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Certificati medici e attività ginnico motoria nella Regione Veneto

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<strong>Certificati</strong> <strong>medici</strong> e <strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong> <strong>motoria</strong> <strong>nella</strong> <strong>Regione</strong> <strong>Veneto</strong>Usi ed abusi delle certificazioniProf. Marco Albertini ∗Il “problema”Come ampiamente documentato <strong>nella</strong> letteratura scientifica, l’<strong>attività</strong> <strong>motoria</strong> e sportiva èuno dei più efficaci strumenti di prevenzione delle malattie a carico del sistema cardiovascolare.Esistono inoltre evidenze empiriche che l’<strong>attività</strong> sportiva moderata e mirata hanotevoli effetti positivi su individui interessati da patologie anche gravi quali cardiopatici,diabetici, ecc.. Rispetto alla popolazione anziana, poi, è stato ampiamente documentatocome tra gli effetti diretti ed indiretti 1 della partecipazione ad <strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong> motorie vi siaanche quello ridurre l’incidenza della dipendenza nello svolgimento delle <strong>attività</strong> di vitaquotidiana.Alla luce di tali dati molte amministrazioni pubbliche e istituzioni sanitarie locali hannoattivato ampi programmi di stimolo alla pratica <strong>motoria</strong> indirizzate alla popolazioneanziana. Va notato che molte di queste <strong>attività</strong> vengono ampiamente co-finanziate dalleistituzioni pubbliche, soprattutto in ragione del fatto che il vincolo finanziario puòrappresentare un ostacolo significativo per la popolazione anziana alla partecipazione ad<strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong>-motorie condotte da personale qualificato. In assenza di tali politichesarebbe proprio il gruppo di anziani economicamente poveri, quello con una maggioreincidenza e precocità delle patologie di salute legate all’invecchiamento, a risentire delvincolo finanziario. La possibilità di praticare <strong>attività</strong> <strong>motoria</strong> diminuirebbe, quindi, proprioper il gruppo che ne può trarre il maggior beneficio.La richiesta di un certificato medico di idoneità fisica allo svolgimento di <strong>attività</strong> motoriepuò rappresentare un ostacolo rispetto a tali indirizzi delle politiche di sanità pubblica. Daun lato esiste la possibilità che i <strong>medici</strong> di base, richiesti di assumere la responsabilitàcirca la salubrità di una <strong>attività</strong> di cui spesso non conoscono le modalità di svolgimento e icontenuti, rifiutino la certificazione proprio a gruppi della popolazione che più potrebberobeneficiarne, ad esempio ultra-70enni, cardiopatici, infartuati, diabetici, ecc.. D’altro lato ilfatto che tale prestazione medica non sia inclusa nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA),e quindi a pagamento, re-introduce quel vincolo fiscale alla pratica della <strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong><strong>motoria</strong>che il finanziamento pubblico mira ad eliminare.Sembra poi emergere in maniera abbastanza evidente, sia dalla evidenza empiricaesistente che da una analisi delle prassi esistenti in materia di rilascio di certificati per<strong>attività</strong> non agonistica, che la richiesta di certificazione medica per lo svolgimento di <strong>attività</strong>motorie a bassa intensità risulta pressoché inutile dal punto di vista della <strong>medici</strong>napreventiva.∗ Junior Researcher, Centro de Estudios Avanzados en Ciencias SocialesInstituto Juan March de Estudios e InvestigacionesCastelló 77 - 28006 Madrid – Spainmarco.albertini@iue.it1 Tra questi ultimi, ad esempio, è rilevante notare come lo svolgimento di <strong>attività</strong> motorie di gruppo<strong>nella</strong> età anziana ha un ruolo rilevante nel contrastare i fenomeni di esclusione sociale e nel rafforzarele reti informali, fattori a loro volta positivamente connessi con lo stato di salute degli individui.


