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Il contributo di Angelo Fortuna - Movimento Ecclesiale di Impegno ...

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santità. In tale contesto, i credenti, testimoni <strong>di</strong> Cristo, non possono non fondare laloro cre<strong>di</strong>bilità su una “condotta <strong>di</strong> vita bella e buona”.Una scommessa, conclu<strong>di</strong>amo noi, nel nostro mondo <strong>di</strong>sorientato.Sperimentare forme virtuose e con<strong>di</strong>vise per annunciare CristoPer eludere ogni forma <strong>di</strong> approssimazione, è però necessaria una puntuale analisidei mutamenti intervenuti nel panorama culturale italiano e mon<strong>di</strong>ale nell’ultimodecennio, soprattutto nel campo dei comportamenti del laicato cattolico. È quello cheha fatto il prof. Luigi Alici, presidente nazionale dell’Azione Cattolica, con unintervento <strong>di</strong> alto profilo che sarà certamente oggetto <strong>di</strong> riflessione nel prossimofuturo. In primo luogo, egli ha denunciato l’estremizzazione delle tendenze negliultimi <strong>di</strong>eci anni. Si è assistito alla <strong>di</strong>varicazione tra “rapporti corti, senza ra<strong>di</strong>ci edunque senza possibilità <strong>di</strong> progetto, e rapporti lunghi”; è salita la ragionestrumentale che reclama sod<strong>di</strong>sfazioni imme<strong>di</strong>ate ed illimitate ed apre il campo alleetiche personalistiche, portando alla schizofrenia nelle relazioni umane. Per contro, èscesa la ragione critica, che apre gli orizzonti alle gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanze ed ai modelli eticicognitivisti .<strong>Il</strong> presidente dell’ACI si è detto altresì preoccupato della <strong>di</strong>varicazione tra pubblico eprivato, che potrebbe far riemergere la sindrome della giungla, conseguenteall’abbassamento del controllo sociale: Parigi docet, così come le nostre periferieurbane. L’esigenza del riconoscimento <strong>di</strong> un legame interumano vincolante, che ètutt’altro che una unione <strong>di</strong> egoismi, <strong>di</strong>viene pertanto in<strong>di</strong>lazionabile.Considerando poi i cambiamenti intervenuti entro l’orizzonte politico, egli ha rilevatola vastità e la positività dell’impegno pastorale e sociale del laicato cattolico, che haalimentato in forma quasi pervasiva il terzo settore. Subito dopo, ha tuttavia annotatocome ai cattolici si chieda <strong>di</strong> risolvere i conflitti, ma vietando loro contestualmente <strong>di</strong>andare alle ra<strong>di</strong>ci degli stessi.Checché ne sia, i cattolici non possono esimersi da una declinazione alta della carità,agendo nella società come avanguar<strong>di</strong>a profetica. Puntuale la riflessionesull’associazionismo cattolico, che ha abbandonato infantilismi a volte presenti nelpassato in favore <strong>di</strong> un policentrismo cooperativo nell’annuncio evangelico.In<strong>di</strong>viduando nella banalità la forma <strong>di</strong>abolica del post-moderno, il prof. Alici hacaldamente invitato a riscoprire lo stupore <strong>di</strong>nanzi al mistero <strong>di</strong> Dio, la meravigliadella creazione e della redenzione che procedono assieme nella storia. È lo stuporesorpreso <strong>di</strong>nanzi al mistero che in<strong>di</strong>ca le forme dell’amore <strong>di</strong> Cristo. Tornando alcompito del laicato, ha auspicato una sana <strong>di</strong>alettica tra pratica <strong>di</strong> vita ed istituzioni.Suo compito essenziale è trovare forme concrete per sperimentare forme virtuose,con<strong>di</strong>vise per annunciare il Risorto, luce del mondo, vivendo la relazione con Cristoin <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> sé, delle persone e della natura.*****<strong>Il</strong> Convegno, che non ha conosciuto alcuna soluzione <strong>di</strong> continuità, tanto intenso èstato il suo svolgimento che ha messo a dura prova le capacità intellettuali e la stessa3


esistenza fisica dei convegnisti, ha affrontato subito dopo i rapporti tra Religioni,culture e società.Presentando l’ardua tematica, il prof. sac. M. Crociata della Facoltà teologica <strong>di</strong>Palermo ha rilevato come la trasmissione della fede non sia più un fatto ovvio, unmero passaggio generazionale, a causa dei ra<strong>di</strong>cali mutamenti dell’organizzazionesociale o<strong>di</strong>erna che ha <strong>di</strong>sinnescato, per così <strong>di</strong>re, gli automatismi del passato. È perquesto che occorre interrogarsi su che cosa è cambiato o è in fase <strong>di</strong> cambiamento,anche alla luce delle trasmigrazioni inarrestabili dai paesi poco sviluppati. Citando ilrecente Dossier Caritas che, dal 1970 ad oggi, ha registrato in Italia un incrementodell’immigrazione pari al 3000 %, con una popolazione extracomunitaria cheattualmente supera i tre milioni <strong>di</strong> persone, <strong>di</strong> cui il 33% <strong>di</strong> religione musulmana, ilprof. Crociata non si è limitato a prendere atto del pluralismo religioso. Ha posto inrilievo anche il fenomeno della de-istituzionalizzazione della religione, sintetizzabilein due concetti: credere senza appartenere e appartenere senza credere.Felicità e libertà, categorie dell’annuncio cristiano e del post-modernoLa complessità del fenomeno è stata quin<strong>di</strong> analizzata da quell’acuto interprete dellasensibilità ecclesiale e culturale del terzo millennio che è il car<strong>di</strong>nale A. Scola,patriarca <strong>di</strong> Venezia. <strong>Il</strong> porporato ha subito in<strong>di</strong>cato in due categorie le istanze più invoga nel nostro tempo: felicità e libertà. Esse sembrano aver sostituito ragione egiustizia, cioè le parole più <strong>di</strong>ffuse nella seconda metà del Novecento. Che significaquesto cambiamento delle categorie più sentite nell’epoca, la nostra, della transizioneal post-moderno? Per il patriarca si tratta <strong>di</strong> una sorprendente coincidenza che va asintonizzare i bisogni del post-moderno con le categorie chiave dell’annuncio <strong>di</strong>Gesù, che sono appunto felicità e libertà. L’insegnamento <strong>di</strong> Cristo è limpido alriguardo: se mi seguirete, vi farò liberi. Là dove libertà significa realizzazione piena,incon<strong>di</strong>zionata, senza limiti, perché sconfina e si realizza nell’assoluto. Unacoincidenza significativa che in<strong>di</strong>ca come il post-moderno non sia da interpretaresempre come anticristiano. Ritornano felicemente i gran<strong>di</strong> problemi umani, ildesiderio <strong>di</strong> essere, <strong>di</strong> vivere per sempre, <strong>di</strong> sconfiggere la morte. La ricercaspasmo<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> felicità e libertà emerge anche dai laboratori della scienza ed esplodein forma incontenibile recuperando le gran<strong>di</strong> questioni, tra cui la grande voglia <strong>di</strong>superare il grande limite della morte.Naturalmente il patriarca <strong>di</strong> Venezia ha ben chiara la complessità del fenomeno che,in campo poco attento ai valori cristiani, riduce la felicità a piacere, sensazione legataal momento, ra<strong>di</strong>calmente altra rispetto al go<strong>di</strong>mento, e perciò non duratura edestinata ad accrescere il malessere esistenziale. Parimenti, aggiungeremmo, lalibertà, se sfocia nel libertarismo e nell’egoistica occupazione <strong>di</strong> spazi a danno delprossimo, finisce per coincidere col suo contrario, la schiavitù. Ecco perché l’illustrerelatore ha invitato l’u<strong>di</strong>torio ad interrogarsi a fondo sulla natura della felicità e dellalibertà. È però un fatto che per descrivere la situazione nell’epoca del post-modernonon è più adeguato l’abusato concetto <strong>di</strong> crisi. Piuttosto, si deve parlare <strong>di</strong> travagliospasmo<strong>di</strong>co, che prepara al parto <strong>di</strong> un nuovo modo <strong>di</strong> essere.4


