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Quale futuro per l'area dell'ex cementificio Buzzi-Unicem?

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Comune di SantarcangeloAssessorato alla Pianificazione TerritorialeResoconto del Forum di discussione a<strong>per</strong>to alla cittadinanzaNovembre-Dicembre 2011<strong>Quale</strong> <strong>futuro</strong> <strong>per</strong> l’areadell’ex <strong>cementificio</strong> <strong>Buzzi</strong>-<strong>Unicem</strong>?A cura diEuropa Inform ConsultingGennaio 2012


INDICEPresentazione 3Sintesi delle idee e delle ipotesi di lavoro <strong>per</strong> il riutilizzo dell’area 3Resoconto degli incontri 6- 1° sessione del 17 novembre 2011 7- 2a sessione del 24 novembre 2011 17- 3a sessione del 1° dicembre 2011 22- 4a sessione del 16 dicembre 2011 27Il contributo al Forum partecipanti 31La presentazione del Laboratorio di urbanistica del corso di laurea magistralea ciclo unico della Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” di Cesena 37Pag.2


PresentazioneL’ultima grande fabbrica di Santarcangelo ha chiuso definitivamente i battenti la fine di dicembre 2009, quandoimpiegava poco più di sessanta dipendenti. L’ex <strong>cementificio</strong> di San Michele, <strong>per</strong> tutti “la fabbrica”, porta con séuna storia durata oltre un secolo ed oggi, quell’area, come chiedono anche i residenti, ha bisogno di essereripensata. Sul suo <strong>futuro</strong> si è a<strong>per</strong>ta una discussione ampia e articolata che deve coinvolgere sempre di più tuttele parti interessate, <strong>per</strong> arrivare in tempi ragionevoli ad una proposta, possibilmente condivisa, di riuso, nell’otticadi una nuova qualità urbana, ma anche di sviluppo.Il metodo della partecipazione, che si intende continuare a seguire, non è nuovo nell’es<strong>per</strong>ienza amministrativa diSantarcangelo, <strong>per</strong>ché già in occasione del <strong>per</strong>corso di redazione del Piano Strutturale Comunale (PSC), unaserie di Forum partecipativi consultivi, tenuti tra dicembre 2007 e gennaio 2008, avevano accompagnatol’elaborazione di questo importante strumento di pianificazione del territorio.Nel caso della <strong>Buzzi</strong>-<strong>Unicem</strong>, il lavoro svolto prima da gruppi di residenti della Frazione di San Michele, che haportato alla redazione del documento “Proposte <strong>per</strong> la riconversione”, seguito dal ciclo di quattro incontri promossidall’Assessorato alla Pianificazione Territoriale, che hanno preso spunto, <strong>per</strong> la scelta dei temi da approfondire,anche dal documento citato, ne rappresentano una felice continuazione.La presenza costante e attenta di 70-80 <strong>per</strong>sone <strong>per</strong> serata (<strong>per</strong> un totale che su<strong>per</strong>a le trecento presenze)conferma la domanda di partecipazione, ma anche la bontà del metodo.Lo scopo degli incontri non era quello di arrivare alla definizione puntuale di un progetto, ma di svolgere una seriedi approfondimenti, confrontandosi anche con realtà paragonabili, <strong>per</strong> poter lavorare a questo in una fasesuccessiva, avendo acquisito una maggiore conoscenza delle problematiche e delle buone pratiche esistenti.I passi successivi, senza escludere il ricorso ad ulteriori analisi e approfondimenti, <strong>per</strong>ché ogni scelta richiedeconoscenza, dovranno a questo punto cercare sempre di più di selezionare le possibili alternative, definendopriorità, quindi obiettivi, azioni e progetti, in una cornice, da tutti accolta, di sostenibilità ambientale, sociale edeconomica.Sintesi delle idee e delle ipotesi di lavoro <strong>per</strong> il riutilizzo dell’areaIl contesto normativoCon l’adozione del nuovo PSC l’area della ex <strong>Buzzi</strong>-<strong>Unicem</strong> è passata da produttiva a produttiva da riqualificare,con un ventaglio di possibilità che andranno definite, quindi regolamentate dai futuri strumenti urbanistici, nonancora approvati, quali il Piano O<strong>per</strong>ativo Comunale e il nuovo Regolamento edilizio.Il Consiglio comunale e la Provincia concordano nel ritenere che <strong>per</strong> qualsiasi progetto di risistemazione dell’areasi dovrà comunque seguire la via dell’accordo territoriale, dove è richiesta la partecipazione di almeno (cioèminimo) due Enti pubblici.3


Idee ed ipotesiPremesso che i diversi es<strong>per</strong>ti e cittadini intervenuti grosso modo concordano nella necessità di affrontare lariqualificazione dell’area in un contesto più ampio (di vallata e oltre); che alcune scelte di equità, attenzione alconsumo del territorio e riqualificazione urbana sono considerati centrali;che la sostenibilità degli interventi deve contemporaneamente essere ambientale, sociale ed economica, sonoemerse le seguenti riflessioni ed ipotesi applicabili al caso specifico:• Se nel passato è esistita una relazione tra consumo del territorio e sviluppo economico, nella fasedell’economia della conoscenza, dove l’immateriale fa premio sul materiale, non è più così;• Il dibattito e gli interventi sulle aree dismesse prevedono, in tutta Europa, una partecipazione pubblicoprivato,nell’ottica della condivisione di obiettivi e rischi;• La creazione di un luogo attrattivo e non anonimo richiede di lavorare sugli aspetti identitari locali (aspettiambientali, culturali, storici, enogastronomici, ecc., spesso unici e non replicabili) e sul cosiddetto capitalesimbolico, sfruttando anche il ruolo di cerniera, tra mare e monte, che svolge Santarcangelo;• Un elemento di attrattività, requisito riconosciuto necessario da diversi interventi <strong>per</strong> il relativo isolamentodel luogo, potrebbe venire dalla creazione di una “cittadella del gusto” dove sia possibile elaborare,degustare e vendere una ampia gamma di prodotti tipici locali (e romagnoli), non escluso l’artigianato diqualità. In altro modo, ad una proposta paragonabile è stato dato il nome di Outlet del territorio;• Il luogo, contem<strong>per</strong>ando un mix di attività, si potrebbe prestare ad accogliere neo imprese attivesoprattutto nei settori della economia verde (contribuendo così a dare un connotato fortemente ecologicoal sito) come: nuove energie, riciclo e riuso di materiali da rifiuto, ecc.. Questo abbinato alla creazione diun Parco tecnologico all’aria a<strong>per</strong>ta costruito recu<strong>per</strong>ando frantoi, mulini e vecchie stazioni ferroviarie;• La valorizzazione turistica è una opportunità, <strong>per</strong>ché la Valmarecchia ha delle indubbie potenzialità, manon basta avere le risorse (naturali, culturali, monumentali, ecc.) <strong>per</strong> farne un prodotto vendibile.Mancando un prodotto, che sia facilmente identificabile e distinto dal mare, al massimo ci sarà un flusso diescursionisti, che <strong>per</strong>ò lasciano poco sul territorio, ma non si promuove una filiera turistica, con nuoveattività e nuova occupazione. Consigliata l’esplorazione, ai fini del confezionamento di nuovi prodottituristici, dei “miti” della Romagna (a partire da Fellini). Proposta che si combina con il “Tram dei narratoriromagnoli”, da attivare lungo il vecchio tracciato della vecchia ferrovia Santarcangelo-Fabriano;• Se nell’ex area <strong>Buzzi</strong>-<strong>Unicem</strong>, in maniera diversa dal passato, si vuole conservare uno spazio <strong>per</strong> attivitàproduttive più incentrate sulla conoscenza, l’a<strong>per</strong>tura di un incubatore (luogo dove si aiutano le nuoveimprese, in particolare quelle più innovative, a crescere) può rappresentare una opzione sapendo <strong>per</strong>òche: a) il Pubblico deve investire; b) le imprese da sostenere devono essere ben collegate alle specificitàe alle risorse (Università, Centri ricerca, distretti produttivi, fiere, ecc.) presenti sul territorio; c) laspecializzazione fa premio su incubatori troppo generalisti;• Valorizzazione turistica, nuove imprese, artigianato, cittadella del gusto, ecc., sono tra le scelte possibili,ma richiedono anche imprenditori disposti a scommettere in proprio;4


• In ogni caso, prima di entrare nei dettagli è necessario verificare se gli attori coinvolti, pubblici e privati,condividono o meno gli stessi valori e puntano agli stessi obiettivi. In sintesi, se esiste una visionecondivisa del <strong>futuro</strong> dell’Area;• Nel proseguo di questo processo di approfondimento, discussione e confronto, bisogna distinguere benetra consultivo e partecipativo. Un processo si può dire partecipativo solo quando è collegato al sistemadelle decisioni. Decisioni che spesso devono affrontare e gestire conflitti, tra interessi diversi ma anche traistituzioni diverse, qualche volta su<strong>per</strong>abili con una buona programmazione. La partecipazione costa,anche economicamente, ma rafforza il senso di comunità e produce decisioni migliori che durano neltempo.5


Resoconto degli incontri6


1° sessione del 17 novembre 2011Partecipanti: 80Introduzione del Sindaco Mauro MorriVi ringrazio <strong>per</strong> l’ampia partecipazione all’a<strong>per</strong>tura di questo forum, promosso dal Comune di Santarcangelo maassolutamente a<strong>per</strong>to, che si articola in quattro incontri tematici e di approfondimento, sulla scia di alcuni spuntilanciati dagli incontri spontanei che si sono tenuti sul tema della <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong> nei mesi passati. Forum cheraccoglie il testimone di quegli incontri <strong>per</strong> provare a dare uno sbocco reale a quelle idee, se hanno gambe <strong>per</strong>camminare. Abbiamo partecipato agli incontri che ci sono stati nella Frazione di San Michele, compreso l’ultimo alSu<strong>per</strong>cinema di Santarcangelo, anche con alcuni impegni, che come Sindaco e come Amministrazione cieravamo presi e che questa sera confermiamo.Il destino di quest’area, che ha una storia lunga cent’anni, è importante <strong>per</strong> la città e la prima cosa che vorreisegnalare è quello del metodo, che è anche sostanza, della partecipazione. Un metodo che, tra l’altro, è statoinaugurato da questa Amministrazione con la predisposizione del PSC (Piano Strutturale Comunale), che è nato esi è sviluppato con cinque conferenze di pianificazione e venti incontri di forum tematici, a cui hanno partecipatoduecento cinquanta <strong>per</strong>sone, totalizzando oltre trecento presenze.Il PSC è stato approvato definitivamente lo scorso anno, ma la formula della partecipazione e del massimocoinvolgimento della città pensiamo di doverla ripetere ogni qual volta siano in gioco parti importanti del territorio,nel rispetto dei ruoli, delle competenze e delle responsabilità.La <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong> non è un argomento che riguarda solo una Frazione, <strong>per</strong>ché il suo <strong>futuro</strong> interessa tuttoSantarcangelo, ma anche i Comuni vicini e l’intera vallata del fiume Marecchia. Anche <strong>per</strong> questo motivo abbiamovoluto fare questo primo incontro nella sala del Consiglio comunale <strong>per</strong> dare il segno di un tema che appartiene atutta la città, ma non solo.I temi che sono stati toccati, anche nella strumentazione urbanistica, devono conciliare gli obiettivi della crescitaeconomica, nel contesto dell’attuale crisi, con la tutela del paesaggio, dell’ambiente, le risorse naturali, di cui èricca questa parte del territorio. Tutela e sostenibilità come elemento di sviluppo economico, in unione con lospirito di accoglienza, che è un dato identitario di questa terra.Il PSC offre questa cornice. Infatti la scelta del Consiglio comunale è stata quella di trasformare quell’ambito daproduttivo comunale a produttivo comunale da riqualificare. Questo è quello che dice il nuovo strumentourbanistico. All’interno ci sono un ventaglio di possibili funzioni, che vanno dalla ricerca, al commercio di vicinato,agli spazi collettivi, alla realizzazione di una pista ciclabile, attività culturali e ricreative, spazi verdi.Il PSC non assegna nessuna capacità edificatoria, e quindi saranno gli strumenti successivi ad andare oltre.Proprio <strong>per</strong>ché stiamo andando verso l’approvazione del Regolamento edilizio e del POC (Piano O<strong>per</strong>ativoComunale), nel mezzo, l’ascolto, la concertazione e la condivisione <strong>per</strong> questa Amministrazione rappresentanoelementi imprescindibili.Quindi convergenza sul metodo, da cui il Forum, che non terminerà con l’ultimo incontro programmato, macontinuerà, dopo la pausa natalizia, <strong>per</strong> entrare di più nel merito.Non c’è quindi nessuna intenzione di concentrare, né di comprimere il dibattito, che è già iniziato più di un anno fa,sulla panificazione urbanistica, tenendo anche conto che l’area di cui stiamo parlando è di proprietà privata. Laproprietà è privata, ma il governo delle scelte è pubblico. Al forum compete quindi raccogliere stimoli ed elaborareproposte condivise, e da condividere, nel contesto di una sostenibilità ambientale ma anche economica, che diquesti tempi non è un fatto secondario. In un <strong>per</strong>corso condiviso, c’è la volontà, da parte di questaAmministrazione, e del Consiglio comunale, di arrivare ad accordi territoriali specifici, come previsto dalla7


