenterebbe la valenza affettiva, da positiva a negativa,e l’altro asse, posto orizzontalmente, rappresenterebbe l’arousal, da alto a basso. Uncomportamento affettivo potrebbe perciò essere categorizzato sulla base della posizione chequesto occupa sul continuum della valenza affettiva e sul continuum dell’arousal, esattamentecome ha fatto Lang nella categorizzazione delle immagini dello IAPS. Una <strong>di</strong>fferenteconcettualizzazione del rapporto tra le due <strong>di</strong>mensioni principali dell’affect vede i due assiruotati <strong>di</strong> 45° rispetto a quelli della valenza e dell’arousal, per descrivere lo spazio affettivocon le <strong>di</strong>mensioni del Positive Affect (PA) e del Negative Affect (NA) (Burgdoff & Panksepp,2006; Watson et al., 1999; Witvliet & Vrana, 1995). Secondo tale modello, proposto daWatson e Tellegen nel 1985 (quale variante del modello proposto da Russell nel 1980), la<strong>di</strong>mensione del Positive Affect e la <strong>di</strong>mensione del Negative Affect sarebbero <strong>di</strong>mensioni1 La traduzione italiana del termine “affect” risulta decisamente <strong>di</strong>fficoltosa. Il termine italiano “affetto” hainfatti un’accezione <strong>di</strong>fferente rispetto al termine inglese affect, che designa, a seconda della sua utilizzazione,vari aspetti del complesso fenomeno emozionale. L’utilizzo <strong>di</strong> questo termine nella lingua inglese non è infattiunivoco. Secondo Plutchik (1994), in particolare, il termine affect viene utilizzato per in<strong>di</strong>care fenomeniemozionali <strong>di</strong>fferenti, sebbene il suo significato sia da ricollegarsi principalmente ad una tra<strong>di</strong>zionepsicoanalitica secondo cui il termine affect in<strong>di</strong>cherebbe la qualità edonica (positiva o negativa) <strong>di</strong> uno statoemozionale. Quando si parlerà <strong>di</strong> affect, perciò, si cercherà <strong>di</strong> utilizzare la terminologia italiana chemaggiormente si avvicina al significato con cui il termine è stato utilizzato dall’autore <strong>di</strong> riferimento, oppure, piùsemplicemente, si utilizzerà il termine inglese.23
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