Il contesto giuridicoLa normativa in materia di pratica dell’<strong>attività</strong> <strong>motoria</strong> e sportiva conferma che la tuteladella salute nell’espletamento di tali <strong>attività</strong> attiene alla “materia” tutela della salute e nonalla “materia” sport – ad esempio la legge 23 Dicembre 1978, n.833 afferma che la tutelasanitaria della <strong>attività</strong> sportive è uno degli obiettivi del sistema sanitario nazionale e lainclude tra i compiti delle unità sanitarie locali. Va poi ricordato che se da un lato a livellonormativo è riconosciuto che l’esercizio dell’<strong>attività</strong> sportiva, individuale o collettiva,professionistico o dilettantistico, è da considerarsi libero, d’altro lato nel codice civilevengono stabiliti limiti giuridici a tale libertà. L’attenzione del legislatore, quindi, si èindirizzata alla tutela della salute dello sportivo, riservando alla sanità pubblica talecompetenza: il soggetto praticante <strong>attività</strong> <strong>motoria</strong> viene considerato a tutti gli effetti comeun cittadino da tutelare dai possibili effetti negativi della stessa o comunque da mettere incondizione di praticarla in totale sicurezza.Al livello nazionale viene operata una distinzione essenziale tra <strong>attività</strong> sportiva agonisticae <strong>attività</strong> sportiva non agonistica 2 , vengono quindi identificate due tipologie diverse dicertificazione medica necessaria per lo svolgimento di tali <strong>attività</strong>.La <strong>Regione</strong> <strong>Veneto</strong>, per mezzo di due circolari emanate negli anni 1994 e 1997, haoperato una ulteriore distinzione tra tipi di <strong>attività</strong> sportiva.In particolare vengono identificate e distinte l’<strong>attività</strong> sportiva agonistica, l’<strong>attività</strong> sportivanon agonistica e l’<strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong> <strong>motoria</strong>. Nelle stesse circolari viene esclusa la necessitàdi certificazione medica per la pratica di questo ultimo tipo di <strong>attività</strong>.La <strong>Regione</strong> <strong>Veneto</strong> definisce <strong>ginnico</strong> <strong>motoria</strong> l’<strong>attività</strong> caratterizzata da esercizi fisici noncompetitivi con finalità ludico ricreative, <strong>ginnico</strong> formative, riabilitative e/o rieducative. Amaggior chiarezza si aggiunge che nel contesto rientrano i corsi di apprendimento operfezionamento di varie discipline quali il nuoto, la ginnastica per bambini, adulti eanziani, la ginnastica aerobica, la ginnastica presciistica, l’escursionismo, i corsi di ballo,ecc.. Differentemente si definisce l’<strong>attività</strong> non agonistica come quella <strong>attività</strong>caratterizzata da competizioni fra atleti previa preparazione alla gara, da graduatorie ecampionati organizzati da società sportive e/o federazioni e enti di promozione sportiva, dacampionati studenteschi o giochi della gioventù a livello provinciale. Si ribadisce poi che le<strong>attività</strong> non rientranti in tali caratteristiche, con ovvia esclusione delle <strong>attività</strong> agonistiche,non sono soggette ad alcuna visita.Dal punto di vista degli obblighi certificativi ci troviamo quindi <strong>nella</strong> <strong>Regione</strong> <strong>Veneto</strong> in uncontesto assai diverso da quello previsto al livello nazionale.La ratio e aspetti metodologici dell’indagineCome detto la <strong>Regione</strong> <strong>Veneto</strong> rappresenta un caso particolare nell’ambito delle previsioninormative relative agli obblighi di certificazione medica per la pratica di <strong>attività</strong> sportive. Inparticolare l’identificazione di una classe di <strong>attività</strong> specifica, denominate <strong>ginnico</strong> motorie,esente da certificazione, sembra una misura assolutamente adeguata rispetto: (i) allanecessità di evitare gli effetti “disincentivanti” che la richiesta di certificazione può averesulla pratica di <strong>attività</strong> <strong>motoria</strong> sotto la supervisione di personale qualificato; (ii) allaintrinseca inutilità della prassi certificativa generalmente adottata rispetto alla esigenza ditutela preventiva della salute di chi pratica tali <strong>attività</strong>.2 Alla luce delle precisazioni contenute in una circolare ministeriale del 1983 spetta all’ordinamentosportivo la competenza di determinare la qualificazione dell’<strong>attività</strong> agonistica e a tale determinazionedevono attenersi le amministrazioni regionali.2