legislazione vigente. Vogliamo riqualificare quell’area pensando al <strong>futuro</strong> nostro e dei tanti ragazzi e ragazzepresenti questa sera, in una momento molto difficile <strong>per</strong> tutti.Presentazione di Massimo PaganelliVice Sindaco e Assessore alla Pianificazione territorialeLa nostra città non è nuova a dover affrontare tematiche legate alla riconversione industriale, e uso questo termine<strong>per</strong>ché non mi piace molto ragionare di riconversione territoriale. Negli anni post bellici Santarcangelo ha vissutomomenti di industrializzazione, poi ha dovuto mettere a disposizione il territorio <strong>per</strong> funzioni di rilanciodell’economia attraverso la risorsa del fiume Marecchia, delle Cave, e sempre nel corso degli anni Santarcangeloha avuto la forza di modificare il suo assetto produttivo ed economico passando da una città sufficientementeindustrializzata, non fortemente ma ribadisco sufficientemente, ad una città organizzata e dimensionatanell’ambito del secondario e del terziario, quindi nell’artigianato e nei servizi, cioè in quelle partite che ci collocanoverso il nuovo.Oggi, lo strumento del PSC fotografa un <strong>futuro</strong> che ci avvicina ancora di più a quelle che sono le caratteristichedell’economia della provincia di Rimini, compreso i difficili momenti che stiamo vivendo. Oggi la memoria va nonalle fabbriche che producono ma alla ex Corderia, all’ ex sacchettificio La FISI, alla ex Cartiera e questa sera la ex<strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong>. Strutture che continuiamo a definire ex ma sulle quali l’attenzione e la vigilanzadell’Amministrazione hanno fatto in modo che questi tanti ex non diventassero, e non diventeranno, delleoccasioni di speculazione, ma al contrario possano essere inseriti in <strong>per</strong>corsi di riconversione.Un intervento, nei confronti dell’<strong>Unicem</strong>, che questa Amministrazione ha già fatto in passato è stato quello diregolare, non bloccare, un processo che si stava avviando <strong>per</strong> la riconversione di quella struttura in una centraletermoelettrica, che avrebbe potuto dare risposte non solo di carattere economico ma anche occupazionale, mache l’Amministrazione di allora, siamo alla fine degli anni novanta, ha ritenuto non compatibile con lo sviluppopensato <strong>per</strong> Santarcangelo.Queste brevi considerazioni mi servono <strong>per</strong> fissare un paio di concetti <strong>per</strong> la riunione di questa sera e di quelleche seguiranno. Innanzitutto dobbiamo aver ben chiaro la distinzione dei ruoli. L’Amministrazione ha il compito dipianificare, di programmare e di controllare che le proprie decisioni vengano applicate. La cittadinanza ha il dirittodi esprimere le proprie idee, istanze ed aspettative, la proprietà ha altrettanti e pari diritti, nel rispetto dei concetti acui facevo prima riferimento. E cioè fornire proposte che siano realizzabili ed economicamente sostenibili nelrispetto delle regole. In questo rapporto tra le diverse componenti che intervengono intorno allo stesso problema,la parte pubblica ha l’obbligo, come è valso <strong>per</strong> le altre ex, di evitare che si producano attese di caratterespeculativo. Su questo vigileremo. Ho partecipato alla firma dell’accordo <strong>per</strong> la chiusura della <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong>,quando l’Azienda era arrivata ad avere una ottantina di dipendenti circa, molto meno dei <strong>per</strong>iodi di massimaespansione.L’accordo raggiunto tra la proprietà e le maestranze credo fosse l’unica soluzione possibile, ciò non toglie cheSantarcangelo stesse <strong>per</strong>dendo l’ultima fabbrica. Non chiudeva la <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong>, ma <strong>per</strong> tutti la Fabbrica, <strong>per</strong>chécosì i santarcangiolesi la identificavano.Per concludere voglio solo aggiungere una ultima considerazione: questi quattro incontri non costituisconol’esaurimento di un progetto, ma solo l’inizio, e le conclusioni dovranno portare ad un accordo territoriale, chedovrà essere approvato da un tavolo ampio cui dovranno partecipare che comprenda almeno due enti pubblici, inprimis il Comune di Santarcangelo e la Provincia, ma sicuramente anche i Comuni limitrofi, la società civile e laproprietà.8


Per noi questi incontri rappresentano un momento di ascolto, di ricezione e di confronto, su una ex fabbrica chechiude ma da cui vogliamo ripartire <strong>per</strong> attivare nuovi processi di sviluppo. Invio di osservazioni e proposte chepuò essere fatto anche attraverso l’URP e tutti gli altri mezzi elettronici disponibili. Alla fine tutto il materiale verràraccolto e messo a disposizione.Relazione di Lorenzo CiapettiDirettore di Antares, Centro di ricerche sullo sviluppo localeTema: Lo sviluppo locale e la realizzazione di un Centro <strong>per</strong> le nuove e vecchie produzioni artigianali1. PremessaPer delineare alternative possibili di destinazione di un’area industriale occorre contestualizzare l’azione che sidesidera intraprendere. Prima di arrivare a ipotizzare soluzioni si deve partire da una attenta analisi di cosasignifichi riqualificare un’area dismessa, in un determinato territorio. L’analisi a monte si rende necessaria <strong>per</strong> dueragioni fondamentali: a) deve diventare campo di confronto concreto tra i sostenitori delle varie ipotesi e <strong>per</strong>tantodeve accompagnare il <strong>per</strong>corso partecipato di decisione, coadiuvando questo <strong>per</strong>corso con dati e informazionifondate; b) deve contribuire a selezionare l’opzione o il mix di opzioni che meglio possano valorizzare la storia el’identità di un luogo. Il <strong>per</strong>corso che si apre in questa fase non è solo la riqualificazione di un pezzo di territorio,ma di un patrimonio della comunità locale, che appartiene a tutti e che deve essere messo a valore.Questa premessa non esclude che si possa già intraprendere un <strong>per</strong>corso partecipato, avanzando ipotesi. E’ bene<strong>per</strong>ò essere consapevoli che le diverse ipotesi che verranno messe sul tavolo in questa fase del <strong>per</strong>corso (durantegli incontri previsti con gli es<strong>per</strong>ti) devono servire a sostanziare il dibattito.Un secondo punto in premessa riguarda il fatto che qualsiasi intervento va considerato all’interno di un’area piùvasta, a cui Santarcangelo appartiene. Dopo la peggiore crisi degli ultimi settanta anni, si sta vivendo un <strong>per</strong>iododi intenso cambiamento economico e sociale e si ha la chiara <strong>per</strong>cezione di una trasformazione totale di tutti iparadigmi che ci hanno accompagnato sin qui, a cominciare dall’economia. Tutto quello che poteva valere fino apoco tempo fa, oggi non vale più. Gli Enti locali hanno sempre meno risorse, le imprese devono rivedere i loropiani, il lavoro è in sofferenza. Anche una regione come l’Emilia Romagna, da sempre modello di crescita esviluppo, non è stata risparmiata dalla crisi e la disoccupazione continua a colpire i territori regionali, compresa laRomagna.Il cambio di paradigma che si innesta con la crisi deve obbligarci a soluzioni completamente nuove. Possiamopensare alla crescita, senza sviluppo ed equità? La risposta non può che essere negativa.Possiamo pensare di crescere senza efficienza energetica? Anche in questo caso la risposta è negativa. Tral’altro il documento elaborato dal Forum di San Michele già si pone nell’ottica della sostenibilità.Possiamo pensare di crescere continuando con le vecchie modalità di consumo del territorio? No..Da queste premesse occorre partire <strong>per</strong> pensare alla riqualificazione della <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong> di Santarcangelo.2. La riqualificazione delle aree dismesseIl tema della riqualificazione delle aree dimesse è un problema europeo. Diversi sono i programmi europei che sisono occupati negli ultimi anni del recu<strong>per</strong>o delle cosiddette aree “brownfield” ovvero i territori “marroni” (giàutilizzati), termine che si utilizza <strong>per</strong> distinguerli da quelli “vergini” (greenfield). E’ un problema dunque italiano edeuropeo. Questo potrebbe anche, in un momento del <strong>per</strong>corso, <strong>per</strong>mettere alle istituzioni locali di confrontarsi conle proposte contenute in quei programmi e ispirarsi alle conclusioni raggiunte.9


Guardando alle es<strong>per</strong>ienze europee, il tema del recu<strong>per</strong>o è oggi sempre più connesso a quello della sostenibilitàdel territorio. In Italia, secondo alcune stime, stiamo consumando 130 ettari di terreno fertile al giorno, contro unamedia di 60 in Germania.Ci sono dati (Eurostat) che illustrano bene come esiste in Europa una relazione diretta tra forte sviluppoeconomico ed industriale e consumo di suolo. Non siamo il paese con la più alta intensità di consumo di territorio,quando messa in relazione con la capacità produttiva. Se si va a vedere, <strong>per</strong>ò, il consumo ad elevato impattoambientale di una regione come l’Emilia Romagna e la confrontiamo con regioni d’Europa a maggiore dotazionetecnologica, quelle che innovano di più (come ad esempio il Nord Brabant in Olanda e la regione di Stoccarda inGermania), si scopre che anche il consumo di territorio è diverso: in Emilia Romagna, con una presenzamanifatturiera importante ed un tessuto di imprese diffuso, il consumo di territorio ad elevato impatto ambientale èmaggiore.In assenza di una regolazione nazionale (a differenza di ciò che avviene nel regno Unito <strong>per</strong> esempio, dove esistel’obbligo di nuove costruzioni <strong>per</strong> almeno il 60% su aree dismesse), esistono risposte possibili al consumo diterritorio che possono arrivare dal livello locale? Colpisce l’es<strong>per</strong>ienza, in tal senso, di un gruppo di comuni torinesiche si sono opposti all’uso di terreno agricolo <strong>per</strong> un nuovo insediamento di Ikea, proponendo un altro spazio, dariqualificare, ma già edificato. Un esempio che può essere utile anche <strong>per</strong> Santarcangelo, <strong>per</strong> riqualificare un’areainsediando nuovi servizi, concentrando dei mestieri e sviluppando tutte quelle attività che possano essere insintonia con l’ambiente circostante.Il dibattito in Europa sulle aree dismesse suggerisce una serie di punti che vale la pena considerare.Il primo è che bisogna pensare in termini di pubblico-privato, che vuol dire condividere obiettivi, ma anche rischi.Perché è una sfida che riguarda tutti: società civile, ente pubblico e privati.Secondo punto la connettività. Bisogna pensare ad un’area che costruisce molteplici collegamenti. Intanto con lacittà, poi con le politiche della provincia, e infine con l’esterno.Terzo, la sostenibilità ambientale, di cui si è già detto.3. Alla ricerca dell’identitàSulla base delle altre es<strong>per</strong>ienze di riutilizzo delle aree dismesse possiamo adesso sviluppare una riflessione echiederci “dove siamo” e cosa sia possibile far nascere dentro quest’area, tenendo sempre in considerazioneun’area più vasta, che poi vuol dire anche un mercato su cui intervenire.Al riguardo c’è un aspetto interessante (si rimanda ad una diapositiva ) da considerare e riguarda le aree dove siconcentra la ricchezza sul territorio emiliano romagnolo, raggiungibili in trenta minuti, che vuol dire mercati aportata di mano.Ma la cosa ancora più importante è che c’è un asse (area rossa nella diapositiva), sempre in Regione,caratterizzato da una forte concentrazione di popolazione giovane, anche questa raggiungibile in mezz’ora da unaserie di punti geografici. Un bacino di potenziali utenti, raggiungibili, quindi accessibili. Anche se non vadimenticato che molta di questa popolazione giovane, ancorché significativo, è legata all’immigrazione.Il tema dell’area vasta a cui collegarsi e quello del “mercato” non deve indurre nella semplificazione di unasemplice “messa in vendita” dell’area. Il punto è che anche soluzioni di “bene pubblico” (parco, centro culturale,ecc.) possono essere accompagnate da soluzioni a “mercato” in una logica integrata e sostenibile.Indipendentemente dal mix di iniziative (commerciale, residenziale, produttivo, ecc.) che potranno essere messein campo è comunque essenziale, <strong>per</strong> un primo esame di fattibilità, una attenta valutazione non solo del mercato,ma anche dell’elemento identitario.Nello sviluppo locale gioca un ruolo importante anche il cosiddetto “capitale simbolico” di cui si può dotare unterritorio. Questo capitale si sviluppa su un continuum che va dalle soluzioni di identità su cui possono puntare10


piccoli borghi o centri storici di medie e piccole città, fino al massimo del capitale simbolico che può essererappresentato da un grande catalizzatore (un grande evento come una esposizione internazionale, oppure unmuseo, ecc.).E’ ovvio che un’area dismessa di piccole dimensioni, localizzata in un centro di piccole dimensioni deve sa<strong>per</strong>ecollocarsi dentro un “sistema”: un ragionamento che va fatto non pensando alla singola frazione, ma ad un raggiodi influenza maggiore, alla Romagna e anche oltre. Puntando anche sull’elemento identitario: Santarcangelo comecittà della cultura, della creatività, valorizzando l’appartenenza al “sistema Romagna”, sfruttando gli elementievocativi e simbolici di collegamento con questo territorio..4. Alcuni scenari di riferimentoCome desumibile dalle es<strong>per</strong>ienze di altri territori, il punto di partenza, <strong>per</strong> dare forza alle idee di riqualificazione èla convergenza tra pubblico e privato (cittadini, Comune e proprietà). Si tratta di una condizione imprescindibile<strong>per</strong> garantire l’equilibrio tra interessi privati e interessi pubblici della comunità.Un elemento centrale <strong>per</strong> poter arrivare a delineare scenari <strong>per</strong> l’area <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong>, valutandone le caratteristichedi estensione e di collocazione, è dato dal fatto che Santarcangelo è un territorio di cerniera, da una parte traquello che è l’asse della via Emilia e la vallata del Marecchia, dall’altra tra una Costa molto urbanizzata e unavallata in cui sono meglio conservati elementi naturali.Alcuni scenari possibili <strong>per</strong> questa area devono tenere in considerazione questa peculiare collocazione.Un primo scenario di riferimento è l’”Outlet del territorio”. Il nome evoca ovviamente o<strong>per</strong>azioni di intenso consumodel territorio, ma si tratta di una o<strong>per</strong>azione che possiamo mettere sul tavolo della discussione fintanto che si trattadi un’azione di recu<strong>per</strong>o dell’esistente, di sostenibilità ecologica e di valorizzazione dell’identità locale. Se si vuoleconciliare identità, con attrattività e ritorno economico, questa rappresenta una opzione che, nonostante la crisi,continua a funzionare bene, se si giudica dalla crescita di fatturati e visitatori di queste cittadelle sparse <strong>per</strong> l’Italia.Questo tipo di soluzione è stata, <strong>per</strong> esempio, proposta di recente <strong>per</strong> il recu<strong>per</strong>o dell’area dell’ex zuccherificio diForlimpopoli, lavorando sull’identità della città artusiana del gusto, idea attorno cui questo Comune ha costruitouna propria strategia locale di comunicazione e di azione negli ultimi decenni. Si potrebbe, ad esempio, ragionaresulla creazione di una “cittadella del gusto”, dove sia possibile trovare i prodotti tipici locali, i mestieri artigianaliche li elaborano, ecc. Concentrando in un luogo qualcosa che abbia una continuità col territorio, esaltandone nellostesso tempo l’identità.Il secondo scenario è quello di una identità ecologica, di efficienza energetica e di sostenibilità. Sarebbe unariqualificazione che guarda al <strong>futuro</strong>. E qui ci potrebbe essere spazio <strong>per</strong> la creazione di nuovi mestieri.Ovviamente vale sempre il discorso della convergenza tra gli interessi. A Stoccolma c’è un quartiere che stadiventando autosufficiente in termini di consumi energetici e di riciclo. Se vogliamo pensare seriamente ad unainnovazione sul tema della sostenibilità, potremmo ispirarci a questi distretti avanzati che sono completamenteautosufficienti. Lì si potrebbero insediare aziende che o<strong>per</strong>ano tanto nel campo delle energie rinnovabili, come delriciclo dei rifiuti. Vorrebbe dire riqualificarsi, acquisendo una forte identità. Dentro uno scenario di sostenibilità, sipotrebbero aprire spazi anche <strong>per</strong> soluzioni tecnologiche. Lo spunto viene da una azienda marchigiana, che o<strong>per</strong>anel settore delle soluzioni tecnologiche della misurazione e che ha costruito intorno al proprio stabilimento, dovescorrono corsi d’acqua, un sistema (detto a chiave di Archimede) che è auto sostenibile e autosufficiente dal puntodi vista energetico. Esistono <strong>per</strong>tanto oggi anche soluzioni che potrebbero fare convergere sostenibilità etecnologia. In questo senso l’area di Santarcangelo e l’area della <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong> potrebbero diventare unlaboratorio sul recu<strong>per</strong>o di aree dismesse e sull’efficienza energetica, delineando un piano energetico, non solo diquartiere, ma come strumento essenziale <strong>per</strong> ridurre le emissioni di CO2, come previsto dall’Europa, entro il 2020.11