Intanto, è certamente superata l’opposizione ra<strong>di</strong>cale tra fede e religione, <strong>di</strong> cui eraconvinto Karl Barth. In realtà, la fede è sempre connessa alla religione. Posta incampo cristiano la priorità dell’azione eucaristica, dato costitutivo e centrale, èimportante l’azione me<strong>di</strong>atrice del rito che opera uno scambio fruttuoso tra fede ereligione. <strong>Il</strong> post-moderno recupera dunque il rito, ma pur sempre nellaconsapevolezza che è la fede che informa e purifica la religione.Volgendo lo sguardo ai gran<strong>di</strong> fenomeni del mondo d’oggi, il card. Scola ha postol’u<strong>di</strong>torio <strong>di</strong>nanzi al processo <strong>di</strong> meticciato <strong>di</strong> civiltà in atto, in cui sono in azione trelibertà: la libertà <strong>di</strong> Dio, la libertà dell’uomo e, purtroppo, anche la libertà delmaligno. Ecco il travaglio in atto, ma siccome i processi, per cosmici che siano, sipossono orientare con la forza dei testimoni, occorre recuperare la grande tra<strong>di</strong>tiocristiana. Con la forza del testimone, sarà lanciato un ponte tra il Risorto ed il fratellouomo.La pensosa, formidabile, cosmica analisi del patriarca si è conclusa con un appello aripensare la laicità prendendo in conto il citato meticciato <strong>di</strong> civiltà. La testimonianzaforte dei credenti potrà traghettare la nostra epoca verso il futuro, meglio ad ventura.Se è vera la sua analisi, non c’è dubbio che ci troviamo <strong>di</strong>nanzi ad una grande svoltastorica, in cui, tra l’altro, il pensiero debole con i suoi corollari, relativismo etico enichilismo, manifesta i suoi limiti invalicabili. Ecco l’urgenza per i testimoni <strong>di</strong>Cristo <strong>di</strong> “saper consegnare la speranza”, anche in considerazione del fatto che “lasequela <strong>di</strong> Cristo ci aiuta a vivere nella maniera più conveniente”, nel senso <strong>di</strong> piùumana. Tramontate le utopie che hanno determinato una “Cernobyl dello spirito” – haaffermato il patriarca <strong>di</strong> Venezia dopo l’ampio <strong>di</strong>battito – è sopraggiunto “il tempodella speranza realistica in Cristo, via alla verità e alla vita; tempo <strong>di</strong> annuncio,critico e consapevole, ma annuncio”.Post-modernità o iper-modernità?Ad allentare la tensione dei convegnisti, è sopraggiunto, molto opportunamente,l’intervento, intriso <strong>di</strong> simpatica ironia, ma profondo, del prof. P. Barcellona dellafacoltà <strong>di</strong> Giurisprudenza dell’Università <strong>di</strong> Catania. Soffermando la sua attenzionesulla situazione culturale e religiosa nell’Italia <strong>di</strong> oggi, alle prese con laglobalizzazione, il mercato e l’in<strong>di</strong>vidualismo, il prof. Barcellona, ex-comunista, expci,ha avuto parole <strong>di</strong> fuoco per le chiacchiere strumentali, per le parole senza carne,insensate del <strong>di</strong>battito politico <strong>di</strong> oggi. All’in<strong>di</strong>vidualismo senza spinte ideali, alnarcisismo, ha opposto l’apertura alla trascendenza e la potenza salvifica dellasofferenza. Non meno duro è stato verso il delirio <strong>di</strong> onnipotenza delle scienze. Ladescrizione <strong>di</strong> questo insieme <strong>di</strong> fenomeni giustifica il suo assunto iniziale, quando ha<strong>di</strong>chiarato che, piuttosto che <strong>di</strong> post- modernità a suo avviso occorrerebbe parlare <strong>di</strong>iper-modernità, nel senso probabilmente <strong>di</strong> uno sfociare nell’assurdo dei fenomenicostituenti della modernità: in<strong>di</strong>vidualismo, narcisismo, consumismo esasperato,edonismo sfrenato.Me<strong>di</strong>tando sul mistero della sofferenza e della morte, il prof. Barcellona ha invitatoad ascoltare gli umili, i poveri, i bambini che, nella loro genuinità, sono portatori del5


grande messaggio dell’amore, speranza viva in questo mondo inquieto, nel qualebisogna sapere interpretare il mistero.Me<strong>di</strong>tando sulla prima lettera <strong>di</strong> PietroÈ sera, ma per i convegnisti c’è un appuntamento da non <strong>di</strong>sertare nella Chiesa delSS. Salvatore, dove viene proposto il dramma in versi, tratto da R. Mussapi dallaprima Lettera <strong>di</strong> Pietro, “Sei venuto, ti aspetto”.Si è chiusa così, cioè con una partecipazione corale e consapevole, la prima giornatadei lavori, densa <strong>di</strong> eventi e contenuti, dell’importante assise.*****Catapultati, il 25 novembre, <strong>di</strong> buon mattino, nel salone del magnifico Palazzo Steri,sede del Rettorato dell’Università <strong>di</strong> Palermo, i convegnisti hanno ripreso i lavori perriflettere su Cattolicesimo, Società italiana e Cultura post-moderna.Ha aperto la sessione il prof. A. Raspanti, che, ringraziando il prof. G. Silvestri,Rettore Magnifico, e i docenti dell’Università <strong>di</strong> Palermo, si è soffermato sui progetti<strong>di</strong> ricerca che la Facoltà Teologica conduce insieme all’Ateneo palermitano.Successivamente ha assunto le funzioni <strong>di</strong> moderatore mons. S. Di Cristina, vescovoausiliare <strong>di</strong> Palermo, il quale ha chiarito come il Convegno in atto sia il primo <strong>di</strong> altrequattro tappe che segneranno il passaggio del testimone da Palermo 1995 a Verona2006. Unico è però l’obiettivo: incarnare e proporre la fede nella nostra società.Vittime <strong>di</strong> una “laicità sra<strong>di</strong>cata ed immemore”Ha quin<strong>di</strong> ceduto la parola al Rettore, prof. G. Silvestri, il quale ha subito chiarito iltaglio del suo intervento da “uomo della strada”, che segue l’evoluzione della societàcon viva preoccupazione. Evidenziando – <strong>di</strong>remmo - i furori iconoclastici dellamodernità e penetrando nello spirito del post-moderno, momento storico dellacontemporaneità, il prof. Silvestri ha denunciato i guasti <strong>di</strong> una “laicità sra<strong>di</strong>cata e<strong>di</strong>mmemore”, ma anche una pseudo-spiritualità in bilico tra misticismo improprio esuperstizione. Chiaro il riferimento alla cosiddetta New Age.In questa drammatica situazione, la Chiesa cattolica, attenta alla vera spiritualità, sipresenta come “ciambella <strong>di</strong> salvataggio”. Egli ha dunque giu<strong>di</strong>cato decisivo il ruolodel Cattolicesimo nella <strong>di</strong>fesa dei valori dell’uomo ed affermato che le strutture dellasocietà, se autenticamente laiche, possono meglio <strong>di</strong>fendere la spiritualità.Quanto al meticciato già in atto nel nostro tempo, egli si è detto assai pocopreoccupato dalla mescolanza dei patrimoni genetici, quanto piuttosto della identitàculturale che occorre salvaguardare. Da questo punto <strong>di</strong> vista, la Sicilia, coacervo <strong>di</strong>popoli, costituisce un modello. <strong>Il</strong> prof. Silvestri si è quin<strong>di</strong> interrogato sul “granruolo” che la Chiesa ha svolto nel recente passato ed ha evocato la straor<strong>di</strong>nariaattualità dell’enciclica Pacem in Terris <strong>di</strong> Giovanni XXIII, nonché il “ruolo storico”<strong>di</strong> Paolo VI che si aprì al mondo, giocando anche, nella tragica vicenda Moro, unruolo politico <strong>di</strong> altissimo spessore con la sua “Lettera agli uomini delle brigate6


