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NUOVA COLLANA - Serie seconda - Ssai - Ministero Dell'Interno

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PREFAZIONENell’insediarmi alla guida della Scuola, è con vivo piacere che mi appresto adare prosecuzione alla fruttuosa attività editoriale avviata con la creazione della terzaserie dei “Quaderni”, in cui sono raccolti i migliori lavori degli allievi dei corsi per laprogressione in carriera e di alta formazione organizzati dalla Scuola.Il materiale inserito è la dimostrazione dello sforzo generoso dei colleghiimpegnati nella preparazione degli esami finali dei corsi, per apprestarsi ad assumerele maggiori responsabilità dirigenziali ovvero a sperimentare “sul campo” laformazione specialistica acquisita. Uno sforzo evidentemente animato non soltantodalla consapevolezza di dover dare prova della capacità e delle attitudini maturate opotenziate durante il tirocinio formativo, ma anche dal reale desiderio di apportare, inun’ottica di rinnovamento, un utile contributo di cultura professionale e di progettualitàinnovativa fruibile da tutti i funzionari dell’Amministrazione dell’Interno.La serie si è posta l’obiettivo del consolidamento e della diffusionedell’esperienza.La ricchezza e varietà degli studi pubblicati sono stati la dimostrazionedell’esistenza di un grande patrimonio di risorse, motivazione e competenze, dicapacità di innovare, di progettare e di realizzare un miglioramento effettivo e tangibiledella amministrazione pubblica. Di queste professionalità e di queste competenzeavremo sempre bisogno per l’opera di riforma e di modernizzazione amministrativanella quale siamo impegnati. Su queste risorse occorre continuare ad investire perchésappiamo che la sfida dell’efficienza e dell’efficacia non si vince senza il contributo dichi lavora per i cittadini e a diretto contatto con loro.Rinnovando l’auspicio che la presente collana possa costituire per quantiimpegnati nella gestione della cosa pubblica un’utile strumento di approfondimentodelle conoscenze a supporto dell’esercizio delle competenze, pubblichiamo in questonumero lo studio, frutto dell'impegno dei partecipanti al XIX Corso per Viceprefetto,che esamina, alla luce della recente evoluzione e delle future prospettive del quadrocomunitario, il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economicosocialee di contrasto della illegalità in ambito europeoMauro ZampiniDirettore della Scuola Superioredell’Amministrazione dell’Interno


IndiceIl ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesioneeconomica e sociale anche alla luce del patto di stabilitàCAPITOLO I - Le politiche di coesione economica e sociale – I principiispiratori attraverso l’evoluzione storica dei trattati- Il trattato di Roma .................................................................................. p. 3- Il libro bianco di Delors e l’Atto Unico Europeo .............................................. p. 5- Il trattato di Maastricht ............................................................................. p. 6- Il Patto di fiducia ................................................................................... p. 9- Il trattato di Amsterdam ..........................................................................p. 10CAPITOLO II - Il Patto di stabilità e di crescita- Genesi e principi sino all’adozione dell’Euro ................................................p. 12- Strategie di convergenza e Patto di stabilità interno .........................................p. 16- Evoluzione del Patto di stabilità interno in rapporto all’attività degliEnti locali ed alle funzioni dell’Amministrazione dell’Interno .............................p. 18CAPITOLO III - La riforma dei fondi strutturali comunitari- I nuovi Regolamenti del 1999. Il quadro di riferimento ....................................p. 26- Il Regolamento (CE) n.1260/1999 .............................................................p. 28- I principi di coesione ..............................................................................p. 32- I Quadri Comunitari di sostegno 2000/2006. Il Pianoper lo Sviluppo del Mezzogiorno d’Italia (PSM Italia) .......................................p. 37


CAPITOLO IV - Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell‘Interno- Le attività svolte: la rete degli Infopoint Europa edil PON “Sicurezza per lo sviluppo” ..............................................................p. 42- Prospettive e proposte per un nuovo ruolo del <strong>Ministero</strong>dell’Interno nell’ambito delle politiche comunitariedi sviluppo e crescita sociale ......................................................................p. 53- Considerazioni conclusive e spunti di riflessione .............................................p. 55Bibliografia .........................................................................................p. 57La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondistrutturali comunitari: il ruolo dell’Amministrazione dell’InternoCAPITOLO I – Unione Europea e strategie di coesione- Premessa. 2004: l’anno della sfida ...............................................................p. 61- I principi ispiratori delle politiche dell’Unione Europea .....................................p. 62- Le strategie di coesione dal ’57 a Maastricht....................................................p. 63- Dal Trattato di Maastricht al Consiglio Europeo di Essen ...................................p. 66- Le strategie di convergenza e di coesione economico-sociale.La rilevanza degli indicatori .......................................................................p. 68


CAPITOLO II – La riforma dei fondi strutturali comunitari- Strategie di coesione e funzione dei fondi comunitari a finalità strutturale ...............p. 72- La riforma dei fondi del 1994 .....................................................................p. 74- I nuovi regolamenti del 1999......................................................................p. 75- I Quadri Comunitari di Sostegno 2000-2006...................................................p. 79- I POR ed i PON .....................................................................................p. 83CAPITOLO III – Le disposizioni per la trasparenza e la legalitànella gestione dei fondi comunitari- I principi del Trattato ...............................................................................p. 86- Il Programma di azione comunitaria 2001 – 2003.............................................p. 94- La normativa comunitaria antifrode ..............................................................p. 97- Le norme di legalità e trasparenza nella gestione dei fondi comunitari ................. p. 101- I controlli e le rettifiche .......................................................................... p. 108- Gli organi dell’Unione Europea deputati alla prevenzione: l’ OLAF..................... p. 113- (segue): la Corte dei conti ....................................................................... p. 117CAPITOLO IV – L’impegno del <strong>Ministero</strong> dell’Interno per il contrasto alle frodicomunitarie nella gestione dei fondi strutturali- Inquadramento della fattispecie “frode comunitaria” in ambitoeuropeo e nell’ordinamento italiano ........................................................... p. 120- Cooperazione a livello europeo per la repressione delle frodi:Europol e Eurojust................................................................................. p. 124- Il PON Sicurezza del <strong>Ministero</strong> dell’Interno.................................................. p. 127CAPITOLO V – Il ruolo delle Prefetture – UTG- Il ruolo di coordinamento e impulso delle Prefetture – UTGnell’utilizzo dei fondi comunitari............................................................... p. 131


- La Conferenza permanente quale sede di espletamento del coordinamento ........... p. 133- Info Point Europa (IPE): il nuovo ruolo possibile............................................ p. 134- Il Prefetto garante della legalità: alcune competenze tipizzate ............................ p. 135- La programmazione negoziata per la sinergica integrazionedi PON e di POR: il ruolo del Prefetto........................................................ p. 137- La presenza delle Prefetture nei protocolli per la sicurezza e la legalità ................. p. 139- Conclusioni ......................................................................................... p. 141Bibliografia......................................................................................... p. 144Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeo. Lororicaduta sulle competenze del <strong>Ministero</strong> dell’InternoConsiderazioni introduttive................................................................. p. 147CAPITOLO I – Il terrorismo internazionale: analisi, evoluzione storica emanifestazioni del fenomeno- Premessa. ........................................................................................... p. 1491. Dal terrorismo interno al terrorismo internazionale. Le matricipolitiche ideologiche e religiose ............................................................... p. 151a) Dal terrorismo interno al terrorismo internazionale..................................... p. 151b) Le matrici politiche e religiose............................................................... p. 153


c) Le manifestazioni terroristiche............................................................... p. 159CAPITOLO II - Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambitoeuropeo1. Lo scenario internazionale .................................................................... p. 1612. Il quadro europeo .............................................................................. p. 165a) Le misure di contrasto al terrorismo prima dell’11 settembre........................... p. 165b) Lo scenario europeo dopo l’11 settembre. Il Piano di Azione di Bruxelles............ p. 172c) Gli ulteriori sviluppi della politica di contrasto al terrorismo dopol’11 settembre. L’attuazione del Piano d’Azione di Bruxelles........................... p. 1753. La cooperazione tra l’UE e gli Stati Uniti .................................................. p. 1804. Il ruolo del G8 nell’azione di contrasto al terrorismo internazionale ................. p. 1835. L’impegno dell’Italia sulla scena internazionale. L’adesione agli attiinternazionali e la cooperazione bilaterale in materia di terrorismo .................. p. 1856. Lo strumento delle sanzioni internazionali ................................................ p. 188CAPITOLO III - Istituzioni, strumenti e misure per il contrasto al terrorismo.La situazione italiana ed il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno- Premessa ............................................................................................ p. 1901. Il quadro normativo italiano.................................................................. p. 1912. La risposta repressiva. Il reato di associazione terroristica:l’estensione del bene tutelato ................................................................ p. 1933. L’azione di prevenzione....................................................................... p. 198a) L’intelligence ....................................................................................... p. 199b) L’azione di controllo ............................................................................ p. 202b.1) Il controllo dei flussi finanziari .......................................................... p. 203b.1a) La situazione in Italia. La legge 14 dicembre 2001, n. 431:il contrasto al terrorismo nel settore finanziario. L’attività dicoordinamento e prevenzione svolta dal Comitato di SicurezzaFinanziaria e le altre misure previste dal nostro ordinamento .......................... p. 205


.1b) La legge 27 novembre 2001, n. 415. Il congelamento dei beni ..................... p. 208b.2) Il controllo delle reti ...................................................................... p. 209b.3) Il controllo dei flussi migratori.............................................................. p. 2134. La difesa civile quale sistema e strumento di prevenzione .............................. p. 2195. Gli organismi operanti in Italia e le altre misure di prevenzionee contrasto adottate a livello nazionale ..................................................... p. 2226. Le misure adottate a seguito degli attentati terroristici di matrice anarcoinsurrezionalista................................................................................ p. 2267. La preparazione tecnica antiterrorismo e la formazione; il coinvolgimento del Paese edell’opinione pubblica: nuovistrumenti integrativi per la lotta ed il contrasto al terrorismo.......................... p. 227Conclusioni ........................................................................................... p. 232


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica esociale anche alla luce del patto di stabilitàGruppo di lavoro:Adriana Cogode, Paolo Corritore, Castrese De Rosa, Francesca Ferrandino, MariagabriellaPazzanese, Giuseppe Priolo


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e sociale2


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeCAPITOLO ILE POLITICHE DI COESIONE ECONOMICA E SOCIALE – I PRINCIPIISPIRATORI ATTRAVERSO L’EVOLUZIONE STORICA DEI TRATTATI.I.1 Il Trattato di RomaIl conseguimento dello sviluppo armonioso delle economie degli Stati membri harappresentato, fin dalle origini, uno degli obiettivi fondamentali della Comunità Europea.Nel preambolo del Trattato istitutivo, firmato a Roma il 25 marzo 1957, viene infattisancito l’impegno dei Paesi membri di “assicurare lo sviluppo armonioso, riducendo ladisparità fra le differenti regioni e il ritardo di quelle meno favorite”.In particolare, l’art. 2 del Trattato attribuisce alla Comunità il compito di“promuovere, mediante il graduale ravvicinamento delle politiche economiche degli Statimembri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme delle comunità,un’espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento semprepiù rapido del tenore di vita e più strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano”.Tuttavia, a fronte del principio ispiratore di una piena ed equilibrata integrazionesociale ed economica, il Trattato non prendeva in esame una vera e propria politica disviluppo, né prevedeva, se non marginalmente, strumenti o risorse destinate ad eliminareil divario socio - economico tra le diverse regioni.Sporadici riferimenti a tali obiettivi si rinvengono soltanto in taluni articoli delTrattato, come nell’art. 39.2 sulla politica agricola, nell’art. 80.2, sulla politica deitrasporti e, in particolare, nell’art. 92.3, relativo agli aiuti statali a favore dello sviluppodelle regioni economicamente più arretrate, in deroga alle norme sulla concorrenza,ritenendo tali iniziative compatibili con il mercato comune.Segnatamente, con riguardo alla situazione dell’Italia, il protocollo allegato alTrattato CE riconosceva l’interesse di tutti gli Stati membri a “sanare gli squilibristrutturali dell’economia italiana”, intervenendo sul potenziamento delle attrezzaturenelle zone meno sviluppate del Mezzogiorno e nelle isole, nonché sulla crescita dei postidi lavoro.Ancora, gli articoli 123 e 124 del Trattato di Roma prevedevano l’istituzione delFondo Sociale Europeo (FSE), al fine di promuovere opportunità di occupazione emobilità geografica e professionale dei lavoratori e di facilitare l’adeguamento alle3


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialetrasformazioni industriali e ai cambiamenti di produzione, attraverso la formazione e lariqualificazione professionale, senza istituire una vera e propria politica sociale.Per altro verso, la creazione di un Istituto bancario, la Banca Europea degliInvestimenti, aveva lo scopo di favorire la proposizione di iniziative e progetti nelle zonepiù svantaggiate, assicurando i relativi finanziamenti.La politica agricola, anch’essa funzionale rispetto alla ripresa produttiva di alcune zonein ritardo di sviluppo, sfociò poi, nel 1964, nella creazione della “Sezione Orientamento”del Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia Agricola (FEOGA), istituito nel 1962,secondo le previsioni del Trattato.Le politiche di ridistribuzione delle risorse, alla luce del quadro normativo esistente,non si rivelarono, però, nel tempo particolarmente efficaci, rendendosi necessarial’istituzione, con regolamento (CEE) n. 724/75, del Fondo Europeo di SviluppoRegionale (FESR), creato al fine di “correggere i principali squilibri regionali dellaComunità, soprattutto quelli risultanti dalla prevalenza delle attività agricole, dalletrasformazioni industriali e dalla sottoccupazione strutturale”.L’inadeguatezza dei meccanismi di funzionamento e delle competenze del FES,originariamente previsti (che non riuscì ad ottenere i risultati sperati soprattutto in favoredegli Stati come l’Italia che presentavano ampie zone di sottosviluppo), indusse adapportare successivamente sostanziali modifiche al Fondo ed ai suoi meccanismi.In sostanza, il sempre crescente divario economico e industriale tra i diversi Statimembri ed il processo di allargamento della Comunità da sei Stati iniziali (Belgio,Lussemburgo, Paesi Bassi, Germania, Francia, Italia) a nove, con l’ingresso nel ’73 diIrlanda, Gran Bretagna e Danimarca, avevano indotto la Comunità, avvalendosi dell’art.235 del Trattato 1 , a considerare con maggiore attenzione le attività orientate a rimuoveregli ostacoli per il suo sviluppo armonioso e ad introdurre, negli anni ’70, il FESR.1 L’art. 235 del Trattato di Roma – ora art. 308 - recita: “quando un’azione della Comunità risultinecessaria per raggiungere, nel funzionamento del mercato comune, uno degli scopi della Comunitàsenza che il presente trattato abbia previsto i poteri d’azione a tal uopo richiesti, il Consiglio,deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e dopo aver consultato il ParlamentoEuropeo, prende le disposizioni del caso” (c.d. meccanismo dei “poteri impliciti”). Alla luce di talearticolo si rese possibile assumere interventi volti al conseguimento dello sviluppo armoniosoessendo questo tra gli scopi della Comunità, previsto dall’art.2 del Trattato.4


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeI.2 Il libro bianco di Delors e l’Atto Unico EuropeoPur con la previsione dei cennati strumenti, sino alla prima metà degli anni ottanta laComunità non si era ancora dotata di un quadro normativo che prevedesse una politicaorganica e coordinata di interventi a favore delle regioni che registravano ritardi rispetto alcrescente sviluppo economico.Solo successivamente la crescita dei mercati finanziari dei singoli Paesi, l’ingresso dialtri tre Stati nella Comunità - la Grecia (1981), la Spagna e il Portogallo (1986) - l’avviodel processo di globalizzazione, le diversità culturali, politiche e sociali, evidenziarono, inambito comunitario, le sensibili disparità di sviluppo tra i Paesi membri, che avvertirono,pertanto, l’urgenza e l’attualità di conferire un rinnovato impulso al tema delle politichedi coesione economica e sociale, enucleando dalle enunciazioni di principio, già consacratenel Trattato, obiettivi concreti di cooperazione, diretti a rafforzare il processo diintegrazione e, nel contempo, a scongiurare possibili disgregazioni che avrebberoindebolito l’intelaiatura ideale e strutturale del mercato unico europeo.Il contributo decisivo alla revisione degli obiettivi della Comunità ed alle politiche dicoesione venne dalla Commissione presieduta da J. Delors che, nel 1985, presentò il“Libro bianco” per il completamento del mercato interno.Il documento rappresentò il canovaccio di una serie di strategie di rilancio dellepolitiche comunitarie che vennero poi elaborate dalla Conferenza intergovernativa, la cuiconvocazione fu deliberata dal Consiglio Europeo di Milano del giugno 1985 “per realizzareconcreti progressi sulla strada dell’Unione europea”, prevedendo la modifica dei Trattati diRoma ai sensi dell’art. 236 del Trattato CEE.In pratica, il “Libro bianco” analizzava gli ostacoli alla formazione di un grande mercatoeuropeo, puntualizzando che l’Europa, sintesi di diverse realtà culturali, sociali edeconomiche, avrebbe dovuto articolare i propri obiettivi non solo sugli equilibrieconomici e di reddito, ma anche sulla qualità della vita, attraverso lo sviluppo delletecnologie e delle grandi reti transeuropee, per agevolare la mobilità geografica econsentire l’interscambio di conoscenze, potenziando la risorsa rappresentata dalle piccolee medie imprese, prevedendo strumenti economici stabili e forti e, segnatamente, lamoneta unica, concepita alfine quale strumento di aggregazione del mercato.La Conferenza intergovernativa concluse i propri lavori a gennaio del 1986, conl’approvazione in un solo testo del pacchetto modificativo dei Trattati di Roma,denominato Atto Unico Europeo (AUE), che entrò in vigore a luglio del 1987.5


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeL’AUE, recependo i mutamenti economici e sociali intervenuti in ambito europeo,consacrò numerose iniziative sviluppatesi nel tempo e dirette a migliorare e coordinare ilfunzionamento delle strutture comunitarie; in particolare, introdusse nel Trattato unnuovo titolo dedicato alle politiche di “coesione economica e sociale”, interpretandoappieno la volontà politica di assicurare, con strumenti operativi concreti l’obiettivo dellosviluppo armonioso della Comunità, enunciato sin dalla prima stesura del Trattato.Alla promozione delle politiche economiche e sociali, l’Atto aggiungeva l’impegnodegli Stati membri a coordinare le rispettive politiche economiche al fine di creare lecondizioni per lo sviluppo equilibrato della Comunità, attraverso l’utilizzo di tutti glistrumenti finanziari ed, in particolare, dei tre fondi strutturali: FSE, FEOGA e FESR.Si precisava, inoltre, il ruolo fondamentale del FESR nella politica regionale,sancendone l’obiettivo essenziale di “correttore” degli squilibri, orientato sulle zone inritardo di sviluppo e sulle aree industriali in declino; si delineava, infine, il percorso per lariforma dei fondi strutturali.Sulla falsariga delle prospettive prefigurate dall’AUE e nell’intento di assicurare unefficace coordinamento tra i Fondi e tra questi ed altri strumenti finanziari, il Consiglioemanò i Regolamenti (CEE) nn.2052/88 e 4253/88.Tuttavia, a fronte degli interventi attuati per mettere a punto il processo di riforma, laComunità dovette registrare risultati non del tutto soddisfacenti e la persistenza deldivario economico tra gli Stati membri.Le risorse messe a disposizione dagli strumenti comunitari non venivano appienosfruttate e non si era ancora consolidato un sufficiente coordinamento tra gli Stati e laComunità, anche per effetto di procedure non del tutto snelle ed accessibili.I.3 Il trattato di MaastrichtIl 7 febbraio 1992 gli Stati membri della Comunità firmarono a Maastricht il Trattatosull’Unione Europea.Il Trattato, i cui aspetti più qualificanti possono individuarsi nell’istituzionedell’Unione Economica e Monetaria, nonché nella creazione dei “pilastri” intergovernativiin materia di politica estera e di sicurezza comune (II^) e di giustizia ed affari interni (III^),introdusse rilevanti novità, anche in tema di coesione economica e sociale.6


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeDi fatto, con il Trattato di Maastricht, la coesione economica e sociale diventa unodegli obiettivi prioritari della Comunità, alla stregua del Mercato unico e dell’Unioneeconomica europea.In particolare, il tema della “coesione” viene introdotto dall’art. B del TUE cheenuncia, tra gli obiettivi fondamentali dell’Unione, “la promozione di un progresso economico esociale, equilibrato e sostenibile”; obiettivo che potrà essere raggiunto attraverso “ilrafforzamento della coesione economica e sociale”, qualificando tale strumento, appunto, a parilivello con la “creazione di uno spazio senza frontiere interne” e con l’instaurazione di “unaunione economica e monetaria che comporti a termine una moneta unica”.La principale meta dell’Unione consiste, dunque, nel progresso economico e sociale,individuando nella crescita l’elemento chiave di una filosofia di fondo ispirata, oltre che agliaspetti finanziari, anche a quelli sociali e rafforzata dall’introduzione del principiodell’acquis comunitario 2 .Di fondamentale importanza è, in tale contesto, l’obbligo, per tutte le politichecomunitarie, di tener conto, fin dalla loro formulazione, dell’obiettivo di contribuire aridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle diverse regioni dell’Unione.Gli Stati membri, nell’ottica del principio della sussidiarietà, assumono quindi un ruoloattivo attraverso l’elaborazione ed il coordinamento di politiche finalizzate alraggiungimento dell’obiettivo principe del rafforzamento della coesione economica esociale; la Comunità “appoggia questa realizzazione anche con l’azione che svolge attraverso fondia finalità strutturale”.La novità introdotta dal novellato art.159 del Trattato CEE (già art. 130B), rispettoalla versione proposta nell’Atto Unico Europeo, consiste nel compito assegnato allaCommissione di presentare ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, alComitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione sui progressicompiuti nella realizzazione della coesione economica e sociale e sul modo in cui i varistrumenti previsti dallo stesso articolo vi hanno contribuito, consentendo l’adozione, al difuori dell’azione dei fondi strutturali, di interventi specifici adottati dal Consiglioall’unanimità, su proposta della Commissione, che si rivelino necessari per ilconseguimento degli obiettivi della coesione.Gli articoli 161 e 162 (già artt. 130D e 130E) disciplinano l’attività dei fondi,prevedendo la consultazione obbligatoria del Comitato delle regioni prima della2 L’acquis comunitario ricomprende l’insieme dei principi, degli obiettivi politici, delle disposizioninormative, delle procedure che vincolano l’Unione Europea, gli Stati membri e tutti i soggettipresenti ed operanti sul territorio della Comunità.7


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialedeliberazione del Consiglio e l’istituzione, da concretizzarsi entro il 31.12.1993, di unnuovo strumento finanziario, denominato Fondo di Coesione.Inoltre, con l’adozione di un Protocollo sulla coesione economica e sociale allegato alTrattato, viene ulteriormente sottolineata l’esigenza di potenziare i fondi strutturali,auspicando una maggiore flessibilità nella distribuzione delle risorse in ragione dellespecifiche necessità locali.In sintesi, queste sono le novità: da un lato, gli Stati membri assumono l’obbligo dicondurre la rispettiva politica economica alla luce dell’obiettivo comune della coesioneeconomica e sociale; le Istituzioni comunitarie, a loro volta, devono tener conto, nellapropria normazione, delle esigenze di coesione e della loro realizzazione, anticipando, almomento della elaborazione delle politiche, la valutazione di tali esigenze.L’attività strutturale è svolta attraverso i fondi espressamente elencati (FEOGA, FSE,FESR), la BEI e gli altri strumenti finanziari esistenti, ai quali si aggiunge, con la riformadel ’93, lo SFOP, Strumento Finanziario di Orientamento per la Pesca.E’ evidente che la previsione del ricorso integrato ai Fondi, così come agli altristrumenti finanziari messi a disposizione dalla Comunità, rivelava la volontà esplicita dellastessa di potenziare ed assicurare in ogni modo il perseguimento della coesione economicae sociale.Ulteriori segnali dell’avviato processo di coesione e dell’intento di orientare la logicastrutturale verso soluzioni concrete derivano dalla previsione della verifica periodicadell’efficienza della politica comunitaria, a conferma della necessità di riesaminare neltempo la validità delle iniziative programmate e degli obiettivi raggiunti e la possibilità,per il Consiglio, di adottare all’unanimità “azioni specifiche che si rendessero eventualmentenecessarie al di fuori dei Fondi”.Con il Trattato UE, dunque, il principio delle politiche di coesione si incardina nellaprevisione di azioni dinamiche, tese a ridurre il divario di sviluppo tra le varie regioni ed ilritardo di quelle meno favorite, mediante interventi non già sporadici ed occasionali, ma“strutturali”, orientati ad incidere sostanzialmente e stabilmente sul processo diintegrazione e sviluppo degli Stati membri.8


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeI.4 Il patto di fiduciaCon il Consiglio europeo di Essen del 9 - 10 dicembre 1994 inizia il delicato periodoche vede l’Unione impegnata a realizzare due importanti traguardi sul camminodell’unificazione economica: la moneta unica e la stabilizzazione del mercato interno.Il presupposto indispensabile per il raggiungimento di tali obiettivi è costituito dallanecessità di procedere all’integrazione delle tradizionali politiche di investimentoinfrastrutturali, con elementi di “crescita”, di allargamento del consenso e della culturadella condivisione, anche alla luce delle trasformazioni imposte dalla globalizzazione dellaproduzione e dei mercati economici e finanziari.Tali mutamenti, oltre ad influire decisamente sulle economie nazionali e regionali, suimodelli occupazionali e sull’organizzazione del lavoro, hanno anche evidenziato come ladisoccupazione ed una più evidente emarginazione sociale siano divenuti problemistrutturali dell’economia dell’Unione Europea.Si inaugura, così, ad Essen, una stagione di scelte e strategie, caratterizzata da unmodello di programmazione nel quale il “territorio” viene percepito come spaziogeografico e storico, popolato da uomini, culture e potenzialità diversi, ma condivisocome luogo di “sviluppo comune”.Su questo terreno devono concentrarsi intelligenze e politiche per crescere, radicarsied evolversi.Lo “sviluppo locale” si associa al concetto di “crescita”, determinando, così, l’aperturadella stagione dei “fondi strutturali”, che, pensati nella logica dello sviluppo e non inquella del divario, costituiscono lo strumento più rilevante delle politiche di coesioneeconomica e sociale dell’Unione Europea.Per la prima volta viene individuato uno strumento che, combinando il tema dellacoesione concepita nella direzione dello sviluppo locale (che coinvolge le Istituzioni localie determina una vicinanza ai cittadini difficilmente attuabile con altre politiche), racchiudein sé tutti gli aspetti dell’Europa così come delineata e plasmata nella storia dellatradizione occidentale: Europa “istituzionale”, “politica”, ”sociale” ed “economica”.“Coesione”, “sviluppo”, “politiche regionali”, “Europa federale” sono temi chepreludono ad una Europa omogenea dal punto di vista economico e sociale ed il “Patto diFiducia” di J. Santer dell’aprile 1995 ne costituisce un significativo punto di partenza,tendendo a stimolare gli operatori a valorizzare meglio il concetto “Europa”, non solosotto il profilo eminentemente economico, ma anche sotto quello occupazionale e,quindi, sociale.9


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeScrive Santer: “… sul piano dei mercati del lavoro si dovrebbe fare tesoro dell’esperienzamaturata con l’esame comune dei programmi pluriennali nazionali. Si dovrà tenere maggior contodelle interazioni tra le misure nazionali e loro ripercussioni nel contesto europeo, ad esempio,nell’operare ritocchi fiscali destinati a ridurre i costi del lavoro”; in altre parole, la coesioneviene dettagliata e circostanziata nello sviluppo locale.Il Trattato di Maastricht, in effetti, potenzia il distacco storico dell’Unione da unaprospettiva meramente monetaristica, nella direzione di un progressivo avvicinamentodelle politiche sociali e di integrazione economica.Il patto di fiducia è la chiave di lettura politica per il raggiungimento delle finalitàfissate a Maastricht e si concentra su due obiettivi:1)creare le condizioni macroeconomiche per assicurare in maniera durevole la“crescita”, l’impiego e la stabilità attraverso:- a) il risanamento della finanza pubblica degli Stati membri;- b) un accordo fra i partners sociali sulla coerenza fra aumenti salariali e stabilità deiprezzi e sulla necessità di stimolare investimenti e consumi;- c) il contenimento della variabilità dei tassi di cambio;- d) lo sviluppo di procedure di reciproca cooperazione nel settore economico;2) favorire le riforme di carattere strutturale relative al mercato di beni e servizi,nonché a quello del lavoro.Elemento importante per la costruzione europea, il Patto di fiducia non esalta solo ilconcetto di sviluppo locale, ma dà forza e vigore a quello di “ sussidiarietà”, che vieneallargato e, in un certo senso, affrancato da quello della “solidarietà”, cui era collegato dalTrattato, per assumere l’innovativa funzione di partecipazione alle scelte programmatiche.L’azione comunitaria diventa, così, complementare all’azione nazionale attraverso laconcertazione tra organi direttamente individuati dal Trattato (Commissione e Statomembro), organi istituzionali (Autorità designate) e parti economiche e sociali.I.5 Il trattato di AmsterdamNel 1997 viene firmato, ad Amsterdam, un nuovo testo dei trattati, entrato in vigorel’1 maggio 1999, che introduce elementi concettuali di particolare interesse per lepolitiche di coesione.In primis, va sottolineato come, per la prima volta, venga dedicato all’occupazione unintero Titolo del Trattato CEE, composto da sei articoli, collocato nella Parte terza “Le10


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialepolitiche della Comunità”, immediatamente dopo il titolo rubricato “Politica economica emonetaria”, nel quale vengono delineate le politiche europee in tema di unione economicae monetaria.Da Amsterdam parte, dunque, una riflessione attenta, articolata, che lega i concetti di“sviluppo”, “crescita”, “occupazione”, alle politiche macroeconomiche (sulle quali insostanza si esercita l’azione dell’Unione economica e monetaria), allo scopo di trasferirnegli effetti positivi in nuove misure rivolte alla “promozione di forza lavoro competente,qualificata, adattabile” ed ai “mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici”.L’art. 109 N (ora art.125) prevede, infatti, al fine di realizzare gli obiettivi indicati dalTrattato stesso, “una strategia coordinata a favore dell’occupazione”.L’esame della disposizione, inoltre, induce ad individuare due momenti da coniugare:1) la promozione di manodopera, così come definita nel corpo dell’articolo citato;2) mercati del lavoro più duttili.Ancora una volta il “territorio” è chiamato a giocare un ruolo importante in quantopolo in cui attuare l’azione di coordinamento.Per altro verso, occorre notare che l’enunciata strategia coordinata a favoredell’occupazione può essere realizzata per il tramite della Comunità che, a sua volta, deveappoggiarsi all’azione degli Stati membri.La “sussidiarietà”, quindi, assume un ruolo cruciale nell’ambito dei rapporti traComunità e Stati membri, acquisendo una valenza “politica”, basata su un principio“dialogico”: l’azione comunitaria non può svolgersi pienamente senza la simultaneapresenza dell’azione a livello di singolo Paese.Essa è dunque sussidiaria ed al tempo stesso “sussidiata” da questi ultimi.Viene, così, introdotto un concetto di sussidiarietà 3 inedito, dal momento che essoruota attorno al principio di cooperazione tra gli Stati membri e sulla sua promozione daparte della Comunità.3 La definitiva acquisizione del “principio di sussidiarietà” avviene con l’art. 3B del Trattatosull’Unione Europea, nel quale esso si configura quale regolatore dell’ampliamento dellecompetenze sovranazionali dell’Unione, che interviene anche in settori che non sono di suaesclusiva competenza; la norma precisa, altresì, con la locuzione “soltanto se e nella misura in cui”, chel’intervento sussidiario, per essere legittimo, oltre ad essere motivato in via esclusivadall’inadeguatezza di uno Stato membro a realizzare gli obiettivi dell’azione prevista, deve essere dientità rigorosamente corrispondente. Il “principio di sussidiarietà” non costituisce tanto un criteriodi ripartizione delle competenze, quanto piuttosto un equilibratore della funzionalità del sistema, incaso di insufficienza dell’istanza inferiore ad esercitare adeguatamente le proprie competenze.11


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeCAPITOLO IIIL PATTO DI STABILITÀ E DI CRESCITA.II.1 Genesi e principi sino all’adozione dell’Euro.Il settore economico e monetario è, indubbiamente, quello nel quale si è piùfortemente caratterizzata, sinora, l’integrazione europea, mediante una rilevante cessionedi sovranità da parte degli Stati membri 4 , che non ha, allo stato, riscontri nelle altre areedi competenza dell’Unione.Il progetto di Unione economica e monetaria, formalizzato a Maastricht nel 1992, ha,infatti, introdotto un ambito di riferimento originale ed innovativo con la gradualedefinizione delle politiche di bilancio e della politica monetaria che, mediante le varie fasidi attuazione, ha portato all’introduzione della moneta unica.Il necessario coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri si èrealizzato attraverso lo strumento, rivelatosi fondamentale elemento di equilibrio, del“Patto di stabilità e di crescita”, inserito nel trattato di Maastricht dal Consiglio Europeo diAmsterdam del 17 giugno 1997, che recepiva formalmente l’accordo politico raggiunto aDublino nel dicembre 1996.Se tale data segna l’atto di nascita formale del Patto di stabilità e crescita, già nel 1988il rapporto Delors, prefigurando l’avvento dell’Unione economica e monetaria,individuava la necessità di fissare talune regole vincolanti 5 per conseguire la convergenzaeconomica tra gli Stati membri, con l’obiettivo prioritario di evitare eccessivi disavanzipubblici.Il Consiglio europeo di Madrid, nel giugno del 1989, accogliendo le proposte diDelors, fissava all’1 luglio 1990 la data di inizio della prima fase dell’Unione economica e4 Già in data 5 febbraio 1963 (causa 26/62) in una delle sue più rilevanti sentenze, definite “diprincipio”, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee affermava che l’ordinamento comunitario:“costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale a favoredel quale gli Stati membri hanno rinunciato, seppur in settori limitati, ai loro poteri sovrani”.5 A tale riguardo estremamente significativa è la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea,secondo cui “qualora una disciplina comunitaria non contenga una specifica norma sanzionatoria diuna violazione, l’art.5 del Trattato CE impone agli Stati di adottare tutte le misure atte a garantirela portata e l’efficacia del diritto comunitario”, in sentenza n.68/88, altrimenti nota come “sentenzadel mais greco”.12


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialemonetaria degli Stati membri che, mediante un sistema di sorveglianza multilaterale,doveva indurre stabilità dei prezzi, bilance dei pagamenti in equilibrio, mercati aperti econcorrenziali, nell’ambito di una sana finanza pubblica.I risultati della sorveglianza multilaterale, che prendeva in esame, con criteri diomogeneità, le politiche economiche, monetarie e di bilancio, venivano riassunti inperiodiche relazioni della Commissione e portati a conoscenza del Parlamento europeo edei Parlamenti nazionali, cominciando così a divenire punto di riferimento sostanzialenell’elaborazione delle politiche economiche di ciascun Paese.Dai primi anni ’90 cominciano, dunque, ad intravedersi elementi sostanziali dicoordinamento delle politiche economiche: il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea(ECOFIN) diventa, infatti, il luogo di indirizzo nel quale i Ministri economici e finanziarideterminano le strategie di politica economica comuni a tutti i Paesi membri; l’ECOFINformula raccomandazioni, propone interventi e misure che, di fatto, influiscono nellevicende dei singoli Stati membri, condizionandone scelte ed attività.Il trattato di Maastricht ha infatti fondato, in maniera esplicita, la prospettiva di unionepolitica sulla istituzione dell’unione economica e monetaria e, ad essa, si ispira, indicandoi cosiddetti quattro criteri per consentire agli Stati membri di raggiungere la “convergenzaeconomica”.Gli ormai famosi “parametri di Maastricht” anticipano quello che diventerà, in manieraorganica, il Patto di stabilità e di crescita: ciascun Paese dovrà rispettarli per parteciparealla “zona” dell’Euro:- stabilità dei prezzi: “…il raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi risulterà…” da un tasso di inflazione di ogni Stato membro che non dovrà essere superioreall’1,5% di quello dei tre Stati che avranno conseguito i migliori risultati in termini distabilità dei prezzi nell’anno precedente;- situazione della finanza pubblica: “… il conseguimento di una situazione di bilanciopubblico non caratterizzato da un disavanzo eccessivo …” per cui il rapporto tra il disavanzopubblico ed il prodotto interno lordo non dovrà risultare superiore al 3%, mentre ilrapporto tra il debito pubblico lordo ed il PIL non dovrà essere superiore al 60%;- tassi di cambio: “ … il rispetto dei margini normali di fluttuazione … previsti dallo S.M.E.…” per cui ogni Stato membro dovrà partecipare al meccanismo di cambio del sistemamonetario europeo per almeno due anni senza svalutare la propria moneta nazionale;- tassi di interesse a lungo termine: “ …i livelli dei tassi di interesse a lungo termine …”non dovranno superare il 2% di quelli dei tre Stati membri che avranno conseguito imigliori risultati nell’anno precedente.13


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeSia pure con diverse modalità e tempi di attuazione, gli Stati aderenti all’Unionerealizzeranno, in ossequio a detti parametri, quella convergenza economica che consentiràil raggiungimento della effettiva unità monetaria in 11 Paesi a partire dall’1.1.1999,nonché l’introduzione dell’Euro, quale unica moneta circolante in 12 Paesi dal 1^ gennaio2002 (Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi,Austria, Portogallo, Finlandia e Grecia).Se questi erano gli indicatori necessari per omogeneizzare le politiche monetarie e dibilancio degli Stati aderenti all’Unione nella prima fase di attuazione della moneta unica, ilPatto di stabilità e crescita prefigura una situazione di vincoli “a regime”, destinata agarantire nel tempo la stabilità economica della “zona Euro” e la convergenza duratura trale economie dei Paesi interessati.Al rispetto del Patto gli Stati membri si sono volontariamente vincolati, avendo ancheindividuato azioni dissuasive, finanche sanzioni, nei casi di non ottemperanza.L’adozione del Patto di stabilità e crescita, il cui obiettivo è essenzialmente quello diprevenire un disavanzo di bilancio eccessivo, risponde all’esigenza di definire una politicadi bilancio da seguire dopo il passaggio all’Euro; garantire, dunque, una gestione sana edefficace della finanza pubblica, al fine di evitare che un bilancio squilibrato di uno Statomembro possa penalizzare gli altri.Posto, dunque, che i parametri principali da rispettare sono:- un rapporto tra disavanzo e PIL contenuto entro il 3%,- un rapporto tra debito pubblico e PIL contenuto entro il 60%,gli Stati membri sono impegnati in un’azione preventiva, finalizzata ad evitare chevengano superati quei parametri: a tale scopo essi elaborano, alla fine di ogni anno, icosiddetti “Programmi di stabilità e di convergenza”, che vengono sottoposti all’esamedella Commissione ed al giudizio del Consiglio.Nel contempo, come dispone la Risoluzione adottata dal menzionato ConsiglioEuropeo di Amsterdam, tutte le Istituzioni coinvolte si impegnano ad implementare ilprocesso di sorveglianza multilaterale, vincolandosi reciprocamente all’adozione di azionidissuasive, nel caso di non ottemperanza, con l’introduzione della “possibilità” di imporresanzioni allo Stato membro che dovesse evidenziare uno scostamento rilevante e,conseguentemente, un eccessivo disavanzo.La procedura per disavanzi eccessivi passa attraverso una serie di azioni che vanno dallaraccomandazione, alla sanzione (anche finanziaria), applicabile inizialmente sotto forma dideposito senza interessi, convertibile poi in ammenda se, nel periodo dato (generalmentedue anni), non vengono apportate le correzioni necessarie.14


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeIl programma di stabilità deve comprendere l’obiettivo a medio termine di un saldo dibilancio in attivo o prossimo al pareggio, le indicazioni principali di prospettivamacroeconomica, le misure previste per conseguire gli obiettivi del programma;analogamente, anche gli Stati fuori dalla “zona Euro”, ma che ambiscono ad entrarvi,dovranno predisporre programmi “di convergenza”, anch’essi sottoposti a vigilanzamultilaterale.In buona sostanza, il Patto di stabilità e crescita rappresenta un vero e proprio collantedelle opzioni economiche degli Stati che aderiscono all’Unione; esso favorisce, ancheattraverso la procedura di vigilanza multilaterale, il dialogo tra essi, contribuendo adeterminare i grandi orientamenti delle politiche economiche.Le raccomandazioni annuali agli Stati membri, inoltrate dal Consiglio su proposta dellaCommissione, possono suggerire anche modifiche e aggiustamenti di politica economica;in virtù del particolare meccanismo multilaterale messo in campo, essi costituisconoorientamento autorevolissimo, pressoché vincolante, cui tutti gli Stati devono attenersi.La Commissione europea è incaricata di vigilare sull’attuazione; a tal fine relazionaogni anno in merito e propone al Consiglio, ove necessario, specifiche raccomandazioninell’ipotesi che uno Stato non rispetti i propri obblighi.Il Patto di stabilità ha sin qui richiesto ai Paesi membri di riequilibrare i propri contipubblici nel medio periodo, senza fissare però una data precisa; il dibattito al riguardo è digrande attualità, tanto da indurre negli anni scorsi comportamenti contraddittori: nelsettembre 2002 la Commissione aveva fissato al 2006 la data entro cui portare i conti inpareggio, ma, già nel mese successivo, il Consiglio dei Ministri (ECOFIN) disposel’eliminazione di tale riferimento temporale.Resta, quindi, allo stato, quale regola fondamentale, quella di non superare il 3% nelrapporto tra il deficit pubblico ed il PIL; le procedure al riguardo sono molto rigorose,prevedendo, come già detto, anche l’irrogazione di sanzioni, ove gli avvertimentipreventivi, il cosiddetto “early warning”, non abbiano sortito gli effetti sperati.Unico ammortizzatore previsto dalla norma è costituito dalla presenza di “stabilizzatoriautomatici”: in tali ipotesi, il cui uso è consentito dalla Commissione solo a quei Paesi chenon hanno deficit troppo elevati, si tollera temporaneamente anche uno “sforamento”degli obiettivi di bilancio, in caso di rallentamento economico che abbia peggiorato ilsaldo pubblico.Nel complesso, si può affermare che, nella prospettiva sopra descritta, il Patto distabilità e di crescita costituisca il fondamento della politica monetaria europea,rappresentando anche l’introduzione di una programmazione di bilancio connotata dal15


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeprincipio essenziale del rispetto delle generazioni future; queste, infatti, avrannosenz’altro il privilegio di vivere in una società tra le più evolute e progredite, madovranno avere anche il diritto di non ritrovarsi un enorme debito pubblico sulle spalle:quasi una moderna “spada di Damocle” che rischia di far retrocedere il grado di civiltà stessadella società occidentale, vanificando decenni di sviluppo economico e progresso sociale.II.2 Strategie di convergenza e Patto di stabilità internoPreservare l’equilibrio delle finanze pubbliche, in modo da mantenere la stabilità deiprezzi e sostenere la crescita: se sono questi i principi fondamentali del Patto di stabilità,ogni Stato deve impostare al suo interno, in rapporto alle proprie articolazioni centrali eperiferiche, le proprie politiche economiche in coerenza con essi.Da qui la necessità di chiedere il concorso delle Amministrazioni territoriali e degliEnti locali per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica che il Paese si è postocon l’adesione all’Unione Europea; così, per la prima volta nel 1998, in sede diapprovazione del disegno di legge collegato alla Finanziaria 1999, viene introdotto in Italiail cosiddetto “Patto di stabilità interno” tra Stato centrale ed Enti territoriali 6 ; questiultimi, in conformità agli indirizzi centrali, si impegnano a ridurre progressivamente ilfinanziamento in disavanzo delle proprie spese ed a ridurre il proprio rapportodebito/prodotto interno lordo.Il Patto di stabilità interno impone, pertanto, agli Enti territoriali di pianificareanch’essi i programmi di politica economica per contribuire alla realizzazione degliobiettivi generali di finanza pubblica; a tal fine fornisce indicazioni operative e suggerisceazioni e mezzi per pervenire a risultati stabili.Nello specifico, l’art.28 della legge n.448 del 1998 (Legge Finanziaria 1999) imponeagli Enti locali di perseguire tanto un obiettivo primario (l’abbattimento dei costi digestione e l’incremento del flusso delle entrate, migliorando il saldo finanziario), quantoun obiettivo derivato (il contributo alla riduzione del debito pubblico nazionale, mediantela contrazione del proprio debito).6 Gli Enti territoriali soggetti al Patto di stabilità interno sono: le Regioni a statuto ordinario, leProvince ed i Comuni con più di 5.000 abitanti, nonché le Regioni a statuto speciale, le Provinceautonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali dei rispettivi territori, con la previsione, per questiultimi, di un meccanismo di concertazione e di accordo, in assenza del quale si applicano lemedesime regole generali previste per gli altri Enti.16


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeOgni Ente locale deve migliorare, a partire dall’anno di riferimento, il saldo dei flussidi cassa di parte corrente in misura pari alla maggiore delle cifre risultanti dal calcolodell’1,1 % della spesa corrente, oppure del 3% della differenza tra incassi correnti e spesecorrenti – si tratta appunto dell’obiettivo primario sopra indicato - mentre deveconcorrere acché lo Stato contenga il debito in relazione al PIL, considerato il debitoesistente al 1998, rispetto ad una previsione pluriennale (quinquennio 1999-2003): in talcaso si tratta di obiettivo derivato.Di rilevante e originale importanza è, inoltre, l’altro principio, introdotto con il Pattodi stabilità interno, secondo cui gli Enti inadempienti partecipano, in quota parte, alleeventuali sanzioni che dovessero essere applicate allo Stato italiano da parte dell’Unione:principio di corresponsabilità alle “sorti della Nazione” alla quale, anche in una prospettivafederalistica, lo Stato tenta di legare il mondo delle autonomie territoriali.Le prescrizioni sui risultati da raggiungere non costituiscono “requisiti di legittimità”dei documenti di bilancio, ma esse, coerentemente con detta impostazione, rilevanosoltanto in termini di responsabilità, con un sistema di premialità / penalità, a <strong>seconda</strong> delraggiungimento o meno del risultato.Tale principio per la prima volta viene introdotto nell’ordinamento, utilizzando, a talfine, i trasferimenti erariali, che ancora costituiscono “magna pars” delle risorse degli Entilocali, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia.Le somme non erogate agli Enti che non rispettano i limiti del Patto sono, infatti,ridistribuite agli Enti più virtuosi, secondo un meccanismo che viene disciplinato conDecreto del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro dell’Economia e delleFinanze.Le norme del Patto interno possono, pertanto, a buona ragione, essere considerate“prescrittive”, riguardo l’obbligo del raggiungimento degli obiettivi; mentre esse siconfigurano quale vincolo di natura programmatica, riguardo le modalità diraggiungimento degli obiettivi, in relazione alle quali si limitano a dare indicazioni o, permeglio dire, “buoni consigli”.Il sistema sanzionatorio, introdotto per l’eventuale mancato rispetto del Patto induce,comunque, una conseguente responsabilità a carico dei responsabili dell’Ente locale.Se, infatti, gli obiettivi del Patto non costituiscono, come già detto, requisito dilegittimità dei documenti di bilancio, nella stesura di questi e poi anche nel caso divariazioni, i responsabili finanziari devono prevedere correttamente, sia attraverso i datidella competenza, che attraverso quelli basati sulla stima dei fabbisogni di cassa, ilraggiungimento degli obiettivi stessi, pena il rischio di responsabilità contabili.17


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeII.3 Evoluzione del Patto di stabilità interno in rapporto all’attività degliEnti locali ed alle funzioni dell’Amministrazione dell’InternoIl Patto di stabilità interno, dopo la prima formale introduzione in relazioneall’esercizio finanziario 1999, è stato più volte integrato e modificato, sempre in sede diapprovazione della Legge finanziaria, con l’obiettivo di migliorare il grado dicollaborazione degli Enti territoriali rispetto alle politiche di risanamento dei contipubblici; Enti questi, è bene rilevare, costretti già ad un sistema di vincoli che ne haridotto l’effettiva capacità di erogazione della spesa, atteso che dal 1997 i trasferimenti acarico del bilancio dello Stato sono condizionati al raggiungimento di livelli minimi digiacenza.Le modifiche introdotte sembrano, nel loro complesso, allontanare l’istituto del Pattodall’impostazione iniziale (di semplice indicatore dei risultati da raggiungere), lasciandoliberi gli Enti interessati nella scelta del modo in cui farlo; l’introduzione, infatti, semprepiù vincolante, di un sistema rigido di sanzioni che incidono sull’attività stessa dell’Entene ha accentuato, soprattutto negli ultimi anni, il carattere, già evidenziato, di norma“prescrittiva”; è opportuno, pertanto, analizzare, nei tratti salienti, l’evoluzione dellostrumento dalla sua istituzione, nel 1998, all’ultima norma introdotta nella leggeFinanziaria per il 2004.Se l’obiettivo derivato consiste, come già detto, nella progressiva riduzione delfinanziamento in disavanzo delle spese correnti e del rapporto tra l’ammontare del debitoe il PIL, per il primo anno di applicazione (il 1999) la riduzione del disavanzo dovevaessere pari almeno allo 0,1% del PIL; ciò comportava, per il comparto delle autonomieterritoriali, una riduzione del disavanzo di circa 2200 miliardi di vecchie lire, dei quali 820a carico degli Enti locali.L’art.30 della legge 488/1999 (Legge finanziaria per il 2000) ha modificato l’art.28della legge 448/98, ridefinendo le modalità di calcolo del saldo finanziario e del saldoprogrammatico; l’obiettivo confermato di riduzione del disavanzo rispetto all’annoprecedente ha comportato per ogni Ente l’obbligo di riduzione della spesa correntedell’1,1%, oppure una correzione del disavanzo tendenziale di almeno il 3%, con unaquantificazione dell’impatto complessivo sugli Enti locali pari, sostanzialmente, a quelladell’anno precedente, pur se la disciplina di coinvolgimento è risultata meno rigida,potendosi ottenere il rispetto dei vincoli attraverso una molteplicità di opzioni.18


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeLe modifiche più rilevanti sono comunque quelle relative ai termini di calcolo, essendostata introdotta la facoltà di ricalcolare il risultato del 1999 secondo i criteri dell’eserciziosuccessivo, escludendo dal computo del saldo le entrate e le spese con carattere dieccezionalità.Nella Legge Finanziaria per il 2001 (Legge n. 388 del 2000), l’articolo 53, dedicato alPatto di stabilità interno, pur lasciando fermo l’impianto complessivo del sistema diverifica, ha introdotto correzioni che, di fatto, hanno ridisegnato nuovamente le regoleper il rispetto del Patto.In primo luogo, sono stati chiariti e distinti gli obiettivi delle Regioni rispetto a quellidegli Enti locali, abbandonando, dunque, il metodo di verifica del rispetto dei risultatiriferito all’intero sistema, che è stato, invece, frazionato in rapporto a Regioni, Province eComuni.Il monitoraggio dei dati, per la prima volta, viene esteso a quelli di competenza,migliorando così il quadro di esposizione della situazione finanziaria degli Enti locali, ove,tradizionalmente, esiste una notevole divaricazione tra il dato di competenza e quello dicassa, tanto da far risultare talora effimere le misure adottate sul solo versante della cassa.Il calcolo e la verifica degli obiettivi vengono effettuati, pertanto, confrontando i datidi competenza e di cassa dell’esercizio 1999 con quelli programmati per il 2001, mentre ilsaldo finanziario di cassa per il 2001 non dovrà peggiorare più del 3% rispetto a quello del1999, ricalcolato sulla base dei dati del conto consuntivo.Anche la Finanziaria per il 2002 (legge 28 dicembre 2001 n.448) all’art.24, introduceulteriori modificazioni alla disciplina del Patto, rafforzandone le regole e, soprattutto,prevedendo specifiche sanzioni, da taluno considerate addirittura incompatibili con laintervenuta riforma del titolo V^ della parte II^ della Costituzione.Se il limite fissato per il disavanzo - il cui aumento non può essere maggiore del 2,5%rispetto a quello del 2000 - non è apparso particolarmente restrittivo, il mondo delleAutonomie non ha accettato con particolare entusiasmo l’ulteriore limite, relativo allespese correnti, il cui aumento non può superare il 6% dell’ammontare degli impegniassunti allo stesso titolo nell’anno 2000.Dove la nuova disciplina si distingue maggiormente dalle precedenti è nella previsionedi un sistema sanzionatorio 7 non più riferito soltanto all’ipotesi di sanzioni comunitarie,ma fondato anche su tagli immediati dei trasferimenti erariali.7 Il comma 9 dell’art.24 della legge n.448/2001 così recita “Per l’anno 2002, qualora l’Ente nonrispetti i limiti di cui al comma 4, l’importo dei trasferimenti correnti ad esso spettante è ridotto inmisura pari alla differenza tra gli obiettivi derivanti, per lo stesso Ente, dall’osservanza delmedesimo comma 4 ed i risultati conseguiti e, comunque, non oltre il 25% dei suddetti19


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeSanzioni concrete, dunque, ed immediate che rafforzano la “cogenza” del Patto distabilità interno, che passa, invero bruscamente, da strumento di responsabilizzazionedegli Enti, sottoposti sino ad allora soltanto a monitoraggi indiretti attraverso le proprierappresentative associazionistiche, ad un sistema di vigilanza incisiva, affidataall’Amministrazione centrale, autorizzata a sanzionare incisivamente i comportamenti nonconformi alla disciplina.Vivaci reazioni ha suscitato questo vero e proprio “cambio di registro”, tangibilmentetestimoniati dal proliferare di contenziosi introdotti con ricorsi alla Corte Costituzionaleda parte di talune Regioni, che lamentano la limitazione dell’esercizio della potestàlegislativa in materia di funzioni degli Enti territoriali, che deriverebbe, sia pureindirettamente, dal rigido limite imposto alla spesa corrente.Si é osservato, in effetti con qualche ragione, che nella materia della finanza pubblica loStato è dotato soltanto di potestà legislativa concorrente e, quindi, dovrebbe limitarsi aemanare disposizioni di principio, piuttosto che porre regole, minuziose e cogenti, comequelle introdotte con il Patto di stabilità interno.E’, peraltro, vero che, seppur con le perplessità suevidenziate, le regole del “Patto”,delle quali inizialmente si evidenziava una spiccata valenza macroeconomica, hanno avutoincidenza positiva sui comportamenti degli Enti locali, i cui amministratori hanno potutomettere mano ad una efficace attività di risanamento, in nome del superiore interesselegato all’appartenenza all’Unione europea, che li ha, in un certo senso, svincolati daicondizionamenti localistici (talora elettoralistici).E così, nonostante “malumori” e “proteste”, volendosi attenere al quadro che emergedai resoconti della Corte dei Conti, gli Enti locali, si sono, nell’insieme, attenuti alleregole del Patto, con un sensibile miglioramento del saldo finanziario, che, pur rimanendoin disavanzo, si è ridotto, già nel primo biennio di applicazione, di circa milleottocentomiliardi di vecchie lire.In questo quadro complessivo, l’esame più analitico dei dati relativo a Province eComuni ha messo in evidenza una situazione non omogenea, che è di particolare interesse.A fronte di una certa “facilità” di raggiungimento dell’obiettivo riscontrato per leProvince, probabilmente grazie agli effetti delle nuove entrate di cui hanno goduto,qualche difficoltà hanno incontrato i Comuni, in particolare quelli di maggioretrasferimenti”. Parimenti, la mancata trasmissione dei dati relativi il rispetto dell’obiettivo,comporterà un ulteriore decurtazione dell’1%, mentre le somme non erogate agli Enti che nonrispettano i limiti imposti dal Patto di stabilità verranno ridistribuite agli Enti più virtuosi, secondoun meccanismo disciplinato con Decreto del Ministro dell’Interno in concerto con il Ministrodell’Economia e delle Finanze.20


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialedimensione, mentre ancor più significativo è risultato il dato relativo alla collocazionegeografica: le Amministrazioni che non riescono a raggiungere il saldo programmatico siconcentrano, infatti, nelle Regioni del Sud (Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia eSardegna), a testimonianza del, non ancora risolto, problema della differenza di sviluppotra Nord e Sud, che continua a rappresentare, anche agli occhi dei partners europei,l’immagine di un Paese “a due velocità”.Se, come già evidenziato, gli obiettivi fissati per il 2002 avevano creato una situazioneconflittuale tra Enti territoriali e Amministrazione centrale, l’articolo 29 della Legge 27dicembre 2002, n.289 (Legge finanziaria 2003), richiamando espressamente laCostituzione, si preoccupa di affermare che le regole stabilite con il Patto di stabilitàinterno “hanno il compito di tutelare l’unità economica della Repubblica”.Le disposizioni riguardanti gli obiettivi per l’esercizio 2003 tentano, dunque, diallineare definitivamente i comportamenti degli Enti locali alla politica economico –finanziaria nazionale.Vengono ancora ridisegnati parametri e regole, improntandoli a criteri di maggioresemplificazione (fissati nuovi criteri per il calcolo del disavanzo finanziario del 2001, sistabilisce che il corrispondente saldo programmatico 2003 non potrà essere peggiore delprimo) e vengono introdotti controlli trimestrali di cassa per evitare sfondamenti nelcorso dell’esercizio (la previsione del disavanzo finanziario, cumulativa per l’anno 2003,dovrà essere articolata per trimestri in coerenza con l’obiettivo annuale).Con i medesimi criteri vengono definiti gli obiettivi pluriennali per il triennio 2003 –2005.I vincoli si differenziano nettamente a <strong>seconda</strong> che si tratti di Regioni, Province eComuni, mentre viene definitivamente codificato l’obbligo di calcolare il saldofinanziario, sia con riferimento alla gestione di “cassa”, che a quella di “competenza”.Cambia, ancora, il sistema sanzionatorio: non si prevede più la riduzione deitrasferimenti erariali, ma si introducono, mediante la responsabilizzazione diretta deiRevisori dei conti, una serie di sanzioni pesanti e ben definite, tra cui finanche il bloccotemporaneo dei pagamenti da parte delle Ragionerie degli Enti inadempienti ed il bloccogenerale delle assunzioni 8 .8 I Revisori dei conti degli Enti locali devono effettuare controlli trimestrali ed annuali; nel caso diinadempienza rispetto all’obiettivo trimestrale, hanno l’obbligo di comunicare il fatto all’Entemedesimo ed alla Ragioneria Generale dello Stato: scatta immediatamente, in tal caso, anche nelcorso dello stesso esercizio finanziario, il blocco temporaneo dei pagamenti che dovranno esserelimitati, fino a quando non risulterà riassorbito lo scostamento registrato, all’ammontare di quellieffettuati alla stessa data nell’anno 2001, con divieto assoluto di effettuare pagamenti con titolo21


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeSi cambia ancora dunque: il legislatore, rendendosi conto che il deterrente dellariduzione dei trasferimenti erariali non risponde sempre in maniera efficace – anche per la“diluizione” nel tempo delle sanzioni – individua una sorta di manovra a “tenaglia”, conl’obbligo sia di previsioni, che di controlli trimestrali, i cui effetti sono immediatamentevisibili e tangibili, potendo scattare, le sanzioni, immediatamente, anche nel corso dellostesso esercizio finanziario.Nessun sostanziale mutamento induce la più recente normativa del Patto, relativaall’esercizio finanziario 2004.La legge 24.12.2003, n.350 (Legge finanziaria per il 2004), infatti, conferma gliobiettivi e le sanzioni introdotte nel 2003, senza rilevanti differenze.Le uniche modifiche si riferiscono alle “poste” che determinano il saldo finanziario, percui è consentito non considerare, a tale fine, le maggiori spese per il personale sostenutedagli Enti locali, in applicazione della normativa contrattuale del biennio 2002 – 2003,nonché quelle relative all’attività istruttoria del condono, introdotto con la legge n.326del 2003.Per quanto riguarda, invece, la determinazione del saldo finanziario programmaticoper il 2004, si dovrà fare riferimento a quello del 2003, incrementato del tasso diinflazione programmato per l’anno 2004, risultante dal DPEF 2004 – 2007 (Documentodi Programmazione Economica e Finanziaria ), pari all’1,7%.Le regole fissate per il 2004 varranno, salvo successive modifiche, anche per il 2005,ma non per il 2006, non essendo stata effettuata la consueta programmazione triennale.Rimane il sistema della verifica e delle conseguenti sanzioni, affidato all’Organo direvisione dei conti, al <strong>Ministero</strong> dell’Economia e delle Finanze, tramite la RagioneriaGenerale dello Stato, ed al <strong>Ministero</strong> dell’Interno.Si è accennato, nel corso della trattazione che precede, alle funzionidell’Amministrazione dell’Interno sullo specifico versante dei rapporti con le autonomielocali e la finanza locale.Pur con le attenuazioni indotte dalle più recenti disposizioni legislative, che hannoaccentuato i tratti di autonomia gestionale ed organizzativa degli Enti territoriali,rimangono in capo al <strong>Ministero</strong> dell’Interno le tradizionali attribuzioni formali – svolte adiverso da quelli effettuati nel 2001. In caso di mancato rispetto dell’obbligo annuale scattano,invece, le medesime sanzioni previste per il non rispetto del disavanzo finanziario, tra cui il bloccodelle assunzioni di personale a qualsiasi titolo, il divieto di ricorrere ad indebitamento perinvestimenti e l’obbligo di ridurre le spese per beni e servizi, almeno del 10% rispetto al 2001. Intale ipotesi i Revisori dei conti devono comunicare lo scostamento al <strong>Ministero</strong> dell’Interno,rispondendo personalmente dell’eventuale omissione, e le sanzioni operano per l’anno successivo.22


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialelivello centrale dalla Direzione Centrale per la Finanza Locale – relative, sia all’erogazionedi finanziamenti e contributi, sia al controllo della gestione finanziaria e contabile ed alconnesso rispetto del Patto di stabilità interno.Nel vuoto normativo causato dalla soppressione dei Comitati Regionali di Controllo,le Prefetture, peraltro, continuano a farsi carico anche dei controlli sull’adozione deidocumenti contabili nei termini di legge e delle connesse procedure sostitutive; laformale, illimitata, autonomia di gestione delle risorse finanziarie trova, ancora, un limite,forse un’utile remora, nell’attività svolta anche in relazione alla verifica delle eventualicondizioni di pre - dissesto.La gestione dei trasferimenti erariali, mediante appositi fondi affidati alla responsabilitàdel <strong>Ministero</strong> dell’Interno, si configura essa stessa, dopo la riforma indotta dal DecretoLegislativo n.504 del 30 dicembre 1992, quale elemento di riequilibrio e di coesioneeconomica e sociale che, peraltro, in quanto svolta con caratteri di riconosciuta terzietà, sisottrae a condizionamenti politici o clientelari.Se il fondo ordinario è ripartito tra i vari Enti in virtù di parametri relativi alladimensione, alla popolazione ed alla base impositiva, interviene a correggere gli squilibridi fiscalità locale il fondo perequativo, che ridistribuisce i contributi e le risorse perlimitare la disomogeneità distributiva dell’ICI, che rappresenta la parte più rilevante delsistema di imposizione su base locale.Se il fondo ordinario per gli investimenti si configura quale fondo a ripartizionegeneralizzata, il fondo speciale per gli investimenti, gestito “in toto” dal <strong>Ministero</strong>dell’Interno con i proventi della Casa da Gioco di Campione d’Italia, è distribuito concriteri di ripartizione selettiva a favore degli Enti più degradati, che sono individuati sullabase di parametri ed indicatori economico – sociali, con precedenza per i Comuni scioltiper infiltrazioni e/o condizionamenti mafiosi.L’aspetto meramente formale delle competenze dell’Amministrazione dell’Interno,tradizionalmente interessata alla finanza locale e tuttora parzialmente investita delcontrollo della stessa, si coniuga, peraltro, con un ruolo ancor più attivo che, oltre allaerogazione dei trasferimenti erariali, contempla attività di sostegno e consulenza, anche esoprattutto su base territoriale, nei confronti degli Enti locali, finalizzate ad indurne sceltee comportamenti coerenti e compatibili con le politiche economiche nazionali e conl’appartenenza all’Unione europea.Si tratta di una attività, svolta da anni, quasi in anticipazione di quel principio di lealecollaborazione sancito dalla riforma costituzionale, che aiuta gli Enti a superare ledifficoltà derivanti dalle sacche di sottosviluppo, talora, soprattutto nelle regioni23


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialemeridionali, connesse alla presenza di una criminalità sempre più penetrata nei ganglieconomico-produttivi della società.Si collocano, in questo contesto, unitamente all’attività degli Sportelli delleAutonomie locali presso le Prefetture, le innovative esperienze dei protocolli e deicontratti stipulati con gli Enti locali, che si caratterizzano come attività svoltedirettamente su base territoriale per garantire condizioni di legalità e di sicurezza nelconvincimento che queste costituiscano il presupposto per lo sviluppo, anche esoprattutto in relazione alle opportunità offerte dai finanziamenti comunitari.Realtà, quelle degli Enti locali, ancora caratterizzate in talune aree dalla attiva edinteressata “attenzione” delle organizzazioni malavitose, oltre che dalla cronicainadeguatezza di strutture e dalla presenza di apparati burocratici inefficienti, scarsamenteaffidabili, condizionati, quando addirittura non inquinati.La stipula dei patti per la legalità e la sicurezza 9 , ma soprattutto l’attuazione concretadegli indirizzi e delle attività in essi previsti, danno il segnale nuovo, ancorchésignificativo, della presenza dello Stato che, da un lato, vigila, assiduamente,organicamente - non in maniera occasionale – per garantire il rispetto della legalità eprevenire il verificarsi di abusi ed illeciti e, nel contempo, mette a disposizione degli Entilocali le proprie professionalità, esperienze e competenze – l’Amministrazionedell’Interno ne possiede, peculiari e di prim’ordine – per aiutarli a cogliere ogni occasionedi sviluppo e di crescita socio - economica delle proprie Comunità, senza che ciò comportiintromissione nelle loro scelte politiche e di indirizzo.I riscontri di queste esperienze ne confermano la produttività, indicando, altresì,chiaramente, la necessità di dare ulteriore seguito e sviluppo organico ad attività poste inessere sinora soltanto a livello sperimentale.E’ necessario, pertanto, prevedere, organicamente, strutture organizzative in grado difare fronte alle esigenze sopra menzionate.A tal fine, un apposito organismo di sostegno e controllo, con funzioni di vigilanza econsulenza nelle Prefetture – Uffici Territoriali del Governo, oltre che essere la naturale,organica prosecuzione delle iniziative sopra richiamate, potrebbe assolvere un ruolofondamentale per prevenire l’illegalità e promuovere l’efficienza e lo sviluppo nelleAmministrazioni locali; esso potrebbe, inoltre, svolgere efficacemente, nel solco della9 A titolo esemplificativo si rimanda ai protocolli per la legalità e lo sviluppo ed ai contratti per lasicurezza e la legalità sottoscritti dalla Prefettura di Reggio Calabria con gli Enti locali dellaProvincia, allegati sub 1 e 2.24


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialetradizionale competenza generalista dell’Amministrazione dell’Interno, quella attività dicoordinamento indispensabile per dare organicità e continuità all’azione dello Stato neiconfronti degli Enti locali, costituendo nel contempo un utile anello di collegamento tra gliorganismi già operanti presso gli Uffici centrali del <strong>Ministero</strong> - ci si riferisce allo SportelloEnti locali ed al Comitato di sostegno e monitoraggio per i Comuni sciolti per mafia - e lerealtà periferiche.In tale ambito, ancor più efficace sarebbe la previsione di apposite task - forces,operative ed agili, composte da figure professionali in possesso di conoscenza specificadelle molteplici attività di pertinenza dell’Ente locale: l’indispensabile competenzaamministrativa, infatti, deve essere affiancata da adeguata conoscenza della materiafinanziario - contabile e delle attività tecniche, con specifico riferimento alla gestionedell’edilizia pubblica e privata e dei lavori pubblici.Gli Enti locali hanno, d’altronde, più o meno tutti, bisogno delle competenze e dellaprofessionalità, dell’esperienza concreta nell’applicazione della legge enell’amministrazione della cosa pubblica, che sono patrimonio peculiare dei funzionaridell’Amministrazione dell’Interno e che devono essere utilizzate per sostenere la difficileattività degli amministratori locali, soprattutto nelle aree più “a rischio”, nell’azione dipresidio della legalità e della sicurezza, che, si ripete, è presupposto essenziale per losviluppo socio – economico.25


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeCAPITOLO IIILA RIFORMA DEI FONDI STRUTTURALI COMUNITARIIII.1 I nuovi regolamenti del 1999 - Il quadro di riferimentoAl termine del secondo periodo di programmazione (1994-1999) dell’azione dei Fondistrutturali e degli altri strumenti di coesione, le differenze economiche e sociali tra leregioni del territorio europeo rimanevano evidenti.La sesta relazione periodica sulla situazione socio-economica e sullo sviluppo delleregioni dell’Unione europea, pubblicata dalla Commissione nel 1999, segnalava gliimportanti progressi fatti registrare dalle Regioni in ritardo di sviluppo, in particolare perquanto riguarda l’avvicinamento della produzione in termini di PIL pro-capite alla mediacomunitaria, ma evidenziava anche come le differenze rimanessero significative.I risultati variavano da regione a regione, con maggiori difficoltà nelle zone rurali,risaltando la necessità di una periodica revisione della distribuzione dei Fondi, in modo daconcentrare le limitate risorse nelle regioni che ne avessero maggiormente bisogno.Se i dati sulla produzione forniti dalla relazione del 1999 erano incoraggianti,permanevano preoccupanti differenze per quanto riguardava il tasso di occupazione,specie per i settori più deboli della popolazione; occorreva, dunque, concentraremaggiormente gli sforzi in questo settore.Anche le difficoltà incontrate dai diversi Paesi nella gestione del Fondi strutturali, giàemerse nel primo periodo di programmazione, non erano state superate.Tali difficoltà potevano essere suddivise in due principali categorie: da una parte, iproblemi di scarsa efficienza degli Stati membri, in relazione alla programmazione, allamancanza di coordinamento tra le diverse amministrazioni nazionali, al mancatocofinanziamento; dall’altra, i problemi di coordinamento tra gli Stati membri e laCommissione, che impone il rispetto di criteri e termini rigidi per l’attuazione degliinterventi.La riforma prevista al termine del periodo di programmazione doveva quindiconfrontarsi, ancora una volta, con gli insuccessi e le difficoltà riscontrati durante lo stessoperiodo, ma doveva anche tenere conto di due eventi imminenti che avrebberocondizionato pesantemente la messa in atto di politiche di coesione economiche e sociali per glianni a venire.26


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeIl primo di questi era l’avvio dell’ultima fase del processo di unificazione economica emonetaria, che avrebbe condotto all’adozione della moneta unica europea.Affinché i Paesi membri e le regioni più arretrate non pagassero un costo eccessivo perl’integrazione, restando ancorati sui propri esigui livelli di sviluppo, era necessario unrafforzamento delle politiche strutturali e un coordinamento con le altre politiche disostegno economico, che permettesse loro di essere competitivi sul mercato.Altro elemento importante era rappresentato dal previsto allargamento dell’Unioneeuropea ai Paesi dell’Est Europa e del bacino del Mediterraneo: Paesi caratterizzati da unnotevole ritardo politico – economico, la cui entrata nell’Unione 10 comporterà unaumento di quasi il 30% della popolazione comunitaria ed un abbassamento del 14% dellamedia comunitaria del PIL, con conseguente aumento delle regioni e della popolazioneinteressata dall’azione del Fondi strutturali e, soprattutto, con la fuoriuscita dai limiti diammissibilità ai contributi di molte zone precedentemente interessate.Per far fronte a queste difficoltà e suddividere equamente i costi dell’allargamento, ilbudget comunitario dedicato agli interventi strutturali avrebbe dovuto cresceresensibilmente, per proseguire l'azione di sostegno alle regioni in ritardo di sviluppo giàparte del territorio comunitario, situate prevalentemente nel sud, aggiungendo nuovimeccanismi di finanziamento per le aree dell’Est Europa, caratterizzate da problemi disviluppo di tipo diverso 11 .Tale esigenza, alla vigilia della nuova riforma dei regolamenti degli strumenti dicoesione, si scontrava con il malcontento degli Stati “contribuenti netti”, che anzilamentavano gli eccessivi costi delle politiche comunitarie di riallocazione delle risorse sututto il territorio comunitario.La difficile situazione non poteva che essere risolta con un compromesso,probabilmente a scapito della reale efficacia degli interventi a favore del riequilibrio socio– economico.10 Il Consiglio Europeo di Copenaghen del 1993 ha definito tre principali criteri cui questi Paesidevono sottostare per entrare nell’UE:• l’esistenza di un’economia di mercato pienamente funzionante;• la capacità di affrontare la pressione competitiva e le forze di mercato dell’UE;• la capacità di assolvere alle regole della Comunità;• per soddisfare tali criteri i Paesi candidati all’ingresso usufruiscono di un periodo di pre -adesione iniziato nel 1998.11 Le economie dei Paesi ex-comunisti sono caratterizzate da apparati industriali di dimensionianche consistenti ma di bassa produttività, da un settore privato ancora debole e dall’assenza distrutture amministrative decentrate.27