Un terzo scenario è quello relativo alla valorizzazione dei mestieri, passando <strong>per</strong> un centro di aggregazione e diformazione. Una es<strong>per</strong>ienza molto suggestiva, in tal senso è quella della “Fabbrica” di Gambettola: un esempio diriuso di un ex <strong>cementificio</strong>. E’ una es<strong>per</strong>ienza sicuramente interessante, ma anche molto particolare e fortementelegata alla figura del promotore. Può dare degli spunti, ma non si può copiare, anche <strong>per</strong>ché quel modello c’è già,<strong>per</strong> farne un’o<strong>per</strong>azione simile in una distanza così breve,.Ovviamente non esiste solo uno scenario possibile ed è anzi auspicabile che, anche in un’ottica di differenziazionedei rischi, si possa lavorare su ipotesi di “mix di soluzioni” (commerciale, residenziale, funzioni pubbliche, verdepubblico, centro di formazione, ecc.).In definitiva, la composizione del mosaico di soluzioni possibili <strong>per</strong> riqualificare un’area dismessa deve nascere dalconfronto su scenari possibili e su una idea di luogo e di città da costruire insieme, istituzioni locali, proprietà ecittadini.In questa breve relazione è stato possibile dare conto solo di alcuni possibili scenari, <strong>per</strong>ché un punto che restaimprescindibile è anche quello di basare la futura analisi di fattibilità su una più puntuale analisi delle questionidelineate in questo documento.GLI INTERVENTI DEL PUBBLICOIvan Podeschi (consigliere provinciale)Voglio ricordare che la <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong> era stata inserita nel PSC con una semplice osservazione, poi c’è stato unaggiustamento che ha portato, dopo un anno e mezzo, a ritornare sull’argomento.Ho letto tutti i documenti ma non sono riuscito ancora a capire che tipo di pianificazione si vuole dare alla <strong>Buzzi</strong><strong>Unicem</strong>. Anche questa sera il Sindaco ha detto che non si farà una modifica sostanziale, e l’area da produttivadiverrà produttiva da riqualificare. Ma questo non è scritto nei documenti, dove invece si parla di altre finalità. Orase continua come area produttiva non c’è bisogno dell’intesa della Provincia, se invece si inseriscono altre finalitàc’è tutto un <strong>per</strong>corso da fare ed è richiesto l’accordo di quest’ultima. Altrimenti siamo fuori della normativa vigente.Martini (residente della Frazione di San Michele)Si sono fatti degli incontri presso la Parrocchia di San Michele dove Sindaco e Amministratori sono stati invitati…<strong>per</strong>ò mi sembra che andiamo un po’ piano.L’iniziativa che il Comune di Santarcangelo sta portando avanti a mio avviso deve essere concordata col Comunedi Poggio Berni, <strong>per</strong>ché ha più residenti di Santarcangelo. Dopo aver vissuto in condizioni precarie, sonocinquant’anni che vivo lì, se è vero che i tetti delle case sono diventati neri, qualcosa l’abbiamo respirato anchenoi. Al mattino si spazzava il cemento con la scopa. Ciononostante eravamo orgogliosi dello stabilimento <strong>per</strong>chérappresentava la vita. Era la fabbrica più importante. Nei negozi le famiglie potevano “segnare”, <strong>per</strong>ché poi a finemese passava il capo famiglia a pagare. Insomma, una gran bella storia.L’intervento nell’area del <strong>cementificio</strong> non dovrebbe sconvolgere la frazione. Vedo molti interessi ed ho paura cheai residenti di San Michele tocchi la parte più piccola delle decisioni. Questo non va bene. Vogliamo esserepresenti e contare di più. Sono d’accordo col Sindaco quando ha detto che in quell’area deve restare anche unaparte produttiva. Perché il lavoro è la cosa principale, soprattutto <strong>per</strong> i ragazzi, e quanti sono in cassa integrazioneo in mobilità.Massimo Raggini (ex sindaco di Poggio Berni)Richiesta, al relatore, di chiarimenti sulla concentrazione, in questa parte della Romagna, della popolazione 0-14anni che in mezz’ora può raggiungere questo territorio. Perché se così è vale la pena fare una riflessione anche,12


non solo, su questo strato di popolazione, nell’ambito di un processo di pianificazione (dettagli in una diapositivadella Relazione).Roberto Biondi (Una Mano <strong>per</strong> Santarcangelo)Una recente trasmissione televisiva (Report) ha illustrato come è avvenuta la riqualificazione della Rhur (zonamineraria della Germania), dove si è puntato molto sulla cultura e sul turismo culturale, coinvolgendo in modoparticolare i giovani. E’ un’ipotesi di lavoro <strong>per</strong>corribile anche <strong>per</strong> il nostro caso?Risposta del Relatore: <strong>per</strong> arrivare ad una proposta di quel tipo ci vuole un progetto strategico. Ci sono città dimedie dimensioni (Coimbra, Linz, ecc.) che hanno puntato sulla cultura, ma loro hanno una idea strategica,condivisa, di dove vogliono arrivare. Questo è alla base di qualsiasi progetto concreto. Si possono intercettareflussi turistici, ma ci vuole una idea forte, un motivo di richiamo unico.Daniele Macrelli (capogruppo PDL)Stiamo parlando di aree produttiva, una destinazione che in parte verrebbe mantenuta. Vorrei fare presente chenella nostra zona esistono altri progetti di questo tipo, come l’area denominata “Triangolone”. E’ una APEA (AreaProduttiva Ecologicamente attrezzata), progettata dieci anni fa, che non ha ancora trovato il suo sbocco naturale.Questa è stata poi sorpassata da un’altra area artigianale, a pochi chilometri, concordata assieme allarealizzazione della circonvallazione di Santa Giustina. Quindi ci sono più aree produttive. A questo punto bisognadecidere dove concentrare l’attenzione, altrimenti avremo solo tanti capannoni vuoti, complice anche la crisi.Daniele Amati (sindaco di Poggio Berni)Prima di tutto ringrazio <strong>per</strong> l’invito e l’opportunità che ci viene data. Certo, quando entravi alla “fabbrica” capire sevenivi da Santarcangelo, oppure da Poggio Berni, era un po’ difficile. Questo è un momento importante, dasfruttare fino in fondo, anche prendendoci i tempi che sono necessari <strong>per</strong> poter arrivare a definizioni più precise.La “fabbrica” ci ha dato molto e può continuare a svolgere un ruolo utile <strong>per</strong> la comunità che intorno è cresciuta.Dichiariamo tutta la nostra disponibilità a collaborare a questo sforzo, <strong>per</strong> trovare le soluzioni migliori.RicomanniMi riallaccio agli interventi precedenti <strong>per</strong> avanzare una richiesta di chiarimento circa i tempi e le modalità, chesono importanti. Perché se le idee non si sposano con tempi e metodi giusti vuol dire fallire. Chiedo quindi dicapire cosa effettivamente si può realizzare, senza andare a scontrarsi con le regole o i limiti posti dagli altri enti(Provincia, Regione, ecc.).Sarebbero anche utili dei casi, andati a buon fine, meglio se nazionali, di sinergia riuscita tra pubblico e privato,che abbiano dato dei ritorni utili alla collettività. Perché, soprattutto in Emilia Romagna, c’è una buona capacità dicreare relazioni, accogliere e creare sinergie tra soggetti diversi.Arrigo Ardini (Officina Politica)Sono il referente di una forza politica che, scontrandosi sul PSC che secondo noi non disegnava un <strong>futuro</strong> <strong>per</strong>Santarcangelo, dalla maggioranza è passata alla minoranza. Nel PSC c’è anche l’area <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong>.Nell’intervento voglio essere critico e propositivo insieme. Non credo in questa forma di dialogo, anche <strong>per</strong>ché cisono stati dei precedenti, legati al PSC…ma è bastata una semplice osservazione della proprietà <strong>per</strong> trasformarel’area da produttiva a produttiva da riqualificare. Oppure è bastato l’intervento di un politico o di una grossa ditta<strong>per</strong> far cambiare idea sul <strong>futuro</strong> dell’area. Un’altra osservazione: non penso sia una cosa positiva cambiare ladestinazione d’uso di un’area proprio nel momento in cui c’è una trattativa in corso. C’è poca coerenza da questopunto di vista. In campagna elettorale l’allora candidato Sindaco diceva che quell’area sarebbe rimasta areaproduttiva.13


In ogni caso siamo contrari al produttivo alla <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong> <strong>per</strong>ché pensiamo che la Frazione di San Michele, dalpunto di vista ambientale, abbia già dato parecchio. E’ vero che dei lavoratori hanno <strong>per</strong>so il lavoro, ma i residentidi San Michele trarrebbero dei vantaggi dal punto di vista della salute.Per essere adesso propositivo, sono d’accordo col relatore che prima di tutto bisogna fare una scelta politicoculturalee individuare un obiettivo. Bisogna considerare anche che l’area non è molto vasta e grandi cose non sipotranno fare. A scuola è stato chiesto agli alunni “cosa vorreste fare nell’area <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong>” e sono venuti fuoridegli spunti da tenere in considerazione. E’ arrivato il momento di dare, alla Frazione, una dignità dal punto divista urbanistico, con un centro, che potrebbe essere una piazza. L’area va trasformata con l’abitativo, negozi, uncentro sociale ed utilizzando la parte storica dello stabilimento con un teatro s<strong>per</strong>imentale, un laboratorio teatrale,ricavandone un centro polifunzionale di aggregazione <strong>per</strong> gli abitanti di San Michele. Ma soprattutto uncollegamento con il fiume attraverso il parco. Per il Comune ci deve un ritorno, da verificare con uno studio difattibilità sulla nuova destinazione <strong>per</strong> capire quanto può chiedere sotto forma di una struttura pubblica, come unascuola, considerando che abbiamo una scuola media con problemi di capienza. La zona avrebbe bisogno di unavariante specifica <strong>per</strong> trasformarla da produttiva a quello che sostenevo prima.Renzo Valloni (ex sindaco di Poggio Berni)Questa riunione, così partecipata, parte con un vulnus, come è già stato sottolineato. Aver introdotto questasoluzione, <strong>per</strong> un territorio così importante, con una osservazione, che prima è stata adottata ed oggi è in corso diapprovazione, quindi ad un punto amministrativamente avanzato. Per valorizzare il nostro lavorol’Amministrazione dovrebbe fornire a questo foro un minimo di excursus basato su atti amministrativi, rendendocipartecipi delle osservazioni, del modo in cui la delibera del PSC è stata approvata, se ci sono stati dei carteggi conla Provincia…<strong>per</strong>ché non è vero che i cittadini sono informati. Su questi atti amministrativi c’è già uninquadramento di quanto può essere destinato all’edificato, che prima non c’era, e al produttivo.Sul merito della discussione di questa sera vorrei far risaltare il contrasto tra l’esposizione e quello che è statoprodotto dall’associazionismo, cui faccio riferimento, e soprattutto il Comitato “E fabric”. Sembra di capire chel’Amministrazione vede una soluzione <strong>per</strong> quest’area in un ambito abbastanza cittadino. Sulla diapositiva si legge“successo dell’investimento”: mi chiedo se nella Silicon Valley (regione della California nota <strong>per</strong> essere sede dimolte imprese altamente innovative), da dove è partita l’onda che ha rivoluzionato il mondo, le impresenell’“agganciare i bacini di domanda”, pensavano ad un bacino locale. Direi proprio di no. Dobbiamo avere unavisione non di bacino locale, ma molto più ampio. Dagli interventi degli Amministratori si ricava l’impressione disoluzioni che vengono cercate all’interno di questa comunità, senza che vi sia niente di male, al massimo con unComune adiacente. Questo può essere insufficiente, <strong>per</strong>ché bisogna essere ambiziosi, tanto più in un momentostorico come questo. Chi si sente di dire che all’uscita di questa crisi l’economia potrà girare ancora con questicriteri? La proposta, come redatta dal documento di approvazione, è un po’ sullo stampino delle solite soluzionitradizionali <strong>per</strong> questo tipo di aree. Bisogna porsi il quesito se le soluzioni prospettate potranno essere valideanche nel <strong>futuro</strong> post-crisi.Le soluzioni, già contenute nel documento (che sottolinea la preziosità del luogo, la vicinanza col fiume, ecc.),vanno trovate in un’ottica di vallata. Non mi è parso che questo sia emerso.L’esempio di riconversione di Torino, che ha coinvolto una vastità di attori, è una soluzione alta, che immagina un<strong>futuro</strong> diverso da quello gestito fino ad allora.Concludendo: come Forum dovremmo chiedere che l’Amministrazione allarghi questa discussione, coinvolgendo icomuni vicini, ma anche la Regione Emilia Romagna, <strong>per</strong>ché faccia diventare questo punto di vallata uno snodoessenziale di potenziale sviluppo e creazione di una nuova modalità di produzione di ricchezza, quindi di lavoro, edi vivibilità.14