osse”. Scomparsa la repubblica, il suo ruolo, in quel terribile frangente, fusolennemente e provvidenzialmente occupato da Paolo VI.Anche oggi, sia pur pagando un prezzo <strong>di</strong> sovraesposizione, compromettendosi senecessario, il Papa e la Chiesa esercitano una funzione estremamente positiva <strong>di</strong><strong>di</strong>fesa e stabilizzazione della nostra democrazia.Vera laicità, non laicismo petulanteSubito dopo, il prof. G. Ruffino, preside della Facoltà <strong>di</strong> Lettere dell’Ateneopalermitano, sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda, si è soffermato sullaquestione che, a suo parere, è la più seria e pungente: come vivere la drammaticacomplessità del presente nella prospettiva laica e cattolica. La sua conclusione è che,in realtà, non c’è alcuna contrapposizione se per laicità si intende, come è giusto, lacapacità <strong>di</strong> ascoltare l’altro. Nella grande scommessa <strong>di</strong> sapere interpretare il sensodella vita, egli ha sottolineato come le gran<strong>di</strong> questioni del nostro tempo pongano siail cristiano che l’agnostico <strong>di</strong>nanzi a gran<strong>di</strong> tematiche che offrono ragioni <strong>di</strong>riflessione e sofferenze.Al primo posto ha collocato le emigrazioni planetarie, cui fanno riscontro i nuoviassetti del lavoro che creano nuove crescenti e perverse forme <strong>di</strong> schiavitù. <strong>Il</strong>mici<strong>di</strong>ale intreccio <strong>di</strong> precarietà, instabilità e mobilità sistematiche producealienazione e noma<strong>di</strong>smo. Donde l’aumento pauroso <strong>di</strong> nuovi schiavi. Altra nonsecondaria questione è quella che concerne le nuove forme della comunicazione,legate al processo <strong>di</strong> accumulazione <strong>di</strong> capitale. <strong>Il</strong> relatore ha denunciato altresìl’attacco alla sfera dell’intimità, infranta da vomitevoli esibizioni, tipo “gay pride”,ma non solo. Citando Edgar Morin, ha messo in evidenza l’ “insecuritasmetaphysica” che guida i credenti a farsi carico dell’incertezza che caratterizza ilnostro tempo, devastato da un laicismo petulante, insopportabile, ra<strong>di</strong>caloide. Sarà dasviluppare l’etica dell’accoglienza, dell’ecologia verso i nostri figli, verso chi verràdopo. Ecco perché l’attenzione allo sviluppo sostenibile deve essere assunta comecategoria etica essenziale.In un modo o nell’altro – e l’impressione sarà confermata nel corso <strong>di</strong> tutto ilconvegno – in tutti gli interventi è emersa la preoccupazione per le sfide del nostrotempo, per il travaglio che lo percorre, secondo l’espressione del card. Scola.Ritrovare il senso dell’interesse generaleNella successiva relazione, il prof. Franco Viola, della Facoltà <strong>di</strong> Giurisprudenzadell’Università <strong>di</strong> Palermo, ha voluto mettere a fuoco il tema della speranza, grandeassente nel <strong>di</strong>battito culturale della modernità. Dopo il fallimento delle utopie, infatti,sembra che restino solo le piccole speranze personali. Ma la vera speranza – haaffermato – riguarda tutti nell’era della globalizzazione, per cui è particolarmentegrave perdersi in <strong>di</strong>atribe inutili <strong>di</strong>nanzi ai problemi che spiazzano laici e cattolici. <strong>Il</strong>post-moderno esige che le questioni siano affrontate con spirito costruttivo senzacontrapposizioni. La modernità è vissuta sulla separazione, sulle <strong>di</strong>stinzioni; la post-7


modernità esige che si vada al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>stinzioni. Oggi, <strong>di</strong> fronte al superamentodelle identità nazionali, i nuovi problemi della società italiana esigono unità <strong>di</strong> intenti.Tre, a suo avviso, sono le gran<strong>di</strong> questioni da affrontare insieme:- uguaglianza e <strong>di</strong>versità;- pubblico e privato;- persona e comunità.Sfuggendo alle alchimie relativistiche, ha sollecitato alla ricerca comunitaria dellaverità. La considerazione, secondo cui tutti siamo uguali e contemporaneamente<strong>di</strong>versi, apre gli spazi della fratellanza universale, che è risultato dell’influsso <strong>di</strong>rettodel Cristianesimo. Scaturisce da ciò la natura della Chiesa come forza aperta verso lasocietà ospitale.<strong>Il</strong> prof. Viola ha in<strong>di</strong> auspicato il superamento tra pubblico e privato per ritrovare ilsenso dell’interesse generale, che è anche interesse comune, oltrepassando così lafaziosità tipica del nostro paese.Quanto alla questione persona e comunità, dopo avere opportunamente insistito sulcarattere unico e irripetibile della persona, che ha un suo statuto <strong>di</strong> libertà, ne hasottolineato la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> essere in relazione ad altri. Tale riconoscimento non puòche favorire una svolta aperta al <strong>di</strong>alogo.Spazio all’arte e alla letteratura<strong>Il</strong> Convegno, nell’affrontare i vari campi dell’attività umana, ha assegnato un congruospazio alla creatività letteraria ed artistica.Così, nell’incomparabile e sublime scenario della Cappella Palatina, si è evidenziatocome lo stupore porti alla conoscenza e come l’arte possa essere strumentoprivilegiato per la comunicazione della fede. Le esperienze artistiche <strong>di</strong> A. Molfetta,architetto, e <strong>di</strong> A. Mazzotta, pittore, hanno confermato, moderatore il prof. P. Iovinodella Facoltà Teologica <strong>di</strong> Palermo, il ruolo dell’arte per rispondere alle esigenzeprofonde dell’uomo, ruolo confermato nel pomeriggio, sempre nello stesso solenne,ieratico ambiente, trattando dell’arte fotografica tra finito e infinito. La presenza delfotografo G. Chiaramente e del giornalista G. Costa, moderatore il prof. A. P. Violadella Facoltà teologica palermitana, ha reso reale e palpabile l’incontro delle duesuddette <strong>di</strong>mensioni della fotografia.Nostalgia e ricerca della PatriaContestualmente, nella Chiesa <strong>di</strong> Santa Maria Maddalena, si sono affrontate ledomande ra<strong>di</strong>cali, insite nella creazione letteraria con un sorprendente interrogativo:Di che colore è Dio?. Rimasto significativamente senza risposta puntuale per la sanaumiltà dei protagonisti dell’incontro. Come, infatti, com-prendere l’infinito? <strong>Il</strong> che,tuttavia, nulla ha tolto alla conversazione tra S. Ferlita, critico letterario, e Paolo DiStefano, giornalista e scrittore, già responsabile delle pagine culturali del Corrieredella Sera ed oggi inviato speciale dello stesso quoti<strong>di</strong>ano. Ha introdotto la<strong>di</strong>scussione il prof. R. Pistone della Facoltà Teologica <strong>di</strong> Palermo, il quale, dopo8