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeLe soluzioni della Commissione sono state pubblicate nel 1997 in una comunicazioneintitolata “Agenda 2000”, contenente una proposta per la riforma dei Fondi strutturali e perl’allargamento dell’Unione europea, nonché un progetto di distribuzione delle risorse perle politiche economiche nel periodo 2000/2006.Tale proposta, per quanto riguarda i Fondi, tiene conto, in particolare, delle risorse dadestinare a favore dei Paesi prossimi all’ingresso nell’Unione, nella prospettiva di una lorograduale e crescente partecipazione ai benefici delle politiche strutturali, nonchédell’invarianza del numero attuale dei Fondi strutturali a favore dei Paesi membri (quattroFondi strutturali, più il Fondo di coesione), con l’aggiunta di un ulteriore Fondo destinatoa sostenere i costi legati alla pre - adesione dei nuovi Stati e della riduzione (da sette a tre)del numero degli obiettivi (si veda infra, paragrafo 3).III.2 Il Regolamento (CE) n. 1260/1999Dalla proposta di riforma dei Fondi strutturali in vista dell’allargamento ad Estformulata dalla Commissione in “Agenda 2000”, emergeva evidente la contraddizione trala volontà di non ricercare risorse suppletive per i nuovi Paesi in adesione e l’obiettivo diassicurare, nel contempo, la coesione economica e sociale tra le regioni dei Paesi membri.L’accorpamento degli obiettivi e la revisione dei criteri di ammissibilità (ma con laconferma della soglia del 75% della media comunitaria per il reddito pro - capite),lasciavano intravedere, al termine dell’imminente periodo di programmazione, lafuoriuscita dalle politiche di intervento strutturale di ampie regioni precedentementecomprese ed ancora gravate da pesanti ritardi.Ciò nonostante, la riforma attuata con Regolamento (CE) n.1260/1999 12 e con irelativi regolamenti d’attuazione per Fondo, per il periodo 2000-2006, ha ricalcatosostanzialmente le linee indicate dalla Commissione.Il primo elemento di novità consiste nella riduzione degli obiettivi da sette a tre e nelladistribuzione delle aree di intervento dei diversi Fondi, secondo il seguente schema:- obiettivo 1 – FESR, FSE, FEOGA - Sezione orientamento, SFOP;- obiettivo 2 – FESR, FSE;- obiettivo 3 – FSE.12 Il regolamento 1260/99 del 21 giugno 1999 recante “disposizioni generali sui Fondi strutturali”sostituisce sia il regolamento generale n. 2081/93 che quello di coordinamento 2082/93.28


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeLa <strong>seconda</strong> novità consiste nella revisione dei criteri di ammissibilità e nel tentativo diaccrescere la concentrazione a livello territoriale, con la riduzione della popolazioneinteressata.A favore delle aree precedentemente comprese nell’intervento dei Fondi strutturali eche vengono ora escluse viene previsto, a titolo transitorio, un sostegno dei Fondi fino al31 dicembre 2005.I principi di complementarietà, coordinamento, addizionalità, compatibilità con le altrepolitiche comunitarie e partenariato vengono confermati alla base del buon funzionamentodei Fondi e, per quanto riguarda l’ultimo di questi, viene esplicitamente ribadita la suaestensione, oltre che alla Commissione ed ai diversi livelli di amministrazione dello Statomembro, anche alle parti economiche e sociali ed agli altri organismi competenti,nell’intento di creare sul territorio una rete di soggetti funzionale all’efficacia dellepolitiche comunitarie.Inoltre, come già precedentemente sottolineato, fa la sua comparsa il principio disussidiarietà, per cui la responsabilità per l’attuazione degli interventi compete agli Statimembri, al livello territoriale appropriato.Le iniziative comunitarie vengono sensibilmente ridotte di numero, sempre neltentativo di migliorare la concentrazione delle risorse: ne rimangono quattro, come sispecificherà in seguito.Il tasso di partecipazione dei Fondi al finanziamento degli interventi è differenziato infunzione dei seguenti elementi:- gravità dei problemi;- capacità finanziaria dello Stato membro;- interesse che gli interventi rivestono dal punto di vista comunitario, regionale enazionale;- caratteristiche proprie del tipo di intervento, al fine di tener conto delle esigenzeindividuate dalla valutazione ex – ante;- impiego ottimale delle risorse finanziarie.Infine, una delle novità più rilevanti e discusse è rappresentata dall’introduzione dellaprevisione di una riserva di efficacia ed efficienza, vale a dire di una quota di contributi 13da assegnare, a metà periodo di programmazione, solo a quei programmi operativi odocumenti unici di programmazione che, in seguito ad una valutazione basata su un numerolimitato di indicatori di sorveglianza decisi dallo Stato membro in stretta concertazione13 Agenda 2000 proponeva che la riserva di efficienza ammontasse al 10% del totale del contributo,il Regolamento 1260/99 ne limita la portata al 4%.29


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialecon la Commissione, risultino avere raggiunto efficaci ed efficienti standards di gestione eattuazione finanziaria.I Regolamenti che presiedono l’attuale ciclo di programmazione dei Fondi strutturali(2000-2006) introducono modifiche che, pur non innovando radicalmente l’impiantodefinito dalla riforma del 1988, riguardano sia gli obiettivi su cui si concentra l’azione deiFondi, sia le modalità di individuazione delle aree e dei beneficiari degli interventi; talimodifiche non rispondono però completamente all’esigenza di migliorare la gestione deiFondi, ma anzi risentono della situazione difficile per il “governo” dell’Unione nel periododella loro formulazione.I problemi più grandi derivavano, come si diceva, dalla necessità di contenere ilbilancio comunitario per effetto della volontà di molti Paesi di ridurre il loro apportonetto di contributi e all’emergere di orientamenti sfavorevoli all’intensificazione e alproseguimento di politiche a vantaggio delle aree più deboli dell’Unione.I nuovi regolamenti sono il frutto di un difficile compromesso raggiunto in unmomento delicato ed appaiono, secondo taluni osservatori, insoddisfacenti sotto diversiaspetti: innanzitutto, la riduzione del numero degli obiettivi a tre, di cui due di naturaterritoriale ed uno trasversale, apparentemente per favorire la concentrazione dellerisorse, appare più come un accorpamento 14 piuttosto che un’integrazione dei precedentiobiettivi, con l’aggravante che, invece, nella realtà diminuiscono le risorse e gli strumentiper perseguirli.Discorso simile vale per le iniziative comunitarie, ridotte da tredici a quattro in unosforzo di maggiore razionalizzazione, ma penalizzate soprattutto per un taglio delle risorsedei Fondi a esse destinate, dal 9% al 5,3%.Anche il tentativo di rafforzare la concentrazione territoriale con l’esclusione di alcunearee suscita perplessità, nonostante la previsione di una fase di sussidio transitorio, per ladecisione di mantenere, quale criterio principale per l’individuazione delle aree eleggibili,lo scostamento del PIL pro - capite rispetto alla media comunitaria: indicatore, questo, non14 Il nuovo obiettivo 1 (sviluppo e adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo)coincide con il vecchio, ma ora comprende anche le azioni prima rientranti nell’obiettivo 5a(adeguamento delle strutture agricole e della pesca) e 6 (sviluppo delle regioni a scarsissima densitàdi popolazione). Il nuovo obiettivo 2 (riconversione economica e sociale delle zone con problemistrutturali) riprende il vecchio obiettivo 2 e parte del 4 (zone industriali in difficoltà) e del 5b (zonerurali fragili). Il nuovo obiettivo 3 si occupa delle azioni restanti nelle aree non comprese nei primidue, in particolare mira all’adattamento e all’ammodernamento dei sistemi di istruzione,formazione ed occupazione.30


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialesufficiente a misurare il livello di sviluppo economico e sociale e che andrebbe integratocon nuovi parametri relativi, per esempio, alla disoccupazione e alla disponibilità diinfrastrutture funzionali allo sviluppo.La stessa previsione della cosiddetta “riserva di risorse”, che dovrebbe incentivarel’efficienza degli interventi, rischia di andare a discapito della concentrazione,distribuendo risorse non in base alle esigenze strutturali delle regioni deboli, ma in base a“performances” amministrative o gestionali dei soggetti realizzatori locali, spesso nonimmuni dalle medesime difficoltà e carenze determinate dal ritardo di sviluppo che sivuole superare; in estrema sintesi, i Regolamenti dei Fondi strutturali 2000-2006introducono alcune importanti innovazioni che investono aspetti tecnico-programmatici,finanziari e procedurali.Tali modifiche, tra l’altro, riguardano:- la durata del ciclo di programmazione (settennale anziché sessennale);- lo sdoppiamento della procedura di programmazione nelle due fasi di presentazionedel Programma Operativo (PO) e di approvazione del Complemento di Programmazione(CdP);- il sostegno transitorio;- l‘introduzione di meccanismi premiali per i programmi più efficienti (riserva dipremialità);- il rafforzamento del partenariato con l’allargamento anche alle parti economiche esociali (es. partecipazione attiva ai lavori dei Comitati di sorveglianza);- il rafforzamento del profilo ambientale dei programmi e del principio “chi inquinapaga”;- una maggiore rilevanza del principio di pari opportunità;- l’introduzione del centro di responsabilità della gestione dei programmi (Autorità digestione);- l’introduzione del centro di responsabilità finanziaria (Autorità di pagamento);- una maggiore responsabilizzazione del Comitato di Sorveglianza dei programmi (votoconsultivo della Commissione europea;- approvazione del complemento di programmazione);- un maggiore peso della valutazione ex ante, a responsabilità dell’Autorità di gestionedel programma (requisito essenziale per l’ammissibilità dei programmi presso laCommissione europea);31


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e sociale- una maggiore rilevanza della valutazione intermedia, a titolarità dell’Autorità digestione (l’operatività del sistema di valutazione indipendente come criterio utilizzato perl’accesso alla riserva di premialità);- l’erogazione dei finanziamenti sotto forma di anticipazione del 7% delle risorse totalidel programma (da spendere entro i 18 mesi successivi);- l’introduzione del disimpegno automatico in assenza di domande di pagamento nei 24mesi successivi all’impegno dell’annualità, con conseguente perdita di parte o di tutte lerisorse comunitarie inutilizzate;- il maggiore ruolo del monitoraggio finanziario, fisico e procedurale, in assenza delquale sono previsti alcuni meccanismi sanzionatori nei confronti delle Autorità di gestioneinadempienti.III.3 I principi di coesioneCome si è visto, una delle finalità che la Riforma ha inteso perseguire è quella diridurre gli squilibri fra le varie regioni europee, rendendo il più omogeneo possibile ilgrande mercato interno creato.A questo proposito, il Trattato CEE così recita: “Per promuovere uno sviluppo armoniosodell’insieme della Comunità, questa sviluppa e persegue la propria azione intesa a realizzare ilrafforzamento della sua coesione economica e sociale. In particolare la Comunità mira a ridurre ildivario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite comprese lezone rurali” (art.130A).I divari tra i diversi Stati membri risultano elevatissimi con riferimento a:- PIL pro-capite;- Tasso di disoccupazione;- Livello delle infrastrutture;- Livello della ricerca scientifica e tecnologica.Questo comporta che circa il 70% dell’intervento è destinato alle aree caratterizzate daun maggior ritardo nello sviluppo, nelle quali vive circa il 25% della popolazione europea.Per superare questo divario viene adottata una politica di coesione che mira:- a ripartire equamente i benefici dell’Unione Europea;- ad accelerare il riavvicinamento dei livelli socio – economici;- a correggere gli attuali squilibri infrastrutturali e normativi;- a favorire la creazione di un mercato europeo dell’occupazione;32


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e sociale- ad accelerare le riforme strutturali.Gli strumenti finanziari per raggiungere i citati obiettivi sono:- I Fondi strutturali (FEAOG, FESR, FSE, SFOP);- Il Fondo di coesione;- Gli strumenti di prestito e di garanzia (BEI, FEI).La dotazione finanziaria dei Fondi strutturali ammonta per il periodo 2000-2006 a 195miliardi di Euro.La politica regionaleSolidarietà e coesione riassumono i valori che ispirano la politica regionale dell’Unioneeuropea.Essa, da una parte, è indirizzata a beneficiare quei cittadini e quelle regioni cherisultano svantaggiati, dal punto di vista socio economico, rispetto alla media dell’Unioneeuropea; dall’altra, è finalizzata a ridurre i divari di reddito e benessere tra i Paesi e leRegioni più povere e quelle più ricche.Le disparità tra gli Stati membri e all’interno degli stessi sono evidenti e sostanziali.Le zone centrali – il Benelux e alcune zone della Francia, la Germania e l’Italiasettentrionale – hanno sempre goduto di un reddito pro – capite maggiore e di miglioriinfrastrutture.Grazie alle politiche strutturali, la prosperità ed i suoi benefici economici vengonodistribuiti in modo più uniforme all’interno dell’Unione Europea.Molte delle vecchie disparità, tuttavia, non sono ancora state eliminate ed altre se neaggiungeranno con l’adesione di dieci nuovi Stati membri dell’Europa orientale e delMediterraneo.Tali disuguaglianze possono derivare da situazioni di svantaggio di antica data, dovutealla distanza geografica o ai più recenti cambiamenti socio – economici, o al concorso dientrambi i fattori. L’impatto di questi svantaggi si manifesta spesso in emarginazionesociale, scuole di scarsa qualità, maggior tasso di disoccupazione, infrastruttureinadeguate.I risultati, comunque, appaiono confortanti: tra il 1988 ed il 1998, il prodotto internolordo medio negli Stati membri meno abbienti è salito dal 67,6% al 78,8% della mediadell’Unione.L’Irlanda è un esempio particolare ed incoraggiante: nel 1973, data di adesione, il suoPIL era del 63,8% rispetto alla media UE ed oggi si aggira intorno al 107%.33


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeLa politica regionale si basa sui quattro Fondi strutturali sopra menzionati:- FESR, Fondo europeo di sviluppo regionale; si prefigge di ridurre gli squilibri tra leregioni della Comunità e concede aiuti finanziari per lo sviluppo delle regionisvantaggiate. A tal fine interviene nel quadro dei nuovi obiettivi 1 e 2 e per le iniziativeInterreg e Urban. In termini di risorse finanziarie, il Fesr è di gran lunga il Fondostrutturale più importante;- FSE, Fondo sociale europeo; è il principale strumento della politica socialecomunitaria: sovvenziona azioni a favore della formazione, della riconversioneprofessionale e della creazione di posti di lavoro. Particolare attenzione è riservata almiglioramento delle condizioni del mercato del lavoro e dal reinserimento professionaledei disoccupati. Il Fondo interviene per i tre obiettivi, ma riguarda in via prioritaria ilnuovo obiettivo 3; finanzia, inoltre, l’iniziativa Equal. Il nuovo regolamento attribuiscemaggiore importanza al ruolo del FSE nel contesto della politica sociale comunitaria,rendendolo partecipe delle azioni intraprese in virtù della strategia europea perl’occupazione e delle linee direttrici per le politiche dell’occupazione;- SFOP, Strumento finanziario di orientamento per la pesca. La riforma del 1999conferma il duplice nesso dello SFOP con la politica di sviluppo regionale e la politicacomune della pesca. Le azioni strutturali a favore del settore della pesca si configuranocome un segmento della politica comune della pesca, se non addirittura come unostrumento a servizio di una politica settoriale;- FEOGA, Fondo Europeo di orientamento e garanzia in agricoltura, è costituito dadue sezioni:I) la sezione “Garanzia”, si prefigge principalmente di finanziare spese derivanti dallapolitica comune dei mercati e dei prezzi agricoli, azioni di sviluppo rurale cheaccompagnano il sostegno dei mercati e le misure rurali al di fuori delle regionidell’obiettivo 1, spese per alcune misure di tipo veterinario, nonché azioni informativesulla Politica agricola comune (Pac);II) la sezione “Orientamento” finanzia altre spese di sviluppo rurale che non sonosovvenzionate dal Feoga “Garanzia”, compresa l’iniziativa Leader; la nuova normativarazionalizza e semplifica la politica di sviluppo rurale e riguarda:a) le misure di sviluppo rurale (sostegno ai produttori in caso di prepensionamento;ammodernamento e diversificazione delle imprese agricole; insediamento dei giovaniagricoltori; aiuto complementare a favore della silvicoltura; interventi di tipo ambientaleecc.);34


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeb) la programmazione delle azioni connesse agli obiettivi 1 e 2 e dei nuovi programmidi sviluppo rurale;c) le fonti di finanziamento a carico del FEOGA, sezione orientamento o garanzia, a<strong>seconda</strong> del contesto regionale in cui rientra la misura.I Fondi agiscono attraverso il cofinanziamento di iniziative che sono attuate sulterritorio.Il termine cofinanziamento sottolinea il fatto che il contributo erogato attraverso iFondi strutturali non può coprire l’intero costo delle singole iniziative, ma deve sempreessere accompagnato da un contributo da parte dello Stato membro o da parte delsoggetto che beneficia del cofinanziamento.L’erogazione dei Fondi strutturali può avvenire mediante il cofinanziamento diprogrammi regionali (o nazionali) oppure di programmi di iniziativa comunitaria.L’attuazione degli interventi avviene poi secondo il modello del partenariato, ossia conil coinvolgimento delle Autorità comunitarie, statali e substatali.L’attuazione degli interventi è interamente a carico dei singoli Stati, i quali nominanoun’Autorità responsabile.Il controllo finanziario è invece assicurato dalla Commissione; la gestione operativa deifondi viene, in tutti i casi, affidata alle stesse Regioni con le quali sono stati condotti inegoziati e che, attraverso una propria normativa regionale, determinano le modalità e icriteri con cui i cittadini possono accedere ai Fondi.Vi è poi il “Fondo di Coesione”, istituito nel 1993 per rafforzare l’efficacia delle politichestrutturali.Esso interviene nei confronti dei Paesi in cui il PNL è inferiore al 90% della mediacomunitaria.Sono attualmente in questa condizione Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda.Il Fondo di coesione concede finanziamenti per i progetti da realizzare nel settoreambientale, delle infrastrutture e nei trasporti.Profonde modifiche sono state apportate con i Regolamenti (CE) n. 1264/1999 e n.1265/1999 del Consiglio, adottati il 21 giugno 1999.In particolare, il primo Regolamento sottolinea la necessità di promuovere il ricorso afinanziamenti privati al fine di potenziare l’effetto sinergico delle risorse del Fondo.Il controllo finanziario dei progetti è essenzialmente affidato alla responsabilità degliStati membri.Per garantire che le risorse del Fondo di coesione siano utilizzate conformemente aiprincipi di una corretta gestione, gli Stati membri verificano che le azioni siano condotte35


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialein modo corretto, prevengono e individuano le irregolarità e recuperano così i fondiperduti.Collaborano, inoltre, con la Commissione comunicando le misure adottate e i sistemidi controllo e di gestione esistenti, nonché agevolando l’accesso ai documenti nazionali dicontrollo.Da parte sua, la Commissione si assicura del buon funzionamento dei sistemi digestione e controllo degli Stati membri; essa può anche demandare agli stessi la verificadella regolarità delle operazioni.Quanto alla loro incidenza percentuale, i quattro Fondi strutturali si distribuiscononelle diverse aree nel modo seguente:- Obiettivo 1: il 70% dei finanziamento è destinato alle Regioni in ritardo sul processodi sviluppo e che hanno un PIL inferiore al 75% della media dell’UE. Circa il 22% dellapopolazione dell’UE vive in 50 regioni che beneficiano di questi Fondi, concessi permigliorare le infrastrutture primarie e favorire gli investimenti delle imprese. Un esempioè il progetto Burgenland, in Austria, al quale sono stati concessi 272 milioni di euro daiFondi strutturali per l’ammodernamento in previsione dell’allargamento e per migliorarele prestazioni economiche e la competitività;- Obiettivo 2: l’11,5% del bilancio va ai contributi per la riconversione socioeconomica nelle aree con problemi strutturali, dove risiede circa il 18% dellapopolazione. Un programma dell’Obiettivo 2, in Danimarca, è riuscito a migliorare itrasporti e le telecomunicazioni nelle piccole comunità insulari e costiere con limitatepossibilità di accesso alla terraferma e con carenza di acqua dolce;- Obiettivo 3: il 12,3% del finanziamento è destinato all’adattamento e allamodernizzazione dei sistemi scolastici e formativi, nonché a promuovere l’occupazionenelle regioni che non rientrano nell’Obiettivo 1.Le iniziative comunitarieNel sistema di finanziamento comunitario rientrano anche le cosiddette iniziativecomunitarie, la cui spesa ammonta al 5,35% dei Fondi strutturali: si tratta di strumentispecifici, varati su iniziativa della Commissione, che gli Stati membri possono adottare persostenere l’attuazione di interventi straordinari.In alcuni casi, le Amministrazioni regionali o altre Istituzioni nazionali possono esserecoinvolte nella gestione di queste iniziative, ma il loro svolgimento è regolato dallaCommissione in maniera diretta.36


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeLe iniziative comunitarie sono attualmente quattro e si riferiscono al perseguimento discopi strategici di interesse comune per gli Stati membri dell’Unione:- INTERREG III, è finalizzata alla cooperazione interregionale anche su basetransnazionale;- LEADER PLUS , è finalizzata allo sviluppo rurale attraverso iniziative locali;- EQUAL, è finalizzata alla cooperazione transnazionale nella lotta alle discriminazioniper l’accesso al mercato del lavoro;- URBAN II, è finalizzata alla riqualificazione socio – economica delle aree urbane arischio di degrado per promuovere uno sviluppo sostenibile del territorio.III.4 I Quadri Comunitari di sostegno 2000 – 2006. Il Piano per lo Sviluppodel Mezzogiorno d’Italia (PSM Italia)Il Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) costituisce il documento approvato dallaCommissione sulla base della valutazione del piano presentato dallo Stato membro econtiene la strategia e le priorità di azione dei Fondi, i relativi obiettivi specifici, lapartecipazione dei Fondi e le altre risorse finanziarie.Tale documento è articolato in assi prioritari ed è attuato tramite uno o più programmioperativi.Il QCS assicura il coordinamento dell’insieme degli aiuti strutturali comunitari nelleregioni interessate, anche per quanto riguarda l’aiuto allo sviluppo delle risorse umane.Nell’ambito della programmazione dei fondi strutturali 2000-2006, il QCS per leregioni italiane dell’obiettivo 1 costituisce lo strumento di programmazione generale perle aree geografiche che presentano ritardi di sviluppo: si tratta di Basilicata, Calabria,Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.Il QCS è il frutto di un lavoro avviato nel dicembre del 1998 sotto il coordinamentodell’allora <strong>Ministero</strong> del Tesoro, che ha visto la partecipazione di Regioni,Amministrazioni nazionali, Enti locali, Parti economiche e sociali e si è concluso conl’elaborazione del “Programma di sviluppo per il Mezzogiorno” e dei Programmi operativiregionali e nazionali con un rigoroso rispetto dei tempi fissati.I programmi operativi sono 14, di cui 7 regionali (POR) e 7 nazionali (PON).I POR sono uno per ciascuna delle sei regioni dell’obiettivo 1, cui si aggiunge ilMolise, l’unica regione italiana in sostegno transitorio.37


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeI 7 programmi operativi nazionali (PON) sono gestiti dalle Amministrazioni centrali eriguardano: “Ricerca scientifica, sviluppo tecnologico, alta formazione”; “La scuola per losviluppo”; “Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno”; “Sviluppo locale”; “Trasporti”;“Pesca” e “Assistenza tecnica”.Il QCS ha una dotazione finanziaria costituita dall’insieme delle risorse comunitariedestinate alle regioni italiane dell’obiettivo 1, a cui si aggiungono le risorse delcofinanziamento nazionale pubblico e privato.La c.d. “addizionalità” è stata introdotta con la riforma del 1988 proprio per evitareche le risorse dei Fondi strutturali diventassero sostitutive degli aiuti nazionali.Lo Stato membro è tenuto a mantenere, nell’insieme dei territori, le proprie spesepubbliche o assimilabili, a finalità strutturale, almeno allo stesso livello raggiunto duranteil periodo di programmazione precedente.Il QCS consente di utilizzare, entro il 2008, risorse finanziarie per oltre 50 miliardi dieuro.Il profilo programmatico di spesa, contenuto nel primo triennio, prevedeva diraggiungere, entro il 2002, il 14% circa dei pagamenti complessivi.Il grado di realizzazione degli obiettivi intermedi era attestato, alla fine di settembre2002, al 78%.Secondo i dati del <strong>Ministero</strong> dell’Economia e delle Finanze, tutti i programmi operativihanno completamente utilizzato le risorse impegnate nel 2000, evitando la perdita dirisorse relative a tale annualità.Aspetti proceduraliGli Stati membri presentano alla Commissione europea un piano per gli obiettivi 1, 2 e3.Il QCS viene utilizzato per le regioni rientranti nell’obiettivo 1: in Italia, per ilMezzogiorno.Per gli obiettivi 2 e 3, invece, sono impiegati, generalmente, i documenti unici diprogrammazione (DOCUP); tuttavia gli Stati membri possono optare per l’elaborazionedi un Quadro Comunitario di Sostegno.I piani sono presentati dallo Stato membro alla Commissione, entro quattro mesi dalladefinizione degli elenchi delle zone ammissibili, previa consultazione delle parti cheesprimono il proprio parere entro un termine compatibile con la scadenza sopra citata.38


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialePer l’obiettivo 3, inoltre, la Commissione valuta ciascun piano proposto in funzionedella coerenza tra le azioni previste e il piano nazionale per l’attuazione della strategiaeuropea in materia di occupazione.La Commissione europea provvede ad adottare una decisione relativa allapartecipazione dei Fondi entro cinque mesi dal ricevimento del piano o dei piani, acondizione che siano completi di tutti gli elementi necessari, indicati all’art. 16 delRegolamento 1260/1999 (es. descrizione delle disparità, dei ritardi e delle potenzialità disviluppo nelle regioni obiettivo 1, oppure della riconversione nelle zone obiettivo 2,oppure dello sviluppo delle risorse umane e della politica dell’occupazione nello Statomembro e nelle zone cui si applica l’obiettivo 3; la descrizione delle risorse finanziariemobilitate; la descrizione dei principali risultati conseguiti nel periodo di programmazioneprecedente; le indicazioni sulla partecipazione finanziaria dei Fondi e, se del caso, dellaBEI; un resoconto delle disposizioni poste in atto per consultare le parti ecc.).Al fine di accelerare l’esame delle domande e l’esecuzione dei programmi, gli Statimembri possono presentare, contemporaneamente, i loro piani ed i loro progetti diprogrammi operativi.All’atto della decisione relativa al quadro comunitario di sostegno, la Commissioneapprova anche i programmi operativi presentati congiuntamente ai piani, a condizione cheessi contengano tutti gli elementi necessari.La Commissione, sulla base dei piani, adotta una decisione sui documenti unici diprogrammazione d’intesa con lo Stato membro interessato.Lo Stato membro o l’Autorità di gestione adottano il complemento diprogrammazione, previo accordo del Comitato di sorveglianza, se il complemento diprogrammazione è elaborato dopo la decisione di partecipazione dei Fondi dellaCommissione o previa consultazione delle parti interessate se è elaborato prima delladecisione di partecipazione dei Fondi.In quest’ultimo caso il Comitato di sorveglianza conferma il complemento diprogrammazione o chiede un adeguamento.Lo Stato membro trasmette il complemento di programmazione alla Commissione inun solo documento, a titolo informativo, al più tardi entro tre mesi dalla decisione dellaCommissione europea recante l’approvazione di un programma operativo o di undocumento operativo unico di programmazione.39


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeProgramma operativoIl programma operativo è il documento approvato dalla Commissione ai finidell’attuazione di un quadro comunitario di sostegno, composto di un insieme coerente diassi prioritari articolati in misure pluriennali, per la realizzazione del quale è possibile farricorso ad uno o più Fondi e ad uno o più degli altri strumenti finanziari esistenti, nonchéalla Banca Europea degli Investimenti; si definisce programma operativo integrato unprogramma il cui finanziamento è assicurato da più Fondi.Gli interventi che rientrano in un quadro comunitario di sostegno sono attuati, dinorma, sotto forma di programma operativo integrato per regione.Documento unico di programmazione (DOCUP)Il documento unico di programmazione è approvato dalla Commissione e riunisce glielementi contenuti in un quadro comunitario di sostegno e in un programma operativo.Il documento unico di programmazione dell’obiettivo 2 assicura il coordinamentodell’insieme degli aiuti strutturali comunitari, anche per quanto riguarda Il coordinamentodelle misure in materia di sviluppo rurale, esclusi gli aiuti relativi alle risorse umane, intutte le zone cui si applica l’obiettivo 2.Il documento unico di programmazione dell’obiettivo 3 assicura il coordinamentodell’insieme degli aiuti strutturali comunitari a favore dello sviluppo delle risorse umanenelle zone di cui all’art.5, ad eccezione degli aiuti in tale settore concessi a titolodell’obiettivo 2.Gli elementi necessariIn relazione al contesto di riferimento territoriale, ciascuno dei documentiprogrammatici (QCS, PO, DOCUP) deve contenere alcuni elementi essenziali, quali:- gli assi prioritari e la loro coerenza con il QCS;- gli obiettivi specifici quantificati e la valutazione dell’impatto atteso;- la descrizione sintetica delle misure; le misure necessarie alla preparazione, allasorveglianza e alla valutazione del programma operativo;- un piano finanziario indicativo articolato per ciascun asse prioritario e per ogni anno;l’importo della dotazione finanziaria prevista per la partecipazione di ciascun Fondo, oveopportuno della BEI, e degli altri strumenti finanziari. Il piano finanziario indica40


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeseparatamente, nel totale della partecipazione dei vari Fondi, gli stanziamenti previsti perle regioni che beneficiano del sostegno transitorio;- l’importo totale dei finanziamenti pubblici ammissibili e la stima di quelli privatidello Stato membro, corrispondenti alla partecipazione di ciascun Fondo; le disposizionidi attuazione del programma operativo;- la descrizione delle modalità di gestione del programma operativo;- la descrizione dei sistemi di sorveglianza e di valutazione, compreso il ruolo delcomitato di sorveglianza;- la definizione delle procedure concernenti la mobilitazione e la circolazione dellerisorse finanziarie;- la descrizione delle modalità e procedure specifiche di controllo;- nel caso dei Programmi Operativi e Complementi di programmazione sono indicati ibeneficiari finali e le azioni di informazione e pubblicità, nonché di valutazione.41


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeCAPITOLO IVIL RUOLO DEL MINISTERO DELL’INTERNOIV.1 Le attività svolte: la rete degli Infopoint Europa ed il PON “Sicurezzaper lo sviluppo”Chiariti nei capitoli che precedono la genesi politica, gli elementi fondamentali, ledinamiche procedurali in materia di politiche di coesione economico-sociale (e, per esse,in particolare dei fondi strutturali europei) è giunto il momento di delineareulteriormente il ruolo che in Italia, anche alla luce della recente riforma del Titolo V dellaParte II della Carta Costituzionale, può riconoscersi al <strong>Ministero</strong> dell’Interno.Al riguardo, preme innanzi tutto evidenziare che le politiche in questione appaionofinalizzate in primo luogo ad una armonica e coerente gestione delle diverse areegeografiche che compongono l’Unione Europea, al fine precipuo di consentire – ancheattraverso il ricorso a consistenti linee di finanziamento – di colmare gli squilibri esistentitra regione e regione, nel contempo creando condizioni favorevoli per lo sviluppo dellezone e delle popolazioni svantaggiate.Per quel che concerne il nostro Paese, l’attuazione delle politiche in esame implica ilcoinvolgimento di differenti livelli di governo: lo Stato (e, per esso, in primo luogo ilDipartimento delle Politiche di Coesione del <strong>Ministero</strong> dell’Economia e delle Finanze), leRegioni e le autonomie locali (attraverso le competenti strutture organizzative, a <strong>seconda</strong>del tipo di intervento programmato).In tale quadro di ordine generale, il <strong>Ministero</strong> dell’Interno in prima approssimazione –attese le proprie competenze normative – non sembrerebbe poter giocare un ruolo diprimo piano, tanto più ove si tenga presente che la recente riforma costituzionale, mentreha indubbiamente accresciuto il peso ed il rilievo delle Regioni, ha inevitabilmente“compresso” le attribuzioni (invero, già nel complesso limitate) degli Organi statali nellamateria de qua.Occorre, peraltro, evidenziare che – specie alla luce del riassetto organizzativo efunzionale del <strong>Ministero</strong> dell’Interno e, forse ancor più, della carriera prefettizia – si sonovenuti creando interessanti spazi nei quali l’Amministrazione ha saputo inserirsi, così damettere a disposizione delle Istituzioni, centrali e locali, l’insieme delle professionalità di42


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialecui è ricca, come pure il “valore aggiunto” (per un verso, in termini di stimolo,mediazione, raccordo e, per l’altro verso, nel settore dell’ordine e della sicurezzapubblica) di cui è tradizionalmente portatrice e depositaria.La conferma di tale assunto si può cogliere, in primo luogo, prendendo in esamel’esperienza degli Infopoint Europa (IPE) che, unitamente a talune Amministrazioni locali,alcune Prefetture-Uffici Territoriali del Governo (in particolare, quelle di L’Aquila,Campobasso, Bari, Potenza e Palermo) sono andate via via sviluppando nelle rispettiveprovince.Gli Infopoint Europa costituiscono un prezioso punto informativo per “interfacciare”cittadini, imprese ed Istituzioni presenti sul territorio con gli Organismi comunitari e conle opportunità offerte dall’Unione, tenendo particolarmente presente l’esigenza didiffondere la cultura europea nell’ambito delle collettività locali.I ventidue IPE presenti in Italia costituiscono nel loro insieme la Rete Nazionale degliInfopoint Europa, promossa dalla Direzione Generale Istruzione e Cultura dellaCommissione Europea al fine di:- fornire informazioni in merito alle potenzialità ed alle opportunità di finanziamentoofferte dai Fondi strutturali e dalle altre linee di sostegno economico messe in campodall’Unione Europea, ivi compresi i bandi di concorso, le possibilità di svolgere stages,nonché visite presso le Istituzioni comunitarie, modalità di accesso ai programmicomunitari come “Socrates”, “Cultura 2000”, “Equal”, ecc. Tali informazioni, oltre adessere veicolate tramite notiziari mensili, opuscoli 15 , articoli di stampa, radio e televisionilocali, sono rese disponibili attraverso il sito di ciascuna Prefettura coinvoltanell’iniziativa;- garantire l’accesso ai documenti ufficiali della Commissione Europea e mettere adisposizione del grande pubblico opuscoli informativi gratuiti editi da EUROP (Ufficiodelle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, che se ne assume anche i relativioneri) al fine di agevolare la conoscenza delle attività svolte dall’Unione Europea. E’,inoltre, presente un desk informativo al quale è possibile rivolgersi per servizi diorientamento alle opportunità comunitarie ed ai servizi dell’Unione: tramite la strutturapossono essere richiesti bandi, formulari e vademecum dei programmi ed è anche possibileconsultare siti Internet e banche dati comunitarie grazie all’accesso speciale garantito agliIPE dalla Commissione alla banca dati sulla legislazione comunitaria CELEX;- organizzare periodicamente incontri e dibattiti con scolaresche di ogni ordine e gradodella provincia, nonché manifestazioni culturali, convegni ed altro.15 In allegato n.3 un opuscolo diffuso dall’INFOPOINT Europa della Prefettura di Palermo43


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeCome si vede, il <strong>Ministero</strong> dell’Interno (e, per esso, le Prefetture - Uffici Territorialidel Governo), forte del suo ruolo tradizionale di struttura di raccordo traAmministrazione centrale ed autonomie locali, ha saputo cogliere l’opportunità diinserirsi, quale Amministrazione “di servizio” ed “al servizio” del cittadino, nel quadrodelle Istituzioni impegnate nel diffondere e valorizzare gli strumenti offertidall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea e favorire il consolidarsi di unaconsapevole cultura di settore, che possa costituire una solida base per il pieno successodelle politiche comunitarie di coesione economica e sociale.D’altro canto, l’impegno del <strong>Ministero</strong> dell’Interno con riferimento a queste politicheconosce anche un’altra esperienza, particolarmente significativa tanto dal punto di vistadelle aree e dei soggetti coinvolti, quanto da quello dell’entità degli investimenti attivati.Ci si riferisce al Programma Operativo Nazionale (PON) “Sicurezza per lo sviluppo delMezzogiorno d’Italia”, iniziativa della quale l’Amministrazione dell’Interno si è resapromotrice sin dal 1997, svolgendo altresì la funzione di Autorità di gestione.Il Programma risponde ad una ben precisa strategia, inserita nel pertinente QuadroComunitario di Sostegno, che prende le mosse dalla constatazione della elevataconcentrazione di fenomeni criminosi nelle aree del Meridione, come pure del fatto chetali zone geografiche sono proprio quelle nelle quali il tessuto economico e sociale appareobiettivamente più arretrato e le iniziative finalizzate allo sviluppo mostrano evidentidifficoltà ad insediarsi ed a creare le premesse per un loro durevole consolidamento.Alla luce di tali evidenze, appare chiaro il nesso intercorrente tra criminalità esottosviluppo o, più esattamente, tra situazioni di “condizionamento ambientale” da partedi sodalizi delinquenziali e incapacità di radicamento e crescita dell’economia legale, lasola che possa assicurare la sussistenza delle condizioni per uno sviluppo effettivo eduraturo.Le ragioni di ciò sono fin troppo evidenti ove si considerino, in primo luogo, gli effettidistorsivi della concorrenza prodotti dal racket e, spesso, dalla conseguente usura neiconfronti degli imprenditori che cercano di sottrarsi alle pressanti forme di “protezione”imposte dalla criminalità organizzata, fino alle forme più estreme, nelle quali le imprese –legate o controllate dalle organizzazioni delinquenziali – finiscono col soppiantare deltutto quelle che non si sono “piegate” ai dettami dei boss.Del resto, è indubbio che una asfissiante presenza delinquenziale se, per un verso,scoraggia in via diretta gli investimenti, per altro verso, riduce il reddito disponibile e,quindi, il consumo e il risparmio aggregato. Tale stato di cose condiziona, inoltre, ladimensione complessiva del bilancio fiscale attraverso la contrazione della base imponibile44


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialee finisce per rappresentare un incentivo implicito all’evasione ed all’elusione fiscale,nonché al tentativo di trasferire sull’intero tessuto sociale gli oneri necessari per risarcire idanni provocati dalla criminalità. Insomma, si è in presenza di un insieme di elementi cheprecostituiscono le condizioni per respingere, anziché attrarre, capitale “pulito” esternoall’area geografica in questione.Proprio prendendo spunto da tali considerazioni, nel 1997 il <strong>Ministero</strong> dell'Interno haavvertito la necessità di mettere in cantiere un programma aggiuntivo di prevenzione esicurezza pubblica, destinato a creare – nel più generale quadro delle politiche di coesioneeconomica e sociale destinate alle Regioni meridionali, ricomprese nell’Obiettivo 1 –condizioni di maggiore “vivibilità” per le attività economiche ed imprenditoriali locali.L’iniziativa proposta si giustifica sia con l’intento di rimuovere taluni “nodi” (quali lacarenza di strumenti, risorse e strutture) che l’intervento “ordinario” dello Stato nonsarebbe stato in grado di sciogliere da solo, sia – e soprattutto – con la finalità diabbreviare i tempi di realizzazione dei programmi di rafforzamento della presenza e dellestrutture di sicurezza in talune aree del Sud.Inoltre, nella consapevolezza che le misure di prevenzione e di sicurezza proposte,ancorché intense e mirate, non possono garantire da sole il raggiungimento dei risultati edegli obiettivi auspicati, una parte degli interventi presi in considerazione è stataindirizzata a “coinvolgere” nel progetto le popolazioni e le forze sociali presenti nelle areeinteressate dall’attuazione del programma.Da ciò è derivata una strategia di medio periodo, finalizzata alla crescente diffusione diuna “cultura della legalità”, frutto non già di astratte enunciazioni di principio, bensì di unaconvinta individuazione delle concrete “convenienze” da essa derivanti e delle prospettivedi sviluppo economico e sociale per la popolazione residente nelle aree colpite dallacriminalità organizzata e, soprattutto, per i giovani.In pratica, nella sua prima edizione (1997-1999), il Programma Operativo “Sicurezzaper lo sviluppo del Mezzogiorno” si è proposto di:- garantire al Mezzogiorno livelli di legalità quanto più possibile vicini a quelli presentinelle aree più avanzate del Paese e dell’Unione Europea, a questo scopo promuovendo ilmiglioramento delle condizioni sociali della popolazione residente;- fornire “sicurezza e legalità” alle imprese che già operano nel Sud, nonché creare lecondizioni per consentire nuove localizzazioni imprenditoriali, rimuovendo uno degliostacoli più rilevanti a tutto ciò;45


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e sociale- determinare la creazione di un ambiente adeguato allo sviluppo delle potenzialitàturistiche in aree nelle quali queste ultime rimangono inespresse, anche per motivi legatialle insufficienti condizioni di sicurezza;- favorire la diffusione di una “cultura della legalità” nelle aree più colpite da fenomenidelinquenziali.A questo scopo, il Programma Operativo ha previsto una articolata gamma diinterventi, comprendenti:1. il rafforzamento della prevenzione e della sicurezza delle principaliinfrastrutture di trasporto, con particolare riferimento all’autostrada Salerno - ReggioCalabria, nonché delle aree integrate di sviluppo del Mezzogiorno, con l’individuazione diuna prima serie di aree per le quali l’intervento in questione assume caratteri di maggioreurgenza;2. l’incremento della dotazione di infrastrutture destinate alla prevenzione ed allasicurezza;3. l’incremento della dotazione di strumenti e tecnologie per garantire unamaggiore efficienza dell’attività giudiziaria nelle Regioni del Mezzogiorno;4. l’attuazione di un progetto per il rafforzamento del “sistema sociale” in un’areadel Casertano a forte intensità criminale.Il Programma Operativo “Sicurezza per lo sviluppo” – approvato dalla CommissioneEuropea il 31 marzo 1998 e concretamente avviato nel dicembre successivo conl’accreditamento delle prime risorse europee – è stato attuato (con una spesa di oltre 290milioni di EURO, cofinanziati al 50% dall’Unione Europea attraverso il FESR)contestualmente ad un intervento di rafforzamento della prevenzione e della sicurezzanelle zone “sensibili” della frontiera marittima dell’Adriatico, finanziato nel quadro delProgramma di iniziativa comunitaria “Interreg II” (Italia - Grecia e Italia - Albania).Nel dettaglio, il Programma si è articolato in due sottoprogrammi:- “Diffusione e consolidamento delle condizioni di sicurezza per lo sviluppo delleRegioni italiane dell’Obiettivo 1”, a sua volta suddiviso nelle misure “Interventi dirafforzamento della sicurezza sull’autostrada Salerno - Reggio Calabria e nelle areeintegrate di sviluppo”, “Sistema di intelligence e di informazione per la sicurezza e losviluppo” e “Rafforzamento dei sistemi sociali locali”, quest’ultimo attuato in quattroComuni del Casertano;-“Attuazione”, a sua volta comprensivo delle misure “Sensibilizzazione ed interventi diaccompagnamento” e “Assistenza tecnica, monitoraggio e valutazione”.46


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeSenza indulgere nei dettagli tecnici delle singole misure, sembra doveroso sottolineareche il <strong>Ministero</strong> dell’Interno (e, per esso, il Dipartimento della pubblica sicurezza)ideando il Programma Operativo “Sicurezza per lo sviluppo” sin dall’inizio ha inteso farediretto riferimento al territorio, rinunciando a priori all’impiego di strategie“centralizzate”, ovvero a pianificazioni non concordate con gli attori sociali ed istituzionaliinteressati.In particolare, nel corso della fase di programmazione degli interventi, si sono svoltiuna serie di incontri con le Amministrazioni regionali finalizzati a definire – nel modo piùsoddisfacente per ambo le parti – la portata, la diffusione e l’intensità delle iniziative daassumere, pianificandole con riguardo alle specifiche esigenze, alle esperienze pregresse,alle prospettive realistiche di sviluppo del territorio, ai possibili e prevedibili effetticonnessi.Le diverse forme di concertazione, tra Amministrazioni centrali, Amministrazioniregionali, Autonomie locali e partenariato socioeconomico, richieste quale premessaindispensabile per il buon esito delle attività in programma hanno permesso – in armoniacon il dettato del Regolamento Comunitario 1260/1999 e col Patto sociale per losviluppo e l’occupazione – di individuare più agevolmente gli obiettivi da raggiungere,sulla base di una più perfezionata e specifica conoscenza dei bisogni, delle aspettative edelle opportunità proprie di un determinato ambito territoriale e, contestualmente, diverificare che la strategia perseguita fosse effettivamente indirizzata verso il miglioramentodel livello di benessere delle popolazioni residenti nell’area e la riduzione del livello didisagio sociale.Tra i settori di intervento nei quali appare più facile individuare sinergie con lepianificazioni strategiche di competenza regionale sembra necessario richiamare quellodell’integrazione e del coordinamento di “Osservatori” sul controllo degli appalti pubbliciovvero alla tutela di risorse ambientali, come pure quello del coordinamento e dellapromozione, nei territori interessati ai contratti d’area ed ai patti territoriali, deiprotocolli di legalità, con particolare riferimento alle forme di collaborazione con soggettiregionali o subregionali per la diffusione della cultura della legalità e la prevenzione deifenomeni di insicurezza sociale.A questo proposito, si rileva poi che sul tema della diffusione della cultura della legalitàsin dalla programmazione 1997 - 1999 al Dipartimento della pubblica sicurezza è apparsaevidente la particolare significatività ed efficacia di una sinergia strategico -operativa conaltre Amministrazioni centrali: in particolare, col <strong>Ministero</strong> del Lavoro per la parteconcernente la formazione professionale, col <strong>Ministero</strong> dell’Istruzione per i profili47


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeattinenti al sostegno formativo ed al recupero dell’abbandono scolastico, col Dipartimentodegli Affari Sociali e con quello per le Pari Opportunità, nonché con altre strutture del<strong>Ministero</strong> dell’Interno, sia centrali che periferiche, per un vasto ventaglio di ulterioriiniziative rifluenti sul partenariato sociale.Sulla base di tali elementi, nel contesto della programmazione strategica 2000-2006,che confluisce nel corrispondente Quadro Comunitario di Sostegno, il profilo dellasicurezza (seppur formalmente afferente all’Asse dedicato alle Reti ed ai Nodi di servizio)è andato a collocarsi trasversalmente su tutti i macrosettori di intervento per lo sviluppodel Mezzogiorno 16 , con lo scopo di contribuire a determinare migliori condizioni generalidi contesto, anche in considerazione della crescente internazionalizzazione del quadrosocioeconomico meridionale.In tale cornice è stato, dunque, messo a punto il nuovo Programma OperativoNazionale “Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia”, approvato dallaCommissione Europea e finanziato con una dotazione complessiva di oltre 1.100 milionidi Euro tra quota nazionale e comunitaria.L’obiettivo dichiarato è quello di “determinare su tutto il territorio del Mezzogiorno italianoa partire dalle aree più sensibili condizioni fisiologiche di sicurezza pari o almeno paragonabili aquelle esistenti nel resto del Paese e comunque sufficienti a incidere, in modo strutturale e noncontingente, sul pesante gap che attualmente le caratterizza, nonché sulla permeabilità dellefrontiere”. L’obiettivo potrà considerarsi raggiunto qualora venga conseguito, entro ilquarto anno del settennio 2000-2006, un tasso di crescita del Mezzogiorno pari al doppiodi quello medio dell’Unione Europea, nonché la riduzione drastica del disagio sociale.Chiaro è, in quest’ordine di idee, il contributo che l’Amministrazione dell’Internointende fornire sul terreno delle politiche di coesione economica e sociale: per un verso,si persegue un obiettivo di ordine macroeconomico ancorché collocabile in un quadro diprogrammazione strutturale; per l’altro verso, il Programma persegue evidenti finalità diordine sociale, centrate sull’idea di limitare le sacche di disagio tuttora esistenti nelMezzogiorno italiano.16 Come è noto, gli Assi di intervento previsti dal QCS 2000-2006 sono:1. valorizzazione delle risorse naturali ed ambientali;2. valorizzazione delle risorse culturali e storiche;3. valorizzazione delle risorse umane;4. potenziamento e valorizzazione dei sistemi locali di sviluppo;5. miglioramento della qualità delle città, delle Istituzioni locali e della vita associata;6. rafforzamento delle reti e dei nodi di servizio.48


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeLa chiara interdipendenza dei due aspetti sopra evidenziati può, del resto, cogliersi ovesi tenga presente che, in ultima analisi, contenere il ritardo della crescita economicasignifica contribuire in modo significativo a ridurre il disagio sociale, mentre la riduzionedi quest’ultimo elemento agevola in termini significativi l’insediamento ed il radicamentosul territorio di durevoli elementi di crescita economica.Per altro verso, il marcato e sempre più ricercato coinvolgimento delle realtàistituzionali e sociali presenti nelle aree oggetto degli interventi previsti, incentratasull’idea del partenariato 17 , che permea di sé tutta l’iniziativa, fornisce ampie garanziesulle elevate possibilità di assimilazione e condivisione della “filosofia” presupposta e degliintenti perseguiti.Quanto ai profili più propriamente contenutistici, il nuovo PON “Sicurezza”, purcollocandosi idealmente in una linea di continuità con quello precedente, persegueobiettivi certamente più ambiziosi, ponendosi come uno strumento assai più vasto edarticolato che, in una prospettiva di “globalità di intervento”, tende a coniugare:- il potenziamento delle tecnologie in uso alle Forze di polizia, privilegiando gliinterventi infrastrutturali, con una forte caratterizzazione interforze (Rete infrastrutturalein ponte-radio, Rete radiomobile digitale, nuove Sale e Centrali Operative,potenziamento delle Specialità e della Polizia Scientifica);- la qualificazione, formazione ed aggiornamento delle risorse umane della sicurezza,così da sfruttare appieno le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, ma anche – esoprattutto – per instaurare, nell’ottica della polizia di prossimità, il miglior rapportointerattivo con il fruitore del “servizio sicurezza”, sia esso soggetto fisico (cittadinoitaliano, dell’Unione Europea o extracomunitario), che economico;17 In particolare, con riguardo alle iniziative avviate con gli Enti locali, dal 1998 ad oggi Prefetti eSindaci hanno sottoscritto circa 80 protocolli d’intesa o contratti di sicurezza, per incrementare lacollaborazione tra i due livelli di governo. I contenuti di molti protocolli d’intesa hanno di fattoanticipato le innovazioni legislative, avviando una nuova dinamica delle relazioni istituzionali nellaquale gli Enti locali diventano parti attive nel processo di realizzazione del “prodotto sicurezza” econseguendo anche con il concorso di associazioni rappresentative della società civile, lavalorizzazione del concetto di “sicurezza partecipata”. Le aree di sicurezza oggetto dei protocollisono:• quella che attiene in senso lato alla qualità della vita, al recupero delle aree degradate, ai serviziassistenziali e di recupero delle fasce di emarginazione sociale ed alla “sicurezza <strong>seconda</strong>ria”,materie nelle quali molto può essere realizzato a livello sociale;• quella che attiene più propriamente all’attività di polizia e che si sostanzia in un ampliamentodei servizi di prevenzione e repressione dei reati e di altri comportamenti devianti: in questosettore il coinvolgimento dei Corpi di polizia municipale costituisce una delle tematiche alcentro dell’attenzione.49


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e sociale- un pieno coinvolgimento della società civile per una modifica del contestosocioculturale, in grado di rappresentare un valido elemento di “rottura” e discontinuitàrispetto ad un tradizionale atteggiamento di chiusura nei confronti delle Forze dell’ordinee, più in generale, delle problematiche di sicurezza, fenomeni particolarmente diffusi intaluni comprensori del Mezzogiorno d’Italia;- l’allargamento della partnership con gli attori socioeconomici per la ricerca di sinergiedi intervento tra apparati statali di sicurezza, strutture di governo locali, soggetti delprivato, anche sociale. Non è un caso, alla luce di questa filosofia di intervento, cherisultino particolarmente numerosi i partner coinvolti come soggetti attuatori eresponsabili di specifici progetti, ovvero come destinatari degli stessi.Proprio in quest’ordine di idee, il nuovo PON “Sicurezza” 18 – che, a differenza diquello attuato nel precedente periodo di programmazione finanziaria, si avvale delcofinanziamento comunitario non solo attingendo al FESR, ma anche al FSE – intendevalorizzare il ruolo di raccordo, mediazione e coordinamento sul territorio(tradizionalmente proprio del <strong>Ministero</strong> dell’Interno e delle Prefetture - UTG),contribuendo alla realizzazione di importanti progetti proposti da altri Dicasteri oAmministrazioni, con positive ricadute sulle attività svolte dalle articolazioni territorialidel Viminale.Ci si riferisce, in particolare, agli interventi in tema di monitoraggio degli appalti, dicorrelazione per lo scambio informativo con le Procure della Repubblica, di formazione dioperatori del sociale, di sensibilizzazione nel settore dell’immigrazione, di mappatura deldisagio giovanile, di supporto alle comunità locali.Particolarmente significativi appaiono, a questo riguardo, gli interventi avviati aseguito delle indicazioni fornite dai Prefetti e dai Commissari Straordinari (si pensi aiprogetti-pilota 19 in Campania e Sicilia, agli interventi di riqualificazione dell’area di CastelVolturno, ecc.), spesso in sinergia con le iniziative concordate a corredo degli strumenti18Uno schema riassuntivo del PON è riprodotto in allegato n.4.19 I progetti pilota sono interventi sperimentali, realizzati in aree caratterizzate da forte densitàcriminale. Sono iniziative che il <strong>Ministero</strong> dell’Interno–Dipartimento della pubblica sicurezza attuain collaborazione con il partenariato istituzionale locale. Ai progetti, infatti, partecipano la Regione,la Provincia, i consorzi di Comuni e la Prefettura. Gli ambiti di intervento sono: l’educazione allacultura della legalità, la creazione ed il miglioramento delle infrastrutture, la formazione dei giovanie degli operatori, la creazione d’impresa. I Comuni interessati alla partecipazione ad un progettopilota, meglio se consorziati, possono presentare un piano che spieghi l’idea, i contenuti delle azioniche si intendono realizzare e le motivazioni dell’intervento. I progetti possono essere inviati allaSegreteria del Programma Operativo che, dopo averli esaminati, di concerto con l’Amministrazioneregionale, individuerà l’area, comprensiva dei Comuni richiedenti, dove realizzare gli interventi.50


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialedi programmazione negoziata, come pure i progetti di cooperazione tra Forze di polizia edANCI per la condivisione di basi informatiche in settori di comune interesse istituzionale.Di non minor rilievo è il ruolo che il <strong>Ministero</strong> dell'Interno ha inteso riservare nelPON alle Regioni, che vengono viste non solo come titolari di specifici progetti(Osservatori regionali sulla criminalità, Centri pilota regionali per il rafforzamento dellalegalità in aree a particolare “densità criminale”), ma sempre più spesso come soggetti concui condividere risorse e progettualità a servizio del cittadino.Il 22 febbraio 2001, in sede di Conferenza Stato-Regioni, è stato approvato unospecifico accordo tra il Dipartimento della pubblica sicurezza e le Regioni dell’Obiettivo1, finalizzato a ricercare sinergie e reciproci spazi di integrazione tra il PON “Sicurezza” edi Programmi Operativi Regionali. In virtù dell’accordo, le parti:- si impegnano ad una collaborazione integrata in settori a forte valenza tecnologica;- convengono sull’esigenza di una pianificazione comune delle azioni di comunicazionee di sensibilizzazione mirate in ragione delle peculiarità locali;- si impegnano a concordare l’individuazione di aree ad elevata priorità, nelle qualiconcentrare gli interventi previsti dal PON “Sicurezza”, con particolare riferimento alleazioni localizzate di maggiore impatto sociale;- si prefiggono la sottoscrizione di Accordi di Programma Quadro nel settore dellasicurezza, al fine di coordinare e concentrare diverse risorse finanziarie, nazionali ecomunitarie, su obiettivi condivisi.In particolare, i Protocolli d’intesa e gli Accordi di Programma Quadro sono glistrumenti di concertazione, rispettivamente politica e tecnica, attraverso i quali lo Stato ele Regioni pianificano la realizzazione delle progettualità chiamate ad incidereconcretamente nella sfera socioeconomica della Regione. I Protocolli, generalmenteprodromici alla stipula degli Accordi di Programma, contengono i principi, gli obiettivi ele direttive politiche di massima cui l’intesa deve ispirarsi, mentre l’Accordo definisce neldettaglio le progettualità, anche con riguardo agli aspetti economici assunti e delle spesegià sostenute.In pratica, attraverso questi strumenti negoziali, sottoscritti da Prefetti e Presidentidelle Regioni dell’Obiettivo 1, è possibile attivare stabili meccanismi di concertazione tra idiversi livelli di governo, così da disporre “in tempo reale” di rapidi meccanismi divalutazione e ricalibratura degli interventi che non dovessero dimostrarsi coerenti allepolitiche di coesione economica e sociale comunque sottese all’iniziativa in parola 20 .20 Allo scopo di migliorare il coordinamento tra le risorse messe in campo dal PON e quelle attinteda altri Fondi nazionali e regionali, nella primavera del 2003 sono stati sottoscritti Accordi di51


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeAnche tramite questi strumenti, dunque, il processo di progressiva espansione dellapartnership istituzionale e socioeconomica si orienta sempre più verso il connubio tra“sicurezza” in senso stretto e “coesione sociale”, soprattutto attraverso la diffusione di“esperienze pilota” sviluppate in aree a forte densità criminale grazie al finanziamento delPON “Sicurezza”.Esemplare, in quest’ordine di idee (ma non si tratta certo di un caso isolato), appare lasottoscrizione di una apposita Convenzione, promossa dal Prefetto di Palermo, tra ilProgramma Operativo ed il Consorzio “Sviluppo e Legalità”, costituito tra i Comuni diCorleone, San Cipirello, Monreale, Piana degli Albanesi e San Giuseppe Jato.Finalità dell’iniziativa, della quale si parlerà più diffusamente nel paragrafo seguenteponendo in evidenza il particolare valore simbolico dell’intesa, è quella di consentire alleAmministrazioni locali presenti in un’area tradizionalmente connotata da forte incidenzamafiosa di poter mettere a frutto i terreni confiscati alle cosche, affidandone la gestione acooperative di giovani interessati a formarsi nel quadro di una sana ottica imprenditoriale.Anche alla luce delle più recenti riforme, costituzionali ed amministrative, il Prefetto –quale titolare di una parte significativa delle attribuzioni dell’Amministrazione perifericadello Stato – resta l’interprete fondamentale dell’interlocuzione statale con le Autonomielocali.Invero, dalla Costituzione repubblicana ad oggi, il Prefetto ha sempre sostenuto lacrescita sana delle Autonomie territoriali, stimolandone l’efficienza, assolvendo alprezioso ruolo di cerniera degli apparati pubblici, coordinando le attività in materia diordine e sicurezza pubblica, colmando le lacune dell’azione dei pubblici poteri,affrontando le emergenze sociali e di protezione civile, contribuendo tanto alla soluzionedei problemi presenti in contesti sociali fortemente conflittuali, quanto allo sviluppodell’innovazione amministrativa.I Prefetti esprimono, dunque, un ruolo di garanzia, di mediazione, di raccordodemocratico e legalitario tra comunità locali, governi periferici ed Istituzioni statali.Pertanto, anche in uno Stato “riposizionato” secondo le più recenti logiche devolutive, laformula “meno Stato = più Stato” passa attraverso strategie di coordinamento, dicollaborazione, di supporto con i maggiori poteri che il Legislatore, le forze politiche equelle sociali hanno decretato per il mondo delle Autonomie, per il quale è necessario unsoggetto neutrale, quale il Prefetto.Programma Quadro con le Regioni Sardegna e Campania. Nel successivo mese di settembre accordisimilari sono stati siglati con le Regioni Puglia, Sicilia e Calabria. A titolo esemplificativo deicontenuti degli accordi in parola si riporta in allegato n.5 l’A.P.Q. Sicilia.52


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeQuesto, del resto, è il percorso da seguire per fare del <strong>Ministero</strong> dell’Interno quel“Dicastero delle garanzie” che il Vertice politico ha più volte mostrato di voler realizzare,così da trasmettere al Sistema-Paese un segnale forte di rinnovamento all’insegna dellefondamentali garanzie sancite dalla nostra Carta costituzionale.IV.2 Prospettive e proposte per un nuovo ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Internonell’ambito delle politiche comunitarie di sviluppo e crescita socialeNell’ambito delle iniziative volte a sviluppare ed incentivare le politiche di coesioneeconomica e sociale, oltre alle attività delineate nei precedenti paragrafi, il <strong>Ministero</strong>dell’Interno, assume un ruolo di rilievo in relazione alla sua storica funzione dicoordinamento tra gli Organi centrali di governo e le autonomie locali; ciò grazie ancheall’attività delle strutture periferiche di governo alla luce della riforma degli UfficiTerritoriali del Governo, introdotta con DPR n.287 del 17 maggio 2001.In particolare, l’art.1 del citato decreto assegna alla Prefettura U.T.G., nell’ambitodelle competenze di carattere generale, funzioni di rappresentanza generale del Governo edi coordinamento delle pubbliche amministrazioni statali nell’espletamento dei compiti dicollaborazione a favore degli Enti locali.A tale proposito, la storia istituzionale locale del nostro Paese presenta caratteristicheculturali, socio economico e gestionali profondamente differenziate e complesse e,pertanto, nella prospettiva di un’integrazione europea che va sempre più consolidandosi,non può non emergere l’esigenza di valorizzare il sistema “nazione”, al fine di perseguire,pur nel pieno rispetto delle Autonomie Locali, le politiche di sviluppo economico esociale poste alla base dell’Unione Europea.Il <strong>Ministero</strong> dell’Interno, titolare di un’antica ed ormai ampiamente sperimentatacapacità di adattarsi ai mutamenti storici, politici e sociali, è sicuramente l’apparatoistituzionale e burocratico idoneo a svolgere una funzione di snodo operativo e culturale,nel circuito Europa – Governo – Territorio, grazie anche alla propria organizzazioneperiferica che consente una capillare conoscenza dell’intero Paese.Non si pensa, ovviamente ad un ruolo tecnico, amministrativo o politico in aggiunta oin sostituzione di quei Dicasteri già impegnati direttamente nelle politiche comunitarie, nési vuole disconoscere il ruolo fondamentale e primario delle politiche di sviluppo locali,consacrato dalla ormai avviata esperienza comunitaria, ma piuttosto ad una funzione disostegno e consulenza che, correlata alle naturali attività di monitoraggio ed intelligence,53


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeinsite nella stessa funzione del <strong>Ministero</strong> dell’Interno, consenta di interpretare il peso el’efficacia dei mutamenti sociali, favorendo la coesione e lo sviluppo equilibrato dellasocietà.Proprio la visione integrata dei molteplici fenomeni sociali (occupazione, impresa,formazione, legalità e sicurezza) che modellano e caratterizzano le varie realtà locali,costituisce il “valore aggiunto” tipico dell’Amministrazione dell’Interno che, tramite lesue articolazioni periferiche, è in grado di contribuire efficacemente alla definizione di unquadro di sintesi dei processi di sviluppo locale da riversare nel bagaglio di conoscenze cuisottendono le iniziative del Paese in ambito comunitario.Il ruolo svolto attraverso il PON Sicurezza, gli INFOPOINT Europa, i ComitatiEURO, il Patto di stabilità interno e l’erogazione dei contributi erariali agli Enti locali,costituisce tangibile ed efficace conferma delle potenzialità che il <strong>Ministero</strong> può mettere afrutto nell’attuazione delle politiche di coesione sociale, così come peraltro ipotizzate dalPatto di fiducia, dal Trattato di Amsterdam e dal Patto di stabilità e crescita.Alla luce di tali considerazioni, il ruolo di cerniera nell’ambito delle politichecomunitarie, immaginato per il <strong>Ministero</strong> dell’Interno, non collide certo con l’idea difederalismo “in fieri” che anima attualmente il dibattito politico nazionale, nellaconsiderazione che i programmi delle politiche di coesione economica e sociale sonoormai pienamente entrati nell’ossatura dell’intero sistema economico- sociale, locale enazionale.D'altronde, l’implementazione delle attività, ormai diffuse su tutto il territorionazionale, relative ai protocolli per la legalità e lo sviluppo ed ai contratti di sicurezza congli Enti locali, può costituire, anche nell’ottica di uno Stato federalista, una sorta di volanoriequilibratore delle realtà socio – economiche della Nazione, rispetto alle difficoltàincontrate dai Comuni più piccoli e da quelli delle Regioni meridionali per cogliere leoccasioni di sviluppo offerte dai fondi strutturali.Proprio in ragione di tale nuova configurazione istituzionale, i vari livelli di governo edi diversi campi di azione richiedono una rinnovata opera di mediazione volta ad assicurareuna sorta di rete interattiva che eviti le discrasie tra i diversi segmenti di attività el’indebolimento dei processi di sviluppo affidati all’impiego dei fondi strutturali ed allealtre iniziative mirate al perseguimento della coesione sociale.54


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeIV.3 Considerazioni conclusive e spunti di riflessioneLe considerazioni sin qui svolte inducono a sostenere che l’individuazione dei compitidel <strong>Ministero</strong> dell’Interno nell’ambito delle politiche di coesione economiche e sociali nonconsista certamente nella ricerca di un nuovo ruolo, ma piuttosto nel riconoscimento, inseno alle funzioni già radicate nella storia dell’Amministrazione, di rinnovati e più ampiobiettivi, in coerenza con le esigenze di sviluppo e di integrazione comunitaria del Paese.In realtà, considerando le potenzialità di intervento del <strong>Ministero</strong> dell’Interno, sarebberiduttivo circoscriverne il ruolo ad attribuzioni episodiche, correlate a particolari, seppurfondamentali, esigenze a supporto delle attività comunitarie.Se si parte dal presupposto che la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo sia ilprimo “sensore” delle tensioni sociali, dei sintomi di disagio o di miglioramento dellecondizioni di vita della Comunità, è lecito immaginare un più articolato ambito diintervento del Prefetto.Infatti, non potendosi escludere disomogeneità nello sviluppo delle moltepliciiniziative realizzate sul territorio mediante i finanziamenti comunitari, il Prefetto, nellasua qualità di referente del Governo, avvalendosi della Conferenza Permanente, giàprevista dal DPR 287/2001 ed opportunamente allargata alle componenti istituzionaliinteressate, potrebbe assicurare un’azione di sintesi e di raccordo, ricomponendo in sedecollegiale, le questioni attuative connesse all’efficacia delle politiche comunitarie.La Conferenza Permanente diverrebbe così il nucleo centrale all’interno del quale farconfluire quell’insieme di dati, di proposte, di valutazioni che, esaminati nel loro insiemee in una sede terza rispetto agli organismi in gioco, potrebbe assicurare un confrontomirato a valutare il complesso di interventi e la loro influenza sul tessuto sociale edeconomico del territorio, offrendo spunti concreti per un monitoraggio complessivo tesoa valutare l’effettiva e reale incidenza delle iniziative di sviluppo e di crescita sociale.E’ evidente che il dialogo costante ed aperto tra i diversi soggetti che intervengononelle politiche strutturali, l’interscambio di notizie sui progetti e sui programmi collegatiai fondi comunitari, la equilibrata razionalizzazione di iniziative mirate a potenziaredeterminati settori di sviluppo e di coesione sociale ed economica potrebbero trovare laloro sede naturale nell’Ufficio Territoriale del Governo nell’ambito della predettaConferenza, ove la presenza congiunta di rappresentanti dello Stato e delle Autonomielocali, accomunati da un unico fine, assicurerebbe di certo quella visione d’insiemenecessaria per coordinare e veicolare le iniziative nei singoli settori di attività.55


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeCiascun soggetto attore, pertanto, in quanto portatore di un segmento di conoscenza edi analisi delle situazioni di criticità caratterizzanti il proprio ambito di interesse, avrebbemodo di acquisire in sede collegiale, le ulteriori variabili che, interagendo tra loro nelmedesimo settore, potrebbero favorire un quadro di insieme idoneo a modulare in chiavepreventiva le singole ipotesi di intervento.Allo stesso modo, nella fase attuativa e finale dei programmi, il confronto nellaConferenza favorirebbe la valutazione complessiva dei risultati nei singoli settori diattività, nonché la prospettazione di possibili scenari di intervento da programmare per ilfuturo.In tale contesto, giocherebbe evidentemente un ruolo determinante l’apportodell’attività ordinaria prefettizia nei diversi settori di attività che inducono la strutturastessa a recepire le istanze dei cambiamenti sociali e di sviluppo, come, ad esempio, leattività di mediazione sociale in tema di occupazione, il monitoraggio degli appalti e dellegrandi opere pubbliche, i Comitati provinciali per l’Ordine e la sicurezza pubblica, leemergenze ambientali e di protezione civile, il monitoraggio dei fenomeni di degradosociale, individuando quei settori di sofferenza che, in qualche modo, impediscono oritardano i processi di integrazione europea perseguiti dalla Nazione.56


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e socialeBIBLIOGRAFIA- T. Ballarino, “Lineamenti di diritto comunitario”, Padova, Cedam, 1993;- F. Barca e G. Pellegrini, “Politiche per la competitività territoriale in Europa”, nota sulProgramma 2000 – 2006 per il Mezzogiorno d’Italia;- Bini Smaghi L. “Quali possibili modifiche al Patto di Stabilità”, in “ Il Sole 24 Ore”,Novembre 2003;- C. Chiappinelli, “Gli Enti rispettano il patto di stabilità”, in Guida agli Enti Locali – IlSole 24 Ore, Luglio 2002;- G. D’Agnolo, “La sussidiarietà nell’Unione Europea”, Padova, 1998;- S. Guerrieri, A. Manzella, F. Sdogati, “Dall’Europa a Quindici alla Grande Europa. Lasfida istituzionale”, Ricerca della “Fondazione Istituto Gramsci”, Editore Il Mulino;- <strong>Ministero</strong> dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento delle Politiche di Coesione,“Secondo memorandum italiano sulle politiche comunitarie di coesione regionale”, Dicembre2002;- <strong>Ministero</strong> dell’Economia e delle Finanze, “Circolare 4 febbraio 2003, n.7 concernente ilPatto di stabilità interno per gli anni 2003 – 2005 per le province ed i comuni con popolazionesuperiore a 5.000 abitanti”;- <strong>Ministero</strong> dell’Economia e delle Finanze, “Circolare 3 febbraio 2004, n.5 concernente ilPatto di stabilità interno per gli anni 2004 – 2005 per le province ed i comuni con popolazionesuperiore a 5.000 abitanti”;- <strong>Ministero</strong> dell’Interno – Unione Europea, “Documento finale del seminario sulla iniziativadi cooperazione internazionale sulla sicurezza, legalità e trasparenza per lo sviluppo e lacoesione”, Roma, Dicembre 2003;- A. Padoin, “Comunità europee” 1987;- G. Prediani, “Fondi strutturali e coesione economica e sociale nell’Unione Europea”, Atti delConvegno, Firenze 12 e 13 maggio 1995 – Giuffrè Editore;- E. Racca, “Sindaci in allarme e conti che non tornano: se il “patto” premia la spesaresponsabile”, in Guida agli Enti locali – Il Sole 24 Ore, Febbraio 2002;- G. Rucco, “Il principio di sussidiarietà quale criterio del recente processo di riorganizzazionedel sistema pubblico italiano”, in OIKONOMIA, Rivista di etica e scienze sociali,Febbraio 2000;- R. Sapienza, “La politica comunitaria di coesione economica e sociale”, Bologna, 2000;57