Giancarlo Zoffoli (ex sindaco di Santarcangelo)Intanto bisogna dare atto all’Amministrazione che, soprattutto negli ultimi mesi, ha risposto alla richiesta che erastata avanzata dai cittadini di San Michele. Poi un sincero ringraziamento va a tutte quelle <strong>per</strong>sone cheautonomamente si sono organizzate, passando mesi a discutere e confrontarsi, <strong>per</strong> porre all’attenzionedell’Amministrazione una idea di come poteva essere il metodo <strong>per</strong> dare una risposta alle <strong>per</strong>sone della fabbrica,al comune di Santarcangelo, ai Comuni vicini e all’intera vallata, alla Provincia, <strong>per</strong> un’area che è stata definita,suggestivamente e <strong>per</strong> la sua posizione, “l’ombelico della Val Marecchia”.Ciò premesso, vorrei dare un contributo <strong>per</strong>ché il Forum possa essere più produttivo possibile. Questa seraabbiamo ascoltato una relazione interessante sull’approccio economico ad un problema. Il relatore ci ha detto chebisogna partire dalla conoscenza dei fattori economici mondiali, con riflessioni che vanno bene in un posto comenell’altro, da cui far discendere le scelte. E’ stata una lezione, che è corretta <strong>per</strong> Rimini, come <strong>per</strong> Bologna e <strong>per</strong>qualunque altro luogo, dove bisogna affrontare un tema che ha una forte rilevanza economica. Io <strong>per</strong>ò richiamoalla distinzione dei ruoli, come il Sindaco ha fatto, dove ciascuno deve fare la sua parte. Ognuno deve esprimersisu ciò che gli compete, non cercare di fare il mestiere di altri. Come cittadino di questa Vallata mi interessa darecorpo e seguito al documento che il Comitato “E fabric” ha messo a punto, dove si traccia una identità <strong>per</strong>quell’area e si da una risposta ad un’area vasta. Dove i cittadini, insieme alle Istituzioni, i Comuni vicini e diVallata, e la Provincia, iniziano ad interrogarsi su quelle che sono le esigenze che quel territorio esprime. Dopo diche qualcun altro deve individuare le fattibilità economiche. Il compito dell’Amministrazione, insieme ad una seriedi informazioni, sia quello di mettere intorno ad un tavolo tutti i soggetti <strong>per</strong>ché insieme si possa ragionare intornoa quelli che sono i desiderata e capire cosa serve a questo territorio. Nel Piano territoriale della Provincia di Riminici sono quaranta poli produttivi, terziari, funzionali, ecc., chiamati in vario modo, ma non c’è un polo funzionale disviluppo che faccia <strong>per</strong>no su “l’ombelico della Val Marecchia”. Non c’è ma va messo. Allora serve un tavolo didiscussione, dove siano presenti tutti gli attori che possono dare un contributo. Durante l’assemblea che si èsvolta al Su<strong>per</strong>cinema, i consiglieri regionali, presenti, ci dissero di formulare una proposta, condivisa dalleistituzioni locali e dai cittadini, in uno scenario ampio e forte di vallata, <strong>per</strong>ché loro si sarebbero impegnati asostenerlo in Regione con un accordo di pianificazione. Non vorrei che adesso andiamo avanti con questediscussioni, dove ci mettiamo un po’ di tutto, poi magari ci facciamo passare in mezzo la strada di gronda, tanto<strong>per</strong> accontentare tutti. Avremmo <strong>per</strong>so un’occasione importante. Lo spirito che animava il documento elaboratodal Comitato “E fabric” va ripreso e rilanciato. Discutiamo in grande, sullo scenario della vallata, poi i tecnici cisaranno di supporto <strong>per</strong> capire se sono possibili da realizzare o meno.AnastasiVorrei completare il ragionamento di Zoffoli guardando anche agli argomenti che sono stati presentati questa sera.Mi sembra di capire che l’Amministrazione parte dalle previsioni già contenute dal PSC cercando, in questoambito, di utilizzarlo al meglio. Quindi restando fermi al discorso del settanta e trenta. Il Sindaco dice di o<strong>per</strong>aresugli strumenti successivi Detto questo, se non ragioniamo di un contesto molto più ampio, tutto diventa piùlimitato. Perché se restiamo in quell’ambito manca, dal punto di vista economico, il ruolo che può svolgere laproprietà. La proprietà vuole un ritorno economico...vuole sa<strong>per</strong>e quanto può costruirci sopra. Se poi i contenitori,che costano la stessa cifra, sono utilizzati in modo o nell’altro, con commerciale o artigianale, non fa differenza.L’impresa fa quindi un conto economico (costo dell’area, costo di bonifica, di progettazione, di realizzazione, ecc.)e vede se in quell’affare ci rientra o meno. Questo <strong>per</strong> dire che se questa o<strong>per</strong>azione non diventa utile <strong>per</strong> uncontesto molto più ampio, e se non si stabilisce prima quali sono le su<strong>per</strong>fici che si vogliono dare, facciamo deidiscorsi che non portano ad una conclusione reale. Perché l’investimento lo fa il privato, il quale vuole il suoritorno, a prescindere da quello che ci viene fatto dentro. Quindi, in conclusione, qual’ è il <strong>per</strong>corso di approdo diquesti Forum? Vogliamo arrivare ad una variante del PSC <strong>per</strong> quell’area specifica? O semplicemente trovare unconsenso, sulla base degli indici già previsti dal PSC, su cosa fare in quell’area ? Se questa è la soluzione non15


andiamo da nessuna parte. Se pensiamo ad una variante, in un ambito più vasto, probabilmente possiamoottenere risultati qualificanti <strong>per</strong> la vallata del Marecchia.Massimo Paganelli (vice sindaco)Non è una conclusione, semplicemente una considerazione, anche <strong>per</strong>ché siamo solo alla prima serata. Secondome l’unica conclusione possibile, <strong>per</strong> riprendere alcuni interventi, è quella che si raggiungerà con un accordoterritoriale.Alla fine di questi Forum si farà una sintesi, da cui ripartire, <strong>per</strong> arrivare all’obbiettivo, che non è quello diprocedere ad una semplice riconversione d’area, ma ad una riconversione industriale, che non vuol dire soltantodefinire delle <strong>per</strong>centuali (settanta-trenta). L’Amministrazione comunale ha adottato il PSC, qualcosa in più delvecchio PRG, che in quell’area, in considerazione anche della cessazione dell’attività, affermava che quella era“area industriale”. Come tutti gli strumenti urbanistici, si possono, da parte di tutti, avanzare osservazioni. Laproprietà lo ha fatto, e la sua osservazione, in fase di controdeduzione, è stata approvata dal Consiglio comunale.La Provincia, preso atto dell’approvazione dell’osservazione, segnala la necessità di approntare una variante. Il 12ottobre scorso il Consiglio comunale ha modificato, in base alle norme vigenti, il PSC approvato <strong>per</strong> adeguare ilnostro strumento a norme sovraordinate, cioè il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale).Questo non ha comportato la riscrittura del PSC, ma solo di alcune varianti, una delle quali riferita alla <strong>Buzzi</strong><strong>Unicem</strong>. Che ora di nuovo sono oggetto di osservazioni. Quindi, il <strong>per</strong>corso amministrativo ha ria<strong>per</strong>to e nonchiuso il confronto, <strong>per</strong>ché entro il 24 novembre tutti possono avanzare nuove osservazioni in merito alle decisioniapprovate.Il Consiglio comunale, con la Provincia, ha anche detto: che <strong>per</strong> approvare qualunque tipo di progetto inquell’ambito, non si segue il <strong>per</strong>corso classico, ma si applica una modalità che prende il nome di “accordoterritoriale”, dove almeno (non al massimo!) due Enti pubblici devono essere compartecipi. Quindi va beneallargare la partecipazione. L’Amministrazione non vuole decidere da sola, ma raccogliere idee, indicazioni,analizzandole e studiandole nei loro contenuti. Queste serate offrono questa opportunità.16


2° sessione del 24 novembre 2011Partecipanti: 70Relazione di Giancarlo Dall’AraDocente di marketing turistico al CST di AssisiTema: Le potenzialità turistiche della Valmarecchia e le azioni da intraprendereAlla luce della mia es<strong>per</strong>ienza proverò a fare alcune considerazioni e affronterò il tema delle potenzialità turistichedella Valmarecchia e, subito dopo, farò qualche riflessione sul <strong>cementificio</strong> <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong>.Il turismo in ValmarecchiaTutti sappiamo che la Valmarecchia ha delle evidenti potenzialità dal punto di vista turistico, che <strong>per</strong>ò hannoavuto modo di esprimersi solo in minima parte. A Santarcangelo sono state fatte cose molto significative erilevanti, ma, inoltrandosi, all’interno della Valmarecchia l’attività turistica diminuisce. O meglio: la Valmarecchiasi caratterizza <strong>per</strong> un aspetto particolare che è quello dell’escursionismo. Ma l’escursionismo non è Turismonel senso pieno dell'espressione. Gli escursionisti sono quelle <strong>per</strong>sone che vanno in un luogo, si fermano qualcheora, non restano a dormire, di norma se in un territorio c’è solo escursionismo non si crea una vera e propriaindustria turistica. Si crea poca occupazione, la stagionalità è assolutamente incerta. L’escursionismo può costarepiù di quello che rende. Mettere in piedi degli eventi ha costi spesso proibitivi. E’ pur vero che a volte, con eventicostosi, <strong>per</strong> quanto effimeri, si riescono ad attrarre anche grandi numeri e sponsor privati importanti. Ma esclusopochi casi, i costi su<strong>per</strong>ano i ricavi, senza poi considerare gli impatti ambientali. Perché quando concentriamomigliaia di <strong>per</strong>sone in pochi giorni, magari in piccoli paesi, o in contesti naturali di pregio, l’impatto ambientale èfortissimo. Poi c’è l’impatto sociale, che non sempre viene preso in considerazione. Quando voi andate in uncentro storico, pensate a Firenze, Venezia o a un piccolo borgo come San Gimignano, non trovate più l’identità delluogo, trovate i negozi monomarca che trovereste dap<strong>per</strong>tutto, le pizzerie al taglio, i fast food ecc. ecc.Proprio alla luce di questa es<strong>per</strong>ienza ho messo a punto un modello che si chiama “albergo diffuso”. Gli alberghiche non si costruiscono ma si crea un sistema in cui le case diventano camere. In provincia di Pesaro ce ne sonootto, in Emilia Romagna solo due, e probabilmente ne partirà un altro a Predappio alta.Ciò detto, l’escursionismo è importante, ma non sufficiente. Come si potrebbe procedere <strong>per</strong> sviluppare il turismostanziale, cioè trattenere le <strong>per</strong>sone almeno <strong>per</strong> una notte (ma anche di più) con la possibilità di generare unindotto maggiore e una filiera di nuove imprese che producono lavoro? Personalmente ragiono un po’controcorrente: in genere cosa fa una località turistica? Entra nel mercato e comincia a fare promozione(marketing, comunicazione, ecc.). Cose importanti ma che negli anni funzionano sempre di meno. Esempio:un’attività di promozione classica nel nostro settore è quella di partecipare a borse (turistiche), fiere, workshop,ecc. In Italia ci sono decine di borse e fiere turistiche, alcune delle quali specializzate, come quella del turismosportivo, archeologico, ecc. Il ragionamento che si fa è più o meno il seguente: partecipo ad una borsa dipromozione turistica (come la Bit di Milano) e finisco col ritrovarmi tutti i miei concorrenti. Spesso si spendono cifreimportanti, <strong>per</strong> partecipare a queste borse, ma la resa è modestissima. Ovviamente ci sono delle eccezioni,alcune fiere funzionano benissimo, magari vi portate a casa qualche contatto importante che poi si trasformerà incontratto, ma nella maggior parte dei casi i risultati non arrivano.Forse varrebbe la pena pensare ad una cosa nuova <strong>per</strong> aggredire un mercato nuovo. Adesso è il momento dellaCina, uno dei mercati turistici più importanti al mondo che, come romagnoli, abbiamo un po’ snobbato dicendo chetanto i cinesi non vanno al mare. Non è vero: non vogliono abbronzarsi, ma ciò non significa che non vanno almare. Però non si può affrontare un mercato come la Cina, allo stesso modo della Germania o della Lombardia,17


andando ad una fiera o stampando un depliant. Con questi strumenti, oggi, non si affronta bene nemmeno ilmercato italiano.Senza stare su internet, con i contenuti generati dagli stessi utenti, come è il caso di Tripadvisor (uno dei portalipiù importanti con 50 milioni di visitatori) è difficile avere grandi risultati. Costruire siti smaccatamente pubblicitarinon serve.Ma - internet a parte - la vera chiave di volta è quella di lavorare sull’accoglienza. Fare il marketingdell’accoglienza, che non è solo dire “buon giorno” e “buona sera” o sorridere ma imparare a costruire relazionicon gli ospiti. Non "contatti" con gli ospiti, cosa che immagino sappiamo fare tutti, ma relazioni, che sono qualcosadi più profondo, come avviene tra amici. Se si gestiscono bene le relazioni, poi si potrà gestire il ricordo, che è lachiave <strong>per</strong> generare fedeltà e soprattutto sviluppare quei canali che da sempre portano turisti: la fedeltà e il passaparola. Un buon ricordo è la molla del passa parola: questo valeva tanti anni fa, oggi con i social network ilpassaparola è ancora più efficace.Concludo questa prima parte dicendo che la Valmarecchia ha sicuramente delle potenzialità: ma questepotenzialità dovrebbero diventare dei prodotti. Non basta avere delle risorse, <strong>per</strong>ché queste al massimoproducono escursionismo. Per generare turismo bisogna trasformare le risorse in prodotti. Si può anche fare lacomunicazione tradizionale (che pure ci vuole), ma non basta: il depliant ci vuole, ma chi porta veramente le<strong>per</strong>sone sono le <strong>per</strong>sone che accolgono. E qui un ruolo chiave non ce l’hanno solo gli albergatori, ma anche icommercianti, che devono essere originali e non standard. Lo stesso si può dire <strong>per</strong> i bar, che non devono essereuguali a quelli degli autogrill o degli aeroporti, <strong>per</strong>ché così diventano tutti delle repliche facilmente sostituibili. Inegozi e le botteghe devono continuare ad essere luoghi di conversazione. Anche i residenti hanno un ruolo,<strong>per</strong>ché la maggior parte dei turisti è come voi, che, quando andate in giro, non amate le cose fatte apposta <strong>per</strong> ituristi. Voi volete essere trattati da <strong>per</strong>sone e chiedete cose vere, relazioni vere. Allora se i turisti non amano lecose fatte a posta <strong>per</strong> turisti, non amano i menù <strong>per</strong> turisti, non amano i gadget <strong>per</strong> turisti, e vogliono un po’ diautenticità, la cosa che dobbiamo imparare a dare loro è il nostro stile di vita.Molti albergatori preparano ancora i pacchetti turistici come si faceva negli anni settanta: sette giorni di pensionecompleta, escursione a San Marino e cena in locale tipico, che tipico non è. Ma così il turista non è contento,<strong>per</strong>ché uno non parte dalla Germania <strong>per</strong> la pensione completa. Invece è più probabile che voglia venire da noi, inRomagna, <strong>per</strong> assaggiare la piadina, andare in una piazzetta di un centro storico e stare seduto all’a<strong>per</strong>to, unacosa che nella sua città di norma non fa, e prendersi un buon caffè, magari allungato.Cosa si potrebbe fare di un contenitore come quello della <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong>Non posso certo dirvi, arrivando da fuori, cosa si può effettivamente fare, <strong>per</strong>ché ci vorrebbe un piano di fattibilità,l’accordo delle parti, ecc. Posso <strong>per</strong>ò dirvi quali sono gli errori da evitare: il primo è l’assemblaggio di propostedeboli, <strong>per</strong>ché non sempre succede che mettendole insieme diventano forti. Prendete l’esempio delle strade delvino. In Italia ci sono circa 140 strade del vino e la maggior parte non funziona. Perché non funzionano? Nonfunzionano <strong>per</strong>ché non sono delle reti. Una rete non è l’assemblaggio di cose preesistenti, magari deboli, conl’aggiunta di un po’ di segnaletica e un depliant. Se un turista non veniva prima, <strong>per</strong>ché dovrebbe venire adesso?Solo <strong>per</strong>ché c’è un marchietto con la scritta “strada del vino”? Non funziona. Una rete è tale se crea un prodottonuovo, dove pubblico e privato si mettono insieme, condividono un progetto, lo realizzano e ciascuno fa la suaparte. Si individuano dei requisiti e tutti devono rispettarli. Ci vuole infine una regia comune <strong>per</strong> generare unprodotto nuovo e <strong>per</strong> commercializzarlo.Poi, se <strong>l'area</strong> è un po’ fuori mano, ci vorrebbe un grande attrattore, cioè qualcosa che abbia la capacità diattirare, di fungere da calamita. Un tempo gli attrattori turistici erano tutti naturali, poi negli anni cinquanta del18