Nella pratica, tuttavia, non è chiaro in che misura tale indirizzo regionale sia stato recepitodagli operatori del settore e quindi se esista o meno una quota significativa di cittadini acui venga comunque richiesto un qualche tipo di certificazione medica per praticare <strong>attività</strong><strong>ginnico</strong> motorie.La presente indagine si propone di condurre una prima analisi esplorativa del fenomeno in<strong>Regione</strong>, cercando non solo di valutarne le dimensioni ma anche di identificare le criticità<strong>nella</strong> applicazione della circolare Regionale.La rilevazione dei dati di interesse può essere fatta a tre livelli: (i) singoli individui residenti<strong>nella</strong> <strong>Regione</strong> <strong>Veneto</strong>; (ii) associazioni, istituzioni e aziende operanti nel settore della<strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong> sportiva. La prima soluzione per quanto apprezzabile dal punto di vistadella rappresentatività della popolazione generale e della possibilità di ottenere uncampionamento corretto e controllato, richiede un investimento di risorse non disponibili almomento della conduzione dell’indagine. La seconda soluzione presenta lo svantaggio dinon poter registrare le informazioni di interesse a livello di casi individuali, ma il grandevantaggio di concentrarsi solamente sulla popolazione di interesse - quella di chi pratica<strong>attività</strong> sportiva. Permette inoltre di rilevare anche i motivi di una eventuale nonapplicazione delle previsioni delle circolari regionali relative agli obblighi certificativi.La rilevazione dei dati sul campo ha previsto quindi tre fasi: si è dapprima provveduto astilare una lista della popolazione di interesse per i comuni di Verona e Treviso 3 , si èquindi predisposta una versione pilota dello strumento di rilevazione (una intervistatelefonica semi strutturata) che è stata testata su un numero contenuto di casi,successivamente alla ottimizzazione del protocollo di intervista si è proceduto allarilevazione dei dati. 4Relativamente alla compilazione delle liste della popolazione di interesse va sicuramentefatta notare la difficoltà di ottenere una informazione completa circa gli operatori delsettore sportivo. Si tratta infatti di un “mondo” estremamente variegato e articolato, fatto digrandi associazioni nazionali con delegazioni al livello provinciale (che a loro voltaraggruppano circoli associati operanti nel territorio), di piccole palestre gestite a livellofamiliare, di gruppi di quartiere che si situano tra il gruppo amicale e l’associazionismo, dioperatori individuali ecc. Come criterio e metodo di compilazione abbiamo adottato ilclassico strumento degli elenchi telefonici, in questo caso concentrandoci su quelli deglioperatori professionali presenti nelle categorie “palestre e fitness”; “scuole di danza”;“associazioni e federazioni”. Dalla lista sono state escluse tutte quelle associazionisportive (ad esempio quelle calcistiche) che risultavano chiaramente impegnate in manieraesclusiva nell’ambito dell’<strong>attività</strong> sportiva agonistica. La lista della popolazione prodottariflette chiaramente la limitatezza dello strumento adottato per la sua compilazione rispettoalla complessità ed articolazione della popolazione oggetto di studio, di questo possibilebias – che presumibilmente investe maggiormente i gruppi più piccoli e quelli a prevalentecarattere associativo-volontaristico – bisognerà tenere conto in sede di interpretazione deirisultati. Il numero finale delle istituzioni eleggibili per l’intervista è pari a 58 nel comune diVerona e a 25 nel comune di Treviso.Il protocollo di rilevazione prevedeva la somministrazione della intervista semi strutturataper via telefonica ai responsabili di tutte le istituzioni incluse <strong>nella</strong> lista; erano previsti unmassimo di tre tentativi di contatto.3 Le risorse disponibili non hanno reso possibile una estensione della indagine sull’interno territorioRegionale.4 In appendice viene riportata la traccia della intervista semi strutturata.3