Il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno nelle politiche di coesione economica e sociale- R. Sapienza, “Il sistema di interventi ordinari nelle aree depresse del territorio nazionale ed ilprincipio di sussidiarietà”, in Rivista giuridica del Mezzogiorno, 1994;- R. Speciale, “La coesione economica e sociale di mercato quale obiettivo fondamentale delTrattato di Maastricht: problemi di attuazione”, in A. Predieri (a cura di), Fondi strutturalie coesione economica e sociale nell’Unione europea, Milano, 1996;- Turrini, Francioni, Giorgioni, “Lavoro e formazione nell’Europa dell’Euro”, a cura diProvincia Autonoma di Trento, Servizio FSE, Assessorato alla FormazioneProfessionale;Siti INTERNET consultati:- www.aranagenzia.it.- www.europa.eu.int;- www.formez.it;- www.mininterno.it;- www.sicurezzasud.it;- www.tesoro.it;58


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondistrutturali comunitari: il ruolo dell’Amministrazione dell’InternoGruppo di lavoro :Rinaldo Argentieri, Osvaldo Caccuri, Andrea Cantadori, Antonella Dinacci, Laura Lega,Lucio Parente, Pietro Signoriello


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitari60


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariCAPITOLO IUNIONE EUROPEA E STRATEGIE DI COESIONE1.1 Premessa. 2004: l’anno della sfidaCome dichiarato dalla Commissione delle Comunità Europee in sede di comunicazioneal Parlamento Europeo ed al Consiglio (Bruxelles 29 ottobre 2003), il 2004 sarà un annodecisivo per far avanzare il nocciolo dell’agenda politica dell’Unione. Quattro, infatti, gliappuntamenti che l’attendono a breve. Il 1° maggio ci sarà l’allargamento a dieci nuoviStati, poco dopo si dovrà pervenire alla firma del nuovo Trattato costituzionale, a giugno icittadini di tutta l’U.E. voteranno alle elezioni per il Parlamento europeo ed il 1°novembre entrerà in funzione la nuova Commissione.E’ dunque chiaro che il 2004 non sarà un anno normale per la programmazione delleIstituzioni dell’U.E.. L’obiettivo principale del programma legislativo e di lavoro è diconcentrarsi sulle priorità della Commissione e presentarne le principali nuove proposteper il 2004, tra cui l’adozione del progetto di regolamento relativo ai Fondi strutturali nelperiodo successivo al 2006.La priorità centrale per il 2004 sarà l’adesione di dieci nuovi Stati membri, affiancatada due priorità interconnesse, garantire la stabilità e la crescita sostenibile.Il primo obiettivo che hanno di fronte le Istituzioni è quello di sviluppare un quadropolitico stabile ed esaustivo per la cooperazione coi Paesi vicini, al fine di creare unospazio di pace, stabilità e prosperità ed evitare nuove separazioni all’interno dell’Europa inseguito all’allargamento dell’Unione.Parimenti, è prioritario lo sviluppo di politiche interne dell’U.E. in grado di favorire lastabilità e la sicurezza, garantendo gli spazi di libertà delle persone, con una gestioneefficace delle frontiere comuni ed in particolare dei fenomeni migratori, così da assicurareun’azione severa contro l’immigrazione clandestina ma, contemporaneamente,un’integrazione reale degli immigrati legali.Ma, non c’è dubbio che l’allargamento dell’Unione ad altri Stati renderà larealizzazione di uno sviluppo sostenibile il centro di gravità politico della prossimaprogrammazione economica europea per gli anni dal 2007 in poi, considerato che l’attualeprospettiva finanziaria di medio termine (“Agenda 2000”) scade alla fine del 2006. Nel2004 l’Unione sarà in particolare chiamata a rivedere gli obiettivi strategici fissati al61


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariConsiglio europeo di Lisbona nel marzo del 2000 e la strategia U.E. per lo svilupposostenibile decisa a Goteborg.E proprio il perseguimento di una crescita sostenibile di un’Europa sempre piùallargata a realtà accentuatamente divaricate è una priorità di ampio respiro checomprende azioni finalizzate a promuovere e sviluppare il modello economico e socialeeuropeo capace di offrire prosperità, convergenza economica e, soprattutto, coesionesociale.1.2 I principi ispiratori delle politiche dell’Unione EuropeaFin dalla propria costituzione, la Comunità Europea ha perseguito l’obiettivo digarantire uno sviluppo armonioso e duraturo dei Paesi membri, nella consapevolezza cheil processo d’integrazione europea possa felicemente realizzarsi solo in presenza diun’offerta paritaria, in tutti i Paesi d’Europa, delle opportunità economiche e sociali.Su questo presupposto il principio di coesione economico-sociale ha da sempre puntatoa favorire uno sviluppo adeguato nelle varie regioni europee sia per quanto concerne leattività economiche, che con riguardo all’occupazione e, in termini più ampi, in materia divalorizzazione delle risorse umane, senza trascurare peraltro settori diversi quale, adesempio, la tutela dell’ambiente.La politica comunitaria di coesione si è in questi anni sviluppata e consolidatasostanzialmente lungo tre linee di azione sinergiche. Da un lato, attraverso l’introduzionedi meccanismi finanziari – di cui i Fondi strutturali costituiscono l’esempio principe – chepuntano a supportare le azioni dei singoli Paesi finalizzate a ridurre il divario tra i livelli disviluppo delle varie regioni europee; in secondo luogo, con la definizione di obiettiviprioritari, sulla base dei quali viene programmato l’impiego dei Fondi strutturali; infinedefinendo delle aree d’intervento, cioè delle zone ammissibili al finanziamento.Va detto da subito che la scelta di puntare fin dall’origine all’introduzione di strumentidi sostegno finanziario è scaturita dalla consapevolezza della centralità del problemaderivante dalla presenza di alcune aree europee meno avanzate rispetto ad altre.E’ infatti un dato storico che in tutti gli Stati membri dell’Unione esistono disparitàterritoriali e regionali - in termini di sviluppo e di qualità della vita - derivantidall’evoluzione storica, dalla cultura e dalle tradizioni, che si frappongono alraggiungimento degli obiettivi comunitari, e tali differenze risultano ancora più evidentiproprio se si considera l’Unione Europea nel suo insieme.62


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariDa qui è nato l’impegno, perfezionatosi nel tempo, ad esercitare un’azione disolidarietà e di sostegno economico alle aree bisognose, che si sostanzia oggi in una vera epropria politica regionale, affinché tutte le regioni ed i cittadini possano godere deibenefici del mercato interno e dell’unione economica e monetaria.Il risanamento, infatti, delle aree depresse o comunque a minor tasso di svilupporisponde a due esigenze. Da un lato, garantire l’applicazione di un principio solidaristico,che fa da fulcro alla stessa costruzione europea e che impone eticamente il sostegno allepopolazioni più deboli, ma, altresì, parallelamente, la consapevolezza che lo sviluppo dellearee depresse è esso stesso volano di sviluppo di tutto il “sistema Europa” e base dipartenza per poter garantire una complessiva crescita socio-economica.A ciò si è aggiunta la consapevolezza – frutto dell’osservazione dei dati fornitidall’esperienza pluriennale - che l’intervento dei singoli Paesi - per correggere i proprisquilibri territoriali con politiche di aiuto alle regioni svantaggiate - non è risultato neltempo sufficiente ad arginare il disavanzo ed a colmare le spesso drammatiche differenzesocio-economiche di alcune aree.1.3 Le strategie di coesione dal ’57 a MaastrichtL’iter degli interventi promossi dal ’57 ad oggi dalle Istituzioni comunitarie perfronteggiare il fenomeno e dare piena realizzazione al principio di coesione economicas’intreccia con il processo storico del continente europeo all’indomani della fine delsecondo conflitto mondiale.Inizialmente, lo strumento promosso allo scopo fu già nel ’57 la creazione del FondoSociale Europeo (FSE), destinato a promuovere l’occupazione e a favorire la circolazionedei lavoratori sul territorio comunitario, garantendo, di pari passo all’evoluzione delprocesso industriale, la formazione e l’eventuale riconversione professionale delle risorseumane. A motivo della forte crescita economica di quegli anni – ricordiamo che siamonel decennio del cd. “boom” sia economico che demografico – e di un conseguentefavorevole andamento dell’occupazione riscontrabile, negli anni ‘50 e ‘60, nella maggiorparte dei Paesi europei, il ruolo di questo Fondo risultò all’epoca abbastanza limitato.Vale la pena sottolineare al riguardo che peraltro il FSE non fu l’unico strumentovarato in quegli anni per favorire l’economia europea. E’ del ’51, insieme con il Trattatodi Parigi, la nascita della CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio,istituita, tra l’altro, per la concessione di prestiti diretti a favorire la riconversione delle63


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariregioni vittime di ristrutturazioni della siderurgia e dei bacini carboniferi; e del ’58 lacreazione del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG).Bisogna arrivare agli anni ‘70, superata la fase di sviluppo più o meno generalizzatosuccessivo alla ricostruzione postbellica, per trovarsi di fronte all’aprirsi di fortidivaricazioni tra aree del continente a forte velocità di sviluppo ed aree, al contrario,profondamente incise da sacche di sottosviluppo se non anche di vera e propria povertà.Se, all’inizio, il problema del sottosviluppo regionale interessava solo il Mezzogiornoitaliano, a partire dai primi anni ‘70, infatti, gli squilibri regionali all’interno di singoliStati cominciano ad assumere una dimensione comunitaria.La crisi economica del 1973 e le conseguenti ristrutturazioni mettono in luce ledifferenze di sviluppo tra alcuni Stati membri. Queste disparità tra regioni siaccresceranno poi con l’adesione del Regno Unito e dell’Irlanda e, successivamente, dellaGrecia, del Portogallo e della Spagna.Da qui la necessità di creare una vera e propria politica strutturale, al fine di colmare ildivario in materia di sviluppo e di livello di vita.Tra i passaggi decisivi di quegli anni ricordiamo, nel 1971, la decisione del Consiglio diregolare i regimi generali di aiuti a finalità regionale. Poi, nel 1972, nel corso dellaConferenza di Parigi, i Capi di Stato e di Governo, riconoscendo “un’alta precedenzaall’obbiettivo di rimediare, nella Comunità, agli squilibri strutturali e regionali chepotrebbero pregiudicare la realizzazione dell’unione economica e monetaria”, siimpegnano al coordinamento delle politiche regionali nei loro Stati ed incaricano laCommissione di predisporre un rapporto sulla politica regionale, rapporto presentato nel1973 (rapporto Thompson) che porterà il Consiglio ad istituire, con regolamento n. 724del 18 marzo 1975, il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), i cui aiuti sonodestinati segnatamente alle regioni che presentano ritardi nello sviluppo.Si tratta di anni che segneranno il futuro. Con la decisione del Consiglio n. 75/185viene istituito il Comitato di politica regionale, composto da funzionari degli Statimembri e della Commissione, cui spetta fornire proposte per il coordinamento dellepolitiche regionali degli Stati membri.Ma è con gli anni ‘80 che la coesione sociale ed economica diviene uno dei grandi temidel dibattito politico in Europa.Siamo negli anni della crescita dei mercati finanziari e degli inizi dei processi diglobalizzazione che caratterizzeranno il decennio successivo, anni di profonderistrutturazioni nelle industrie pesanti (Inghilterra, Belgio). Inoltre, l’accesso nellaComunità di Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1986), Stati economicamente meno64


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariforti, aveva portato sul tavolo del dibattito politico i temi del sottosviluppo e delladisparità socio-economica.Questo è lo scenario che ha prodotto l’adozione, da parte dei Paesi membri dellaComunità europea, della finalità politica della coesione sociale ed economica.Con i regolamenti n. 214/79 e n. 178/84 il Fondo europeo di sviluppo regionaleviene modificato in modo da rendere il suo ruolo più incisivo e più caratterizzato in sensocomunitario. Oltre ai programmi nazionali di interesse comunitario, viene previsto ilfinanziamento da parte del FESR di “un insieme di azioni coerenti, pluriennali, connessedirettamente con la realizzazione di obbiettivi comunitari e con l’attuazione di politichedella Comunità” nell’ottica di una vera programmazione a livello comunitario e nonesclusivamente nazionale, che superi la natura prevalentemente redistributiva dei fondiper renderli uno strumento di sviluppo su obbiettivi della stessa comunità, rendendo piùattivo il ruolo della Commissione.In occasione della Conferenza intergovernativa del 1985 le azioni puntuali, sviluppatein maniera programmatica negli anni ‘70, vengono trasformate in una vera politica dicoesione economica e sociale. Nel 1986, al fine di aiutare le regioni meridionali dellaFrancia, dell’Italia e della Grecia a far fronte alla concorrenza proveniente dai nuovi Statimembri (Spagna e Portogallo), la Comunità decise di istituire i Programmi integratimediterranei (PIM), che, per la prima volta nella storia comunitaria, rappresentano delleazioni concrete e coordinate pluriennali di sviluppo.Ma è con l’Atto Unico Europeo (adottato a Lussemburgo il 17.2.1986 ed entrato invigore il 1°.7.1987) che la Comunità menziona per la prima volta la “coesione economicae sociale” come una priorità comunitaria introducendo nel Trattato CEE un appositotitolo, il quinto, denominato appunto “Coesione economica e sociale” (artt. da 130A a130E).L’obiettivo è appunto quello di promuovere uno sviluppo armonioso attraverso l’usocoordinato di strumenti con finalità strutturali.Partendo dal mandato attribuito (attraverso l’art. 130D) alla Commissione dalConsiglio europeo straordinario di Bruxelles del 13 febbraio 1986, Jacques Delors integranelle proposte presentate all’inizio del 1987 (“L’Atto unico, una nuova frontiera perl’Europa”, il cosiddetto “Pacchetto Delors”) l’attuazione della politica di coesioneeconomica e sociale, accompagnata dal raddoppio dei Fondi strutturali entro la fine del‘92.La formulazione del concetto di coesione prodotta dalla Commissione Delors è quelladi una finalità politica ampia che si ripercuote sull’intera gamma di politiche d’intervento65


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariattivate dalla Comunità europea e dagli Stati membri, compresi settori che potevanoapparire meno direttamente collegati al concetto stesso di coesione, al contrario invece dialtri settori quali quelli delle politiche sociali e delle politiche di sviluppo e di riequilibrioterritoriale.Lungo queste linee, con l’approvazione, il 24.6.1988, del regolamento n.2052/88,viene avviata la riforma degli strumenti strutturali, sulla base della quale viene applicato ilprincipio della programmazione pluriennale, definito un ordine di priorità ed istituito unpartenariato con gli Stati, le regioni e gli operatori economici e sociali interessati alla suarealizzazione.1.4 Dal Trattato di Maastricht al Consiglio Europeo di EssenIl Trattato di Mastricht del 7.2.1992 prova a dare un significato non solo politico, maanche tecnico, alla coesione. Un dato interessante è quello che esso viene elaborato susollecitazione del Parlamento europeo dal National Institute of Economic and Social Research.Le conclusioni cui il suddetto Istituto era giunto affermavano che, al fine di realizzare lacoesione economica e sociale, era importante una distribuzione equa della crescitaeconomica la quale, pur avendo come punto di riferimento il PIL, doveva, comunque,tener conto di nuovi criteri indicatori utili ad orientarsi nella scelta dei beneficiari degliinterventi.Con il Trattato dell’Unione europea, il Titolo V dell’Atto Unico viene così sostituitodal Titolo X, con la fissazione di nuove procedure e strumenti di intervento. Conl’introduzione di questo capitolo, il concetto di coesione economica diviene di fatto unodei fondamenti della Comunità europea, alla stessa stregua del mercato unico edell’unione economica europea.Il Trattato di Maastricht opera su tre piani d’intervento.In primis, vengono ridefiniti gli obbiettivi e gli interventi dei fondi già attivi,predisponendo l’avvio di una <strong>seconda</strong> riforma dei fondi strutturali, che interverrà nel1993. In secondo luogo, viene creato un nuovo strumento finanziario di intervento, ilFondo di coesione e viene istituito il Comitato delle regioni, organo che assicura larappresentanza delle istanze delle autonomie locali e regionali, determinanti per larealizzazione delle politiche di riequilibrio territoriale.66


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariIn sostanza, il Trattato, oltre ad indicare una riforma dei Fondi strutturali sia perquanto riguarda la definizione delle missioni e degli obiettivi sia per quanto riguarda laloro organizzazione, ha definito due ulteriori novità significative:‣ la possibilità di creare nuovi tipi di Fondi strutturali;‣ l’istituzione diretta, da concretizzarsi entro il 31/12/1993, di un Fondo di coesioneche contribuisse finanziariamente alla realizzazione dei progetti nei settori dell’ambiente edelle RTE (reti transeuropee) in materia di infrastrutture di trasporti.Viene stabilito un nuovo raddoppio in termini reali dei Fondi strutturali entro il 1993 ela revisione in aumento del capitale della Banca Europea degli Investimenti (BEI), chedovrà destinare la maggioranza delle sue risorse alla promozione della coesione. Anche imetodi di distribuzione delle risorse sono sufficientemente precisati:‣ le risorse provenienti dal raddoppio degli attuali Fondi strutturali sonodestinati agli Stati meno prosperi in termini di PIL ;‣ il Fondo di coesione è destinato a finanziare gli Stati con PIL pro capiteinferiore al 90% della media comunitaria ma che hanno predisposto un programmafinalizzato a soddisfare i criteri di convergenza economica;‣ la BEI è, invece, destinata ad orientare i suoi interventi verso le regioni piùpovere.Con regolamento del Consiglio n. 2080/93 viene altresì istituito un nuovo strumentofinanziario di orientamento per la pesca (SFOP).Ma, se fondamentale nel percorso tracciato dalle Istituzioni europee in materia dicoesione sociale è stato il Trattato di Maastricht, va dato altresì conto -in manieraparticolare- del fatto che nel corso degli anni ‘90 l’Unione Europea ha elaborato unamirata strategia per l’occupazione di grande impatto negli anni che stiamo vivendo ed i cuielementi caratteristici possono essere meglio compresi attraverso l’esame del processoche ha condotto alla sua formazione.L’avvio di una politica europea per l’occupazione può essere fatta risalire al Consiglioeuropeo di Essen del 9-10 dicembre 1994, che, nelle sue conclusioni, inserisce l’obiettivodella lotta alla disoccupazione fra i compiti prioritari dell’Unione Europea.Alla base di tale modello d’interventi c’è il chiaro intento di riparare al mancatoinserimento, fra i criteri di convergenza economica e monetaria stabiliti nel Trattato diMaastricht, di specifici indicatori riguardanti la situazione occupazionale dei Paesimembri.Il vertice di Essen, nel richiamare ufficialmente l’importanza dell’emergenzaoccupazionale, ha il merito di stabilire per la prima volta a livello europeo, all’interno dei67


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariPaesi dell’U.E., i cinque orientamenti chiave per fronteggiare tale emergenza, mediantel’uso di politiche di intervento nel mercato del lavoro degli Stati membri:‣ migliorare le opportunità di occupazione attraverso l’incentivazione degliinvestimenti nella formazione professionale;‣ favorire la crescita occupazionale, attraverso l’introduzione di maggiorielementi di flessibilità nell’organizzazione del lavoro e nella moderazione salariale;‣ ridurre i costi accessori del lavoro;‣ rafforzare l’efficacia delle politiche del mercato del lavoro, mediante ilpassaggio dalle politiche passive alle politiche attive;‣ rafforzare le misure a favore di gruppi particolarmente colpiti dal fenomenodella disoccupazione (giovani, anziani, donne, lavoratori non qualificati).La strategia di Essen viene implementata nel corso dei successivi vertici europei, daquello di Madrid (dicembre 1995) a quello di Dublino (dicembre 1996). Con il vertice diAmsterdam (16-17 giugno 1997) la strategia coordinata di intervento europeosull’occupazione (stabilita da Essen) viene ulteriormente raffinata e istituzionalizzataall’interno di uno specifico Trattato, introducendo un nuovo capitolo che ha per oggettol’occupazione europea.1.5 Le strategie di convergenza e di coesione economico-sociale. Larilevanza degli indicatoriPer realizzare la coesione economica e sociale l’Unione Europea dispone di diversepolitiche: la convergenza economica (presentazione ed esame dei programmi diconvergenza degli Stati membri), l’unificazione del mercato interno europeo, le grandireti transeuropee e, infine, le azioni a finalità strutturale.Le azioni a finalità strutturale sono condotte essenzialmente attraverso:‣ gli strumenti di bilancio, destinati allo sviluppo delle strutture in settori comela pesca, i trasporti, l’energia e l’ambiente; tra questi strumenti rientrano anche i Fondistrutturali;‣ le attività della Banca Europea per gli Investimenti.La BEI è un’istituzione finanziaria, senza scopo di lucro, dell’Unione, con sede aLussemburgo ed il cui obiettivo principale di intervento è rappresentato dallo sviluppodelle regioni meno favorite. Ad esso vanno aggiunti il miglioramento della competitivitàdelle imprese, il sostegno alle piccole e medie imprese (PMI), la realizzazione delle reti68


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaritranseuropee di trasporto, di telecomunicazioni e di trasferimenti di energia, la protezionedell’ambiente e il miglioramento delle condizioni di vita, la riduzione della dipendenzaenergetica nonché l’utilizzo razionale delle risorse naturali.In questo contesto, i Fondi strutturali rappresentano lo strumento principale dellapolitica di coesione economica e sociale nei confronti delle regioni svantaggiate dellaComunità Europea.Globalmente, gli interventi strutturali hanno un duplice effetto. Da un lato,contribuiscono a migliorare le prestazioni economiche dell’apparato produttivo,garantendo a lungo termine la crescita dell’occupazione. Dall’altro, producono effettisulla domanda. Nell’immediato agiscono direttamente sui redditi pro capite innalzandoli,ma più in generale producono un “effetto traino” sull’economia complessiva della singolaarea e spesso di quelle circostanti.Gli interventi strutturali si avvalgono di una serie di strumenti incentrati su tre tipi diiniziative: potenziamento delle infrastrutture, determinante quale stimolo alla crescita e diconseguenza all’occupazione – sostegno al settore produttivo – valorizzazione dellerisorse umane.“La coesione come risultato politico cui aspirare dipende sia dall’innesco di un processo socioeconomicodi convergenza, sia da un processo di integrazione che lo sostenga nel lungo periodo. Lacoesione senza la convergenza rimane un concetto astratto e non diventa obiettivo ottenibile.”Queste efficaci parole di Robert Leonardi, uno degli economisti contemporaneiche maggiormente si è occupato di Unione Europea, consentono di evidenziare come ilprincipio di coesione economico-sociale – ossia la solidarietà comunitaria a favore deiPaesi, delle regioni e degli strati della popolazione meno favoriti – costituisca non solol’obiettivo primario dell’Unione, ma addirittura il fulcro intorno a cui ruota tutta lacostruzione europea.Il Trattato sull’Unione evidenzia che il principio di coesione deve essere osservato sindalla fase di elaborazione e programmazione delle politiche e delle misure comunitarie.La Commissione, organo esecutivo della U.E., assolvendo ad una esigenza disemplificazione, valutazione e controllo del meccanismo di funzionamento dei Fondistrutturali, si impegna ad analizzare con regolarità i progressi ottenuti ed il contributodelle varie disposizioni. E’ stabilita, infatti, la presentazione, con cadenza triennale, di unarelazione sui progressi compiuti nella realizzazione della coesione, contenente un’analisidella situazione e dello sviluppo economico e sociale delle regioni della Comunità(art.130B).69


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariLa prima relazione sulla coesione economica e sociale, presentata dalla Commissionenel novembre del 1996, ha permesso di trarre le conclusioni sul contributo che è statoapportato dalle politiche e dall’adozione degli strumenti comunitari, in riferimento aiprogressi compiuti nella realizzazione della coesione; con essa ci si propone di verificare sei divari economici e sociali tra Stati membri, regioni e gruppi sociali si sono ridotti neltempo; ovvero, di conoscere gli effetti reali delle politiche strutturali e non. I risultatisono stati diversi.Grazie alle azioni strutturali e all’adozione di programmi macroeconomici nazionaliintesi a soddisfare i criteri fissati dall’Unione economica e monetaria, da circa dieci anni siregistra una convergenza netta fra le economie degli Stati membri. I quattro Paesi piùpoveri dell’Unione (Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda) hanno sperimentato unmiglioramento della loro situazione economica e l’esempio più significativo èindubbiamente quello dell’Irlanda, dove il PIL pro capite è passato dal 64% della mediacomunitaria nel 1983 al 90% circa nel 1995.Questi risultati su scala nazionale non devono tuttavia far passare in secondo piano ilpersistere, anzi, l’acuirsi, in certi casi, delle differenze tra alcune regioni dell’Unione perquanto riguarda il livello di vita.I mutamenti intervenuti all’interno dell’Unione Europea hanno imposto una riforma(la terza in ordine di tempo) dei Fondi strutturali. In linea di massima, la riforma del 1999è caratterizzata da un approfondimento della concentrazione degli aiuti, ma anche dallavolontà di favorire la semplificazione e il decentramento della gestione.Inoltre, la riforma sancisce una ripartizione più chiara delle responsabilità eun’applicazione accresciuta del principio di sussidiarietà. L’approfondimento dellaconcentrazione si è tradotto in una riduzione da sette a tre obiettivi prioritari.E’ stato istituito un regime transitorio (phasing out) per le regioni ammissibili agliobiettivi 1, 2, o 5b tra il 1994 e il 1999, ma che non sarebbero più ammissibili agliobiettivi 1 e 2 tra il 2000 e il 2006.In sostanza, con la conferma degli elementi della politica strutturale vigente, la riformadel 1999 si prefigge, oltre al miglioramento dell’efficacia degli strumenti strutturali, dimantenere il livello finanziario della coesione economica e sociale e di estendere lo sforzodi coesione regionale ai futuri Stati membri.Proprio in tale prospettiva, si è evidenziato che una delle linee fondamentali d’azionedella politica di coesione è costituita dalla definizione delle aree d’intervento.Ma, secondo quali criteri determinate aree sono definite a “sviluppo sostenuto” o, alcontrario, nell’ambito di range di crisi ? Va detto subito che la misurazione delle disparità70


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariesistenti costituisce già di per sé un’operazione delicata e fortemente complessa, giacchédeve poggiare su indicatori che riescano a far emergere le reali situazioni di deficit e checonsentano di evidenziare le differenze di well being (benessere).Indicatori quali il reddito pro capite ed il tasso di disoccupazione sono sicuramentemolto popolari tra gli economisti, in parte a motivo del fatto che è possibile misurare sia ilPIL che il tasso di disoccupazione di una regione nello stesso modo utilizzato perun’economia nazionale. Ad essi vanno ad aggiungersi altri elementi quali ad esempio illivello d’istruzione. Tutto ciò consente di evidenziare notevoli differenze nell’ambitodell’Unione. Il monitoraggio, infatti, della distribuzione della ricchezza e della presenza omeno di disparità territoriali più o meno marcate serve a verificare il progressivoavvicinamento all’obiettivo della coesione economico-sociale.Le analisi più rigorose confermerebbero infatti la permanenza di rilevanti divari direddito e dimostrerebbero come le differenze reddituali siano funzione diretta dellapresenza o meno di grandi settori di attività economica o della caratterizzazione urbana orurale della regione.Vi sono aree che necessitano di soluzioni strutturali per porre rimedio all’elevatissimotasso di disoccupazione, al basso livello di reddito pro capite, di gran lunga inferiore allamedia europea, alla carenza di infrastrutture di base (trasporti, telecomunicazione,energia, acqua, ambiente), alla scarsa qualificazione del personale, ai ritardi nella ricerca enello sviluppo tecnologico, alla inadeguatezza dei mercati finanziari locali rispetto alleesigenze di credito delle piccole e medie imprese, al declino di specifici settori di attività.Peraltro, va evidenziato che non sempre le differenze di ricchezza sono direttamentesovrapponibili ai confini statali. Dentro ogni singolo Paese è possibile trovare disparitàqualche volta ben più grandi di quelle esistenti tra gli Stati stessi.L’analisi delle disparità esistenti, operata con gli indicatori cui si è fatto cenno, segnalainfatti che all’interno di singoli Paesi si hanno diversità eclatanti tra aree regionali diverseche sembrano confermare come le aree più depresse siano quelle dove risulta minore ladistribuzione delle infrastrutture industriali e l’urbanizzazione e dove lo stato diaccrescimento dinamico sociale è più scarso. In termini esemplificativi, la mappadell’Unione presenta realtà a macchia di leopardo che segnalano un differenziale netto tranord e sud , tra grossi centri urbani e piccoli centri rurali.71


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariCAPITOLO IILA RIFORMA DEI FONDI STRUTTURALI COMUNITARI2.1 Strategie di coesione e funzione dei fondi comunitari a finalitàstrutturaleRiprendendo alcune considerazioni già svolte nel capitolo precedente riguardo ifondamenti della politica comunitaria, si ribadisce che l’obiettivo fondamentaledell’integrazione delle economie degli Stati membri delle Comunità Europee, oradell’Unione Europea, è previsto sia nei Principi fondamentali, sia nel Preambolo alTrattato di Roma, entrato in vigore il 1° gennaio 1958. In tale contesto alla Comunitàveniva assegnato il compito di assicurare «lo sviluppo armonioso riducendo le disparità frale differenti Regioni e il ritardo di quelle meno favorite».Secondo i fautori del Trattato di Roma, questo fine era raggiungibile grazie all’impiegodella politica di concorrenza, nel presupposto che l’eliminazione degli ostacoli alla liberacircolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali avrebbe consentito agliStati membri di ridurre e, quindi, di eliminare le disparità regionali e locali.L’esperienza successiva ha dimostrato che il processo di integrazione economica non èin grado –da solo- di risolvere i divari regionali e può invece aggravare le differenzeesistenti, poiché un mercato caratterizzato da una forte competitività, richiedendo unelevato livello di investimenti, finisce per penalizzare le aree più arretrate.Dunque, come accennato anche in precedenza, alla fine degli anni Settanta laComunità Europea, indotta dall’aggravarsi delle disparità di sviluppo tra alcune areedell’Europa, ha iniziato a promuovere alcuni strumenti finanziari posti al servizio dellapolitica regionale comunitaria: i finanziamenti della Bei, da un lato, e i fondi strutturali,dall’altro.La vera svolta di indirizzo si è verificata, però, dopo un decennio, con l’Atto UnicoEuropeo, entrato in vigore il 1 luglio 1987, che ha introdotto nel Trattato CE un titoloquinto dedicato alla «coesione economica e sociale».Il titolo si apre con l’articolo 158 CE (ex articolo 130A), il quale stabilisce che «perpromuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue lapropria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale». A taleprevisione, segue l’articolo 159, in base al quale la Comunità può perseguire questi72


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariobiettivi attraverso fondi a finalità strutturale in grado di colmare il divario esistente fra levarie regioni europee.Con l’Atto Unico Europeo, il fondamento giuridico dei fondi strutturali risiedefinalmente nel Trattato; ma è solo nel 1988 che la Comunità procede alla riforma deifondi strutturali, modificandone le regole di funzionamento e coordinandoli con glistrumenti finanziari esistenti. In questo contesto ha visto la luce la prima grande riformadei fondi strutturali, varata con l’adozione, da parte del Consiglio, dei regolamenti n.2052 del 24 luglio 1988 e n. 4253 del 19 dicembre 1988 che introdussero nella materiaalcuni principi fondamentali che si ritrovano ancora nella più recente riforma afferente ilperiodo di gestione 2000-2006. Tali principi sono quelli di concentrazione,programmazione, partnership, addizionalità e corretta gestione.La disciplina dettata dall’Atto Unico Europeo ha poi subito alcune modifiche in forzadel Trattato sull’Unione Europea (T.U.E.), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992. IlT.U.E. ha sensibilmente potenziato il ruolo della politica regionale con il protocollo sullacoesione economica e sociale, la previsione del Fondo di coesione e l’istituzione delComitato delle Regioni.La crescente attenzione per i temi della solidarietà si è infine concretizzata nel Trattatodi Amsterdam (in vigore dal 1° maggio 1999) e, quindi, nella Comunicazione dellaCommissione del 16 luglio 1997 «Agenda 2000: per un’Europa più forte e più ampia».Tale comunicazione raccoglie in modo organico le risposte alle richieste del Consiglioeuropeo di Madrid del dicembre 1995 sulle politiche comunitarie da rivedere o daproseguire e sulla effettiva ammissibilità dei Paesi candidati a entrare nell’UnioneEuropea.Occorre subito sottolineare che, nonostante gli ambiziosi propositi, il Trattato diAmsterdam non ha modificato gli assetti già consolidati con il Trattato di Maastricht, maha cercato di risolvere alcuni problemi che si sono posti in relazione al funzionamentodelle Istituzioni comunitarie.Su tali argomenti, in particolare per ciò che concerne la riforma dei fondi del 1994 ed inuovi regolamenti del 1999, si procederà ad apposita disamina nei paragrafi che seguono.Sin d’ora, peraltro, va detto, che i dati ufficiali della Commissione Europea hannodimostrato che nella loro applicazione i Fondi hanno rappresentato una nuova politicaeconomica e sociale di sviluppo e non una semplice politica assistenzialistica di sostegno aiPaesi più deboli.73


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitari2.2 La riforma dei fondi del 1994Abbiamo visto che nel 1988 la Comunità ha proceduto alla prima riforma dei fondistrutturali. Con tale riforma, realizzatasi attraverso i regolamenti CEE n. 2052/88, n.4253/88, n. 4254/88, n.4255/88, n. 4256/88, sono stati ridefiniti i meccanismi operatividella politica regionale comunitaria, allo scopo di aumentare l’efficacia delle azionistrutturali della Comunità. Infatti, il monitoraggio svolto sui risultati relativi al sistemaprecedente - durante il quale i fondi operavano in modo autonomo - aveva segnalato chele azioni strutturali erano state in numero così elevato da essere risultate in molti casieccessivamente dispersive e non coordinate con gli altri strumenti finanziari dellaComunità.Ciò portò ad un cambio di strategia, optandosi per un coordinamento sia tra singolifondi, sia tra questi e gli analoghi interventi dei singoli Stati membri, al fine di evitare ladispersione delle risorse disponibili, e di operare per obbiettivi e non per fondi, daconsiderare come strumenti al servizio di fini generali predeterminati.Parallelamente, venne elaborata una prima classificazione delle aree con problemi diinsufficiente sviluppo spontaneo sulla base di specifici parametri sopra esaminati (ladisparità di reddito e di produttività, le differenze di livelli occupazionali, il deficitinfrastrutturale, il declino industriale, le zone rurali).Con il Trattato di Maastricht poi – lo si è rilevato precedentemente – la politica dicoesione economica e sociale è divenuta un elemento fondamentale delle politichecomunitarie. Una prima traduzione politica dei principi di Maastricht avviene con ilcosiddetto “pacchetto Delors 2”, con il quale, insieme con le prospettive finanziarie, sipunta a stabilire gli obiettivi di fondo dell’azione comunitaria per il periodo 1994-1999: inparticolare, secondo questo documento, il compito primario al quale devono tendere idifferenti strumenti della politica comunitaria è quello di coniugare coesione,convergenza, competitività e crescita economica. Come effetto di tale impostazione, il 20luglio 1993 vengono approvati i nuovi regolamenti dei fondi.Si è trattato di uno sforzo economico certamente significativo poiché la Comunitàdeterminava, nella circostanza, un incremento dei fondi del 41% rispetto al periodo 1988-93.In parte, le ragioni di tali scelte risiedevano certamente nelle prospettive dell’UnioneEconomica e Monetaria (U.E.M.). L’aver imposto da parte degli Stati membri unariduzione della spesa pubblica in funzione del rispetto dei cd. parametri di convergenza74


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariavrebbe potuto accrescere le disparità tra Paesi ove non si fosse prevista la possibilità diapprestare idonei supporti di carattere finanziario alle economie meno sviluppate; quindi,uno sforzo finanziario cospicuo, accompagnato da una nuova riforma dei fondi strutturali.A tanto si provvide con i regolamenti n. 2081/93 e 2082/93, permeati entrambidall’intento di apprestare risposta ad una significativa preoccupazione politica dell’Europadi quel tempo: intervenire efficacemente nella lotta contro la disoccupazione e nellosviluppo delle regioni più sfavorite, attraverso l’integrazione di tutti gli interventi dicarattere strutturale.La riforma del 1993 introduceva alcune novità, tra le quali merita citare:la semplificazione delle procedure di programmazione con la previsione dei documentiunici di programmazione (DOCUP);l’ampliamento del “partenariato”, con particolare riferimento alle possibilità dicooperazione con gli interlocutori economici e sociali;il rafforzamento delle fasi valutative delle azioni strutturali;la maggiore attenzione al principio di addizionalità;l’accento alla protezione dell’ambiente ed alla promozione della parità tra uomini edonne;la maggior partecipazione del Parlamento europeo all’attuazione delle politichestrutturali.Di massima, può comunque dirsi che i regolamenti del 1993, contenendo un limitatonumero di modifiche rispetto alla riforma del 1988, esprimono di quest’ultima un giudiziosostanzialmente positivo e ne confermano le linee generali di indirizzo.Dopo i regolamenti del ‘93, con “Agenda 2000” parte infine l’ultima riforma dei fondistrutturali. Essa interviene a seguito delle proposte avanzate dalla Commissione nellacomunicazione del 15 luglio 1997, in cui vengono precisate le priorità per quantoriguarda la coesione economica e sociale: la riduzione delle disparità regionali, ilrafforzamento delle misure a sostegno delle regioni che attraversano una fase diriconversione economica e lo sviluppo delle risorse umane su tutto il territoriodell’Unione.2.3 I nuovi regolamenti del 1999Ad ”Agenda 2000” fanno seguito l’accordo raggiunto al Consiglio europeo di Berlinodel marzo 1999 ed il nuovo Regolamento CE n. 1260/1999 del 21 giugno 1999. Questi75


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaridocumenti definiscono il quadro di riferimento della politica economica e socialedell’Unione per il periodo di programmazione 2000-2006.Si tratta di un regolamento generale, che contiene le linee principali di operatività deifondi, al quale fanno seguito tre regolamenti settoriali, uno per ciascun fondo, recanti ledisposizioni sul funzionamento di ogni singolo strumento finanziario. Successivamente, il12 luglio 1999 sono state adottate le versioni emendate dei regolamenti relativi al Fondoeuropeo di sviluppo regionale (n. 1783/99) e al Fondo sociale europeo (n. 1784/99).Il quadro sopra delineato riguarda i fondi, i loro obiettivi, le procedure difinanziamento, nonché i quattro programmi di iniziativa comunitaria, che sono finanziatidagli stessi fondi strutturali.In sintesi, i fondi strutturali amministrati dalla Commissione Europea sono quattro:1) il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), gestito dalla direzione generale perla politica regionale;2) il Fondo sociale europeo (FSE), gestito dalla direzione generale per l’occupazionee gli affari sociali;3) il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG), gestito dalladirezione generale per l’agricoltura;4) lo strumento finanziario di orientamento per la pesca (SFOP), gestito dalladirezione generale per la pesca.Il più importante è il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), creato, come si èvisto, nel 1975. Esso finanzia la realizzazione di infrastrutture, investimenti produttivigeneratori di occupazione a favore, in particolare, delle imprese e progetti di sviluppolocale.Il Fondo sociale europeo (FSE), istituito nel 1958, promuove l'inserimentoprofessionale dei disoccupati e delle categorie sociali svantaggiate finanziando inparticolare azioni di formazione.Il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), istituito anch'essonel 1958 quale strumento finanziario della politica agricola comune (PAC), consta di duesezioni: la sezione Orientamento, che finanzia azioni di sviluppo rurale e aiuti agliagricoltori nelle regioni in ritardo di sviluppo, e la sezione Garanzia, che finanzia leorganizzazioni comuni di mercato nonché misure di sviluppo rurale in altre zone dellaComunità.Lo Strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP), istituito nel 1993, siprefigge l'adeguamento e l'ammodernamento delle attrezzature del settore nonché ladiversificazione economica nelle zone dipendenti dall'attività di pesca.76


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariPer quanto riguarda le quattro iniziative comunitarie, queste si propongono disperimentare nuove vie di sviluppo per rispondere a problematiche specifiche:• Interreg III si prefigge di incentivare la cooperazione transfrontaliera,transnazionale e interregionale;• Leader + punta a promuovere lo sviluppo socioeconomico delle zone rurali;• Equal mira allo sviluppo di nuove prassi per la lotta contro le discriminazioni e ledisuguaglianze di qualsiasi tipo nell'accesso al mercato del lavoro;• Urban II favorisce il rilancio economico e sociale delle città e delle periferie incrisi.Per rafforzare ulteriormente la politica strutturale, nel 1994 è stato istituito il Fondo dicoesione, destinato ai paesi con PIL medio pro capite inferiore al 90% della mediacomunitaria ( Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo ). Il Fondo concede finanziamenti perprogetti di infrastrutture nei settori dell'ambiente e dei trasporti.Vediamo quali sono le linee guida di questa riforma, che riprende, peraltro, l’assettodisegnato in una specifica Comunicazione della Commissione del 18 marzo 1998.Risulta confermata la proposta della Commissione di ridurre da sette a tre gli obiettivida perseguire attraverso questi strumenti. I fondi strutturali partecipano, ciascuno in basealla propria disciplina specifica, al conseguimento degli obiettivi, secondo il seguenteschema:FESR, FSE, FEAOG e SFOP: primo obiettivo;FESR, FSE e SFOP: secondo obiettivo;FSE: terzo obiettivo.L’articolo 7 del regolamento n. 1260/1999 individua le risorse disponibili perl’intervento strutturale, precisando che queste ammontano a 195 miliardi di Euro per ilperiodo 2000-2006, dei quali 135,9 miliardi di euro sono destinati al primo obiettivo.Per il periodo 2000-2006, sono previsti i seguenti obiettivi:L'obiettivo 1 intende promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale delle regioniin ritardo il cui prodotto interno lordo pro capite è inferiore al 75% della mediadell'Unione europea. Tale nuovo obiettivo riguarda inoltre le regioni ultraperiferiche(dipartimenti francesi d'oltremare, Azzorre, Madera e isole Canarie) e le zone interessatedal precedente obiettivo 6 (zone a bassa densità di popolazione), creato in seguito all'attodi adesione dell'Austria, della Finlandia e della Svezia;L'obiettivo 2 contribuisce a favorire la riconversione economica e sociale delle zonecon difficoltà strutturali diverse da quelle ammissibili all'obiettivo 1. Tale obiettivoriunisce i precedenti obiettivi 2 e 5b e altre zone che registrano problemi di77


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaridiversificazione economica. Esso riguarda globalmente le zone in fase di mutazioneeconomica, le zone rurali in declino, le zone dipendenti dalla pesca che si trovano in unasituazione di crisi e i quartieri urbani in difficoltà;L'obiettivo 3 riunisce tutte le azioni a favore dello sviluppo delle risorse umane al difuori delle regioni ammissibili all'obiettivo 1. Tale obiettivo riprende i precedenti obiettivi3 e 4. Esso costituisce il quadro di riferimento dell'insieme delle misure prese nell'ambitodel nuovo titolo sull'occupazione del Trattato di Amsterdam e della strategia europea perl'occupazione.I principi fondamentali della politica strutturale si possono desumere da alcuni articolidel regolamento n. 1260/1999. Tali principi sono: la concertazione degli interventi, ilpartenariato, la programmazione, l’addizionalità e il cofinanziamento, ai quali si possonoaggiungere anche il principio della verifica dell’effettività degli interventi mediante lavalutazione ed il monitoraggio dei risultati e quello del controllo sulle procedure esull’impiego dei fondi.Il principio di concertazione è previsto nell’articolo 8 del regolamento, in base al qualel’azione comunitaria, che pure deve essere complementare rispetto alle azioni nazionaliomologhe, si fonda su una stretta concertazione tra la Commissione, da un lato, lo Statomembro e le autorità regionali e locali, dall’altro.Spetta a ciascuno Stato membro, nell’ambito del proprio sistema istituzionale egiuridico, scegliere e designare le autorità più rappresentative a livello nazionale,regionale o locale, favorendo, ove ritenuto opportuno, il massimo coinvolgimento degliorganismi attivi nel campo dell’ambiente e della promozione delle pari opportunità. GliStati membri sono altresì tenuti a coinvolgere, al pertinente livello territoriale, tutte leparti sopra indicate nelle diverse fasi della programmazione (preparazione, finanziamento,sorveglianza e valutazione degli interventi).Il principio del partenariato - rafforzato nell’Agenda 2000 - consiste, invece, in unametodologia di concertazione e di coinvolgimento delle componenti pubbliche interessateagli interventi, dalle autorità nazionali a quelle regionali e locali. Tale aspetto assumeparticolare rilevanza per l’Italia, sia in virtù del suo interesse ad ottenere i finanziamenticomunitari per le proprie regioni economicamente deboli, sia in relazione al crescentefederalismo amministrativo e fiscale, che sta trasferendo alle regioni più ampi poteri,funzioni e disponibilità finanziarie.Per quanto riguarda il principio di programmazione, si rinvia la disamina ai prossimiparagrafi di approfondimento dei QCS e dei PO.Occorre, poi, ricordare i principi di addizionalità e di cofinanziamento.78


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariIn esplicazione del primo, gli stanziamenti dei fondi non possono sostituire le spesepubbliche o assimilabili, a finalità strutturale, dello Stato membro ed, a tale fine, siprevede che la Commissione e lo Stato membro interessato stabiliscano il livello dellespese pubbliche o assimilabili che quest’ultimo deve conservare per ciascun obiettivo.In merito al concetto di cofinanziamento, occorre da ultimo ricordare che lapartecipazione ai fondi strutturali è vincolata dal regolamento ad alcuni massimali. Adesempio, per le regioni ammissibili al primo obiettivo, il tasso di partecipazionecomunitaria può arrivare all’80 % per le regioni situate in uno Stato membro beneficiariodel fondo di coesione e all’85 % per tutte le regioni ultraperiferiche e le isole minori delMar Egeo. Dunque, la Comunità non finanzia mai integralmente attraverso i fondistrutturali azioni volte al raggiungimento di uno degli obiettivi, a cui deve quindiconcorrere lo stesso Stato membro.2.4 I Quadri Comunitari di Sostegno 2000-2006La programmazione è uno degli elementi essenziali delle riforme dei Fondi strutturalidel 1988 e del 1993 e resta al centro della riforma del 1999. Essa consiste nell'elaborareprogrammi di sviluppo pluriennali e viene realizzata mediante un processo di decisionepartenariale, in più fasi, fino all'assunzione delle azioni da parte dei responsabili di progettipubblici o privati.Secondo le disposizioni del regolamento generale sui Fondi strutturali il periodointeressato è di 7 anni per tutti gli obiettivi (2000-2006), fatti salvi possibili adattamenti infunzione della valutazione intermedia.In un primo tempo, gli Stati membri presentano dei piani di sviluppo e riconversione,che si fondano sulle priorità nazionali e regionali e che contengono:una descrizione precisa della situazione attuale della regione (divari, ritardi, potenzialedi sviluppo);una descrizione della strategia più appropriata per raggiungere gli obiettivi fissati;indicazioni sull'utilizzo e la forma del contributo finanziario dei Fondi previsti.I piani di sviluppo, elaborati dalle autorità nazionali o regionali appositamentedesignate dagli Stati membri, devono essere presentati alla Commissione, che provvedealla loro valutazione. La procedura di elaborazione dei piani in Italia prevede duemomenti, uno di dimensione nazionale e l’altro di dimensione regionale.79


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariI piani costituiscono la base sulla quale, successivamente, la Commissione, incollaborazione con lo Stato membro e le Regioni interessate al progetto, stabilisce, perogni obiettivo, i grandi assi prioritari e precisa il contributo delle risorse comunitarie, incombinazione con le risorse nazionali e regionali.Successivamente gli Stati membri presentano alla Commissione documenti diprogrammazione che riprendono gli orientamenti generali dell'esecutivo europeo. Talidocumenti di programmazione possono assumere la forma di:Quadri Comunitari di Sostegno (QCS) articolati in Programmi Operativi (PO):approvati dalla Commissione, d'intesa con lo Stato membro in questione, presentano lastrategia e le priorità di azione dei Fondi e dello Stato membro, i loro obiettivi specifici, lapartecipazione dei Fondi e le altre risorse finanziarie;Documenti Unici di Programmazione (DOCUP): costituiti da un solo documento,sono approvati dalla Commissione e riuniscono gli elementi contenuti in un quadrocomunitario di sostegno ed in un programma operativo (programma integrato per regionecontenente gli assi prioritari del programma, una descrizione succinta delle misurepreviste, un piano di finanziamento indicativo).I documenti di programmazione concernenti l'obiettivo 1 sono generalmente QCSarticolati in PO, ma si può fare ricorso ai DOCUP in caso di programmazione per importiinferiori a 1 miliardo di euro. Per l'obiettivo 2, si tratta sempre di DOCUP. Per contro, iltipo di documento di programmazione concernente l'obiettivo 3 è a discrezione delleRegioni e degli Stati membri.La Commissione negozia con gli Stati membri sulla base dei summenzionati documentidi programmazione e procede ad una ripartizione indicativa dei Fondi per ciascunintervento e per ciascuno Stato membro.In Italia, per la programmazione 2000-2006, sono stati approvati due QuadriComunitari di Sostegno, uno per l'obiettivo 1 e l'altro per l'obiettivo 3. Il FSEcontribuisce all'attuazione di entrambi i QCS. In particolare, il FSE finanzia integralmenteil QCS obiettivo 3.Il QCS obiettivo 3, approvato con Decisione della Commissione 1120 del 18/7/2000,è gestito dal <strong>Ministero</strong> del Lavoro e delle Politiche Sociali e si riferisce esclusivamente alleregioni del Centro-Nord e ad alcune azioni di sistema attuate a livello nazionale.La strategia nazionale descritta nel QCS obiettivo 3 persegue la “crescita economica el'espansione dell'occupazione, coadiuvate da un processo di riforma e rinnovamento dei sistemiriguardanti l'istruzione, la formazione ed il mercato del lavoro”. I campi di intervento toccatidalla strategia riguardano i “percorsi di apprendimento e di inserimento lavorativo della80


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaripopolazione, la risposta ai fabbisogni manifestati dal mercato da parte della domanda di lavoro,nonché gli strumenti ed i servizi diretti a facilitare l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro e amigliorare la qualificazione della forza lavoro”.All’interno del QCS vengono individuati sei assi - corrispondenti ai campi diintervento del FSE - all'interno dei quali sono presenti uno o più obiettivi specifici:Asse A- Sviluppo e promozione di politiche attive del mercato del lavoroAsse B- Integrazione nel mercato del lavoro delle persone più esposte al rischio diesclusione socialeAsse C- Promozione e miglioramento della formazione professionale, dell'istruzione edell'orientamento, nell'ambito di una politica di apprendimento lungo l'intero arco di vitaAsse D- Promozione di una forza lavoro competente, qualificata e adattabile; sostegnoall'imprenditorialità; sviluppo del potenziale umano nei settori della ricerca e dellosviluppo tecnologicoAsse E- Sostegno alle pari opportunità per le donne sul mercato del lavoroAsse F- Accompagnamento del QCS e dei Programmi Operativi.Per il QCS obiettivo 1, approvato dalla Commissione con la decisione 2050 del 1agosto 2000 e gestito dal <strong>Ministero</strong> dell'Economia e delle Finanze, il percorso diprogrammazione è parzialmente diverso. Gli interventi a favore dello sviluppo dellerisorse umane rientrano in un più generale quadro di sviluppo delle regioni delMezzogiorno, volto a recuperare il ritardo di queste ultime rispetto agli standardcomunitari, attraverso un complesso ed articolato sistema di interventi che prevede lapartecipazione integrata di tutti i Fondi a finalità strutturale.Obiettivo generale del QCS obiettivo 1 è il “raggiungimento di un tasso di crescita superiorea quello dell'Unione e la riduzione drastica del disagio sociale”. Fanno comunque riferimento atale obiettivo generale finalità tipicamente perseguite dal FSE, quali il conseguimento diun forte aumento dell'occupazione regolare, l'aumento dei tassi di attività, la riduzione dellavoro sommerso e la compressione della disoccupazione.Data l'ampiezza degli obiettivi perseguiti, il QCS è articolato in sei grandi aree diintervento, o assi prioritari, che hanno come scopo quello di valorizzare le risorse delMezzogiorno. La strategia perseguita si basa su alcuni principi chiave, ed in particolare:Concentrazione: gli obiettivi specifici sono in numero limitato e da conseguire mediantepochi programmi operativi articolati in linee di intervento.Integrazione: le priorità d'azione si sviluppano attraverso programmi regionali integrati;inoltre, si vuole perseguire l'efficacia delle azioni di sviluppo favorendo, all'interno dei81


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitarisingoli Programmi operativi, la programmazione, il finanziamento e l'attuazione diprogetti integrati di sviluppo. Assume particolare importanza l'integrazione delle risorseprovenienti dai singoli Fondi.Decentramento e individuazione delle responsabilità di attuazione: fondamentali al fine diottenere la gestione della concentrazione e dell'integrazione, una maggioreresponsabilizzazione della classe dirigente locale, una partecipazione più attenta da partedella classe politica locale ed il coinvolgimento degli attori locali.Verificabilità dei risultati: è intesa anche come una vera e propria responsabilitàistituzionale, in quanto ad ogni livello di risultato atteso corrisponde un responsabile il cuioperato è verificabile. La verificabilità implica l'applicazione sistematica e diffusa delmonitoraggio finanziario, fisico e procedurale a livello di progetto in maniera di assicurareil raccordo costante tra previsioni ex ante e risultati.Urgenza: i tempi stretti di conseguimento dell'obiettivo impongono la necessità didefinire rapidamente in ogni territorio sia le finalità specifiche che le tipologie di opere sucui si intende puntare e di utilizzare prontamente e valorizzare i progetti esistenti.Nello sviluppo delle strategie del QCS obiettivo 3 e dell'Asse III del QCS obiettivo 1viene data una rilevanza particolare al perseguimento dei campi trasversali del FSE, e cioèlo sviluppo locale, la società dell'informazione e le pari opportunità. L'Asse III del QCSobiettivo 1 dedica, inoltre, ampio spazio agli interventi per la ricerca e lo sviluppotecnologico.Come già ricordato, nell'ambito del QCS obiettivo 1 il FSE partecipa anche alfinanziamento di interventi al di fuori dell'Asse III, ciò soprattutto al fine di assicurarel'attuazione di politiche trasversali quali:rafforzamento della concorrenza nei mercati di beni e servizi, finalizzato alla competitivitàdelle imprese, la creazione di posti di lavoro e la crescita economica;flessibilità e maggiore efficienza del mercato del lavoro,fondamentale alla creazione di uncontesto stabile in grado di attrarre risorse e produrre nuovo impiego. Questo obiettivo sifocalizza principalmente sul miglioramento dei meccanismi allocativi del mercato dellavoro, sulla rapida creazione di servizi per l'impiego nonché sul coordinamento tra scuolae mondo del lavoro;miglioramento dell'efficienza dell'amministrazione pubblica, soprattutto per quanto riguardale strutture tecnico amministrative;sviluppo e sostegno della Società dell'Informazione, che costituisce un vero e proprio fattorepropulsivo dell'economia, in quanto consente di aumentare la produttività del fattorelavoro, di accrescere la qualità del capitale umano e di ridurre i costi;82


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitarisostegno all'occupazione, considerata strumento sia di una politica di crescita chedell'obiettivo di riduzione del disagio sociale;affermazione del principio di pari opportunità.2.5 I POR ed i PONIn Italia esistono forme di intervento di esclusiva competenza regionale e forme diintervento che sono gestite a livello nazionale dalle amministrazioni centrali dello stato; iprogrammi operativi regionali (POR) sono il principale strumento nell'ambito del quale lesingole Regioni richiedono il cofinanziamento comunitario per gli interventi checostituiscono la propria strategia di sviluppo, mentre i programmi operativi nazionali(PON) individuano le caratteristiche delle misure finanziabili e i criteri di eleggibilità deibeneficiari nell'ambito di macro-aree di sviluppo che coinvolgono più regioni.Per semplificare ed accelerare la procedura di programmazione, si prevede poi lapossibilità per gli Stati membri di presentare un documento di programmazione unico(DOCUP) per il primo ed il terzo obiettivo, contenente il piano di sviluppo (o diriconversione) e la relativa domanda di contributo. In questo caso, la Commissione adottauna decisione unica, che contiene gli elementi che normalmente figurano nelle decisionirelative ai QCS e alle forme di intervento.Come abbiamo visto in dettaglio al paragrafo precedente, in Italia, per laprogrammazione 2000-2006, sono stati approvati due Quadri Comunitari di Sostegno,uno per l'obiettivo 1 e l'altro per l'obiettivo 3.Il QCS 2000-2006 per l’obiettivo 1 prevede 14 Programmi Operativi: 7 nazionali(PON) e 7 regionali (POR). Ogni PON viene elaborato dalla relativa Autorità di gestionee trasmesso alla Commissione per la necessaria approvazione. Le misure annunciate neiProgrammi Operativi vengono, poi, specificate nel Complemento di Programmazione(CdP), che indica i modi di attuazione di ogni singolo intervento e la relativa ripartizionedei Fondi strutturali. Il CdP viene adottato dall’Autorità di gestione e trasmesso solo perinformazione alla Commissione Europea.I PON italiani per l’obiettivo 1 si rivolgono alle aree della ricerca, scuola, sicurezza,sviluppo locale, trasporti, pesca, assistenza tecnica. Trattandosi di programmi nazionali, leAutorità di gestione sono i Ministeri di riferimento: Istruzione e Ricerca, Interno,Infrastrutture, Politiche agricole, Economia e Finanza.83


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariI PON sono organizzati, dal punto di vista dei contenuti, in 6 capitoli: analisi dellasituazione di partenza, strategia di sviluppo, assi prioritari d’intervento, piano finanziario,condizioni di attuazione. In particolare, i PON in questione sono:PON Ricerca scientifica, sviluppo tecnologico, alta formazione;PON Scuola per lo sviluppo;PON Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno;PON Sviluppo imprenditoriale locale;PON Trasporti;PON Pesca;PON Assistenza tecnica ed azioni di sistema.Anche i POR hanno un’impostazione uniforme e si dividono di massima negli stessi 6capitoli specificati a proposito dei piani nazionali. I sette POR previsti per le regioniobiettivo 1 dal QCS 2000-2006 sono quelli di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia,Sardegna e Sicilia, cui si aggiunge quello del Molise in fase di sostegno transitorio (phasingout).Il QCS per l’obiettivo 3 prevede un Piano Operativo Nazionale “Azioni di sistema” e14 Piani Operativi Regionali.Dal punto di vista dei contenuti il predetto PON risponde alla esigenza di sostenere iprincipali processi di innovazione e riforma nel campo delle politiche del lavoro e dellaformazione, garantendone una diffusione omogenea su tutto il territorio nazionale.Essenzialmente, si tratta dell’attuazione, nelle Regioni del centro-nord, di programmi diazione politicamente concordati all’interno del “Patto sociale per lo sviluppo el’occupazione”.La programmazione per l’obiettivo 3 si caratterizza per una decisa enfasi riservataall’aspetto regionale e decentrato. Proprio attraverso la programmazione regionale (e cioèi 14 POR delle Regioni italiane del centro-nord e delle Province autonome di Trento eBolzano), dunque, vengono previste le azioni mirate allo sviluppo delle risorse umane.Gli interventi dell’obiettivo 2 sono pianificati attraverso il Documento unico diprogrammazione.Sono previsti dalla normativa comunitaria specifici criteri di ammissibilità delle areeall’obiettivo 2, in base a criteri differenziati per zone industriali, rurali, urbane edipendenti dalla pesca. L’Italia ha presentato alla Commissione europea un elenco di zoneammissibili che è stato poi negoziato in sede europea e successivamente approvatounitamente all’individuazione delle zone cd. phasing out.84


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariA seguito di tale approvazione (avvenuta il 27 luglio 2000 e rettificata il 27 aprile 2001a causa di alcuni errori materiali), tutte le Regioni interessate hanno elaborato epresentato alla Commissione i documenti unici di programmazione.85


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariCAPITOLO IIILE DISPOSIZIONI PER LA TRASPARENZA E LA LEGALITÀ NELLA GESTIONEDEI FONDI COMUNITARI3.1 I principi del TrattatoL’esigenza di tutela della trasparenza e legalità nella gestione del bilancio comunitario,e in particolare dei fondi strutturali, si afferma con maggiore urgenza con il diffondersi delfenomeno delle frodi comunitarie.In generale s’intende per frode ogni irregolarità ai danni degli interessi finanziari dellaComunità. Il concetto sarà approfondito più avanti (in particolare al par.3). Solo perchiarezza espositiva se ne dà ora una prima definizione.In materia di spese, costituisce dunque frode:‣ l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleticui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio;‣ la mancata comunicazione di un'informazione in violazione di un obbligo specifico,cui consegua lo stesso effetto;‣ la distrazione di fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmenteconcessi.La lotta alle frodi al bilancio della Comunità ha formato oggetto di attenzione da partedel Parlamento europeo già dal 1970, relativamente alla corretta gestione del bilancio.Nel 1989 poi la Corte dei conti e la Commissione approfondiscono l’argomento nelle lororelazioni e viene adottata una prima iniziativa ufficiale di studio sulla materia.Il complicato sistema di riscossione dei dazi, dei prelievi e delle altre entrate checostituiscono le risorse proprie della Comunità - riscossione che non è affidata alleIstituzioni, ma rimane una prerogativa degli Stati membri, i quali versano alla Comunità lesomme percepite - nonché l’articolato complesso di erogazioni tramite intermediarinazionali, ha prodotto nel corso degli anni un notevole aumento delle frodi comunitarie.E in effetti l’entità del fenomeno è tutt’altro che trascurabile. Gli ultimi dati adisposizione, relativi al 2001, indicano in 5.782 i casi trattati dagli Stati membri, conun'incidenza complessiva sul bilancio stimata in oltre 730 milioni di euro; ad essi sidevono aggiungere 381 inchieste avviate dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode(OLAF), che ha risolto anche 663 casi con un'incidenza potenziale di 565 milioni di euro.86


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariFino al Trattato di Maastricht (1992) non esisteva nessuna specifica previsioneantifrode nei Trattati istitutivi. Solo l’aggiunta – operata appunto dal TUE - dell’art. 209A(ora art. 280 nel testo completamente riformulato dal Trattato di Amsterdam del 1997)ha conferito alla lotta antifrode un fondamento giuridico certo, in particolare ponendo acarico degli Stati membri l’obbligo di adottare, a tutela degli interessi finanziari dellaComunità, le stesse misure che adottano a protezione dei propri interessi finanziari.L’art. 280 così recita:”1. La Comunità e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali cheledono gli interessi finanziari della Comunità stessa mediante misure adottate a norma del presentearticolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri.2. Gli Stati membri adottano, per combattere la frode che lede gli interessi finanziari dellaComunità, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede loro interessifinanziari.3. Fatte salve le altre disposizioni del presente Trattato, gli Stati membri coordinano l’azionediretta a tutelare gli interessi finanziari della Comunità contro la frode. A tal fine organizzano,assieme alla Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti.4. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’art. 251, previa consultazione dellaCorte dei conti, adotta le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode chelede gli interessi finanziari della Comunità, al fine di pervenire ad una protezione efficace edequivalente in tutti gli Stati membri. Tali misure non riguardano l’applicazione del diritto penalenazionale o l’amministrazione della giustizia negli Stati membri.5. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, presenta ogni anno al Parlamentoeuropeo e al Consiglio una relazione delle misure adottate ai fini dell’attuazione del presentearticolo.”Il nuovo testo ha previsto delle modifiche sostanziali, che riflettono l’evoluzione dellatutela degli interessi finanziari della Comunità, mantenendo la vigenza del c.d. principiodi assimilazione, posto peraltro in nuovo contesto, in modo tale da attribuirgli significatoe collocazione giuridica diversi.Occorre sottolineare che la Corte di Giustizia, già prima dell’introduzione dispecifiche norme di protezione, aveva posto l’attenzione sulla necessità di attivazione daparte degli Stati membri per la tutela degli interessi finanziari della Comunità.In realtà, la Corte desumeva l’obbligo degli Stati membri di garantire il rispetto delledisposizioni del diritto comunitario, prevedendo opportune sanzioni in caso di loroviolazione, dallo stesso Trattato CE, nell’ambito del più ampio dovere di lealecollaborazione: “L’art. 5 del Trattato, facendo obbligo agli Stati membri di emanare qualsiasi87


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariprovvedimento di carattere generale e particolare atto a garantire l’adempimento degli obblighiderivanti dagli atti delle istituzioni della Comunità, conferisce a ciascuno di essi la facoltà discegliere i provvedimenti idonei, ivi comprese le sanzioni, anche penali”.Dunque, in un primo momento la Corte di Giustizia aveva ritenuto che gli Statimembri fossero liberi di adottare discrezionalmente norme sanzionatorie di qualsiasi tipo.Successivamente invece, in adesione alla tesi espressa dalla Commissione, è giunta alladeterminazione che gli Stati membri, in ossequio ai dettami dell’articolo 5 del TrattatoCE, dovessero applicare agli autori di violazioni del diritto comunitario le stesse sanzionivigenti per le violazioni del diritto nazionale.L’indirizzo giurisprudenziale esposto ha così determinato la formulazione dell’art. 280,fondato sul principio di assimilazione, peraltro già presente nel Progetto di modifica deiTrattati del 1976, relativo alla protezione degli interessi finanziari delle Comunità ed allarepressione delle infrazioni al diritto comunitario.Detto principio prevede che il trattamento sanzionatorio sostanziale e processuale dellefrodi che ledono gli interessi finanziari delle Comunità debba essere assimilato a quellodelle frodi che ledono gli interessi finanziari degli Stati membri, equiparando le lesionicausate ai beni giuridici comunitari a quelle prodotte ad analoghi beni nazionali.Ma, qual è il fondamento del principio di assimilazione? Il quesito impone da una parteun riferimento alle modalità di formazione del bilancio comunitario e dall’altra alcuneconsiderazioni circa il carattere intrinseco degli interessi finanziari della Comunità.Per il primo aspetto occorre considerare che il bilancio comunitario è finanziatointegralmente da risorse proprie delle Comunità ed è il Consiglio che, con propriadecisione, stabilisce le norme dirette a reperire le risorse finanziarie comunitarie e neraccomanda l’adozione agli Stati membri, i quali, nel sistema delineato dall’articolo 269del Trattato, devono:a) ratificare le decisioni adottate dal Consiglio in materia di reperimento di risorsefinanziarie secondo le procedure previste dai rispettivi ordinamenti;b) curare all’interno del proprio Stato la riscossione delle risorse destinate alleComunità;c) versare le somme riscosse alle casse comunitarie entro i termini previsti dairegolamenti di attuazione.E’ chiaro quindi che la responsabilità della riscossione e dell’accertamento comportaanche l’obbligo di repressione dei fatti di frode.Per quanto attiene al secondo aspetto è sufficiente considerare che in realtà gli interessifinanziari della Comunità non sono distinti da quelli degli Stati membri e che questi non88


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaridevono considerarsi estranei e quindi indifferenti alle varie aggressioni alle risorseeconomiche comunitarie. Infatti, da un lato la stessa ragion d’essere della Comunità, ecioè la realizzazione del benessere e dello sviluppo nei vari Stati che della stessa fannoparte e, dall’altro, le modalità di formazione dell’attivo del bilancio comunitario,coinvolgenti a pieno titolo i vari Stati membri, portano ad affermare che anche questiultimi vengono lesi in caso di attentato alle risorse comuni e che, pertanto, gli interessinazionali e comunitari sono tra loro strettamente connessi e inscindibili.Il Trattato di Amsterdam, nel prevedere che la lotta contro i fenomeni di aggressionealle finanze comunitarie si fonda sull’intervento diretto sia degli Stati membri che dellaComunità, non ha fatto altro che enunciare il principio – già implicitamente consideratodal Trattato di Maastricht – della equivalenza degli interessi finanziari comunitari enazionali, ponendolo come cardine dell’intero sistema antifrode.D’altra parte, l’equivalenza legittima l’intervento diretto e non più mediato dellaComunità che, come soggetto colpito dagli illeciti lesivi dell’integrità delle sue finanze edella loro corretta gestione, non poteva mantenere un ruolo di esclusivo stimolo esupporto agli Stati membri, ma doveva necessariamente affiancarli nella repressione di taliilleciti.Per quanto attiene infatti all’adozione delle misure antifrode di competenza dellaComunità, il punto 4 dell’art. 280 impegna il Consiglio ad adottare, secondo la proceduradella codecisione, le necessarie misure preventive e di contrasto alle frodi, volte adassicurare una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri, con il limite -espressamente previsto - che le stesse non possono riguardare l’applicazione del dirittopenale nazionale o l’amministrazione della giustizia negli Stati membri.La limitazione riguarda la sola materia penale, in quanto è noto che la Comunità nondispone di un sistema sanzionatorio penale proprio, mentre è indubbia la competenzadelle Istituzioni comunitarie sia per i controlli che per le sanzioni amministrative.Tuttavia, la mancanza di un sistema sanzionatorio penale proprio della Comunitàcostituisce un ostacolo ad un’adeguata lotta alle frodi, in quanto il sistema consente che vipossano essere, nei singoli Stati, regimi di sanzioni diversi di fattispecie identiche, con laconseguente difficoltà di un intervento repressivo efficace ed omogeneo rispetto afenomeni criminali di rilevanza transnazionale, quale potenzialmente è la frode.In tal modo verrebbe a crearsi una frammentazione della disciplina a livello europeo, acausa della coesistenza di norme incriminatrici e processuali diverse, con un conseguenterischio di disparità di trattamento.89


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariIl “rischio penale” comporterebbe di fatto un rischio commerciale, falsando il giocodella concorrenza tra imprese di Stati diversi, con pregiudizio per l’unicità del mercato.Il principio di assimilazione non appresta dunque di per sé una sufficiente tutelaantifrode, anche perché non tutti gli Stati rispettano l’obbligo di protezione degli interessifinanziari della Comunità; inoltre l’art. 280 non indica se le misure da adottare debbanoavere natura penale o amministrativa, per cui la scelta viene rimessa alla determinazionedegli Stati stessi, fatto salvo il potere delle Istituzioni comunitarie di attivare la proceduraex art. 226 in caso di inadeguatezza dell’intervento.L’intervento delle Istituzioni comunitarie, volto all’armonizzazione delle disposizionisanzionatorie nazionali, appare quindi necessario al fine di perseguire adeguatamente gliobiettivi della Comunità.Né si pone un problema, con riferimento alla materia penale, di lesione dei principi ditassatività e legalità della norma penale, poiché, a seguito dell’intervento comunitario diarmonizzazione, l’individuazione delle fattispecie penali competerebbe sempre ecomunque al legislatore nazionale.Pertanto, proprio perché il principio di legalità è di ostacolo all’intervento diretto dellaComunità in ambito penale, si deve escludere che le norme che prevedonol’armonizzazione possano avere efficacia diretta, mentre le stesse necessitanodell’intervento del legislatore interno per l’adeguamento del proprio sistema normativo,al fine di assicurare ai beni giuridici comunitari la stessa tutela penale accordata aicorrispondenti beni giuridici nazionali.Dunque l’art. 280 deve essere inteso nel senso che i provvedimenti emanati dalConsiglio per prevenire e combattere le frodi possono avere ad oggetto la materia penale,rimanendo peraltro ad essi preclusa la possibilità di incidere direttamente sul sistemapenale nazionale.L’attribuzione, sia pure implicita, di poteri nella materia penale consente quindi disuperare i dubbi interpretativi, poiché il potere – dovere di armonizzazione trova unaspecifica fonte di legittimazione.Le misure antifrode – tanto quelle comunitarie, quanto quelle adottate dagli Statimembri - devono inoltre avere le caratteristiche dell’efficacia, della capacità dissuasiva edella proporzionalità, principio quest’ultimo non espressamente previsto dall’art.280, mada ritenersi immanente all’ordinamento comunitario.Inoltre, per quanto concerne la cooperazione tra gli Stati, si evidenzia che inprecedenza l’Istituzione comunitaria aveva un ruolo di supporto e di ausilio agli Statimembri nello svolgimento delle attività di controllo antifrode, che si esplicava mediante90