secolo scorso in America sono nati i primi parchi artificiali (Walt Disney, ecc.). In ogni caso ci vuole un attrattore,naturale o artificiale che sia. Se è artificiale necessita di qualcosa in più, <strong>per</strong> esempio un certo grado di unicità:unicità che a volte può essere data anche dallo spirito del luogo, che è sempre un elemento di differenziazione.In ogni caso tutto dovrebbe rientrare in un sistema e quindi si dovrebbe parlare, o meglio realizzare, un “sistematuristico della Valmarecchia”. Una scelta di coordinamento che garantirebbe un obiettivo fondamentale: quello dioffrire finalmente la Valmarecchia come prodotto autonomo, e non come proposta di semplice integrazione delprodotto balneare.Però non dimenticate, alla luce di quanto detto sopra, che il più grande attrattore siete voi. Quindi quel luogofunzionerà se sarà vissuto, primo di tutto dai residenti. Perché se non interessa a chi ci vive, <strong>per</strong>ché cidovrebbero andare i turisti? I residenti devono amare, conoscere e vivere le opportunità e le bellezze del territorio<strong>per</strong> poi raccomandarle ai visitatori. Il fatto è che il turismo più che dell’industria dei servizi è entrato a far partedell’industria delle es<strong>per</strong>ienze. Va bene offrire servizi, ma i servizi non bastano più <strong>per</strong> rispondere alle nuovedomande delle <strong>per</strong>sone che si spostano. Per capire la differenza che c'é tra servizi ed es<strong>per</strong>ienze, considerateche se prendo un caffè al bar usufruisco di un servizio, se lo prendo al caffè Florian di Piazza San Marco aVenezia vivo un’es<strong>per</strong>ienza (e la differenza si vede anche nel prezzo!).Per tornare al vostro caso: un gruppo di lavoro <strong>per</strong> discutere delle proposte va bene, ma ci vuole anche ungruppo che scommetta in proprio, da un punto di vista imprenditoriale, sulle idee progettuali. L'obiettivodovrebbe essere quello di dare vita ad un luogo, non ad un non-luogo. Meglio: un luogo da vivere, amare,raccontare e raccomandare.Ultimo punto. Quali i temi che mi convincono di più? Il primo tema, giù menzionato, è l’enogastronomia delterritorio, il più possibile tipica e di qualità. L’es<strong>per</strong>ienza “Eataly” di Torino (www.eataly.it), che sta avendo ungrosso successo in Italia e all’estero, è un modello di riferimento molto interessante.Il secondo tema riguarda l’innovazione. Ci vuole qualcosa, anche nel progetto, nel "concept", di veramente nuovoe che non si è mai visto prima, anche tecnologicamente innovativo.Terzo tema: l’identità e l’autenticità, che sono le risorse più scarse e più richieste dalle <strong>per</strong>sone che si muovono.Ultimo tema sul quale vi invito a riflettere è quello dei miti della Romagna, che non sono stati esplorati asufficienza. Un mito esplode se diventa un racconto e una storia. Le <strong>per</strong>sone comprano un piatto, o una bottigliadi vino, pagandola anche di più, quando dietro ci sono delle storie. I miti da proporre sono tanti, a cominciare daFellini.GLI INTERVENTI DEL PUBBLICOLaura Nicolini, Presidente del ForumNel nostro contesto, non estraneo al turismo, l’accoglienza è il primo fattore di attrazione. Ora un’area cosìvasta, in un punto privilegiato della valle, non si può considerare estranea al turismo che c’è sulla costa e albellissimo contesto storico, archeologico e culturale che abbiamo alle spalle, cioè alla prima montagna e alleprime colline. Tutte queste cose potrebbero essere messe a sistema. Mi attendevo di capire questo.Risposta di Dall’AraE’ chiaro che la Romagna è accogliente, ma come lo è? La Romagna è accogliente in modo spontaneo. Perchése fosse accogliente nelle modalità che ho cercato di descrivere (costruire e gestire le relazioni) non avremmo labassa stagione che abbiamo. Nel comune di Rimini arrivano circa 1,5 milioni di <strong>per</strong>sone (NdR: 3 milioni in tutta laprovincia <strong>per</strong> un totale di oltre 15 milioni di presenze) e se tutto fosse messo a sistema la stagione sarebbe moltopiù lunga. Perché un turista, di norma, oggi va in vacanza quattro volte in un anno. Quindi investire nel marketing19


dell’accoglienza vuol dire sfruttare un po’ di più le cose che altrimenti avvengono in modo spontaneo. Noi siamoforti nell’accoglienza spontanea, debolissimi in quella che ho cercato di spiegare sopra. I turisti stranieri chevengono in Riviera si sono dimezzati negli ultimi decenni (NdR: nel 1980 le presenze straniere, in provincia diRimini, erano il 37% del totale; nel 2010 sono il 22%). Ma nel mondo i turisti sono aumentati (NdR: Nel 2010,secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo, gli arrivi nel mondo sono stati 940 milioni, 59 milioni in più del2009, quando ci fu un calo del 3,8 <strong>per</strong> cento. Nei primi otto mesi del 2011 l’aumento degli arrivi, sempre nelmondo, è stato del 4,5%) ma vengono meno in Riviera. Se non ci fosse stato il turismo sociale e quello dei Paesidell’Est fuori stagione ci sarebbe stato ben poco. Ma i mercati tradizionali non ci seguono. Se eravamo cosìaccoglienti <strong>per</strong>ché li abbiamo <strong>per</strong>si? Perché i tedeschi giovani non vengono da noi, mentre i genitori venivano?Con il passa-parola sarebbe stato facile. E’ chiaro che non dipende solo dall’accoglienza, ci vuole innovazione diprodotto, sono emersi altri mercati, ma non diamo <strong>per</strong> scontato che siamo in una posizione di leadership. Eravamoin una posizione di leadership. La sfida di creare un contenitore nuovo deve servire <strong>per</strong> portare nuovi turisti.Argomenti posti da altri interventi del pubblico• Contrariamente alla Fabbrica di Gambettola, l’ex <strong>cementificio</strong> <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong> non può essere pensatocome un attrattore: primo, <strong>per</strong> le sue dimensioni; secondo, dal punto di vista architettonico;• Vanno bene tutte le idee, quello che non va è lo stato di abbandono, visto che sono passati due anni dallachiusura. La zona va in primo luogo risanata e tenuta pulita;• Condivido l’idea (espressa da Dall’Ara) che il turista, quando va in un posto, cerca soprattutto “emozioni”.Purtroppo spesso i nostri o<strong>per</strong>atori economici non conoscono le risorse del territorio. Propone giornateformative <strong>per</strong> gli o<strong>per</strong>atori economici locali attenti <strong>per</strong>ché se facciamo passare in questo contesto la stradadi gronda, allora va da se che certe cose non sono proponibili <strong>per</strong>ché l’ambiente ne verrebbedanneggiato;• La fabbrica un tempo rappresentava la modernità, oggi bisogna pensare a come traghettarla nellacontemporaneità. Visto che questa struttura è in una vallata forse bisognerebbe osare molto, cominciandoa lanciare una serie di suggestioni.Primo: pensando alla fabbrica viene in mente il fiume Marecchia, oltreai Borghi vicini, che potrebbe diventare una sorta di asse portante, che accompagna il sistema delle retida costruire. E questa potrebbe essere una occasione importante <strong>per</strong> ricucire il rapporto tra fabbrica efiume. Secondo: pensando a Fellini, a cui Rimini dedicherà una Casa (ex cinema Fulgor), qui si potrebbeimmaginare di costruire un parco molto creativo di figure felliniane. Ultimo: alla fine di questi forumsarebbe utile costruire una mappa della partecipazione, in modo che le cose dette dai cittadini venganoanche rappresentate. Gli studenti della Facoltà di Architettura di Cesena sono disponibili a lavorare suquesta cosa.Dall’Ara interviene suggerendo di pensare alla ricostruzione, in uno spazio a<strong>per</strong>to, di set dei film felliniani.• Parlare di turismo in quel contesto vuol dire ragionare sul turismo in Valmarecchia, cosa che si dovrebbefare coinvolgendo tutti i Comuni della vallata, a partire dall’Unione. In queste riunioni è la prima volta che ilfiume viene citato, ma nelle riunioni svolte in frazione era il più citato. Altri elementi da valorizzare: la lineaferroviaria che passa dentro la fabbrica e la fossa Viserba che passa sotto. Casserei invece l’idea di farein quel posto un luogo <strong>per</strong> il riciclaggio dei rifiuti;• Fare una fabbrica del gusto romagnolo, un luogo cioè dove si può bere e mangiare romagnolo, e trovaretutti i prodotti, è qualcosa che al momento non esiste. Tra l’altro molti produttori sono vicini. Ci vorrebbe20


anche una scuola di accoglienza alla romagnolità. Potrebbe essere uno dei tasselli di un ipotetico tour inValmarecchia;• La proprietà ha garantito, a Provincia e Comune, lo smobilizzo dei macchinari21


3° sessione del 1° dicembre 2011Partecipanti: 80 circaRelazione di Dario MontiResponsabile nuove imprese di Centuria, Agenzia <strong>per</strong> l’innovazione della RomagnaTema: Nuove imprese, incubatori, start-up e servizi innovativi <strong>per</strong> le aziende del territorio.Centuria è un Centro <strong>per</strong> l’innovazione riconosciuto dalla regione Emilia Romagna. Ci occupiamo di innovazionealle imprese e di servizi <strong>per</strong> la creazioni di imprese. In particolare gestiamo due incubatori di impresa, dei trepresenti in Romagna: quelli di Faenza e di Lugo. Cercherò di spigarvi quelle che sono le attività di un incubatored’impresa, le problematiche, le potenzialità e quella che è la nostra es<strong>per</strong>ienza.Innanzitutto, cosa intendiamo quando parliamo di incubatore? Gli incubatori sono una realtà nata negli Stati Unitinegli anni cinquanta del secolo scorso, mentre in Italia sono ancora qualcosa di poco conosciuto. Si tratta distrutture che hanno lo scopo di sostenere la nascita delle imprese, soprattutto quelle promosse da giovani, <strong>per</strong>chéuna neo-impresa deve su<strong>per</strong>are diverse difficoltà: c’è il rischio di mercato, che difficilmente si conosce; il rischiotecnologico, <strong>per</strong>ché se parliamo di una start up altamente tecnologica c’è sempre l’incognita che quella tecnologianon trovi riscontro sul mercato, oppure sia già su<strong>per</strong>ata; infine ci sono i rischi economico-finanziari legatiall’inefficienza di chi gestisce l’impresa stessa.Gli incubatori supportano la nascita di nuove imprese offrendo spazi fisici dove insediarsi a condizioni agevolate,servizi, attività formativa, consulenza e più raramente la ricerca di finanziamenti.Quindi l’obiettivo finale di un incubatore è sostenere un’impresa nelle prime fasi di attività <strong>per</strong> un <strong>per</strong>iodo di tempoche in genere varia tra tre e cinque anni, <strong>per</strong> consentirgli di consolidarsi ed affrontare poi da sola il mercato.Volendo identificare una struttura tipica di un incubatore, possiamo pensare ad uno spazio nel quale vengonoricavate delle zone <strong>per</strong> ospitare nuove imprese, consentendogli di svolgere la loro attività.L’incubatore riceve idee dal territorio, dalle industrie già presenti, dai centri di ricerca, come nel caso di quellodi Faenza, e può essere supportato da investitori privati interessati a sostenere iniziative imprenditoriali o istituti dicredito che a loro volta possono aiutare finanziariamente le neo-imprese. L’incubatore ha quindi la funzione diraccogliere tutti questi contributi, finalizzandoli alla creazione di nuove imprese.In realtà non esistono modelli univoci e predefiniti di incubatori: esistono diverse variabili che possonocaratterizzarli, e dalla loro combinazione dipende la tipologia dell’incubatore medesimo.Centuria gestisce due incubatori, Faenza e Lugo, che sono tra di loro molto differenti. L’incubatore di Faenza, chedispone di un’area tra 2.500 e 3.000 mq, oltre ad ospitare nuove imprese mette anche a disposizione spazi <strong>per</strong>attività produttive e di ricerca applicata.Al suo interno sono presenti spin off (imprese che nascono da progetti di ricerca) di centri di ricerca che o<strong>per</strong>anonel faentino. In pratica si tratta di ricercatori che, avendo sviluppato idee in questi centri, cercano di valorizzarleeconomicamente. Hanno chiesto di essere accolti nell’incubatore e sono stati concessi loro degli spazi, <strong>per</strong>un’attività di ufficio, ma anche <strong>per</strong> continuare con lo sviluppo della loro idea imprenditoriale.L’incubatore di Lugo, di circa 400 mq, invece è più classico: si concedono spazi di circa 15-20 mq <strong>per</strong> ospitareprevalentemente neo-imprese che o<strong>per</strong>ano nel settore dei servizi e del terziario avanzato (TIC, multimediale, ecc).Qui non sono presenti attività produttive. Naturalmente la diversa tipologia di incubatore comporta ancheproblematiche differenti di gestione.22