evi ma convinte annotazioni sulla capacità della letteratura <strong>di</strong> far proprie ledomande ra<strong>di</strong>cali dell’uomo, ha lasciato la parola “a chi ha le mani in carta”.<strong>Il</strong> <strong>di</strong>alogo Ferlita – Di Stefano ha quin<strong>di</strong> dato l’avvio all’esplorazione dell’anima <strong>di</strong>uno scrittore, Paolo Di Stefano appunto, siciliano e contemporaneamentemitteleuropeo. Nato ad Avola – chi scrive lo ricorda fanciullo a spasso col padre perle vie della citta<strong>di</strong>na ionica – si è trasferito ancora infante con la famiglia a Lugano.Tra i suoi maestri, egli riconosce sicuramente Pirandello, Verga, Pavese, Vittorini,ma anche Faulkner ed altri. Nei suoi romanzi, soprattutto in Tutti Contenti(Feltrinelli, 2003), ma anche nelle altre opere, tra cui Minuti contati, poesie,Scheiwiller, 1990, Baci da non ripetere, Feltrinelli 1994, Azzurro, troppo azzurro,Feltrinelli, 1996, ritornano ciclicamente i temi del destino, amore e morte,l’ossessione della fuga, così come il problema del ritorno. Un esempio tra tutti,l’avventura <strong>di</strong> Nino Motta in Tutti Contenti che, da Milano, dove fa il tipografo,ritorna a Messina, alla ricerca della sua infanzia perduta, della sua identità profonda.Paolo Di Stefano si è soffermato sulla sua nostalgia della terra natia, della Sicilia,nella quale peraltro stenta a riconoscere la vera patria. Scavando nella sua esistenza,ha riportato alla luce l’immagine drammatica <strong>di</strong> un fratellino morto a Lugano <strong>di</strong>leucemia a cinque anni, che il padre riporta in auto dentro una piccola bara perseppellirlo nel cimitero <strong>di</strong> Avola, per restituirlo alla sua terra. Quel padre che sognaun definitivo ritorno nella terra natia, da dove, dopo i consueti ma fuggevoli soggiorniestivi, non vede però l’ora <strong>di</strong> scappare. Quel padre che, parlando in siciliano con lamadre in terra svizzera, lo ha sintonizzato con la scrittura <strong>di</strong> G. Verga che, per lui, hail sapore dell’autenticità. Non per nulla, quando gli si inceppa la scrittura, gli bastaaprire Verga e miracolosamente può ricominciare a scrivere dando significato aisuoni e alla musica, cioè a ciò che <strong>di</strong>stingue la letteratura. Paolo Di Stefano parla <strong>di</strong>nostalgia psicologica, <strong>di</strong> instancabile pendolarismo, <strong>di</strong> coincidenza esplosiva <strong>di</strong>nascita e morte, <strong>di</strong> spaesamento. Non è che, forse inconsapevolmente, s’industria <strong>di</strong>eludere il problema essenziale: la ricerca, appunto ossessiva, della Patria, magari inun azzurro troppo azzurro, tale da provocare le vertigini? Se l’eccesso <strong>di</strong> azzurro,come egli ha sostenuto, lo estrania, mentre gli dà calore il giallo della tenerezza, dellanostalgia, della solitu<strong>di</strong>ne, del ricordo, quale colore attribuisce a Dio? Lo scrittore sidefila, non osa pronunciarsi. D’altra parte, secondo lui, la letteratura non deveproporsi obiettivi precisi. Figuriamoci se intende confrontarsi con il coloredell’impren<strong>di</strong>bile, dell’indefinibile, dell’ineffabile!Quali progetti futuri? Impossibile determinare, ma certamente riprenderà il tema delviaggio nella sua coincidenza tra punto <strong>di</strong> partenza e punto d’arrivo. Sognando –pensiamo - la Patria.Letteratura come attraversamento delle domande ra<strong>di</strong>cali<strong>Il</strong> <strong>di</strong>scorso sulla letteratura, particolarmente del Novecento, si è ampliato nel primopomeriggio del 25 novembre grazie ad un poeta e ad uno scrittore <strong>di</strong>chiaratamentecattolici: D. Rondoni e L. Doninelli. <strong>Il</strong> moderatore, il prof. G. Bellia della FacoltàTeologica <strong>di</strong> Palermo, ha presentato il tema che, rispetto al precedente incontro, è9


sostanzialmente rimasto immutato, per la semplice ragione che non è possibile chemuti. Soprattutto per i cacciatori <strong>di</strong> assoluto. Siamo sempre alle prese con il colore <strong>di</strong>Dio. <strong>Il</strong> moderatore osserva che lo scrittore non può eludere le domande ra<strong>di</strong>cali che,inevitabilmente, lo coinvolgono. D’altra parte, sostiene Rondoni, le domande ra<strong>di</strong>calidella vita in letteratura si pongono, si danno. Così è nei pirandelliani Sei personaggiin cerca d’autore, capolavoro del Novecento per l’ampiezza <strong>di</strong> esperienza deiprotagonisti. E a proposito del Novecento, che ha la responsabilità <strong>di</strong> avere <strong>di</strong>strutto ilpadre, si sottolinea la forma sottile <strong>di</strong> parrici<strong>di</strong>o: “Non è che per Dio non ci sia posto,ma è che altri decidono per lui”. Se ti muovi troppo dagli schemi prefissati, sei solodestinato a scomparire. Come se la letteratura fosse <strong>di</strong>ventata un affare <strong>di</strong> stato…Quale allora il ruolo della poesia? Certo anche quello <strong>di</strong> introdurre una inquietu<strong>di</strong>ne<strong>di</strong> natura religiosa, salvo poi ad essere definito (bollato?) come “scrittore o poetacattolico”. Sottile forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione in cui non si riba<strong>di</strong>rà mai abbastanza chela sostanza è cattolico e la forma scrittore. Non era così in passato, quando gliscrittori si concepivano come tali <strong>di</strong>nanzi a Dio. La loro partita si giocava a tu per tucon Dio, non <strong>di</strong>nanzi alla letteratura. Sì perché il pericolo, oggi, è la secolarizzazionedella letteratura col rischio <strong>di</strong> idolatrarla. Un esempio? Italo Calvino che non capivaniente <strong>di</strong> Baudelaire, <strong>di</strong> Dante, <strong>di</strong> Manzoni, ecc., perché per lui la letteratura era meroesercizio ginnico per vincere la mortale delusione della vita, solenne fregatura. Nonidolatrare dunque la letteratura, ecco il messaggio <strong>di</strong> Rondoni. Corroboratodall’interrogativo <strong>di</strong> Doninelli: “Si può parlare della realtà, senza porsi le domandera<strong>di</strong>cali, senza parlare della salvezza?”. Che cosa è dunque la letteratura? Attraversarel’esperienza per far nascere le domande ra<strong>di</strong>cali. In tal modo il poeta-scrittorecattolico coglie il mistero. Quale follia per Rondoni questo non avere Cristo, questocacciare Cristo! Impensabile per poeti come Pasolini, come Luzi. Sì la letteratura nonè esibizione né <strong>di</strong>sincanto; se così fosse, la letteratura sarebbe <strong>di</strong>sperazione, mentre,in realtà, essa è sogno, cioè cifra poetica della speranza, visione, cioè inserzionedell’infinito, del mistero nel finito.Trasmissione della cultura e della fedeUn roseo struggente tramonto, all’uscita dalla Chiesa <strong>di</strong> Santa Maria Maddalena,accoglie i convegnisti ed acuisce il senso del mistero, dell’attesa, mentre si avvianonell’aula magna della Facoltà Teologica, situata a pochi passi dal tempio. Li attendeuna corale tavola rotonda su “Generazioni e trasmissione della cultura e della fede”con interventi <strong>di</strong> S. Martinez, coor<strong>di</strong>natore nazionale del Rinnovamento dello Spirito,E. Palla<strong>di</strong>no, dell’Università Gregoriana <strong>di</strong> Roma, A. La Spina dell’Università <strong>di</strong>Palermo, S. Taormina, <strong>di</strong>rigente generale dell’Assessorato alla famiglia della RegioneSiciliana, L. Santolini, presidente Associazione Forum Familiari.La ricerca della identità della famiglia come KairòsIntroduce e coor<strong>di</strong>na la prof. Ina Siviglia della Facoltà Teologica <strong>di</strong> Palermo cheevidenzia il nesso intrinseco tra cultura e fede, tra<strong>di</strong>zionalmente affidato alla Chiesa,10