Tassi di risposta e sottopopolazioniDelle 58 istituzioni incluse <strong>nella</strong> lista della popolazione eleggibile di Verona 5 sono risultatenon contattabili in quanto il numero di telefono riportato risultava non esistente, in un caso,invece, l’istituzione contattata è risultata essere non eleggibile perché impegnata solo in<strong>attività</strong> sportive di tipo agonistico.Il totale dei contatti disponibili ed eleggibili nel comune di Verona è quindi pari a 52istituzioni. Nel comune di Treviso 3 sono le istituzioni che si rivelano non eleggibili e una ilcui telefono risulta inesistente, portando a 21 il totale dei contatti possibili.Durante la rilevazione sul campo è emerso chiaramente che all’interno delle liste cosìottenute va distinto un sottogruppo particolare della popolazione di riferimento: i centriprovinciali delle associazioni sportive nazionali quali UISP, CSI ecc.. Tali istituzioni sonoessenzialmente diverse dalle altre incluse <strong>nella</strong> lista. Innanzitutto perchè includono <strong>nella</strong>loro sfera di influenza il territorio provinciale e non comunale, e in secondo luogo perchèricomprendono al loro interno diversi circoli locali operanti anche in settori di <strong>attività</strong> moltodiverse (dalle manifestazioni culturali, ai punti di ristorazione, fino ai gruppi che svolgono<strong>attività</strong> sportiva non agonistica). In questi casi pertanto non è possibile arrivare ad unacorretta stima del numero di persone interessate dalla politica adottata dalla associazionecirca la certificazione medica. Come vedremo, tuttavia, è interessante capire quale sial’orientamento di queste grandi associazioni rispetto alla richiesta o meno di certificati perlo svolgimento di <strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong> <strong>motoria</strong>.Quando non si consideri, quindi, il sottogruppo dei centri provinciali delle grandiassociazioni sportive, la numerosità delle liste scende rispettivamente a 47 per Verona e17 per Treviso.Il tasso di risposta nei due comuni è pari rispettivamente al 51 (n=24) e al 33% (n=7).L’alto tasso di non risposta è dovuto per lo più a non reperibilità del titolare e/o dellapersona che gestisce le informazioni da rilevare nel caso Veronese e a rifiuto dell’intervistanel caso di Treviso.Come sopra accennato, dati i limiti intrinsechi dei metodi di compilazione delle listeadottati, il nostro campione tende probabilmente ad sovra rappresentare palestre e circoliprivati che operano nel settore sportivo e a sottostimare circoli e gruppi più informali edoperanti nel settore del no-profit, spesso afferenti alle grandi associazioni nazionali. Ledistorsioni così introdotte <strong>nella</strong> rappresentatività del campione incluso nelle liste sonodifficilmente valutabili. D’altro lato da una analisi delle <strong>attività</strong> svolte e delle dimensionidichiarate, non sembra esserci una particolare distorsione introdotta dalle mancaterisposte. Nel seguito pertanto faremo riferimento per lo più alla sola popolazione delleistituzioni intervistate, con qualche tentativo di generalizzazione all’intera lista di quelleselezionate, ma senza alcuna inferenza riguardante la popolazione in generale.Rilevanza e caratteristiche del fenomenoTutte le istituzioni intervistate avevano svolto nell’anno precedente l’intervista <strong>attività</strong> ditipo <strong>ginnico</strong> motorio. In totale si stima che, per le 29 istituzioni in cui si rileva il dato,venissero coinvolte in tali <strong>attività</strong> poco meno di 14500 persone (32000 generalizzandorispetto all’intera lista). 5 Un dato che, considerando i limiti di rilevazione sopra citati, cirestituisce tutta la rilevanza del fenomeno oggetto di studio.5 Se consideriamo il totale della popolazione residente nei due comuni (dato 2006 per Verona e 2002per Treviso) e il dato inferito rispetto all’intera lista di istituzioni contattabili, significa che purescludendo il dato delle delegazioni provinciali delle grandi associazioni nazionali e pur escludendo lenumerose associazioni e istituzioni operanti nel settore sportivo non presenti negli elenchi telefoniciutilizzati, il numero di persone che svolge <strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong> <strong>motoria</strong> incluse nel nostro campione è pari apoco più del 93 per mille della popolazione residente nei due comuni.4