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaril’organizzazione, con l’aiuto della Commissione, di una stretta e regolare cooperazione trai servizi competenti delle rispettive amministrazioni.Nella nuova versione dell’articolo in argomento, la Commissione non ha più compitidi solo supporto agli Stati per la migliore cooperazione tra loro, ma diventa soggettoattivo della lotta antifrode.Infatti, mentre il vecchio art. 209 A prevedeva :”…gli Stati membri… con l’aiuto dellaCommissione organizzano una stretta e regolare cooperazione…”, ora il nuovo art. 280stabilisce: ”… gli Stati membri…organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolarecooperazione…”.Tale ruolo più incisivo già emerge, del resto, dal quadro normativo che si era venutodelineando in prossimità della stipula del Trattato di Amsterdam.Ci si riferisce ai regolamenti n. 2988/95 in materia di interessi finanziari dellaComunità e n. 2185/96 relativo ai controlli ed alle verifiche sul posto effettuati dallaCommissione (sui quali vedi, più diffusamente, par. 3), che hanno delineato un sistemaorganico dei controlli e delle sanzioni amministrative che fanno capo direttamente allaCommissione.Altro discorso investe invece il settore penale, nel quale, come si è visto, non vi èspazio per regolamenti aventi piena efficacia negli ordinamenti interni. Infatti, nonostanteil nuovo articolo 280 rappresenti un passo avanti per l’ampliamento delle competenzecomunitarie in materia, la possibilità di diretto intervento della Comunità a tutela deipropri interessi finanziari rimane comunque impedita, nella sua pienezza, permanendo lapreclusione per l’emanazione di norme sanzionatorie direttamente applicabili negli Statimembri.Chiara e condivisa è però la consapevolezza che la frode è fenomeno di fortepotenzialità distorsiva degli obiettivi stessi della Comunità, andando ad incidere sul regimedi libera concorrenza ed ostacolando in prospettiva il raggiungimento del fine diequilibrato sviluppo economico e sociale della Comunità. Non solo. Si tratta di fenomenoancor più pericoloso in quanto, come detto, non circoscrivibile tra i confini nazionali – delresto abbattuti proprio dalla Comunità – e pertanto da combattersi con efficaci strumenticomuni, anche sul piano penale.Si comprende quindi come la materia della lotta alle frodi sia collocata nel c.d. Terzopilastro, cioè nell’ambito comunitario – introdotto dal Trattato di Maastricht e rivisto dalTrattato di Amsterdam - della “cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale”.L’art. K1 del Trattato di Maastricht (art. 29 nel testo riscritto dal Trattato diAmsterdam) individua quale obiettivo dell’Unione il raggiungimento di un elevato livello91


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaridi sicurezza dei cittadini, da perseguire prevenendo e reprimendo la criminalità,organizzata o di altro tipo, in particolare il terrorismo, la tratta degli esseri umani ed ireati contro i minori, il traffico illecito di droga e di armi, la corruzione e la frode.Tra le forme criminali da contrastare viene ricompresa, dunque, la lotta alle frodi, ariprova della comune valutazione degli Stati in ordine alla rilevante minaccia delfenomeno, capace di riflettersi negativamente sulla sicurezza dei cittadini, inconsiderazione delle forme di inquinamento della vita economica ed amministrativa cui dàluogo e della già vista attitudine pervasiva transnazionale.Peraltro nel “Terzo pilastro” gli Stati membri conservano la propria sovranità, siapplica quindi anziché il metodo comunitario dell’integrazione, il metodo dellacooperazione intergovernativa, e gli atti adottati (posizioni comuni, decisioni – quadro,decisioni e convenzioni) non hanno efficacia diretta negli ordinamenti degli Stati membri.Strumenti attraverso cui raggiungere l’obiettivo sono una più stretta cooperazione trale forze di polizia e le autorità giudiziarie, anche attraverso Europol ed Eurojust (su cuivedi infra) ed il ravvicinamento delle normative, con la fissazione di norme minimerelative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni.A tale ultimo riguardo deve osservarsi che l’art. K3 lett. e) (ora 31) circoscrivetestualmente il ravvicinamento normativo alla criminalità organizzata, al terrorismo e altraffico illecito di stupefacenti, non ricomprendendo la frode.Peraltro, come si è visto, il nuovo articolo 280 del Trattato istitutivo non esclude equindi consente l’introduzione di disposizioni, non direttamente applicabili, tese alravvicinamento delle norme penali degli Stati membri; può quindi affermarsi che, sulversante della tutela degli interessi finanziari comunitari, si è in presenza di una implicita“comunitarizzazione” delle misure armonizzatrici antifrode, affidate dunque, in viaesclusiva, a strumenti tipici del “Primo pilastro”.Versiamo nell’ambito del “Terzo pilastro” in materia di lotta alla criminalitàorganizzata, fenomeno che peraltro, come detto, ha una forte connessione con quellodelle frodi.Un’altra fondamentale innovazione introdotta dal nuovo art. 280 è costituitadall’ampliamento della sfera degli illeciti da perseguire in ossequio al principio diassimilazione.E in effetti, mentre il testo originario faceva riferimento alle sole frodi, la nuovaversione estende l’area di intervento della Comunità e degli Stati membri alle altre attivitàillegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità stessa.92


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariIn realtà tale ampio riferimento si rinviene soltanto nel primo comma della norma,mentre nei commi successivi compare il solo termine frode. La differente modulazionenon deve confondere: il comma primo, per la sua impostazione e contenuto, vale comenorma di principio di carattere generale; l’omessa ripetizione nei commi seguenti delriferimento alle altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità deveritenersi dipendere più da esigenze di sintesi che da ragioni sistematiche. In altre parole iltermine frode, anche quando compare da solo, deve essere inteso in senso ampio,comprensivo di tutte le forme di illecito che attentano agli interessi finanziari dellaComunità.La modifica rispetto alla precedente versione della norma si spiega con l’evoluzioneche si è avuta nella normativa comunitaria, in cui si assiste al progressivo superamentodella tradizionale impostazione limitata alle fattispecie di reato afferenti il versante delleentrate e delle uscite del bilancio comunitario ed allo spostamento della centralità dellatutela verso la funzione strumentale che il bilancio stesso esplica rispetto alla attuazionedelle politiche comunitarie, la cui realizzazione presuppone la piena ed incondizionataacquisizione delle entrate e la loro regolare destinazione e gestione.Tale evoluzione è evidente nelle Convenzioni adottate in materia nell’ambito del“Terzo pilastro”.Mentre la Convenzione del 26 luglio 1995, relativa alla tutela degli interessi finanziaridella Comunità, definisce il concetto di frode comunitaria limitandosi ad indicare lefattispecie che attentano alle entrate ed alle uscite del bilancio, i tre protocolli dell’annosuccessivo completano l’ambito della tutela degli interessi finanziari della Comunità,includendovi prima i fatti di corruzione in cui sono coinvolti funzionari nazionali e/ocomunitari, e successivamente, l’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio deiproventi di attività illecite di frode e corruzione.La previsione di tali fattispecie, invero, non avrebbe avuto senso se non vi fosse statal’intenzione di reprimere e sanzionare tutti i comportamenti e/o le omissioni causalmenteidonee a pregiudicare la corretta attuazione delle politiche comunitarie attraversol’incompleta acquisizione delle entrate, ovvero l’indebita e/o fraudolenta distrazione deifondi costituenti le voci del bilancio comunitario dagli scopi cui gli stessi eranoistituzionalmente preposti.La modifica dell’articolo 209 A (ora 280) conferma pertanto quanto risultava già dallalettura delle Convenzioni e cioè che il fondamento della tutela non è l’integrità delbilancio comunitario in quanto tale, inteso cioè quale mero dato contabile, ma l’ordinatoe regolare svolgimento della vita economica della Comunità e della gestione93


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariamministrativa delle finanze comunitarie. Tale conferma, poi, rivaluta la portataermeneutica delle convenzioni stesse che, per i principi enunciati e la ratio ad esse sottesa,costituiscono, ancorché non direttamente applicabili, una fondamentale chiave di letturaper la ricostruzione delle fattispecie incriminatici.3.2 Il Programma di azione comunitaria 2001-2003Lo sviluppo degli indirizzi delineati dai Trattati, tradotti in una strategia globale ed inazioni prioritarie, ritroviamo nel programma d’azione 2001 – 2003 per la tutela degliinteressi finanziari e la lotta contro le frodi, elaborato dalla Commissione europea.Il documento propone a tal fine quattro sfide, coerenti con la priorità attribuita dalleIstituzioni e dagli Stati membri alla lotta contro la grande criminalità economica efinanziaria.Tale impostazione si basa, come detto, sul disposto del nuovo art. 280 introdotto dalTrattato di Amsterdam. Peraltro, la specifica responsabilità della Commissione in materiaè strettamente connessa con la sua funzione di organo cui spetta di curare l’esecuzione delbilancio, ai sensi dell’art. 274 del Trattato CE, norma che altresì fa carico alla stessaCommissione, con la cooperazione degli Stati membri, di garantire che gli stanziamenti dibilancio siano utilizzati secondo i principi della buona gestione finanziaria.Si ricorderà del resto che lo stesso art. 280 individua nella Commissione e negli Statimembri i partner obbligati nella tutela degli interessi finanziari e nella lotta antifrode,tenuti a riferire al Parlamento europeo e al Consiglio circa le misure adottate in materia.Esula dagli scopi del presente lavoro un approfondimento analitico delle articolateazioni attuative del programma. Cionondimeno si ritiene utile cogliere nel documento leprospettive strategiche proposte dalla Commissione, soprattutto se si considera l’aspettoappena posto in luce, e sul quale si ritornerà, della necessaria cooperazione tra tutte leautorità competenti, comunitarie e nazionali, ai fini di un’efficace lotta antifrode.1. La prima finalità è individuata nello sviluppo di una politica antifrode globale, basataappunto sull’art. 280 del Trattato, che associ prevenzione e lotta contro la frode, pergarantire una tutela effettiva ed equivalente degli interessi finanziari nell’insieme dellaComunità. Tale asse pone l’accento sul carattere globale e pluridimensionale delle misureda adottare, principalmente sul piano legislativo, al fine di eliminare le possibilità esistentidi frode e di corruzione, nonché qualsiasi altra attività illegale che leda gli interessi delleComunità.94


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariUn’efficace prevenzione richiede, secondo la Commissione, che tutte le iniziativelegislative e politiche aventi un’incidenza finanziaria siano corredate da appropriate misureantifrode.Non minore rilevanza assume poi la necessità di rafforzare gli strumenti giuridici diindividuazione, controllo e sanzione delle frodi e delle irregolarità.In tale prospettiva un’attenzione particolare va dedicata al settore, definito “sensibile”,degli appalti pubblici, nel quale occorre potenziare i dispositivi di prevenzione per quantoriguarda sia le attività comunitarie sia quelle degli Stati membri. A questo fine laCommissione pone l’accento sull’introduzione di meccanismi di esclusione obbligatoria diquegli offerenti già condannati per partecipazione ad una organizzazione criminale, percorruzione o per frode agli interessi finanziari della Comunità, e di esclusione facoltativadegli operatori economici “non affidabili”.Strumento di sicura utilità potrà altresì rivelarsi un sistema informativo tra gli Statimembri diretto ad escludere dagli appalti quei partecipanti che sono già stati condannatiper i reati citati in uno qualsiasi degli Stati.La capacità delle organizzazioni criminali di inserirsi nel contesto economico sano e diapparire come imprese e attività legittime, rende difficile – osserva la Commissione – lacomprensione globale dei comportamenti illeciti e l’identificazione delle strutturecriminali. Fatto salvo al riguardo un controllo pubblico che permetta di sanzionare, se delcaso, le lacune dei sistemi di autodisciplina, sarebbe utile incoraggiare le professioniinteressate a elaborare esse stesse le loro regole interne.Viene altresì sottolineato l’interesse a completare le disposizioni relative al controlloamministrativo con un sistema di sanzioni amministrative destinato ad impedire losvilupparsi di irregolarità ed a rafforzare il rispetto delle regole comunitarie,conformemente al quadro normativo istituito dal regolamento n. 2988/95 relativo allatutela degli interessi finanziari e dal regolamento n. 2185/96 relativo ai controlli everifiche sul posto.2. Il rafforzamento di uno spirito di cooperazione tra tutte le autorità competenti.L’impostazione strategica stabilisce che un’azione efficace in materia di tutela degliinteressi finanziari e di lotta contro le frodi debba contare sulla piena partecipazione esull’impegno concertato delle autorità nazionali e comunitarie.La creazione dell’ufficio per la lotta antifrodi (OLAF), di cui si parlerà piùdiffusamente in seguito, ha dotato la Comunità di uno strumento efficacenell’assolvimento di tale compito. L’Ufficio può ulteriormente contribuire ad organizzare95


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitarie strutturare il flusso delle informazioni operative, giuridiche e statistiche, senza il qualenon è possibile avere una visione d’insieme a livello comunitario.D’altronde, una migliore gestione delle informazioni disponibili e una definizione dimetodi di lavoro innovativi con tutti gli attori operanti sul territorio costituiscono quellache la Commissione definisce “un’applicazione rafforzata della sussidiarietà delle iniziativecomunitarie”.A tale proposito è prevista la realizzazione di una struttura comunitaria avente lo scopodi raccogliere, utilizzare e mettere a disposizione delle amministrazioni nazionali edell’insieme dei servizi della Commissione le informazioni raccolte sul campo concernentila tutela degli interessi finanziari e la lotta contro la frode.La chiave per un’azione efficace di tutela degli interessi finanziari risiede dunque in unasinergia tra le capacità d’individuazione e di analisi esistenti a livello comunitario e lecapacità proprie delle amministrazioni nazionali nonché degli organismi comunitari edinternazionali.Ma l’approfondimento del partenariato tra le istituzioni comunitarie e gli Stati membriassume valenza ancor più ampia e strategica alla luce di una considerazione ulteriore svoltadalla Commissione. Attraverso lo sviluppo della cooperazione e dell’informazionereciproca tra tutti i partner pubblici nel campo della lotta alla criminalità economica efinanziaria (le frodi, ma anche la contraffazione monetaria, la corruzione e il riciclaggio diproventi illeciti), si pongono in essere azioni efficaci di contrasto - considerata l’analogiadegli interessi minacciati - nei confronti della criminalità organizzata, in particolare quellache opera a livello internazionale.3. Lotta contro la frode e le altre attività illegali all’interno della Commissione. L’obiettivoconsiste nel sensibilizzare l’insieme degli agenti della Commissione e dei beneficiariall’aspetto etico della gestione finanziaria e nel definire gli orientamenti diretti a prevenirequalsiasi comportamento che arrechi un pregiudizio agli interessi politici, giuridici efinanziari della Comunità.Una lotta più efficace contro le irregolarità, la frode e la corruzione rende necessariorafforzare il coordinamento e la cooperazione fra i servizi stessi della Commissione. E’previsto altresì un piano di formazione sulla protezione degli interessi finanziari destinatoal personale incaricato della preparazione dei programmi e della gestione finanziaria.Si evidenzia, in questo ambito, che l’OLAF, nello svolgimento dei suoi compiti,dispone, come meglio si dirà in seguito, di un potere indipendente d’indagine all’internodelle Istituzioni ed organi comunitari.96


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitari4. Quarto settore d’intervento ed insieme obiettivo strategico è, secondo laCommissione, quello del rafforzamento della dimensione giudiziaria penale nel contrasto alleattività illegali che ledono gli interessi finanziari comunitari.Si tratta, com’è noto, di materie rientranti nel c.d. Terzo pilastroA tal fine la Commissione si propone iniziative specifiche, mirate sul carattere e lenecessità peculiari della prevenzione e della lotta contro queste forme di criminalitàdefinite “contro l’Europa”.In primo luogo l’istituzione di un procuratore europeo competente per le indaginiinterne ed esterne nel settore della tutela degli interessi finanziari comunitari, chegarantirebbe al massimo grado l’esigenza di coordinamento e di potenziamento delleattività investigative in un settore che, come si è visto, si muove privilegiando ladimensione transnazionale.Nel quadro della creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia si pone altresìcome elemento essenziale il rafforzamento della cooperazione tra le autorità competenti,nel pieno rispetto dei diritti fondamentali. In particolare per quanto riguarda lacooperazione giudiziaria penale l’obiettivo è l’ulteriore semplificazione delle procedure diassistenza giudiziaria reciproca e di rogatoria, nonché il migliore coordinamento delleazioni giudiziarie e il riconoscimento reciproco delle sentenze.In tale ambito assume particolare valenza la nuova struttura di Eurojust, composta daprocuratori, magistrati e funzionari di polizia, con la funzione proprio di ottimizzare ilcoordinamento delle autorità giudiziarie nazionali e facilitare la cooperazione giudiziarianei casi di criminalità internazionale grave, particolarmente quando si tratta di criminalitàorganizzata.La Commissione si prefigge infine un ulteriore rafforzamento di Europol, l’estensionedella sfera di reati di competenza dell’Ufficio a tutte le forme di criminalità, incluse lafrode e la corruzione, e la più efficace cooperazione con l’OLAF.Sulla struttura e sull’attività di Eurojust ed Europol si rinvia senz’altro agliapprofondimenti svolti più avanti.3.3 La normativa comunitaria antifrodeSi è visto sopra che, con i regolamenti del Consiglio n. 2988/95 del 18.12.1995 e n.2189/96 dell’11.11.1996, la Comunità si è dotata di un quadro normativo comune a tuttii settori in materia di controlli e sanzioni nell’ambito della lotta contro le frodi.97


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariIl primo provvedimento contiene la disciplina generale in materia di tutela degliinteressi finanziari delle Comunità e offre una disciplina c.d. orizzontale (che si applicacioè a tutti i settori di attività delle Comunità, ad eccezione delle frodi agricole) chedefinisce i principi generali a cui s’ispira l’azione comunitaria nel campo della lotta allefrodi e le sanzioni amministrative applicabili in caso di accertata irregolarità che abbiacome conseguenza una lesione degli interessi finanziari comunitari.Il regolamento prende le mosse dalla constatazione che oltre la metà delle spese dellaComunità è versata ai destinatari dagli Stati membri e che le modalità di tale gestionedecentrata ed i sistemi di controllo sono disciplinati da disposizioni dettagliate diverse a<strong>seconda</strong> delle politiche comunitarie.Il Consiglio ha peraltro la consapevolezza che l’efficacia della lotta contro gli atti lesividegli interessi finanziari delle Comunità richiede la predisposizione di un contestogiuridico comune a tutti i settori contemplati dalle politiche comunitarie.Il regolamento, che lascia impregiudicata l’applicazione del diritto penale degli Statimembri, si pone quindi quale normativa generale relativa ai controlli, alle misure e allesanzioni amministrative riguardanti irregolarità che abbiano o possano avere comeconseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da questegestite, attraverso la diminuzione di entrate o l’erogazione indebita di spese.In particolare, vengono affermati i principi di legalità e irretroattività della normasanzionatrice, e di effettività, proporzionalità e dissuasività della sanzione, al fine diassicurare un’adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità.L’irregolarità comporta, in generale, oltre alla sanzione, la revoca del vantaggioindebitamente ottenuto.Sono altresì previste disposizioni per evitare il cumulo delle sanzioni pecuniariecomunitarie e della sanzioni penali nazionali.Viene inoltre disciplinato lo svolgimento dei controlli che spettano sia agli Statimembri sia alla Commissione.L’art. 10 del regolamento n. 2988/95 rimandava ad un successivo provvedimentol’individuazione dei criteri e delle modalità relative ai controlli in loco. A tale disposizioneè stata data attuazione con il regolamento n. 2185/96, in base al quale la Commissionepuò effettuare controlli e verifiche sul posto presso gli operatori economici interessati.Fatte salve le norme nazionali di procedura penale, i controllori della Commissionehanno accesso a tutte le informazioni relative alle operazioni di cui trattasi, necessarie aifini del buon svolgimento dei controlli e delle verifiche.98


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariLe relazioni redatte dai controllori della Commissione costituiscono elementi di provache possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Statomembro in cui risulti necessario utilizzarle.I regolamenti n. 2988/95 e n. 2185/96 appaiono dunque di fondamentale importanzaperché introducono principi e regole di carattere generale che prescindono e si affiancanoalle specifiche norme di settore; essi trovano ora la loro base giuridica nel nuovo articolo280 del Trattato istitutivo, che introduce, quale principio scritto nelle normefondamentali della Comunità, la legittimazione dell’intervento diretto di quest’ultima perla tutela dei propri interessi finanziari. Al tempo stesso forniscono a tale principio uncontenuto specifico ed un riferimento di pronta applicabilità, tale da attribuirgli unaimmediata valenza pratico-operativa.Nasce così, sotto il versante dei controlli amministrativi, un nucleo forte ed omogeneorappresentato dalla enunciazione del principio di diretto intervento e dalla sua esplicazionein regolamenti pienamente efficaci e di carattere generale; ciò a differenza del settorepenale in cui, come si è visto, permane la preclusione all’emanazione, da parte degliorgani comunitari, di norme sanzionatorie direttamente applicabili negli Stati membri.Fermo restando tale limite, si è visto tuttavia quanto sia importante conferire unamaggiore efficacia alla lotta antifrode, apprestando una tutela penale agli interessifinanziari della Comunità, ovviamente negli spazi aperti dall’art. 280, nonché nell’ambitodel “Terzo pilastro”.Si è già rimarcata, in tale prospettiva, la valenza della Convenzione del 26 luglio 1995relativa alla tutela degli interessi finanziari della Comunità, e dei tre protocolli che necompletano la normativa.Come si è già accennato in precedenza, in base a tale complesso normativo gli Statimembri sono tenuti ad adottare le misure necessarie per sanzionare penalmente lecondotte di frode, corruzione e riciclaggio di danaro, nonché la complicità, l’istigazione e,ad eccezione della corruzione, i tentativi relativi a tali fattispecie.Ma passiamo ad esaminare tali figure di reato, ricordando che, come si è visto,l’oggetto giuridico tutelato è non tanto l’integrità formale del bilancio, quanto la correttagestione amministrativa delle finanze comunitarie.A) Un primo gruppo di illeciti rientra nella definizione di frode che lede gli interessifinanziari delle Comunità europee, così stabilita dal paragrafo 1 dell’articolo 1, dellaConvenzione del 26 luglio 1995:a. in materia di spese, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:99


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitari- all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti oincompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dalbilancio generale delle Comunità europee o dai bilanci gestiti dalle Comunità europee oper conto di esse;- alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligospecifico cui consegua lo stesso effetto;- alla distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono statiinizialmente concessi;b. in materia di entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:- all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti oincompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delleComunità europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse;- alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligospecifico cui consegua lo stesso effetto;- alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegua lo stesso effetto.Sulla base di tale definizione possono quindi individuarsi i seguenti comportamentiilleciti:1. evasione delle diverse forme impositive, principalmente prelievi agricoli e dazidoganali, previste in relazione ai regimi doganali disciplinati dal Codice doganalecomunitario, nonché dalla normativa doganale nazionale.L’ipotesi più ricorrente consiste nel mancato pagamento ovvero nel pagamento inmisura inferiore al dovuto, di diritti di confine dovuti per l’immissione in libera pratica dimerci di provenienza extracomunitaria all’interno del territorio dell’Unione europea;2. indebita percezione e/o distrazione di finanziamenti comunitari erogati nel quadrodella politica agricola comune;3. indebita percezione e/o distrazione di finanziamenti comunitari concessi dai fondistrutturali.Quanto alle altre fenomenologie di illecito, è da rilevare come sia questione moltocontroversa in dottrina se nel concetto di entrate comunitarie possano rientrare icontributi percentuali che ciascuno Stato membro è tenuto a versare sulla base imponibiledell’IVA nazionale e se, pertanto, le frodi in materia di IVA possano essere consideratealla stregua delle frodi agli interessi finanziari delle Comunità. Stesso problema si pone perla risorsa del PIL, cioè per quella quota del prodotto interno lordo che gli Stati membridevono destinare alle Comunità.100


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariB) Un secondo gruppo di illeciti è costituito dagli atti di corruzione nei quali sonocoinvolti funzionari sia nazionali che comunitari e che ledono o possono ledere gli interessifinanziari delle Comunità europee.Alla base delle Convenzioni vi era l’esigenza di introdurre specifiche disposizioni chepermettessero di punire le condotte poste in essere da funzionari comunitari, ovvero dasoggetti che svolgono funzioni equivalenti a quelle dei funzionari, considerando costorosoggetti attivi del reato.La lacuna non era di poco conto ove si consideri che, in assenza di specifiche norme,non potevano essere perseguiti penalmente coloro che agiscono in violazione dei lorodoveri quali funzionari della Comunità, non potendo essere considerati né pubbliciufficiali, né incaricati di pubblico servizio. Da qui l’esigenza di estendere le fattispeciepunitive, colpendo i fenomeni di corruzione sia di funzionari nazionali che comunitari.C) Il terzo gruppo di illeciti è costituito dai fatti previsti dal secondo protocollo dellaConvenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee,adottato al fine di introdurre specifiche disposizioni in materia di responsabilità dellepersone giuridiche, di confisca e di riciclaggio di denaro, nonché di cooperazione tra gliStati membri e la Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle ComunitàEuropee.La previsione del riciclaggio tra le fattispecie di reato a tutela degli interessi finanziaridella Comunità è dovuta alla considerazione degli effetti distorsivi sul mercato e sullalibera concorrenza e costituisce la conferma della stretta connessione tra gli interessifinanziari della Comunità e la lotta alla criminalità organizzata transnazionale.3.4 Le norme di legalità e trasparenza nella gestione dei fondi comunitariAbbiamo visto che i fondi strutturali, quali strumenti attraverso cui l’Unione Europearealizza la sua politica di coesione economica e sociale, si ispirano, ai sensi delledisposizioni del regolamento CE n. 1260/99 del 21.6.1999, a quattro principi essenziali:- complementarietà;- partenariato;- addizionalità;- integrazione.Ne riepiloghiamo brevemente il contenuto.Le azioni comunitarie sono innanzitutto concepite in maniera tale che siano101


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaricomplementari alle corrispondenti azioni nazionali o quali contributi alle stesse.In secondo luogo, si basano su una struttura di concertazione - o comunquepartenariato - tra la Commissione, lo Stato membro, nonché le autorità e gli organismidesignati dallo stesso Paese. In tale ottica, particolare valenza assume il partenariato con leRegioni, allo scopo di garantire proprio la complementarietà di competenze, che si fondasu una sempre più accentuata concertazione e condivisione di obiettivi, direttrici e risorse.Inoltre, gli stanziamenti dei fondi, per assicurare un concreto impatto economico, nonpossono sostituirsi alle spese a finalità strutturali o assimilabili dello Stato membro; a talescopo, per soddisfare il principio della addizionalità, la Commissione e lo Stato membrostabiliscono il livello delle spese pubbliche, a finalità strutturale, che lo Stato stesso deveconservare nell’insieme delle sue Regioni, cui attiene l’obiettivo di riferimento nel corsodel periodo di programmazione.Infine, le diverse fonti di finanziamento devono essere coordinate verso i medesimiobiettivi, in modo che le azioni sviluppino il massimo delle sinergie possibili, al di là deisettori di stretta pertinenza.Tali principi dell’organizzazione dei fondi hanno come punto di riferimento l’obiettivodi garantire la legalità e la trasparenza nella gestione dei relativi interventi difinanziamento.Considerata la rilevanza delle finalità che informano il sistema dei fondi strutturali, lacomplessiva gestione finanziaria degli stessi deve, infatti, essere improntata a criteri dirigore; in particolare, deve essere osservata una severa disciplina di bilancio e dicontabilità.Al fine, inoltre, di evitare ogni forma di irregolarità, gli Stati membri hanno l’obbligodi esercitare un severo controllo sulla utilizzazione degli interventi di sostegnocomunitario e di recuperare le somme perdute per abuso o negligenza. Peraltro, gli stessiStati possono essere tenuti responsabili, in via sussidiaria, per le somme indebitamenteversate.L’impegno delle risorse avviene in genere sulla base di quote annuali indicate sul pianodi finanziamento. I pagamenti sono effettuati in più tempi ed in corrispondenza di spesedebitamente certificate.Per accelerare i circuiti finanziari, sono state rese più perentorie le regole generali inmateria di scadenze: almeno in linea di principio, la Commissione ha tre mesi perprovvedere ai pagamenti e gli Stati membri due mesi di tempo per farli pervenire albeneficiario finale; quest’ultimo, ovviamente, deve avere sempre inoltrato le preventivedomande alle competenti autorità in sede nazionale.102


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariLa disciplina di utilizzo dei fondi è resa ancor più severa dalla possibilità che le risorseassegnate ad uno Stato membro, qualora non risultino essere state utilizzate entro itermini prescritti, siano revocate; inoltre, non risulta oggi più ipotizzabile ricondurrel’utilizzo di fondi, non impiegati nei tempi prescritti, al periodo di programmazionesuccessiva.Ad incentivare, di converso, la regolare destinazione dei fondi, è prevista lacostituzione di una “riserva” (pari al 10% del totale dei “fondi strutturali”) da assegnare,dopo le valutazioni di medio periodo, a quegli Stati membri che avranno gestito in modopiù efficace e spedito i finanziamenti comunitari loro attribuiti.In considerazione del notevole rilievo dell’insieme delle somme coinvolte nel sistemadei fondi strutturali, la più recente riforma in materia ha potenziato e reso più incisive leprocedure di valutazione preventiva, di sorveglianza e di verifica.Tali procedure, infatti, hanno lo scopo di vagliare il reale impatto degli interventi, conparticolare riguardo ai vari “obiettivi” ed agli specifici problemi strutturali; esigenza,questa, resa ancor più avvertita, atteso il notevole grado di decentramento e di cogestioneche caratterizza la materia in commento, coinvolgendo istanze a più livelli, da quellocomunitario a quello locale.La valutazione preventiva, che ha formato oggetto di precisi richiami del ConsiglioEuropeo, risponde alla necessità di riscontro dei costi - risultati; a questo fine, gli “aiuti”saranno assegnati se alla valutazione “ex ante” emergeranno vantaggi socio - economici amedio termine in funzione delle risorse messe a disposizione. Inoltre, si richiede che ipiani di sviluppo e le istanze degli Stati membri contengano obiettivi specifici e quantificatiper ciascuna delle iniziative proposte.Tra gli strumenti atti a garantire il regime di legalità e di trasparenza nella gestione deifondi occupa un posto di primo piano l’attività di sorveglianza sulla attuazione di quantoprogrammato.Essa è assicurata dalla Commissione e dagli Stati membri, in cooperazione tra di loro,in una logica di solidarietà, avvalendosi anche dei comitati appositamente costituiti; dovràprevedere severi e frequenti controlli riguardo l’avanzamento dell’opera e l’andamentodella gestione, nonché eventuali problemi insorti.Il sistema di sorveglianza, così come appare delineato dal capitolo I (artt. 34 - 37) delRegolamento CE n. 1260/1999 adottato dal Consiglio il 21 giugno 1999, si estrinsecaattraverso gli istituti delle autorità di gestione (art. 9, lettera n ed art. 34) e dei Comitatidi Sorveglianza (art. 35).L’autorità di gestione è responsabile della efficacia e della regolarità della gestione,103


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitarinonché della attuazione degli interventi di sostegno. In particolare, procede a raccogliere idati finanziari e statistici ai fini della valutazione dell’andamento degli interventi e dellaefficacia dei risultati, dandone notizia alla Commissione, nonché elaborando e presentandoallo stesso organismo comunitario, previa approvazione del Comitato di Sorveglianza, ilrapporto annuale di esecuzione; inoltre, è responsabile della regolarità delle operazionifinanziarie a titolo di intervento, segnatamente della attuazione delle misure di controllointerne compatibili con i principi di sana gestione finanziaria.I Comitati di Sorveglianza, istituiti dallo Stato membro d’accordo con l’autorità digestione previa consultazione delle parti, hanno, invece, il compito fondamentale diseguire ogni quadro comunitario di sostegno (o documento unico di programmazione) edogni programma operativo. Si assicurano dell’efficienza e della qualità dell’esecuzione; atal fine, confermano e adottano il complemento di programmazione, esaminano edapprovano i criteri di selezione delle operazioni finanziarie, valutano periodicamente iprogressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi specifici dell’intervento, esaminanoi risultati dell’esecuzione, con segnato riguardo al conseguimento degli obiettivi finali alivello delle misure previste, nonché la valutazione intermedia.Altro momento essenziale per assicurare il rispetto delle procedure comunitarie e dellenorme di corretta gestione nell’utilizzo dei fondi strutturali è la “verifica”, che ha loscopo, appunto, di accertare la corretta realizzazione degli interventi ovvero le eventualidevianze, raffrontando gli obiettivi prestabiliti con i risultati effettivamente conseguiti.La “verifica” o “valutazione ex post” mira, infatti, a rendere conto, sulla base dei risultatidella valutazione già disponibili, dell’impiego delle risorse, dell’efficacia e dell’efficienzadegli interventi e del loro importo, oltre che a consentire di ricavarne insegnamenti per lapolitica di coesione economica e sociale.A ciò va aggiunto il sistema di controllo finanziario (sul quale peraltro si tornerà piùdiffusamente nel paragrafo seguente), che rientra nella responsabilità degli Stati membri, iquali sono tenuti ad adottare, in particolare, le misure tese a verificare che i sistemi digestione e di controllo siano stati predisposti e siano applicati in modo da assicurare unimpiego efficiente e regolare dei fondi comunitari.Inoltre, essi sono chiamati ad accertare che gli interventi siano gestiti conformementealla normativa comunitaria pertinente e che i fondi messi a loro disposizione sianoutilizzati in conformità ai principi di sana gestione finanziaria; che le dichiarazioni di spesapresentate alla Commissione siano esatte e che provengano da sistemi di contabilitàfondati su documenti giustificativi verificabili.E’ altresì compito degli Stati membri prevenire, individuare e correggere le104


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariirregolarità, comunicando alla Commissione gli esiti delle attività in proposito espletate erecuperando i fondi perduti in seguito ad irregolarità accertate.A completamento del sistema dei controlli, il regolamento del Consiglio n. 1260/99in data 21.6.1999, al fine di renderle più operative, ha censito e potenziato le rettifichefinanziarie.Analogamente a quanto previsto nel settore dei controlli, è stato ribadito il principiosecondo cui la responsabilità primaria delle necessarie rettifiche finanziarie da apportare incaso di errore o di irregolarità accertate fa capo agli Stati membri. In quest’ottica, questisono tenuti a perseguire le irregolarità, a constatare qualsiasi modificazione importanteche incida sulla natura e sulle condizioni di esecuzione o sul controllo degli interventi, asopprimere in maniera totale o parziale la partecipazione comunitaria a fronte delleirregolarità accertate.A seguito delle rettifiche eseguite, il contributo di riferimento viene “liberato” eriassegnato per l’attuazione di altre misure comuni all’intervento previsto nello stessoprogramma.Di converso, qualora uno Stato membro non effettui le rettifiche dovute, in esito alleviolazioni della normativa comunitaria, alle irregolarità o agli errori accertati, ovverotutto o parte del contributo non risulti più giustificato oppure esistano gravi insufficienzenei sistemi di gestione e di controllo che potrebbero condurre ad irregolarità a caratteresistematico, la Commissione procede a sospendere i pagamenti intermedi e chiede alloStato membro di presentare le sue osservazioni, apportando, se del caso, eventualirettifiche entro un termine stabilito.In caso di mancato accordo, se lo Stato non ha effettuato le relative rettifiche allascadenza del termine, la Commissione potrà ridurre l’acconto o procedere alle necessarierettifiche finanziarie, sopprimendo in tutto o in parte la partecipazione dei fondiall’intervento in esame. Il tema verrà, peraltro, più ampiamente affrontato nel successivoparagrafo, nel quale sarà riguardato nell’ambito del sistema dei controlli.Nel rispetto del principio di legalità che impronta la normativa in materia di fondistrutturali, l’art. 30 del regolamento del Consiglio europeo n. 1260/99 fissa i requisitiper l’ammissione delle spese alla partecipazione degli interventi di sostegno comunitario.A tal fine, le operazioni cui si riferiscono le spese sostenute dal beneficiario finaledevono essere parte integrante dell’intervento. Spetta agli Stati membri disporreaccertamenti in modo da assicurare che la partecipazione ai fondi resti attribuita adun’operazione esclusivamente se quest’ultima, entro cinque anni dalla data della decisionedelle competenti autorità nazionali o dell’autorità di gestione, non subisca sostanziali105


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitarimodifiche. In caso di variazioni significative che alterino la natura o le modalità diesecuzione o che procurino un indebito vantaggio ad un’impresa o ente pubblico e chedeterminino un cambiamento nella natura della proprietà di una infrastruttura oppure lacessazione o il cambiamento di localizzazione di una attività produttiva, gli Stati membrine danno informativa alla Commissione e procedono ad effettuare le conseguentirettifiche di cui all’art. 39 del citato regolamento.Al fine di uniformare la normativa nazionale relativa alle spese ammissibili, laCommissione europea, con regolamento n. 1685/2000 del 28.7.2000, ha stabilito unaserie di regole comuni in proposito. In particolare, i pagamenti effettuati dai beneficiarifinali devono essere eseguiti in danaro e giustificati con riferimento alle condizioni e agliobiettivi dell’aiuto comunitario. Inoltre, detti pagamenti devono essere comprovati dafatture quietanzate ovvero, qualora ciò non sia possibile, devono essere comprovati dadocumenti contabili aventi forza probatoria equivalente.Parallelamente ai compiti ed agli adempimenti di tipo decentrato, facenti capo agliStati membri, in materia di finanziamenti di sostegno, la normativa comunitaria attribuiscealla Commissione la responsabilità di garantire la trasparenza dei finanziamenti comuni erenderne conto alla autorità di bilancio ed ai cittadini europei.Per l’esercizio di tale competenza, che si riconnette al principio del Trattato chesancisce la responsabilità della Commissione in materia di esecuzione del bilancio, occorreche i soggetti preposti alla gestione forniscano alla stessa Commissione informazioni sullautilizzazione degli stanziamenti.Rispondono a tale esigenza i seguenti adempimenti:- relazione annuale, che deve contenere informazioni sufficienti sullo stato diavanzamento degli interventi, nonché sui risultati e sull’impatto negli Stati membri;- raccolta dei dati e degli indicatori, elemento essenziale, sia per la Commissioneche per le autorità responsabili della gestione, ai fini di una sorveglianza efficace, conparticolare riguardo a settori di interesse comunitario, quali parità di opportunità, aiutialle imprese e reti transeuropee;- riunione annuale di sorveglianza tra la Commissione e l’autorità di gestione, alloscopo di esaminare i risultati ottenuti nell’anno precedente e formulare eventualiraccomandazioni per migliorare la gestione;- riunione annuale tra la Commissione e i responsabili dei controlli degli Statimembri, al fine di valutare i risultati dei controlli eseguiti, le osservazioni degli altriorganismi di controllo, le misure attuate o da adottare per far fronte alle carenzeriscontrate;106


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitari- informazione e pubblicità sia nei confronti dei potenziali beneficiari che dell’opinionepubblica in generale, in modo da far conoscere le possibilità offerte dalla Commissione infavore della coesione e dello sviluppo.Allo scopo di assicurare l’ottimale utilizzazione dei fondi strutturali e la necessariatrasparenza nella gestione delle risorse comunitarie, l’autorità di gestione è tenuta, ai sensidell’art. 46 del citato regolamento del Consiglio n. 1260/99, a rendere pubblicol’intervento, informando i potenziali destinatari, le organizzazioni professionali, le partieconomiche e sociali, gli organismi per la promozione della parità tra uomini e donne, leorganizzazioni non governative interessate, in merito alle iniziative finanziabili.Il secondo canale di comunicazione è invece diretto alla opinione pubblica, alla qualel’autorità di gestione deve pure assicurare la pubblicità dell’intervento in modo darenderla partecipe del ruolo svolto in proposito dalla Comunità e dei risultati conseguitidall’intervento stesso.Nell’ottica di aumentare la notorietà e la trasparenza dell’azione dell’Unione Europeae dare a tutti gli Stati membri un’immagine omogenea degli interventi riguardanti i fondistrutturali, la Commissione, con proprio regolamento adottato in data 30 maggio 2000 (iln. 1159/2000), ha previsto i contenuti delle azioni informative relative ai QuadriComunitari di Sostegno, ai Programmi Operativi, ai Documenti Unici di Programmazioneed ai Programmi di Iniziativa Comunitaria definiti dal suindicato regolamento delConsiglio.Tali azioni devono essere presentate sotto forma di “piano di comunicazione”, della cuiesecuzione è responsabile l’autorità di gestione designata.In particolare, nel “piano delle azioni di comunicazione” devono essere menzionati:- gli obiettivi ed il pubblico cui sono rivolti;- i contenuti e la strategia di comunicazione e di informazione, nonché le azioni dacondurre nell’ambito degli obiettivi prioritari di ciascun Fondo;- il bilancio di previsione;- i servizi amministrativi o gli organismi competenti per la loro esecuzione;- i criteri seguiti per la valutazione delle azioni realizzate.La trasparenza nei confronti dei potenziali beneficiari finali e degli altri organismiinteressati è garantita dalla autorità di gestione attraverso:- la pubblicazione del contenuto dell’intervento (deve essere indicata lapartecipazione dei Fondi strutturali, nonché devono essere diffusi e messi a disposizionedegli interessati i documenti menzionati);- la attuazione di iniziative di informazione sulla gestione, sulla sorveglianza e sulla107


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitarivalutazione degli interventi dei Fondi eventualmente finanziati con gli stanziamenti perl’assistenza tecnica di ciascun intervento.Per meglio sensibilizzare l’opinione pubblica sul ruolo svolto dall’Unione Europeanella materia, il predetto regolamento della Commissione n. 1159/2000 ha inoltreprevisto che l’autorità di gestione designata informi nel modo più opportuno i mezzi dicomunicazione di massa in merito agli interventi strutturali cofinanziati a livellocomunitario, indicando direttamente la partecipazione della stessa Unione ed esplicitandonei messaggi informativi le missioni dei vari Fondi con indicazione delle prioritàspecifiche.Analoga azione di pubblicità deve essere svolta dai Comitati di Sorveglianza.Detti organi sono infatti tenuti a garantire un’informazione adeguata sui propri lavori,informando i mezzi di comunicazione di massa sull’andamento degli interventi di cui sonoresponsabili e prevedendo appropriate iniziative ogni qualvolta si svolgano importantimanifestazioni collegate alle riunioni degli stessi Comitati.3.5 I controlli e le rettificheIl regolamento n. 1260/1999, analiticamente commentato nei paragrafi precedenti,nel dettare la disciplina generale sui fondi strutturali, ha riscritto la materia complessivadel controllo finanziario.Tutta la normativa è volta a conferire la massima efficacia ai fondi, principio questoconsiderato fondamentale in materia. Assieme ad esso, come si è visto, quelli dellasemplicità e della trasparenza delle attività dei fondi strutturali.Di qui la particolare valenza assegnata ad un efficiente sistema di controllo.In attuazione del principio di sussidiarietà, la responsabilità primaria dell’attuazionedegli interventi e del relativo controllo spetta in primo luogo agli Stati membri.Ferme restando le prerogative della Commissione, la nuova normativa potenzia,inoltre, la collaborazione tra Stati membri e Commissione, prevedendo in particolareregolari consultazioni, nell’ambito delle quali vengono esaminate le misure adottate dagliStati membri, e la Commissione richiede, se del caso, le necessarie misure correttive.Riprendendo previsioni già contenute nell’art. 23 del regolamento n. 4253/88 - oraabrogato - e conferendo loro maggiore incisività e puntualità, il regolamento n.1260/1999 attribuisce, innanzi tutto, agli Stati la responsabilità di verificare che gli108


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariinterventi siano gestiti conformemente alla normativa comunitaria pertinente e che i fondisiano utilizzati secondo principi di sana gestione finanziaria.Altro onere di cui vengono fatti carico gli Stati è quello relativo alla prevenzione,individuazione e correzione delle irregolarità, attività di cui gli stessi Stati devono darecomunicazione alla Commissione, unitamente alle informazioni riguardanti l’andamentodelle procedure amministrative e giudiziarie.Gli Stati membri sono altresì tenuti a recuperare i fondi perduti in seguito adirregolarità accertate, applicando se del caso gli interessi di mora.Esaminando più in dettaglio tali obblighi, occorre richiamare ancora l’art. 23 delregolamento n. 4253/88, pur ormai non più in vigore. In attuazione di quanto disposto datale norma, la Commissione, con regolamento n. 1681/94, ha fissato l’obbligo, in capoagli Stati membri, di comunicare alla stessa Commissione le disposizioni legislative,regolamentari ed amministrative adottate al fine di rendere effettivo il sistema deicontrolli, nonché l’elenco dei servizi, degli organi e delle procedure individuati perl’applicazione delle misure a tal fine necessarie.Fra gli adempimenti previsti dal regolamento n. 1681/94, connessi all’espletamentodell’attività di controllo sui fondi strutturali, assume centrale significato l’obbligo diprovvedere, da parte degli Stati membri, entro i due mesi successivi alla fine di ciascuntrimestre solare, a comunicare all’Ufficio europeo per la lotta alle frodi (OLAF), l’elencodelle irregolarità che hanno formato oggetto di un primo atto di accertamentoamministrativo o giudiziario.Le informazioni che è necessario trasmettere con la comunicazione furono oggetto dicircolare esplicativa dell’allora <strong>Ministero</strong> per il Coordinamento delle Politichedell’Unione Europea del 10 marzo 1995. Gli elementi informativi, sulla scorta di quantoprevisto dal regolamento n. 1681/94, sono i seguenti:a) i Fondi strutturali o lo strumento finanziario interessati, l’obiettivo, il quadrocomunitario di sostegno e i dati di identificazione della forma di intervento o dell’azionein oggetto;b) la disposizione violata;c) la natura e l’entità della spesa; se non è stato eseguito alcun pagamento, le sommeche sarebbero state pagate indebitamente ove non si fosse accertata l’irregolarità, adeccezione degli errori o negligenze commessi dagli operatori economici ma scoperti primadel pagamento e non comportanti sanzioni amministrative o giudiziarie;d) l’importo globale e la sua ripartizione tra le differenti forme di finanziamento;e) il momento o periodo in cui è stata commessa l’irregolarità;109


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitarif) le pratiche utilizzate per commetterla;g) il modo in cui l’irregolarità è stata scoperta;h) i servizi od organismi nazionali che hanno proceduto all’accertamentodell’irregolarità;i) le conseguenze finanziarie, l’eventuale sospensione dei pagamenti e le possibilità direcupero;j) la data e la fonte della prima informazione che ha fatto sospettare l’esistenza diun’irregolarità;k) la data di accertamento dell’irregolarità;l) eventualmente, gli Stati membri e i Paesi terzi interessati;m) l’identità delle persone fisiche e giuridiche implicate.Qualora non sia possibile fornire alcune delle informazioni di cui sopra, in particolarequelle relative alle pratiche utilizzate per commettere l’irregolarità ed il modo in cuiquesta è stata scoperta, è opportuno darne comunicazione alla Commissione non appenase ne abbia notizia.Nel caso in cui le disposizioni nazionali prevedano il segreto istruttorio, lacomunicazione delle informazioni è subordinata all’autorizzazione dell’autorità giudiziariacompetente.Si devono inoltre comunicare immediatamente alla Commissione e, se necessario, aglialtri Stati membri interessati, le irregolarità accertate o presunte per le quali si ha motivodi temere:‣ che possano avere rapidamente effetto fuori dal territorio nazionale;‣ che rivelino il ricorso ad una nuova pratica irregolare.La Commissione dovrà altresì essere informata dei procedimenti intentati a seguitodelle irregolarità comunicate, nonché dei cambiamenti significativi intervenuti in taliprocedimenti, con particolare riguardo:‣ all’importo dei recuperi eseguiti o previsti:‣ alle misure conservative prese a salvaguardia degli importi indebitamente pagati;‣ ai provvedimenti amministrativi o giudiziari intentati per recuperare gli importiindebitamente pagati e applicare le sanzioni;‣ ai motivi dell’eventuale abbandono dei procedimenti di recupero (la Commissionedeve essere informata prima di una decisione in tal senso, affinché possa essere in grado didecidere, nel più breve tempo possibile, di concerto con lo Stato membro, circal’imputabilità delle conseguenze finanziarie ed eventualmente chiedere espressamente alloStato membro la prosecuzione del procedimento di recupero);110


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitari‣ all’eventuale abbandono dei procedimenti penali.Nel caso in cui nessuna irregolarità sia da segnalare nel corso di un trimestre, è fattocarico comunque allo Stato membro di segnalare l’assenza di fenomeni di tal genere allaCommissione.Fatti salvi i controlli effettuati dagli Stati membri, il regolamento n. 1260/1999 - inciò riproducendo quanto già disposto dall’art. 23 reg. n. 4253/88 - prevede chefunzionari o agenti della Commissione, secondo modalità concordate con lo Statomembro, possano controllare in loco, in particolare mediante sondaggio, le azionifinanziate dai fondi strutturali e i sistemi di gestione e di controllo.Prima di effettuare i controlli in loco, la Commissione ne informa lo Stato membro, inmodo da ottenere tutto l’aiuto necessario; può altresì chiedere allo Stato membro dieffettuare un controllo per verificare la regolarità di una richiesta di pagamento, se delcaso partecipandovi a mezzo di propri funzionari.La Commissione e gli Stati membri sono chiamati a collaborare per coordinare iprogrammi, la metodologia e l’esecuzione dei controlli, in modo da massimizzare l’utilitàdegli stessi, procedendo inoltre a scambiarsi tempestivamente le informazioni concernentii risultati dei controlli effettuati.In seguito all’esame, previsto con cadenza almeno annuale, dei risultati dei controllisvolti dallo Stato membro e dalla Commissione, e fatte salve le misure che lo Statomembro deve assumere senza indugio, la Commissione può formulare osservazioni, inparticolare sull’incidenza finanziaria delle irregolarità eventualmente accertate. Ne puòseguire un contraddittorio con lo Stato membro, al termine del quale quest’ultimo ètenuto ad uniformarsi alle conclusioni della Commissione e a porre in essere leconseguenti iniziative richieste dalla medesima Istituzione.Come si è visto nel paragrafo precedente, il tipico processo che nascedall’individuazione di irregolarità o frodi è costituito dalle rettifiche finanziarie,disciplinate dall’articolo 2 del reg.(CE) 448/2001.Le risultanze principali dei controlli possono essere di due tipi: regolarità edirregolarità. Considerando che un controllo si attua su più operazioni e può essere didiversa natura (contabile, gestionale, ecc.) si possono riscontrare una serie di operazioniespletate correttamente ed altre in maniera irregolare.Il riscontro di irregolarità impone l’approfondimento del controllo e l’analisi dellecause. Il controllore dovrà interpretare se le irregolarità sono state determinate da erroriinvolontari o se siano intervenuti comportamenti illeciti e, quindi, si possa parlare ditentativo di frode.111


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariIn caso di irregolarità o frode il controllore può rimodulare il piano di controllo conprocedure idonee (ad esempio test sul controllo, verifiche di convalida, tecniched’intervista ed osservazione), per avvalorare gli elementi probatori di cui è entrato inpossesso. In sede di notifica segnalerà, comunque, la frode sospettata.Un maggior coinvolgimento degli organismi di gestione e di monitoraggio sull’efficaciaed efficienza dei sistemi di controllo interno e di controllo contabile può essere moltoutile a minimizzare il determinarsi di irregolarità, in particolare di quelle sistematiche, cherisultano essere quelle più rischiose.In base a quanto prescritto dal reg. n. 1260/99 all’art. 39, il perseguimento delleirregolarità isolate o sistematiche e la successiva applicazione delle rettifiche finanziariericadono nella responsabilità dello Stato membro.Il compito principale della Commissione riguarda la verifica dell’operato degli Statimembri in relazione al perseguimento delle irregolarità con l’effettiva applicazione dellerettifiche, oltre al monitoraggio del regolare funzionamento dell’intero sistema digestione e controllo.Dall’individuazione di irregolarità sostanziali scaturite dalla verifica autonoma dellaCommissione, deriva una procedura di serrato confronto con lo Stato membro. LaCommissione sopprime autonomamente la partecipazione dei Fondi solo nel caso in cui loStato membro rifiuti di procedere alle rettifiche in mancanza di un accordo risolutivo.Le modalità specifiche di gestione delle rettifiche finanziarie, in relazione allasoppressione ed al recupero delle risorse finanziarie, sono disciplinate dal reg. n.448/2001, che distingue tra rettifiche di competenza degli Stati membri (Capo II) e quelleattribuite alla Commissione (Capo III).La procedura relativa alle rettifiche del Capo II – rettifiche finanziarie effettuate dagli Statimembri - prevede nell’art. 2 l’invio (in allegato alle relazioni trimestrali trasmesse ex reg.1681/94) dell’elenco dei procedimenti di soppressione avviati nell’anno decorso, al qualeaggiungere i dati relativi alle iniziative già prese o da prendere per adeguare i sistemi digestione e controllo. L’art. 3 definisce le modalità relative al recupero del contributo.Esso non può essere riutilizzato per l’operazione oggetto della rettifica. Lo Stato membroinoltre deve illustrare nell’allegato che descrive i provvedimenti di rettifica le decisioni ole proposte relative al recupero dei fondi e l’eventuale correzione del piano difinanziamento dell’intervento interessato alla rettifica.Il sistema di controllo dei fondi strutturali prevede che la Commissione siaresponsabile di un processo di verifica che valuti l’intero operato dello Stato membro, dal112


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariperseguimento delle irregolarità isolate e sistematiche all’effettiva applicazione dellerettifiche finanziarie.L’applicazione delle rettifiche finanziarie pertanto può derivare oltre che dai normalicontrolli operati dalle amministrazioni titolari di programmi cofinanziati, nell’ambitodella prevista autonomia e contrapposizione dei poteri di gestione e di controllo, anche dalprocesso di verifica, di specifica responsabilità della Commissione.E’ evidente che le rettifiche operate direttamente dalla Commissione sono sintomo diuna situazione di contrasto e rappresentano probabilmente l’extrema ratio nel normalefunzionamento dei circuiti finanziari dei Fondi.3.6 Gli organi dell’Unione Europea deputati alla prevenzione: l’OLAFL’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) costituisce uno degli strumentiorganizzativi per intensificare la lotta contro gli atti fraudolenti, istituito con la decisonedella Commissione n.352 del 28 aprile 1999, subentrando integralmente nelleattribuzioni dell’Unità di coordinamento per la lotta contro le frodi (UCLAF).L’UCLAF era stata creata nel 1988 e la sua principale missione operativa era quella diassistere gli Stati membri nel coordinare la loro azione con altri Stati membri e con icompetenti uffici della Commissione.Vari europarlamentari avevano però criticato il fatto che gli ispettori, cui era affidato ilcompito di svolgere le indagini all’interno dei vari organismi e delle istituzioni, erano alledipendenze degli stessi organi che dovevano controllare.Posta quindi in discussione per lo scarso grado di autonomia, l’Unità di coordinamentoè stata completamente sostituita dal nuovo Ufficio europeo per la lotta antifrode.Tale Ufficio esercita le competenze della Commissione in materia di indaginiamministrative esterne negli Stati membri, al fine di intensificare la lotta contro le frodi,la corruzione e qualsiasi attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità.Inoltre svolge indagini amministrative all’interno delle Istituzioni e degli organismi,volte alla lotta contro la frode e alla ricerca di fatti gravi connessi con l’esercizio di attivitàprofessionali che sono incompatibili con gli obblighi dei funzionari e degli agenti dellaComunità, nonché con gli obblighi incombenti ai membri delle Istituzioni e degli organi.In particolare l’Ufficio è incaricato di esercitare le missioni operative conferite allaCommissione dai Trattati e dal diritto derivato, ai sensi dell’articolo 180 del Trattato,113


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariregolamenti n. 1073/99 e n. 1074/99, relativi alle inchieste effettuate dall’OLAF, edecisione Commissione 28 aprile 1999, istitutiva dell’Ufficio.L’OLAF è costituito dall’ufficio del direttore generale, dal quale dipendono tredirezioni e alcuni servizi. La direzione A ha la responsabilità degli affari legislativi,giuridici e giudiziari; la direzione B, di cui fanno parte due pool investigativi omogenei eintercambiabili, ha la responsabilità delle operazioni; la direzione C è responsabile perl’attività di intelligence strategica ed operativa, in relazione all’attività antifrode. Ildirettore generale e gli investigatori dei pool sono direttamente responsabili delleinchieste.Diversi rappresentanti delle amministrazioni italiane, come magistrati, ufficiali dellaGuardia di Finanza e dei Carabinieri, funzionari dell’Agenzia delle dogane, funzionaridella Polizia di Stato, operano all’interno dell’OLAF; tra essi il Direttore della direzioneB, il Capo Unità responsabile per le operazioni esterne e vari componenti dell’Unità diassistenza giudiziaria e dei pool investigativi delle inchieste esterne ed interne.Al momento non operano presso l’OLAF magistrati della Corte dei Conti, mentrepotrebbe ravvisarsi l’opportunità di una partecipazione della magistratura contabileall’Unità magistrati ed Assistenza Giudiziaria o all’Unità Recupero, responsabile per ilfollow-up amministrativo dei casi di frode relativamente al recupero delle risorse proprieevase e delle spese indebitamente erogate a carico del bilancio comunitario.La caratteristica della pluridisciplinarietà consente di avere un approccio globale eintersettoriale e la provenienza dai vari servizi investigativi è importante, non solo perl’esperienza acquisita, ma anche per mantenere strette relazioni con i servizi diappartenenza.L’OLAF è un servizio investigativo che, pur avendo uno speciale statuto diindipendenza per quanto riguarda le funzioni investigative, fa sempre parte dellaCommissione europea e dipende dalla signora Michaele Schreyer, commissarioresponsabile del bilancio.L’esecuzione delle funzioni investigative interne ed esterne alle istituzioni comunitarieda parte dell’OLAF è svolta sotto la responsabilità del direttore generale, designato dallaCommissione per un periodo di cinque anni, rinnovabili una volta, previo parerefavorevole del comitato di vigilanza e in concertazione con il Parlamento europeo e ilConsiglio.Nell’intento di garantire l’indipendenza dell’OLAF nelle sue funzioni di indagine, illegislatore ha fatto obbligo al direttore generale dell’Ufficio di non chiedere né accettareistruzioni da alcun Governo o Istituzione, compresa la Commissione. Qualora ritenga che114


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitarila Commissione abbia adottato un provvedimento che metta in causa la propriaindipendenza, il direttore generale dispone di un potere di ricorso contro la Commissionedinanzi alla Corte di Giustizia.A garanzia di tale indipendenza, l’Ufficio è soggetto al controllo regolare delle funzionidi indagine da parte di un Comitato di vigilanza, formato da cinque personalità esterne alleIstituzioni comunitarie, indipendenti e particolarmente qualificate nei settori dicompetenza dell’Ufficio. Su richiesta del direttore o di propria iniziativa, il comitato divigilanza fornisce al direttore pareri sull’attività dell’Ufficio, senza tuttavia interferirenello svolgimento delle indagini in corso.Al fine di potenziare la lotta contro le frodi , l’OLAF esercita la competenza diindagine esterna, conferitagli dal regolamento n. 2988/95 relativo ai controlli e alleverifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziaridelle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità. Ove esistano accordi dicooperazione, l’OLAF può esercitare tale competenza nei Paesi terzi.In pratica, le frodi e le altre irregolarità sono quasi sempre individuate in strettacooperazione tra l’OLAF e i servizi investigativi nazionali.Nei settori in cui esistono fonti particolarmente redditizie di profitti illeciti, task-groupsspecializzati in prodotti specifici come le sigarette, l’alcool o l’olio di oliva hannodimostrato che una stretta collaborazione tra gli Stati membri e un coordinamento efficacea livello comunitario può rivelarsi estremamente utile per l’individuazione di traffici suvasta scala. Lo stesso può dirsi per gli sforzi prodigati a livello comunitario e nazionale perintrodurre misure preventive in tali settori.Per quanto attiene le indagini interne, l’OLAF può condurre indagini amministrativeall’interno delle Istituzioni, degli organi ed organismi comunitari, in caso di frode chearrechi danno al bilancio U.E. ed è inoltre incaricato di indagare sui fatti gravi connessiall’esercizio di attività professionali. Tali indagini sono effettuate nel rispetto delle normedei Trattati, del Protocollo sui privilegi e le immunità e dello Statuto dei funzionari delleComunità europee, nonché nel rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali edelle norme sulla riservatezza e la tutela dei dati.Come detto, l’OLAF organizza la collaborazione stretta e regolare tra le autoritàcompetenti ex articolo 280 del Trattato, attraverso il concorso della Commissioneeuropea agli Stati membri, al fine di coordinarne l’azione nel settore della protezionedegli interessi finanziari della Comunità.115


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariLa strategia antifrode adottata dall’OLAF si basa su stretti rapporti con gli Statimembri e cooperazione con le autorità nazionali, nonché sulla stretta collaborazione traCommissione e Stati membri.L’anzidetta collaborazione può assumere diverse forme.a) La cooperazione operativa con le autorità competenti si realizza attraverso ilrafforzamento della dimensione giudiziaria - penale ed amministrativa - della lottaantifrode tramite la creazione di un pool di assistenza giudiziaria composto da magistratispecializzati.Nell’ambito della cooperazione si distingue tra cooperazione primaria, relativa allaricerca di tutte le infrazioni da parte di ogni tipo di autore, che si basa essenzialmente sulloscambio di informazioni, e cooperazione <strong>seconda</strong>ria, attraverso cui un’autorità richiedentedomanda ad un’autorità richiesta di agire per la repressione di tale infrazione, rinunciandoad un’azione diretta, salvo il diritto di supplenza.b) Il coordinamento delle indagini nazionali e l’attività di supporto alle inchiesteamministrative o criminali che vengono svolte dall’OLAF.c) L’attività operativa che l’OLAF conduce in loco nei vari Stati membri e nelleIstituzioni e negli organi comunitari.d) La trasmissione di documenti ed informazioni effettuata a cura dell’OLAF alleautorità giudiziarie nazionali.e) L’attività di controllo effettuata dalle autorità competenti degli Stati membri surichiesta della Commissione e l’attività di controllo svolta direttamente dallaCommissione stessa.Al riguardo si precisa che sono emerse alcune problematiche determinate dalladiversità degli ordinamenti giuridici degli Stati membri, che non contribuiscono afacilitare i rapporti con l’OLAF.In particolare, lo scambio di informazione e dati nella materia in argomento comportadifficoltà di vario genere, quali la disomogeneità dei dati provenienti dalle indagini el’eterogeneità dei metodi statistici utilizzati dai vari Stati membri e pertanto dovrannoessere studiate le misure necessarie per un’armonizzazione dei sistemi statali.E’ stato già segnalato l’approccio strategico adottato dal Consiglio con laComunicazione della Commissione del 28 giugno 2000 – documento COM (2000) 358definito “Lotta antifrode, per un approccio strategico globale ”, che si fonda su quattro grandiassi che coinvolgono la Commissione, uno dei quali lo sviluppo, attraverso l’OLAF, di unanuova cultura di cooperazione operativa con le autorità competenti degli Stati membri,116


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariche passa attraverso il rafforzamento della dimensione giudiziaria penale ed amministrativadella lotta antifrode.Per quanto concerne questo rafforzamento della dimensione giudiziaria, l’Ufficio staprovvedendo alla costruzione di un “Pool di assistenza giudiziaria” che sarà composto damagistrati specializzati nella lotta contro la criminalità economica e finanziaria. Questonuovo Pool, la cui creazione è stata preconizzata dal Comitato di Sorveglianza dell’OLAF,è destinato a colmare una lacuna posta in risalto dalla Corte dei Conti europea e dalComitato dei Saggi - chiamato ad analizzare i disfunzionamenti che avevano caratterizzatola Commissione nel più recente periodo della sua storia - circa la scarsa integrazioneoperativa di contrasto alle frodi e il follow-up giudiziario. Il Pool giudiziario avrà, peraltro,la funzione di rafforzare la legittimità dell’attività operativa dell’Ufficio, reclamata dalParlamento europeo, e di facilitare la delicata missione interistituzionale dell’OLAF nelsettore delle inchieste interne finalizzata alla repressione dei comportamenti infedeli edelle violazioni disciplinari, nonché al recupero del danno amministrativo prodotto albilancio ad opera dei comportamenti fraudolenti.Naturale conseguenza della supremazia del diritto punitivo e del diritto proceduralenazionale, è la cooperazione azionata dall’OLAF nel settore della protezione degliinteressi comunitari contro le frodi, normalmente sotto forma di cooperazione primaria.D’altra parte, l’OLAF sarà più frequentemente oggetto di richieste di cooperazione<strong>seconda</strong>ria da parte delle autorità competenti degli Stati membri, laddove le indagininazionali richiedano l’esecuzione di attività investigative specialistiche da parte delpersonale dell’OLAF; ovvero, ancora più frequentemente, l’OLAF si limiterà a svolgerefunzioni di coordinamento di richieste passive di cooperazione <strong>seconda</strong>ria avanzate dalleautorità competenti di uno Stato membro verso le autorità competenti di uno o più altriStati.Il fondamento della cooperazione primaria azionata dalla Commissione nel suopartenariato antifrode con gli Stati membri è costituito dallo scambio di informazioni,indispensabile premessa all’esercizio dei poteri di inchiesta da parte della Commissione,che nel settore della lotta alle frodi ed alle altre irregolarità si concretizza in base adeterminate disposizioni settoriali principali.3.7 (segue) Gli organi dell’Unione Europea deputati al controllo: la Cortedei Conti117


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariI rischi di frode sono aspetti fondamentali da considerare in sede di programmazione eattuazione delle attività della Corte dei Conti europea.La Corte ha analizzato approfonditamente i rischi connessi con l’amministrazione delleattività comunitarie e ha individuato alcune aree ad alto rischio; di conseguenza, sono stateintensificate le indagini in alcuni settori, quali controlli doganali e sdoganamento dellemerci, IVA e scambi commerciali intracomunitari e cooperazione decentralizzata etransfrontaliera.La Corte ha emanato istruzioni particolareggiate cui attenersi qualora le procedure direvisione inducano un sospetto di frode. Tali istruzioni riguardano i provvedimenti daadottare al fine di adire le vie legali, documentare il caso e favorire le indagini, oltre acomprendere anche le disposizioni per trasmettere la documentazione all’OLAF e leprocedure per comunicare con le istituzioni di revisione dei conti degli Stati membri e conle autorità competenti.A integrazione delle suddette istruzioni, la Corte europea ha anche emanato ledirettive riguardanti il modo in cui gestire le denunce.La Corte dei Conti europea valuta i provvedimenti legali e organizzativi adottatinell’ambito dell’Unione. In conformità con i Trattati, la Corte deve essere consultata suogni proposta di legge finanziaria e su ogni normativa riguardante i provvedimenti per lalotta contro la frode. Ogni volta che è stato richiesto un parere, la Corte ha espressoraccomandazioni concrete per il miglioramento dei sistemi di controllo, incoraggiandol’emanazione di leggi “a prova di frode” per ridurre la probabilità che si possanocommettere irregolarità e truffe. Ciò implica la semplificazione delle norme di legge, consanzioni precise e provvedimenti penali.La frode è spesso transnazionale; tuttavia, l’operato delle autorità competenti èvincolato da un numero elevato di norme procedurali molto diverse tra loro e da uninsufficiente coordinamento tra i vari organismi. Stabilire dei meccanismi di cooperazionetra la Commissione, l’OLAF e le autorità giudiziarie degli Stati membri è indispensabile,ma non è sufficiente.Per questo, la Corte ha più volte auspicato la creazione di un’ “area di applicazionedelle leggi europee”, che rifletta le responsabilità specifiche delle Istituzioni. Tale areadovrebbe consentire, inoltre, di superare ostacoli seri, quali, ad esempio, la mancanza distandard comuni per la raccolta delle prove, che impedisce agli Stati membri di accettare leprove raccolte in altri Stati membri.Come è dunque evidente, la Corte dei Conti europea svolge, fra le altre funzioni, unimportante ruolo propositivo rivolto sia nei confronti dell’Unione che degli Stati membri.118


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariPare qui opportuno sintetizzare il contenuto della nota informativa della Corte sullarelazione speciale n. 7/2003, relativa all’attuazione della programmazione degli interventidel periodo 2000-2006 nel quadro dei fondi strutturali. Infatti la Corte, che si proponevadi valutare lo stato di attuazione della programmazione degli interventi in tale periodo, haindividuato le seguenti carenze:a) l’ammissibilità delle zone beneficiarie, in particolare per l’obiettivo 2, si basa sucriteri insufficientemente obiettivi, lasciando così un notevole spazio al negoziatobilaterale fra gli Stati membri e la Commissione;b) le procedure di approvazione dei programmi strutturali istituite dalla Commissionesono troppo complesse e hanno originato ritardi notevoli;c) gli orientamenti metodologici della Commissione non sempre hanno inclusoinformazioni sufficientemente chiare e complete, in grado di aiutare gli organi nazionalinel corso delle diverse fasi di elaborazione e di gestione dei fondi strutturali, soprattuttoper quanto riguarda la sorveglianza e il controllo;d) i sistemi di gestione, di pagamento e di controllo negli Stati membri presentanospesso lacune, in particolare sotto il profilo della separazione delle funzioni, dellacertificazione delle spese, degli scambi elettronici di informazioni o della stesura dellerelazioni annuali di esecuzione;e) le norme di ammissibilità per il periodo 2000-2006 sono incomplete o imprecise ene conseguono trattamenti differenziati ingiustificati;f) i criteri di selezione dei progetti, che figurano nei complementi diprogrammazione, sono talvolta poco selettivi e non consentono sempre di giustificare lascelta dei migliori progetti in funzione degli obiettivi e delle priorità considerati.In base a queste osservazioni e anche nel quadro dell’allargamento a dieci nuovi Statimembri, la Corte ha raccomandato che:‣ la Commissione provveda a colmare le lacune riguardanti: il chiarimento degliorientamenti metodologici, la ripartizione delle responsabilità in materia diprogrammazione, di gestione, di sorveglianza e di controllo, precisando gli aspettioperativi, rendendo efficaci i controlli e diminuendo la macchinosità amministrativa, nonnecessaria ad uno svolgimento soddisfacente degli interventi;‣ la Commissione continui ad adoperarsi per rendere più efficace la semplificazionein corso, garantendo la qualità elevata delle azioni strutturali in termini di legittimità,regolarità e sana gestione finanziaria.119


