imane l’attività dei due sistemi motivazionali <strong>di</strong> base (Lang, 1995; Lang et al., 2000).Secondo questa prospettiva, perciò, la Motivational Priming Hypothesis fornirebbe una baseteorica adeguata per affrontare l’indagine del comportamento emotivo, la cui analisi potrebbeessere condotta me<strong>di</strong>ante l’utilizzo dello startle probe para<strong>di</strong>gm.94Questa posizione teorica non è tuttavia esente da critiche. E’ doveroso infattisottolineare che, sebbene la spinta motivazionale sia una componente fondamentale delcomplesso comportamento emozionale, questa non è che una delle componenti che vanno adefinire un’emozione. Una definizione particolarmente adatta a racchiudere la complessità <strong>di</strong>questo fenomeno è stata fornita da Battacchi, secondo il quale un’emozione è una “sindromereattiva multicomponenziale” (Battacchi, 1988). Seppur infatti si possa affrontare l’indaginedelle emozioni da prospettive <strong>di</strong>fferenti, la multicomponenzialità delle emozioni è un concettoormai ampiamente con<strong>di</strong>viso e <strong>di</strong>ffuso nella letteratura scientifica (v. Don<strong>di</strong>, 1993). Secondo i<strong>di</strong>ffusi modelli componenziali delle emozioni, accanto ad una valutazione cognitiva <strong>degli</strong>antecedenti situazionali, un’emozione sarebbe costituita anche da una componente fisiologica,una componente espressivo motoria, una componente motivazionale, ed una componentefenomenologica (Scherer, 1982, 2000). Il credere che il funzionamento <strong>di</strong> una singolacomponente, come ad esempio la componente motivazionale, possa essere preso a modelloper comprendere il funzionamento della complessa “sindrome emozionale” è un errorederivante dall’esasperazione <strong>di</strong> una logica induttiva. Il ritenere cioè che si possa spiegare iltutto (o la complessità) attraverso l’analisi <strong>di</strong> una sua parte, sebbene sia una prassi assaicomune anche nel pensiero scientifico moderno, è un errore <strong>di</strong> fondo nell’affrontarel’indagine <strong>di</strong> un sistema complesso, che spesso porta con sé lo spettro del riduzionismo.Un principio che dovrebbe guidare ogni indagine che si approcci alla complessitàdovrebbe essere la terza regola del metodo scientifico presentata da Cartesio nel suo Discorsosul metodo più <strong>di</strong> quattro secoli fa (Cartesio, 1637/2002). Secondo tale regola, la ricerca dellaverità dovrebbe essere condotta affidandosi ad un pensiero or<strong>di</strong>nato, partendo dalle cose piùsemplici da comprendere, per raggiungere gradualmente conoscenze sempre più complesse 5 .Tale regola è stata assunta come principio fondamentale anche dalle neuroscienze affettive(Panksepp, 1996), un settore scientifico che si pone come ponte e punto <strong>di</strong> integrazione tra unapproccio psicologico, comportamentale e neuroscientifico allo stu<strong>di</strong>o del comportamentoaffettivo. Lo stu<strong>di</strong>o della complessa “sindrome emozionale” ha spinto gli neuroscienziatiaffettivi ad indagare innanzitutto le fondamenta <strong>di</strong> tale fenomeno, in<strong>di</strong>viduando strutture5 Utilizzando le parole <strong>di</strong> Cartesio: “La terza, <strong>di</strong> condurre or<strong>di</strong>natamente i miei pensieri cominciando dalle cosepiù semplici e più facili a conoscersi, per salire a poco a poco, come per gra<strong>di</strong>, sino alla conoscenza delle piùcomplesse; supponendo altresì un or<strong>di</strong>ne tra quelle che non si precedono naturalmente l'un l'altra” (Cartesio,1637/2002).