L’<strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong> <strong>motoria</strong> maggiormente praticata era la ginnastica a corpo libero, seguitadalla danza, il fitness e l’aerobica. In più dell’80% delle istituzioni contattate tra gli iscrittifiguravano persone anziane. Le quote degli iscritti con età superiore ai 60 anni varianomolto tra istituzioni diverse, da un minimo del 5% ad un massimo del 50%. È interessantenotare che a fronte di questa “diffusione” della popolazione anziana frequentante <strong>attività</strong><strong>motoria</strong>, “solamente” nel 55% dei casi v’era un’offerta di corsi specificatamente mirati aquesta popolazione.La certificazione, tra vecchie e nuove prassiIl dato che emerge chiaramente dalle interviste effettuate è che nonostante l’esistenzadelle circolari regionali in merito, la grande maggioranza delle istituzioni contattate richiedeil certificato medico per <strong>attività</strong> non agonistica a tutti gli iscritti a corsi chiaramenteidentificabili come <strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong> <strong>motoria</strong>. A Verona il 75% (n=18) e a Treviso il 71% (n=5)delle istituzioni intervistate chiede a tutti gli iscritti il certificato per <strong>attività</strong> sportiva nonagonistica. In generale non vengono richiesti esami specifici per la popolazione anziana.Va tuttavia notato che gli stessi intervistati riportano frequentemente che molti iscritti nonassolvono alla richiesta da parte della associazione. Le stime circa la percentuale dicompliance con la richiesta vanno dal 50 al 70%. È chiaro tuttavia dai contenuti delleinterviste che si tratta di stime molto ottimistiche. In alcuni casi, poi, a fronte della richiestavengono individuate “alternative” che sembrano evidenziare la consapevolezza deglioperatori che una parte rilevante degli iscritti non possiede la certificazione. Ad esempio,invece di una copia del certificato viene chiesto di firmare una dichiarazione che si è inpossesso dello stesso o un qualche documento che sottolinea l’obbligo di portarlo (salvopoi non verificare che il certificato venga effettivamente consegnato).Solamente 8 delle istituzioni intervistate non chiedono il certificato per <strong>attività</strong> sportiva nonagonistica. In 7 di queste istituzioni non si è semplicemente provveduto a togliere l’obbligodi portare certificato, ma si è anche introdotto un nuovo “modello” di valutazione dei rischilegati alla pratica sportiva. Le situazioni sono assai diverse e si va da modelli assai pocoorganizzati e sistematici, a modelli in cui si sono predisposte schede di anamnesi dei casie protocolli da seguire per l’eventuale riinvio al medico di base. Ad esempio vi sonopalestre in cui si chiede semplicemente di firmare una autocertificazione di idoneità allapratica sportiva e solo se, in quel momento, l’iscritto riporta spontaneamente qualche tipodi problema viene riinviato al medico di base. Al lato opposto vi sono palestre in cui (i)vengono individuate categorie specifiche della popolazione a cui chiedere comunque lacertificazione (es. minorenni, o ultra 60enni) e/o (ii) vengono fatte anamnesi a voce, visualio attraverso moduli da compilare e quindi viene deciso il reinvio o meno al medico, e il tipoed intensità della <strong>attività</strong> <strong>motoria</strong> da far svolgere al soggetto. Tra i nostri intervistati, quindi,troviamo un solo caso in cui alla non richiesta della certificazione non fa seguito alcunaulteriore richiesta e/o valutazione circa lo stato di salute dell’iscritto.Possiamo quindi concludere dalle risposte a questa sezione dell’intervista che v’è in<strong>Regione</strong> una divisione netta tra una grande maggioranza di istituzioni sportive che nonapplica le previsioni delle circolari regionali e, d’altro lato, un piccolo gruppo di palestre chenon solo la applica, ma che inoltre cerca di implementare nuove e piú complesseprocedure per la tutela delle persone che praticano <strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong>-<strong>motoria</strong>. È invecepressochè inesistente il gruppo di coloro che applica le previsioni delle circolari senza poiaffiancarvi altre procedure di valutazione. Quel che occorre chiedersi, a questo punto, èperchè la previsione delle circolari regionali venga così largamente disattesa.5