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariCAPITOLO IVL’IMPEGNO DEL MINISTERO DELL’INTERNO PER IL CONTRASTO ALLEFRODI COMUNITARIE E NELLA GESTIONE DEI FONDI STRUTTURALI4.1 Inquadramento della fattispecie “frode comunitaria” in ambitoeuropeo e nell’ordinamento italianoIl termine “frode comunitaria” è spesso utilizzato in maniera imprecisa, non sussistendouna definizione univoca. A questo proposito, la Commissione europea ha più volteraccomandato agli Stati membri di introdurre nei rispettivi ordinamenti giuridici laspecifica fattispecie di reato riguardante la frode in danno alla Comunità.L’Italia ha provveduto solo nel 1990 con la legge n. 55 del 19 marzo, recante “Nuovedisposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altri gravi forme dimanifestazioni di pericolosità sociale”. L’art. 22 ha infatti introdotto nel codice penalel’art. 640 bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche), cheespressamente menziona le Comunità europee, accanto allo Stato e a gli Enti pubblici,come soggetti passivi nei confronti dei quali può essere perpetrato il reato di truffa.E’ significativo che il legislatore abbia avvertito l’esigenza di perseguire la truffa indanno delle Comunità europee in un provvedimento legislativo in materia di associazionea delinquere di tipo mafioso. Tale circostanza è stata infatti suggerita dalla consapevolezzache le condotte fraudolente in danno delle Comunità avvenivano spesso con la regia diorganizzazioni criminali e, talvolta, di amministrazioni rese compiacenti dall’elevato gradodi infiltrazione malavitosa nei loro ranghi.La rilevante entità di queste frodi e la forte presenza della criminalità organizzata – chenon solo non conosce frontiere, ma, anzi utilizza a proprio vantaggio proprio le difficoltàche le frontiere determinano alle autorità investigative e di polizia degli Stati membri –impone di individuare meccanismi altrettanto sofisticati di tutela degli interessi deicittadini dell’Unione.In quest’ottica è evidente l’interesse di tutti gli Stati membri di costituire modelli, senon omogenei, quanto meno sempre più compatibili. La materia delle frodi è, tuttavia,come si è osservato, a cavallo del Primo e del Terzo pilastro su cui si basa l’UnioneEuropea e, pertanto, non può per ora prescindere dal fatto che la cooperazione giudiziariae in materia di affari interni rientra nel terzo pilastro, per cui ha bisogno di soluzioni120


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaripattizie e non può fondarsi su atti di normazione comunitaria, che sono consentiti solo perle materie del primo pilastro.Si è così sollecitata da un canto un’intensificazione delle attività di prevenzione da partedei singoli Stati membri, e dall’altro una più efficace repressione delle frodi nel settore deifondi strutturali. A quest’ultimo proposito va ricordata la Convenzione adottata con notadel Consiglio in data 26 luglio 1995, che all’art 1.1 fornisce la definizione analitica delconcetto di “frode”, sulla quale ci si è diffusamente soffermati nei paragrafi 1 e 3.La citata Convenzione, che fa leva sul binomio irregolarità-frode, stabilisce chenell’ambito del diritto interno di ogni Stato membro debbano essere previste peneprivative della libertà personale soltanto per le frodi gravi, individuate in queicomportamenti illeciti che, anche se non sorretti da una particolare intensitàdell’elemento soggettivo o da sofisticate modalità di realizzazione, producano tuttavia unalesione finanziaria quantitativamente rilevante.Una disciplina più organica della materia si è avuta quindi, nell’ordinamento italiano,con la legge 29 settembre 2000, n. 300, di ratifica e di esecuzione degli atti internazionalielaborati in base all’art. K.3 del trattato sull’Unione Europea. Con tale legge si è dataratifica ed esecuzione alla Convenzione appena citata sulla tutela degli interessi finanziaridelle Comunità europee.Il fatto di situarci nel contesto della frode comunitaria ci conduce ad analizzare unaspetto del controllo inquadrato in un processo di integrazione sopranazionale cheabbraccia tanto il livello nazionale quanto quello europeo, nonché, talvolta, quelloregionale.L’elevato numero dei soggetti istituzionalmente coinvolti e la loro eterogeneitàimplicano l’esistenza di una molteplicità di regolamenti generali e specifici, di istituzionidi controllo e di gestione, tale da generare un sistema complesso di conoscenza e diintervento. E la situazione è destinata a complicarsi ulteriormente in seguito all’entratanell’Unione Europea di nuovi Paesi.La definizione di frode comunitaria contenuta nella Convenzione è quindi lungi dalprevedere una fattispecie univoca a livello europeo.A titolo di esempio, alcuni Paesi considerano la frode in danno delle Comunitàeuropee come un illecito penale, altri, più semplicemente, come un illecitoamministrativo. Altri ancora come illecito amministrativo al di sotto di un determinatoimporto, trasformandosi invece in illecito penale al di sopra di esso.Per continuare con gli esempi:121


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitari- in Francia, a seguito della modifica normativa introdotta nel 1992, possono esserepenalmente responsabili delle frodi commesse anche le persone giuridiche (compresi glienti territoriali, ad eccezione dello Stato) e siffatta responsabilità si estende alle personefisiche che siano complici o autori delle frodi medesime (per le persone giuridiche la penapuò essere lo scioglimento dell’impresa, l’interdizione dalle attività, la chiusura deglistabilimenti, l’ammenda o la diffusione della sentenza di condanna sui mezzi ditelecomunicazione);- nel Regno Unito e in Olanda l’autore del reato può anche essere una personagiuridica, ma con modalità diverse rispetto a quelle francesi;- in Germania la fattispecie delittuosa non prevede necessariamente il conseguimentodella sovvenzione, essendo sufficiente l’identificazione di una direzione delle attività nonleale o veritiera atta al suo ottenimento (in altre parole, l’elemento del danno non èessenziale per la configurazione della fattispecie penale);- in Portogallo il fatto è punibile anche a titolo di colpa (neglicencia), ma è prevista unacausa speciale di esclusione dalla pena in caso di pentimento;- in Danimarca, secondo una tecnica normativa consueta nei Paesi Scandinavi, il reato ècontemplato da norme amministrative la cui trasgressione rimanda alla realizzazione di unillecito penale.In più occasioni la Corte dei Conti italiana, in sintonia con la Corte dei Conti europea,ha posto in rilievo come la mancanza di uniformità riguardi anche l’interpretazione delconcetto di “irregolarità amministrativa” che dà origine all’obbligo di comunicazione allaCommissione europea. Tutto ciò comporta, ovviamente, anche una distorta visione dellaCommissione sul numero delle irregolarità rilevate e comunicate dai Paesi membri.Da tale situazione, contrassegnata da marcate differenze fra i singoli Paesi dell’Unione,emerge la necessità di una riflessione comune tra i rappresentanti degli Stati membri perverificare gli strumenti normativi, amministrativi e giudiziari dei quali è possibile disporreper una efficace azione di contrasto dei fenomeni fraudolenti.Come è stato infatti più volte rilevato nei Rapporti della Direzione InvestigativaAntimafia (DIA) e nei Rapporti sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica, sonofrequenti i casi di frodi che avvengono in maniera transnazionale, anche con l’apporto diomologhe organizzazioni criminali operanti oltre confine. E’ altresì necessario verificare -e anche qui il dibattito non sembra che agli inizi - se e in quali termini gli Stati sianodisponibili ad una cooperazione nelle diverse fasi di prevenzione e di repressione dellefrodi. Al momento, il confronto è avvenuto principalmente in sedi dibattimentali, più chein sedi decisionali vere e proprie.122


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariCiononostante, non può essere sottaciuta l’importanza delle iniziative volte amigliorare la cooperazione nell’ambito dell’UE. In questo senso, va salutata consoddisfazione l’istituzione di Eurojust, ai fini del coordinamento delle indagini penali (conun campo d’azione che riguarda anche la protezione degli interessi comunitari, anche inun ottica di contrasto della criminalità organizzata), e la creazione presso L’OLAF di unaunità formata da magistrati inquirenti nazionali.Sono, queste, iniziative che hanno visto il <strong>Ministero</strong> dell’Interno fortemente impegnatoper la loro realizzazione, come meglio verrà approfondito nel paragrafo successivo.Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, la già citata legge n. 300 del 2000 haapportato modifiche al codice penale al fine di estendere talune fattispecie di illeciti ancheal danno causato all’Unione Europea.Attualmente, le disposizioni che qui interessano sono principalmente le seguenti:- art. 640 bis C.P. (truffa aggravata)- art. 316 bis C.P. (malversazione a danno dello Stato)- artt. 314 e 316 C.P. (peculato e altri reati contro la PA)- art. 476 C.P. e seguenti (falsità in atti)- art. 2 legge 898/1986 (settore agricolo).Una riflessione a sé deve essere condotta sul ruolo dei controlli interni negli Enti localie regionali, di cui appare necessario potenziare il buon funzionamento. Infatti, gli stessiEnti che gestiscono le sovvenzioni e gli aiuti comunitari possono svolgere – e in talunilodevoli casi già svolgono – una funzione fondamentale nell’attività di prevenzione eindividuazione delle frodi. Essendo gli organi di gestione dei fondi incardinati nellastruttura organizzativa dello Stato o delle Amministrazioni territoriali, è a loro checompete, in prima battuta, garantire l’esistenza di sistemi e procedure di gestione econtrollo che siano efficaci, che assicurino il corretto svolgimento dei progetti finanziati eche permettano di individuare eventuali deficienze o rischi nell’esecuzione dei progetti,definendo, se del caso, le misure da adottare per correggere le eventuali patologie.Come rilevato dalla Corte dei Conti – Sezione di controllo per gli affari comunitari einternazionali nella “Relazione speciale 2/2000”, nelle amministrazioni che gestiscono ifondi trova allocazione anche l’azione criminosa legata a fatti di corruzione, mentrefrequenti sono le irregolarità amministrative che, pur prive di intenti fraudolenti,generano l’obbligo di comunicazione alla Commissione europea.Si può pertanto affermare che le suddette procedure di controllo devono essere tali daconsentire lo svolgimento di una funzione di controllo interno rivolta alla ricerca e allaindividuazione delle condotte fraudolente, soprattutto per quanto concerne quelle che123


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaripossono derivare da procedure amministrative non corrette o, comunque, tali daagevolare comportamenti irregolari o truffaldini. Alle istituzioni responsabili del controlloesterno (Corte dei Conti, Autorità giudiziaria, Stato) compete inoltre di individuare ipunti deboli della normativa e delle procedure, per apportare i necessari correttivi.Quanto ai controlli interni, l’argomento sarà oggetto di specifica attenzionenell’ambito delle proposte contenute nel capitolo conclusivo del presente lavoro, inmerito al possibile ruolo delle Prefetture – UTG.4.2 Cooperazione a livello europeo per la repressione delle frodi: Europole EurojustNell’ambito dell’Unione Europea, la lotta contro la frode è caratterizzata da due fattorisingolari.Innanzi tutto, l’amministrazione dell’Unione Europea è esposta a fattori di rischioeccezionali; tanto per citarne alcuni, l’elevata percentuale di sovvenzioni erogate, il grannumero di leggi, la varietà dei sistemi di gestione e di controllo (a livello comunitario,nazionale e regionale), l’abrogazione dei tradizionali controlli doganali interni.In secondo luogo, l’organizzazione istituzionale dell’Unione è caratterizzata da 15sistemi giudiziari diversi, in cui la responsabilità della lotta contro la frode è ripartita travari organismi della Comunità e dei singoli Stati membri.Per tali motivi, scoprire e punire i reati di frode diventa più difficile e dipende moltodai meccanismi di collaborazione e cooperazione tra le parti.Per quanto riguarda la rilevanza penale delle frodi, il problema di fondo sta nel fattoche l’attuale grado di integrazione dei sistemi giuridici degli Stati membri impedisce,come si è visto, l’esistenza di norme penali comunitarie. Le disposizioni applicabili restanocosì necessariamente quelle nazionali, il che comporta evidentemente marcatedifferenziazioni e mancanza di coordinamento.Si è già posto in luce che, in tema di lotta alle frodi, il metodo della cooperazione,anche nel settore giudiziario, è richiesto agli Stati membri dall’art. 280 del Trattato, ma –a sua volta – la cooperazione giudiziaria incontra il limite della territorialità del dirittopenale e dell’esercizio dell’amministrazione della giustizia negli Stati membri (limiteespressamente riconosciuto, come si è visto, dallo stesso art. 280). Sotto questo profiloassume altissimo rilievo la metodologia della cooperazione, intesa come impegno degli124


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariStati membri a raggiungere intese concrete per superare il più possibile le diversitàistituzionali, ordinamentali e procedurali in determinati settori.In questo quadro d’insieme, ben si spiega l’interesse del <strong>Ministero</strong> dell’Interno arealizzare uno scambio di informazioni con le omologhe istituzioni estere che si occupanodi lotta alle frodi comunitarie. A tale riguardo è noto l’impegno condottodall’Amministrazione in sede europea, in maniera specifica in sede GAI, ai fini delrafforzamento della cooperazione fra gli Stati.In particolare il <strong>Ministero</strong> dell’Interno si è fatto da tempo fautore della costituzione diforme di cooperazione stabile che portassero alla creazione di specifici organismi di poliziaa livello comunitario.Nasce anche sulla spinta italiana, la convenzione Europol, basata sull’articolo K3 deltrattato sull’Unione Europea, che ha istituito l’Ufficio europeo di polizia, facendoriferimento all’atto del Consiglio del 26 luglio 1995. L’obiettivo di questo organismo è dipredisporre un sistema di scambio di informazioni tra le diverse forze di polizia degli Statimembri, per accrescerne l’efficacia dei servizi tramite una loro più stretta cooperazione(purché, ci siano indizi concreti dell’esistenza di una struttura o di un’organizzazionecriminale tale da dover richiedere l’azione comune degli altri Stati membri).Il sistema di informazioni che Europol gestisce e istruisce è alimentato costantemente edirettamente dagli Stati membri, rappresentati dalle unità nazionali, e da Europol stesso,che è anche responsabile per il suo corretto funzionamento, sia da un punto di vistatecnico, sia funzionale.Questa rete di informazioni contiene dati che riguardano persone che sono statecondannate o sono sospettate, in base alla legislazione nazionale, di aver commesso opartecipato alla commissione di un reato, se il reato rientra nelle competenze di Europol(art. 8 convenzione Europol).Il sistema contiene inoltre elementi su individui di cui si sospetta l’affiliazione adorganizzazioni criminali.Europol costituisce, quindi, un primo embrione dell’attività di collaborazione tra leForze di Polizia a livello europeo. Ad oggi, Europol ha un campo d’azione limitato adalcune fattispecie di reato. Benché il contrasto alle frodi comunitarie non rientriespressamente nel suo complesso di attività, Europol ha contribuito a perseguire talespecifico reato in casi in cui esso sia ricollegabile a organizzazioni criminali attive in piùPaesi. Si tratta, tuttavia, di un’attività da sviluppare ulteriormente, anche perché, come siè osservato in precedenza, il fenomeno delle frodi è da considerarsi in aumento.125


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariSempre sul piano della repressione, va ricordato che con la decisione del 28 febbraio2002 (n. 2002/187/GAI) il Consiglio dell’Unione Europea ha istituito Eurojust, unorganismo sovranazionale dotato di autonoma personalità giuridica e finanziatodall’Unione Europea, che ha preso il posto dell’Unità provvisoria di cooperazionegiudiziaria, istituita dal Consiglio dell’ UE con la precedente decisione del 14 dicembre2000 (n. 2000/799/GAI), concludendo in tal modo un complesso percorso proceduralefinalizzato a dare piena attuazione alla conclusione n. 46 del Consiglio Europeo diTampere del 15 e 16 ottobre 1999 (che ne prefigurava l’avvento, delineandonesommariamente obiettivi ed attribuzioni).L’istituzione del nuovo organismo, quale pendant giudiziario dell’Ufficio Europeo diPolizia (Europol), a seguito delle modifiche introdotte dal Consiglio Europeo di Nizza del7-9 dicembre 2000 che lo hanno espressamente inserito nel quadro normativo delineatodagli artt. 29 e 31 del Trattato dell’Unione Europea, lascia impregiudicate le competenzedella Comunità in materia di protezione degli interessi finanziari, senza sovrapporsi aglistrumenti convenzionali bilaterali o multilaterali già esistenti in materia di assistenzagiudiziaria penale.Non a caso l’integrazione di Eurojust nel Trattato è avvenuta nell’ambito degli artt. 29e 31: tali disposizioni normative enunciano proprio gli obiettivi e gli strumenti perrafforzare l’azione comune europea nel settore della cooperazione giudiziaria in materiapenale, al fine di “fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza, in uno spazio dilibertà, sicurezza e giustizia”.L’Unione Europea, infatti, ha deciso in tal modo di dotarsi di un’istituzione intesa amigliorare ulteriormente la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, in particolarenella lotta contro le forme gravi di criminalità transnazionale, attraverso la realizzazione diun “coordinamento ottimale” delle attività di indagine e delle azioni penali degli Statimembri, nel pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciuti dall’art. 6,par. 2, del Trattato e ripresi dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.Eurojust rappresenta, dunque, il consolidamento a un livello strutturale, organizzativo eoperativo estremamente più elevato delle precedenti, limitate esperienze giudiziarierealizzate nell’ambito del “Terzo Pilastro” dell’Unione Europea, con la creazione delquadro di scambio dei magistrati di collegamento (nel 1996) e con l’istituzione della ReteGiudiziaria Europea (nel 1998).Ulteriore passo ai fini di una più incisiva tutela in sede penale degli interessi finanziaridella Comunità potrebbe essere, come da più parti auspicato, la modificadell’ordinamento comunitario nel senso dell’istituzione di un procuratore europeo con126


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaricompetenza all’esercizio dell’azione pubblica dinanzi alle giurisdizioni nazionalicompetenti. Si rifanno a questa ottica (prospettata nello studio noto come “Corpus juris”,elaborato su richiesta del Parlamento europeo e della Commissione da un gruppo diesperti di diritto penale di tutti gli Stati membri) numerosissime prese di posizione tantodel Parlamento europeo (in particolare della Commissione per il controllo dei bilanci) chedella Commissione europea.A questo riguardo, è opportuno ricordare che anche il Procuratore generale dellaRepubblica, nella “Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2003” (tenuta il12 gennaio 2004), ha rilevato che appare quanto mai necessario approfondire la riflessionesul modello di giudice europeo e sul suo status, muovendosi anche sul piano dell’adozionedi strumenti terminologici e concettuali comuni ai fini di una corretta analisi dei modellinormativi, nella prospettiva di realizzare un sistema omogeneo dei modi di renderegiustizia nei diversi Paesi dell’UE.In tale contesto, si inserisce il tema delicato e complesso del mandato d’arrestoeuropeo e del mutuo riconoscimento delle decisioni penali. Senza entrare nei dettaglidella problematica - di stretta attualità politica - giova qui ricordare che il 2 agosto 2002 èentrata in vigore la decisione-quadro del Consiglio dell’Unione Europea n.2002/584/GAI, la quale, all’art. 2, specifica il campo d’applicazione del mandatod’arresto europeo, contemplando il reato di frode, ivi compresa la frode che lede gliinteressi finanziari delle Comunità europee.Ad oggi, la decisione-quadro è stata ratificata solamente da tre Paesi (Spagna,Portogallo e Danimarca), mentre, per quanto riguarda l’Italia, sono stati presentati allaCamera dei Deputati alcuni disegni di legge di ratifica.4.3 Il PON Sicurezza del <strong>Ministero</strong> dell’InternoLa presente trattazione non può tralasciare un cenno al PON “Sicurezza per lo sviluppodel Mezzogiorno” che certamente, tra i piani operativi nazionali, è uno di quelli chemaggiore pregnanza riveste per il raggiungimento degli obiettivi di politica governativa.Allo scopo, si rammenta anzitutto che tra gli strumenti di finanziamento previstinell’ambito della politica di coesione economica e sociale dell’Unione Europea, quelli chepiù interessano l’Amministrazione dell’Interno sono il Fondo Europeo di SviluppoRegionale (FESR), che ha come scopo soprattutto di correggere i principali squilibriregionali esistenti, ed il Fondo Sociale Europeo (FSE), finalizzato all’attuazione della127


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaristrategia europea per la formazione e l’occupazione.In particolare, l’obiettivo prefissato dalla vigente normativa di promuovere lo sviluppoe l’adeguamento strutturale delle Regioni che presentano ritardi nello sviluppo - il cuiprodotto interno lordo pro capite è inferiore al 75 % della media comunitaria (Regionidell’obiettivo 1) - riguarda la Sicilia, la Calabria, la Basilicata, la Puglia, la Campania e laSardegna.In questa ottica, si inserisce il Programma Operativo “Sicurezza per lo Sviluppo delMezzogiorno d’Italia” che sorge dalla considerazione che il legame negativo tra criminalitàe crescita economica, con segnato riguardo alle Regioni economicamente menosviluppate, dove si riscontrano forme di “impresa criminale”, può essere “spezzato”attraverso un cospicuo investimento in termini di sicurezza, intesa quale stabilecomponente di un equilibrato sviluppo socio - economico.Infatti, uno degli effetti più gravi dell’azione della criminalità organizzata in Italia, edin particolare, nelle Regioni meridionali, è rappresentata dalla penetrazione dell’economiaillegale nel tessuto produttivo sano e dal conseguente effetto depressivo e distorsivo sugliinvestimenti.L’incidenza di tali fenomeni è sentita nelle Regioni del Sud Italia, peraltro, per lemaggiori difficoltà che l’evoluzione del sistema industriale incontra a consolidarsi neltessuto produttivo, nonché per l’azione di deterrenza che la presenza del crimineorganizzato esercita sullo sviluppo socio – economico, soprattutto limitando le iniziativeimprenditoriali e scoraggiando gli investimenti.Il PON Sicurezza risponde pertanto all’esigenza di garantire al Mezzogiorno standardeuropei di sviluppo, nonché alla necessità di ristabilire normali condizioni economiche esociali, così da colpire la capacità di infiltrazione della criminalità.Tale obiettivo si estrinseca attraverso la realizzazione di interventi di sicurezzacofinanziati, appunto, attraverso il Programma Operativo in questione, che, approvatodalla Commissione Europea il 13 settembre 2000, prevede per il periodo 2000-2006l’assegnazione al settore della sicurezza di circa 1.117.000.000,00 di euro (circa 2.150miliardi delle vecchie lire).La strategia del programma Operativo si articola su tre grandi assi prioritari:1) sviluppo e adeguamento delle tecnologie dei sistemi informativi e dicomunicazione;2) promozione e sostegno della legalità;3) assistenza tecnica.128


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariLa realizzazione di detti interventi presuppone la massima sinergia con le realtà locali,siano esse amministrative, economiche o sociali, per catalizzare intorno a poli di rilanciosocio – economico del Mezzogiorno tutte le forze capaci di una reazione positiva,garantendo loro un adeguato livello di sicurezza.Momento di particolare valenza della programmazione assistita dai fondi strutturalicomunitari, nell’ambito del PON in esame, è rappresentato soprattutto dal partenariatotra l’Amministrazione dell’Interno e le Regioni.La partecipazione degli Enti regionali si concretizza nell’individuazione congiunta dellearee di elevata priorità sulle quali concentrare gli interventi previsti dal PON, consegnato riferimento alle azioni localizzate di maggiore impatto sociale, nellacollaborazione integrata in settori altamente tecnologici per la risoluzione contestuale dicomuni esigenze, nella pianificazione comune delle azioni di comunicazione e disensibilizzazione (mirate in ragione delle peculiarità locali).A tal fine, il <strong>Ministero</strong> dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza, qualeautorità di gestione del PON Sicurezza, durante la fase di preparazione per il periodo2000-2006, ha promosso incontri con le Amministrazioni regionali, finalizzati a definire laportata, la diffusione e l’intensità degli interventi, pianificandoli con riguardo allespecifiche esigenze, alle esperienze pregresse, alle prospettive di sviluppo e ai possibili eprevedibili effetti comuni.Si è proceduto, in tal modo, ad una concertazione degli interventi tra Amministrazionicentrali, regionali, locali e partenariato socio-economico, che ha reso possibile porre lenecessarie condizioni per una più forte integrazione con le istanze provenienti dalterritorio.Le aree di intervento, ove è stato più agevole individuare sinergie con le pianificazionistrategiche di competenza regionale, sono le seguenti:‣ collaborazione nell’individuazione di siti di particolare interesse, anche allo scopodi esercitare un’incisiva azione di prevenzione a tutela di insediamenti produttivi giàpresenti o in corso di realizzazione;‣ coordinamento e promozione, nei territori interessati ai contratti d’area ed ai pattiterritoriali, dei protocolli di legalità, con segnato riguardo a forme di collaborazione conenti regionali o sovraregionali, per la diffusione della cultura della legalità e la prevenzionedei fenomeni di insicurezza sociale;‣ integrazione e coordinamento di iniziative, già esistenti o in fase progettuale intalune Regioni, riguardanti specifici osservatori sulle problematiche afferenti il controllodegli appalti o quelle connesse alla tutela delle risorse ambientali.129


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariIn particolare, la diffusione della legalità, quale obiettivo primario del PON Sicurezza,si è orientata verso una proficua espansione del rapporto di partenariato istituzionale esocio-economico, allo scopo di realizzare una maggiore coesione tra “sicurezza in sensostretto” e “coesione sociale”.Gli strumenti per l’attuazione di tale obiettivo sono rappresentati dai “Progetti pilota”avviati in aree nelle quali le attività criminali sono causa di notevoli ritardi nello sviluppo.I vari progetti realizzati, per quanto differenti tra di loro in relazione alle esigenze edalle aspettative dei singoli territori, hanno avuto come elemento comune ilcoinvolgimento delle popolazioni nella riconquista della propria libertà di sicurezza.La prima iniziativa in tal senso è stata il progetto promosso dal Prefetto di Palermo edaffidato al “Consorzio Sviluppo e Legalità”, costituito tra i Comuni palermitani diCorleone, San Cipirello, Monreale, Piana degli Albanesi e San Giuseppe Iato.Detta iniziativa, finanziata con Euro 2.098.519,00 del FESR e con Euro 309.871,00del FSE, si è concretizzata nel reimpiego economico di terreni confiscati alla mafia perproduzioni agricole e biologiche e nel loro affidamento a cooperative di giovani che sonostati formati alla cultura di impresa.130


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariCAPITOLO VIL RUOLO DELLE PREFETTURE – UTG5.1 Il ruolo di coordinamento e impulso delle Prefetture – UTGnell’utilizzo dei fondi comunitariIl Ministro dell’Interno ha recentemente avuto modo di evidenziare l’emergere dicriticità nell’attuazione del Quadro Comunitario di sostegno 2000/2006 per le RegioniObiettivo 1 a causa della difficoltà di raccordo con il territorio interessato, perchécaratterizzato da situazioni difformi e da problematiche non omogenee.Tale rilievo è emerso, infatti, nel “Rapporto sullo stato della Partnership” perl’attuazione appunto del Quadro Comunitario di Sostegno 2000/2006, diffuso dal CNELnel giugno 2002.In effetti la molteplicità dei soggetti chiamati a concorrere all’attuazione dellaprogrammazione in argomento pone un problema di sintesi, di armonizzazione, diindirizzo unitario dell’impegno che ciascuno di essi profonde nel concorrere alconseguimento dell’obiettivo finale, evitando dispersione di energie e di risorse.E consiste proprio in questo l’attività istituzionale del coordinamento, che vede ilPrefetto protagonista sul territorio perché da sempre impegnato nel contemperamentodegli interessi pubblici in esso emergenti, grazie all’approfondita conoscenza delleproblematiche locali sia sotto il profilo socio-occupazionale sia sotto il profilo dell’ordinee della sicurezza pubblica: è infatti ai Prefetti delle province delle citate Regioni che ilMinistro si è rivolto perché il Programma Operativo Nazionale “Sicurezza per lo Sviluppodel Mezzogiorno d’Italia”, come abbiamo visto attribuito alla responsabilità del <strong>Ministero</strong>dell’Interno, possa avere la propria realizzazione secondo i principi del partenariatoistituzionale e della concertazione con le parti economiche e sociali, in sintonia con ilregolamento comunitario n.1260/99.Una scelta riconducibile anche alla consolidata e riconosciuta posizione di terzietà delPrefetto il quale, in un ruolo caratterizzato dall’imparzialità, si inserisce in seno ad unsistema che, presentando una pluralità di centri decisionali, richiede proprio ilcoordinamento come formula organizzatoria per l’efficace conseguimento di obiettivicomuni.In sintesi, siffatta attività tende a ridurre all’unità di azione più autorità in unaposizione di equiordinazione, una delle quali, il coordinatore, assume una posizione di131


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitarisupremazia - giammai di natura gerarchica ma soltanto formale - preordinata all’attivitàd’impulso, mediazione e conciliazione degli interessi concorrenti.E’ questo un passaggio chiave in considerazione del nuovo assetto istituzionalediscendente dalla riforma del Titolo V della Costituzione: non potrebbe in alcun modorivelarsi coerente con esso un ruolo prefettizio di sovraordinazione o di controllo degliEnti territoriali, protagonisti nell’utilizzazione dei fondi strutturali, la cui azione è ispirata,come si è visto, ai principi di sussidiarietà e di coesione. Una funzione collaborativa - insitanello stesso principio di sussidiarietà - ben armonizza, invece, la rappresentanza statuale inperiferia con la rafforzata autonomia riconosciuta localmente e con la equiordinazionedegli stessi Enti con lo Stato, in quanto tutti componenti la Repubblica in condizioni dipari dignità istituzionale.E così l’apporto del Prefetto, perché venga elevata al massimo l’utilizzazione dei fondistrutturali europei, interviene non già limitando la libertà d’azione di Comuni, Provinceed altri Enti locali nella programmazione degli interventi, ma dando vita ad un’azione distimolo, di raccordo o anche soltanto di informazione.A tale funzione, dunque, ha fatto riferimento il Ministro dell’Interno rivolgendosi airappresentanti dello Stato nelle Province ricadenti nelle Regioni Obiettivo 1: iltempestivo ed efficace utilizzo delle risorse disponibili per la realizzazione del “PON-Sicurezza”, assolutamente consistenti, appare determinante per il rilancio di quelterritorio, e gli interventi che dovranno derivarne richiedono un coordinamento conquelli regionali, coerentemente con il principio ispiratore degli Accordi di ProgrammaQuadro e dei Protocolli d’Intesa preliminari (sul cui contenuto si dirà successivamente).Dunque, l’obiettivo unico delle Amministrazioni centrali e locali coinvolte nelcoordinamento è lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno d’Italia, che nellasicurezza trova una condizione imprescindibile: è peraltro naturale che parte del PON siafinalizzata a progetti che si collocano fuori dalle attribuzioni proprie del <strong>Ministero</strong>dell’Interno, il che comporterà che il rappresentante dello Stato nella provincia dovràpromuovere il confronto tra le rappresentanze istituzionali e quelle del corpo sociale,cogliendo le istanze più significative per poter orientare di conseguenza l’attuazione dellaprogrammazione, non trascurando una fase successiva rappresentata dall’azione dimonitoraggio e di diffusione dei risultati delle azioni intraprese, con specifico riferimentoall’impatto in termini di incremento dei livelli di legalità e di miglioramento dellapercezione della sicurezza da parte della cittadinanza.132


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitari5.2 La Conferenza permanente quale sede di espletamento delcoordinamentoLa sede istituzionale naturale nella quale verrebbe ad esplicarsi siffatta funzioneprefettizia appare essere la Conferenza permanente prevista dall’art.4 del DPR n.287/2001, subentrata al Comitato Provinciale della Pubblica Amministrazione, cuiperaltro vengono demandati strumenti di significativa importanza per il perseguimentodelle finalità in esame.Tale organismo rappresenta concretamente la sede attuativa di quella collaborazionetra pubbliche amministrazioni, enti territoriali ed anche tra pubblico e privato,collaborazione che, per la pariteticità insita nel concetto, assicura un pluralismoistituzionale in condizione di pariordinazione: ed è in quest’ambito che si dispiega lafunzione del coordinamento e della sua finalità aggregativa, a garanzia dell’unità diindirizzo delle pubbliche amministrazioni e del corpo sociale operanti sul territorio.La Conferenza permanente è in effetti un organismo che coadiuva il Prefetto - che lapresiede - nell’esercizio di una molteplicità di funzioni, tra le quali emerge, per quel cherileva ai nostri fini, quella di “rappresentanza generale del Governo, di coordinamentodelle pubbliche amministrazioni statali sul territorio” e di “collaborazione a favore delleregioni e degli enti locali”, ma anche quella di fornire gli elementi valutativi necessari perconsentire al Presidente del Consiglio dei Ministri l’esercizio dei poteri di impulso,indirizzo e coordinamento relativamente al settore interessato.La sua stessa composizione determina le condizioni più favorevoli per assicurare ilconfronto richiesto dal Ministro dell’Interno tra le rappresentanze istituzionali e quelle delcorpo sociale: essa si compone infatti dei responsabili degli Uffici periferici delleamministrazioni dello Stato, dei responsabili delle strutture periferiche delle agenzie edegli Enti pubblici a carattere nazionale, ma alle sedute possono essere invitati apartecipare anche i rappresentanti regionali, provinciali, comunali e degli altri Enti localidi volta in volta interessati, nonché i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dicategoria ed i soggetti esponenziali di organismi sociali e di ordini professionali, i gestoridi pubblici servizi e di servizi di pubblica utilità.E’ da tenere presente che con decreto legislativo del 21 gennaio 2004, n. 29,pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 6 febbraio successivo, modificativo del decretolegislativo n. 300/1999, la denominazione dell’organismo è divenuta “Conferenzaprovinciale permanente”, la cui composizione configura i rappresentanti degli Enti localicome componenti effettivi e non più come meramente eventuali.133


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariSignificativa è altresì la nuova potestà che nello stesso decreto legislativo è prevista incapo al Prefetto nell’esercizio delle funzioni di coordinamento, il quale è titolato, sia insede di Conferenza provinciale permanente sia con interventi diretti, a richiedere airesponsabili delle strutture amministrative periferiche dello Stato, l’adozione diprovvedimenti volti ad evitare un grave pregiudizio alla qualità dei servizi resi allacittadinanza, anche ai fini del rispetto della leale collaborazione con le autonomieterritoriali. E’ altresì previsto un intervento sostitutivo in caso di inadempimento.La citata composizione complessa consente pertanto di individuare nella Conferenzapermanente il punto di raccordo di tutti i soggetti istituzionalmente coinvolti nellepolitiche di rilancio del territorio - specie attraverso la sezione “sviluppo economico edattività produttive” - ai quali rivolgersi per assicurare una sempre maggiore efficacia edefficienza nella promozione e nella tutela dei beni essenziali del cittadino e delle garanziedi libertà civili, nelle quali vanno inquadrate anche le aspettative di sicurezza cui il PON inesame è rivolto.5.3 Info Point Europa (IPE): il nuovo ruolo possibileUlteriore ambito all’interno del quale potrebbe ipotizzarsi lo svolgimento di un’attivitàdi coordinamento orientata alla prevenzione delle frodi comunitarie è quello della retedegli Info Point Europa.Nati verso la fine degli anni ’90 ed ufficialmente riconosciuti dalla CommissioneEuropea, che ne aveva auspicato la costituzione in un’apposita convenzione (stipulata il 7novembre 1998), erano essenzialmente, in origine, organismi deputati a garantire la piùampia conoscenza dell’esistenza e delle modalità di impiego dei fondi strutturalicomunitari, strumenti di investimento e, dunque, di crescita economica che in passatoavevano avuto scarsa utilizzazione anche a causa di una non adeguata conoscenza da partedegli Enti pubblici a livello locale e dei possibili beneficiari finali.Dunque, si trattava di un soggetto con vocazione europeista che operava in ambitolocale gettando un ponte informativo e di conoscenza finalizzato a consentire la pienaoperatività degli interventi strutturali sul territorio che potevano essere finanziati con ilsistema dei fondi comunitari.L’Amministrazione dell’Interno ha sempre spinto per una capillare diffusione di questiche potremmo definire “sportelli europei”, individuandoli come riferimento nodale della134


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaricomunicazione istituzionale volta alla divulgazione delle strutture, del funzionamento edelle politiche dell’Unione Europea.Proprio di recente, peraltro, nella primavera dello scorso anno, il <strong>Ministero</strong>dell’Interno ha invitato i Prefetti a valutare la possibilità di procedere alla costituzionedell’IPE non soltanto per assicurare i predetti aspetti di carattere divulgativo ma anche alfine di “assicurare il coordinamento, la promozione e l’impulso dell’azione delle pubblicheamministrazioni a livello locale”. L’aver introdotto questo elemento nell’azione delPrefetto attraverso questo organismo, ne muta – evidentemente – la natura, che cessa diessere esclusivamente informativa e dunque lo colloca in una dimensione organizzativanon solo da sportello.Parlare di un coordinamento dell’azione delle pubbliche amministrazioni a livellolocale nella materia considerata equivale ad ipotizzare un ruolo strategico e politico insenso lato dell’IPE, che diviene così centro di riferimento per l’esercizio di quelle stessecompetenze di rappresentanza generale di Governo di cui si era parlato a proposito dellaConferenza permanente.L’Info Point Europa, in questa più qualificata veste, potrebbe svolgere anche unaindiretta attività di prevenzione nel campo delle frodi comunitarie, mettendo adisposizione delle Amministrazioni, degli operatori finanziari e commerciali e delleimprese, ogni possibile informazione sulla normativa comunitaria di riferimento,attraverso qualificati incontri di approfondimento – anche in forma convegnistica – inoccasione dei quali il Prefetto potrebbe chiamare a partecipare esperti di settore permettere a fuoco aspetti di dettaglio della normativa in rapporto ai programmi diintervento ipotizzabili.Si tratterebbe, come detto, di una finalità indiretta, quella dell’antifrode, daraggiungersi attraverso metodi di orientamento culturale e di divulgazione informativache, seppur da non considerarsi centrale nel novero dei possibili interventi, va anch’essaconsiderata, quanto in prospettiva.5.4 Il Prefetto garante della legalità: alcune competenze tipizzateIn effetti il ruolo prefettizio di coordinamento risponde anche a quella funzione digoverno tesa ad evitare che la frammentazione riconducibile alla proliferazione dei centriautonomi e degli organi decisionali, unita all’alleggerimento del regime dei controlli,confliggano con la unitarietà dello Stato e con la legalità amministrativa.135


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariE’ questo un ruolo riconducibile alla veste di garante della legalità, e cioè del rispettodelle leggi nazionali ma anche delle normative comunitarie, in quanto interesse nazionalepreminente di cui il rappresentante del Governo e dello Stato sul territorio deve farsicarico, valutando la coerenza dell’azione pubblica e verificando l’attuazione del principiodi omogeneità delle prestazioni.In particolare, a tutela della legalità amministrativa, il Prefetto è titolare di competenzetipizzate e codificate, alcune delle quali espleta proprio attraverso la Conferenzapermanente, nello svolgimento dell’azione di coordinamento delle pubblicheamministrazioni statali e di collaborazione a favore delle Regioni e degli Enti Locali.Tale è la legittimazione del Prefetto a sottoporre all’esame della predetta Conferenzagli elementi emergenti ed a proporre la deliberazione di direttive finalizzate ad accertarele cause e ad eliminare gli effetti di “carenze, inefficienze e disservizi”; inoltre laConferenza potrà richiedere al Prefetto che vengano disposte ispezioni e verifiche delleprocedure, dalle cui risultanze potranno discendere direttive del consesso nei confrontidell’Ufficio interessato, sulla cui ottemperanza sarà lo stesso Prefetto a vigilare.Tali competenze erano già attribuite al Comitato Provinciale della PubblicaAmministrazione dall’art.17 della legge 203/91, e sono confluite tra quelle dellaConferenza permanente in base all’art.16 del DPR 287/2001.E’ da annoverare, ovviamente, anche la già cennata nuova “potestà sostitutiva”conferita al Prefetto dal decreto legislativo n. 29/2004 nei confronti dei responsabili dellestrutture amministrative periferiche dello Stato.Parlando delle competenze già attribuite al CPPA, merita svolgere alcuneconsiderazioni in ordine ai controlli interni. Invero, l’art. 147 del TU sull’ordinamentodegli Enti locali (D.Lgs. 18/8/2000, n. 267) dispone che presso le Prefetture,nell’ambito dei Comitati provinciali per la pubblica amministrazione, siano istituiteapposite strutture di consulenza e supporto, delle quali gli Enti locali possono avvalersiper l’esercizio dell’attività di controllo interno. Tale disposizione normativa, tuttavia,deve essere letta oggi, con riguardo all’avvenuta soppressione dei Comitati provincialidella PA. E’ pur vero che il DPR n. 287 del 17/5/2001 sull’ordinamento degli UfficiTerritoriali del Governo, ha istituito presso le Prefetture le Conferenze permanenti, maqueste hanno composizioni e funzioni differenti rispetto ai soppressi Comitati provinciali.Né sembra che questa specifica attività di consulenza agli Enti territoriali sia desumibiledalle competenze che le Conferenze permanenti debbono svolgere ai sensi del citato DPR287.136


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariLa soluzione più idonea per consentire alle Prefetture di continuare ad assicurarequesta importante e delicata attività di consulenza in tema di controlli interni, sembraquindi da ricercarsi nel D.Lgs. 5/6/2003, n. 131, che all’art. 2 conferisce la delega alGoverno per adeguare le disposizioni contenute nel TU al mutato quadro istituzionale eordinamentale. Infatti, nell’esercizio della delega - per la quale è stato istituito al Viminaleun apposito comitato del quale fanno parte anche esponenti del mondo accademico e delleassociazioni delle Autonomie - potrebbe inserirsi una specifica competenza dellePrefetture a supportare gli Enti territoriali nell’istituzione e nel funzionamento di organidi controllo interno. Eventualmente, potrebbe prevedersi che tale attività avvenga anchetramite forme di raccordo con le associazioni rappresentative degli Enti territoriali e deiConsigli regionali delle Autonomie, dove già istituiti. In questo caso, sarebbe di primariaimportanza che una siffatta competenza non si esaurisse in un mero fatto normativo, mavenisse accompagnata dalla formazione di personale motivato e in grado di fornire agliEnti che ne facciano richiesta il necessario supporto. La Scuola Superioredell’Amministrazione dell’Interno, in questa ipotesi, potrebbe attivare specifici corsi diformazione. A conferma dell’opportunità di dar seguito all’attività di consulenza dellePrefetture nei confronti degli Enti locali nella specifica materia dei controlli interni, vi èaltresì la circostanza, rimarcata anche dalla Corte dei conti nel suo ultimo rapporto sullostato delle Autonomie locali, che ben i 2/3 di essi non ha attivato idonei strumenti dicontrollo sulla propria attività.5.5 La programmazione negoziata per la sinergica integrazione di PON ePOR: il ruolo del PrefettoQuelli prima annoverati non sono gli unici strumenti di cui potersi avvalere per ilconseguimento dell’interesse generale attraverso l’azione comune di più istituzioni.Come si è potuto cogliere dagli espliciti riferimenti in più occasioni fatti dal Ministrodell’Interno, il coordinamento ben si sposa con la negoziazione interistituzionale,espressione di una disciplina condivisa dell’attività di ciascuna componente interessata, chesi rivela uno strumento efficace per il conseguimento dell’interesse comune, assicural’assoluto rispetto dei ruoli ed è coerente con l’attuale pariordinazione e rafforzataautonomia riconosciuta agli Enti territoriali, esaltando, nel contempo, l’azione di impulso,collaborazione, raccordo ed informazione oggi prevalente nel ruolo di rappresentanzastatuale in periferia nei rapporti con l’Autonomia locale.137


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariL’art.2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n.662 e successive modificazionied integrazioni, è la fonte normativa che disciplina la “programmazione negoziata”, cheregola gli interventi che interessano una molteplicità di soggetti pubblici e privati coinvoltiin attività decisionali complesse nonché nella gestione unitaria di risorse finanziarie.Come già anticipato, uno degli strumenti-principe per il conseguimento di tale fine èl’”accordo di programma quadro” che, secondo la definizione della lettera c) del citatocomma 203, è l’accordo con Enti locali ed altri soggetti pubblici e privati, promosso dalleamministrazioni centrali e regionali in attuazione di un’intesa istituzionale di programma,per la definizione di un programma esecutivo di interventi di interesse comune ofunzionalmente collegati.E’ facile intuire quale rilevanza abbia siffatto strumento per l’accelerazione delprocesso di sviluppo territoriale, tenendo peraltro presente che, per assicurare le piùfavorevoli condizioni ambientali, funzionali all’attuazione di investimenti, è altresìprevisto uno strumento d’accompagnamento alla programmazione negoziata, il“protocollo d’intesa”, da stipulare con i soggetti istituzionalmente competenti in materiadi ordine e sicurezza pubblica.Del resto, dell’importanza strategica dell’impegno congiunto delle istituzioni locali,regionali, nazionali e delle parti sociali, per impedire che i flussi di risorse destinate allosviluppo del Mezzogiorno siano intercettati dalla criminalità organizzata, ha ampiamenteparlato anche il “Rapporto sulla criminalità organizzata in Calabria” rassegnato dallaCommissione Parlamentare Antimafia nel luglio 2000.Nel documento si delinea la necessità di operare attraverso una politica multilateraledi prevenzione in grado di garantire la trasparenza degli investimenti e le verifiche deirisultati conseguiti: lo strumento pattizio, dunque, viene considerato in grado dimobilitare una pluralità di soggetti istituzionali per convogliare, nel rispetto dellecondizioni fondamentali della legalità, il flusso di investimenti verso percorsi di sviluppoeconomico.Ebbene, gli accordi di programma quadro sottoscritti tra i Ministeri dell’Interno edell’Economia e Finanze e le Regioni dell’Obiettivo 1 (eccezion fatta per la RegioneBasilicata, ma di prossima sottoscrizione) hanno rappresentato lo strumento attraverso ilquale assicurare “sinergie e reciproci spazi di integrazione” tra il Programma OperativoNazionale “Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d’Italia” ed i Programmi OperativiRegionali. A sua volta, la previsione di tale azione sinergica è fondata su un accordodatato 21 febbraio 2001, stipulato tra il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del<strong>Ministero</strong> dell’Interno e le citate Regioni in sede di Conferenza Stato-Regioni, e viene138


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaridettagliata in Protocolli d’intesa propedeutici agli stessi accordi di programma quadro,secondo le seguenti linee di dettaglio:I) accrescere e diffondere la cultura della legalità e della democrazia;II) potenziare, generalizzare e rendere permanente il monitoraggio degli investimentipubblici al fine della trasparenza e della salvaguardia dalle infiltrazioni criminali edaccelerare l’individuazione dei patrimoni illeciti e la loro restituzione alla legalità;III) potenziare ed integrare sul territorio il servizio offerto dalle Forze di polizia,nazionali e locali.Rilevano in particolar modo gli interventi previsti nell’ambito della priorità II), inrelazione alla tematica in trattazione.Infatti nell’accordo di programma quadro interessante la Regione Calabria, adesempio, il <strong>Ministero</strong> dell’Interno e la stessa Regione, ritenendo urgente intervenire nelprocesso di affidamento e di realizzazione degli investimenti del QCS 2000/2006, ed alfine di assicurare la trasparenza e la salvaguardia dalle infiltrazioni mafiose, hanno previsto:1) che presso il Prefetto-Coordinatore (Prefetto del Capoluogo di Regione) vengaattivato un gruppo di contatto permanente costituito dallo stesso Prefetto, dairappresentanti delle Forze di polizia e dal Direttore Regionale della Programmazione agaranzia di un efficace scambio di informazioni per rendere permanente il monitoraggiodegli investimenti pubblici;2) che venga data priorità alla realizzazione degli investimenti proposti dagli Enti localiche sottoscrivono protocolli di sicurezza e legalità promossi dalle Prefetture UTG.Ecco dunque un secondo ruolo attribuito alle Prefetture in questa convergenza diimpegni istituzionali per favorire la politica di coesione sociale.5.6 La presenza delle Prefetture nei protocolli per la sicurezza e la legalitàIl protocollo di legalità è lo strumento attraverso il quale i soggetti locali formalizzanoun impegno ad attuare un’azione di contrasto alla criminalità organizzata, individuandouna serie di interventi prioritari finalizzati a creare condizioni più favorevoli perl’affermazione della legalità nell’area interessata dalla programmazione negoziata.Il documento in questione descrive in effetti un’azione complementare che va adaffiancarsi all’azione “istituzionale” di sicurezza: essa si sostanzia in un’azione concertativain grado di coinvolgere attori locali, ognuno dei quali, pur presentando differenti bagaglidi esperienze e di professionalità, concorre ad un impegno comune di contrasto alla139


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaricriminalità per affermare condizioni in grado di garantire il rilancio economico delterritorio.Dunque, all’azione di coordinamento e di impulso espressamente richiesta, come vistoprecedentemente, dal Ministro dell’Interno perché dal confronto tra le rappresentanzeistituzionali e quelle del corpo sociale emergano le istanze più significative per poterorientare la programmazione, si affianca la promozione di protocolli di sicurezza e dilegalità come forma di collaborazione con gli Enti locali per la diffusione della culturadella legalità e la prevenzione dei fenomeni di insicurezza sociale.Esso si sostanzia generalmente nell’impegno da parte dello Stato, attraverso il Prefetto,per una intensificazione dell’attività investigativa, per un capillare controllo del territorio,per un potenziamento delle tecnologie di sicurezza, per il contrasto delle illegalità nelmercato del lavoro e contro l’usura e l’estorsione, e nell’impegno dell’Ente locale per ilrisanamento dei quartieri urbani degradati, per promuovere corsi di educazione allalegalità nelle scuole e per assicurare la trasparenza e la semplificazione nei procedimentiamministrativi.In Puglia, in attuazione di quel Programma Operativo Regionale, il Presidente dellaRegione e il Prefetto della provincia di Bari hanno sottoscritto un “Programma d’azione”,configurato come “forma avanzata di collaborazione” nel settore della sicurezza, intesanella duplice accezione della “tutela dei cittadini” e della “tutela del territorio”,configurando come ambito di interesse comune: il controllo di legalità sugli investimenti,lo sviluppo di modelli di sicurezza partecipata, la tutela dell’ambiente e la realizzazione diun sistema integrato per la gestione delle emergenze di protezione civile.Particolarmente interessante, per quel che rileva ai fini della questione in esame, è ilprimo degli ambiti di interesse individuati, che si sviluppa attraverso un “monitoraggiodelle procedure d’appalto degli interventi finanziati nell’ambito del POR”, cioè unmonitoraggio dei flussi finanziari derivanti dall’attuazione del Programma Operativo apartire dalla trasparenza delle procedure, fino alla verifica dei soggetti aggiudicatari e delladestinazione ultima delle risorse impiegate, a garanzia dell’efficacia dell’azioneamministrativa nel rispetto del binomio sviluppo – legalità.Si è registrato anche il caso di un ruolo diretto del Prefetto nella gestione dei fondistrutturali: il <strong>Ministero</strong> dell’Interno ha infatti designato il Prefetto di Caserta qualeresponsabile della misura 1.3 del Programma Operativo Multiregionale Sicurezza per losviluppo del Mezzogiorno d’Italia relativo al QCS 94/99.Questi ha stipulato con una società consortile, di cui fanno parte i Sindaci di alcuniComuni di quella provincia, una convenzione per l’attuazione della misura, con140


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitaril’obiettivo di raggiungere la massima diffusione della cultura della legalità, migliorando ilrapporto tra popolazione e Forze di polizia in un’area ad alto rischio di criminalità.Un’iniziativa inedita che l’Unione Europea ha inteso estendere a molte altre realtà delMezzogiorno.Vede un coinvolgimento della Prefettura anche il Consorzio “Piana Sicura” di ReggioCalabria, costituendone peraltro la Sede. Ne fanno parte la Provincia, i Comuni di GioiaTauro, Rosarno e San Ferdinando, nonché il Consorzio ASI di Reggio Calabria. DelConsiglio d’Amministrazione fa parte un rappresentante del Prefetto. Le finalitàconsortili, rivolte prevalentemente alla promozione di nuove iniziative per l’affermazionedella legalità, sono incentrate sull’elaborazione ed attuazione di programmi integrati percontribuire alla sicurezza nel territorio interessato, anche con il concorso di finanziamenticomunitari, oltre che nazionali e regionali.5.7 ConclusioniEbbene, nulla esclude che le iniziative pattizie di cui si è discusso siano comprensivedella previsione della forma di controllo a monte, e della verifica a valle dell’attuazionedegli investimenti, anche come strumento di deterrenza per i comportamenti illeciti qualeil delitto di frode.E’ vero che l’assenza di una norma di conferimento espresso di una potestà prefettiziadi controllo antifrode sembrerebbe ostare a siffatta soluzione, in quanto collidente con ilprincipio di legalità che esprime appunto la necessità che ogni attività dei pubblici poterisia preventivamente fondata sulla legge, a tutela e garanzia dei diritti dei cittadini. Ma èaltrettanto vero che, come è stato osservato, la legge spesse volte appare oggi unostrumento di coordinamento sociale non più esclusivo.In una società che esprime istanze e manifesta fenomeni di grande complessità, in unpanorama di progressivo decentramento dei poteri decisionali e di segmentazionedell’attività amministrativa, la legge appare sempre meno idonea a favorire regolegenerali, a selezionare e prevedere le molteplicità, a disciplinare le miriadi diproblematiche.Si tratta di un processo di maturazione della società moderna che non può non incideresull’accezione tradizionale del principio della riserva di legge, che con il principio dilegalità è strettamente implicato.141


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariAlla luce di tali considerazioni, strumenti pattizi quali i protocolli di legalitàpotrebbero rappresentare un superamento delle limitazioni illustrate, in quanto, appunto,strumenti di normazione condivisa e, dunque, non lesivi dell’autonomia e di ogni altraprerogativa costituzionale riconosciuta.Tutto ciò, peraltro, appare in linea con l’impostazione data dalle Istituzionicomunitarie alla politica degli interventi strutturali, che, come si è visto, ha privilegiato lostrumento della concertazione, che ben può trovare un suo utilizzo anche nella fase dellaverifica del corretto utilizzo dei fondi, al fine di prevenire e contrastare eventuali devianzecriminali con propositi frodatori.Ma, ”de jure condendo”, una valida ed incisiva azione antifrode nell’utilizzo dei fondistrutturali, coordinata dal Prefetto in ambito provinciale, potrebbe essere quella chericalcasse le recenti iniziative normative assunte per il monitoraggio di infrastrutture edinsediamenti industriali, ai fini della prevenzione e repressione di tentativi di infiltrazionemafiosa.La prossima realizzazione di opere pubbliche di assoluta rilevanza nazionale è statainfatti considerata come motivo di interesse da parte delle organizzazioni criminali pertentare di infiltrarsi nel tessuto socio-economico ed accaparrarsi i cospicui fondi stanziati atale scopo.A ciò è stata data una risposta istituzionale sia sul piano della prevenzione che dellarepressione, attraverso l’affinamento del monitoraggio ed il potenziamento deglistrumenti di contrasto, con l’obiettivo - ancora una volta - di coordinare l’attività svoltada tutte le componenti pubbliche interessate al settore degli appalti.Le modalità di intervento in tal senso sono contenute nel decreto del Ministrodell’Interno, di concerto con il Ministro della Giustizia e con il Ministro delleInfrastrutture e dei Trasporti, previsto dall’art.15, comma 5, del decreto legislativo 20agosto 2002, n.190, attuativo della legge 21 dicembre 2001, n.443 (detta LeggeObiettivo) che ha programmato la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamentiproduttivi strategici di interesse nazionale.Il decreto interministeriale in questione è stato adottato il 14 marzo 2003, ed haindividuato procedure di monitoraggio ritenute idonee ad assicurare il governo dei dati edelle informazioni in possesso di diversi soggetti, pubblici e privati, interessati allarealizzazione delle opere in questione, in modo da garantirne una visione unitaria estrategica.Facendo ricorso al principio della collaborazione reciproca, nel rispetto dellecompetenze di ciascun soggetto e nei limiti fissati dalla normativa vigente, i dati e le142


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariinformazioni calati in tale “rete di monitoraggio” attengono: alla tipologia dei lavori, allaqualificazione delle imprese appaltatrici, alle procedure di affidamento, agli assettisocietari relativi al concessionario, al contraente generale ed ai soggetti affidatari.Tra i soggetti facenti parte della “rete di monitoraggio” compaiono i Ministeridell’Interno, delle Infrastrutture e Trasporti e dell’Economia e delle Finanze, nonchél’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, la Direzione Nazionale Antimafia, gli UfficiTerritoriali del Governo, Regioni, Province e Comuni, le Forze di Polizia, iProvveditorati alle Opere Pubbliche, il soggetto aggiudicatore e il concessionario e/o ilcontraente generale.Inoltre, per dare impulso ed indirizzo all’attività di ciascuno dei soggetti indicati, èistituito presso il <strong>Ministero</strong> dell’Interno un “Comitato di coordinamento per l’altasorveglianza delle Grandi Opere”, alle cui riunioni possono essere chiamati ad intervenireanche i Prefetti delle province interessate alla realizzazione delle opere medesime.Il Comitato inoltre provvede a supportare l’azione di questi ultimi sul territorio, ancheai fini dell’attivazione dei poteri ispettivi o di accesso ad essi direttamente conferiti dallanormativa vigente, ovvero attraverso il “Gruppo Interforze”.Quest’ultimo organismo e’ costituito presso le Prefetture - UTG interessateterritorialmente, è coordinato da un funzionario della stessa Prefettura ed è composto daun funzionario della Polizia di Stato, da un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, da unufficiale della Guardia di Finanza, da un rappresentante del Provveditorato alle OperePubbliche, da un rappresentante dell’Ispettorato del Lavoro nonché da un funzionariodelle articolazioni periferiche della Direzione Investigativa Antimafia.Orbene, un’analoga metodologia di monitoraggio e di contrasto potrebbe essereprevista dal legislatore ad integrazione della vigente normativa antifrode nell’ambitodell’utilizzo dei fondi strutturali comunitari.Del resto, come si è avuto modo di rimarcare illustrando lo sviluppo della politicaantifrode globale basata sul nuovo art.280 del Trattato CE , introdotto dal Trattato diAmsterdam, all’azione preventiva deve essere conferito il massimo impulso, soprattutto inun settore - definito sensibile - quale quello degli appalti pubblici, anche alla luce diconsiderazioni analoghe a quelle svolte in tema di grandi opere, che rimandano allaparticolare capacità delle organizzazioni criminali di inserirsi nel contesto economicosano, ciò che certamente può paventarsi anche nell’impiego dei fondi strutturalicomunitari.143


La normativa antifrode e la garanzia di legalità nella gestione dei fondi strutturali comunitariBIBLIOGRAFIA- Ferrari Bravo - Moavero Milanesi, Lezioni di diritto comunitario, EditorialeScientifica, 2000- V. Guizzi, Manuale di diritto e politica dell’Unione Europea, Editoriale Scientifica,2000- F. Lauria, Manuale di diritto delle Comunità Europee, UTET, 1992- F. Pocar, Diritto dell’Unione e delle Comunità Europee, Giuffrè, 1997- Francioni - Giorgioni - Turrini, Lavoro e formazione nell’Europa dell’Euro, ed.Provincia Autonoma di Trento, 1999- A. Predieri, a cura di, Fondi strutturali e coesione economica e sociale nell’UnioneEuropea, Giuffrè, 1996- L. Piccinetti “La riforma dei Fondi Strutturali: quale scenario per l’Italia”, pubblicatosul sito del Department of Politics University of Newcastel upon Tyne- Raccolta dei regolamenti comunitari sui Fondi strutturali e della normativa sugli Aiutidi Stato a cura del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo del <strong>Ministero</strong> dell’Economiae delle Finanze – Ed. maggio 2003- Sito Internet del <strong>Ministero</strong> del Lavoro – www.welfare.gov.it- Sito Internet del Formez – http://db.formez.it- Sito Internet del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo del <strong>Ministero</strong>dell’Economia e delle Finanze – www.dps.tesoro.it- Sito Internet dell’Unione europea – http://europa.eu.int- Sito Internet del Parlamento Europeo – www.europarl.eu.int144


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeo.Loro ricaduta sulle competenze del <strong>Ministero</strong> dell’InternoGruppo di lavoro :Carolina Bellantoni, Vincenzo Callea, Giuseppina Cassone, Anna Contu, Paola Dessì,Maurizio Falco, Alessandra Guidi


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeo146


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoCONSIDERAZIONI INTRODUTTIVEGli attacchi dell’11 settembre hanno cambiato in modo radicale la percezione dellaminaccia terroristica e, conseguentemente, della sicurezza di ciascuno di noi.I sociologi, gli analisti e gli storici, già nel corso dei drammatici eventi trasmessi indiretta dalle televisioni di tutto il mondo, hanno immediatamente e giustamentesottolineato che, da quel momento, “nulla sarebbe stato più come prima”.Al di là della portata emotiva di tale affermazione, rimane indiscutibile che la comunitàinternazionale, da allora, ha compreso fino in fondo la propria vulnerabilità e l’elevatolivello di pericolo cui sono esposti i diritti fondamentali delle società democratiche.La nuova minaccia – che ha fatto emergere in maniera inequivocabile una profondafrattura tra la cultura del dialogo e del confronto e quella dei radicalismi e dello scontrofrontale tra il Nord ed il Sud del mondo – rischia di incidere sul processo di ampliamentodegli spazi di libertà, sicurezza e partecipazione democratica cui si ispirano i sistemioccidentali.La strategia di contrasto al terrorismo ha, quindi, subito una brusca accelerazione, difronte ad un fenomeno che ha cambiato volto ed ha diversificato le tecniche offensive,utilizzando filosofie e modalità di azione basate su una diversa concezione del valore dellavita, tendente a massimizzare la violenza e l’effetto distruttivo dei risultati.Muovendo da tale scenario, questo lavoro mira a ripercorrere le tappe attraverso lequali si è sviluppata, nelle diverse sedi di confronto, la risposta della comunitàinternazionale, facendo emergere le ricadute e le possibili prospettive per il <strong>Ministero</strong>dell’Interno, in un’azione di governo sempre più ispirata ad una “cultura della sicurezzacomune” a livello europeo.In questo percorso, i profili critici riscontrati hanno riguardato l’estrema complessitàdi inquadramento socio-politico del fenomeno, l’articolato quadro giuridico entro il qualesi è mossa la comunità internazionale, le diversità di vedute e di impostazione dellerisposte maturate nell’ambito delle tradizionali alleanze tra gli Stati, la molteplicità deiruoli e delle competenze nel nostro ordinamento e nella stessa Amministrazionedell’Interno.Elementi, questi, che hanno costituito il punto di partenza dal quale sono emersi spuntidi riflessione in termini di consolidamento della funzione centrale del <strong>Ministero</strong>dell’Interno, sia per il coordinamento delle politiche di cooperazione internazionale in unpiù ampio quadro di sicurezza allargata, sia per il necessario raccordo tra le istituzionichiamate, in ambito nazionale, ad assicurare un’efficace azione di contrasto.147


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoIl Ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, rispondendo recentemente alla Camera deiDeputati sull’azione posta in essere dal Governo per far fronte alla minaccia terroristica,ha ribadito la necessità di realizzare un compiuto “sistema integrato di sicurezza”, in gradodi creare un “circolo virtuoso” tra tutte le componenti chiamate a partecipare al progettounitario di sicurezza.Dal presente studio è emersa l’esigenza che il ruolo del Ministro dell’Interno, in questadelicata fase di analisi, individuazione ed attualizzazione delle misure di contrasto alterrorismo internazionale, sia ulteriormente rafforzato; e ciò non solo in ragione della suaresponsabilità istituzionale, ma anche in funzione dell’interesse nazionale, oggiindividuabile nell’esigenza di ricondurre alla massima convergenza possibile l’attività diciascun organismo in grado di sviluppare competenze ed azioni in materia.In questa prospettiva, si è altresì individuata l’esigenza di meglio sviluppare uncompiuto sistema di difesa e protezione civile che, salvaguardando gli spazi di interventodi ciascuna struttura deputata, tenga conto della tradizionale proiezione sul territorio dellearticolazioni del <strong>Ministero</strong> dell’Interno (Prefetture, Questure e Comandi Provinciali deiVigili del Fuoco) e del ruolo di coordinamento istituzionalmente demandato ai Prefetti.148


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoCAPITOLO IIL TERRORISMO INTERNAZIONALE: ANALISI, EVOLUZIONE STORICA EMANIFESTAZIONI DEL FENOMENOPREMESSAIl terrorismo rappresenta un fenomeno da tempo oggetto di analisi, ma, nonostante ledefinizioni che ne sono state elaborate, non si è ancora arrivati a formulare un concettocapace di sintetizzarne, in maniera esauriente, le caratteristiche principali.Le difficoltà incontrate dipendono essenzialmente dalla circostanza che il trascorreredel tempo, con la modificazione delle singole realtà politiche, ha portato e porta afrequenti trasformazioni delle modalità di manifestazione di atti pur sempre riconducibiliad una matrice comune e, in quanto tali, facenti parte della più generale species di “atti diterrorismo”.Al di là della difficoltà, ora riferita, di offrire del terrorismo una definizioneuniversalmente valida, resta il fatto che determinati comportamenti - a prescindere daicontesti politici, sociali e religiosi nei quali si sviluppano e da cui cercano, spesso, di trarrelegittimità e fondamento - da sempre costituiscono una delle più gravi minacce allademocrazia, al libero esercizio dei diritti umani e allo sviluppo economico e sociale deipopoli.Il terrorismo, infatti, attraverso gli atti in cui si manifesta, che vanno dall’omicidio allelesioni personali e alla minaccia alla vita altrui, per arrivare al sequestro di persona, alladistruzione di cose e all’arrecare danni alle proprietà pubbliche o private, si proponesempre, quale obiettivo finale, la destabilizzazione e il sovvertimento degli assettipreesistenti, colpendo proprio quel diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza eall’autodeterminazione che costituiscono l’essenza di ogni sistema democratico.Queste brevi considerazioni contribuiscono ad individuare gli elementi essenziali delfenomeno.Secondo il profilo soggettivo, il terrorismo è sempre caratterizzato da una motivazioneideologica che lo sorregge e dalla finalità politica in vista della quale è compiuto; nei casiin cui si affievolisce lo scopo politico, rimane sempre il movente ideologico che promuovela condotta, al punto che possono darsi atti terroristici non inseribili all’interno di una149


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoqualsivoglia strategia politica, ma pur sempre sorretti da una giustificazione di tipoideologico.Per fare alcuni esempi: vi sono attività terroristiche mosse da finalità di sovversionedel sistema politico, quali il terrorismo rosso o quello neofascista in Italia; vi è ilterrorismo motivato da rivendicazioni di autonomia per minoranze etniche, si pensiall’ETA dei Paesi Baschi; vi è, inoltre, quello che mira ad eliminare ogni movimento per lanon segregazione di entità etniche diverse da quelle che esprimono le classi dirigenti.Dal punto di vista oggettivo, il terrorismo si contraddistingue per le modalità dicondotta, per la qualità della persona offesa, per l’entità del danno ovvero per lapotenzialità e l'estensione del pericolo arrecato, e, soprattutto, per gli effetti perdurantinel tempo, provocati dall'attività criminosa nei confronti dell’assetto sociale, con il ricorsosistematico alla violenza contro cose e persone, al fine di spargere il panico in undeterminato gruppo sociale.Le considerazioni fin qui svolte inducono a riconoscere nel terrorismo, qualefenomeno ideologico, politico e sociale, una corposità e consistenza tali da differenziarsinettamente dalla violenza utilizzata per scopi di tipo latamente o specificatamente politico.Volendo formulare una definizione meno generica del fenomeno terroristico, di frontealla molteplicità delle sue manifestazioni materiali, si può affermare che “gli attiterroristici sono crimini a forma libera caratterizzati da uno specifico dolo 1 ”.Operare con finalità terroristica significa, quindi, porre in essere atti di violenza tali daincutere nel corpo sociale, e non soltanto in questa ed in quell’altra persona, uno stato diforte timore e di radicale insicurezza, tale da indurre alla disarticolazione sociale ediminuire significativamente le possibilità di reazione contro l’aggressione 2 .Appare, pertanto, essenziale, allo scopo di pervenire ad un’utile definizione delfenomeno, distinguere tra atti di violenza politica commessi a fini di terrorismo e atti chenon possono esprimere una simile finalità; intendendosi i primi quelli capaci di ingenerarenel corpo sociale quelle condizioni di paura e di costrizione che, come già riferito,costituiscono le caratteristiche principali del fenomeno stesso.1 Panzera, “Attività terroristiche e diritto internazionale”, Napoli, 1978, pagg. 185 e ss.2Secondo la formula proposta da G. De Francesco, Legislazione pen, 1981, pag. 37, “spargere il paniconella collettività o presso gruppi determinati”.150


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeo1. Dal terrorismo interno al terrorismo internazionale. Le matricipolitiche ideologiche e religiose.a) Dal terrorismo interno al terrorismo internazionale.Nel secondo dopoguerra il fenomeno terroristico in Italia, a parte gli attentati compiutida gruppi separatisti a sostegno della politica secessionista che rivendicava la separazionedell’Alto Adige dall'Italia, è stato caratterizzato da una matrice politica di oppostaispirazione ideologica (estrema destra ed estrema sinistra) che, attraverso il ricorso allestragi, agli assassinii, ai ferimenti, agli assalti a sedi di partiti, istituzioni, Enti locali, alsabotaggio di strutture industriali, ha cercato di imporre un mutamento eversivo delsistema costituzionale, attraverso l’imposizione di un regime autoritario ora neofascista,ora, attraverso insurrezioni di sinistra, per la nascita di una dittatura proletaria.Nonostante l’attenta analisi dei fatti abbia mostrato la netta distinzione tra terrorismodi destra e di sinistra, per origine e storia diversa, appare indubbio che il loro obiettivofosse rappresentato, comunque, da un progetto di eversione, che ha inciso in manierafortemente negativa sul percorso di sviluppo politico ed istituzionale della democraziaitaliana.L’attenzione nei confronti dei fenomeni di terrorismo sul versante interno ècostantemente cresciuta negli ultimi anni per il riproporsi della minaccia di matricebrigatista; anche se, in verità, non può dirsi che la minaccia terroristica in Italia sia maicessata.Il riferimento è in particolare al terrorismo brigatista che, dopo i gravi colpi subitinegli anni ’80, in seguito alla dissociazione all’interno del movimento insurrezionalista, hacontinuato, anche negli anni successivi, a produrre documenti e ad alimentare, con accesidibattiti, il fondamento politico-ideologico del gruppo.Tale continuità è stata resa possibile sia grazie al contributo progettuale fornito dai c.d.“irriducibili” dal carcere, sia all'attività di piccole frange di militanti che, pur essendodotate di scarsi mezzi, sono riuscite a portare a compimento gravissimi fatti delittuosisecondo la metodologia del terrorismo brigatista.Dopo un periodo di silenzio relativamente lungo, la sigla “BR p.c.c.” è riapparsanuovamente, in particolare, nel documento di rivendicazione dell’attentato alla base diAviano del 2 settembre 1993, nel documento di rivendicazione dell’omicidio D’Antonadel 20 maggio 1999 nonché, circa tre anni dopo, nel documento di rivendicazionedell’omicidio Biagi del 20 settembre 2002.151


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoGli omicidi D’Antona e Biagi sembrano aver aperto una nuova fase della storia delleBrigate Rosse, sebbene alcuni brigatisti storici abbiano di recente definito l’esperienzaarmata priva di qualsiasi prospettiva, non sussistendo più le ragioni che la determinarono.Gli ultimi attentati terroristici hanno rivelato evidenti connessioni con l’eversione deglianni '70, determinata dalla persistente influenza che gli “irriducibili” ancora esercitano suinuovi militanti, ricavabile dalla recente copiosa produzione documentale caratterizzata daampie analogie con quella degli “anni di piombo”.Invero, l’ambito terroristico interno non costituisce oggi una realtà perfettamentecoesa ed omogenea, comprendendo, tra gli altri, oltre alle Brigate Rosse, gli ambientianarco–insurrezionalisti, l’antagonismo militante e altre formazioni di carattere locale.In questa sede appare opportuno limitare la trattazione del fenomeno terroristicoitaliano ai soli elementi essenziali, trattandosi di un capitolo di storia recente chemeriterebbe, per complessità d’analisi e per i tragici ed efferati fatti criminosi verificatisi,uno specifico ed approfondito studio idoneo ad illustrare e a dare il giusto risalto aimolteplici profili ideologici e culturali che hanno alimentato la spirale di violenza che hacaratterizzato quegli anni non a caso definiti di “piombo”.Occorre, tuttavia, osservare che l’apprezzabile esperienza nella lotta al terrorismomaturata dal nostro Paese, ha fatto assumere oggi all’Italia una particolare rilevanzanell’ambito della cooperazione internazionale. Ciò ha consentito, in questo momento diintensificazione degli eventi terroristici internazionali, di poter reagire con prontezzaintervenendo con strategie di contrasto già sperimentate nella lotta al terrorismo interno econ un’attività d‘intelligence che costituisce l’indispensabile base informativa per l’analisidella minaccia nelle sue multiformi manifestazioni, in coerenza con la natura globale cheessa riveste.Il Governo ha, infatti, disposto sul piano operativo il rafforzamento delle strutture dicoordinamento interministeriale già esistenti e la creazione di nuove, coerentemente congli impegni assunti a livello internazionale.Attualmente i veri protagonisti del terrorismo internazionale sono i movimenti radicaliislamici, nati in opposizione non solo al colonialismo, ma altresì al modernismooccidentale ed ai governi arabi moderati.Il processo si è intensificato con la nascita dello Stato d’Israele ed il movimento haraggiunto una graduale internazionalizzazione anche a seguito della nascita dellaRepubblica Islamica dell’Iran, dell’invasione sovietica dell’Afghanistan e della Guerra delGolfo, fino a raggiungere l’attuale dinamismo.152


