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Tralasciamo i voti più alti, chehai riservato all’atmosferadella gara, al servizio medico diassistenza, alle iniziative di solidarietàe soffermiamoci sulle dolentinote. Bolli con un bel due lacronica assenza di atleti italianid’élite in gara e ti chiedi: “Possibileche con tutti i corpi specialisportivi (e costosi…) delle nostreforze armate di ogni tipo ecolore non si riesca ad avere unmaratoneta che faccia almeno2h15’?”. Già, com’è possibile secondote? Di chi sono le responsabilità?A mio avviso si è dormito tropposugli allori nello scorso decennio,quando in Italia avevamo diversibuoni atleti che riuscivano a competerea livello internazionale. Oltrea Stefano Baldini che è stato ilpiù grande parlo anche di GiacomoLeone che ha vinto New Yorknel ’97, ma anche Massimo VincenzoModica, Migidio Bourifa e altri.Andando indietro abbiamo avutoBordin, Pizzolato, Gianni Poli, insommaabbiamo sempre pensatoche qualcuno nel mazzo sarebbearrivato. Quindi si è investito poconel settore e si è rimasti con la mentalitàche alla maratona ci si debbaarrivare “a fine carriera”, ovvero dopoi trent’anni quando già ci si ègiocato tutto nelle gare in pista piùcorte. Gli atleti africani ci insegnanoche non è così, i maratoneti chevincono oggi con tempi eccezionalisono giovanissimi, spesso neancheventenni. Inoltre sono centinaiaperché in Kenya correre è lo sportnazionale ed il sogno di ogni bambino.A difesa dei nostri atleti c’èil fatto che tutta l’Europa soffre diquesta crisi d’identità, i primi europeihanno tempi intorno alle 2h09’dopo decine se non centinaia dikeniani che firmano tempi dalle2h03’ alle 2h07’ con molta facilità econtinuità. In Kenya o in generalein Africa ci si allena molto di più, sidà veramente tutto perché un ragazzoper eccellere e per farsi notareda un manager che lo porti acorrere in Europa deve distinguersitra gruppi formati da 20-30 concorrenti.In Italia al contrario il nostroPertile si allena da solo, è in Nazionaleda solo, come può davvero essereincentivato a dare il 130%? Ilfatto è semplice, non c’è fame. Conun gruppo sportivo militare allespalle lo stipendio è assicurato, glistage all’estero sono pagati, non cisono veri progetti di crescita legatiad ogni singolo atleta che fa un po’di testa sua. Ergo… non abbiamonessun atleta in grado di competeredavvero con i più forti.Non lesini molti complimentineanche alla Federazione,ai gruppi sportivi militari e agliFoto di Andrea Fusistessi sponsor, rei, secondo tedi destinare fior di quattrini aitop-runner africani disinvestendosui giovani italiani. Proponidal canto tuo un vero e proprioprogetto quinquennale per prepararedei ragazzi prescelti conl’obiettivo di farli debuttare alleOlimpiadi di Rio del 2016 con lamaglia azzurra. Cosa impedisce,allo stato attuale, di concretizzareun’idea simile?È un’idea che ho in mente da qualchemese, non ho ancora provatoa concretizzarla. Penso che alla finemi risponderebbero che esistonogià i gruppi sportivi militari, chebisogna dare retta a loro e al loropotere politico. Perché è risaputoche questi gruppi hanno potere diinfluenzare le scelte dei vari selezionatorinazionali. Vorrei che questoprogetto trovasse l’appoggiodella Federazione, staccato dunqueda ogni potere, un progettorivolto esclusivamente al mondosportivo. Chiaro che il tutto deveessere considerato al fine Olimpicofin dall’inizio, non che sotto Olimpiadidi Rio 2016 mi si venga a direSegue<strong>Atletica</strong> <strong>UISP</strong> on line - 44 <strong>Atletica</strong> <strong>UISP</strong> on line - 45