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TESI_FILE INTERO - Università degli Studi di Ferrara

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all’attivazione dei sistemi neurali <strong>di</strong> base. La soggettività legata agli stati affettivi hadeterminato per anni un rifiuto <strong>di</strong> questi fenomeni nell’indagine scientifica. Oggi, <strong>di</strong> frontealle evidenze empiriche <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> neuroscientifici, nemmeno un comportamentistaintegralista potrebbe negare che i fenomeni affettivi non possano essere soggetti ad indaginescientifica. Nello stu<strong>di</strong>o neuroscientifico delle emozioni, le reazioni affettive a stimoli edonicihanno infatti ormai assunto un aspetto oggettivo proprio come la vista o la memoria. <strong>Stu<strong>di</strong></strong>osicome Damasio (1999) o LeDoux (1996, 2000), ad esempio, hanno <strong>di</strong>mostrato come lereazioni affettive negative come la paura possono essere stu<strong>di</strong>ate dalle neuroscienze in unamodalità puramente obiettiva. Secondo LeDoux (2000), ad esempio, “…possiamo stu<strong>di</strong>are ilsistema della paura negli animali, anche se non possiamo provare che questi esperiscano ilsentimento <strong>di</strong> paura” (p.131).Come la Motivational Priming Hypothesis può fornire un contesto teorico adeguatoper spiegare il funzionamento dei due sistemi motivazionali <strong>di</strong> base, il para<strong>di</strong>gma dello startleprobe, attraverso la modulazione affettiva della risposta <strong>di</strong> startle, può fornire un in<strong>di</strong>catoreoggettivo attraverso il quale indagare stati a tono edonico positivo o negativo, chetestimoniano l’attività dei due sistemi motivazionali. Tale funzione dello startle può risultarefondamentale per l’indagine dell’attività dei due sistemi motivazionali <strong>di</strong> base nelle prime fasidello sviluppo. Gli stu<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionali sulle emozioni si sono focalizzati su soggetti adulti ingrado <strong>di</strong> descrivere il proprio stato affettivo. Gli infanti e gli animali, poiché incapaci <strong>di</strong>parlare, sono stati perciò a lungo considerati come soggetti scarsamente utilizzabili, poichénon in grado <strong>di</strong> tradurre in parole i loro sentimenti. Tale svantaggio si annulla tuttavia se ilnostro scopo <strong>di</strong> interesse sono i processi alla base del comportamento affettivo. SecondoBerridge (1999) la mancanza del linguaggio non è infatti un problema se i processi <strong>di</strong>interesse sono separati dall’introspezione soggettiva e, perciò, dai resoconti verbali. Lereazioni affettive derivanti dall’attività dei sistemi motivazionali <strong>di</strong> base sono spesso, comehanno <strong>di</strong>mostrato ad esempio Winkielman e Berridge (Berridge & Winkielman, 2003;Winkielman & Berridge, 2004), al <strong>di</strong> fuori della nostra consapevolezza, ed avvengono comeprocessi non coscienti. Gli infanti nei primi mesi <strong>di</strong> vita potrebbero paradossalmente risultare,perciò, i migliori soggetti per indagare alcuni processi alla base del comportamentoemozionale, poiché relativamente liberi dai fattori culturali che influenzano l’espressione, ol’inibizione, delle reazioni emozionali <strong>degli</strong> adulti (Berridge, 1999). Un in<strong>di</strong>ce in grado <strong>di</strong>fornire informazioni relativamente a questi processi <strong>di</strong> base, che risulti essere svincolato dalcontrollo intenzionale e da influenze <strong>di</strong> tipo culturale risulterebbe perciò uno strumentod’eccezione per indagare questi fenomeni nel primo sviluppo. Lo startle corrisponde96

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