In Italia gli incubatori sono <strong>per</strong> la maggior parte pubblici, e nascono <strong>per</strong> riqualificare o rilanciare areeindustriali dismesse, come potrebbe essere il caso del’ex <strong>cementificio</strong> <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong>, oppure <strong>per</strong> diversificare laproduzione con nuove attività, promuovere specifici settori industriali, come nel caso di Lugo dov’è presente undistretto della gomma plastica che si vuole sostenere incentivando la nascita di nuove imprese in grado di portareinnovazione nel settore.Esistono anche incubatori di tipo privato, promossi da grandi imprese <strong>per</strong> portare avanti specifici filoni di ricercada re-impiegare poi nella loro attività principale, con l’obiettivo evidente di generare profitto. In Italia sono moltorari e non hanno avuto grande successo, al contrario di quanto accade nei paesi esteri.La terza tipologia è rappresentata dagli incubatori universitari, il cui obiettivo è quello di valorizzareeconomicamente i risultati della ricerca svolta in ambito universitario. Questi incubatori sono naturalmentecaratterizzati dalla tipologia di ricerca che viene svolta all’interno dell’Università.Quali sono i servizi che normalmente un incubatore offre? Nella maggior parte dei casi è presente l’offerta dispazi fisici attrezzati,come uffici (la modalità più comune), oppure laboratori e spazi produttivi. Spazi che vengonoofferti a condizioni economiche agevolate, quindi non di mercato. In molti caso sono presenti anche serviziavanzati che vengono offerti alle imprese che si insediano nell’incubatore. Tra i servizi più comuni, anche se incalo, ci sono quelli di segreteria e accoglienza (centralino, gestione della corrispondenza, ecc). Sono invecesempre più richiesti i servizi di supporto alla ricerca e sviluppo, alla valorizzazione di brevetti e marchi, all’attivitàcommerciale e alle politiche di marketing, di sostegno giuridico-contrattuale e di formazione.Un aspetto che poi si tende a valorizzare è quello di networking (costruzione di reti), tra i soggetti presentinell’incubatore e quelli presenti sul territorio. Questo è un aspetto molto importante <strong>per</strong> il successo degliincubatori.A Faenza, dove sono presenti due centri di ricerca nazionali nel settore dei materiali (CNR ed ENEA), la facoltàuniversitaria di Chimica e ingegneria dei materiali e Centuria (che si occupa di trasferimento tecnologico), lavorarein rete e accogliere nell’incubatore gli spin off dei centri di ricerca è fondamentale.Riepilogando, la tipologia dei servizi che vengono offerti è piuttosto varia e differenziata, <strong>per</strong>ché una neo-impresa,soprattutto se promossa da giovani, si presenta con una serie di lacune che devono essere colmate.In genere a promuovere le neo-imprese sono piccoli gruppi, molti costituiti da giovani ricercatori, i quali spessohanno una grande competenza tecnica ma scarsa conoscenza di come avviare e condurre una impresa. Per unaneo-impresa, coprire queste lacune vuol dire dover acquisire dall’esterno queste competenze, con costi moltoelevati. Un incubatore va incontro a queste necessità primarie, fornendo una serie di competenze a prezzi moltovantaggiosi, consentendo quindi alla neo-impresa di partire. Poi con un’attività formativa finalizzata si cerca di farcrescere le competenze che mancano all’interno dell’azienda stessa.Un incubatore <strong>per</strong> avere successo deve avere un collegamento forte con quelle che sono le peculiarità di unterritorio. Inizialmente in Italia si sono sviluppati molti incubatori di tipo indifferenziato, cioè non orientati a specificisettori. Si sono <strong>per</strong>ò dimostrati molto deboli e poco efficienti. Quelli che invece hanno avuto più successo sonostati gli incubatori che son riusciti a valorizzare le specificità locali già presenti. È il caso di quello diFaenza, nato nel 2009 e molto legato al settore della ceramica, tradizionale ed avanzata, che accoglie soloimprese collegate ai nuovi materiali. Nuovi materiali da impiegare nella ceramica, ma anche in altri settoriproduttivi (dal biomedico alla telefonia, passando <strong>per</strong> l’aereospaziale), com’è accaduto <strong>per</strong> un’impresa di successouscita dall’incubatore, mentre una seconda impresa di successo, sempre uscita dall’incubatore, è attiva nel campodei beni culturali (più precisamente nella predisposizione di sistemi di monitoraggio a distanza sullo stato degliedifici storici senza bisogno di ricorrere a prelievi di campioni).Riassumendo, i collegamenti con il territorio sono molto importanti <strong>per</strong> aumentare le possibilità di successodell’incubatore e delle imprese che vengono incubate.23


Tra le altre tipologie ci sono anche gli incubatori cosiddetti virtuali, che tendono a seguire le imprese prima chevengano costituite, nella fase di sviluppo della fattibilità dell’idea. La maggior parte degli incubatori <strong>per</strong>ò supportale imprese dal momento della costituzione, <strong>per</strong> un <strong>per</strong>iodo massimo di cinque anni: tre di incubazione, più due dipost incubazione, se richiesto.Gli incubatori hanno dei costi di funzionamento che sono legati alla loro tipologia. Dove c’è produzione e ricerca,quindi laboratori, i costi sono sicuramente più elevati. Questi costi, come nel caso di Faenza e di Lugo, sono statisostenuti dalla pubblica amministrazione, nel primo caso sfruttando in parte fondi europei <strong>per</strong> le aree in ritardo disviluppo (ex obiettivo 2). Poi ci sono i costi del <strong>per</strong>sonale che eroga servizi alle imprese, quelli diinfrastrutturazione e funzionamento (utenze, ecc), eventuali oneri finanziari se sono stati accesi mutui <strong>per</strong> larealizzazione della struttura, spese di comunicazione e promozione, <strong>per</strong>ché un incubatore deve essere promossosul territorio.Questi sono i costi. I ricavi sono invece rappresentati dai canoni che le imprese ospitate nell’incubatore pagano<strong>per</strong> l’utilizzo di spazi e servizi. Siccome i canoni, che sono agevolati, non coprono i costi, interviene a coprire ladifferenza l’Amministrazione pubblica. Altre possibili fonti di introiti sono le sponsorizzazioni di grandi imprese, chepossono essere interessate ad avere una certa visibilità dentro l’incubatore, magari non intervenendoeconomicamente ma fornendo infrastrutture tecnologiche.Se nei primi anni duemila sono cresciuti soprattutto incubatori dediti alle nuove tecnologie della comunicazione edell’informazione (TIC), oggi vediamo crescere incubatori legati al multimediale e ad altri settori tecnologicamenteavanzati (biomedico, energie rinnovabili, farmaceutica, elettronica e meccatronica).Gli incubatori servono <strong>per</strong> creare posti di lavoro ad un costo tutto sommato limitato, <strong>per</strong> sostenere settori ad altatecnologia in aree dove queste magari sono poco presenti, e ad incentivare la creazione di reti di competenze.Altra particolarità: gli incubatori, quando ci sono, competono tra loro <strong>per</strong> attrarre le migliori idee imprenditoriali.Quindi è importate differenziarsi, <strong>per</strong> essere più attrattivi.Gli incubatori che tendono ad avere più successo sono quelli che si collocano su grandi arterie di comunicazione,quindi facilmente raggiungibili.L’ultima novità nel campo degli incubatori sono gli “incubatori a<strong>per</strong>ti”: strutture particolari, che a differenza degliincubatori classici offrono spazi condivisi, dove ciascuno ha a disposizione una scrivania, un pc, un telefono, ecc,e dove si lavora fianco a fianco con altri imprenditori e professionisti. Sono strutture che consentono di abbatteredi molto i costi di gestione e di funzionamento.Nel riminese non esiste nessun incubatore e questo potrebbe far propendere <strong>per</strong> costituirne uno, magari del tipo“a<strong>per</strong>to” , puntando proprio sul turismo e l’enogastronomia, che sono le peculiarità di questo territorio e le suepotenzialità (NdR: sul modello degli “incubatori a<strong>per</strong>ti” è stato inaugurato di recente un co-working a Morciano diRomagna).Relazione di Renato CovinoDocente all’Università di Perugia e Presidente dell’Associazione Italiana <strong>per</strong> il Patrimonio Archeologico Industriale(AIPAI) - www.patrimonioindustriale.itCredo non sfugga a nessuno che questa discussione si può svolgere oggi <strong>per</strong>ché il ciclo edilizio è bloccato. Senon fosse stato così con molta probabilità le scelte urbanistiche sarebbero già state fatte ed avremmo avuto lasolita triade delle aree dismesse riempite con edifici, residenze e centri commerciali. Si sarebbe verificato lo24


sfruttamento di una rendita di posizione a fini di costruzione e probabilmente di speculazione. La crisi ha bloccatotutto questo. Non solo qui, ma in tutta Italia.Noi siamo una piccola Associazione con quattrocento aderenti in tutta Italia, organizzata regionalmente (Romagnacompresa), che cerca di dialogare nei limiti del possibile con le Amministrazioni locali e i cittadini. I nostri compitisono sostanzialmente due: il primo è quello di usare a fini di conoscenza re<strong>per</strong>ti materiali come edifici, macchine einfrastrutture <strong>per</strong> cercare di trarre da questi elementi alcuni dati che i documenti non offrono; la secondao<strong>per</strong>azione, che ci interessa di più, è quella legata alla patrimonializzazione, che riguarda tutti i beni presentiin un territorio. Ma mentre nessuno immaginerebbe di utilizzare il retro di un quadro <strong>per</strong> farci qualcosa, <strong>per</strong> ilpatrimonio industriale il problema è più complesso. Per due motivi: il primo è che si tratta di grandi aree o digrandi edifici, difficilmente gestibili. Aree spesso abbandonate che provocano fenomeni di degrado. E capita chela popolazione reclami l’abbattimento di un edificio <strong>per</strong>ché è diventato luogo di ricovero di tutto quello che si puòimmaginare. Ma c’è un altro problema: molto spesso questo tipo di realtà, quando si decide di patrimonializzarre,si trova di fronte a problemi complessi. Che non sono solo quelli della dimensione del bene, dell’edificio odell’area, ma sono legati al fatto che tutto ciò si patrimonializza solo in un caso: quando la comunità che loospita riconosce il patrimonio come qualcosa di suo. Solo a questa condizione di innesta quel circuito virtuosoche è fatto di coinvolgimento delle amministrazioni locali, del mondo associativo e di momenti di dibattito come sista facendo questa sera.Ora normalmente si dice: conserviamo una grande area, o un grande edificio, <strong>per</strong> farne un museo? Per costruircidentro un archivio? Oppure, <strong>per</strong> destinarlo a fini culturali? Dove la risposta implicita è che non si può fare. Noiinvece sosteniamo che si può fare. Ma tutto questo ha un senso se diventa un elemento di costruzione disviluppo locale. Elementi di sviluppo locale che riguardano più cose: intanto, nodi di rete. E’ stato già detto chese un incubatore non si relaziona col territorio e viene catapultato dall’alto molto probabilmente fallisce. Quindi lacostruzione di reti tra realtà diverse non può prescindere dal rapporto con il territorio.Noi a volte ragioniamo come fossero cose voluttuarie di argomenti come sapori, tradizioni, artigianato diqualità, antichi sa<strong>per</strong>i, che in una qualche misura rappresentano non solo elementi di valutazioneculturale, ma potenti fattori produttivi. Ora tutto questo in un qualche modo ci costringe a parlare di paesaggio.Noi possiamo pensare che il paesaggio sia un momento di godimento di una bella immagine, ma in realtà è moltodi più: è una stratificazione, un palinsesto su cui si inserisce passato, presente e possibilmente <strong>futuro</strong>.Ma se tutti i linguaggi presenti sul territorio non riescono a comunicare tra di loro, l’o<strong>per</strong>azione che mira a costruireun processo di sviluppo locale, che non è fatto di imprese paracadutate dall’esterno sul territorio, non funziona.Perché lo sviluppo locale riesce se tante piccole imprese si mettono in rete e costruiscono un mosaico. Altrimenti ilsistema non regge e non funziona.Questo ci obbliga a chiarire due termini che sembrano in competizione: crescita e sviluppo. Lo sviluppo è unao<strong>per</strong>azione molto complessa, all’interno del quale si danno le sapienze territoriali e le capacità di innovazione.Senza queste cose non si riesce a produrre sviluppo. Bisogna riuscire a mettere in rapporto tra loro la memoriadei luoghi, la coesione sociale e i processi di governabilità, che vuol dire processi di riconoscimento di cosa si èstati, cosa si è e cosa si può essere.Che vuol dire capacità di fare sistema, anche nella ricerca dei finanziamenti necessari.Già si sa quali sono le priorità dei Programmi europei <strong>per</strong> il <strong>per</strong>iodo 2013-2020: cultura, ambiente (in particolare leenergie rinnovabili) e turismo. Aree che aprono un ventaglio ampio di opportunità, dalla produzione ai servizicollegati.25


Perché un territorio sia competitivo, in una qualche misura deve avere valori, che sono fatti di più cose, ma cheinsieme danno quel valore aggiunto che si chiama marketing territoriale, dove verranno sottolineati i criteri dieccezionalità e unicità del territorio. In altri termini, il territorio diventa uno spazio fisico dove tutte queste cosesi intrecciano e riescono a dialogare con la ricerca, i servizi di promozione, l’assistenza, ecc Senza dialogo le cosenon funzionano, e soprattutto non funzionano se manca un <strong>per</strong>corso partecipativo e non si riesce a costruire unaidentità che tiene insieme i tre elementi: passato, presente e <strong>futuro</strong>.Tornerei al luogo. Il <strong>cementificio</strong> è stato un luogo di produzione. I luoghi di produzione sono <strong>per</strong> eccellenza i luoghidell’identità e della memoria del lavoro. Che si ripropongono, ma già lo erano, come centri di cultura e diproduzione, quando possibile, di nuovo lavoro. (NdR: qui l’Autore cita l’es<strong>per</strong>ienza di trasformazione inmonumento di una grande pressa industriale che ha visto la partecipazione gratuita, nella fase di smontaggio erimontaggio, di tanti ex dipendenti, fino all’inaugurazione, <strong>per</strong> sottolineare l’attaccamento e l’identificazione con unpezzo importante della loro es<strong>per</strong>ienza lavorativa e umana. Definisce queste o<strong>per</strong>azioni “<strong>per</strong>corsi dicivilizzazione”).Quindi non si propone un intervento di conservazione pura e semplice, ma di difesa dell’utilizzo di luoghi, dovetutto è collegato, <strong>per</strong> progettare un nuovo <strong>futuro</strong>. Che vuol dire nuove e diverse motivazioni dello stare insiemedove le ragioni del passato offrono nuovi elementi <strong>per</strong> la nascita di nuove es<strong>per</strong>ienze produttive e di crescitacollettiva. Vista in questo modo l’o<strong>per</strong>azione ha un senso e può suscitare anche qualche passione, altrimentirischia di essere una o<strong>per</strong>azione tecnica che risponde solo alle esigenze del momento.Argomenti posti dagli interventi del pubblico• La fabbrica, che contiene anche amianto, presenta situazioni di degrado che vanno risolte nel tempopiù breve possibile <strong>per</strong>ché i residenti non possono attendere oltre;• Quando l’azienda funzionava esisteva anche una teleferica che sarebbe bello rivedere all’o<strong>per</strong>a.Inoltre la <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong> è anche proprietaria di una casa contadina, oggi murata, che potrebbe esseretrasformata in luogo di cultura e il terreno che la circonda utilizzato <strong>per</strong> fare orti <strong>per</strong> gli anziani. Deverestare un ricordo della fabbrica, <strong>per</strong>ché nonostante tutto quel “fumo” manca molto ai residenti dellafrazione;• Se la valorizzazione turistica è un’opzione possibile, allora la strada di Gronda non ci sta: bisognaprendere una decisione, in un senso o nell’altro;• La “fabbrica” era un luogo identitario, dove sono nati i sindacati, dove doveva passare una nuovalinea ferroviaria, ecc, insomma un pezzo di città, da cui ripartire <strong>per</strong> disegnare un <strong>futuro</strong> “altro” senza<strong>per</strong>dere il senso originario del luogo stesso;• Il professor Covino propone, <strong>per</strong> avere una migliore conoscenza del territorio, una sorta di masterplan che realizzi una mappatura delle risorse disponibili (fiume, binari, ecc).26