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeob) Le matrici politiche e religiose.Per fare un accenno alle differenze tra le organizzazioni sopra delineate possiamoosservare che le BR, adesso come 25 anni fa, hanno come riferimento ideologico ilmarxismo leninismo in versione arcaica; non hanno, sul piano internazionale,collegamenti organici e ideologicamente stabili, ma tutt’al più una rete di solidarietà,alleanze, sovvenzioni finanziarie e collaborazioni tecniche con strutture straniere.Il terrorismo rosso conosce, quindi, diverse stagioni: la propaganda armata, finalizzataad acquisire consenso soprattutto nella classe operaia, l’attacco allo Stato, il “partitoarmato”, con la finalità di porsi quale contropotere rispetto allo Stato, nella prospettiva diun superamento della democrazia politica per l’affermazione del potere delle massepopolari.Il messaggio rivoluzionario dell’eversione rossa – propagandata attraverso una copiosaproduzione di documenti – ha fallito non solo nella sua realizzazione ma anche sotto ilprofilo ideologico con la dissociazione ed il “pentimento” di molti dei suoi militanti.Non è però mai del tutto tramontato e, seppure con alterne vicende, si manifestaanche attualmente, con l’intento di riaffermare la strategia della tensione, soprattutto neimomenti di confronto tra Governo e parti sociali o di scelte di riforma.Il terrorismo nero si propone, invece, l’affermazione di un governo autoritario edittatoriale, attraverso la sovversione del sistema democratico, perseguita con ilcompimento di stragi organizzate, con l’intento di realizzare il maggior numero divittime.Anche in questo caso l’obiettivo è quello di dimostrare l’incapacità della democrazia digovernare l’ordine pubblico e la conseguente necessità di instaurare un sistemaautoritario, orientando in tal senso anche l’opinione pubblica.Il progetto dell’eversione e del mutamento costituzionale accomuna il terrorismorosso e quello nero, che pure muovono da premesse ideologiche differenti.Per quanto riguarda, invece, gli anarco-insurrezionalisti, si può dire che gli stessi nonhanno un preciso e definito riferimento ideologico, richiamandosi ad un generico“ribellismo”, al cui interno si colloca un mondo frammentato, che spazia dall’ecologismohard all’antimilitarismo, fino all’anticlericalismo hard (si pensi agli attentati al Duomo diMilano e a S. Ambrogio nel 2000, nei quali risultano collegamenti con gruppi estremistispagnoli).L’area anarco-insurrezionalista costituisce un’evoluzione radicale del più ampiomovimento anarchico, dal quale si distacca assumendo connotazioni autonome e153


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeomarcatamente eversive.Sotto il profilo operativo, essa teorizza, in luogo di un assetto organizzativo verticisticoe strutturato, la costituzione progressiva di “gruppi informali di affinità” che rappresentano“unità autonome di base, autogestite”, nate “in relazione a precipue situazioni e che sirichiamano alla conflittualità permanente, all’autogestione e all’attacco”.Nell’ultimo periodo, il movimento anarco-insurrezionalista ha promosso specifiche“campagne”, sostenute anche con diffusione documentale, su tematiche antirepressive edambientaliste, che hanno interessato l’intero territorio nazionale.A tematiche antirepressive è da ricondurre l’attentato del 9 dicembre 2002 contro laquestura di Genova, a pochi giorni di distanza dai provvedimenti cautelari emessi dallalocale Procura della Repubblica nell’ambito dell’inchiesta sugli episodi di violenza dipiazza verificatisi durante il noto vertice G8 di Genova, ai quali presero parte alcunimilitanti antagonisti.Nel più recente passato, si è registrato un aumento di attentati e sabotaggi controimpianti di telefonia e ripetitori RAI ed ENEL, che possono essere ricondotti ad unaprecisa strategia di frange anarco-ambientaliste, già in passato protagoniste di numerosiattentati ai danni di tralicci elettrici.All’accresciuta offensività dei gruppi insurrezionalisti, registratasi nel recente passato,si è accompagnata una spiccata vocazione internazionalista.Esistono, infatti, evidenti collegamenti internazionali con formazioni della medesimaestrazione politica, come ha dimostrato la partecipazione di gruppi di “guerriglieri urbani”di provenienza tedesca, austriaca, spagnola, greca e inglese alle vicende di Genovanell’estate 2001, in occasione del G8.A conferma dei legami tra i gruppi anarchici nazionali ed esteri si fa richiamo ai recentiinvii di plichi esplosivi alla redazione di Barcellona del giornale “El Pais” ed alle sedi Iberiadi Roma, Malpensa e Fiumicino nonché alle sedi Rai e della radio televisione spagnola.Un’ulteriore conferma dell’internazionalizzazione del movimento è intervenuta aseguito degli episodi degli scorsi mesi, riguardanti i tentativi di attentato perpetrati aidanni del Presidente della Commissione Europea, Romano Prodi e di altri rappresentantidelle istituzioni dell’Unione europea.Come si ricorderà, tra il 2003 ed il 2004, si sono succeduti diversi episodi che hannocolpito bersagli europei.Oltre agli attentati diretti al prof. Romano Prodi (il 23 dicembre 2003 sono esplosidue ordigni occultati nei cassonetti dei rifiuti situati in prossimità dell’abitazionebolognese del Presidente della Commissione europea; il 27 dicembre 2003, da un plico154


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeopostale recapitato nell’abitazione medesima, si sprigionava una fiammata), si ricorda anchel’invio: il 29 dicembre 2003, di un plico contenente un ordigno al Direttore di Europol,presso la sede de L’Aja, e al Direttore della Banca Centrale Europea; il successivo 30dicembre di un pacco esplosivo, sempre a L’Aja, alla sede di Eurojust; il 5 gennaio 2004 diulteriori plichi ad esponenti del Parlamento europeo.Nell’audizione svoltasi l’8 gennaio u.s. davanti alla Commissione Affari Costituzionalidella Presidenza del Consiglio e Interni della Camera dei Deputati, il Ministro dell’Internoha illustrato l’evoluzione criminale del terrorismo anarchico.In particolare, è emerso che l’invio di plichi incendiari, il collocamento di ordigniesplosivi, le dichiarazioni contenute nei volantini rinvenuti – che si riferiscono allecampagne di lotta, alle decisioni ratificate da “istituzioni cardine del nuovo ordinamentoeuropeo, foriere di ulteriori pratiche di sfruttamento e dominio” – dimostrano, da unlato, modalità operative tradizionalmente riconducibili all’area anarchica, dall’altro,l’inquadramento delle istituzioni europee e dei loro rappresentanti tra gli obiettividell’azione terroristica, unitamente ai tradizionali bersagli, quali caserme e carceri.Il susseguirsi degli episodi sembra, quindi, dimostrare la messa in atto di una strategiaunitaria che travalica i confini nazionali, a dispetto del tradizionale spontaneismo propriodel coacervo delle frange che sono riconducibili all’area anarchica.Già lo scorso novembre, alla Camera dei deputati, il Ministro dell’Interno avevarappresentato la pericolosità dell’anarco insurrezionalismo e le complicità ed icollegamenti internazionali sui quali esso può contare.Ora è stato confermato che, come già dimostrato dal terrorismo sardo – collegato acentrali nazionali ed europee – le formazioni legate alla galassia anarchica tendono adindividuare comuni terreni di lotta che trascendono i confini nazionali e richiedono,pertanto, una risposta coordinata e concertata dei vari Paesi.Le matrici ideologiche tratteggiate caratterizzano il terrorismo “politico in sensostretto”, ma può definirsi ugualmente politico anche il terrorismo qualificato da unamatrice religiosa.Il terrorismo è, infatti, un fatto politico, perché intende colpire l’istituzione e lacomunità, delegittimando la prima e turbando la pacifica convivenza della <strong>seconda</strong>.Tale profilo politico è pregnante anche negli episodi qualificati di matrice religiosa inquanto commessi in nome del fondamentalismo islamico della sua riaffermazione.In tal senso può affermarsi che il fanatismo religioso si integra in un fine politico, inquanto i terroristi islamici non si limitano a professare la propria fede religiosa, ma il culto155


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeodiviene una vera ideologia politica e, quindi, l’utilizzo di un linguaggio religioso nellarivendicazione del fatto sottende, in realtà, fini politici precisi.Tracciando un profilo di matrice religiosa, occorre premettere che esso, deriva da unaconcezione immanente della religione nella politica e nella società, costantemente ispiratialla volontà di Dio: laddove si ravvisa uno scostamento da tale concezione, sorge lanecessità di riaffermarla, anche con la forza e la violenza e persino con l’autodistruzione,ritenendo la causa degna del supremo sacrificio personale.Il radicalismo islamico nasce negli anni ’20 con l’organizzazione di origine egizianadetta “Fratelli musulmani” per l’affermazione di un regime governativo musulmano.Le diverse aggregazioni oggi esistenti mirano alla creazione di uno Stato teocraticoislamico nel paese di appartenenza ed in quelli della stessa area geopolitica; sonostrutturate secondo un’organizzazione clandestina per quanto riguarda le iniziativeterroristiche, anche all’estero, e il relativo addestramento degli appartenenti; mentre peraltro verso si manifestano svolgendo un’attività di magistero religioso e di proselitismo. 3Il fondamentalismo musulmano vede nell’Occidente l’inganno e la corruzione e ciòderiva da una lettura storica degli eventi che hanno visto l’occidente “illudere” e“deludere” il mondo islamico. L’Occidente liberale e laico e persino liberatore diNapoleone, tra la fine del Settecento e l’Ottocento, rappresentava un modello di sviluppoda seguire perché l’Islam assumesse quel ruolo di civiltà guida che nei secoli precedentiaveva avuto.Ciò non si è realizzato allora né dopo, in quanto anche il rifarsi a modelli fascisti ecomunisti non ha consentito la costruzione di una realtà araba unitaria. 4L’Occidente è stato inoltre percepito come sfruttatore – basta pensare alle risorsepetrolifere – e l’insieme di questi fattori ha alimentato il fondamentalismo, i cui attiterroristici hanno come obiettivo l’Occidente ed i suoi alleati.Il richiamo alla religione, come si è detto, ha finalità squisitamente politiche. Non sitratta di un reazionario ritorno all’antico “Islam” bensì del perseguimento di obiettiviquanto mai moderni, connessi ai rapporti ed agli equilibri tra Oriente ed Occidente.3 Le aggregazioni di maggiore rilevanza sono Hizballah o Partito di Dio, sciita, libanese e filoiraniano,operativo dagli anni ottanta; Hamas o Movimento di resistenza islamica e Jihad Islamica palestinese,entrambi sunniti , operanti in Israele, Gaza e Cisgiordania dalla fine degli anni ottanta il primo e dalla finedegli anni settanta il secondo; il Gruppo Islamico Armato (GIA), sunnita ed algerino, esistente dall’iniziodegli anni novanta, ed una sua emanazione, il Gruppo Salafita per la predicazione ed il combattimento; alJihad o Guerra Santa sunnita ed egiziana. Alla fine degli anni ottanta è stata costituita Al Qaida, ovvero LaBase, quale ombrello per il coordinamento, l’addestramento e il supporto di numerose organizzazionisubordinate, semi-autonome e autonome dedite alla guerra santa a livello internazionale.4 Cfr. “Terrorismo,fondamentalismo e dialogo interreligioso. Intervista a Franco Cardini” in Per Aspera adVeritatem, rivista di intelligence e di cultura professionale, N.26 - maggio - agosto 2003156


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoLe azioni eclatanti ed al tempo stesso massimamente devastanti, come gli attentatidell’undici settembre, costituirebbero, secondo alcuni studiosi, un segnale di crisi e didebolezza del fondamentalismo islamico: il fallimento del sogno egemone e la tendenzadella società musulmana a considerare come minoritari i movimenti fondamentalististarebbero determinando un regresso del fenomeno.La consapevolezza della propria debolezza determinerebbe azioni sempre piùdevastanti, nel tentativo di riaffermare, invece, una posizione di forza. 5Le modalità di attuazione degli attentati sono, in realtà, particolarmente complesse efanno ritenere la sussistenza di elevate capacità organizzative nonché di convergenzetrasversali all’interno del terrorismo islamico integralista, che, in conclusione, si può direche segua due direttrici: da un lato i Paesi musulmani “filo-occidentali” e dall’altro gli StatiUniti ed i loro alleati occidentali, risultando, così, confermata la valenza squisitamentepolitica del terrorismo di matrice religiosa.I tragici eventi dell’11 settembre hanno posto la Comunità internazionale di fronte adun fenomeno terroristico internazionale di portata mai conosciuta sino ad ora e concaratteri di innegabile novità, quali l’accentuata volontà distruttiva di massa, ladiversificata strategia del terrore, l'ingente disponibilità di mezzi finanziari e tecnologici e,da ultimo, il contesto globalizzato in cui questi movimenti operano.Un atto terroristico dall'efficacia tanto devastante ha evidenziato come siano statisottovalutati i persistenti fattori di criticità internazionali e nazionali che hanno favoritol’espansione ed il radicamento dei fenomeni di violenta intolleranza nei confronti dellacultura e del mondo occidentale da parte di formazioni radicali ed integraliste del mondoislamico.Un tale tipo di conflitto globale non può propriamente essere definito alla stregua diuna guerra mondiale di tipo tradizionale, ma si tratta di un numero indefinito di battagliecombattute in tutto il mondo, da nemici sfuggenti e spietati, che operano sotto diversebandiere: Al Qaeda, Al Fatah, Jiahd islamica, Hamas, e tanti altri movimenti sorti in tuttoil mondo, legati da un solo scopo: fare la guerra agli Stati Uniti ed ai suoi alleati, e, più ingenerale, a quei paesi che si avvicinano ai modelli di vita della civiltà occidentale.I paesi coinvolti sono tanti: Inghilterra, Belgio, Italia, Francia, Germania, Israele, India,Pakistan, Bosnia, Albania, Somalia, Kenia.In questa guerra senza frontiere, gli schieramenti religiosi appaiono sempre piùchiaramente distinti: da una parte coloro che si compiacciono di definirsi i martiri di Allahe dall’altra gli ebrei e i cristiani. Comunque, al centro del conflitto rimane il grande5 La tesi è di Gilles Kepel ed è riportata da Franco Cardini cfr. n.4157


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeonemico che è l’America, rappresentata come paese imperialista, neo colonialista ecapitalista, accusata di sfruttare le risorse dei paesi poveri dell’Islam.Il piano di Osama Bin Laden, odierna icona dei movimenti terroristici islamici, è quellodi provocare una radicalizzazione ed un allargamento del conflitto a tutto il mondo;erigendosi lui ed i suoi seguaci a paladini dei popoli oppressi dell’Africa, dell’Asia, delMedio Oriente.L’analisi dei fatti sopra descritti evidenzia che questi attentati terroristici vengonorecepiti dall’Italia e dagli altri Paesi occidentali come una minaccia alla sicurezza interna,mentre dagli Stati Uniti d’America, che all’indomani della caduta del sistema bipolarehanno assunto il ruolo di unica super potenza mondiale, vengono percepiti come unattacco all’esercizio di tale ruolo nella scena internazionale. 6Gli Stati Uniti, infatti, hanno da sempre concepito e rivolto il proprio interesse alterrorismo come minaccia portata da organizzazioni o gruppi stranieri sul proprioterritorio ovvero contro i propri cittadini o interessi di potenza egemone all’estero, edhanno decisamente inteso combatterlo con metodi sistematici ed incisivi.A questa scelta netta e decisa gli Stati Uniti sono pervenuti attraverso una propriaindividuazione, davanti all’opinione pubblica mondiale, degli Stati sponsor del terrore,attaccandoli frontalmente e militarmente, abbandonando qualsiasi tipo di confronto odialogo critico con tali nazioni, atteggiamento, questo, di solito accompagnato da misuresanzionatorie di tipo economico per realizzare una maggiore pressione diplomatica, qualedeterrente all’ulteriore appoggio alle organizzazioni terroristiche.Le altre democrazie europee – fatta salva la Gran Bretagna che per tradizioni storicopolitiche ha sempre condiviso le linee strategiche americane – hanno, invece, solitamentepercepito la minaccia terroristica soprattutto come tecnica di uso della forza e conviolenta lotta politica, tendente al sovvertimento dell’ordine democratico internopiuttosto che di un ordine mondiale di cui l’occidente deve farsi assoluto garante.6“Due dati essenziali caratterizzano il nuovo sistema internazionale sorto sulle macerie della politica deiblocchi. Il primo è il ruolo ormai compiutamente planetario, per vari aspetti” imperiale” e per ciò stessodel tutto inedito che gli Stati Uniti d’America , in quanto “lonely super power”, hanno di fatto assunto dopola caduta del colosso sovietico. Il secondo è il limite strutturale che la straordinaria complessità geopoliticadel pianeta emersa dopo il biennio 1989 – 91 ha sino ad ora quasi sempre frapposto al pieno esercizio diun tale ruolo”. - Prof. Francesco Tuccari, Università di Torino, “Il terrorismo internazionale nel XXsecolo: aspetti storiografici e principali interpretazioni”.158


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoc) Le manifestazioni terroristicheNegli ultimi decenni si è assistito al moltiplicarsi delle attività terroristicheinternazionalmente rilevanti. Accanto alle forme tradizionali, quali ad esempio attentatidiretti a colpire personalità politiche di livello internazionale, si sono sviluppate nuoveforme di terrorismo dotate di intrinseca rilevanza internazionale.Il riferimento va, ad esempio, al dirottamento di aeromobili (c.d. pirateria aerea), inquanto un tale atto va ad incidere in maniera diretta, da un lato, sull’interesse dellaComunità internazionale di garantire la sicurezza ed il regolare svolgimento del trafficoaereo e, dall’altro, sulla composita pluralità dei soggetti e degli interessi coinvolti: gli Statidi volta in volta interessati in relazione alla legge di bandiera dell’aereo, la pluralità deglispazi aerei attraversati nel corso del volo, la nazionalità dei dirottatori, dei membridell’equipaggio e dei passeggeri (originariamente tale tipologia di crimine si è manifestatanell’area caraibica-statunitense intorno al 1961, diffondendosi ben presto, per l'efficacia el'impatto del gesto, in tutti i continenti).Caratteristiche analoghe riveste, in un certo senso (anche se trattasi di fenomeno assaimeno diffuso per l'evidente maggior difficoltà di realizzazione e gestione), il dirottamentodi navi (un esempio si è avuto con il caso della ”Achille Lauro” nell’ottobre 1985).Altra forma di terrorismo internazionale è costituita dai sequestri di agenti diplomatici,funzionari consolari o comunque persone che godono di una speciale protezioneinternazionale; fra i tanti episodi ricordiamo i notissimi casi del sequestro e successivauccisione dell’Ambasciatore della Repubblica federale di Germania in Guatemala, VonSpreti, nel 1969 e della cattura, avvenuta a Vienna il 21 dicembre 1975, dei Ministri diben 11 Stati membri dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio.La rilevanza internazionale di tali figure criminose è in re ipsa, ove si abbia riguardo agliinteressi tutelati dalle norme sulla protezione speciale degli agenti diplomatici e consolari.Le stesse considerazioni possono formularsi con riferimento alle manifestazioniterroristiche consistenti nell’invio di plichi esplosivi oltre frontiera mediante il serviziopostale; si pensi all’episodio del settembre 1972 relativo all’invio da Amsterdam, da partedell’organizzazione terroristica “settembre nero”, di ben 48 lettere esplosive alle missionidiplomatiche d’Israele nei vari continenti, e da ultimo, ai recentissimi episodi, per fortunaprivi di nefaste conseguenze ma comunque da non sottovalutare assolutamente, dell'inviodi plichi esplosivi ad alti funzionari ed esponenti del Parlamento europeo.Tali episodi si verificano con sempre maggiore frequenza e, talvolta, a mero scopodimostrativo, con dispositivi che solo all’apparenza possono sembrare esplosivi ma che, in159


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeorealtà, sono inidonei a produrre quell’effetto: s’intende anche in questo modo creare unclima di insicurezza e di terrore, dimostrando nel contempo alle istituzioni ed all’opinionepubblica la capacità e l’abilità nel superare i controlli predisposti e di raggiungerel’obiettivo prescelto. Si tratta di azioni che vengono rivendicate con volantini o documentiche ne illustrano diffusamente le motivazioni.Vanno altresì menzionate le azioni di terrorismo “chimico”, compiute sia conl’avvelenamento di merci, (al proposito ricordiamo il gennaio 1978, quando si verificòl’inquietante caso di avvelenamento col mercurio di partite di arance esportate da Israele)sia con l’invio di plichi contaminati da sostanze tossiche o presunte tali, come nel caso deirecenti episodi relativi all’allarme antrace.Da ultimo, non può non farsi cenno di una nuova forma di terrorismo internazionaleche utilizza i mass media: la diffusione di filmati e comunicati nei quali i capi di movimentiterroristici rivendicano attentati e propagandano l’ideologia che li motiva, preannunciandoulteriori azioni: un caso esemplificativo è rappresentato dai pericolosi messaggi lanciatidalla televisione Al Jazeira dal leader carismatico Osama Bin Laden, personaggio che èstato capace di aggregare intorno a sé milioni di musulmani anche moderati, in quantoviene identificato come il liberatore del popolo musulmano dall’oppressore occidentale.In tali manifestazioni è pregnante l’intendimento di diffondere un clima di insicurezza edi terrore, di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla causa propugnata, diminare il prestigio dello Stato colpito, facendolo apparire come incapace di garantirel'incolumità dei propri cittadini, ed eventualmente di turbare le relazioni internazionali traStati.160


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoCAPITOLO IILE MISURE DI CONTRASTO AL TERRORISMO INTERNAZIONALE INAMBITO EUROPEO1. Lo scenario internazionaleLa risposta della Comunità internazionale al terrorismo si è andata progressivamentearticolando e modulando, in ragione della configurazione che il terrorismo è andato neltempo assumendo sullo scenario mondiale.Gli Stati hanno dovuto fare i conti con una trasformazione del fenomeno da minacciacircoscritta ad aree geografiche determinate e a forte connotazione nazionalista, orientataverso precisi obiettivi politici, a fenomeno che, per le rinnovate matrici ideologiche ereligiose e per la capillarità della rete organizzativa e delle fonti di finanziamento, haassunto dimensioni di una vera e propria emergenza globale.La dimensione transnazionale del terrorismo è, oggi, infatti una costante che induce aparlare di una “internazionale del terrore”, favorita da un assetto globalizzato dellerelazioni sociali che offre, anche ai gruppi criminali, l’opportunità di agire in direttocollegamento ed in rapporto di mutua assistenza: di natura logistica, informativa,economica.E ciò a volte anche a prescindere dall’esistenza di un condiviso disegno criminoso o damanifeste dichiarazioni di solidarietà di causa tra i gruppi medesimi.Talvolta, ancora, il riflesso di notorietà che la società “mediatizzata” assicura nelsistema della comunicazione mondiale ha determinato al compimento di atti di terrore,apparentemente senza finalità, anche singoli o piccolissime organizzazioni.Tali atti, inquadrabili come mera affermazione di protagonismo, o di ribellismogeneralizzato all’ordine mondiale delineatosi con la fine della “ Guerra Fredda”, portano avalutare il fenomeno in tutte le sue implicazioni e invitano gli apparati di contrasto aridefinire le proprie strategie in una prospettiva allargata che non può esaurirsi, come sivedrà, in un semplicistico confronto-scontro tra società democratiche e suoi presuntiavversari.Dall’esame delle prime misure adottate in materia di terrorismo in ambitointernazionale, emerge che esse sono riconducibili all’attività delle Nazioni Unite, a161


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeopartire dalla Convenzione di Tokio del 1963 relativamente agli atti compiuti a bordo diaeromobili civili.Da allora, e sino al 1977, si sono succedute diverse convenzioni ed intese, tutte aventiad oggetto misure di repressione di atti illeciti consumati in contesti specifici, ovverocontro particolari categorie di soggetti (agenti diplomatici) e con modalità dal contenutooggettivamente riconducibile all’atto di terrore (sequestro di persona, attentati allasicurezza dei trasporti, ecc.), ma senza mai pervenire ad una compiuta definizione delcontesto e del fenomeno in generale.In effetti, già la Convenzione di Ginevra del 16 novembre 1937, adottata dalla Societàdelle Nazioni, aveva per prima tentato una definizione delle manifestazioni terroristichefino ad allora conosciute, di cui si rendevano frequentemente responsabili gruppianarchici. 7Ma queste manifestazioni, peraltro, avevano rilievo internazionale solo in quantorapportate alla cittadinanza del soggetto, attivo o passivo del reato, ovvero alla circostanzache il reo si fosse rifugiato all’estero.Nel dopoguerra, e soprattutto durante gli anni '60, la Comunità Internazionale si ètrovata di fronte al moltiplicarsi di attività criminali i cui riflessi direttamente toccavano lerelazioni tra Stati.Accanto a quelle tradizionali infatti – attentati alla vita o all’incolumità di personalitàpolitiche, attentati contro edifici pubblici – sono venute diffondendosi nel tempo formecriminose (quali il dirottamento di aeromobili e l’invio di pacchi esplosivi mediante ilservizio postale) che oggettivamente - specialmente per il complesso iter criminoso che le7 In particolare, tale Convenzione giunse in seguito all’attentato di Marsiglia del 9 ottobre 1934, nel quale ilre Alessandro di Jugoslavia ed il Ministro degli esteri francese Barthou furono assassinati dal terroristacroato Gueroguiev.La Convenzione qualifica come atti di terrorismo quei “fait criminel dirigés contre un Etat et dont le but ou lanature est de provoquer la terreur chez des personnalités determinées, des groupes de personnes ou dans le public” (art. 1)ed impone, agli Stati parti, un obbligo generico di prevenzione ed uno specifico, di prevedere come reati,nei rispettivi ordinamenti, i seguenti fatti criminosi, sempre che vengano commessi nel loro territorio e conla predetta finalità terroristica attentati contro: capi di Stato, loro successori ereditari o designati e rispettivicongiunti; persone che rivestono cariche o funzioni pubbliche; beni pubblici o destinati ad uso pubblico.La Convenzione impone inoltre agli Stati membri di introdurre nei rispettivi ordinamenti normeincriminatrici riguardanti alcune attività, strumentali al compimento di tali azioni terroristiche quali:a) fabbricazione e detenzione di armi, esplosivi, munizioni;b) fabbricazione e falsificazione di passaporti o documenti equipollenti.Infine con un’altra Convenzione, sempre adottata a Ginevra il 16 novembre 1937, viene previstal’istituzione di una Corte penale internazionale per il giudizio dell'imputato, secondo regole comuni.Nessuna delle due Convenzioni è entrata in vigore per la mancanza delle ratifiche necessarie. Ciò è statodeterminato sia da problemi di ordine costituzionale sia dall’insorgere, dopo due anni dalla sottoscrizione,del secondo conflitto mondiale.162


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeocontraddistinguevano - venivano ad assumere il connotato di atto terroristicointernazionale.Soprattutto queste nuove forme, coinvolgenti interessi generali, hanno provocato unareazione corale degli Stati che ha partorito una serie di strumenti pattizi tendenti adistituire una prima strutturata cooperazione interstatale per la prevenzione e larepressione delle attività terroristiche.Giova ricordare in proposito: la Convenzione dell’Aja del 16 dicembre 1970 “per larepressione della cattura illecita di aeromobili”, nonché la Convenzione di Montreal del23 settembre 1971 “per la repressione di atti illeciti diretti contro la sicurezzadell’aviazione civile”.Ma l’evento che possiamo definire una pietra miliare della storia del fenomeno, perquanto riguarda il suo manifestarsi sullo scenario internazionale dall’ultimo dopo guerra, èsenza dubbio il sequestro degli undici atleti della squadra israeliana alle Olimpiadi diMonaco del 1972 in Germania.E’ in questa occasione che si riesce ad apprezzare, da parte delle società democraticheoccidentali, la pericolosità di un conflitto permanente di difficile soluzione nell’areamedio orientale, e soprattutto, della volontà di sfruttare il sistema dei media da parte dellaOrganizzazione per la liberazione della Palestina.Anche a seguito del sequestro, l’ONU chiese che il problema degli attentati e deisequestri venisse iscritto all’ordine del giorno dell’Assemblea, per discutere unaRisoluzione che ottenesse il consenso dei Paesi membri ove sollecitare la corale condannadel terrorismo, come fenomeno da perseguire universalmente.La risoluzione non fu votata all'unanimità, lasciando emergere – come sarà poiriproposto in varie sedi internazionali – la differente visione in materia tra occidente eresto del mondo, ma comunque fu già un buon risultato aver portato l’attenzionesull'argomento a livello mondiale.L’Assemblea costitutiva del Consiglio d’Europa approvò, in seguito all'iniziativadell'ONU, un proprio protocollo, la Raccomandazione n. 684/72, che condannava confermezza il terrorismo e sottolineava l'inopportunità di appoggiare politicamente alcuneorganizzazioni.In particolare, gli Stati venivano invitati ad impedire che le rispettive sedi diplomatichefossero utilizzate come basi logistiche per attività terroristiche, nonché ad interromperequalunque relazione con le organizzazioni che legittimavano l’uso del terrore come mezzodi lotta politica.163


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoLa scelta di rivolgere un tale invito a Stati sovrani fu particolarmente coraggiosaperché, in tal modo, si evidenziava il fenomeno pericoloso e preoccupante dell'appoggiodiretto, con i privilegi conseguenti all'extraterritorialità, di alcune nazioni in favore delleorganizzazioni terroristiche.Il primo concreto tentativo di affrontare il fenomeno criminale nella sua globalità enella sua concretezza, con formulazioni normative effettivamente dirimenti in materia direati terroristici, si deve al Consiglio d’Europa, con la “Convenzione europea per larepressione del terrorismo”, adottata a Strasburgo il 27 gennaio 1977.E’ in questa sede che sono state elencate una serie di condotte e fattispecie qualificateoggettivamente ed in maniera comune come “Atti a finalità terroristica”, che ciascun Statosi obbliga a perseguire e reprimere con severità proporzionata alla minaccia che imedesimi comportano per l’ordine sociale e la comunità (art.1) .L’accordo, inoltre, per la prima volta, prevede la facoltà per lo Stato richiesto, cui èindirizzata la domanda di estradizione, di non considerare reato di natura politica anchealtre fattispecie criminose, diverse da quelle richiamate all’articolo 1.Si tratta comunque di condotte ad elevata offensività quali quelle poste in essere controla vita, l’integrità personale o la libertà delle persone, ovvero quelle contro i benisuscettibili di creare un pericolo per la pubblica incolumità (art.2). 8Si avverte cioè la necessità di ridurre da un lato, gli spazi di autonomia del cd. “Statorichiesto” che l’istituto dell’estradizione normalmente tende a realizzare, dall’altro, legaranzie di carattere meramente formale del responsabile della condotta criminosa.Verrà esaminato in seguito come tale esigenza si manifesterà in maniera più ampia nelleConvenzioni degli anni 90 in materia, sino a pervenire alla elaborazione dell’istituto delmandato di arresto.Tuttavia si è ancora in presenza di un sistema frammentato e privo di un quadroordinamentale di riferimento per l’attuazione di un’efficace azione di contrasto.Tale assetto rimane sostanzialmente immutato sino all’inizio degli anni ’90, allorchél’Unione Europea avvia, con il Trattato di Maastricht, un processo di costruzione di unospazio comunitario di libertà giustizia e sicurezza, all’interno del quale la lotta alterrorismo assume un profilo di carattere strategico, anche in ragione della richiamataevoluzione del fenomeno su scala internazionale.8Vedi A. Cerreta e G. Ianni in “ Misure di contrasto al terrorismo internazionale” – in rivista giuridica dellaGuardia di Finanza n°3/2002 e S. Zeuli in “ Terrorismo internazionale” 2002.164


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoL’occasione offerta da questa storica intesa, sotto il profilo particolare della lotta alterrorismo, è peraltro anche quella di un definitivo chiarimento su quanto praticato inmateria sino a quegli anni all’interno dell’Unione.Basti pensare agli equivoci atteggiamenti assunti talvolta da alcuni partners che, purdichiarandosi uniti nel combattere il fenomeno, non solo hanno fornito rifugio ad ideologied autori di gravi fatti di terrorismo commessi in un territorio o in danno di un paesealleato, ma hanno anche spesso eccepito un fermo rifiuto alla cooperazione ovveroall’estradizione in base a considerazioni legate alla presunta natura politica dei fatticontestati.Contraddizioni e riserve storiche che hanno visto protagonista anche il nostro paese eche, peraltro, non sembrano totalmente superate, se assistiamo proprio in Francia, neigiorni dello scorso febbraio, all’appello dei 7500 intellettuali contro la consegna delricercato terrorista di sinistra Cesare Battisti rifugiatosi in territorio transalpino.Nel prosieguo della trattazione verrà, dunque, esaminato più da vicino e nel dettaglio,come questo processo si è articolato nei successivi passaggi, nella dimensione europea enella proiezione sullo scacchiere internazionale, sino alla forte accelerazione impressadagli eventi dell’11 settembre 2001.2. Il quadro europeoa) Le misure di contrasto al terrorismo prima dell’11 settembreCome sottolineato nel precedente paragrafo, il problema di una politica dell’Unione inmateria di contrasto al terrorismo si è potuta organicamente sviluppare solo a partire dallafirma del Trattato di Maastricht; tuttavia, l’aspetto della cooperazione nei settori afferentila politica estera o la sicurezza interna era stato avvertito sin dagli anni ‘70 quandocominciarono ad avviarsi le prime concrete forme di collaborazione tra i governi sia pur aldi fuori del quadro comunitario.Le riunioni del Consiglio europeo, che non era ancora una istituzione comunitaria, mauno strumento di cooperazione intergovernativa, servirono ai governanti per confrontarsisia nella prospettiva dell’accelerazione del progetto di integrazione, sia per concordareun’azione comune nei settori della politica estera e di difesa e della giustizia ed affariinterni.165


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoUno dei primi esempi lungo questo percorso ebbe ad oggetto proprio la lotta alterrorismo: nel dicembre 1975, infatti, fu istituito a Roma il cosiddetto gruppo TREVI(acronimo di Terrorismo, Radicalismo, Eversione, Violenza Internazionale), composto daiMinistri dei Paesi membri competenti ad avviare una cooperazione nella lotta alterrorismo e alla criminalità organizzata, e per la difesa dell’ordine pubblico.Si sviluppò, quindi, una collaborazione informale tra le forze di polizia, con lacreazione, nel 1976, di due specifici sottogruppi denominati TREVI 1 (lotta al terrorismo)e TREVI 2 (cooperazione di polizia per le questioni di ordine pubblico).Nel 1985 la cooperazione venne rafforzata con l’istituzione del TREVI 3 (cooperazionein materia di lotta al traffico di stupefacenti e alla criminalità organizzata). Nell’ambito diquest’ultimo gruppo venne creata un’agenzia per lo scambio delle informazioni sul trafficoillecito di droga (EIDU), che ha aperto la strada alla costruzione negli anni 90 di un ufficiodi polizia europeo (Europol).La cooperazione di polizia venne ulteriormente incrementata, nel 1988, e cioèall’indomani della firma dell’Atto unico, avvenuta nel 1986, con la costituzione delgruppo TREVI 1992, che proprio in vista della realizzazione del mercato unico europeo,aveva il compito di accrescere la collaborazione tra forze di polizia per favorirel’eliminazione dei controlli alle frontiere.Questa rete di contatti tra Autorità nazionali, che non aveva funzioni operative ma disemplice collaborazione, venne poi finalmente a confluire, per esserne organicamentedisciplinata, nel Trattato sottoscritto a Maastricht il 7 febbraio 1992.In tale Trattato per la prima volta viene disegnata una architettura istituzionalearticolata su tre pilastri fondamentali.Vengono così collocati, accanto alle materie oggetto di “comunitarizzazione” - cherientrano nel c.d. Primo Pilastro - settori di intervento tradizionalmente soggetti allasovranità nazionale ed oggetto della classica collaborazione intergovernativa, che vanno acostituire i c.d. Secondo e Terzo Pilastro, relativi alla Politica estera e di sicurezzacomune (PESC) ed alla Cooperazione nel settore della Giustizia e degli Affari interni(CGAI).La lotta al terrorismo si inquadra formalmente e prevalentemente nell’ambito delTerzo Pilastro, essendo stata espressamente richiamata all’art. K 1 del Trattato tra isettori specifici considerati di “interesse comune”.Occorre, tuttavia, precisare che anche norme contenute nel Secondo Pilastrocostituiscono tuttora base giuridica per il contrasto al terrorismo internazionale,fenomeno che coinvolge in modo significativo anche la politica estera e di sicurezza166


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeocomune, come dimostrato dai recenti interventi comunitari in seguito agli attacchi dell’11settembre.Il Trattato di Maastricht regolamenta la cooperazione tra Stati secondo un metodo chevede attribuito un ruolo centrale di coordinamento al Consiglio dell’Unione, nella suaparticolare composizione di Consiglio Giustizia, Affari Interni e Protezione civile, ove iMinistri dell’Interno e della Giustizia dei paesi membri trovano una sede di confrontopermanente sulla definizione delle strategie comunitarie nel settore.Gli atti adottabili nell’ambito del terzo pilastro - posizioni e azioni comuni - sicaratterizzavano in un primo momento per un’estrema vaghezza, non essendo loroattribuiti concreti effetti giuridici, talché rimanevano di difficile inquadramento anche ipoteri del Consiglio dell’Unione.Le altre istituzioni comunitarie coinvolte rivestivano un ruolo di secondo piano: allaCommissione, pur pienamente associata ai lavori, infatti, era riconosciuto un limitatodiritto di iniziativa ed il compito di informare il Parlamento europeo; quest’ultimo venivaa ricoprire un ruolo fortemente ridimensionato, limitandosi a discutere e a fareinterrogazioni, senza incidere sulle linee d’azione da seguire.Con il successivo Trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999, questistrumenti vengono rimodulati ed integrati.In particolare, nell’ambito del Terzo Pilastro, assumono rilievo gli strumenti normatividelle decisioni-quadro e delle decisioni.Le prime sono atti volti al riavvicinamento delle disposizioni normative eregolamentari degli Stati membri, vincolanti ai fini del raggiungimento del risultato finaleposto dall’obbiettivo comunitario, ma che lasciano, però, alle singole Autorità nazionali lascelta della forma e dei mezzi più idonei per il suo conseguimento.Le decisioni, invece, sono anch’esse atti vincolanti, sia pure non con efficacia diretta,volte a disciplinare qualsiasi aspetto della cooperazione giudiziaria e di polizia adesclusione del riavvicinamento delle disposizioni normative.Ma il rafforzamento degli strumenti della cooperazione intergovernativa nell’ambitodel Secondo e del Terzo Pilastro sono solo una delle tante novità introdotte dal Trattato diAmsterdam.Nell’obiettivo di “conservare e sviluppare l’Unione quale spazio di libertà, sicurezza egiustizia”, vengono infatti “comunitarizzate” materie che in precedenza erano contenutenel Terzo Pilastro (visti, asilo, immigrazione, cooperazione giudiziaria in materia civile) ilquale perde la denominazione GAI e diventa “Cooperazione di polizia e giudiziaria in167


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeomateria penale”, in un quadro unitario di riferimento offerto dalla nuova formulazionedell’articolo 29 del TUE.Tale disposizione prevede che i partners promuovano azioni comuni nel settore dellacooperazione di polizia e giudiziaria - tra cui la cooperazione nella prevenzione erepressione del terrorismo - da svilupparsi su tre principali direttrici:• una più stretta cooperazione tra forze di polizia, le Autorità doganali e le altreAutorità competenti, tra cui Europol;• una maggiore cooperazione tra le Autorità Giudiziarie e le Altre autoritàcompetenti degli Stati membri;• il riavvicinamento delle normative in materia penale in vigore negli Stati Membri.Sotto quest’ultimo profilo, di rilievo appare la previsione contenuta nel successivoarticolo 31 lett. e), secondo la quale l’opera di avvicinamento deve avvenire conl’adozione di “misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutividei reati e delle sanzioni, con particolare attenzione alla materia del terrorismo, dellacriminalità organizzata, della tratta di esseri umani e del traffico illecito di stupefacenti”. 9C’è, dunque, in questa costruzione normativa, tutta la consapevolezza di doverindicare un percorso concreto all’interno della omogeneizzazione dei sistemi penali,pervenendo a misure che, senza costringere necessariamente a recepire istituti oimpostazioni che mettano in discussione le tradizioni giuridiche di ciascun ordinamentonazionale, consentano tuttavia di pervenire al risultato di una repressione coerente di fattidi reato di estrema pericolosità e gravità per la sicurezza in ambito europeo.Si pensi al fatto che non tutti gli Stati dell’Unione, ad esempio la Gran Bretagna,contemplano nei propri ordinamenti la figura dell’associazione terroristica, così come nontutti prevedono fattispecie che puniscono l’atto di terrore in quanto tale, o descrivono inmaniera univoca o autonoma la finalità dell’atto terroristico. 10Tornando alla materia della cooperazione di polizia e giudiziaria e seguendo il criteriologico delle linee innanzi tracciate dall’articolo 29 TUE, il primo strumento di rilievo nelsettore che i Paesi membri realizzano nell’ambito del Terzo pilastro è l’Ufficio Europeo diPolizia, Europol, organismo che, in base al Trattato, è incaricato di realizzare un sistemadi scambio, raccolta ed analisi di informazioni tra le diverse polizie dei Paesi europeinecessarie allo svolgimento delle indagini.910Vedi A. Cerreta e G. Ianni già cit.R.Barberini “Gli strumenti di cooperazione internazionale in materia di terrorismo” in Roma 8 maggio2003.S ono solo sei gli Stati che possiedono una legislazione specifica per questo tipo di reato (Francia,Germania, Italia,Portogallo, Spagna e Regno Unito).168


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoEuropol, che ha sede all’Aja, è divenuto operativo in seguito alla ratifica da parte degliStati membri della Convenzione istitutiva firmata nel corso del vertice europeo di Cannesdel 25 luglio 1995. Tale Convenzione è stata ratificata dall’Italia con L. 23 marzo 1998, n.93, ed è entrata in vigore il 1° ottobre 1998.Tale organismo si pone come punto nodale della cooperazione europea nell’attività diprevenzione e contrasto nei settori “del traffico di stupefacenti, di materie nucleari, diorganizzazioni clandestine di immigrazione, di traffico di autoveicoli rubati, di tratta diesseri umani, del terrorismo e della contraffazione di monete”.Europol non ha compiti direttamente investigativi (vedremo però che in occasionedella successiva istituzione di strutture operative comuni viene prevista la possibilepartecipazione di funzionari di Europol), anche se, ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 2del Trattato sull’Unione, ad esso sono affidati compiti di impulso e promozione dispecifiche operazioni di polizia da parte delle autorità competenti degli Stati Membri.L’organismo opera attraverso unità nazionali designate da ogni singolo Paese qualiorganismi di collegamento tra Europol ed i servizi nazionali competenti.Ciascuna di tali strutture periferiche, infatti, invia presso Europol un propriorappresentante incaricato di difendere gli interessi della propria unità di appartenenza.E’ chiaro che sino a quando non saranno completamente risolti i nodi dellaomogeneizzazione dei sistemi giudiziari e, conseguentemente, della azione di polizia, èancora molto lunga la strada da percorrere perché Europol assuma un ruolo di leaderriconosciuto nel coordinamento operativo all’interno dell’Unione.In vista di tale risultato, comunque, un importante segnale di interesse provieneproprio nel settore della lotta al terrorismo, con l’attivazione di penetranti misure assuntedall’Azione Comune del 15 ottobre 1996, che istituiscono un repertorio dellecompetenze, capacità e conoscenze specialistiche in materia di lotta al terrorismo.Il tutto per dare concretezza alla esigenza di porre a fattor comune informazioni,conoscenze e best practices, e superare le naturali resistenze dei singoli Stati ed organismiinvestigativi che, come appena ricordato, hanno continuato e continuano ad operare inun’ottica di preminente strategia intergovernativa e non comunitaria.Sul fronte della cooperazione giudiziaria, si è visto che, contemporaneamente all’avviodi Europol, in conformità dell’articolo 31 del Trattato, vengono adottati strumenti difacilitazione e semplificazione delle procedure in materia di estradizione.In particolare, è qui opportuno richiamare la Convenzione di Bruxelles del 10 marzo1995, relativa alla procedura semplificata di estradizione tra gli Stati Membri dell’UE, ove169


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeolo Stato richiesto di estradizione ha facoltà di rinunciare alle proprie prerogative e quindirinuncia a rivendicare l’applicazione del principio di specialità.Ma, soprattutto, risulta degna di nota la successiva Convenzione di Dublino del 27settembre 1996 che, all’art.1, si propone di facilitare l’applicazione, da parte di tutti gliStati Membri, della Convenzione Europea sulla repressione del terrorismo di Strasburgodel 1977.L’atto in esame, da un lato, introduce l’attenuazione del principio della cd. doppiaincriminabilità proprio nei riguardi dei reati associativi di criminalità organizzata eterrorismo, dall’altro prevede una generale “apoliticità” di tali fattispecie. 11Si intende così evitare, come già avuto modo di appezzare in precedenza, che motivi dicarattere formalistico ovvero un’eventuale qualifica di natura politica del reato oggettodella istanza possa costituire ostacolo al corso della procedura attivata dallo Statorichiedente.Sempre lungo questo solco operativo, è da menzionare l’istituzione della Retegiudiziaria europea, attivata con l’Azione comune 29 giugno 1998, n.98/428/GAI., alloscopo di semplificare le procedure di cooperazione tra gli Stati membri nel campo dellalotta alle forme più gravi di criminalità, compreso il terrorismo.Tale struttura è composta da esperti qualificati dei partners, in funzione di intermediari(c.d. persone di contatto), che forniscono, alle autorità giudiziarie locali dei rispettiviPaesi, informazioni giuridiche o pratiche di cui necessitano in merito ai sistemi giudiziari eprocedurali dei 15 Stati membri.Il risultato più significativo, tuttavia, è stato raggiunto dal Consiglio Europeo diTampere del 15 e 16 ottobre 1999, nel corso del quale fu deciso di abolire la proceduraformale di estradizione tra gli Stati Membri nei confronti di quei soggetti colpiti daprovvedimento definitivo di condanna.Va evidenziato che Tampere rappresenta un appuntamento significativo nellacostruzione di una strategia globale di cooperazione ai fini della realizzazione di uno spaziodi sicurezza, libertà e giustizia. 12Le conclusioni cui pervennero i Capi di Stato e di Governo in quella sederappresentano il “manifesto” dei principi e delle misure per un rilancio dell’azione dicooperazione nell’ambito del “Terzo Pilastro”, e si articolano su due contestifondamentali: gli obiettivi da raggiungere (i c.d. capisaldi di Tampere); le materie su cui11 E. Selvaggi, “Mobilità della Criminalità e Cooperazione Giudiziaria nell’Unione Europea”, in Quaderni delConsiglio Superiore della Magistratura. Atti degli incontri di studio a carattere internazionale 1998/2002.12 V. S.Zeuli “ Terrorismo Internazionale” cit.170


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeosviluppare politiche comuni (asilo, immigrazione, cooperazione giudiziaria, lotta allacriminalità).Con riferimento al primo ambito, vengono ripresi e potenziati gli obiettivi indicati nelTrattato di Amsterdam individuando misure concrete da realizzare rapidamente nelsettore del contrasto al terrorismo ed alla criminalità organizzata.In particolare:• viene innanzitutto sollecitata l’attivazione delle squadre investigative comuni,previste dal Trattato sull’Unione, proprio in funzione di contrasto al terrorismo,prevedendo anche la possibilità di una partecipazione ad esse di componenti di Europol ;• viene richiesta l’istituzione di una Task Force operativa europea dei Capi dellaPolizia, incaricata di scambiare, sempre in collaborazione con Europol, esperienze,migliori prassi e informazioni sulle tendenze della criminalità transnazionale,contribuendo alla predisposizione di azioni operative;• viene rilanciato il ruolo di Europol, prevedendone per il futuro anche unincremento del ruolo operativo di iniziativa e stimolo sul piano investigativo;• viene prevista la creazione di un’Accademia europea di polizia al fine di realizzareopportune iniziative di formazione comune per gli alti funzionari dei Paesi Membri;• sul piano della cooperazione giudiziaria, viene prevista l’istituzione di Eurojust,struttura composta da rappresentanti della magistratura dei Paesi Membri e/o funzionaridi polizia di pari competenza, con il compito di agevolare il coordinamento tra le autoritànazionali responsabili dell’azione penale, e di prestare assistenza nelle indagini sullacriminalità organizzata avvalendosi dell’attività di analisi posta in essere da Europol.Il programma complessivo di lavoro così delineato prevedeva anche una fase dimonitoraggio costante e periodico dello stato di avanzamento e di attuazione degliimpegni assunti dagli Stati membri che, in questa sede, decidono di dedicareespressamente una nuova riunione del Consiglio per il dicembre 2001 alla verifica deirisultati raggiunti.E’ su questo impegnativo piano di lavoro che viene a sovrapporsi il nuovo scenariodeterminatosi in seguito agli attacchi terroristici sferrati l’11 settembre a New York eWashington.Prima di allora non si percepiva ancora in tutta la sua impellenza la necessità di unimmediato ricorso a misure di emergenza globali, ed il dialogo internazionale in materiarisultava ancora legato ai tempi ed ai negoziati della diplomazia tradizionale. Soprattuttoper quanto riguarda il terrorismo di matrice religiosa fondamentalista, ritenuto il veroprincipale fenomeno strutturato a livello internazionale, la politica occidentale era infatti171


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoprevalentemente incentrata sugli sviluppi del conflitto israelo-palestinese e sulle suericadute nello scacchiere mediorientale ed asiatico, ritenuto il teatro all’interno del qualeprevalentemente attendersi gli attacchi agli interessi ed alle istituzioni atlantiche da partedelle organizzazioni del terrore. 13b) Lo scenario europeo dopo l’11 settembre. Il Piano di Azione diBruxellesSubito dopo i noti eventi dell’11 settembre, da quando il terrorismo ha assuntorinnovata linfa dal pericolosissimo potenziale dello scontro ideologico e religioso traciviltà, diventa priorità assoluta la costante e serrata collaborazione internazionale, inparticolar modo tra i livelli info-operativi di ciascun paese.Si impone quindi in maniera ancora più stringente la necessità di realizzare ogni misuraconcretamente praticabile, a prescindere dal superamento degli ostacoli costituiti dallediverse visioni del fenomeno, dal punto di vista sociologico e/o giuridico, e dagli interessiad esse collegati.E questo perché era apparso a tutti innegabile il successo immediato, ancorchéparziale, delle azioni criminali terroristiche.Il crollo delle Torri Gemelle aveva infatti rivelato l’esistenza di una grande falla nelsistema di difesa delle democrazie occidentali, mettendo a nudo l’elevata vulnerabilità diuna società sempre più aperta e globalizzata.Situazione che ha in qualche modo costretto a rivedere, ed in qualche caso a riscriverele strategie nelle alleanze, nella diplomazia, nella preparazione militare, nelle struttureordinamentali, nelle politiche regionali con gli Stati terzi, con ricadute importantisoprattutto per i grandi partners europei: sia come singoli, sia come membri delle NazioniUnite e soprattutto, nell’Unione.Una prima immediata presa di posizione si registra a livello di Consiglio di Sicurezzadelle Nazioni Unite che, a ventiquattro ore dagli eventi americani, emana una risoluzione( la 1368/2001) che sollecita la Comunità Internazionale a raddoppiare gli sforzi sino adallora compiuti per impedire e reprimere gli atti terroristici.Il successivo 14 settembre, in una Dichiarazione congiunta dei Capi di Stato e diGoverno, del Presidente del Parlamento e della Commissione e dell’Alto rappresentantedella politica estera e di Sicurezza comune, l’Unione Europea si “impegna con ogni mezzo13 A. Cerreta e G. Ianni, “Misure di contrasto al terrorismo internazionale” cit.172


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoa difendere la giustizia e la democrazia nel mondo, …a contribuire all’emergere di unaazione globale ferma e prolungata contro il terrorismo…all’attuazione di una vera epropria area di giustizia europea la quale implicherà tra l’altro l’istituzione di un mandatodi arresto e di estradizione europeo, in conformità con le conclusioni del Consiglio diTampere e il reciproco riconoscimento di decisioni e di verdetti giudiziari”.Ancora sette giorni dopo, in un incontro straordinario tenutosi a Bruxelles il 20settembre 2001, i Ministri dell’Interno e della Giustizia del Consiglio dell’Unione, nelribadire la validità delle principali misure assunte sulla base delle determinazioni diTampere, hanno sottolineato la necessità che tutte le strutture operanti nelle materie delTerzo Pilastro considerassero assolutamente prioritaria l’emergenza terrorismo,riadattando e potenziando il programma di lavoro sin qui tracciato in funzione del nuovoscenario delineatosi.Le nuove strategie attengono a tutti i più importanti capitoli della cooperazione nelsettore e cioè quello giudiziario, quello di polizia e dell’intelligence, quelli della lotta alfinanziamento del terrorismo e del rafforzamento dei controlli sul territorio.Sul primo punto, le iniziative più rilevanti riguardano:• una decisa accelerazione delle procedure volte al già richiamato riavvicinamentodel diritto penale degli Stati membri, soprattutto per stabilire una nozione comune diterrorismo ed istituire sanzioni penali comuni;• l’istituzione dell’ordine di arresto europeo, al fine di superare completamente inqueste materie lo strumento dell’estradizione, eliminando il requisito della doppiaincriminabilità.Sempre sul fronte della cooperazione giudiziaria altre importanti decisioni sono stateassunte circa l’accoglimento della proposta di anticipare l’entrata in vigore dell’art.13della Convenzione del 29 maggio 2000 di Bruxelles, in materia di assistenza giudiziaria incampo penale.Tale strumento prevedeva, in linea con l’articolo 34 del Trattato e le successivedecisioni prese a Tampere, di porre mano senza indugio alla costituzione delle squadreinvestigative comuni per le indagini e il supporto dell’azione penale degli Statidell’Unione.In particolare viene rafforzato l’auspicio di realizzare le già previste squadre,specializzate proprio nell’attività di contrasto al terrorismo, composte da personale dipolizia e della magistratura; tali squadre potranno avvalersi anche del supporto di Europolper un miglior coordinamento delle indagini che presentino profili di connessione.173


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoViene inoltre ribadita l’intenzione di accelerare il progetto di decisione che istituisceEurojust, affinché possa essere operativa, come vedremo in seguito, agli inizi del 2002.Un capitolo fondamentale viene dedicato al secondo punto, relativo al tema dellacooperazione tra i servizi di polizia e di informazione.Le misure delineate a Tampere ricevono qui ulteriore impulso e rafforzamento.Per quanto riguarda Europol, viene, infatti, rimarcata l’importanza, per la qualitàdell’attività di analisi ed intelligence deputata a tale organismo, della trasmissione rapida econtinua da parte delle autorità di polizia, come pure dei servizi di informazione, diqualsiasi dato pertinente in materia di terrorismo.Il Consiglio decide inoltre di costituire in seno ad Europol una squadra di specialistinella lotta al terrorismo, composta da ufficiali di collegamento provenienti dai servizi dipolizia e di informazione, con il precipuo compito di compiere un’analisi strategica deidati raccolti e redigere un documento di valutazione dei possibili scenari di rischio.Nell’ambito della cooperazione preventiva, particolare attenzione viene riservataall’attività dei servizi di sicurezza e informazione il cui apporto risulta fondamentale infunzione dell’individuazione precoce di potenziali minacce terroristiche.Anche in questa prospettiva quindi, il Consiglio raccomanda un ulterioremiglioramento della collaborazione tra Stati membri che potrà trovare un utile momentodi verifica attraverso apposite riunioni che i capi di tali servizi ed organismi dovrannotenere periodicamente a partire dal 1° novembre 2001.L’esigenza di un’armonizzazione dei sistemi giuridici degli Stati dell’Unione nelparticolare settore della lotta al terrorismo trova ulteriore conferma nella previsione di unmeccanismo di valutazione e comparazione dei dispositivi messi in campo dai vari Paesi;meccanismo da definire in maniera più efficace di quello già previsto dall’Azione Comunedel 5 dicembre 1997, e da incentrare su valutazioni di natura normativa, tecnica edamministrativa, anche in materia di armi ed esplosivi.Sul terzo punto, il Consiglio, nel ribadire che la lotta al finanziamento del terrorismocostituisce un aspetto determinante per una efficace azione di contrasto, invita gli Statimembri ad “ adottare le misure necessarie a combattere qualsiasi forma di finanziamentodelle attività terroristiche, ratificando quanto prima la Convenzione delle Nazioni Unitesulla repressione del finanziamento del terrorismo”.Nel contempo chiede al Consiglio Ecofin, cui partecipano i Ministri responsabili dellapolitica economica e finanziaria di ogni paese membro, di adottare nel più breve tempo unampliamento della direttiva sul riciclaggio ed il progetto di decisione quadro sul blocco dei174


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeobeni e sul sequestro probatorio, in conformità con le raccomandazioni del Gruppo diAzione finanziario internazionale (Gafi) 14Altra esigenza prioritaria presa in speciale considerazione è quella del rafforzamentodei controlli alle frontiere esterne, con raccomandazione agli Stati Membri della massimavigilanza nel rilasciare documenti di identità e titoli di soggiorno, nonché la massimaattenzione nelle procedure di concessione dei visti.Una speciale raccomandazione viene infine rivolta al rafforzamento delle misurenecessarie a garantire la sicurezza aerea e delle strutture logistiche aeroportuali.Il complesso delle iniziative sopra descritte viene così a rappresentare una dellecomponenti fondamentali del Piano d’Azione della politica europea degli anni successiviper la lotta al terrorismo, approvato con una serie di mandati specifici a vari organismi.Tale Piano d’Azione viene ulteriormente affinato ed integrato dalle Conclusioni delConsiglio Europeo tenutosi a Gand il 19 ottobre, e da quello di Laeken, del successivo 15dicembre 2001, nei quali particolare attenzione viene dedicata all’integrazione dellapolitica comunitaria con le strategie più generali delineate dall’ONU.In tal senso viene ribadito il più fermo sostegno dell’UE alle operazioni militari che adopera degli Stati Uniti hanno avuto inizio il 7 ottobre in Afghanistan, in ossequio alla CartaONU e alla Risoluzione 1368 del Consiglio di Sicurezza.Vengono altresì ribadite la necessità di un rafforzamento della cooperazionetransfrontaliera UE-USA e l’esigenza di pervenire quanto prima alla realizzazione delmandato d’arresto europeo, ad un riavvicinamento delle normative nazionali in materia diterrorismo ed alla predisposizione di una lista comune delle organizzazioni terroristiche.Strumento, quest’ultimo, già da tempo istituito dagli Stati Uniti in via unilaterale,unitamente con la lista dei paesi da considerare a tutti gli effetti sponsor o fiancheggiatoridelle organizzazioni terroristichec) Gli ulteriori sviluppi della politica di contrasto al terrorismo dopo l’11settembre. L’attuazione del Piano d’Azione di BruxellesAlla fine del 2001 ed in tutto il corso del 2002 si raggiungono alcune tappefondamentali nell’attuazione delle misure di contrasto al terrorismo contenute nel Piano14Il Gafi è un organismo indipendente istituito nel 1989, in occasione del G7 di Parigi, con l’obiettivo dimonitorare l’andamento del fenomeno criminoso negli Stati membri (attualmente ne fanno parte 29Paesi).Esso opera attraverso lo strumento della raccomandazione.175


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeod’Azione formulato a Bruxelles, lungo le direttrici della cooperazione giudiziaria, dipolizia e di carattere finanziario.In merito a tale ultimo aspetto, un significativo passo avanti nell’attuazione delleindicazioni provenienti dal Consiglio e dalle raccomandazioni formulate dal Gafi si è avutocon l’approvazione della direttiva 2001/97/CE del 4.12.2001, in materia diantiriciclaggio, che modifica la precedente direttiva 91/308.Con tale provvedimento viene ampliato il campo di azione della precedente normativa,prevedendo la possibilità di effettuare controlli su atti e transazioni collegati, oltre che aiprofitti derivanti dal traffico di stupefacenti, anche a più gravi reati compreso ilterrorismo.Viene così significativamente estesa la sfera di azione delle transazioni coperte daiprevisti sistemi di indagine e/o riscontro, nonché la gamma delle professioni soggetteall’obbligo di segnalazione, ricomprendendo anche soggetti, quali avvocati, notai ed altri,che comunque possono costituire canale di transito di operazioni di lavaggio del denarosporco e di approvvigionamento finanziario delle organizzazioni terroristiche.Sempre in materia di misure di contrasto sul fronte finanziario, l’Unione ha attuato,attraverso lo strumento regolamentare, sulla base delle risoluzioni del Consiglio diSicurezza delle Nazioni Unite, il congelamento dei beni delle persone fisiche o giuridicheritenute coinvolte nell’attività di sostegno economico alle organizzazioni terroristiche.Fondamentale appare, al riguardo, chiarire che in questo campo l’Unione aveva giàproceduto ad emanare il Regolamento Ce 467/2001, della Commissione europea, il 6marzo 2001, che dispone il divieto di esportazione di talune merci e servizi inAfghanistan, inasprisce il divieto dei voli ed estende il congelamento dei capitali e dellerisorse finanziarie nei confronti dei talebani dell’Afghanistan. Al riguardo, lo stessoprovvedimento prevede un meccanismo automatico di aggiornamento delle liste deisoggetti raggiunti da quest’ultima misura, sulla base delle decisioni adottate, di volta involta, dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU o dall’apposito comitato previsto dall’art. 1dello stesso Regolamento.E che, sulla scorta di tale disposizione, venivano poi adottati i Regolamenti n.1354, del4 luglio 2001 e n. 1996, dell’11 ottobre dello stesso anno, che hanno ampliato la listadelle persone colpite da misure interdittive.Soprattutto la previsione di tali liste, che una volta pubblicate attraverso i relativiRegolamenti divengono immediatamente cogenti nei confronti degli intermediari bancarie finanziari interessati, rappresentano un importante passo avanti nella prevenzionegenerale.176


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoAl punto che l’efficacia e l’incisività offerti dallo strumento repressivo delcongelamento delle posizione bancarie e finanziarie viene ulteriormente ribadita conl’adozione, da parte del Consiglio dell’Unione, del Regolamento n. 2580/2001 del 27dicembre 2001, a sua volta adottato in attuazione della posizione comune2001/931/PESC, in linea con la risoluzione ONU 1373/2001.Tale misura viene, infatti, ad essere istituzionalizzata attraverso la previsione di listenominative europee - soggette ad aggiornamento semestrale - redatte sulla base delleinformazioni raccolte nell’ambito dei rispettivi contesti e competenze dalle autorità deisingoli Stati.Il Regolamento, inoltre, e questo costituisce un importante elemento di interesse enovità, non solo dispone il congelamento dei capitali riconducibili a certi soggetti, maanche il divieto di porre a disposizione degli stessi ulteriori risorse economiche efinanziarie.Si vede in questo frangente come l’azione di contrasto dell’Unione sia stata ad ampiospettro proprio in relazione al carattere sfumato ed interdisciplinare della lotta alterrorismo, utilizzando in modo trasversale più basi giuridiche, appartenenti a diversipilastri. (Il primo evocato dall’utilizzo del regolamento quale fonte di diretta applicazionenegli ordinamenti degli Stati membri, il secondo ed il terzo pilastro dalla posizionecomune 2001/931 PESC che utilizza come riferimento sia l’articolo 15 che l’articolo 34TUE). 15Per quanto attiene alle misure di contrasto sul fronte della cooperazione giudiziaria e dipolizia il 13 giugno 2002 il Consiglio dell’Unione dà attuazione alle linee d’azionecontenute nel Piano predisposto a Bruxelles attraverso l’adozione di tre fondamentalidecisioni- quadro in materia di lotta al terrorismo.E’ importante sottolineare, tuttavia, che, pochi mesi prima, e precisamente il 28febbraio 2002, sempre sulla scorta delle indicazioni contenute nel Piano di Bruxelles, ilConsiglio GAI, con decisione 2002/187, aveva proceduto alla costituzione dell’UnitàEurojust.Tale struttura (composta di un magistrato del pubblico ministero, giudice ofunzionario di polizia) è un vero e proprio organo dell’Unione, dotato di personalitàgiuridica e volto a rafforzare la cooperazione giudiziaria contro le più gravi forme dicriminalità, compreso ovviamente il terrorismo.15Riguardo alla interoperabilità degli strumenti così richiamata, il Parlamento europeo non ha mancato(risoluzione comune del 23 e 24 ottobre 2002) di stigmatizzare la mancanza di un coordinamento efficacedella politica antiterrorismo, auspicando una rivisitazione in tal senso dei Trattati.177


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoCon il Trattato di Nizza, firmato dai rappresentanti degli Stati membri il 26 febbraio2001 ed entrato in vigore il 1° febbraio 2003, tale organismo viene formalmenterichiamato nelle novella dell’articolo 31 del Trattato sull’Unione, ove è stato definito ilsuo ambito di operatività secondo le seguenti direttrici:1. contribuire al buon coordinamento tra le autorità nazionali degli Stati membriresponsabili dell’azione penale;2. concorrere alle indagini riguardanti i casi di criminalità transnazionale grave,tenendo conto delle analisi di Europol;3. agire in stretta cooperazione con la Rete Giudiziaria Europea, in particolare alloscopo di facilitare l’esecuzione delle rogatorie e delle domande di estradizione.Tornando alle decisioni adottate dal Consiglio il 13 giugno 2002, sul pianodell’auspicato avvicinamento della legislazione degli Stati membri, viene innanzitutto inrilievo la decisione-quadro 2002/475/GAI, che introduce una fondamentale definizionedei reati terroristici, e di quelli connessi alle attività terroristiche, stabilendo normeminime relative agli elementi costitutivi degli stessi ed alle relative sanzioni.Importante, in questo contesto, è l’individuazione che è contenuta nella decisione delconcetto di “organizzazione terroristica” quale associazione strutturata di più persone,stabile nel tempo ma senza ruoli formalmente definiti per i suoi membri, che agisce inmodo concertato allo scopo di commettere reati terroristici.Tale provvedimento è strettamente collegato, e ne costituisce in qualche modo lalogica premessa, alla decisione (2002/584/GAI) anche questa del 13 giugno 2002,relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati Membri.Il mandato d’arresto europeo costituisce la prima concretizzazione del principio delriconoscimento reciproco ed automatico degli atti giudiziari - stabilito come abbiamo vistodal Consiglio Europeo di Tampere di tre anni prima - ed in particolare di quelli relativi aduna lista di 32 reati ad alta pericolosità, tra cui i reati di terrorismo.Il meccanismo ipotizzato mira a rimpiazzare per questi 32 reati il sistemadell’estradizione, obbligando lo Stato richiesto a consegnare il responsabile del fatto anchese questo non è previsto come reato nel suo ordinamento, a patto che si tratti difattispecie punita con una pena massima pari o superiore a tre anni nello Stato richiedente.Ciò assume particolare valenza ove si consideri che tra gli obiettivi dell’Unione vi èproprio quello di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nel quale leclassiche relazioni di cooperazione finora esistenti dovrebbero essere sostituite da unasistema di libera circolazione anche delle decisioni giudiziarie penali, sia intervenute in unafase anteriore della sentenza, sia definitive.178


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoIn tale prospettiva, a completare il quadro di attuazione delle misure di contrasto inambito europeo intervenute in materia di terrorismo nel corso del 2002, si colloca ladecisione quadro 2002/465/GAI relativa alle squadre investigative comuni, già indicatecome necessarie dall’art.13 della Convenzione sulla mutua assistenza in materia penale.In tal modo il Consiglio ha voluto dare una pronta risposta all’invito formulato nelPiano d’azione di Bruxelles di procedere quanto prima alla costituzione, in via prioritaria,di team investigativi incaricati di svolgere indagini penali in materia di terrorismo.La misura, (peraltro già auspicata ed individuata in occasione del Consiglio europeo diTampere in Finlandia, nel 1999) ha una portata rilevante perché garantisce lapartecipazione di professionalità di grande esperienza tra operatori di polizia, doganali emagistrati appartenenti anche a paesi non membri, ma associati nell’ambito dell’accordoesecutivo.Per tali fini è previsto infatti che due o più Paesi interessati possono costituire tra loro,attraverso accordi stipulati per un determinato scopo e per una durata limitata nel tempo,una squadra investigativa comune, che può avvalersi anche di rappresentanti di Europol odi Stati Terzi, in particolare statunitensi.L’attivazione di tale strumento ha attivato, nel contempo, il dibattito sull’esigenza diuna intensificazione dell’azione di contrasto al terrorismo sul piano dell’azione preventivae di intelligence, da individuare come momento di cooperazione di polizia svincolato daquello prettamente giudiziario.L’idea sviluppata è stata quindi quella di dare impulso ad investigazioni in grado diraccogliere preziose e tempestive informazioni anche a prescindere dall’avvio diun’indagine penale, al fine di scongiurare una “minaccia immediata e grave alla sicurezzapubblica di uno Stato aderente” 16In tale logica si colloca la proposta, avanzata nel corso della Presidenza spagnola del2002, ed approvata con Raccomandazione dal Consiglio GAI del 25-26 aprile 2002, diistituire “squadre multinazionali ad hoc”, con il compito di operare nella fase pregiudiziariadelle indagini, procedendo alla raccolta e allo scambio delle informazioni utili allaprevenzione dei reati in tema di terrorismo.Tale proposta ha visto la sua attuazione, sul piano concreto, sotto la Presidenza Italianadell’Unione nel secondo semestre del 2003.16sul punto: R. Barberini , “Gli strumenti di cooperazione internazionale in materia di terrorismo” cit. Roma-8 maggio 2003.179


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoIn tale contesto è stato infatti presentato ed approvato il progetto operativo italianovolto alla costituzione delle “squadre multinazionali ad hoc incaricate della raccolta e delloscambio di informazioni sui terroristi”.Tale strumento - si legge nella relazione predisposta dall’apposito Gruppo Terrorismo- che opererà al di fuori degli schemi della cooperazione giudiziaria, dovrà essere in gradodi attivarsi con tempestività nei confronti dei soggetti e delle organizzazioni terroristiche edelle reti di supporto logistico.Il progetto prevede una prima fase di attuazione nel corso della quale sarà necessarioapprofondire, sulla base delle singole legislazioni nazionali, in quali termini ed entro qualilimiti siano consentite attività di raccolta di informazioni.Si evidenzia, dunque, il principio del massimo rispetto dell’autorità dello Stato sul cuiterritorio viene svolta l’indagine, cui non a caso è attribuita la direzione della squadra.Tale studio potrà portare alla elaborazione di un documento riassuntivo che potràconfluire successivamente in un Manuale Operativo in cui siano riassunti gli aspetti legali,organizzativi ed operativi per il funzionamento di questo importante strumento nella lottaal terrorismo internazionale.3. La cooperazione tra l’UE e gli Stati UnitiA seguito degli eventi dell’11 settembre i rapporti di collaborazione tra l’UnioneEuropea e gli Stati Uniti hanno conosciuto un primo momento di sviluppoparticolarmente intenso, sia nel campo della cooperazione giudiziaria che di polizia.L’aperta difesa di questi da parte del governo dell’Afghanistan, in mano al regime deiTalebani ed al gruppo fondamentalista del miliardario saudita Osama Bin Laden, avevaingenerato un desiderio di risposta esemplare degli Stati Uniti, cui aveva in sostanzaaderito l’intera comunità internazionale e l’Europa in particolare.Il teorema della guerra preventiva e permanente al terrore, espresso all’indomani delcrollo delle Twin Towers dall’establishment americano, aveva infatti trovato appoggioanche in ambito ONU e come migliore alleato proprio il palese guanto di sfida che ilregime talebano aveva lanciato alla superpotenza statunitense ed al mondo occidentale.Del resto, già prima degli attacchi di New York e Washington era maturata, sottocomune auspicio, la Convenzione delle Nazioni Unite contro il finanziamento delterrorismo internazionale del 9 dicembre 1999.180