alla famiglia e alla scuola. Alle tre agenzie, dunque, oggi considerate per vari motiviin crisi. Smarrita, confusa, neutrale quasi rispetto ai problemi, la scuola. Certamentealla ricerca della sua identità la famiglia, la cui crisi ella interpreta però come kairòs,passaggio obbligato che potrebbe sfociare in qualcosa <strong>di</strong> luminoso. Per quantoriguarda il rapporto tra uomo e donna e, in particolare, il ruolo della donna, finito iltempo delle riven<strong>di</strong>cazioni, dell’emancipazione, è arrivato l’era della fine <strong>di</strong> ognicontrapposizione per riscoprire il senso profondo e creativo della reciprocità tra i duesessi.Su questa linea, Salvatore Martinez, dopo avere esor<strong>di</strong>to con una rivelatrice citazioneda Henri De Lubac: “Sii benedetta, o Chiesa, madre della bellezza da amare”, custodedel romanzo dell’infinito, ha proposto una lettura teologale ed esperienziale sullafamiglia. L’istituzione fondamentale della società civile attraversa tempi <strong>di</strong>fficili acausa soprattutto della crisi della relazione intergenerazionale. L’insignificanza degliadulti, che, per una malintesa libertà, da leggere in realtà come inidoneità esmarrimento <strong>di</strong>nanzi ai propri specifici doveri, sfuggono al compito fondamentaledella inculturazione della fede, è negativamente influenzata dall’egolatria, presente inspecial modo nel mondo giovanile.Una miscela esplosiva che esige un impegno culturale <strong>di</strong> alto profilo da parte deicattolici sul modello della testimonianza del Forum delle Associazioni Familiari,illustrata con appassionata chiarezza da Luisa Santolini. <strong>Il</strong> Forum, sorto in seguito alConvegno <strong>di</strong> Palermo nel 1995, è una scommessa che, precisamente, intenderispondere all’accusa <strong>di</strong> insignificanza ed incoerenza che i figli rimproverano aipadri. La denuncia è dura ma, purtroppo, veritiera: gli adulti hanno rinunciato adeducare, non sono più modelli da imitare. In non pochi casi sono ridotti a figuresbia<strong>di</strong>te, incapaci <strong>di</strong> proporre orizzonti <strong>di</strong> senso ai giovani. Senza memoria sociale,senza memoria cristiana, le generazioni future saranno condannate allo smarrimentoendemico e al <strong>di</strong>sorientamento. Ma – Luisa Santolini dal suo osservatorio privilegiatone è perfettamente convinta - siamo ancora in tempo a correggerci, ad evitarel’eclisse del padre nella misura in cui non rinunceremo al nostro ruolo, riprendendo lafunzione educativa che abbiamo colpevolmente delegato alla televisione. È tempo <strong>di</strong>esplorare gli orizzonti luminosi della Familiaris Consortio, da cui emerge il carattereoriginale, inalienabile, insostituibile oltre che in<strong>di</strong>lazionabile nel tempo presente dellafamiglia.La conquista dell’identità per recuperare il senso dell’eternitàEmilia Palla<strong>di</strong>no, sulla scorta delle suggestioni <strong>di</strong> L. Santolini, ha rincarato la dosesulle responsabilità degli adulti che hanno perduto il senso del tempo e, avendo rottola relazione con le nuove generazioni, vivono come se il futuro non esistesse. Si èaltresì chiesta come i giovani, malgrado la debolezza del tempo presente, riescano avivere la sfida della contemporaneità del Cristo. Certamente essi avvertono unamancanza <strong>di</strong> progetto, un vuoto che è da attribuire anche ad alcuni tabù del tempopresente, per esempio, l’atteggiamento degli adulti <strong>di</strong>nanzi alla morte. Un vuoto chepotrebbe essere colmato se, cristianamente, si riuscisse a stabilire una relazione11


serena con essa, se si vivesse la contemporaneità <strong>di</strong> Cristo, il Vivente, se laconsapevolezza del dover passare illuminasse i nostri passi. In tal caso, latrasmissione della fede <strong>di</strong>verrebbe il primo imperativo, la preoccupazione costante. Inmancanza <strong>di</strong> tutto ciò, i giovani navigano senza timone, consumando tutto nel tempopresente, senza passato né futuro. D’altra parte, del futuro, anche ragionando conparametri materiali, i giovani sono stati rapinati, se è vero che spesso hanno comeunica prospettiva la <strong>di</strong>soccupazione. Ecco perché ognuno <strong>di</strong> loro è portato a vivere ilproprio essere come un big bang in<strong>di</strong>viduale come se nulla fosse stato prima <strong>di</strong> loro.La rottura col passato si concretizza con la negazione delle origini, col rifiuto dellafamiglia, con la per<strong>di</strong>ta della propria identità, quella identità che Mosé, per esempio,alla corte del faraone, riuscì a conquistare solo quando prese conoscenza <strong>di</strong> chi eglirealmente fosse. È la conquista dell’identità che consente <strong>di</strong> penetrare nella<strong>di</strong>mensione dell’eternità e <strong>di</strong> vivere la contemporaneità <strong>di</strong> Cristo.Acuta, dolente analisi con consolanti prospettive collegate alla nostra capacità <strong>di</strong>testimoniare il Risorto, unica speranza per il mondo intero.Famiglia: luogo dell’educazione alla socialità e icona <strong>di</strong> DioRiflettendo sulle tendenze desocializzanti della nostra realtà umana e sulla tentazionedell’assenza, da sociologo credente, Antonio La Spina ha riba<strong>di</strong>to il valore dellacompassione, presente nel modello cattolico della famiglia che, prima, coincidevacon il modello naturale. Se non è più così oggi, se <strong>di</strong>fendere questo modello sembraarduo, non bisogna certo demordere. Esso è il frutto <strong>di</strong> un progetto valido e <strong>di</strong> unaconvinzione che, in prospettiva, non ha alternative per la salvezza della società civile.Nell’era della secolarizzazione spinta, la famiglia resta il canale privilegiato per latrasmissione della fede.Non solo – ha aggiunto S. Taormina – perché essa rimane anche ambito privilegiatoper educare alla socialità. La famiglia non coincide con una mera coabitazione in cui isingoli riven<strong>di</strong>cano <strong>di</strong>ritti personali, essa è un soggetto a cui la Costituzione italianariconosce un ruolo <strong>di</strong> primaria importanza. Società naturale fondata sul matrimonio,la famiglia è soggetto fondamentale sia nei temi della sussi<strong>di</strong>arietà che in quellidell’evangelizzazione, intesa come insegnamento e testimonianza dell’arte <strong>di</strong> vivere.Nel corso degli interventi, è stato più volte ripreso il problema della societàcontemporanea che, per vari aspetti, <strong>di</strong> recente, è arretrata all’epoca delle palafitte,proprio a causa delle spinte desocializzanti che la percorrono. Avendo perso ilfecondo contatto con la tra<strong>di</strong>zione, non più vista come un modello da cui prendere lemosse, naviga nello smarrimento, nel <strong>di</strong>sorientamento.In questo contesto, è stato notato come i cattolici, per il fatto che, in quanto tali,hanno saldo ancoraggio alla tra<strong>di</strong>zione, siano i più lontani da forme <strong>di</strong> alienazione:hanno una marcia in più. Ritornando in particolare alla famiglia, è stata più voltesottolineata la sua funzione <strong>di</strong> ambito <strong>di</strong> trasmissione della fede, operazione<strong>di</strong>fficoltosa nel nostro tempo, ma non impossibile. Occorre una saggia <strong>di</strong>visione <strong>di</strong>compiti, illuminata dall’esempio e dalla testimonianza dei coniugi, per rispondereall’appello <strong>di</strong> Giovanni Paolo II: “Famiglia, cre<strong>di</strong> in ciò che sei, <strong>di</strong>venta ciò che sei”.12