Perchè si chiedono i certificati ? Poca informazione e tanta incertezzaCirca la metà delle istituzioni che richiede il certificato medico a tutti gli iscritti lo fa perchè,ignorando l’esistenza e il contenuto delle circolari regionali in merito, lo ritiene obbligatorio.Nell’altra metà dei casi, pur conoscendo le circolari regionali, la certificazione vienerichiesta sostanzialmente per tutelarsi a livello giuridico.All’interno di questo secondo gruppo possiamo schematicamente distinguere due tipi disituazioni. Innanzitutto vi sono coloro che pur conoscendo che il certificato non èobbligatorio e pur riportando che l’assicurazione stipulata dal centro risponderebbecomunque in caso di incidente, ritengono che vi sia molta confusione ed incertezza circa ilgrado di tutela fornito dal rispetto di una circolare regionale. Queste persone ritengono,quindi, che la previsione regionale abbia scarso valore in caso di giudizio e che la richiestadi certificato li garantisca in misura maggiore nel caso di un processo a seguito di unincidente. Una situazione diversa è quella di coloro che sostengono di conoscere lanormativa, ma di chiedere comunque il certificato perchè richiesto, anche ai finiassicurativi, dalla associazione a cui sono affiliati.Altri casi interessanti sono i due in cui è stata la Azienda ULSS di Verona a suggerire dirichiedere il certificato e uno nel quale da una prassi di anamnesi preventiva (orale escritta) a cui seguiva l’eventuale rinvio al medico di base si è ritornati alla certificazionepoichè si è notato che molte persone non riportavano patologie anche gravi.Significativamente, sono solamente due i casi in cui il responsabile dice di chiedere lacertificazione perchè la ritiene utile.Che fanno le associazioni nazionali?Un discorso a parte merita il sottogruppo di istituzioni sportive a rappresentanza nazionaleche sono state contattate presso le loro sedi provinciali.Come argomentato in precedenza, si tratta di un gruppo di istituzioni per cui è assaidifficile, se non impossibile, stimare con una qualche precisione il numero di iscritti chepraticano <strong>attività</strong> fisica <strong>ginnico</strong>-<strong>motoria</strong> piuttosto che <strong>attività</strong> non agonistica, o anche <strong>attività</strong>di tipo culturale. Quel che è certo però è che parliamo di numeri assai rilevanti, con stimeche per la sola provincia di Verona superano di gran lunga le 10 mila persone. In questicasi nelle interviste ai responsabili ci siamo limitati, quindi, a chiedere quali siano leindicazioni date ai circoli rispetto alla prassi di chiedere o meno la certificazione medica.Quello che emerge è che sostanzialmente tutte le associazioni danno indicazione dichiedere il certificato medico per <strong>attività</strong> sportiva non agonistica.In questo caso sembra abbastanza chiaro che la dimensione nazionale delle associazionile porti a rifarsi alla normativa nazionale in materia piuttosto che alle norme einterpretazioni a livello regionale.Generalmente il motivo addotto dai responsabili per la prassi adottata è quello di volertutelare giuridicamente i presidenti dei circoli, infatti si sostiene che nel caso in cui lacertificazione non venisse richiesta l’assicurazione connessa alla tessera di socio nonrisponderebbe di eventuali danni.Operatori e cittadini, lo scontento tra prassi incorrette ed incertezzaSolamente in 7 delle 23 istituzioni in cui viene richiesto il certificato il responsabile sostieneche vi sono poche o nessuna lamentela rispetto a questa prassi. In tutti gli altri casi lelamentele dei clienti sono molto frequenti e riguardano sostanzialmente tre punti: (i) il6


tempo. Una parte degli intervistati riporta che i clienti si lamentano del dover fare ilcertificato a causa delle lunghe attese necessario presso il proprio medico di base; (ii) ilcosto. Il costo del certificato è considerato assai elevato, in alcuni casi si stima che ilcertificato costa all’iscritto tanto quanto il corso; (iii) L’inutilità. La lamentela maggiormenteriportata ai gestori di palestre e circoli è circa la valutazione di inutilità.Quasi tutti gli iscritti riportano infatti che a fronte del rilascio del certificato non vieneeffettuata alcuna visita da parte del medico curante.Se la prassi di richiedere il certificato causa notevole scontento tra i cittadini, la incertezzadella normativa riguardante la certificazione provoca un forte scontento anche tra glioperatori. Di fatto la pratica di chiedere o no il certificato, dati anche i non irrilevanti costiconnessi, è in molti casi valutato come una “strategia competitiva” che può essere adottatadalle palestre. In altre parole, il non chiedere il certificato potrebbe essere utilizzato, daalcuni, come una strategia per attrarre piú iscritti. Ancora