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoMisura che, prendendo atto dell’incombente pericolo di una centrale di finanziamentointernazionale del terrore in Afghanistan, rappresentava uno dei fondamenti primari dellespecifiche misure di blocco bancario e finanziario - adottate dal Consiglio di Sicurezzadelle Nazioni Unite (Risoluzione n. 1267 del 1999 e n.1333 del 2000 nei confronti deitalebani dell’Afghanistan) - nonché dell’adeguamento della normativa vigente in materiadi antiriciclaggio.Tale Convenzione individua come illecita, e pertanto perseguibile come reatoattraverso gli strumenti giuridici dei singoli paesi, qualsiasi condotta finalizzata a fornire oraccogliere fondi, direttamente o indirettamente, illegalmente e intenzionalmente, conl’intento di utilizzarli per commettere atti che rientrino nella sfera delle convenzioni inprecedenza menzionate.Sempre in questa linea collaborativa nel corso del Consiglio del dicembre 2001 vienesottoscritto un accordo di cooperazione tra Europol e gli USA volto a intensificare lacooperazione nelle attività di prevenzione, individuazione, soppressione delle più graviforme di criminalità organizzata.L’argomento problematico nel dialogo tra gli USA e la UE si è manifestato però congrande evidenza non appena le posizioni dei due partners atlantici hanno cominciato aconfrontarsi con un improvviso mutamento di strategia del governo americano, inoccasione della <strong>seconda</strong> campagna di guerra contro l’Iraq e della indagine ONU sullaproduzione di armi di distruzione di massa di quel regime.Al di là di come si sono svolte le vicende di quella indagine, per meglio comprendere ilcambiamento nei rapporti Europa Stati Uniti, è bene ricordare i diversi approcci assunti inrelazione alla percezione della minaccia degli atti di terrrorismo.Gli Stati Uniti ad esempio, hanno da sempre sostanzialmente concepito il terrorismocome minaccia portata da organizzazioni o gruppi stranieri sul proprio territorio, ovverocontro i propri cittadini o interessi di potenza egemone all’estero, ed hannofrequentemente, e da ultimo decisamente, inteso combatterlo con metodi sistematici edanche di scontro militare diretto.A questa scelta netta e decisa gli Stati Uniti sono pervenuti attraverso una propriaindividuazione davanti alla opinione pubblica mondiale degli Stati sponsor del terroreattaccandoli frontalmente e talvolta militarmente, abbandonando qualsiasi tipo diconfronto o dialogo critico, solitamente accompagnato a misure sanzionatorie di tipoeconomico, tendenti a realizzare una pressione ancora a livello diplomatico.Le altre democrazie europee - fatta salva la Gran Bretagna che anche in questofrangente ha denotato una visione politica pienamente allineata alle linee strategiche181


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoamericane - hanno invece solitamente percepito la minaccia terroristica soprattutto cometecnica di uso della forze e di violenta lotta politica, tendente al sovvertimento dell’ordineinterno piuttosto che di un ordine mondiale di cui l’occidente deve farsi assoluto garante.E ciò anche quando si evidenziasse una strategia del terrore attuata con violenza sulproprio territorio ed attraverso collegamenti della più varia natura tra gruppi criminali incontatto con cellule ovvero organizzazioni di terroristi di altri Paesi. 17Ecco perché l’opzione militare, che taglia fuori completamente la diplomazia in undeterminato momento storico, per restituirle pieni poteri solo dopo la risoluzione delconflitto militare, è apparsa poco incline alla tradizione di Stati come la Francia o laGermania, molto più propensi come in passate occasioni ad operare sotto l’ombrellopolitico delle Nazioni Unite.Questa differente posizione ha rappresentato dunque il sostanziale punto di confrontoall’interno delle alleanze del mondo occidentale ed in maniera più allargata all’internodelle Nazioni Unite, laddove gli Stati Uniti, in occasione del conflitto con l’Iraq non sonoriusciti a far passare una azione condivisa di guerra preventiva per la <strong>seconda</strong> volta.La cooperazione nella lotta al terrorismo è diventata così, in questo momento storico,uno dei banchi di prova più significativi per la tenuta del sistema delle relazioni tra ledemocrazie occidentali, posto che le posizioni di alcuni degli stessi Paesi fondatoridell’Unione Europea, Francia e Germania, hanno portato a profonde diversità di veduta espaccature non solo nei confronti degli Stati Uniti e quindi della Alleanza Atlantica, maanche all’interno della stessa Unione europea.Paesi come l’Italia, la Polonia e la Spagna hanno rivendicato spazi di autonomia rispettoalle posizioni dell’asse franco tedesco, e di maggiore comprensione e partecipazione per lascelta della guerra preventiva all’Iraq presa dall’alleato atlantico.Si è così venuta a creare una pericolosa frattura che non si ritiene ancoracompletamente ricomposta: neanche all’indomani di una prevista e realizzata vittoriamilitare contro il regime autoritario di Saddam e la successiva cattura del dittatoreiracheno avvenuta lo scorso dicembre 2003.E tuttavia, malgrado i toni e le dispute tra alleati che hanno talvolta portato il livellodel dialogo a punte di asprezza inusitate, la riconosciuta necessità di una forte strettacooperativa sotto il profilo operativo dell’attività di intelligence ha spinto comunque ipartners europei a varare misure immediate e sostanziali, e non soltanto di mero indirizzoprogrammatico, come quelle antecedenti gli eventi dell’11 settembre.17V. S. Pisano, “Terrorismo e intelligence di prevenzione”, in Per aspera ad veritatem, nr. 12, Romasettembre-dicembre 1998182


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoIn questa chiave di lettura possiamo inserire la già citata collaborazione all’interno dellesquadre investigative e nella rinnovata azione di Europol, anche se le testimonianze piùefficaci ai fini del nostro discorso sono da rinvenire nei rapporti di cooperazione infoinvestigativaa livello diretto e bilaterale, soprattutto con il nostro paese.4. Il ruolo del G8 nell’azione di contrasto al terrorismo internazionaleA partire dal Vertice dei Capi di Stato e di Governo, tenutosi a Lione nel giugno 1996,i Paesi più industrializzati hanno convenuto sull’importanza di dedicare la massimaattenzione al rafforzamento dell’attività di cooperazione nella lotta alla criminalitàorganizzata.In linea con tale impegno si è tenuta a Washington, l’anno successivo, la primariunione dei Ministri dell’Interno e della Giustizia dei Paesi G8, nel corso della quale fuelaborato un Piano d’Azione volto a migliorare i sistemi giuridici internazionali relativiall’estradizione e all’assistenza giudiziaria.Su queste basi, nell’ambito dei successivi incontri - la Videoconferenza del 1998, lariunione di Mosca del 1999 e quella di Milano del 2001 - furono verificati gli stati diattuazione del Piano d’Azione e messe a punto più puntuali strategie di cooperazionecontro le forme più attuali e pericolose di criminalità organizzata, tra cui il terrorismo.Tale tema ha ricevuto tuttavia un rilievo ed un’attenzione particolare nell’agenda deilavori dei Ministri dell’Interno e della Giustizia del G8 all’indomani dei fatti dell’11settembre.Sulla scorta delle Dichiarazioni dei Capi di Stato e di Governo del 19 settembre 2001,venne pertanto convocata dall’allora Presidenza italiana una riunione straordinariacongiunta, a Roma, fra l’apposito organismo di esperti sulla criminalità (c.d. Gruppo diLione) ed il Gruppo Esperti antiterrorismo (ribattezzato Gruppo di Roma), per dare unnuovo significativo impulso all’azione degli Otto sulla prevenzione e contrasto alterrorismo.Nell’occasione è stato redatto un Piano d’azione in 25 punti in cui sono stateindividuate le priorità da seguire alla luce della nuova emergenza, sinteticamenteriassumibili come segue:• accelerazione dell’attuazione, da parte dei singoli Stati, delle 12 ConvenzioniONU in materia di terrorismo;183


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeo• potenziamento degli sforzi compiuti dai servizi di polizia e di sicurezza nelcontrasto al finanziamento delle organizzazioni terroristiche;• valutazione della minaccia terroristica sul fronte chimico, biologico, radioattivo enucleare e definizione delle prassi migliori;• individuazione dei collegamenti esistenti tra il traffico di droga ed i terroristi;• messa a punto di puntuali misure di sicurezza condivise nel campo del trasportoaereo;• rafforzamento della cooperazione giudiziaria nel settore e semplificazione delleprocedure di estradizione;• individuazione delle prassi migliori per prevenire la contraffazione dei documentidi viaggio ed il controllo sulle identità dei passeggeri;• intensificazione della lotta al traffico di armi ed esplosivi usati nelle attivitàterroristiche;• miglioramento della capacità di individuazione delle comunicazioni criminalitransnazionali ad alta tecnologia.In tale scenario si inserisce la Conferenza dei Ministri dell’Interno e della Giustiziatenutasi a Mont-Tremblant, in Canada, nel maggio 2002, nel corso della quale si èproceduto alla verifica dello stato di attuazione, da parte dei Paesi interessati, delprogramma di lavoro stilato a Roma dal Gruppo di esperti antiterrorismo.In particolare, è stato sottolineato:• l’impegno profuso nell’ampliamento dell’attività di cooperazione di poliziaattraverso l’allargamento della Rete dei Contatti per la criminalità ad Alta tecnologia, cheè passata da 16 a 26 Stati partecipanti, consentendo l’intercettazione delle comunicazioniper via telematica a fini terroristici;• l’impulso nell’adozione di misure volte ad arginare il flusso illegale di fondi chealimentano le centrali terroristiche;• il miglioramento della cooperazione sul piano giudiziario attraverso lo scambio diconoscenze circa i reciproci sistemi giuridici che facilitino le procedure di estradizione,nonché il rafforzamento degli standard internazionali volti a limitare lo spostamento deiterroristi, attraverso l’omogenizzazione delle procedure in materia di immigrazione, asilo,visti d’ingresso ed altro.Tali questioni sono state oggetto di ulteriore approfondimento nel corso dellaConferenza tenutasi a Parigi, a maggio dello scorso anno. In quella sede, il tema delterrorismo in generale è stato affiancato da specifiche problematiche ad esso collegate,come l’uso della biometria e la tutela delle infrastrutture informatiche critiche.184


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoIn merito al primo punto, l’apposito Gruppo di lavoro sulle nuove tecnologie haapprofondito la questione dell’utilizzo dei dati biometrici (impronte digitali e/o immaginidigitali facciali) a supporto delle apparecchiature da utilizzare per la verifica e per laidentificazione dei titolari dei documenti. Ciò anche alla luce delle iniziative assunte inambito europeo che, benché sino ad ora non abbiano portato a conclusioni definitive,esprimono l’indubbia volontà di introdurre quanto prima nei documenti identificativiparametri biometrici.Il secondo punto, relativo alla protezione delle infrastrutture informatiche critiche, haportato alla formulazione di un documento, elaborato sulla scorta dei contenuti dellaConvenzione del Consiglio d’Europea sulla criminalità informatica del 23 novembre2001, contenente 11 principi di cui i Paesi G8 sono tenuti a tener conto nella elaborazionedelle strategie nazionali nel settore per la riduzione dei relativi rischi.5. L’impegno dell’Italia sulla scena internazionale. L’adesione agli attiinternazionali e la cooperazione bilaterale in materia di terrorismoA livello internazionale, l’Italia è già parte di numerose Convenzioni che si occupanodel contrasto al terrorismo ed alle sue diverse manifestazioni 18 .18 Si riporta, di seguito, l’elenco integrale delle Convenzioni internazionali stipulate dall’Italia nella materia,con i relativi atti di recepimento:ONUConvenzione internazionale contro la presa degli ostaggi del 17.12.1979 resa esecutiva in Italia con Legge26.11.1985, n. 718Convenzione sulla prevenzione e sulla repressione dei reati contro le persone che fruiscono di una protezioneinternazionale, compresi gli agenti diplomatici del 14.12.1973 resa esecutiva in Italia con Legge 8.7.1977, n.485Convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici a mezzo esplosivi, adottata a NewYork, il 15.12.1997Convenzione Internazionale per la repressione dei finanziamenti al terrorismo firmata a New York l’8dicembre 1999, ratificata dall’Italia con legge 14.1.2003, n. 7UNIONE EUROPEATrattato sull’Unione Europea, Maastricht 7.2.1992, reso esecutivo in Italia con Legge 3.11.1992, n. 454.Regolamento della Comunità Europea n. 467/2001 e successive modifiche emanato in esecuzione delleRisoluzioni del Consiglio di Sicurezza n. 1267 (1999) e 1333 (2000)Gli aspetti sanzionatori di detto Regolamento demandati dalla Commissione agli Stati membri sono stati resiesecutivi in Italia con Decreto legge 28 settembre 2001, n. 353Regolamento CE nr. 2580/2001, relativo a misure restrittive destinate a combattere il terrorismo.CONSIGLIO D’EUROPAConvenzione europea di estradizione del 13.12.1957 e relativi Protocolli aggiuntivi, resa esecutiva in Italiacon Legge n. 300 del 30.1.1963185


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoL’azione di contrasto, sul piano del rafforzamento della cooperazione di polizia, ha,inoltre, ricevuto notevole impulso a seguito del proliferare, nel corso degli ultimi anni, diaccordi bilaterali conclusi dagli Stati europei con i Paesi maggiormente interessati dalfenomeno terroristico, in quanto direttamente ospiti di centrali criminali, ovvero possibililuoghi deputati al reclutamento e all’assistenza logistica dei terroristi. 19Convenzione europea di mutua assistenza giudiziaria in materia penale, del 20.4.1959 resa esecutiva in Italiacon Legge n. 215 del 23.2.1961Convenzione relativa al riciclaggio, alla ricerca, al sequestro e alla confisca dei proventi da reato,dell’8.11.1990, resa esecutiva in Italia con Legge n. 328 del 9.8.1993Convenzione europea per la repressione del terrorismo del 27.1.1977, resa esecutiva in Italia con Legge n.719 del 26.11.1985Azione comune 98/773/GAI del 21.12.1998, adottata dal Consiglio sulla base dell’art. K.3 del trattatosull’Unione Europea, relativa alla punibilità della partecipazione ad un’organizzazione criminale negli Statimembri dell’Unione EuropeaDecisione 3.12.1998 (GUCE 30.1.1999, C26), che incarica l’Europol di occuparsi di reati terroristiciDecisione del 27.12.2001 relativa all’elenco di cui all’art. 2, par. 3, del regolamento CE n. 2580/2001Posizione comune del Consiglio del 27.12.2001 relativa alla lotta al terrorismo (2001/930/PESC)Posizione comune del Consiglio del 27.12.2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta alterrorismo (2001/931/PESC)Decisione quadro del 13.6.2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra gliStati membriDecisione quadro del 13.6.2002 in materia di lotta contro il terrorismoICAOConvenzione relativa alle infrazioni e altri atti compiuti a bordo di aeromobili del 14.9.1963 resa esecutiva inItalia con Legge 11.6.1967, n. 468Protocollo di Montreal sulla repressione degli atti di violenza negli aeroporti che servono l’aviazione civileinternazionale, complementare alla Convenzione del 23.9.1971 sulla repressione dei reati diretti contro lasicurezza dell’aviazione civile del 24.2.1988 resa esecutiva in Italia con Legge 3011.1989, n. 394Convenzione sul contrassegno degli esplosivi plastici e in foglie ai fini del rilevamento dell’1.3.1991. L’Atto èstato reso esecutivo con Legge 407 del 20.12.2000IMOConvenzione per la repressione dei reati contro la sicurezza della navigazione del 10.3.1988 resa esecutiva inItalia con Legge 28.12.1989, n. 422.Protocollo per la repressione dei reati contro la sicurezza delle installazioni fisse sulla piattaforma continentaledel 10.3.1988 resa in esecutiva in Italia con Legge 422/1989.AIEAConvenzione per la protezione fisica dei materiali nucleari, adottata a Vienna il 3 marzo 1980 e resa esecutivain Italia con Legge 7 agosto 1982, n. 704.USAConvenzione per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza dell’aviazione civile internazionale del23.9.1971 resa esecutiva in Italia con Legge 22.10.1973, n. 906.Convenzione internazionale per evitare il sequestro illecito di aeromobili del 16.12.1970, resa esecutiva inItalia con Legge 22.10.1973, nr. 90619 Si riportano gli accordi bilaterali stipulati dall’Italia:- accordo di cooperazione con la Repubblica Ceca in materia di lotta contro il terrorismo, la criminalitàorganizzata e il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope. Data firma accordo: 22/03/1999- accordo di cooperazione con l’Ungheria nella lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e iltraffico di stupefacenti e sostanze psicotrope. Data firma accordo: 13/05/1997186


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoIn tale ambito l’Italia ha in corso numerose intese con Stati terzi, ma anche significativirapporti di cooperazione con Paesi dell’Unione e con gli Stati Uniti.In particolare lo schema prevalente che il nostro paese ha adottato, è stato quello distipulare numerosi Accordi bilaterali tra Ministri dell’Interno o, comunque, tra iresponsabili diretti o delegati della sicurezza interna dei partner, ove la materia delterrorismo è solitamente affiancata alla lotta alla criminalità organizzata ed al traffico deglistupefacenti.- memorandum di intesa con l’Arabia Saudita contro il terrorismo, il traffico illecito di stupefacenti e di sostanzepsicotrope e altre forme di criminalità organizzata. Data firma accordo: 16/12/1995- accordo con l’Argentina sulla cooperazione nella lotta contro il terrorismo, il traffico illecito internazionaledi stupefacenti e la criminalità organizzata. Data firma accordo: 06/10/1992- accordo con l’Austria per la collaborazione nella lotta contro il terrorismo internazionale, la criminalitàorganizzata internazionale ed il traffico illegale di stupefacenti. Data firma accordo: 12/11/1986- accordo con il Cile di cooperazione nella lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e il trafficodella droga. Data firma accordo: 16/10/1992- accordo con Cipro di cooperazione nella lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e il traffico didroga. Data firma accordo: 15/03/1991- protocollo con Cipro aggiuntivo all'accordo di cooperazione nella lotta contro il terrorismo, la criminalitàorganizzata, il traffico illecito e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Data firma accordo: 04/05/1991- memorandum di intesa con l’Egitto contro il terrorismo, il traffico della droga e altre forme di criminalitàorganizzata. Data firma accordo: 07/12/1988- accordo con la Francia concernente la costituzione di un comitato di cooperazione nella lotta contro ilterrorismo, la criminalità organizzata e il traffico della droga. Data firma accordo: 13/10/1986- decisione congiunta con il Regno Unito che istituisce un gruppo di lavoro per la cooperazione contro ilterrorismo. Data firma accordo: 17/04/1985- accordo con il Regno Unito di cooperazione riguardante la lotta contro il terrorismo, la criminalitàorganizzata e il traffico della droga. Data firma accordo: 11/01/1989- accordo con la Grecia di cooperazione nella lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e il trafficodella droga. Data firma accordo: 23/09/1986- accordo con l’India di cooperazione nella lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e il trafficoillecito di stupefacenti e sostanze psicotrope. Data firma accordo: 06/01/1998- accordo con Israele di cooperazione nella lotta contro il terrorismo, il traffico della droga e altre forme digrave criminalità. Data firma accordo: 04/12/1986- accordo con Israele di lavoro per la cooperazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e altraffico di stupefacenti. Data firma accordo: 13/09/1994- protocollo aggiuntivo con il Marocco all'accordo di cooperazione del 16.01.1987 in materia di lotta alterrorismo, alla criminalità organizzata ed al traffico di droga. Data firma accordo: 16/12/1996- accordo di cooperazione con la Spagna nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Datafirma accordo: 12/05/1987- accordo con la Turchia di cooperazione sulla lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al riciclaggiodei proventi illeciti, al traffico illegale di stupefacenti, sostanze psicotrope e di esseri umani. Data firmaaccordo: 22/09/1998.- scambio di note con Malta, costituente un accordo, modificativo dell'art. 1 dell'accordo di cooperazionenella lotta al terrorismo, al crimine organizzato e al traffico di droga del 28.02.1991. Data firma accordo:03/09/1996 - Accordo con il Marocco di cooperazione nella lotta contro il terrorismo, la criminalitàorganizzata e il traffico della droga. Data firma accordo: 16/01/1987187


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoSpesso, tuttavia, tali contesti non esauriscono l’ambito della collaborazione che siallarga anche alla prevenzione e repressione di fenomeni e reati strumentali a quellidirettamente richiamati nel titolo dell’intesa (basti pensare al traffico illecito diautoveicoli, al favoreggiamento dell’ingresso dell’immigrazione clandestina ecc.).Si tratta di Accordi in forma semplificata per il diritto internazionale, che nel nostroordinamento entrano in vigore senza bisogno di una legge di ratifica del Parlamento e checonsentono una collaborazione diretta con ciascun partner.Nel loro articolato viene prevista l’elaborazione di punti di situazione periodici dellacooperazione, svolta nei vari contesti operativi internazionali, a livello di alti funzionariresponsabili delle Polizie dei due paesi, con la previsione di riunioni anche a livellopolitico laddove suggerite dalle occasioni contingenti tra i Ministri sottoscrittori.Nell’ambito della collaborazione extracomunitaria meritano una particolare attenzionegli accordi bilaterali stipulati con i Paesi del Maghreb (Tunisia, Algeria, Marocco, Libia)che, com’è noto, presentano al loro interno fenomeni di radicalizzazione del movimentoislamista e di intolleranza nei confronti dell’occidente.Per quanto concerne, in particolare la collaborazione con gli Stati Uniti, sulla sciadell’Accordo stipulato a Roma il 24 giugno 1986, è stato costituito un appositoSottocomitato in materia di terrorismo presieduto, per la parte italiana, dal Capo diGabinetto del Ministro dell’Interno ed incaricato di avviare ogni forma di cooperazionenell’adozione di misure di contrasto al fenomeno.Dopo i fatti dell’11 settembre l’attività del Comitato ha ricevuto un notevole impulsocon l’avvio di nuove iniziative, volte a contrastare soprattutto il terrorismo di matriceislamica, tra cui la stipula di un Accordo in materia di intercettazioni navali percontrastare il traffico illegale di migranti nonché un’intesa con l’Agenzia delle Dogane inmateria di sicurezza dei containers marittimi.6. Lo strumento delle sanzioni internazionaliUn breve cenno va condotto anche con riferimento alle sanzioni internazionali.In un contesto di globalizzazione della risposta alla minaccia terroristica, essecostituiscono, infatti, uno strumento di pressione che può essere utilizzato dagli Stati, siasingolarmente che congiuntamente e di cui, anche a fini di contrasto, si sono a tutt’oggiavvalsi tanto gli Stati quanto le Organizzazioni internazionali nei confronti dei Paesisostenitori del terrorismo internazionale.188


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoLe sanzioni sono normalmente, ma non esclusivamente, di natura economica.Sotto l’aspetto dell’imposizione unilaterale delle sanzioni, gli Stati Uniti costituisconoil maggiore esempio: la convinzione che l’appoggio diretto o indiretto di Stati sostenitoriabbia incrementato la pericolosità di diversi gruppi terroristici ha già da tempo indotto gliUsa ad imporre sanzioni economiche nei confronti di questi Stati.In particolare gli Stati Uniti, nel 2002, hanno pubblicato un documento 20 in cuiindividuano in CUBA, IRAN, IRAQ, LIBIA, COREA DEL NORD, SUDAN e SIRIA leNazioni che sostengono il terrorismo internazionale.Fra le sanzioni attuabili si citano: l’embargo parziale o totale sul commercio, l’embargosulle operazioni finanziarie, la sospensione di assistenza economica, restrizioni sul trafficoaereo o marittimo, l’abrogazione dei trattati di amicizia, commercio e navigazione.Le sanzioni, tuttavia possono sortire l’effetto di isolare ancora di più il Paese colpito e,arrecando danni allo sviluppo economico, possono legittimare politicamente il ricorsoall’inasprimento del terrorismo.Da ultimo, a seguito degli attentati di New York e Washington il 28 settembre 2001, ilConsiglio di Sicurezza dell’ONU, con risoluzione n. 1373, ha richiesto a tutte le NazioniUnite di negare fondi, appoggio ed asilo al terrorismo, mentre tre giorni prima i Ministrifinanziari del G-7 avevano deciso di bloccare il flusso di denaro a favore di terroristinternazionali sospettati di coinvolgimento negli attentati alle Torri Gemelle ed alPentagono. 212021Documento del Dipartimento di Stato e Politica Antiterroristica coordinato da Francis Taylor.L’elencazione, da parte degli Stati Uniti, degli Stati che sostengono il terrorismo – unita all’imposizionedi sanzioni è un meccanismo per isolare le nazioni che utilizzano il terrorismo come messo di attivitàpolitica. La politica degli Stati Uniti cerca di esercitare pressioni e isolare detti Stati affinché rinunzinoall’uso del terrorismo, smettano di sostenerlo e consegnino i terroristi alla giustizia per i criminicommessi. CUBA, IRAN IRAQ, LIBIA, COREA DEL NORD, SUDAN E SIRIA sono i sette Governi cheil segretariato di Stato ha indicato come Nazioni che sostengono il terrorismo internazionale.La lista dei gruppi terroristici che segue si presenta in due sezioni. Il primo raggruppamento include 28gruppi che il segretario di Stato ha indicato il 5 ottobre 2001 come Organizzazioni Terroristiche Stranierein conformità con la sezione 219 della legge Immigrazione e Nazionalità emendata in conformità con lalegge Antiterrorismo e Pena Capitale Effettiva del 1996.La designazione ha conseguenze legali:• è illegale procurare fondi o altro appoggio ad una organizzazione terroristica straniera in elenco;• ai rappresentanti e membri certi di un’organizzazione terroristica straniera si deve negare il visto oesiliarli dagli Stati Uniti;• le istituzioni finanziarie nordamericane devono bloccare i fondi delle organizzazioni terroristestraniere designate e dei suoi agenti e informare del blocco il Dipartimento del Tesoro e delleFinanze degli Stati Uniti.La <strong>seconda</strong> sezione elenca altri gruppi che sono stati attivi durante il 2000 e non include gruppiterroristici le cui attività terminarono nel 2000, (fonte: Dipartimento di Stato USA 3 gennaio 2002).Le sanzioni sono state normalmente comminate da Washington in via unilaterale in quanto gli interessi deiPaesi alleati o amici infrequentemente hanno permesso loro di associarsi alle iniziative americane in tal189


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoCAPITOLO IIIISTITUZIONI, STRUMENTI E MISURE PER IL CONTRASTO ALTERRORISMO. LA SITUAZIONE ITALIANA ED IL RUOLO DEL MINISTERODELL’INTERNOPremessaGli attentati perpetrati a New York e Washington l’11 settembre 2001 hannodeterminato, da parte degli Stati potenziali bersagli delle organizzazioni terroristicheinternazionali, un’attenta opera di revisione, potenziamento e ammodernamento deglistrumenti atti a prevenire, reprimere e contenere il terrorismo e le sue conseguenze.Al riguardo, il Sottosegretario di Stato presso il <strong>Ministero</strong> dell’Interno AlfredoMantovano ha affermato che: “per impostare correttamente la questione del terrorismointernazionale bisogna per prima cosa cercare un’inversione di ruoli tra attaccante eattaccato, anche se questo può non essere facile da attuare e da accettare: non è sufficientesviluppare solo un apparato difensivo sempre migliore, che consenta di sorvegliare ognipossibile bersaglio (con le limitazioni di libertà che inevitabilmente conseguono); bisognapiuttosto mettere in atto una strategia attiva di contrasto. Il terrorista si deve sentireselvaggina e non cacciatore (…) c’è bisogno di uno sforzo di penetrazione informativa maanche, e forse soprattutto, di un appoggio reale della comunità, che deve sforzarsi dicooperare con le istituzioni nella lotta al terrorismo.” 22In relazione alla portata, all’indeterminatezza ed alla provenienza della minaccia si èacquisita, pertanto, sin da subito, la consapevolezza di dover favorire, a livellointernazionale, la massima convergenza di intenti, quale fattore moltiplicatoredell’efficacia intrinseca degli strumenti a disposizione.L’ampliamento della lista dei potenziali obiettivi dell’azione dei gruppi terroristici,accompagnata dalla rivelata capacità di condurre l’attacco con tecniche sorrette nonsoltanto da un livello di preparazione di tipo militare, ma alimentate da uno sfondo dimotivazione ideologica in grado di orientare sino all’azione suicida anche individui dalsenso. Né sono valsi i tentativi degli USA – in seguito ridimensionati – di penalizzare gli Stati, ancorchéalleati o amici, che da tempo intrattengono sostanziali rapporti economici con quelli elencati nella terrorismlist, particolarmente l’Iran e la Libia. “Terrorismo e strumenti di contrasto”, V. S. Pisano Colonnello diPolizia Militare USA (RIS).22 Politica net.it, 20 gennaio 2003190


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeopassato insospettabile, e da tempo inseritisi nel tessuto sociale del paese teatro dell’azione,hanno evidenziato, infatti, in maniera più chiara che in passato, la reale portata dellaminaccia.Cosicché il nostro paese, in altri contesti storici ritenutosi meno esposto – anche invirtù di una politica diplomatica comunque aperta al c.d. dialogo critico con i paesiconsiderati, a torto o ragione, più vicini a talune organizzazioni resesi responsabili di gravifatti di terrore – si è trovato in prima linea nella rinnovata politica di contrasto inaugurataa livello internazionale ed europeo e si è attivato immediatamente per attuare le misurepreviste a livello unilaterale o multilaterale, in sede internazionale.Dopo aver proceduto alla individuazione dell’oggetto dell’indagine, si tenterà ora didelineare il quadro degli strumenti impiegabili per affrontare tale tipologia di nemico e lesue molteplici forme di manifestazione, correlandoli, nel contempo, al contesto delnostro Paese ed in particolare all’impegno richiesto istituzionalmente al <strong>Ministero</strong>dell’Interno sul piano dell’iniziativa, della promozione e dell’attuazione delle molteplicimisure tese al contrasto di tutti i fenomeni di violenza potenzialmente perpetrabili dalleorganizzazioni terroristiche internazionali.1. Il quadro normativo italianoL’ordinamento italiano non contiene una definizione generale di terrorismo, che siricava, piuttosto, dal contenuto dei provvedimenti legislativi via via adottati a seguitodegli eventi criminosi verificatisi nel nostro Paese o all’estero: si è provveduto, quindi,con successivi interventi normativi che hanno delineato le fattispecie incriminatrici degliatti di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico.Deve innanzitutto ricordarsi che la Carta Costituzionale pone l’ordine democratico afondamento dello Stato repubblicano e, conseguentemente, l’art. 11 della Costituzioneenuncia il principio generale per il quale l’Italia si assume l’obbligo di garantire la pace e lasicurezza internazionale.L’offensiva terroristica degli anni settanta – culminata con il sequestro e l’assassiniodell’Onorevole Aldo Moro e della sua scorta – hanno successivamente imposto dicontrastare il fenomeno in maniera più incisiva anche sotto il profilo normativo, mediantel’introduzione di alcune modifiche alle disposizioni esistenti che, sia sul piano sostanzialeche processuale, hanno seguito due diversi filoni, quello dell’intervento repressivo equello premiale.191


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoSono state così introdotte nuove figure di reato, con il puntuale riferimento allo scopodi terrorismo o di eversione: l’art. 289 bis del Codice Penale (sequestro di persona ascopo di terrorismo o di eversione, introdotto dalla L. 18.5.1978, n. 191) e la disciplinaspecifica introdotta dalla L. 6.2.1980, n.15.Tale normativa prevede la nuova fattispecie dell’attentato per finalità terroristiche o dieversione (art. 280 CP) e dell’associazione con finalità di terrorismo o di eversionedell’ordine democratico (270 bis CP). Inoltre le medesime finalità sono oggetto di unagenerale circostanza aggravante, applicabile, cioè, a tutti i reati punibili con pena diversadall’ergastolo.L’intervento repressivo è stato articolato anche sotto il profilo processuale, con laprevisione per gli imputati di reati di terrorismo, dell’obbligatorietà dell’emissione deiprovvedimenti cautelari di limitazione della libertà personale, con l’allungamento deitermini di custodia cautelare e con il divieto della concessione della libertà provvisoria.Nella stessa normativa si riscontrano previsioni riconducibili all’altro filone politicolegislativocosiddetto premiale, con un sistema di norme – anche in questo caso siasostanziali che processuali – a favore dei responsabili di reati di terrorismo o di eversioneche avessero successivamente tenuto comportamenti di dissociazione o di collaborazione.La normativa premiale viene introdotta con la citata legge n.15/1980 esuccessivamente completata con la L. 29.5.1982, n. 304 e con la L. 18.2.1982, n. 34: ilquadro che ne deriva è quello di una serie di misure riconducibili ai modelli beneficiari giàprevisti nel Codice Penale (circostanze attenuanti, cause di non punibilità, eccezione alcalcolo matematico della pena, ecc.).L’emergenza internazionale determinata dagli attentati dell’11 settembre hacomportato ulteriori interventi normativi, al fine di adeguare la legislazione vigente –adottata, come si è detto, per rispondere al terrorismo interno – all’emergenza delterrorismo internazionale.Si è così giunti alla riformulazione dell’art. 270 bis CP – sul quale ci soffermeremo inseguito – ed alla previsione di ulteriori misure adottate anche per aderire ai diversi attiinternazionali, ONU ed UE, adottati in materia.Per quanto più da vicino interessa, la legislazione in materia di terrorismo da prenderein considerazione è la seguente:• Decreto legge 28 settembre 2001, n. 353, convertito, con modificazioni, nellalegge 27 novembre 2001, n. 415, recante “Disposizioni sanzionatorie per le violazionidelle misure adottate nei confronti del regime dei Talebani”;192


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeo• Decreto legge 12 ottobre 2001, n. 369, convertito, con modificazioni, nella legge14 dicembre 2001, n. 431, recante "Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismointernazionale", istitutivo del Comitato di Sicurezza Finanziaria (CSF);• Decreto legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito, con modificazioni, nella legge15 dicembre 2001, n. 438, recante "Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismointernazionale", introduttivo della fattispecie penale di "Associazione con finalità diterrorismo anche internazionale" e della possibilità di effettuare intercettazioni preventiveed attività sotto copertura.2. La risposta repressiva. Il reato di associazione terroristica: l’estensionedel bene tutelatoL’Italia ha combattuto nella sua storia recente una battaglia molto dura non solo controun terrorismo interno virulento, ma anche contro forme molto aggressive di criminalitàorganizzata.Per contrastare tali fenomenologie criminose sono state affinate norme incisive, siasotto il profilo della descrizione puntuale delle fattispecie da perseguire, che sotto quellodell’approntamento di strumenti investigativi.Preme sottolineare come, soprattutto sotto quest’ultimo profilo, il Legislatore, nelrispetto delle garanzie costituzionali e delle libertà dei cittadini, sia riuscito a realizzare ungiusto compromesso tra le necessità di carattere preventivo-repressivo e la limitazionedell’esercizio dei diritti individuali. 23Allo stato, pur prevedendo il reato di associazione con finalità di terrorismointernazionale, la legislazione penale italiana non ne delinea una definizione generale, che,come si è detto, si ricava, solo in via indiretta, dal contesto dei provvedimenti legislativiadottati.La preesistenza nel nostro ordinamento giuridico di una fattispecie associativa che –quanto meno nel titolo – richiamava le finalità di terrorismo (l’art. 270 bis) hasicuramente agevolato, a seguito dei tragici eventi dell’11 settembre, l’iniziativa legislativadi riforma della normativa penale del settore, ma ha anche posto in evidenza l’esigenza di23Interessante è, al riguardo, la relazione su “La difficile convivenza fra libertà e sicurezza: la risposta delledemocrazie al terrorismo. Gli ordinamenti nazionali”, Giuseppe De Vergottini in Atti del Convegnodell’Associazione Italiana Costituzionalisti – Milano 17-18 ottobre 2003193


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoadeguare la produzione legislativa interna coordinandola con le indicazioni e leraccomandazioni provenienti dagli organismi internazionali.In tale quadro, le misure adottate sono spesso il frutto di una combinazione tra normegià esistenti e disposizioni di nuova promulgazione.L’evoluzione storico-giuridica che ha dato luogo all’attuale formulazione delledisposizioni penali in materia di terrorismo si può brevemente descrivere come segue.Nel periodo dei cd. “anni di piombo” è stata avvertita, per la prima volta, in Italia, lanecessità di predisporre norme penali ancora più incisive per tutelare l’ordinamentointerno e la stessa personalità dello Stato dall’attività di quelle associazioni volte asovvertirne violentemente l’ordine democratico.Con il Decreto legge 15/12/1979 n. 625 (c.d. decreto Cossiga, convertito nella legge06/02/1980 n. 15), viene introdotta nel codice penale (art. 3) la fattispecie di cui all’art.270 bis (Associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico).E’ questa una norma che nasce da una situazione di emergenza rappresentatadall’esigenza di disporre di una nuova fattispecie penale per perseguire le varie forme diterrorismo diffusesi in quegli anni in Italia.La formulazione della nuova disposizione ha dato luogo a diverse difficoltàinterpretative circa la sua applicabilità al terrorismo internazionale, sia perché nel testodell’articolo viene data esclusiva rilevanza al concetto di eversione, scomparendo del tuttola finalità di terrorismo pur citata nel titolo, sia in quanto, nel corso degli anni, i giudici sisono trovati, con sempre maggiore frequenza, a dover giudicare fatti di reato che nonpresentavano una finalità di eversione dell'ordine democratico interno, pur essendochiaramente presente un programma criminoso finalizzato alla commissione di atti diterrorismo ai danni anche di Stati esteri.Intervenendo varie volte sul tema, la Corte di Cassazione ha chiarito che, ai sensidell'art. 270 bis c.p., “l'associazione deve mirare, in modo diretto ed immediato,all’eversione dell'ordine democratico italiano, con la conseguenza che, se la finalità dieversione o terrorismo non riguarda l'ordinamento costituzionale italiano, si è al di fuoridel bene giuridico protetto dalla norma.” 24In questo contesto normativo è risultato impossibile punire organizzazioni che siponevano, come fine, quello di colpire altri Stati esteri o interessi di naturatransnazionale, quando non si fosse riusciti a dimostrare la sussistenza di finalità rientrantinell’alveo sanzionatorio previsto da altre norme penali (ad esempio, quelle che prevedonoi delitti contro l'ordine pubblico).24 Corte di Cassazione, Sezione V, sent. 1/3/1996, nr. 973, sul caso Ferdjani194


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoL'impossibilità di applicare l'art. 270 bis c.p. ad organizzazioni operanti in Italia confinalità di terrorismo oltre i confini del nostro Stato, avrebbe potuto rendere il territorioitaliano una sorta di "oasi di impunità" per tali organizzazioni.Da qui l'esigenza di intervenire sulla legislazione penale, sia al fine di poter adempiereagli impegni ed alla strategia unitaria assunti in ambito internazionale dopo gli eventidell’11 settembre, sia allo scopo di predisporre validi strumenti di repressione e nelcontempo di indagine per la lotta al terrorismo.Si giunge, così, all’emanazione del DL n.374/2001, convertito nella leggen.438/2001, che assume, sul piano del diritto sostanziale, un'importanza determinante:esso, infatti, apporta importanti modifiche all’art. 270 bis CP, sia mediante una più ampiaformulazione del titolo della norma, connotata dalle nuove dimensioni assunte dalfenomeno criminale (Associazioni con finalità di terrorismo internazionale o di eversionedell'ordine democratico), sia attraverso l’inasprimento della pena per i soggetti chepartecipano alle menzionate associazioni.L’art. 1 del decreto in parola, infatti, nel riformare l’articolo 270-bis, stabilisce che:• “chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia, associazioni che sipropongono atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinedemocratico, è punito con la reclusione da sette a quindici anni”;• “chiunque partecipa alle associazioni indicate è punito con la reclusione da cinque adieci anni”.La norma si qualifica in particolare per la previsione secondo la quale “la finalità diterrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero,un’istituzione e un organismo internazionale”.Il medesimo articolo 1, inoltre, con l’inserimento dell’art. 270-ter del Codice Penale,stabilisce che chiunque fornisca “assistenza agli associati” è punito con la reclusione fino aquattro anni.La norma introduce, infine, una ulteriore condotta criminosa, consistente nelfinanziamento delle associazioni finalizzate al terrorismo.Il nostro sistema penale, con la nuova formulazione dell'art. 270 bis, è stato cosi’ postoin grado di sanzionare finalità di terrorismo che ricorrono anche quando gli atti di violenzasono posti in essere contro uno Stato estero, un'istituzione e un organismo internazionale,colmando, in tal modo, una lacuna punitiva venutasi a creare per l’impossibilità di adattarefattispecie incriminatrici già presenti nel nostro ordinamento (l’art. 270 bis) alla nuovarealtà del terrorismo internazionale.195


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoCon la nuova norma incriminatrice si appresta una tutela contro l'atto terroristico toutcourt, esprimendo, in tal modo, un ripudio per qualsiasi forma di violenza, in conformitàanche alle previsioni dell’art. 11 della Costituzione. 25La novella normativa costituisce, peraltro, un presupposto essenziale per una piùefficace collaborazione internazionale, sia sul piano investigativo che su quello giudiziario,laddove si fa perno non solo sul mutuo riconoscimento, nell'ambito degli ordinamentipenali degli Stati, delle singole fattispecie di terrorismo, ma anche sulla chiara previsioneche le stesse vengano a realizzarsi anche quando colpiscono sul territorio nazionale gliinteressi di altri paesi.Sotto il profilo degli strumenti investigativi, in particolare, sono stati, inoltre,rafforzati i poteri della polizia giudiziaria:• è stata estesa l’applicabilità del regime delle intercettazioni giudiziarie, nonchédelle perquisizioni di edifici o blocchi di edifici alle ipotesi di delitto per finalità diterrorismo internazionale (art. 3);• è stata introdotta una disciplina ad hoc che consente le cosiddette operazioni sottocopertura, nonché il ritardo degli atti di cattura, arresto e sequestro (art. 4);• è stata estesa alle indagini per il contrasto del terrorismo la possibilità di effettuareintercettazioni preventive (art.5) ed intercettazioni di comunicazioni tra presenti perricerche di latitanti (art. 6).Di portata innovativa è certamente la disposizione (art.4) che disciplina le attività cd.“undercovered” della Polizia Giudiziaria: la norma configura un’ipotesi specifica di agenteprovocatore e prevede una specifica causa di non punibilità per gli Ufficiali di PoliziaGiudiziaria che agiscano al fine di acquisire elementi di prova in ordine a delitti commessicon finalità di terrorismo.Gli strumenti delle intercettazioni preventive e delle comunicazioni tra presenti,disciplinati dagli artt. 5 e 6 sopra indicati, rappresentano inoltre, nella fase informativa edelle indagini, un utilissimo veicolo di conoscenza dell’ambiente potenzialmentepericoloso per il mantenimento della sicurezza interna e internazionale.Il DL n. 374/2001 introduce anche una nuova ipotesi di confisca obbligatoria (4°comma del riformulato art. 270 bis) delle cose che servirono o furono destinate acommettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne25Terrorismo internazionale – Commento organico al DL. 18.10.2001, nr. 374 – Sergio Zeuli – EdizioniGiuridiche Simone196


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeocostituiscono l’impiego, attribuendo, nel contempo, rilevanza tipica anche ad attivitàmeramente preparatorie, in forma associativa, di atti terroristici.Sotto il profilo, prettamente giudiziario, della direzione delle indagini per i delittirelativi alla criminalità terroristica è stata prevista l’attribuzione della competenzaterritoriale alla Procura del capoluogo del Distretto giudiziario. La previsione va nelladirezione della razionalizzazione e del coordinamento dell’intervento giudiziario edovrebbe favorire la nascita di nuove forme di specializzazione e di professionalizzazionedei magistrati addetti alle Procure distrettuali. 26La novella in esame integra anche (art.1, comma 2), l’elenco delle “armi da guerra” dicui alla Legge n. 110/1975, includendovi gli “aggressivi biologici e radioattivi”.E’ da sottolineare che, in questa materia e, in particolare, per prevenire e reprimere lafornitura di armi ad appartenenti ad associazioni con finalità di terrorismo, la legislazioneitaliana già prevedeva strumenti idonei per realizzare un efficace controllo sullacircolazione delle armi (leggi 895/67, 110/75, 185/90), attraverso un rigoroso regime diautorizzazioni alle importazioni ed alle esportazioni, di registrazione delle imprese e deidati, di accertamenti personali preventivi, nonché mediante la previsione di elevatesanzioni penali.L’Italia, inoltre, come Stato membro della Unione Europea, segue i restrittivi criteridella Direttiva n. 477/91, in materia di acquisizione e detenzione di armi, e del CodiceEuropeo di condotta del 1998, per l'esportazione di documenti.L’articolo 7 del DL n. 374/2001, infine, facendo riferimento all’articolo 18 dellaLegge 152/1975, prevede che le disposizioni della Legge n. 575/1965 contro la mafiasiano applicate anche al terrorismo internazionale.Con tale disposizione sono state estese, nei confronti di coloro che pongono in essereatti preparatori diretti a commettere reati con finalità di terrorismo, anche internazionale,le misure di prevenzione riguardanti le limitazioni della libertà personale, le indaginipatrimoniali, economiche e finanziarie allargate ai familiari, nonché il sequestro e laconfisca dei beni frutto di attività illecite o che ne costituiscano il reimpiego.Per accertare l’eventuale possesso di armi e/o di mezzi di effrazione, già la Legge n.152/1975, recante disposizioni a tutela dell’ordine pubblico, riconosceva, agliappartenenti alla polizia giudiziaria ed alla forza pubblica il potere di procedere, nei casi dinecessità ed urgenza, all’identificazione e/o perquisizione sul posto di soggetti e/o mezzi26 Sul punto Piero Luigi Vigna “Il coordinamento delle indagini giudiziarie per i delitti di terrorismo”. Relazione alconvegno, Il contrasto al terrorismo Internazionale: profili normativi e problemi operativi. Roma, 8maggio 2003.197


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeosospetti. Tali disposizioni si applicano anche a coloro che pongano in essere atti diretti asovvertire l’ordinamento dello Stato e/o ai loro istigatori, mandanti e/o finanziatori.Anche sotto il profilo del contrasto al cyberterrorismo, il legislatore italiano, già neiprimi anni novanta, con Legge 23 dicembre 1993, n. 547, ha introdotto nell’ordinamentopenale specifiche ipotesi di reato relative ai computer crimes ed ha ampliato i poteri degliinquirenti nella fase di acquisizione delle prove prevedendo intercettazioni informatiche etelematiche.Sul piano sostanziale sono state introdotte ipotesi di reato inerenti alla frode, al falso, alsabotaggio e all’abuso telematico, nonché al danneggiamento di dati o programmiinformatici ed all’intercettazione non autorizzata di comunicazioni telematiche.3. L’azione di prevenzioneL’evoluzione normativa sin qui tratteggiata nel campo penale e i risultati conseguiti nelsettore della cooperazione giudiziaria e di polizia hanno sicuramente reso più incisivi sia ilsistema penale predisposto per la repressione del fenomeno, che quello posto adisposizione della magistratura e delle Forze di Polizia per l’affinamento dell’azioneinvestigativa e di indagine.I profili che ora meritano di essere maggiormente approfonditi, sia per quanto attienealla individuazione delle strategie di contrasto maggiormente efficaci, che per quantoconcerne, in particolare, il ruolo svolto dal <strong>Ministero</strong> dell’Interno, sono quelli che, adavviso di chi scrive, non possono non riguardare l’azione di prevenzione, intesa sia comepreludio di ulteriori sviluppi investigativi che come strumento di deterrenza o di riduzionedel danno determinato da atti terroristici.In tale settore, lo Stato italiano, in armonia con le scelte adottate dalla comunitàinternazionale, ha messo in campo una coordinata strategia di intervento che ha vistoprivilegiare il ricorso a strumenti e misure anche innovativi, spesso precorrendo ilcontenuto degli atti assunti a livello internazionale.Può dirsi che la complessa strategia adottata su scala nazionale ha riguardato treversanti fondamentali: l’istituzione di organismi con funzioni di coordinamento oaltamente operativi e specializzati nella materia, il miglioramento degli strumenti dicontrasto esistenti e l’adozione di misure preventive coinvolgenti l’intero sistemanazionale, con il frequente ricorso alla integrazione delle competenze e delleprofessionalità esistenti ai diversi livelli di intervento.198


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoSi proseguirà nell’esame, facendo riferimento a quelli che appaiono costituire glistrumenti di contrasto al terrorismo da privilegiare sotto il profilo della prevenzione, conparticolare riferimento alle azioni ed agli interventi che sono stati assunti a livellonazionale.a) L’intelligenceL’intelligence è unanimemente riconosciuta quale strumento irrinunciabile, perl’impostazione di una vincente strategia di contrasto e di una solida base informativa eanalitica della minaccia nelle sue multiformi manifestazioni.Con questo termine anglosassone si intende, di norma, l’attività svolta per "la raccoltae l'analisi di informazioni utili al processo decisionale dell'Esecutivo in materia di sicurezzanazionale".Il compito fondamentale degli organismi di intelligence è quello di fungere da "braccioinformativo ed analitico" del Governo, in relazione a tutti i problemi che interessino, inatto o in potenza, la sicurezza.Si tratta di un ruolo esclusivo che non si sovrappone all'attività investigativa delle Forzedi Polizia con le quali è prevista, invece, una "dialettica informativa". 27Convinzione ormai consolidata è che, nella lotta al terrorismo, l’azione degli apparatid’intelligence deve essere improntata non tanto alla ricerca di una semplice notizia, ma allarigorosa (tempestiva, precisa e continuativa) raccolta, elaborazione, valutazione e analisid’innumerevoli informazioni, da poter incrociare con altre che, apparentemente nonsignificative, possono assumere un interesse specifico.Particolarmente delicata in questo campo è, appunto, l’intelligence di prevenzione, unabranca che si basa su particolari indicatori, ossia segnali di avvertimento e di pericolo. 2827Convegno:"Il contrasto al terrorismo nazionale ed internazionale: profili normativi e problemi operativi",Roma, 8maggio 2003. Relazione del direttore del SISDE Mario Mori, “ Il ruolo dei Servizi Segreti nel contrasto alterrorismo internazionale normativa vigente e prospettive di riforma”.28 Secondo uno studio effettuato da V. Pisano in “Terrorismo e strumenti di contrasto”, questo processo puòessere riassunto come segue:• Identificare ogni fattore storico, politico, economico, sociale, religioso o di altra natura passibile disfruttamento terroristico.• Determinare la presenza di una o più sottoculture radical-rivoluzionarie potenzialmente portatrici didisegni sovversivi o terroristici.199


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoNel nostro Paese la materia è disciplinata dalla Legge n. 801 del 1977, che sanciscealcuni principi cardine di tutto il sistema e che di seguito si riassumono:• il Presidente del Consiglio dei Ministri ha la responsabilità e l'alta direzione dellapolitica informativa e della sicurezza nazionale;• i Ministri dell'Interno e della Difesa sono i due cardini della sicurezza;• netta distinzione tra le funzioni di polizia e quelle d'intelligence;• controllo sull'attività dei Servizi da parte del Parlamento, attraverso un'appositaCommissione presieduta, per prassi ormai consolidata, da un esponente della opposizione.Dal 1977 il mutamento degli scenari di attenzione ha conseguentemente determinatol’aumento delle esigenze di sicurezza dei singoli e delle collettività, circostanza questache ha indotto il Legislatore ad avviare un processo di studio e analisi per procedere aduna revisione del sistema dell’intelligence, ora oggetto di discussione in Parlamento. 29• Condurre il monitoraggio dell’agitazione sovversiva: tanto la propaganda e le pubblicazioni radicalrivoluzionariequanto le manifestazioni e le altre attività anti-istituzionali.• Analizzare gli scritti ideologici e le rivendicazioni di responsabilità di matrice terroristica peridentificare i fini ultimi e gli obiettivi intermedi.• Registrare e catalogare sistematicamente tutti gli atti pre-terroristici e terroristici per delimitare ilrelativo modus operandi.• Ricostruire la struttura dei gruppi terroristici per valutarne le capacità operative.• Identificare associazioni, movimenti e reti di appoggio palese e occulto.• Verificare la presenza di legami internazionali con gruppi affini e/o Stati sostenitori.• Sondare la sfruttabilità delle debolezze strutturali e degli insuccessi operativi delle varie aggregazionisovversive e terroristiche e determinare quale tipo di assistenza e collaborazione in termini qualitativi equantitativi ed in quali circostanze i Governi degli Stati alleati o amici possono offrire nell’opera dicontrasto.29 Sul punto si riportano stralci della relazione del direttore del SISDE Mario Mori, “Il ruolo dei Servizi Segreti nelcontrasto al terrorismo internazionale normativa vigente e prospettive di riforma” al Convegno: "Il contrasto alterrorismo nazionale ed internazionale: profili normativi e problemi operativi" ,Roma, 8 maggio 2003.“La 801/77, infatti, ha suddiviso le competenze operative dei servizi "secondo materia", invece chepercorrere la strada seguita da tutti i paesi "avanzati" nel settore dell'intelligence (da Israele alla GranBretagna, dalla Germania agli Stati Uniti e più recentemente alla Russia) che hanno suddiviso lecompetenze di attività su base geografica (interno/estero) e sotto il profilo di una diversa filosofiad'impiego dei Servizi (sicurezza/ricerca). Da noi si ritenne di affidare a concetti suggestivi, ma pocopratici, quali la "sicurezza democratica" e la "sicurezza militare", la suddivisione dei compiti tra SISMI eSISDE.(continua)Questo ha generato problemi interpretativi che hanno comportato sovrapposizioni operative e "conflittidi competenza" che sono risultati spesso fonte di sprechi, di interferenze e di inefficienze.Progressivamente, comunque, SISDE e SISMI si sono, quasi autonomamente, orientati secondo piùrealistici indirizzi d'impiego :- il SISDE si è concentrato sulla sicurezza interna (anche se in teoria la "sicurezza democratica" italianapotrebbe essere minacciata anche da iniziative estere);200


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoAttualmente, il compito degli organismi di intelligence italiani nell’azione di contrasto(soprattutto al terrorismo di matrice islamica) è stato individuato in quello “di monitoraretutte le varie comunità non già perché da considerare in toto potenzialmente eversive, maper individuare e discriminare soltanto il "nocciolo duro" e, nel contempo, tenerecostantemente aggiornate le autorità sulla reale portata dei pericoli, ma anche sullepossibilità, che ci sono, di stabilire un dialogo costruttivo con le componenti moderate,per favorire i modi di una migliore integrazione e convivenza della componentemusulmana. 30In tale quadro, è apparsa di particolare stimolo, per l’avvio di un necessariorinnovamento dell’attività di intelligence, la risoluzione dell’ONU n. 1373 del 28- il SISMI ha accentuato la propria proiezione esterna; una presa d'atto di questa realtà fattuale sarebbe, amio avviso, auspicabile e produttiva.”“Ho già accennato in premessa al problema di una operatività che, per quel che concerne il SISDE,appare quasi esclusivamente confinata nel reclutamento e nella gestione di fonti umane. La humanintelligence, in gergo "Humint", è una delle principali risorse disponibili (al punto che alla CIA e all'FBIviene ora formulata l'accusa di averla completamente trascurata in favore di quella tecnica); essa,tuttavia, non può essere l'unico strumento operativo di un Servizio moderno che voglia confrontarsi conuna minaccia portata da organizzazioni sofisticate ed aggressive che sanno ben filtrare tra le maglie disistemi democratici e garantisti.Spero, quindi, che la riforma in discussione sia in grado di dotare i Servizi - e quindi il sistemacomplessivo di difesa del Paese - di strumenti, anche coraggiosi, di tutela della sicurezza collettiva, tra iquali emerge quello delle garanzie funzionali. Le garanzie funzionali non sono un'autorizzazione adelinquere: Esse dovrebbero soltanto consentire di individuare un meccanismo lineare ed inequivoco diautorizzazioni a copertura di operazioni non convenzionali, fissando in una valutazione a priori, lalegittimità delle operazioni proposte e la loro coerenza con gli interessi generali e prevalenti per lasicurezza dello Stato. In altre parole, attività, come l'ascolto, la sorveglianza elettronica, l'uso didocumenti di copertura, l'intrusione all'interno di obiettivi sensibili, se iscritte nell'ambito di un"progetto d'intelligence" coerente con un preciso obiettivo di sicurezza, potrebbero essere legittimate,con le doverose limitazioni, dall'Autorità politica e garantite con la tutela degli operatori delle fonti e delcomplesso dell'operazione.A completamento del ventaglio di possibilità funzionali occorrerebbe, a mio avviso, sancire l'obbligo pertutti gli enti pubblici o di diritto pubblico di fornire risposte positive alle richieste di informazione deiServizi. In tal modo si sanerebbe una situazione "patologica" che vede oggi SISMI e SISDE ricorrere astrumenti non sempre ortodossi nell'acquisizione di elementi di conoscenza indispensabiliall'espletamento delle quotidiane attività istituzionali.Vorrei concludere dicendo che l'11 settembre del 2001 ha segnato l'inizio di una nuova fase dellacongiuntura internazionale, caratterizzata da dinamiche conflittuali che possono sfociare in conflitti dinon valutabile portata. Osservo che in questa serie di conflitti asimmetrici nei quali un terrorista con uncorpetto esplosivo può sfidare una grande potenza, il ruolo dei Servizi sia ancora più importante,per contribuire ad evitare risposte e reazioni eccessive, minimali o improprie.Ritengo che come si è avviato un processo di modernizzazione di tutti gli strumenti difensivi a disposizionedei governi dell'occidente anche nel campo dei Servizi sia giunto il momento di individuare sicuri e puntualimeccanismi di adeguamento alla portata dell'attuale minaccia.”30 Convegno: "Il contrasto al terrorismo nazionale ed internazionale: profili normativi e problemi operativi", Roma, 8maggio 2003. Relazione del direttore del SISDE Mario Mori, “Il ruolo dei Servizi Segreti nel contrasto alterrorismo internazionale normativa vigente e prospettive di riforma”.201


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeosettembre 2001, che ha espresso il richiamo ad una più stretta cooperazione nello scambiodelle informazioni tra i servizi informativi e di sicurezza nella lotta al terrorismo.In tale contesto ed in attesa di una nuova e più funzionale impostazione del sistema,l’intelligence italiana è impegnata proprio a valorizzare la cooperazione in un’ottica chetenga conto delle principali tendenze palesate dal terrorismo e, quindi, specialmente,della complessità organizzativa delle reti radicali e dell’interconnessione che esiste traattività di vario segno e tra diversi ambiti territoriali, nonché dell’eventuale insorgere dinuove minacce anche in relazione all’uso di materiali non convenzionali ovvero ad attacchicontro siti sensibili.Pari attenzione viene riservata, nella ricerca informativa e nello scambio con i servizicollegati, anche alle possibili interazioni del fenomeno terroristico con il crimineorganizzato e con i maggiori traffici illeciti transnazionali.b) L’azione di controlloSi è visto come quanto accaduto l’11 settembre abbia messo in luce l’esistenza di retiterroristiche ramificate, strutturate su scala globale ed in grado di avvalersi di supportilogistici e finanziari per comunicare, muoversi, reclutare ed organizzare attentati.Accanto a quella d’intelligence, di eguale importanza strategica nella lotta al terrorismointernazionale è l’azione di controllo posta in essere dagli Stati per prevenire, individuaree reprimere non solo ogni possibile attacco proveniente dalle organizzazioni terroristiche,ma anche per monitorare i movimenti dei loro appartenenti, il livello di comunicazionedelle informazioni e i canali di approvvigionamento logistico e finanziario delle lorocellule, settori strategici per la vitalità stessa delle organizzazioni.Appare chiaro, infatti, che tali organizzazioni hanno saputo sfruttare le capacitàesponenziali di comunicazione e di negoziazione finanziaria offerte dalla tecnologia inrete e da internet in particolare, componendo un quadro complesso che necessita di unarisposta poliedrica, in grado non solo di serrare quelle maglie aperte degli ordinamentigiuridici nazionali che ne hanno consentito la diffusione, ma anche di approntare unefficiente apparato investigativo e giudiziario che sappia sapientemente concentrare ecoordinare i suoi sforzi su quei settori che garantiscono vitalità al terrorismo.202


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeob.1) Il controllo dei flussi finanziariL’affermarsi di un nuovo ordine economico mondiale, caratterizzato dalla crescitaesponenziale delle transazioni finanziarie e delle modalità di negoziazione, oggipressoché unicamente informatizzate, unitamente alla diffusione della competizionemondiale, hanno da tempo determinato la condivisione mondiale di tali problematiche ela risposta della cooperazione interna ed internazionale in funzione di garanzia e difesadel mercati e dei capitali che oggi, in particolar modo, devono essere improntati ad unsistema di informazioni tempestive, corrette e complete.L'aver constatato che il compimento di atti terroristici, criminali o anchegenericamente illegali, può essere agevolato grazie all'utilizzo dell'industria bancaria efinanziaria nazionale e internazionale induce a due considerazioni: in primo luogo, icircuiti finanziari possono essere un terreno privilegiato per le indagini di ogni tipo; insecondo luogo, i rischi di illegalità e di criminalità nel sistema finanziario non si limitano alpericolo di colpire patrimonialmente i risparmiatori e gli operatori, ma possono avere uneffetto moltiplicativo dei danni e dei conflitti sull'intera comunità internazionale. 31Nel quadro delle iniziative assunte per il perfezionamento della strategia dicontrasto, particolare importanza assume pertanto, la capacità di individuare i canali difinanziamento delle organizzazioni terroristiche, anche al fine di rendere i mercati ed ilsistema finanziario meno permeabile all’ingresso di capitali e di gruppi economicisospetti.Anche per il buon esito di tale strategia appare indefettibile, in un contesto dicooperazione sia interna che internazionale, un incisivo coordinamento tra forze dipolizia, organismi specializzati ed intelligence di tipo finanziario, il cui compito, laddoveesistenti, è quello di individuare i possibili fattori di rischio per la sicurezza economica.Occorre tuttavia avere ben chiaro che il sistema bancario e finanziario, per la stessanatura dei beni fiduciari, invisibili oggetti di transazione, rimane vulnerabile e quindiparticolarmente funzionale anche ad operazioni – quelle illegali – che necessitano ditrasparenza ridotta per il loro buon fine.Per quanto riguarda l’attività tesa ad individuare i proventi destinati al sostentamentodel terrorismo internazionale, è di pronta intuizione che questa si alimenta della sintesidi elementi informativi e investigativi, a loro volta posti in correlazione con le risultanzedello studio delle transazioni finanziarie ritenute sospette.31Antonio Laudati, “Terrorismo internazionale, criminalità organizzata e money transfer”, in Per aspera adveritatem, n. 24 settembre- dicembre 2002.203


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoI soggetti istituzionali a vario titolo coinvolti sono, pertanto, le autorità di vigilanzaeconomica e finanziaria, i servizi di intelligence, le forze di polizia, ed in particolar modoquelle a spiccata specializzazione per la repressione delle frodi e dei reati finanziari, gliorganismi specializzati nel contrasto al terrorismo, ove esistenti.L’oggetto dell’attività è riassumibile nell’individuazione del collegamento agliappartenenti ad organizzazioni terroristiche delle transazioni finanziarie in qualsiasimodo effettuate, anche se negoziate da soggetti apparentemente non significativi, enell’applicazione delle misure sanzionatorie previste dai vari ordinamenti o stabilitenegli accordi siglati con i Paesi partner della comunità internazionale.A tal fine risulta di particolare importanza che tutti gli Stati impegnati su tale fronte,avvalendosi degli strumenti di cooperazione internazionale, mettano a fattor comune leinformazioni in possesso per realizzare e tenere aggiornata la mappatura delleorganizzazioni terroristiche e dei soggetti che ne fanno parte, delle forme di finanziamentoe dei metodi di negoziazione abitualmente prescelti.Allo stato si ritiene che le fonti di finanziamento del terrorismo internazionale siano leseguenti:• sostegno di paesi amici o di terzi sostenitori;• attività industriali, commerciali e finanziarie;• controllo del traffico di stupefacenti e del contrabbando. 32Si tratta di fonti di finanziamento già note agli investigatori italiani per aver affinatola loro attività nell’azione di contrasto al riciclaggio di denaro proveniente da attivitàcriminali, fenomeno che nella fattispecie terroristica si caratterizza per la diversitàdell’obiettivo, qui non di carattere economico delinquenziale, ma afferente alfunzionamento delle proprie strutture organizzative e all’efficace esecuzione delle azionioffensive.Per quanto riguarda gli strumenti impiegati dai gruppi per le transazioniterroristiche, si cita il “Money Transfer” in quanto appare allo stato tra quellipotenzialmente più impermeabili all’azione investigativa. 333233Francesco Antonio Cerreta e Giampiero Ianni, “Misure di contrasto al terrorismo internazionale”, in Rivistadella Guardia di Finanza n. 3, anno 2002, pagg. .981 e segg, cui si rinvia per l’approfondimento dellequestioni connesse.Lo strumento è descritto da Antonio Laudati “Terrorismo internazionale, criminalità organizzata e moneytransfer”, in Per aspera ad veritatem, n. 24 settembre- dicembre 2002.“Il servizio è offerto principalmente da due circuiti internazionali maggiori (costituiti da due notemultinazionali) e da altri intermediari minori.Esso copre tutto il mondo in tempi particolarmente rapidi. Per ottenere questo risultato le multinazionalisi avvalgono di una fitta rete mondiale di agenti e subagenti, questi ultimi denominati "locations" (a titolodi esempio uno dei principali gestori opera in 190 Paesi e dispone di più di 120.000 punti "locations"). In204


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoIl "Money Transfer" si è velocemente sviluppato nei circuiti internazionali per l'elevatavelocità del servizio offerto, per la diffusione capillare e per l'efficienza del sistema ditrasferimento (esclusivamente di denaro contante) che, per la mancanza, in alcuni Paesi,di una puntuale regolamentazione del settore, ha reso talvolta possibile l'utilizzo di talicircuiti da parte delle organizzazioni criminali o terroristiche.b.1a) La situazione in Italia. La Legge 14 dicembre 2001, n. 431: il contrastoal terrorismo nel settore finanziario. L’attività di coordinamento eprevenzione svolta dal Comitato di Sicurezza Finanziaria e le altre misurepreviste dal nostro ordinamentoIn relazione al quadro sopra delineato, la Legge n. 431/2001, di conversione del DL n.369/2001, ha previsto l’istituzione, presso il <strong>Ministero</strong> dell'Economia e delle Finanze, delComitato di Sicurezza Finanziaria (di seguito: CSF o Comitato).Italia gli intermediari operanti in qualità di agenti delle multinazionali del settore svolgono in proprioparte della attività, ma, in misura prevalente, si avvalgono di una rete di subagenti quali: Phone-Centre,supermercati, cartolerie, ricevitorie del lotto etc.. In tali esercizi vengono effettuale le operazioni ditrasferimento. La procedura operativa applicata in occasione delle operazioni di trasferimento, può essereillustrata come segue:a) l'operatore del punto-vendita provvede ad identificare il cliente sia esso sender o receiver e gli consegna unmodulo da compilare, sul quale il cliente deve indicare le proprie generalità, l'importo che intendetrasferire, il nome e il paese del destinatario; subito dopo la compilazione del modulo il cliente pone adisposizione il contante che intende trasferire, il cui ritiro è però subordinato all'espletamento dellesuccessive verifiche;b) l'operatore del punto-vendita contatta quindi la centrale operativa dell'agente, al fine di chiederel'autorizzazione ad effettuare l'operazione mediante la comunicazione del proprio codice riservato;c) l'agente, dopo aver effettuato le necessarie verifiche antiriciclaggio, finalizzate soprattutto a controllare chenon si sia superata la predetta soglia, contatta - tramite una rete telematica protetta - la sede operativa delcircuito internazionale cui fa riferimento, chiedendo l'autorizzazione ad effettuare l'operazione;d) il network internazionale - effettuate a sua volta verifiche atte ad evitare che le controparti del trasferimentosiano soggetti "a rischio", come nel caso in cui siano inseriti in apposite liste antiterrorismo - sulla stessarete telematica concede l'autorizzazione fornendo alla transazione uno specifico codice; l'agente comunicaal subagente l'autorizzazione e fornisce il codice della transazione;e) a questo punto il subagente trattiene il denaro del cliente e gli consegna una ricevuta con l'indicazione delnumero di controllo che identifica l'operazione effettuata e che va comunicato al destinatario, perfacilitarne il ritiro;f) il destinatario ritira, infine, il denaro nella valuta locale comunicando i dati identificativi dell'operazionead un qualsiasi punto-vendita del paese indicato dall'ordinante; l'identificazione del beneficiario avvienesecondo la normativa del paese in cui ritira i fondi. E’ interessante notare che l'Italia è un Paesegeneralmente "send" ovvero un Paese da cui prevalentemente i trasferimenti partono verso l'estero. Edifatti il volume delle transazioni in uscita è pari a circa quattro volte quello dei trasferimenti in entrata.Inoltre il fenomeno ha avuto una enorme diffusione nonostante il servizio sia particolarmente caro emediamente più costoso dei trasferimenti effettuati dal sistema bancario.205


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoSotto la presidenza del Direttore generale del Tesoro, o di un suo delegato,l’organismo è composto da 11 membri, nominati dal Ministro dell'Economia e delleFinanze e designati, rispettivamente, dal Ministro dell'Interno, dal Ministro dellaGiustizia, dal Ministro degli Affari Esteri, dalla Banca d'Italia, dalla CommissioneNazionale per le Società e la Borsa (Consob) e dall'Ufficio Italiano dei Cambi.Il Comitato è, altresì, composto da un dirigente in servizio presso il <strong>Ministero</strong>dell'Economia, un ufficiale della Guardia di Finanza, un funzionario o ufficiale dellaDirezione Investigativa Antimafia, un ufficiale dell'Arma dei Carabinieri ed unrappresentante della Direzione Nazionale Antimafia.Questo nuovo soggetto istituzionale svolge, innanzitutto, una funzione dicoordinamento e la sua azione ha il duplice scopo di monitorare e agevolare il buonfunzionamento del sistema nazionale di prevenzione e contrasto al finanziamento delterrorismo, oltre ad assicurare il coordinamento con le azioni degli altri Paesi.E’ previsto, in particolare, che, in deroga alle disposizioni previste in materia disegreto d'ufficio, vengano comunicati al Comitato non solo i provvedimenti sanzionatoriemessi ai sensi del DL 353/2001 (sanzioni a carico degli intermediari inottemperanti alledisposizioni in materia di congelamento dei beni previste, nei confronti del regime deiTalebani, dai recenti regolamenti comunitari), ma anche che gli stessi enti ivirappresentati provvedano a comunicare ogni informazione disponibile.Il dato maggiormente qualificante è rappresentato, tuttavia, dalla possibilità, per ilCSF, di demandare specifici accertamenti all'Ufficio Italiano dei Cambi, alla Commissionenazionale per le Società e la Borsa ed al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, nonché dirichiedere lo sviluppo di attività informative alla Guardia di Finanza.Il Comitato di Sicurezza Finanziaria assicura, inoltre, attraverso il raccordo con leomologhe autorità competenti esistenti negli altri Stati, la realizzazione delle necessarieforme di cooperazione internazionale, tanto sul piano dello scambio di informazioni,quanto su quello della corretta applicazione delle misure adottate per il contrasto ai canalidi finanziamento del terrorismo internazionale.In tale contesto, esso si pone come autorità competente per l'attuazione, sul territorionazionale, delle misure di congelamento dei conti adottate dall'Unione europea e perl'irrogazione delle sanzioni previste nei confronti degli intermediari non ottemperanti.Il presidente del Comitato può, inoltre, trasmettere dati ed informazioni al Comitatoesecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza ed ai direttori dei servizi perl'informazione e la sicurezza, anche ai fini dell'attività di coordinamento spettante al206