In questo obiettivo, bisogna sfuggire alla seduzione dell’omologazione in atto ondeinteriorizzare la convinzione che la famiglia è soggetto <strong>di</strong> evangelizzazione, luogonon <strong>di</strong> trasmissione meccanica della fede, ma <strong>di</strong> gesti significativi, <strong>di</strong> azioni or<strong>di</strong>narieda fare – come <strong>di</strong>rebbe Madre Teresa <strong>di</strong> Calcutta – con straor<strong>di</strong>nario amore. Ancheperché, come ha sostenuto L. Santolini, nessuno come la famiglia ha il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Dio,cioè l’amore che la fa <strong>di</strong>venire icona vivente <strong>di</strong> Dio.A questo punto, S. Taormina si è chiesto come essa possa meglio esprimere lacoesione sociale per far fronte alle forze <strong>di</strong>sgregatrici. L’insistenza sul <strong>contributo</strong> chepuò dare all’educazione, all’introduzione al senso della realtà, ha messo a nudo leincertezze e i tentennamenti delle istituzioni e della politica, il cui compito dovrebbeessere quello <strong>di</strong> porre la cellula fondamentale della società in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>sviluppare le sue <strong>di</strong>namiche naturali, quella dell’educazione, appunto, in primo luogo,come in<strong>di</strong>spensabile passo verso il recupero del concetto <strong>di</strong> educazione del popolo.La <strong>di</strong>gnità della famiglia, palestra <strong>di</strong> vita nuova, è emersa chiaramente dal coro <strong>di</strong>tutti gli interventi, sì che la moderatrice Ina Siviglia ha potuto sintetizzare lacomplessità del problema e concludere con una provocazione rivolta a tutti gli adultinella fede che devono <strong>di</strong>venire responsabili della coniugazione <strong>di</strong> tre verbi: ricordare,raccontare, camminare. Gli imperativi, appunto, a fondamento <strong>di</strong> tutto il Convegno.Contemplando la bellezzaL’intensissima giornata ha visto i convegnisti riuniti nelle ore serali all’interno delduomo <strong>di</strong> Monreale, opera unica nella sua straor<strong>di</strong>naria bellezza e nella suasignificatività cristiana ed umana. Una équipe <strong>di</strong> appassionati stu<strong>di</strong>osi ha descrittocon competenza e passione significazioni, atteggiamenti e simbolismi della storiadella salvezza espressa dagli eccezionali mosaici, dal Cristo Pantocratore agliinnumerevoli quadri, figure, merletti, dentelli e preziosità. La temperie vivida dellasocietà cristiana del tempo è emersa con chiarezza nella coscienza dei presenti, chehanno vissuto momenti eccezionali <strong>di</strong> vera estasi <strong>di</strong>nanzi alla bellezza che salva.C’è un detto siciliano, declinato in vari mo<strong>di</strong>, che essenzialmente recita: “Chi arrivaa Palermo e non va a Monreale, parte asino e ritorna animale”. Dopo l’eccezionaleesperienza estetica vissuta dai convegnisti, dopo la full immersion nella bellezza, conespressioni meno crude, ma – credo – non meno incisive, proporrei:Chi visita il Duomo <strong>di</strong> Monrealee non <strong>di</strong>viene testimone <strong>di</strong> bellezzadell’esistenza ignora il salee smarrisce la via della saggezza.Lo stupore <strong>di</strong>nanzi alla profusione <strong>di</strong> bellezza conferma la sostanziale convergenza edarmonia dell’espressione cara ai padri latini: “Verum, Bonum et Pulchrumconvertuntur”.La notte è popolata <strong>di</strong> immagini e <strong>di</strong> attonito ringraziamento verso chi ha concepito erealizzato tanto splendore.13


<strong>Il</strong> Santo, parola <strong>di</strong> Dio<strong>Il</strong> Convegno riprende il 26 novembre presso il salone della facoltà <strong>di</strong> giurisprudenzadell’Università <strong>di</strong> Palermo con un argomento che, con la bellezza, con la verità e conla bontà, ha speciale contiguità ed attinenza: “Quando Dio parla ancora: i santi”.L’impegnativa tematica è introdotta da Massimo Naro della facoltà teologica <strong>di</strong>Sicilia, che presenta i relatori: Adriano Roccucci, segretario della Comunità <strong>di</strong> S.Egi<strong>di</strong>o e docente presso la Facoltà <strong>di</strong> Lettere <strong>di</strong> Roma Tre, e Antonio Staglianòdell’Istituto Teologico Calabro <strong>di</strong> Catanzaro.Qual è il ruolo dei santi? A. Roccucci non ha dubbi: è Dio stesso che ci parlaattraverso loro. <strong>Il</strong> santo è dunque parola <strong>di</strong> Dio: ecco dunque il bisogno per la Chiesadel nostro tempo <strong>di</strong> una nuova fioritura <strong>di</strong> santi, i quali non possono <strong>di</strong>venire talisenza l’aiuto <strong>di</strong> Dio che ci rende abili a dare la nostra risposta alla sua chiamata. Sel’iniziativa è sempre <strong>di</strong> Dio, tuttavia egli non ci può salvare senza <strong>di</strong> noi. <strong>Il</strong> relatorespecifica ancora più sottilmente e, dopo avere in<strong>di</strong>cato nell’amore il cammino perimpossessarsi <strong>di</strong> lui, propone una magnifica immagine: “Santo è l’uomo che da bruco<strong>di</strong>viene farfalla”.Come è possibile che i santi siano come una parola <strong>di</strong> Dio? A. Staglianò in<strong>di</strong>ca nelrivestimento carnale del Verbo la via della santità, che si manifesta come rispostaumana all’autocomunicarsi <strong>di</strong> Dio. È un processo <strong>di</strong> assimilazione che la LumenGentium, al cap. 39, ha descritto in forma chiara ed esplicita.Quali le tappe esteriori? Stu<strong>di</strong>o delle Scritture, ascolto dei pastori, preghiera,accostamento alla verità che salva, a Cristo, intelligenza della realtà profonda <strong>di</strong> Diosulla scorta <strong>di</strong> chi è vissuto in unione mistica con lui. Ad esempio, Teresa <strong>di</strong> Lisieux,che intuì il carattere <strong>di</strong> Dio: giustizia, misericor<strong>di</strong>a, perdono. Amore, soprattuttoamore.Ed una volta intuita la sua essenza – ha aggiunto A. Roccucci - testimoniare Cristofino al martirio vissuto con la carità, come ha fatto don Pino Puglisi, al pari dellaschiera dei martiri del Novecento: milioni e milioni <strong>di</strong> testimoni perseguitati edeliminati fisicamente per la loro fedeltà al Vangelo, che hanno <strong>di</strong>mostrato come ilmartirio sia normale <strong>di</strong>mensione della vita cristiana e come Cristianesimo econformismo siano inconciliabili. I mali del lunghissimo “secolo breve” hannotrovato nei cristiani dei resistenti fino al martirio. Dopo avere in<strong>di</strong>cato in MaximilianKolbe l’archetipo del martire del Novecento, testimone massimo dell’amore,Roccucci non ha esitato ad affermare che i cristiani sono stati le prime vittime dellamodernità, cioè <strong>di</strong> un mondo che ha preteso <strong>di</strong> estromettere Dio dalla realtà umana, <strong>di</strong>un mondo senza amore, spaventoso, tale da rendere concreta l’idea dell’inferno.La proiezione <strong>di</strong> due filmati, una intervista ad Andrea Riccar<strong>di</strong>, presidente dellaComunità <strong>di</strong> S. Egi<strong>di</strong>o, ed una conversazione con suor A. M. Canopi nell’Abbaziadelle Benedettine <strong>di</strong> San Giulio (lago d’Orta), ha consentito <strong>di</strong> penetrare ancor piùconcretamente nei segreti della santità, che rivela la presenza reale <strong>di</strong> Dio.Ecco alcuni punti fermi:- i santi sono i veri contestatori;- tutte le vocazioni alla santità sono complementari;14