4° sessione del 16 dicembre 2011Partecipanti: 70 circaPresentazione del Laboratorio di urbanistica A e B, III° anno del corso di laurea magistrale a ciclo unicoFacoltà di Architettura “Aldo Rossi” di Cesena, anno accademico 2011-2012“La Fabbrica Cementiera in trasformazione”Sette idee inclusive del contesto territoriale e locale1) Il Filo rosso dei sa<strong>per</strong>i e dei saporiUn <strong>per</strong>corso “ideale” (longitudinale/trasversale) fra Rimini e Ponte Verucchio a cui agganciare ricettività, punti divendita dei prodotti agricoli e artigianali, attività. La messa in rete delle potenzialità e creatività diffuse nella vallata,cioè l’Outlet del territorio. La Cementiera, lungo il filo rosso (fiume Marecchia) rappresenta il <strong>per</strong>no “principe” delsistema, la cui valenza travalica i confini comunali.2) Il Borgo “solare” fra Santarcangelo e Poggio BerniUn nuovo Centro contemporaneo che rappresenta un’opportunità di riqualificazione e sviluppo ecosostenibile <strong>per</strong>San Michele, lungo la direttrice della Santarcangiolese. Nuove funzioni scandite dai diversi paesaggi: spazi <strong>per</strong>abitazioni, servizi locali pubblici e privati, un centro tecnologico <strong>per</strong> la microimpresa.3) La CementieraUna nuova “residenza” <strong>per</strong> il Festival internazionale del teatro in piazza (residenze e spazi di lavoro). Un Centroespositivo <strong>per</strong>manente e multimediale sulla storia delle Fabbriche di Santarcangelo e della loro produzione con ilcoinvolgimento del museo Etnografico. Un Urban center, il punto informativo <strong>per</strong> seguire l’iter dei progetti e creareuno spazio collettivo <strong>per</strong> la frazione di San Michele.4) Il Parco tecnologico all’aria a<strong>per</strong>ta fra il fiume e la fossa ViserbaUn parco da ricavare nella triangolazione Frantoio-mulino Moroni-Stazione dell’ex ferrovia, da allestire construtture anche ludiche, che producano energia rinnovabile da fornire al quartiere. La Fabbrica si unisce agli spazia<strong>per</strong>ti (parco tecnologico, piazza, alveo fluviale) lungo la direttrice trasversale, come ricuciti da una spilla.5) Il Collegamento destra-sinistra del fiumeUna passerella ciclopedonale di fronte alla Fabbrica che metta in relazione i due lati del fiume. San Michele cheoggi ha un ruolo di “centro” intermedio fra Santarcangelo e Poggio Berni, assume una valenza nel contestoterritoriale. La pista ciclabile esistente alla destra del fiume consente un collegamento diretto con Rimini anche <strong>per</strong>il lato sinistro del fiume, facendo <strong>per</strong>no sulla Fabbrica. La pista ciclabile lungo la Santarcangiolese potrebbeirradiarsi dentro l’abitato della frazione aprendosi agli scenari paesaggistici della collina.6) La Gronda: una strada nel paesaggio, una strada <strong>per</strong> il paesaggioUna strada nel paesaggio: <strong>per</strong> una strada che non tenga conto solo degli aspetti funzionali, ma che si inserisca nelcontesto ambientale e paesaggistico. Il tema su cui lavorare potrebbe riguardare la qualità della strada, che possadiventare un asse attrezzato <strong>per</strong> i luoghi che attraversa e, ad esempio, essere di supporto all’utilizzo delle fontirinnovabili, alla comunicazione ed al marketing. Una strada <strong>per</strong> il paesaggio: liberando la Santarcangiolese daltraffico è possibile ricucire e riqualificare il paesaggio urbano di San Michele. La nuova strada potrebbe consentiredi ripensare gli spazi lungo il sistema insediativo e rurale.7) Intercity il tram dei narratori romagnoli (il nome Intercity è tratto dal libro del poeta Raffaello Baldini).Un bus navetta turistico costa-entroterra, lungo il tracciato della vecchia ferrovia Santarcangelo-Fabriano.27


I partecipanti al laboratorio sono:Studenti: Viola Bartolucci, Ester Cimino, Jessica Passarello, Carmelo Manuel Tosto, Enrica Vincenzi, CaterinaAppignani, Federica Bedeschi, Eleonora Festa, Francesca Morsiani, Stefano Bartolini, Riccardo Bellini, FrancescoMirri, Michele Santolini, Alessia Boschini, Jessica Bruni, Stefano Donnini, Riccardo Murani, Thomas Fabbri,Giacomo Perugini, Francesco Rinaldi, Lucas Villafane, Enrico Badialetti, Luca Emiliani, Francesco Ramini, NicolòSalvatoriTutor: Giada Vignali, Chiara Curzi, Cristina MazzoniDocenti: Teresa Chiauzzi, Antonio Stincheddu, Marialuisa CiprianiRelazione di Giorgio Contigià Docente di Pianificazione dell’Ambiente, del Territorio e del Paesaggio all’Università Ca’ Foscari di VeneziaTema: Una riprogettazione multifunzionale, frattale* e sostenibile. Scenari <strong>per</strong> lo sviluppo locale tratti da casi distudio nazionali e internazionaliNon conosco molto della <strong>Buzzi</strong>-<strong>Unicem</strong>, ma <strong>per</strong> me ciò che sta diventando è molto più importante del cosa fare.Sono d’accordo con la presentazione del progetto “La Fabbrica Cementiera in trasformazione”: il disegno di riusonon si può fermare alla <strong>Buzzi</strong>. La <strong>Buzzi</strong> <strong>per</strong>ò è importante <strong>per</strong>ché ha disegnato la visione del mondo delNovecento, i valori della modernità e del lavoro. Dobbiamo vedere qual è il problema, <strong>per</strong> trovare le soluzioni aquel problema.Quanto alla partecipazione, il processo di questa sera è un processo costruttivo, non partecipativo. Perché diventiun processo partecipativo bisogna un gruppo di cittadini sia convocato e collegato al sistema delle decisioni. Èdiverso da un processo consultivo <strong>per</strong>ché ha altre implicazioni.(Per illustrare che all’inizio di tutto c’è comunque una scelta di valori, il Relatore ricorre poi ad una metafora, ndR).Un uomo d’affari statunitense, su ordine del medico, si concesse una vacanza in un piccolo villaggio costieromessicano. Incapace di prendere sonno, dopo aver ricevuto una telefonata urgente dall’ufficio, si avviò verso ilmolo <strong>per</strong> schiarirsi le idee. Qui era attraccata una minuscola imbarcazione, con un solo pescatore, carica di polipiin via di estinzione. L’americano si complimentò con il messicano e chiese quando ci aveva impiegato a pescarli.Pochissimo tempo, rispose il messicano, in un inglese sorprendentemente buono. Perché non sta fuori di più eprende più pesci, domandò allora l’americano? Questo è sufficiente <strong>per</strong> sostenere la mia famiglia e regalarne unpo’ agli amici, rispose il messicano mentre li scaricava in una cesta. Ma cosa fai il resto del tempo? Il messicano loguardò e sorrise: dormo fino a tardi, pesco un po’, gioco con i miei figli, faccio una siesta, e giro nel villaggio fino asera, dove bevo vino e suono la chitarra con i miei amici. Ho una vita piena e gratificante, signore. L’americanorise e continuò: mi sono laureato ad Harvard, con un master in business administration, e le posso dare unamano: dovrebbe dedicare più tempo alla pesca, in questo modo potrebbe acquistare una barca più grande, conl’aumento dei profitto com<strong>per</strong>arne altre, fino ad avere una flotta di pescherecci. Proseguì ancora: invece divendere il pescato agli intermediari potrebbe venderlo direttamente ai clienti, alla fine potrebbe aprire unconservificio, controllerebbe il prodotto e la distribuzione. Naturalmente dovrebbe lasciare questo piccolo villaggioe trasferirsi prima a Città del Messico, poi a Los Angeles, infine a New York, dove potrebbe gestire la sua impresacon una management appropriato. Il messicano domandò: ma quanto ci vorrà <strong>per</strong> fare tutto questo? L’americanorispose: quindici, vent’anni, al massimo venticinque. Poi signore? Proseguì il messicano. L’americano: al momentogiusto lancerebbe un’offerta pubblica di acquisto, venderebbe le azioni della sua società e diventerebbeveramente ricco. Il messicano: e poi? A quel punto potrebbe ritirarsi e trasferirsi in un piccolo villaggio di pescatori,dove potrebbe dormire fino a tardi, pescare un po’, giocare con i suoi figli, fare una siesta insieme a sua moglie,girare <strong>per</strong> il villaggio e suonare la chitarra fino a sera insieme ai suoi amici.28


Quali sono i valori dello statunitense e quelli del messicano? Risposta: la qualità della vita, ma <strong>per</strong> vie diverse. Lostatunitense attraverso la via del denaro e del profitto, il messicano con uno stile di vita che asseconda i ritmi dellanatura. La <strong>Buzzi</strong> ha rappresentato, <strong>per</strong> tutta un’epoca, un modello di sviluppo. Un’alternativa, <strong>per</strong> chi lasciava icampi, alla migrazione. Oggi <strong>per</strong>ò i valori in campo sono diversi: la <strong>Buzzi</strong> <strong>per</strong>segue il profitto, l’Amministrazione ilconsenso, i residenti vogliono (come il messicano) la qualità della vita. Se viene meno la condivisione attorno almodello di sviluppo desiderabile, si creano dei conflitti. I conflitti diventano valoriali (che valore vogliamo dare alluogo? locale, turistico, di vallata, ecc), ma possono essere anche socio-ambientali, conflitti d’uso (cosa fareconcretamente, dopo aver vagliato le varie ipotesi) e cognitivi (come ad esempio: abbiamo le condizioni giuste <strong>per</strong>capire cosa fare?). Infine, bisogna guardare alla sostenibilità economica, che ha pari dignità rispetto a quellasocio-culturale e ambientale. I conflitti, soprattutto quelli ambientali, possono riguardare grandi impatti, come adesempio il nucleare; ma ci possono essere anche conflitti che partono dalla tutela di un ambiente circoscritto: unfiume, la stessa Valmarecchia, ecc. Poi c’è il coinvolgimento degli attori rispetto alle strategie e alla visione di<strong>futuro</strong>.Come possono avvenire questi processi? In due modi: dall’alto, promossi dall’Amministrazione, oppure dal basso.Però i conflitti non riguardano solo il rapporto pubblico-privato, <strong>per</strong>ché a volte ci sono conflitti che coinvolgonoanche soggetti pubblici come Stati, Regioni, Province, Comuni, ecc, quando questi soggetti non hanno una visionecondivisa di cosa fare su aspetti particolari (ad esempio il turismo). Esistono diverse forme di processipartecipativi. Uno si chiama DAD: decido, annuncio e mi difendo. Poi c’è quello di carattere esclusivo: quandodecidono in pochissimi. La formula della dichiarazione scritta: mi chiedi qualcosa, fammi delle osservazioni,oppure mandami una mail. Queste forme non sono davvero partecipative.Il vero processo partecipativo avviene quando si presentano alternative, si costruisce un dibattito, c’è unarisoluzione che è vincolante, non consultiva, e quindi si fa ricorso alla mediazione. Che a volte riguarda più ilbisogno di chiarirsi <strong>per</strong> trovare una soluzione ad un conflitto, <strong>per</strong>ché discutendo si può scoprire che magari ilconflitto non c’è. Un esempio: c’è un limone e quattro <strong>per</strong>sone che se lo contendono. Il conflitto sembra inevitabile.Il primo vuole il limone <strong>per</strong> dipingere una natura morta, il secondo chiede la buccia <strong>per</strong> fare un cocktail, il terzo lovuole <strong>per</strong> una spremuta, il quarto ha bisogno solo della parte bianca <strong>per</strong> fare un limoncello. Non c’è conflittoinsanabile, si può risolvere col dialogo, ma soprattutto c’è bisogno di un accordo serio tra programmazione epianificazione.Ci sono dei modelli s<strong>per</strong>imentali di democrazia partecipata, dove in gioco non c’è un progetto, ma un nuovo mododi governare. Non è una semplice consultazione, ma un movimento dove si può arrivare anche ad un referendum.Tratta questioni di come arginare interessi forti, individua quali sono i bisogni (che possono essere locali ma nonlocalistici), va incontro al desiderio di partecipare e soprattutto <strong>per</strong>mette di cominciare a “far parte” di unaComunità. Per farlo bisogna che ci sia ascolto e dialogo, ma anche partecipazione a un iter decisionale.La partecipazione vera non è consultiva. Ci sono diversi modelli partecipativi: uno anglo-americano, che prevedegruppi di lavoro su tematiche particolari in cui si invitano es<strong>per</strong>ti, <strong>per</strong>ché prima di decidere bisogna conoscere esa<strong>per</strong>e di cosa si sta trattando. In questo modello devono partecipare almeno mille cittadini e le risoluzioni hannovalore vincolante <strong>per</strong> gli amministratori.Poi c’è un modello francese di dibattito pubblico, che venne fuori quando si trattò di discutere del progetto di altavelocità. Si pubblicano dei quaderni, frutto del lavoro di commissioni specifiche che possono aver trattato aspettieconomici, ambientali, socio-culturali, ecc. È un processo che ha un termine, non può cioè durare all’infinito; hadei fondi a disposizione, <strong>per</strong>ché la partecipazione costa, ma l’investimento viene recu<strong>per</strong>ato in qualità del progettoe qualità della vita. Il vantaggio dei processi partecipativi è anche quello di produrre decisioni migliori, favorire una29


cultura civica (che rimane anche se cambia l’amministratore) e il riappropriarsi della politica, intesa come benecomune.Cosa fare con l’area dell’ex <strong>Buzzi</strong> e come farlo? Una residente di Santarcangelo mi ha inviato una lettera in cuipropone di fare un giardino solare, ma prima dice di voler abbattere tutto. Non sono d’accordo e spiego <strong>per</strong>ché.Noi abbiamo tre ambienti: il primo ha a che fare con l’ecosistema in cui ci troviamo, composto di crinali, energiaidraulica, che si potrebbe recu<strong>per</strong>are, ecc. Poi c’è il secondo ambiente che è quello antropico, che ha lasciatopoco alla natura. Infine c’è il terzo ambiente, quello più interessante: è l’ambiente socio-culturale.(Il Relatore fa un paragone con l’insediamento del Petrolchimico di Porto Marghera e delle conseguenze negative,previste e accettate dagli stessi pianificatori, che ha avuto <strong>per</strong> l’ambiente e le <strong>per</strong>sone: il contrario dell’adozione diun sano criterio di sostenibilità ambientale, economica, sociale, geografica, culturale, ecc, ndR). Da questoesempio si deduce che la prima cosa da cambiare è il punto di partenza: è l’economia ad essere partedell’ambiente in quanto suo sottosistema, non l’ambiente che fa parte dell’economia. Gli scarti e i rifiuti non sonocose da buttare, ma materie prima da riutilizzare: questo richiede ricerca e costruzione di nuove filiere produttive.Se nell’area <strong>Buzzi</strong> si vuole fare un polo tecnologico, <strong>per</strong>ché non stabilire una collaborazione con “Ecomondo”(fiera annuale del riuso e del riciclo) - che vuol dire la Facoltà di Chimica del Polo di Rimini - <strong>per</strong> verificare lafattibilità della chiusura di alcuni cicli di sviluppo? Guardando anche all’esempio della gestione ecologicaresponsabile di un macrolotto industriale messa in atto a Prato (<strong>per</strong> maggiori informazioni www.conseronline.it),oggi non è tanto importante cosa produrre ma soprattutto come farlo: le criticità sono altrettante opportunità dasfruttare. Tutto questo richieste una rivoluzione culturale <strong>per</strong>ché “non si può risolvere un problema utilizzando glistessi metodi che hanno contribuito a crearlo” (Albert Einstein).* Un frattale è un oggetto geometrico che si ripete nella sua struttura allo stesso modo su scale diverse. Iltermine frattale venne coniato nel 1975 da Benoît Mandelbrot, e deriva dal latino fractus (rotto, spezzato).30