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoPresidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 1 della legge 24 ottobre 1977, n.801.Nel settore del contrasto ai finanziamenti illeciti al terrorismo assume rilievo anche lalegge n. 197/1991, come modificata dal decreto legislativo n. 153/1997, che, inconformità agli standard internazionali antiriciclaggio (in particolare, 40 Raccomandazionidel GAFI, Direttiva dell'Unione Europea 308/1991, Decisione del Consiglio Europeo del17.10.2000 in materia di scambio di informazioni tra Financial Intelligence Unit (FIU),stabilisce misure per il monitoraggio del sistema bancario e finanziario a fini diprevenzione e contrasto del riciclaggio (identificazione del cliente, registrazione delleoperazioni superiori a 20 milioni di Lire e dei rapporti continuativi, segnalazione dioperazioni sospette).Le stesse misure vengono ora applicate a fini di prevenzione e contrasto delfinanziamento del terrorismo, in quanto quest’ultimo, come disciplinato dalla nuovafattispecie penale di cui al DL n. 374/2001, rientra nel novero dei delitti dolosipresupposto del reato di riciclaggio.Per quanto concerne i Servizi di informazione e sicurezza, il Presidente del Consigliodei Ministri ha conferito, con apposito decreto del 23.10.2001, ad un gruppo di lavoropermanente operante presso la Segreteria Generale del Comitato Esecutivo per i Servizi diInformazione e Sicurezza (CESIS), il compito di coordinare l’attività degli organismiinformativi, nel campo del contrasto alle attività economico-finanziarie contrarie allasicurezza nazionale, e con particolare riguardo a quelle collegate al fenomeno terroristico,con le iniziative assunte in proposito da altre Amministrazioni pubbliche.Il gruppo di lavoro - denominato “Comitato di coordinamento della ricerca informativasulle attività finanziarie” - agisce in conformità agli indirizzi fissati dal Presidente delConsiglio dei Ministri d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.L’organismo, al quale partecipano qualificati esponenti delle Amministrazionipubbliche nonché esperti del settore economico finanziario e dello stesso CSF, opera nonsolo sul versante dei fenomeni finanziari riconducibili a gruppi o strutture di matriceterroristica, ma dispiega la propria attività conoscitiva anche in materia di flussi finanziarimovimentati dalla criminalità organizzata.Infine, con legge 14 gennaio 2003, n. 7 (Ratifica ed esecuzione della ConvenzioneInternazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo e norme diadeguamento dell’ordinamento interno) l’Italia ha provveduto a ratificare la ConvenzioneInternazionale per la repressione dei finanziamenti al terrorismo firmata, a New York l’8dicembre 1999.207


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeob.1b) La legge 27 novembre 2001, n. 415. Il congelamento dei beniCome si è visto, il Regolamento della Comunità Europea n. 467 del 6 marzo 2001 esuccessive modifiche, in attuazione delle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delleNazioni Unite n. 1267/1999 e n. 1333/2000, prevede il congelamento di tutti i capitali edelle altre risorse finanziarie appartenenti a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità oorganismo designato dal “Comitato per le Sanzioni” delle Nazioni Unite contro i talebani.Nel dare attuazione al predetto regolamento comunitario, la legislazione italiana, con ilDL 28 settembre 2001, n. 353, convertito in Legge 27 novembre 2001, n. 415, hastabilito le sanzioni amministrative per le violazioni al Regolamento stesso, recependo leliste dei nomi assoggettati a tali disposizioni e introducendo due ipotesi di reatoriconducibili agli articoli 247 e 250 del Codice Penale, riguardanti, rispettivamente, ilfavoreggiamento bellico ed il commercio con il nemico.Si è già evidenziato come tali liste, una volta riportate sulla Gazzetta Ufficialedell'Unione europea, unitamente ai Regolamenti cui esse fanno rinvio, divengano a tuttigli effetti pubbliche: ciò comporta la loro immediata applicabilità sia ai fini dell’attuazionedel congelamento dei beni individuati, che per l'inoltro delle informazioni alle Autoritàgovernative da parte degli intermediari bancari e finanziari.Il DL n. 369/2001, all’art. 2, stabilisce, inoltre, che sono nulli gli atti compiuti inviolazione delle disposizioni recanti il divieto di esportazione di beni e servizi e di quellirecanti il congelamento di capitali o altre risorse finanziarie, contenute in regolamentiadottati dal Consiglio dell’Unione Europea, anche in attuazione di risoluzioni delConsiglio di Sicurezza dell’ONU.Nell’ordinamento italiano esistono, inoltre, strumenti di natura amministrativa chefacilitano l'applicazione delle misure di congelamento di fondi previste dalle fontinormative internazionali (Risoluzioni ONU, Regolamenti della Commissione Europea) edalla stessa legge n. 415/2001.In particolare, la Banca d'Italia ha emanato istruzioni agli intermediari finanziariaffinché vengano segnalate all'Ufficio Italiano Cambi transazioni sospette riconducibili apersone, enti o società collegate a qualsiasi titolo agli eventi che hanno colpito gli USA l'11settembre 2001, richiamando i Regolamenti CEE n. 467 e n. 1354 del 2001, nonché lalista predisposta dal Comitato di Basilea per la Supervisione Bancaria.Inoltre, l'UIC, quale Financial Intelligence Unit (FIU) italiana, considerato che lanecessità di avviare l’attività di contrasto al terrorismo internazionale anche sul piano208


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeofinanziario ha comportato il coinvolgimento delle banche e degli intermediari finanziari eche i compiti di collaborazione attiva sono stati significativamente ampliati, ha fornitospecifiche istruzioni alle banche ed agli intermediari finanziari con proprio provvedimentodel 9.11.2001.In particolare, lo stesso organismo ha invitato le banche e gli intermediari acomunicare le misure di congelamento applicate, a segnalare le operazioni e i rapportiche, in base alle informazioni disponibili, siano riconducibili a soggetti compresi nelle listediffuse dallo stesso UIC ed a comunicare tempestivamente allo stesso organismooperazioni e rapporti riconducibili ad attività di finanziamento al terrorismo, allo scopo diconsentirne l'eventuale sospensione.b.2) Il controllo delle retiSettore estremamente critico nell’azione di contrasto al terrorismo internazionale èil sistema di monitoraggio e protezione delle reti informatiche e di comunicazione; e ciòper almeno due ordini di motivi: il primo riguarda la protezione fisica dei sistemi, chepossono essere soggetti sia ad attacchi “interni” (Cyberterrorismo), sia ad attentati“classici”; il secondo attiene alla capacità di individuazione, monitoraggio eannientamento della trasmissione delle informazioni tra i rami delle organizzazioniterroristiche, trasmissioni che internet ha reso immediate e di non facile individuazionenon senza favorire, altresì, il contestuale diffondersi dell’azione di proselitismo delfanatismo religioso islamico a cui le organizzazioni si ispirano.I servizi pubblici essenziali (si pensi all’energia elettrica, ai servizi postali tradizionali,alle telecomunicazioni, all’economia, e non per ultimo al controllo del traffico aereo) deiPaesi industrializzati sono ormai organizzati tutti sotto l’egida delle nuove tecnologie ed èdi pronta intuizione cosa potrebbe accadere se iniziassero a costituire oggetto di attaccoinformatico o fisico da parte del terrorismo. I recenti black-out negli Stati Uniti e in Italiane danno un possibile quadro.Per altro verso, gli attentati alle Torri gemelle e al Pentagono hanno palesato lavulnerabilità di quelle infrastrutture mastodontiche e centralizzate ove sono staticoncentrati gangli vitali di sistemi informatici e di comunicazione.Il crollo degli edifici a New York ha tranciato cavi telefonici a fibra otticainterrompendo 4 milioni di linee ad alta velocità ed ha causato conseguentementel’arresto dell’operatività di Wall Street. Tali eventi, sia bene di natura eccezionale e non209


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeodi natura tecnica, hanno attivato a loro volta attacchi informatici e danni conseguenti chesono stati innescati con un “effetto domino”. 34Ancora, è stato messo in luce come oggi una centrale operativa delle ferrovie siainteramente informatizzata, per cui anche un disastro ferroviario potrebbe essereprovocato sia dalla rimozione di un tratto di binario ferroviario che dall’alterazione deidati che alimentano il sistema di controllo automatizzato del traffico ferroviario. Se poi taliriflessioni si estendono ai sistemi di gestione e controllo delle centrali per la produzione ela distribuzione dell’energia o per il controllo del traffico aereo, a terra ed in volo, ben sicomprende la delicatezza della questione.Quanto detto rende, e non solo in un ottica di contrasto al terrorismo,particolarmente urgente l’esigenza di costituire organismi di polizia specializzati dadedicare, con sistematicità e in un quadro di cooperazione internazionale, esclusivamenteal controllo delle reti e poiché tale settore si evolve con una impressionante velocità,appare oltremodo utile creare ogni opportuna sinergia con le aziende leader nel settoredella security dei sistemi informativi privati.Per quanto riguarda il controllo delle comunicazioni tra cellule terroristiche tramiteinternet è da auspicare, pur nell’infinità di siti e di caselle di posta elettronicapotenzialmente, previa criptatura, idonee allo scopo, un potenziamento delle attività diintromissione “sotto copertura” degli apparati investigativi, anche solo come opportunitàin grado di fornire elementi qualificati di conoscenza per lo sviluppo di successivi spuntiinvestigativi.Sul fronte delle strategie di contrasto, la risposta dei governi impegnati ad assicurareallo spazio virtuale un livello di sicurezza adeguato deve puntare su una progettualità in cuii protagonisti siano le istituzioni e allo stesso tempo la società civile.L’attività preventiva e repressiva dei reati commessi attraverso la rete internet - però - èfortemente ostacolata, come si è detto, dalla difficoltà di identificare i fornitori/utenti e dilocalizzare i siti e i dati.Sulla base dell’esperienza maturata negli ultimi 10 anni di lotta al crimine informaticonel nostro Paese e nei Paesi occidentali in genere, si può sostenere che l’avvento diinternet, nel modificare lo scenario criminale tradizionale, impone una radicalerivisitazione di tutte le strategie investigative e di contrasto.34Alessandro Pansa. “Le strategie di contrasto al crimine informatico”. Intervento alla Cybercrime InternationalConference, Palermo, 3,4,5, ottobre 2002.210


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoUna strategia efficace di politica criminale deve seguire un percorso che, sebbene siastato già intrapreso a livello nazionale ed internazionale, ha bisogno di continui e rapidiaggiustamenti che tengano conto del costante progresso della tecnologia.Le linee guida primarie sono:• armonizzare a livello internazionale le normative di settore;• sviluppare la cooperazione, sia a livello giudiziario che di polizia;• istituire corpi specializzati di polizia nel contrasto al crimine informatico;• condividere la formazione tecnico – operativa a livello internazionale;• collaborazione stretta fra organi deputati alla sicurezza dei sistemi informatici e glioperatori di polizia, per la promozione delle iniziative di sicurezza e per l’analisi dellavulnerabilità dei sistemi;• condividere le metodologie di contrasto e le informazioni investigative;• costituire organismi nazionali ed internazionali deputati alla promozione dellepolitiche della sicurezza al fine di studiarne la vulnerabilità delle infrastrutture critiche esviluppare un sistema di protezione omogeneo.Un notevole passo in avanti è stato fatto dal nostro Paese proprio con la sottoscrizionedella Convenzione sulla Criminalità Informatica del Consiglio d’Europa.Sul piano della cooperazione internazionale di polizia, è, inoltre, attualmente infunzione una rete di punti di contatto nazionali che vengono attivati ogni qual volta siverificano emergenze informatiche.Nata nel 1997 per iniziativa del Sottogruppo High Tech Crime del G8, la rete erafinalizzata, al verificarsi di crimini informatici con risvolti transnazionali tra i Paesiaderenti, al coinvolgimento immediato di partner investigativi specializzati.Successivamente, nel corso degli anni ed in attuazione del principio di espansibilità deiprogetti e delle esperienze del G8 anche ai Paesi che non fanno parte dell’organizzazione,in considerazione della positiva esperienza maturata, si è progressivamente registratol’incremento del numero dei Paesi aderenti alla rete fino agli attuali 26.Al riguardo, l’Italia si è impegnata a realizzare un corso di addestramento per i Paesiche ne sono entrati a far parte in un secondo momento.Le funzioni di punto di contatto per il nostro Paese sono svolte dal Servizio di PoliziaPostale e delle Comunicazioni che, istituito nell’ambito del Dipartimento della PubblicaSicurezza, già a partire dal 1992, è l’organo di coordinamento centrale della Polizia diStato preposto al contrasto del computer crime, anche sotto il profilo del contrasto alterrorismo internazionale.211


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoIn tal senso, l’Italia ha compiuto, negli anni passati, una scelta fortemente innovativa eprecorrente i tempi attuali.Il risultato di tale scelta è stata la creazione di un pool di professionisti, accuratamenteselezionati all’interno del personale della Polizia di Stato, nel quale si fondono annid’esperienze investigative, maturate nella lotta alla criminalità organizzata ed alterrorismo, ed approfondite conoscenze delle nuove tecnologie.Per rendere sempre più incisiva tale strategia, in materia di High Tech Crime, ilServizio partecipa con propri rappresentanti a gruppi di lavoro permanenti, istituiti dalGoverno o da organismi internazionali - quali il “Gruppo Interministeriale per la sicurezzadelle reti”, il “G8”, la Comunità Europea, il “Consiglio d’Europa”, l’“OCSE”, l’Interpol el’Europol.Il particolare assetto organizzativo del Servizio, molto capillare sul territorio,garantisce, inoltre, in caso di minaccia o di attacco informatico, proveniente dal territorionazionale o dall’estero, risposte rapide, qualificate ed efficaci.Da segnalare sono, in tale settore, le recenti iniziative attuate dal Dipartimento dellaPubblica Sicurezza del <strong>Ministero</strong> dell’Interno per la costituzione di una rete nazionalefinalizzata a proteggere i sistemi informatici da eventuali attacchi di hacker.E’ questo l’obiettivo delle quattro convenzioni che riguardano il Grtn (Gestore ReteTrasmissione Nazionale), la Rai (Radio Televisione Italiana), la Snam Rete Gas e l’Aci(Automobile Club Italia).Il Dipartimento della pubblica sicurezza ha sottoscritto con tali enti, attraverso laPolizia Postale e delle Comunicazioni, degli accordi per ideare una rete informatica diprotezione per le società che svolgono i servizi essenziali per il Paese.Lo scopo è quello di creare “un vero e proprio 113 dei sistemi informatici e attivo 24ore su 24”, connesso ad un piano per la sicurezza in relazione al quale la stessa PoliziaPostale sta sviluppando una strategia per la sorveglianza, la tutela e la sicurezza delle reti edei dati sensibili, insieme a un piano di pronto intervento.Le convenzioni, che dureranno 3 anni, si aggiungono a quelle già in vigore con leFerrovie dello Stato e le Poste italiane.Gli accordi puntano a uno scambio di informazioni con le società che hanno stipulato laconvenzione per proteggerle dagli attacchi informatici e rendere più incisiva l’attivitàinvestigativa della polizia.E’, inoltre, allo studio la costituzione del “Centro nazionale per la protezione delleinfrastrutture critiche informatizzate”, che sarà il polo informativo e investigativo per gliagenti della Postale addetti alla prevenzione e alla repressione dei crimini informatici.212


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoRecentemente, è stata, inoltre, costituita all’interno del Servizio l’UACI (Unitàd’Analisi del Crimine Informatico) diretta da un funzionario del Servizio Sanitario dellaPolizia di Stato, criminologo, specializzato in psicologia criminale, nella quale operanotecnici informatici selezionati, con compiti di studio ed analisi del computer crime incollegamento con i maggiori istituti universitari italiani, e di gestione del sito web dellaSpecialità.b.3) Il controllo dei flussi migratoriNel delineare il quadro di possibile diffusione della minaccia emergente, non si puònon tener conto anche dei problemi connessi al fenomeno dell'immigrazione, regolare eclandestina.Dopo l’11 settembre, da parte degli Stati potenzialmente soggetti alla minacciaterroristica, è stato adottato un atteggiamento di maggiore cautela nel consentirel’ingresso di stranieri nel proprio territorio, in particolare attraverso l’adozione di misurepiù stringenti, ma anche con una rinnovata attenzione a tematiche quali la lottaall’immigrazione clandestina e al ruolo degli stranieri nel tessuto socio-economico dellesocietà.Per l’esercizio del controllo in tale settore, ed in particolare in quello delle frontiereaeree, marittime e terrestri, è sicuramente da privilegiare il ricorso a forze di poliziaspecializzate che possano giovarsi costantemente del flusso informativo internazionaleattuato attraverso l’aggiornamento delle banche dati e del contributo di elementispecializzati nella lotta al terrorismo.Sul piano investigativo specifica attenzione è da dedicare alla falsificazione deidocumenti di identità e di quelli che autorizzano il soggiorno nel territorio nazionale atitolo di asilo o di permesso, sia prevedendo per gli stessi ulteriori caratteristiche che nerendano più difficile la riproduzione, sia introducendo una fattispecie criminosa ad hoc chesanzioni tale attività.Particolare cura è da riservare anche all’individuazione e all’allontanamento di personesospettate di appartenere ad associazioni terroristiche.A tal fine vanno intensificati i controlli di sicurezza, possibilmente prima dell’ingressosul territorio, sui visti d’ingresso, anche avvalendosi, soprattutto per i cittadini di Paesisensibili, della collaborazione dei Paesi partner internazionali.213


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoSi ritiene di dover solo precisare, sul punto, che il fenomeno dei flussi migratori vacontrollato sia per impedire lo sfruttamento poliedrico delle forme di marginalità umana,che spesso costituisce occasione di utilizzazione illecita da parte delle organizzazionicriminali, sia per stroncare sul nascere il tentativo del terrorismo internazionale dicostituire avamposti operativi e sediziosi sul territorio degli stati che sono uniti nell’azionedi contrasto.Al di fuori di questi obiettivi, e di tutti gli altri aspetti agli stessi connessi, sembraoltremodo utile lo sviluppo di politiche multirazziali di integrazione culturale, sociale edeconomica, quali strumento di incontro tra civiltà e religioni differenti, che sulla base diprincipi di solidarietà, ospitalità e rispetto reciproco devono tendere ad unire le etniepresenti nei diversi paesi e ad isolare quelle frange oltranziste del fanatismo religiosoislamico che rappresentano una minaccia per la convivenza reciproca di intere comunità.Giova ribadire che, quando oggi parliamo di terrorismo internazionale, ci riferiamo amovimenti violenti ed armati che operano in realtà geografiche diverse, alcuni dei quali siispirano ad istanze indipendentiste a carattere regionale, spesso di carattere interno,mentre altri agiscono nell’ambito del radicalismo religioso ed in particolare delradicalismo islamico.In Italia, anche in tempi recenti, una pressante attività investigativa ha consentito diindividuare e disarticolare varie cellule che, a diverso titolo, si collegavano all’azione diaddestramento di Al Qaeda per rinfoltire le fila dei combattenti islamici nei conflittietnico-religiosi.I confortanti risultati finora raggiunti sono stati sottolineati in vari contestiinternazionali, pur se la minaccia resta incombente e si è aggravata negli ultimi mesi,colpendo anche il nostro Paese.Nel corso dell’audizione alla Camera dei Deputati del mese di gennaio 2003, ilMinistro dell’Interno aveva già evidenziato come le indagini compiute a livellointernazionale rivelassero che le potenzialità della rete di Al Qaeda e degli altri principaligruppi terroristici conosciuti fossero ancora notevoli; le prime indagini effettuate a livellointernazionale avrebbero avvalorato l’ipotesi di una diretta responsabilità terroristicatransnazionale dello stesso Bin Laden e, quindi, l’esistenza di un progetto eversivo cheinteresserebbe alcune vaste regioni dell’Africa Orientale e del Medio Oriente.E’ stato reso noto, inoltre, che la maggior parte degli stranieri coinvolti nelle indaginicondotte in Italia nel corso degli anni ’90 è entrata illegalmente nel nostro territorio ed hapotuto regolarizzare la propria posizione attraverso diversi strumenti, comprese leprocedure per il riconoscimento dell’asilo politico.214


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoE’ anche emerso il ruolo focale svolto da alcuni centri di aggregazione islamici, chehanno cercato di agevolare l’inserimento di soggetti entrati clandestinamente in Italia,coinvolgendoli nel radicalismo delle loro posizioni politico-religiose.Non sono, invece, emerse finora sicure connessioni tra terrorismo internazionale edorganizzazioni per l’immigrazione clandestina verso l’Italia, a differenza di quanto risultain altri Paesi europei.I segnali che fanno prevedere un incremento del rischio anche per il nostro Paese sonostati molteplici e, da ultimo, la guerra in Iraq e gli eventi di Nassiriya hanno confermatol’esistenza di un concreto pericolo.Di fronte alla percezione di un innalzamento del livello di rischio, è stata, pertanto,avvertita l’esigenza di definire nuove strategie di contrasto.Anche in tale settore, il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno e delle sue articolazioniperiferiche (Uffici territoriali del Governo, Questure, Polizia di Frontiera) è stato ed èprioritario, avuto riguardo sia agli aspetti amministrativi e giuridici che a quelli operativi.L’azione condotta in tale comparto dall’Esecutivo e, in particolare, dal <strong>Ministero</strong>dell’Interno ha riguardato sia l’impegno internazionale che quello di riforma dell’impiantonormativo e di intervento operativo; e ciò, sempre nell’ottica di migliorare le condizionidi sicurezza e l’azione di prevenzione, nella considerazione che entrambi tali fattoriattengono non solo alla sicurezza interna del nostro Paese, ma a quella del territoriodell’intera Unione Europea.In tale quadro, il nostro Paese ha promosso, in seno all’Unione Europea, un’iniziativavolta ad approfondire le modalità di un più efficace contributo alla lotta contro ilterrorismo sul piano dei controlli prima dell’ingresso nel territorio Schengen.Da parte italiana è stato chiesto l’impegno a dare un rinnovato impulso allacollaborazione consolare, attraverso un maggiore coordinamento e uno scambio diinformazioni omogeneo e strutturato fra tutte le sedi, a cominciare da quelle più sensibili.L’Italia è, peraltro, già da anni impegnata nella realizzazione di un’ampia rete di inteseanche bilaterali con i Paesi da cui provengono i maggiori flussi migratori ed ha rafforzatoulteriormente nell’ultimo anno la sua azione negoziale in questo senso.Identificare e respingere coloro i quali cercano di fare ingresso nel nostro Paese inmaniera illegale, diventa in questo momento una precisa esigenza di sicurezza.Numerosi sono, in tale contesto, gli accordi di riammissione conclusi dall’Italia(Albania, Austria, Bulgaria, Croazia, Estonia, Francia, FYROM, Grecia, Jugoslavia,Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ungheria,215


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoTunisia), alcuni dei quali hanno consentito di limitare o addirittura di eliminare laproblematica dell’ingresso clandestino nel nostro Paese.E’ importante sottolineare che l’azione negoziale dell’Italia si dirige non solo verso iPaesi limitrofi, ma anche verso Paesi più lontani, soprattutto dell’Asia Centrale, da dove siprevede che in futuro avranno origine i flussi migratori più consistenti, flussi la cuiampiezza non sarà priva di rischi sul piano del terrorismo.In particolare, sono già stati avviati contatti per la conclusione di accordi con Pakistan,Bangladesh, Iran, India.Nel corso del semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea appena conclusosi, il<strong>Ministero</strong> dell’Interno si è reso promotore di numerose iniziative per una politica unitariadi intensificazione della qualità e della quantità dei controlli.E’ stata, in particolare, attivata la Common Unit, composta dagli esperti di frontiera, esono stati definiti nuovi Centri per il coordinamento delle attività alle frontiere marittimeed aeroportuali.Importanti passi in avanti sono stati effettuati anche nella definizione del ruolo e deicompiti dell’Agenzia per le Frontiere che, su mandato del Consiglio Europeo, dovrebbeentrare in funzione tra circa un anno.Nel mese di novembre è stato, inoltre, approvato il Programma operativo per ilcontrollo delle frontiere marittime proposto dall’Italia.Il programma si incentra sulla collaborazione con i Paesi terzi ed ha come obiettivoquello di contrastare l’immigrazione clandestina via mare e, soprattutto, di bloccarequelle traversate del Mediterraneo che tante tragedie hanno provocato negli ultimi anni.Proprio sul contrasto all’immigrazione clandestina sono state approvate, nel corso delsemestre in argomento, due importanti decisioni che facilitano la collaborazione tra gliStati membri dell’UE sia nelle procedure di espulsione che nell’organizzazione di volicongiunti per il rimpatrio dei clandestini.E’ stato, inoltre, approvato il Regolamento relativo alla creazione di una Rete difunzionari di collegamento incaricati dell’immigrazione, per rafforzare la cooperazione traStati dell’Unione e Paesi terzi.Nell’ottica di un maggior controllo dei flussi di ingresso, vanno lette anche alcunenorme di riforma del Testo Unico sull’Immigrazione introdotte dalla legge n. 189/2002,che ha modificato parte dello stesso Testo Unico.La nuova normativa ha inteso, infatti, adottare disposizioni di maggiore cautela nelconsentire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato: in tale contesto, sono state,da un lato, adottate misure più rigorose per la lotta all’immigrazione clandestina, pur non216


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeotralasciando, dall’altro, una rinnovata attenzione alla disciplina della condizione giuridicadegli stranieri nel nostro Paese.In particolare, la nuova disciplina è stata mirata ai seguenti obiettivi:• rafforzamento dei criteri di controllo, anche attraverso l’assunzione di improntedigitali;• individuazione di reati specifici in caso di falsificazione di atti o documentinecessari a consentire l’ingresso in territorio nazionale;• inasprimento delle pene in caso di agevolazione dell’immigrazione odell’emigrazione illegali;• potenziamento dei controlli di frontiera e coordinamento dell’attività di soccorsoalle persone e di contrasto all’immigrazione clandestina nelle acque territoriali e in altomare;• maggiore efficacia per i provvedimenti di espulsione amministrativa;• istituzione del contratto di soggiorno per lavoro;• consolidamento della cooperazione internazionale per la prevenzione dei flussimigratori illegali e il contrasto delle organizzazioni criminali.Tra le iniziative di carattere organizzativo, fondamentale importanza assume, inattuazione dell’art. 35 della Legge 189/2002, la previsione dell’istituzione, in seno alDipartimento della PS, della Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delleFrontiere, con compiti di elaborare strategie d’azione, anche sul piano internazionale, inrelazione alle dinamiche del fenomeno dell’immigrazione.La nuova Direzione Centrale si interesserà, fra l’altro:• del coordinamento dei servizi di contrasto all’immigrazione clandestina edell’esecuzione dei provvedimenti di allontanamento degli irregolari;• del mantenimento dei contatti operativi permanenti con Amministrazioni locali edestere, Unione Europea, Organismi internazionali e con le rappresentanze italianeall’estero;• della sicurezza delle frontiere, soprattutto di porti e aeroporti, con ilcoordinamento dei controlli svolti dalle polizie di frontiera e la collaborazione operativacon le Polizie di frontiera estere e transfrontaliere;• dell’applicazione degli Accordi di riammissione stilati con gli Stati esteri.E’ da ricordare, in particolare, che, relativamente alle disposizioni tese ad assicurarel’allontanamento di persone sospettate di appartenere ad associazioni terroristiche, l’art.13 del Decreto legislativo n. 286/1998 consente al Ministro dell’Interno italiano didisporre l’espulsione di persone che risultino pericolose per l’ordine e la sicurezza217


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeopubblica, condizione nella quale rientrano senz’altro gli appartenenti ad organizzazioni oassociazioni di stampo terroristico. 35La legge stabilisce, inoltre, che lo straniero da espellere sia di regola accompagnatoeffettivamente alla frontiera (e non gli sia più semplicemente intimato di lasciare ilterritorio nazionale), raddoppiando (da 30 a 60 giorni) il periodo di tempo durante ilquale lo straniero in posizione irregolare può essere trattenuto in un Centro diAccoglienza Temporanea ai fini dell’identificazione (presupposto indispensabile per ilrimpatrio).Essa inoltre rafforza sensibilmente le misure di carattere penale nei confronti sia deiclandestini recidivi nella violazione delle leggi in materia di immigrazione, sia di chiunquefavorisca in qualsiasi modo l’ingresso di stranieri in Italia in condizioni di illegalità.Più incisive norme di prevenzione sono state, infine, adottate anche nel settore deldiritto d’asilo, riformando in parte la normativa vigente mediante la previsione di una piùrigorosa disciplina mirata alla celere definizione delle domande d’asilo presentate ed alcontrollo dei soggetti che presentato istanza per il riconoscimento dello status di rifugiato.Sotto il profilo operativo, l’attività di controllo delle frontiere aeree, marittime eterrestri è stata intensificata mediante il coordinamento, in sede di Comitato Nazionaleper l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, delle forze di polizia specializzate.Tale attività viene costantemente corroborata dal flusso informativo internazionaleattuato attraverso i canali sopra citati e con il contributo di elementi specializzati nellalotta al terrorismo.Di particolare rilievo appare l’applicazione della vigente normativa Schengen, nonchél’utilizzo delle norme nazionali in tema di violazioni transfrontaliere (Rubrica diFrontiera).I controlli sulle persone sospette possono comunque essere eseguiti sul territorionazionale da qualsiasi operatore di polizia, anche su strada, mediante l’utilizzo di terminaliinstallati a bordo dei mezzi collegati direttamente in via telematica con la banca datiintegrata delle forze di polizia.Tale sistema (SDI - Sistema di Indagine) consente di conoscere in tempo reale se undeterminato soggetto è ricercato, ha precedenti penali, è sottoposto ad osservazione, èstato controllato con persone vicine ad ambienti eversivi o terroristici.Sul piano investigativo viene posta particolare attenzione alla falsificazione deidocumenti di identità e di quelli che autorizzano il soggiorno nel territorio nazionale,35Tale strumento è stato per la prima volta utilizzato dal Ministro dell’Interno alla fine del 2003 in relazioneal noto caso dell’Imam di Carmagnola218


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeosettore nel quale sono state avviate indagini volte a smantellare i canali diapprovvigionamento.Una particolare attenzione è stata prestata al rischio di contraffazione dei documenti diingresso e di soggiorno, sia prevedendo per gli stessi ulteriori caratteristiche che nerendano più difficile la riproduzione, sia introducendo una fattispecie criminosa ad hoc chesanziona tale attività.4. La difesa civile quale sistema e strumento di prevenzioneGià successivamente alla caduta del muro di Berlino ed allo smembramentodell’Unione Sovietica, si era posto il problema di organizzare, soprattutto in termini dirisposta preventiva, un sistema di difesa in grado di proteggere i cittadini da attacchi nonsolo bellici, ma anche di natura terroristica, perpetrati mediante armi non convenzionali ocon il ricorso ad agenti chimici, nucleari e biologici.Il sistema si era soprattutto sviluppato come fortemente collegato all’attività svolta daiServizi informativi e dalle forze militari, e come tale strettamente connesso allautilizzazione di informazioni riservate: lo stesso, pertanto, non aveva dato luogo adun’organizzazione di competenze e funzioni simile a quella attuata nel settore dellaprotezione civile, ma, per lungo tempo, era rimasto attribuito alla esclusiva competenzamilitare e degli stessi servizi informativi.Dopo gli eventi dell’11 settembre, il tema della difesa civile e della prevenzione dalrischio di attacchi terroristici con sistemi anche non convenzionali è tornato a formareoggetto di massima attenzione essendosi avvertita la necessità di avviare, in terminiconcreti, una consistente azione di prevenzione a tutela della popolazione e delleinfrastrutture strategiche poste al servizio dei Paesi.La difesa civile in Italia si è sviluppata, negli ultimi anni, quale prioritario strumento diprevenzione e tutela della pubblica incolumità contro gli eventi connessi al terrorismointernazionale.Tuttavia, non esiste, al momento, alcuna normativa organica che regoli il settore, mamolto è stato mutuato dal modello ormai ampiamente e positivamente sperimentato dellaprotezione civile italiana, basata sui fondamentali strumenti della pianificazione preventiva(prevenzione) e del coordinamento (gestione dell’emergenza).Allo stato attuale, opera, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il “NucleoPolitico-Militare” – NPM.219


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoAi suoi lavori partecipano rappresentanti qualificati di tutte le Amministrazioni ed Entichiamati ad assicurare nel territorio nazionale l’azione di contrasto al terrorismo e diprotezione della popolazione.Sempre nell’ambito del NPM sono stati coordinati piani d’azione ed interventi inmateria di sicurezza dei trasporti, di bioterrorismo, di rafforzamento delle attività diprevenzione e repressione affidate alle Forze dell'Ordine e di potenziamento di misureprecauzionali a carattere sia civile che militare.Il <strong>Ministero</strong> dell’Interno, chiamato ovviamente, per sua prima missione istituzionale, agarantire la sicurezza e l’incolumità dei cittadini, ha, a sua volta, recepito con tempestivitàle nuove ed impellenti esigenze di prevenzione, provvedendo a dotarsi della propriapianificazione di settore e sviluppando funzioni e competenze specificamente attinenti aicompiti della difesa civile.E’ noto che, dopo l’11 settembre, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha varato,proprio con l’ausilio del NPM, un Piano generale coordinato di intervento in caso diattentati di tipo Nucleare Biologico, Chimico e Radiologico.E’ stata, al riguardo, elaborata una pianificazione di carattere nazionale, dalla qualesono scaturite le pianificazioni discendenti elaborate da ciascuna Amministrazione delloStato.Il Piano Nazionale intende assicurare efficaci capacità di protezione e difesa, sia dellepopolazioni che delle istituzioni, contro eventuali attacchi terroristici effettuati con ilricorso ad agenti chimici e biologici in zone ristrette identificate come sensibili.Esso fornisce, quindi, una guida sulle misure da adottare e sulle procedure da attuareper contrastare questo tipo di minaccia, attraverso la massima integrazione delle strutturenazionali di prevenzione, protezione e soccorso, avuto anche riguardo alla tutela deglioperatori.Mediante l’attività di coordinamento generale svolta, a livello centrale, dalDipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile del<strong>Ministero</strong> dell’Interno e, su scala provinciale, dagli Uffici territoriali del Governo, si èprovveduto, con la massima tempestività, alla stesura e l’approvazione, da parte deiPrefetti, dei piani provinciali di difesa civile, per l’elaborazione dei quali sono staticoinvolti non solo le Forze di Polizia ed il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, ma anchegli Enti locali e gli organismi sanitari ed ospedalieri.Per quanto concerne, in particolare, la tutela della salute pubblica, il <strong>Ministero</strong> dellaSalute, in stretto coordinamento con il <strong>Ministero</strong> dell’Interno, ha elaborato e diffuso unPiano per la risposta rapida ed efficace a situazioni che possono determinare grave rischio220


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoper la salute, che prevede l'attivazione, da parte delle singole Regioni, di unità di crisi el'individuazione di centri e strutture sanitarie per costituire una rete assistenzialeomogenea su tutto il territorio nazionale.E' stato attivato, fra l'altro, un sistema per la segnalazione di eventi inattesi chepotrebbero configurare rischio biologico, chimico-tossicologico e fisico, conl’elaborazione di un protocollo per l'effettuazione di test rapidi su materiale sospetto.Per assicurare la massima trasparenza ed informazione ai cittadini, è stato attivato dallostesso Dicastero un numero verde, cui possono telefonare cittadini e operatori sanitari.Esso opera su due versanti: da un lato, offre alla popolazione rassicurazioni e informazionicorrette, dall'altro registra le segnalazioni degli operatori, ne valuta la qualità e le smistaalle strutture competenti.Va anche segnalato che, a fini informativi, è stata inviata alle Regioni, alle AziendeSanitarie Locali, alle Aziende Ospedaliere, alle Associazioni di categoria dei medici,nonché ai Ministeri competenti la documentazione relativa alle caratteristiche di agentibiologici e chimici che potrebbero essere impiegati a scopo terroristico, insieme allemisure di profilassi e contenimento e all'elenco di presidi farmacologici utili.E' stato infine definito un protocollo per la gestione di materiali sospetti per possibilecontaminazione da spore di antrace, in cui sono stati indicati i materiali da consideraresospetti, le procedure per l'allerta, le modalità di prelievo e trasporto ed il trattamentoper l'inattivazione del probabile contaminante.Sotto il profilo della prevenzione e gestione dell’emergenza va ricordata anchel’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3275 del 28 marzo 2003, che haconferito al Capo del Dipartimento della Protezione Civile i poteri per l’assunzione ditutte le iniziative necessarie a ridurre la possibilità che si verifichino danni all’incolumitàpubblica e privata, conseguenti ad eventi terroristici.L’ordinanza prevede la definizione di piani di emergenza recanti l’individuazione diinterventi medico-sanitari in caso di contaminazioni chimiche, biologiche, nucleari eradioattive, nonché la possibilità – in relazione alla costituzione di nuclei di prontointervento presso lo stesso Dipartimento – di scambi informativi con strutture aventicompetenza in materia di informazioni e sicurezza dello Stato.5. Gli organismi operanti in Italia e le altre misure di prevenzione econtrasto adottate a livello nazionale221


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoCome accennato in precedenza, le misure adottate dall’ordinamento italiano per ilcontrasto al terrorismo internazionale non hanno esclusivamente natura legislativa, macostituiscono un sistema integrato di attività e competenze nel settore della prevenzione edella repressione del fenomeno.Le strategie si sono sviluppate secondo direttrici che privilegiano la collaborazioneoperativa interistituzionale e vedono coinvolti, in uno sforzo coordinato, oltre al<strong>Ministero</strong> dell’Interno, i principali Dicasteri (Esteri, Difesa, Giustizia, gli organismi diinformazione e sicurezza, altri Ministeri ed Enti pubblici).Per far fronte in maniera adeguata alla sfida posta da questo rinnovato ed assai insidiosoattentato allo Stato di Diritto ed alle libertà fondamentali, è stata disposta, inoltre, sulpiano operativo, la creazione di apposite strutture di coordinamento interministeriale ed ilrafforzamento di quelle già esistenti.Tali strutture interagiscono fra loro, portando ciascuna il proprio specifico apporto dicompetenze e concorrono congiuntamente a determinare un quadro organico di strumentiper il contrasto del terrorismo nelle sue diverse manifestazioni.In questo contesto, il <strong>Ministero</strong> dell’Interno è impegnato sempre come componenteessenziale ed attiva.Abbiamo già illustrato l’attività del Comitato di Sicurezza Finanziaria.Il “Coordinamento per la Cooperazione Internazionale contro il Terrorismo”,costituito presso il <strong>Ministero</strong> degli Affari Esteri, è, al pari del CSF, una struttura creataper meglio rispondere all’emergenza determinata dai fatti dell’11 settembre.Esso ha il compito di promuovere una trattazione unitaria ed un’azione coordinatadell’Italia nei fori internazionali competenti per la lotta al terrorismo nelle sue diverseforme.A questa struttura è stata, in particolare, attribuita la funzione di Punto di ContattoNazionale del Comitato contro il Terrorismo - CTC - istituito dal Consiglio di Sicurezza.Per quanto concerne il rafforzamento delle attività di prevenzione e l'attuazione dimisure precauzionali a carattere sia civile che militare, il <strong>Ministero</strong> dell’Interno èimpegnato, sia a livello centrale che, attraverso il coordinamento esercitato dai Prefetti, alivello provinciale, per l’intensificazione dell’attività delle Forze di Polizia territoriali, losviluppo dell’attività di intelligence e l’attuazione di una mirata attività di prevenzione.Esaminiamo, a tal fine, le iniziative già esistenti, che contribuiscono proprio a metterein luce la funzione privilegiata svolta dalla nostra Amministrazione.In proposito, va segnalato che il Comitato Nazionale per l’Ordine e la SicurezzaPubblica presso il <strong>Ministero</strong> dell’Interno ha deliberato l’istituzione di un apposito Gruppo222


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoper lo scambio di informazioni sul terrorismo, operante presso la Direzione Centrale dellaPolizia di Prevenzione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, con la partecipazione,oltre che della Polizia di Stato, anche dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza,del SISDE, del SISMI, del CESIS e dell’Amministrazione Penitenziaria.Per la protezione individuale si rammenta il ruolo svolto anche dall’Ufficio CentraleInterforze per la Sicurezza Personale, operante presso il Dipartimento della PubblicaSicurezza del <strong>Ministero</strong> dell’Interno, che, a partire dalla sua istituzione (v. legge n.133/2002), ha potenziato le misure di protezione individuali a favore di tutti i soggettiritenuti a rischio, sulla base delle proposte istruttorie inviate dai Prefetti.Pianificazioni ad hoc sono state elaborate e definite in ciascun ambito provinciale,curate dai Prefetti in sede di coordinamento interforze con il contributo degli Enti locali,anche per quanto concerne le misure di tutela e sicurezza da attuare presso gli scaliaeroportuali.In tale contesto, si inquadra anche l’attività di completa rivisitazione, effettuata alivello provinciale, dei piani per il controllo coordinato del territorio, rivisitazione che haconsentito, tra l’altro, il riesame, anche in chiave di prevenzione da attacchi terroristici, ditutti gli obiettivi sensibili presenti sul territorio nazionale.Particolare rilievo assumono anche i piani d’azione sviluppati nell’ambito dei crucialisettori delle infrastrutture e trasporti, nonché in quello sanitario.In particolare:- nel settore dei trasporti aerei, in coordinamento con il Nucleo Politico Militare istituitopresso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, si è provveduto, innanzitutto, allarevisione del quadro normativo regolante le attività propedeutiche al volo dei vettoricommerciali; le nuove procedure, ad integrazione o variante di quelle in vigore, sonostate acquisite come programma nazionale di sicurezza sugli aeroporti e sui trasportiaerei;- in concreto, sono state assunte diverse misure volte a rafforzare la sicurezza degliaeroporti italiani e la prevenzione di atti terroristici (“Normativa sul ProgrammaNazionale di Sicurezza; “Controlli di sicurezza dei passeggeri e dei loro bagagli a mano”;“Controlli di sicurezza dei bagagli da stiva”; “Misure di sicurezza per potenzialiesposizioni a rischio e per voli sensibili”; “Controlli di sicurezza diplomatici, casispeciali, membri di equipaggio e personale aeroportuale”; “Controlli di sicurezza degliaeromobili”).Si è, inoltre, proceduto ad un programma di visite ispettive sugli aeroporti minori per223


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeofocalizzare gli interventi rivolti a disciplinare le condizioni di sicurezza e per l’adozione,ove necessario, di restrizioni di natura operativa;- nel settore dei trasporti ferroviari, è stata rafforzata la sorveglianza ad hoc delle reti neipunti ritenuti più sensibili ed è stato allertato il personale, con particolare riguardo aquello d’esercizio, per il divieto di accesso di estranei nella cabina di guida, per lachiusura dei ripostigli ed altri vani al di fuori della loro normale utilizzazione, per ilcontrollo delle apparecchiature installate negli scompartimenti, per l’accertamentodell’identità del personale di macchina e del personale di bordo, per la segnalazione allaPolizia Ferroviaria di eventuali furti o smarrimenti di documenti e/o divise, di bagagli ooggetti lasciati incustoditi, di persone estranee negli impianti, nei locali di servizio, inaree riservate;- nel settore dei trasporti terrestri sono state adottate misure tendenti ad assicurare lasalvaguardia dei “punti sensibili”, quali gallerie, viadotti ed impianti fissi, mentre inquello dei trasporti marittimi provvedimenti sono stati assunti per intensificare lemisure di sicurezza nelle principali installazioni portuali e nei “punti sensibili” quantoagli accessi e alla identificazione dei passeggeri.Per completezza di indagine, tra gli strumenti atti a prevenire i fenomeni criminosiconnessi al terrorismo internazionale non si può non far cenno, seppur brevemente,all’impiego delle Forze armate e al ricorso alle sanzioni internazionali.Com’è noto, i governi, nell’azione di contrasto al terrorismo internazionale, possonoanche disporre l’intervento delle forze armate in ausilio alle forze di polizia, anche perfinalità di controllo del territorio, di vigilanza ad obiettivi sensibili, di pattugliamentodegli spazi aerei e marittimi, di difesa e di riduzione del danno conseguente da attentati“non convenzionali” (si pensi alle modalità dell’11 settembre, ad attacchi missilistici,batteriologici, chimici, nucleari, informatici) 36 o per la soluzione di situazioni di crisicontingenti derivanti da dirottamenti di aeromobili o natanti, con sequestro di ostaggi,36Particolarmente risolutivo si può dimostrare, inoltre, l’apporto delle forze armate nel contenimento delleconseguenze di eventuali attacchi terroristici con armi di distruzione di massa, specialmente quellebiochimiche. La preparazione delle forze armate nel settore della guerra Nbc, intesa come conflittobellico, permette alle stesse, mutuandone gli insegnamenti, di (1) addestrare gli Enti civili e la popolazionein generale nelle misure di protezione, (2) mettere a disposizione delle autorità civili, centrali e locali,mezzi e attrezzature e (3) intervenire direttamente nel coordinamento dei soccorsi e nel ripristino diservizi essenziali. Altrettanto significativa può essere l’opera di ricerca condotta in laboratori scientificimilitari per prevenire o curare gli effetti di agenti biochimici.Analoghe funzioni di intervento sostitutivo di emergenza e di ripristino di servizi possono essere svoltedalle forze armate a seguito di un eventuale attacco informatico di matrice terroristica inteso a causareparalisi di utenze e/o reti urbane, nazionali o internazionali, o più vasti danni, se non addirittura disastri.Terrorismo E Strumenti Di Contrasto di Vittorfranco Pisano Colonnello di Polizia Militare USA (Ris.)224


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoperpetrati sul territorio nazionale o in Paesi non dotati di corpi d’intervento speciale adelevata professionalità. 37Attesa, tuttavia, la possibile suggestione emotiva che il loro intervento può suscitare inlarghe fasce nella popolazione, nel senso di percezione di gravità con possibile comparsa dipanico diffuso (soprattutto nel caso di spiegamento sul territorio), è necessario che ilricorso alla loro professionalità sia sempre preceduto da una adeguata e convincente operadi informazione della cittadinanza precisando e chiarendo la particolarità dei motivi chene hanno determinato l’intervento, da disporre, in piena legittimità, col vincolo disubordinazione alle autorità civili.Alcuni Paesi hanno altresì fatto ricorso all’intervento militare circoscritto e mirato infunzione di rappresaglia o in chiave antiterroristica. 38In chiave informativa occorre sottolineare, inoltre, che i canali d’intelligence di cuidispongono le forze armate di numerosi Paesi possono rivelarsi estremamente utili nellaprevenzione di determinati propositi terroristici e nell’individuazione dei terroristi stessi edei loro possibili fiancheggiatori.Nel contesto delle crisi internazionali, non va poi dimenticato l’impiego delle forzearmate per missioni di peacekeeping o di soccorso umanitario in situazioni caratterizzate danumerose manifestazioni di terrorismo che necessitano dell’intervento di forze militarimultinazionali per avviare il ripristino di situazione di vivibilità, come nel recente casoverificatosi a Timor Est, e, da ultimo, l’impiego di contingenti militari, compreso quelloitaliano, per il ripristino delle condizioni di legalità ed il mantenimento dell’ordinepubblico in Irak.Ai fini di contenimento terroristico gli Stati attivi nel contrasto al terrorismointernazionale hanno anche la possibilità di organizzare ed eseguire operazioni speciali, dinatura clandestina o semiclandestina, tra le quali si citano il pagamento di ricompense adinformatori per acquisire notizie utili alla cattura di terroristi o all’individuazione delleloro basi, l’infiltrazione di agenti, la cattura all’estero di terroristi ricercati.37 Il raid israeliano su Entebbe nel 1976 e quello tedesco su Mogadishu nel 1977 furono risolutivi nella feliceliberazione degli ostaggi. In quanto di non facile attuazione, altri tentativi posti in essere in situazionianaloghe sono falliti. Risalta quello americano nell’Iran nel 1980 e quello egiziano a Malta nel 1985.38 Le forze armate israeliane contro obiettivi palestinesi e libanesi; le forze armate turche contro obiettivicurdi legati al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e dislocati nell’Iraq. Gli Stati Uniti, nel 1986,bombardarono obiettivi libici situati a Tripoli e Bengasi in risposta all’attentato dinamitardo contro ladiscoteca La Belle di Berlino, frequentata da militari americani e altri stranieri; nel 1993 colpirono obiettiviiracheni in risposta al fallito attentato di matrice irachena contro l’ex-Presidente degli Stati Uniti GeorgeBush (senior), ospite del Kuwait; e nel 1998, subito dopo gli attentati di Nairobi e Dar es Salaam,distrussero in Afghanistan e Sudan obiettivi collegati ad Osama bin Laden.225


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoIn Italia, sotto il profilo operativo, su gran parte del territorio nazionale, è stata dataattuazione, sulla scorta delle precedenti operazioni “Vespri Siciliani e Partenope”, al“Programma di utilizzazione di contingenti delle Forze Armate nelle attività disorveglianza e controllo di obiettivi sensibili”.Il programma ha comportato la previsione del concorso di personale militare conl’utilizzazione di oltre 4.000 unità impiegate per la sorveglianza di oltre 150 obiettivimilitari ed infrastrutture civili considerate a rischio (caserme, centri di trasmissione ecomunicazione, servizi di pubblica utilità, strutture portuali, aeroportuali e ferroviarie).Per rendere esecutivo il programma, è stata effettuata dai Prefetti, in ciascun ambitoprovinciale, una specifica ricognizione di tutti gli obiettivi sensibili, riesaminati alla lucedei nuovi indicatori di rischio.In tale contesto i Prefetti hanno provveduto all’elaborazione di rinnovati piani dicontrollo coordinato del territorio e all’individuazione delle aree sottoposte a maggiorrischio.6. Le misure adottate a seguito degli attentati terroristici di matriceanarco-insurrezionalistaCome si è visto nel primo capitolo, è venuta sempre più ad evidenziarsi, nell’ultimoperiodo, la potenzialità criminale internazionale di gruppi del movimento anarchicoinsurrezionalista, in particolare a seguito degli attentati che hanno colpito il Presidentedella Commissione europea ed altri esponenti delle istituzioni comunitarie.La consapevolezza del pericolo ha prodotto la pronta costituzione di appositi Nucleiinvestigativi.Oltre al Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo che opera presso la DirezioneCentrale della Polizia di Prevenzione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, il<strong>Ministero</strong> dell’Interno ha approntato una serie di iniziative tese all’esame ed al contrastodel terrorismo anarco insurrezionalista europeo.Basti qui ricordare la riunione tenuta il 5 gennaio u.s. dal Capo della Polizia, suincarico del Ministro, con i vertici dell’antiterrorismo dell’Italia, della Spagna, dellaGrecia, dell’Olanda, della Germania, della Francia, del Belgio, con il Vice DirettoreEuropol e, in veste di osservatore, con il rappresentante di Eurojust.226


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoNel corso dell’incontro, è stata accolta la proposta italiana di attivare immediatamenteun gruppo di analisi a guida dell’Italia, composto da esperti dei Paesi partecipanti edell’Europol, con il compito di monitorare entro due mesi l’anarco insurrezionalismo.I risultati dell’analisi saranno utilizzati dalle autorità di polizia, mentre l’Europol dovràgarantire la condivisione delle informazioni.Giova sottolineare l’importanza dell’accordo raggiunto, che trae origine dalle decisioniadottate, nell’ottobre scorso, dalla Task Force dei Capi della Polizia, su proposta dellaPresidenza Italiana del semestre europeo.Si ricorda, infine, che, il 13 gennaio 2004, il Capo della Polizia italiano ed il Segretariogenerale dell’Interpol hanno raggiunto un’intesa circa l’adozione di nuove misurepreventive riferite ai medesimi episodi terroristici.In particolare, le iniziative concordate in sede tecnica prevedono la possibilità diutilizzare la rete di comunicazione globale dell’Interpol, che consente ai 181 Ufficinazionali Interpol di comunicare in tempo reale con il Segretariato Generale di Lione.Attraverso la rete telematica, tutti i Paesi collegati al data base potranno acquisiresegnalazioni, documenti, immagini fotografiche, utili alle Autorità di polizia nell’adozionedelle misure di prevenzione e contrasto.7. La preparazione tecnica antiterrorismo e la formazione; ilcoinvolgimento del Paese e dell’opinione pubblica: nuovi strumentiintegrativi per la lotta ed il contrasto al terrorismoCome si è detto più sopra, nella lotta al terrorismo internazionale occorre migliorarel’attività di coordinamento sia nel campo della cooperazione istituzionale – anche su baseinternazionale – sia nel settore più prettamente operativo.Siffatto coordinamento non può, però, prescindere da una rinnovata e particolareattenzione alla preparazione tecnica ed alla specializzazione di quanti, non soloappartenenti alle Forze di Polizia, devono operare in tale delicato settore.Si è visto come i provvedimenti europei mirati a realizzare il coordinamento logisticoed operativo tra le reti di polizia e giudiziarie dei diversi paesi membri dell’Unionetendono a creare strutture specializzate, sia sotto il profilo dello svolgimento dell’attivitàinformativa che sotto quello dell’azione investigativa e giudiziaria.Per rendere incisiva l’attività di prevenzione e di contrasto al terrorismo internazionaleappare, quindi, imprescindibile, da parte degli Stati impegnati su tale fronte, procedere ad227


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeouna revisione delle metodologie di addestramento dei Corpi di polizia e dei servizi disicurezza, privilegiando, già a livello di base, un’impostazione antiterroristica in grado diorientare lo spirito di vigilanza dei loro appartenenti anche quando impegnati in altricompiti d’istituto.Nell’ottica della prevenzione, potrebbe senz’altro rivelarsi utile estendere il livello diaddestramento di base, nei modi e nelle forme ritenute opportune, a tutti coloro chesvolgono sul territorio, a qualsiasi titolo, attività di pubblico servizio e di vigilanza, ancheprivata (tassisti, autisti mezzi pubblici, addetti alle metropolitane, operatori ecologici,gestori di internet point, altro).Il fine da perseguire, infatti, è rappresentato nella sensibilizzazione e nelcoinvolgimento di tali categorie nell’attività di intelligente osservazione del territorio, peresaltarne, a fini informativi e, soprattutto, a fini preventivi, l’utilità delle rispettive sferedi competenza. e renderle, ove possibile, idonee allo svolgimento di compiti ausiliari inappoggio alle forze dell’ordine.Appare, altresì, imprescindibile favorire sugli stessi temi una preparazioneapprofondita e dedicata in chi, tra il personale delle forze dell’ordine, dei servizi disicurezza e della magistratura, è specificamente addetto a funzioni di contrasto alterrorismo. 39Nello specifico, particolare cura, data la delicatezza e la natura dell’attività, andrebbededicata alla selezione del personale impiegato presso i Servizi di intelligence, per il qualeappare utile procedere a selezioni mirate in modo da garantire l’acquisizione di operatorigià in possesso di un ampia specializzazione culturale in ragione del settore da coprire.A tal fine, in via del tutto esemplificativa, la conoscenza della lingua, degli usi, deicostumi, della storia e delle religioni dei Paesi in cui hanno origine e trovano protezione leorganizzazioni terroristiche, appaiono necessarie per assicurare una più incisiva attività dianalisi ed una migliore comprensione della mentalità dell’avversario, utile per poterneprevedere le possibili mosse.Analogamente, in materia di contrasto al “cyberterrorismo”, data la natura altamentetecnologica dell’ambiente oggetto di questa particolare attività investigativa, la formazionee l’aggiornamento degli operatori impegnati nella high tech crime investigations dovrebberopercorrere itinerari specialistici, ricercando le fonti di conoscenza a <strong>seconda</strong> dellenecessità riscontrate nell’attività investigativa stessa.A tal fine, andrebbero anche incentivate le collaborazioni con istituti universitari esocietà private in grado di offrire agli investigatori, in un rapporto sinergico, sulla base di39 Terrorismo e Strumenti di Contrasto di V.S. Pisano, Colonnello di Polizia Militare USA (Ris.)228


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoproblematiche riscontrate in concreto, possibili soluzioni, coinvolgendo nel processoformativo degli operatori tutti i poli di comunicazione (Internet Service Provider, fornitori diconnettività e di servizi) su cui si basa l’architettura della rete Internet. 40In tale contesto, un ruolo fondamentale potrebbe svolgere il <strong>Ministero</strong> dell’Interno,anche d’intesa con i Dicasteri della Giustizia e della Difesa, nel farsi promotore edorganizzatore di appositi seminari di formazione, specialistici ed interforze, presso leaccreditate strutture di cui dispone sia a livello civile che di polizia.Da non sottovalutare è anche la formazione addestrativa, considerato che l’azione diprevenzione non può ritenersi completamente attuata solo con la pianificazione, ma devetrovare nel momento esercitativo una fase fondamentale nel processo di previsione delrischio e di contenimento del danno.Anche in tale campo la funzione svolta dal <strong>Ministero</strong> dell’Interno potrebbe esseredeterminante, tenuto conto della presenza, al suo interno, di appositi Dipartimenti e distrutture avanzate, quali quelle attinenti ai compiti della Pubblica Sicurezza, della DifesaCivile e del Soccorso Pubblico e considerate le funzioni di coordinamento che, a livelloprovinciale, possono essere svolte, anche sotto il profilo della formazione, dagli Ufficiterritoriali del Governo, sia per le competenze demandate ai Prefetti nei settori dellasicurezza pubblica, della difesa civile e della Protezione civile (v. legge n. 225/92 esuccessive modifiche), sia per quanto attiene alle funzioni generali che gli stessi oraesercitano, in sede di coordinamento delle Pubbliche Amministrazioni, attraverso leConferenze Permanenti (v. DPR n. 287/2001).Che l’Italia sia, comunque, sulla buona strada nel settore della preparazioneprofessionale, sembra attestato dai risultati conseguiti.Al riguardo, nel corso dell’audizione svoltasi a Bruxelles presso il Consiglio europeoper la Giustizia e gli Affari Interni, quasi al termine del semestre di Presidenza italianadell’Unione Europea, il Ministro dell’Interno ha fornito alcuni dati interessanti sulleoperazioni di polizia effettuate nel corso del 2003 nel settore del contrasto al terrorismointernazionale.Fino al mese di novembre 2003 i terroristi islamici arrestati in Italia erano saliti a 71,dato che testimonia l’impegno delle Forze di Polizia nell’azione di prevenzione e contrastoal fenomeno e che risulta particolarmente significativo, se confrontato con gli arresti del2000 (16), del 2001 (33) e del 2002 (64).In particolare, l’attività delle Forze dell’Ordine ha consentito di disarticolare unastazione di reclutamento per Mujaedin, poi avviati nei campi di addestramento dell’Iraq40 <strong>Ministero</strong> dell’Interno “Lo stato della sicurezza in Italia”, 15.08.2003, pagg.61,62.229


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeonord orientale attraverso una formazione curdo sunnita “Ansar al islam” ritenuta affiliataad Al Qaeda.Sono state, inoltre, individuate alcune basi per la contraffazione di documentipersonali, attività questa di supporto al terrorismo, spesso accompagnata da reati contro ilpatrimonio e dal traffico di droga, che frequentemente finanzia le organizzazioniterroristiche.Le operazioni di polizia hanno, altresì, consentito di individuare e disarticolare centridi rilevante supporto logistico, finanziario e propagandistico, all’interno dei qualioperavano soggetti che non si esclude potessero costituire cellule cosiddette “dormienti”,pronte ad entrare in azione per la realizzazione di azioni terroristiche.I risultati operativi ora citati dimostrano che l’attenzione verso il fenomeno, prestatadalle Istituzioni pubbliche e, in particolare, del <strong>Ministero</strong> dell’Interno in sede dicoordinamento, è costante.Un’ulteriore riflessione da condurre in questa sede riguarda il coinvolgimento deicittadini e degli enti privati in un’attività di collaborazione con le forze preposte alcontrasto della minaccia dagli attentati terroristici.È evidente che tale coinvolgimento necessita di una adeguata strategia dicomunicazione che miri a sensibilizzare ed informare senza alimentare panico o eccessivapaura di insicurezza. Il cittadino informato e consapevole dei rischi è in grado di vigilare,di ridurre la propria vulnerabilità e riferire eventuali segnali di avvertimento e di pericolo.Alcuni Stati, nell’intento di favorire la massima diffusione di informazioni sullo statodella minaccia e del contrasto alle organizzazioni terroristiche, procedono allapubblicazione periodica di relazioni sulla portata della minaccia che, trovando eco sullastampa, nei convegni, nelle conferenze stampa e nelle interviste che coinvolgonorappresentanti degli Enti preposti all’opera di contrasto e contenimento, riescono adarrivare ad un pubblico più vasto di quello altrimenti raggiungibile.L’opera di sensibilizzazione e informazione su tali temi dovrebbe iniziare sin dallescuole medie per pervenire agli istituti accademici; si deve tenacemente perseguirel’intento di far percepire la sicurezza come un bene che può essere tutelato solo conun’azione comune che passa anche attraverso processi formativi che riguardano leistituzioni scolastiche ed accademiche.A tal fine potrebbe rivelarsi anche utile organizzare lezioni sul terrorismo nei Corsi diaggiornamento per Docenti, diffondere videocassette informative presso le scuole dainserite in programmi di educazione civica, promuovere incontri con i responsabili dellasicurezza.230


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoTale azione va accompagnata, per favorire la diffusione di un’impostazioneantiterroristica anche in larghe fasce della popolazione, da un’attività di sensibilizzazionesvolta dalle Istituzioni statali, che hanno competenza in materia di sicurezza sul territorio,presso gli altri Enti, pubblici e privati, territoriali e non, imprenditoriali e commerciali,circa le opportunità, in via esemplificativa, di dotarsi, soprattutto per quei settori ritenutia maggiore rischio, di strumenti di difesa passiva anche in funzione antiterroristica.E’ da ritenersi, al riguardo, che il <strong>Ministero</strong> dell’interno possa rendersi promotore dipiù incisive campagne di informazione, da attuare tramite gli Uffici Territoriali delGoverno previe intese con le Istituzioni scolastiche e universitarie, per diffondere unimpostazione antiterroristica e una cultura della prevenzione e delle modalità dicontenimento del danno nella popolazione.Da ultimo, quando si parla di comunicazione, non si può tralasciare di far cenno,ancorché sinteticamente, al ruolo che svolgono i mass media ai fini della conoscenza edanalisi dei fatti e degli sviluppi attinenti al terrorismo.In questo settore l’esercizio del diritto di cronaca contribuisce, quando esercitato inmodo sapiente e rigoroso, alla formazione di quella cultura antiterroristica, cui sopra sifaceva cenno, come strumento in grado di sollecitare maggiore attenzione nellapopolazione alla vigilanza, anche intesa in funzione di prevenzione degli attentati,soprattutto quelli perpetrabili con strumenti tradizionali.In tale azione occorre, tuttavia, non nascondersi che i mass media possono anche indurreeccessivo allarmismo e conseguenti sensazioni di panico diffuso o rendersi cassa dirisonanza per la propaganda terroristica, soprattutto quando, spinti da necessità di audienceo di vendita, trasmettono o pubblicano i servizi sul terrorismo improntandoli alla ricercadel sensazionale.Per ridurre i possibili impatti negativi sarebbe pertanto utile, se non necessario, undialogo costruttivo tra Istituzioni deputate al contrasto e organi d’informazione, in mododa ottenere, da un lato, dichiarazioni ufficiali veritiere ed equilibrate che non si prestinoad alcun tipo di speculazione allarmistica, dall’altro evitare diffusioni di notizie nonobiettive o artatamente esasperate.231


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoCONCLUSIONIL’analisi finora condotta ha consentito di far emergere che la verificataimpreparazione dell’intelligence mondiale nel prevedere e prevenire gli attacchi dell’11settembre ha però permesso di mettere a fuoco errori di impostazione e di strategia deisistemi di prevenzione e sicurezza, verosimilmente originati da una scarsa duttilità versole nuove frontiere del terrorismo e dalla sottovalutazione di persistenti fattori di criticitànazionale ed internazionale che hanno nel tempo favorito l’espansione ed il radicamentodei fenomeni di violenta intolleranza nei confronti della cultura del mondo occidentale.La recrudescenza del fenomeno ha fatto, quindi, emergere l’esigenza di unopportuno affinamento della strategia di contrasto ai fenomeni terroristici che potrebbedeterminare, anche in Italia, una possibile riconversione operativa e di pensiero deglistessi apparati di intelligence, da realizzare, sempre e comunque, nel rispetto dei principidella pacifica convivenza, della legalità e nel rifiuto di ogni tentativo di compressione deidiritti civili.Altro obiettivo che va perseguito, in funzione della globalizzazione della portata dellaminaccia, è quello di porre in essere le condizioni per una più stretta cooperazione alivello internazionale, soprattutto per lo scambio di informazioni tra i servizi disicurezza più preparati ed efficienti, strumento indefettibile per pianificare un’efficacelotta al terrorismo che colpisca tutti i rami in cui lo stesso si articola e dai quali traenutrimento.Per quanto riguarda il nostro Paese, il dibattito ancora in atto sulla riformadell’ordinamento dei servizi potrebbe rappresentare, forse, anche occasione pervalorizzare il ruolo del <strong>Ministero</strong> dell’Interno quale snodo fondamentale della politicainformativa e di sicurezza.Il <strong>Ministero</strong> dell’Interno è, infatti, istituzionalmente l’organismo deputato a porre inessere tutte quelle azioni necessarie a realizzare condizioni di tranquillità e sicurezza e, intale materia, abbiamo visto che queste azioni sono direttamente dipendenti dalla qualità,tempestività e puntualità delle informazioni provenienti dall’intelligence che opera sia alivello interno che internazionale.In qualità di istituzione anch’essa deputata ad elaborare e coordinare le informazionidell’intelligence, il Ministro dell’Interno, membro del CIIS, dovrebbe poter utilmenterafforzare la propria funzione di privilegiato interlocutore della Presidenza del Consiglio,232


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeosia in termini di valutazione dei fenomeni, sia per quanto attiene l’individuazione dellestrategie di indirizzo, proprie della Presidenza, mirate alla predisposizione di piani ditutela che coinvolgono l’interesse di altri Dicasteri.Per l’esercizio di tale funzione, il Ministro dell’Interno si avvale, infatti,istituzionalmente, nell’ambito del proprio Dicastero, dell’attività del Capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e del Capo del Dipartimento dei Vigili delFuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, nonché dell’azione dei Prefetti cui èdemandata la funzione di sensori delle distonie sul territorio e la potestà dicoordinamento degli interventi.Dall’esperienza italiana finora attuata nel settore della lotta al terrorismo interno, èemerso, inoltre, chiaramente, che il coordinamento rappresenta lo strumento migliore,per rendere più efficace l’azione di contrasto al terrorismo internazionale, evitandodispersioni di risorse e mettendo in comune spunti investigativi, notizie e risultati acquisitinel corso delle indagini.È tuttavia necessario che il coordinamento si realizzi ad ogni livello, da quelloinformativo a quello investigativo, a quello giudiziario, superando pregiudizi di settore,gelosie di mestiere e spinte competitive, alla lunga sicuramente pericolose.A tal riguardo, emerge sempre più prepotentemente l’esigenza – propria del ruolo del<strong>Ministero</strong> dell’Interno - di raccordare le iniziative di indagine, di elaborare in comune irisultati e di delineare un unitario progetto strategico-operativo da porre al servizio dellagenerale strategia di contrasto al terrorismo internazionale.E’, infatti, di immediata intuizione che il meccanismo di individuazione delle misure,di pianificazione delle azioni, di attivazione delle competenze e valutazione delleconseguenze, in ragione della loro ricaduta sulla sfera della sicurezza pubblica, devevedere, a fini di ottimale razionalizzazione degli interventi, come principale attore ilPresidente del Consiglio, ma come prioritario interlocutore il Ministro dell’Interno.Per lo svolgimento di tale qualificatissima azione, che coinvolge vitali interessinazionali, il Ministro dell’Interno può già avvalersi del Comitato Nazionale per l’Ordine ela Sicurezza pubblica, quale privilegiata sede consultiva per l’analisi e lo sviluppo sia dellepolitiche più prettamente attinenti la sicurezza ed il soccorso pubblico, ma anche perl’individuazione di ogni possibile altra misura collaterale che si riveli indispensabile perassicurare l’efficacia degli interventi preventivi, di contrasto e di contenimento del danno.In questo quadro bisogna allora che il <strong>Ministero</strong> dell’Interno rafforzi la prospettiva diessere anche e soprattutto un <strong>Ministero</strong> degli Affari interni, valorizzando anche la propriacomponente del soccorso pubblico e della difesa civile, dal momento che suo compito233


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeofondamentale è sì quello di tutelare i diritti, ma è anche e soprattutto quello di porre lecondizioni per assicurarne l’effettivo esercizio.In tale veste, occorre, altresì, che l’Amministrazione dell’Interno persegua una visionedella propria azione che, pur muovendo da valutazioni correlate alle tipiche attività dipolizia, possa contribuire a delineare una più ampia strategia di intervento, mirata alcoinvolgimento di qualsiasi altro soggetto in grado di essere attivato in funzione didepotenziamento della minaccia terroristica.A conferma di questa rinnovata visione strategica, il Ministro dell’Interno si è fattopromotore, anche a livello internazionale, del rilancio del dialogo tra le tre grandireligioni monoteiste, sia quale fattore culturale di crescita, integrazione e pacificaconvivenza in Europa, che come strumento di possibile emarginazione, in funzioneantiterroristica, delle frange più radicali e fondamentaliste.La validità di tale visione – apprezzata dai partners europei dell’Italia – potrebbecostituire il fattore di stimolo per una rinnovata e più incisiva strategia dell’UnioneEuropea nel contrasto al terrorismo internazionale, non più confinata negli stretti ambitidella cooperazione giudiziaria e di polizia, ma allargata ad una prospettiva “effettivamentecomunitaria”, che riesca a realizzare politiche condivise di integrazione culturale ereligiosa, passaggio obbligato per l’individuazione di una politica estera unitariadell’Unione stessa che tenga conto della storia delle proprie relazioni con il mondomediorientale.In tale quadro non si possono non evidenziare i ritardi con cui l’Europa è incorsanell’individuare le risposte da mettere in campo nel contrasto alle organizzazioniterroristiche, risposte che sono, invece, arrivate anzitempo dalla storia e dall’esperienzamaturata da alcuni singoli Stati membri.E’ proprio in tale ambito che si è rivelata preziosa l’esperienza dell’Italia, per la suacapacità di reazione nell’adeguare il proprio quadro normativo alle nuove esigenze dicontrasto al terrorismo internazionale, nel fare ricorso a strumenti originali di interventonel campo della prevenzione, anche mettendo a frutto, a livello bilaterale, il rapporto congli Stati Uniti d’America e con i paesi del bacino del Mediterraneo.I risvolti positivi di quest’azione hanno costituito, per l’Unione europea, fattorepropulsivo per l’avvio di un percorso che possa vedere l’Europa unita nelle linee dipolitica estera e, nel contempo, nell’attuazione di strategie di contrasto concordate econdivise.234


Le misure di contrasto al terrorismo internazionale in ambito europeoL’Europa ha, al riguardo, un’occasione particolarmente importante per porsi a guidadi un processo che veda coesa, non solo politicamente, ma anche operativamente, lacomunità internazionale.L’implementazione degli accordi intervenuti in sede di cooperazioneintergovernativa dà, infatti, l’opportunità di creare le condizioni di uno spazio giuridicocomune, entro il quale perseguire gli autori degli atti di terrorismo compiuti sulterritorio europeo senza distinzione di confine.Lo strumento del mandato d’arresto europeo può, ad esempio, costituire una delleleve unificanti delle pur diverse strategie investigative e di polizia, capace di porre finealle, pur residue, resistenze che ancora purtroppo si riscontrano in nome di unamalintesa concezione garantista dei reati politici.235

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