- senza <strong>di</strong>sprezzare la società, malgrado la cospicua produzione <strong>di</strong> idoli, i santinon si conformano al mondo, vivono per il regno dei cieli ed annunciano lerealtà ultime;- camminano sulla terra ben sapendo che i loro “affari” stanno altrove;- annunciano il Vangelo prima <strong>di</strong> tutto attraverso la testimonianza personale;- esprimono la capacità <strong>di</strong> lasciare il vacuo per vivere, cuore a cuore, allapresenza del Signore;- testimoniano la verità: Cristo (“Che cos’è la verità?” – chiede a Cristo PonzioPilato. <strong>Il</strong> suo silenzio parla: “E’ colui che ti sta davanti”);- è presente in loro il richiamo continuo alla contemplazione.A colloquio con don Puglisi<strong>Il</strong> programma del Convegno propone quin<strong>di</strong> un sorprendente “colloquio con donPuglisi”: il martire dei quartieri degradati <strong>di</strong> Palermo. Una boutade? Unaspiritosaggine fuori luogo? Niente affatto, la finzione non c’entra. Con F. Falzone,giornalista <strong>di</strong> Sat 2000, coor<strong>di</strong>natore degli interventi, che dà la parola a D. Gentili,sceneggiatore del film Alla luce del sole sull’eroico prete siciliano, e poi a mons. D.Mogavero, postulatore della causa <strong>di</strong> beatificazione, e a A. Ajello, strettacollaboratrice <strong>di</strong> don Puglisi,la straor<strong>di</strong>naria figura del parroco assassinato dallamafia, grande pedagogo attraverso il gioco, rivive e parla all’u<strong>di</strong>torio in manieratoccante. In particolare, mons. Mogavero rileva quanto forte sia oggi la risonanza <strong>di</strong>don Puglisi. Sacerdote schivo, non amava i riflettori che non si accordavano con ilsuo senso dell’obbe<strong>di</strong>enza e con lo spirito <strong>di</strong> sacrificio. Diventerà beato? C’è daaugurarselo, ma senza pensare <strong>di</strong> collocarlo in una nicchia estromettendolo dal nostrocuore. Custo<strong>di</strong>re la sua memoria vuol <strong>di</strong>re rappresentare la speranza che si mette ingioco e rischia. Don Puglisi non è un eroe lontano, ma grazia e dono <strong>di</strong> Dio, che,come ha confermato la sua collaboratrice, A. Ajello, esercitò in ogni occasione lasolidarietà responsabile, principalmente verso le vittime dell’ingiustizia. Non solo unmaestro per i giovani, ma ancor più un testimone. E dalla testimonianza al martirio ilpasso è breve…Apprezzabili alcuni interventi <strong>di</strong> amici e collaboratori <strong>di</strong> don Puglisi, i quali hannoespresso il timore che possa essere ricordato in futuro col volto <strong>di</strong> Luca Zingaretti,peraltro eccellente protagonista del film Alla luce del sole. Loro lo ricorderannosempre come realmente era, minuto, con le orecchie a sventola, in<strong>di</strong>feso…Si esce dalla sala della Facoltà <strong>di</strong> Giurisprudenza commossi con un brivido chepercorre la schiena. E pensosi.Laicità e laicismoL’appuntamento, l’ultimo del Convegno nel segno della cultura, è per il pomeriggionella Sala Gialla del Palazzo dei Normanni. Attualissimo il tema, Religione e laicitàdello Stato. Ospite d’eccezione il sen. M. Pera, presidente del Senato.15


Forse temendo che l’incontro possa assumere l’aspetto <strong>di</strong> una manifestazione politica,A. Raspanti, preside della Facoltà Teologica <strong>di</strong> Palermo, nel dare il benvenuto aMarcello Pera, chiarisce il significato del percorso dal Convegno ecclesiale <strong>di</strong>Palermo 1995 al prossimo Convegno ecclesiale <strong>di</strong> Verona 2006, incentratosull’impegnativo titolo: Testimoni <strong>di</strong> Gesù Risorto, speranza del mondo.Definita la tematica <strong>di</strong> fondo, lascia il campo a V. Morgante, capo redattore del TG3della Sicilia, e agli altri protagonisti.L’on. G. Lo Porto, presidente del Consiglio regionale, sottolinea come la visita delpresidente Pera resterà negli annali della storia della cultura del Palazzo deiNormanni. Esprime timore per la nostra identità minacciata dalle spinte immigratorieed allarme <strong>di</strong> fronte all’appiattimento delle <strong>di</strong>stinzioni, concludendo che unademocrazia relativista è vuota <strong>di</strong> senso.L’on. Cuffaro, governatore della Sicilia, respinge l’identificazione dello stato laicocon lo stato in<strong>di</strong>fferente sostenendo che spazio laico non significa spazio vuoto. CitaSaint-Exupéry e con<strong>di</strong>vide la sua nostalgia del mare ampio e sconfinato in cuimetaforicamente si ricerca e si riconosce l’identità propria dell’uomo, fatto perl’infinito.La laicità coincide con la storia del CristianesimoI concetti sono riba<strong>di</strong>ti da V. Morgante, che in<strong>di</strong>vidua nella laicità il principiosupremo del nostro or<strong>di</strong>namento costituzionale, quella laicità, vera, positiva, che laChiesa riconosce e promuove. La laicità non si identifica con alcuna delle parti incausa, tuttavia non solo non è in<strong>di</strong>fferente ai valori, ma si colloca nell’alveo <strong>di</strong> quelliche hanno informato la nostra storia nazionale. Riconosce che una adeguata laicitàpuò vedere insieme cattolici e laici. Ma con quali modalità, chiede a mons. CataldoNaro, arcivescovo <strong>di</strong> Monreale?<strong>Il</strong> presule riba<strong>di</strong>sce con forza alcuni concetti chiave:1) la laicità non solo è promossa dalla Chiesa, ma è costitutiva della Chiesastessa;2) essa non può significare espulsione <strong>di</strong> Dio dalla società, ma porlo afondamento comune per credenti e non credenti, come possibilità umanizzante;3) il Concilio Vaticano II influisce in questa storia lunga della laicità nel senso <strong>di</strong>promuovere una riconciliazione della Chiesa con la storia della libertà, ma,come ha sostenuto il card. Ruini, nella ricerca della verità.La libertà religiosa è legata alla <strong>di</strong>gnità delle persone; essa implica il superamento delrelativismo, che pretende <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare l’unico assoluto anche in campo legislativo:“In nome <strong>di</strong> che cosa – ha esclamato mons. Naro – mi dovrei assoggettare ad unalegge che mi impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> andare avanti nella mia ricerca?”.In realtà la storia della laicità coincide con la storia del Cristianesimo se è vero cheveniva proclamata nel IV secolo da Gelasio che si considerava pellegrino nel mondoe citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Dio.<strong>Il</strong> volto terribile del relativismo etico si manifesta in una sua tragica traduzionepratica che sfocia nella impossibilità della verità. Solo che, escludendo l’ipotesi Dio,16