più disappunto emerge dal fattoche la poca chiarezza del modo corretto di procedere – così come l’incertezza su qualisiano esattamente le <strong>attività</strong> da includere <strong>nella</strong> pratica <strong>ginnico</strong> <strong>motoria</strong> e quali le nonagonistiche – non permette di individuare con esattezza i limiti della responsabilità deglioperatori in caso di incidente. Di fatto gli intervistati dicono di cercare di fare il meglio pertutelarsi ma di ritenersi comunque in “pericolo” in caso di un ricorso in giudizio per unincidente durante la pratica sportiva.L’assenza di linee guida chiare e pubblicizzate emerge fortemente come una delleprincipali cause di scontento e risentimento verso il sistema sanitario Regionale.Le richieste e i suggerimenti formulati dagli operatori al termine delle interviste sono assaiindicative in questo senso. Un primo gruppo chiede di rendere più agevole svolgerel’<strong>attività</strong> di certificazione medica all’interno delle strutture private. Un secondo tipo disuggerimento è quello di ridurre o eliminare i costi legati alla certificazione tramiteconvenzioni con le Aziende sanitarie locali o l’inclusione della stessa all’interno dei LEA.Infine un terzo gruppo di suggerimenti è quello che chiede la emanazione da parte della<strong>Regione</strong> di linee guida chiare sia per quel che riguarda le prassi da seguire, distintesecondo i casi individuali e le <strong>attività</strong> sportive praticate, sia relativamente ai limiti delleresponsabilità degli operatori del settore.Le buone pratiche sono contagioseTra le informazioni “libere” – ovvero non oggetto specifico delle domande rivolte agliintervistati – che è stato possibile raccogliere ve ne sono alcune che, nel confronto traaree geografiche delle risposte ottenute, sottolineano anche la efficacia della diffusionestimolata e per “osmosi” delle buone pratiche. Da anni l’Azienda ULSS 20 di Verona haimplementato progetti volti ad accrescere il numero di persone anziane che praticano<strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong> <strong>motoria</strong>, questo anche in collaborazione con i <strong>medici</strong> di famiglia. Gli effettidi tali politiche di prevenzione si cominciano a notare giá nei risultati della nostra indagine.Innanzitutto, va sottolineata l’informazione aggiuntiva fornita dagli intervistati alla richiestase esistesse la prassi di chiedere certificazioni particolari agli ultra 60enni. Quasi tutte lepalestre di Verona hanno riportato che solitamente queste persone si rivolgono allapalestra a seguito del suggerimento del medico di base di praticare movimento sotto lasupervisione di professionisti del settore. Pertanto, veniva riportato che gli ultra 60enni “disolito vengono giá con il certificato medico” in cui, inoltre, “viene già suggerito il tipo di<strong>attività</strong> <strong>ginnico</strong> <strong>motoria</strong> da praticare”. A Treviso nessun intervistato a riportato tale pratica.Un secondo indicatore della “diffusione” delle buone pratiche è che in tre palestre delVeronese, in cui non si chiedeva il certificato e si effettuava una anamnesi preliminaredell’iscritto, è stata riportata una descrizione del protocollo seguito per svolgere l’anamnesie la eventuale successiva richiesta di certificato che era sostanzialmente identica a quelloseguito dalla Azienda ULSS20 nei corsi da questa promossi.7


Conclusioni- Una separazione netta tra vecchie e nuove prassi, con quasi nessuno nel mezzo.- Le grandi associazioni nazionali, un ostacolo determinante all’affermarsi delle nuoveprassi-Alla base delle vecchie prassi: una carenza di informazione e l’incertezza legislativa- Le vecchie prassi e l’incertezza provocano scontento- L’effetto diffusione e di stimolo, la ULSS 20 stimola il fatto che gli anziani facciano sport eil fatto che si diffonda un protocollo specifico di screening quando il certificato èabbandonato- Migliori pratiche e linee guida nazionali sembrano le policy più efficaci nel breve periodo.La semplice riduzione o spostamento sul pubblico dei costi privati del certificato rendepubblici dei costi di una certificazione ritenuta inutile, caricando il sistema sanitario di onerieconomici e organizzativi legati a prassi non EBP.- Nel lungo periodo le associazioni nazionali e la legislazione nazionale sono i target percambiare la situazione8

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