neurali e comportamenti affettivi che gli esseri umani con<strong>di</strong>vidono con tutti gli altrimammiferi (ve<strong>di</strong> Burgdof & Panksepp, 2006). Uno dei principi fondamentali delleneuroscienze affettive (e principale area d’indagine <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>sciplina) è il fatto che il mondoaffettivo si regga su alcuni sistemi biocomportamentali <strong>di</strong> base, ra<strong>di</strong>cati in substrati neuralisituati in zone “antiche” del cervello come il tronco dell’encefalo ed alcune strutturesottocorticali. L’analizzare il mondo affettivo al suo livello più semplice consentirebbe,secondo Panksepp (1998), <strong>di</strong> prevenire che l’analisi dei fenomeni emotivi risulti essere piùcomplessa rispetto alle evidenze neuroscientifiche in nostro possesso 6 .Esattamente a questo livello d’analisi del comportamento emozionale la MotivationalPryming Hypothesis <strong>di</strong> Lang ed il para<strong>di</strong>gma dello startle probe possono rivelarsiparticolarmente utili. Poiché il concetto <strong>di</strong> utilità è definibile in termini scientifici come lacapacità <strong>di</strong> una ipotesi o <strong>di</strong> un modello teorico <strong>di</strong> effettuare pre<strong>di</strong>zioni corrette prima dellasperimentazione (Berridge, 2004), la Motivational Priming Hypothesis si è rivelata e puòtuttora rivelarsi scientificamente utile nell’indagine dei sistemi biocomportamentali <strong>di</strong> base(definiti, in particolare, da Lang sistema motivazionale appetitivo ed aversivo) e del lorolegame con il comportamento affettivo. L’esperienza affettiva (affect), sia a livello cosciente,sia a livello non-cosciente (Berridge & Winkielman, 2003; Winkielman & Berridge, 2004),può essere definita come l’evidenza empirica dell’attività <strong>di</strong> questi sistemibiocomportamentali. Secondo Berridge (1999, 2004), ad esempio, ogni scopo <strong>di</strong> un’azionemossa da un sistema motivazionale <strong>di</strong> base elicita una reazione affettiva. Secondo questoautore sarebbe infatti sorprendente che la selezione evolutiva abbia favorito all’internodell’organizzazione cerebrale delle reazioni affettive così intense se tali processi edonici nonavessero uno scopo o una conseguenza. Secondo Panksepp, in particolare, l’esperienzaaffettiva genererebbe <strong>di</strong>rettamente dall’attività neurale <strong>di</strong> alcuni sistemi emozionali <strong>di</strong> basesituati a livello sottocorticale e servirebbe la funzione principale <strong>di</strong> attrattore per un insieme <strong>di</strong>comportamenti stato-specifici e <strong>di</strong> attività cerebrali congruenti a tale stato mentale. Taleapproccio si avvicina molto alla Motivational Priming Hypothesis proposta da Lang, a cuiperò viene aggiunta la nozione che l’innesco fondamentale, e collante primario deicomportamenti connessi ai due sistemi motivazionali, sia l’esperienza affettiva conseguente6 La necessità <strong>di</strong> ancorare la ricerca ontogenetica delle emozioni alla conoscenza delle strutture neurali ed ilprincipio <strong>di</strong> partire da conoscenze più semplici per costruire una conoscenza più complessa, si ritrova anche nelpensiero <strong>di</strong> Don<strong>di</strong> (2001), secondo il quale lo stu<strong>di</strong>o ontogenetico delle emozioni dovrebbe avvalersi <strong>di</strong> treassunti fondamentali: 1. l’architettura cerebrale può porre dei vincoli biologici ai fenomeni psicologici; 2. lacomprensione dell’organizzazione neurale alla base dei processi psicologici, può fornire nuovi spunti percomprendere il significato ed il funzionamento <strong>di</strong> quei processi; 3. gettare nuova luce sui processi <strong>di</strong> base dellamaturazione cerebrale può portare ad una maggiore comprensione dei meccanismi che controllano le funzionimentali nell’adulto.95
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IndiceIntroduzione 1Background teor
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nuovamente esaminati e messi a conf
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L’utilizzo di questa piattaforma
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