non resta che l’accorata considerazione <strong>di</strong> Fiodor Dostoievski: “Se Dio non esiste,allora tutto è permesso”. Nel relativismo etico c’è dunque, non più in germe, la<strong>di</strong>sgregazione della società umana.Impossibile sintetizzare la ricchezza <strong>di</strong> contenuti dell’intervento <strong>di</strong> mons. Naro che haconcluso citando il Vaticano II, che ci ha riconciliati con la storia della libertà.Sono i laicisti che minacciano lo stato laicoMa perché si parla tanto oggi <strong>di</strong> stato laico, secondo alcuni minacciato e secondo altrino? <strong>Il</strong> presidente del Senato Pera, prendendo le mosse dalle polemiche pretestuosecontro il card. Ruini che hanno fatto sì che alcuni laicisti si erigessero a <strong>di</strong>fesa dellostato laico, ha subito chiarito in maniera limpida la sua tesi: “Sono i laicisti chemettono a rischio lo stato laico”.La sua riflessione è partita dall’analisi dello stato laico e liberale inglese che riservavaa sé pochissime funzioni: polizia, scuola, or<strong>di</strong>ne pubblico, poste. Taylor, nella suaconcezione dello stato liberale, non parlava <strong>di</strong> religione, né <strong>di</strong> chiesa nazionale. Lareligione stava nella famiglia, nelle associazioni, non nello stato che rimanevaneutrale separando la sfera pubblica da quella privata.Successivamente, lo stato, democratico o comunista o fascista o nazionalsocialista, è<strong>di</strong>ventato onnivoro, non si è più contentato <strong>di</strong> avere funzioni limitate ed è <strong>di</strong>ventatototalitario abbracciando tutte le forme della convivenza e controllando tutto dallaculla alla morte.Venendo particolarmente allo stato che noi chiamiamo democratico e laico, notiamocome esso sia entrato nella sfera privata, deliberando su tutto in maniera invadente e<strong>di</strong>nvasiva, dall’aborto all’educazione.“È neutrale lo stato laico oggi?” – si è chiesto il presidente del Senato – “Certamenteno, se legifera sui valori, se li fa propri e li impone per legge”.In questo modo <strong>di</strong> agire, egli ha evidenziato il paradosso dei laicisti che parlanocontro il Concordato e non si accorgono che lo stato laico <strong>di</strong>venta in tal modo laicista,cioè etico, intollerante, perché esso assume così la propria religione, i propri valori, ipropri stili <strong>di</strong> vita che impone a tutti. Mentre lo stato laico rispetta la religione, lostato laicista si sceglie una religione particolare e la fa propria. In tal modo, assume lareligione della ragione, della scienza, della modernità, ecc. E’ una imposizione chestabilisce <strong>di</strong> non portare il velo, <strong>di</strong> eclissare i simboli religiosi, il crocefisso, ecc.L’impronta laicista è evidente nel preambolo della Costituzione Europea cheghettizza la religione e non riconosce l’identità dell’Europa. Preserva la religionedella ragione, dei lumi e tra<strong>di</strong>sce la sua ispirazione laicista aprendo anche le porte almatrimonio omosessuale. Non a caso il termine partner sostituisce quello <strong>di</strong> padre emadre, evidentemente messi al bando in Europa.Eclatante a suo avviso è stato il caso Buttiglione, bocciato ed emarginato perchécristiano. Ma il massimo dell’involuzione laicista è espresso dalla Francia chericonosce sola la religione della laicità.Come trovare qualche rime<strong>di</strong>o ora che la sfera pubblica ha invaso il privato? Ènecessario un ripensamento dello stato laico che deve rinunciare a molte delle17


funzioni che ha impropriamente assunto. Per quanto riguarda la religione, occorrerendersi conto che essa entra necessariamente nella sfera pubblica, per cui eliminarladalla politica “è impossibile: logicamente e <strong>di</strong> fatto”.Qual è il rime<strong>di</strong>o ai mali che affliggono il laicismo? In primo luogo, recuperare ivalori della tra<strong>di</strong>zione. Se ripu<strong>di</strong>amo, come l’Europa ha fatto, la nostra storiagiudaico-cristiana in nome della modernità, della scienza e della tecnica, per<strong>di</strong>amo lanostra identità. Su questa conclusione, non ci possono essere dubbi né contrasti tracredenti e non credenti.Possiamo pur vivere come se il Vangelo non fosse mai esistito e non avesse ispirato inostri comportamenti e la nostra etica umana e sociale, possiamo nascondere e<strong>di</strong>sconoscere la nostra storia, ben consapevoli però che saremo prede <strong>di</strong> una crisiirreversibile della nostra civiltà.<strong>Il</strong> presidente del Senato ha anche ripreso l’immagine, meglio la <strong>di</strong>agnosi drammaticadell’ex-car<strong>di</strong>nale Ratzinger, oggi Benedetto XVI, che apparenta il nostro momentopresente all’impero romano al suo tramonto. Se così stanno le cose, abbiamo bisogno<strong>di</strong> coraggio, non rinnegando ciò che siamo, vivendo in una rispettosa tolleranza, macon la consapevolezza piena della nostra identità, <strong>di</strong> cui possiamo solo andare fieri.“Siamo quel che siamo!” - ha concluso il presidente Pera.Si è chiuso con la sua relazione, che richiederebbe approfon<strong>di</strong>menti soprattutto inmerito ai destini dello stato sociale, cui come cattolici non possiamo rinunciare,l’ultimo atto del Convegno <strong>di</strong> Palermo, sul tema Ricorda, Racconta, Cammina che haregistrato una straor<strong>di</strong>naria varietà e ricchezza <strong>di</strong> contenuti, proposte, esperienze evoglia <strong>di</strong> futuro per la comunità ecclesiale e per l’intera società italiana.A tutti i convegnisti è stata consegnata la prima Lettera <strong>di</strong> Pietro nella versionepreparata dalla CEI, un libretto che, oltre al testo, contiene itinerari <strong>di</strong> riflessione e lepreghiere per la lectio <strong>di</strong>vina. È un mandato che impegna i cristiani ad una vita nuovaper farsi speranza per il mondo.Una grande sfida per aprire orizzonti degni dell’uomo nell’era post-moderna.<strong>Angelo</strong> <strong>Fortuna</strong>Referente culturale del Progetto Culturale della Chiesa Italiana per la Diocesi <strong>di</strong> Noto18

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