Contributi dei partecipanti31


LA FABBRICA DEGLI EVENTI E DEL GUSTOLa location inserita nel sito industriale in via di riqualificazione ,deve diventare un punto di riferimento <strong>per</strong> i prodottie la cultura del Cibo in Romagna dove si dovranno svolgere:- Degustazioni- Intrattenimenti- Formazione- Corsi di CucinaScambi con culture Nazionali ed Estere ,che comunque rappresentano nel loro Paese un punto di riferimento e didivulgazione enogastronomiche.-Relazioni con imprese alimentari del territorio ed Enti:(Amadori – Orogel – Molino Spadoni – Surgital – Marr – Coop – Fiera di Rimini – Università di Bologna –Università di Giornalismo enonogastronomico etc.)-Collaborazione con Albergatori – Ristoratori - Scuole Alberghiere – Associazione Cuochi Romagnoli ).-Collaborazione con Gambero Rosso con intervento degli es<strong>per</strong>ti di Settore.-Collaborazione con Slow FoodInoltre, dovranno essere organizzati:-Grandi eventi / degustazioni almeno 1 al mese in collaborazione con Aziende e Istituti Regionali <strong>per</strong> ladivulgazione di altre culture enogastronomiche.-Corsi di Cucina a livello professionale di Chef – Pizzaioli – Pasticceri con interventi di prestigiosi es<strong>per</strong>ti delsettore.-Possibilità di organizzare delle feste private <strong>per</strong>sonalizzando i menù e le scenografie degli Ambienti , allestendolicon il tema della serata.Saranno chiamati a rotazione ogni volta 2 ristoratori del territorio.-Corsi Amatoriali di cucina della durata di 3/5 incontri con la partecipazione delle mamme e dei bambini ai qualisarà <strong>per</strong>messo di mettere le “MANI IN PASTA”-Corsi di cucina Amatoriali e Allestimento della tavola durata 3/5 giorni-Corsi Amatoriali <strong>per</strong> giovani coppie di cucina e arredo casa durata 3/5 giorni-Una consulenza Tecnica Finanziaria con Banche locali con un presidio giornaliero di es<strong>per</strong>ti che sappianoconsigliare il miglior investimento nel settore Ristorazione .-Stretta collaborazione con TV e Radio locali,stampa di un Mensile che illustri tutte le manifestazioni e iprogrammi.-Laboratorio <strong>per</strong>manente del Gusto <strong>per</strong> insegnare ad avvicinarsi al cibo e al bere;-A<strong>per</strong>tura di un Winebar con un ambiente elegante e rilassante <strong>per</strong> degustazioni da effettuarsi in una TipicaOsteria con una cucina a vista dove si potranno gustare tutte le specialità Romagnole riscoprendo i piatti poveri diun tempo.(Locale da dare in gestione a Imprenditore del settore di provata capacità).LA REALIZZAZIONE = Un Pool di Imprenditori Romagnoli che credono nello sviluppo del Territorio con lavalorizzazione della cultura enogastronomica e la partecipazione del Comune di Santarcangelo. I Comuni dellaValmarecchia – Regione – Provincia – Il Comune di Sogliano – Associazione Albergatori –Aeroporto di Rimini -Ente Fiera.Tutta l’area dovrebbe comunque ospitare:-Laboratorio di Teatro <strong>per</strong>manente32


-Scuola di sceneggiatura Tonino Guerra-Enti Culturali-Realizzazioni di infrastrutture sportive-Mostre-Parco giochiCONTRIBUTO DI CINZIA CASADEISalve,sono appena rientrata a casa dopo aver partecipato al Forum sull’ex <strong>cementificio</strong> <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong> e pensavo alledomande che ci siamo sentiti rivolgere in queste quattro serate:dove vuole arrivare questa comunità? Qual è la posta in gioco? Qual è l’ambizione della frazione su quell’area?Cosa serve a questo territorio?E pensavo anche al valore che si è attribuito al coinvolgimento della popolazione, al suo rapporto con quelterritorio, alla memoria e alla coesione sociale come fondamenti <strong>per</strong> patrimonializzare quell’area.Condivido il concetto più volte espresso che essendo quell’area al centro della Valmarecchia sono molti i soggettida coinvolgere in primis i comuni confinanti e che si debba anche dimostrare di aver uno sguardo allargato ad unterritorio ancora più ampio <strong>per</strong> essere in grado di fare la scelta giusta.Non avendone avuto occasione durante la serata non vorrei rinunciare a dare un contributo che deriva dalla miaes<strong>per</strong>ienza <strong>per</strong>sonale.Sono nata a poche decine di metri dalla portineria della fabbrica, là dentro ci andavo a fare i compiti <strong>per</strong>ché la miamaestra era la moglie del direttore e abitava là.La mia famiglia d’origine e anche la mia famiglia acquisita hanno vissuto direttamente o indirettamente dell’attivitàdella fabbricaSiamo una comunità che ha ricevuto molto la fabbrica, non a caso, è un termine che si usa <strong>per</strong> indicare sia lostabilimento che la frazione; una comunità che si è insediata ed è cresciuta intorno a quell’attività produttiva; unacomunità che ha avuto nei confronti della fabbrica, quell’atteggiamento di gratitudine un po’ antico <strong>per</strong> il quale nonsi morde la mano che ti dà da mangiare.Abbiamo <strong>per</strong>ò anche dato molto, abbiamo visto famigliari, vicini, amici ammalarsi di malattie la cui causa èstrettamente correlata a certe condizioni di vita e a certi tipi di esposizione.Dopo 40 anni che abitavo lì io me ne sono andata a cercare aria più pulita da far respirare ai miei figli entrambiasmatici e ha funzionato , sono guariti.Perciò quando sento dire che quella zona ha una vocazione produttiva mi vengono i brividi, capisco che ci sonoproduzioni e produzioni, che c’è anche un diverso modo di intendere la produzione, come ci ha spiegato il relatoredi questa sera aprendo scenari affascinanti, ma dopo 100 anni pensiamo di aver fatto ampiamente la nostra parte,non ci siamo poi affezionati così tanto, e crediamo di meritare, a questo punto, qualcosa di meglio.Faccio quindi il mio appello <strong>per</strong>ché si raccolga con serietà lo stimolo lanciato questa sera di fare di una criticitàuna opportunità e auguro a noi tutti di essere all’altezza della sfida.17 dicembre 201133


TONONI DOTT.SSA PAOLAsociologo del territorio e ambienteX FORUM SITO EX BUZZI(1° contributo)L'ex FABRECC potrebbe essere un grande esempio di riqualificazione ambientale dei nostri territori costruendovisopra un GRANDE PARCO GIARDINO SOLARE. Gli ex siti industriali sono luoghi ideali e adeguati <strong>per</strong> progetti diquesto tipo, <strong>per</strong>ché già dotati di servizi RETE INFRASTRUTTURALI come la rete elettrica, le strade adeguate estrutture esistenti. Questo <strong>per</strong>mette di ridurre notevolmente lo sforzo energetico richiesto <strong>per</strong> realizzare l’impianto.Non solo, ma poiché in prossimità della nota fabbrica ex <strong>Buzzi</strong> <strong>Unicem</strong>, chiamata FABRECC ci sono alcuni centriabitati in espansione, come San Michele verso Santarcangelo e Sant'Andrea verso Santo Marino, lariqualificazione energetica del sito può portare numerosi vantaggi ai residenti della zona: nuovi posti di lavoro,energia pulita e una minor necessità di <strong>per</strong>correre lunghe tratte <strong>per</strong> andare a lavoro che a sua volta significa,meno emissioni nei trasporti e minor necessità di trasmettere energia elettrica a lunghe distanze. In tutto il mondoormai stanno prendendo sempre più piede i giardini solari <strong>per</strong> la comunità, questi ‘mini parchi’ energeticigarantiscono elettricità pulita, nel Fabrecc si potrebbe realizzare un UN GRANDE PARCO GIARDINO SOLARE di150.000 mq. Un sistema di produzione e immagazzinamento di energia pulita, che attraverso il meccanismo delleRETI INTELLIGENTI TIC <strong>per</strong>mette di fornire energia pulita ad un numero rilevante di abitazioni con elettricitàsicura.Gli strumenti finanziari dell'UE, che sono bene definiti dalla Commissione UE nelle strategie <strong>per</strong> la crescitaintelligente sostenibile e inclusiva dell'EUROPA 2020, potrebbero finanziare l'o<strong>per</strong>a del GRANDE PARCOGIARDINO SOLARE nel ex sito del Fabrecc quasi nella sua totalità. Bisogna indirizzare correttamente le scelteprogettuali verso una vera sostenibilità, ovvero utilizzando siti in aree a destinazione produttiva, su su<strong>per</strong>ficico<strong>per</strong>te già esistenti o, in alternativa, siti all’interno della <strong>per</strong>imetrazione dell’abitato. Il Fotovoltaico deve esseresensatamente installato su su<strong>per</strong>fici già compromesse in termini di suolo <strong>per</strong>so, quali tetti di case, capannoni estalle, aree adibite a parcheggio, altre su<strong>per</strong>fici. Solamente una volta sfruttate tutte le opportunità di questo tipo cisi potrà indirizzare verso ex fabbriche, ex cave ed ex discariche, se non prioritariamente recu<strong>per</strong>abili a zone umideo a verde.Non si deve invece pensare di distruggere il suolo agricolo <strong>per</strong> installare i pannelli solari, <strong>per</strong>ché si avrebbe unadistruzione di quello che è il paesaggio agrario inteso come il risultato di millenni di storia rurale che ha seguito neltempo la storia del progresso umano, economico e sociale e che rappresenta l’identità del territorio e della culturatradizionale locale. Bisogna dire no al fotovoltaico, se occupa terreni che possono essere utilizzati <strong>per</strong> l'agricolturao <strong>per</strong> fini sociali (il verde pubblico). Questa è, dunque, la logica estensione di una critica al modello di societàconsumistica, che si dice tendente alla "sostenibilità" e vuole consumare energia "pulita" anziché "sporca", mentrein realtà dovremmo preoccuparci di consumare meno energia (e naturalmente sostituire a quella "sporca" quella"pulita" ...).34


(2° contributo)Ipotesi di una organizzazione e struttura del laboratorio <strong>per</strong> la riqualificazione ambientale del territorio riferibile allaCONURBAZIONE SULLA SANTARCANGIOLESEPrimo incontro• Descrizione degli obiettivi, delle modalità di funzionamento e degli strumenti del Laboratorio;• Interventi e contributi dei partecipanti.Sintesi sulle attività svolte nei precedenti incontriSecondo incontro• Assemblea plenaria di presentazione;• Individuazione e descrizione delle “tematiche guida” <strong>per</strong> la costruzione del Piano d’Azione;• Costituzione dei Tavoli Tematici.• N° tavoli tematici da attivare nel Laboratorio:• Tavolo 1: Aria;• Tavolo 2: Attività estrattive;• Tavolo 3: Risorse energetiche;• Tavolo 4: Rifiuti;• Tavolo 5: Natura e Biodiversità;• Tavolo 6: Ambiente e Salute.Idee progettuali da sviluppare nei tavoli tematici:Tavolo 1: Aria1. Utilizzo simulazione del traffico in fase progettuale – trasporto pubblico on-demand (su richiesta);2. Nuova gerarchia della mobilità;3. Progettazione ecosostenibile (utilizzo del fotovoltaico);Delocalizzazione parcheggi dal centro alla <strong>per</strong>iferia.Tavolo 2: Attività Estrattive1. Piano industriale di recu<strong>per</strong>o e riutilizzo degli inerti da demolizione;2. Istituzione laboratorio di ricerca e cabina di regia (Controllo polveri sottili);3. Accelerazione di un piano di riconversione e bonifica.Tavolo 3: Risorse Energetiche1. Sistema di autovalutazione volontaria degli interventi edili;Interventi edilizi sugli edifici pubblici del terziario <strong>per</strong> il miglioramento del funzionamento termico del fabbricato, inparticolare in clima estivo.Tavolo 4: Rifiuti1. Monitoraggio patologie legate all’esposizione da rifiutiDefinizione del piano di gestione dei rifiuti.Tavolo 5: Natura e Biodiversità1. Individuazione di aree vocate al recu<strong>per</strong>o della biodiversità;Razionalizzazione dell’uso del territorio.35


Tavolo 6: Ambiente e SaluteIdee progetto in corso di definizione.Definire un ordine di priorità dei Progetti <strong>per</strong> la costruzione del Piano d’Azione del LaboratorioLe attività del laboratorio:Nomina di un portavoce e breve descrizione delle proposte progettuali scaturite da ogni singolo tavolo tematico;definizione di un ordine di priorità delle idee progettuali tramite compilazione di un’apposita scheda.Compilazione di una scheda <strong>per</strong> la definizione dell’ordine delle priorità:• Assegnazione di punteggi con valori da 1 a 3 <strong>per</strong> definire la priorità dei progetti: bassa, media e alta;• Le preferenze devono essere assegnate al massimo a tre idee progettuali;• Possibilità di assegnare lo stesso voto anche <strong>per</strong> progetti diversi.Definizione di un ordine di priorità delle idee progettuali.Parametri di valutazione delle idee progetto:1. Strategicità;2. Fattibilità;3. Finanziabilità;4. Realizzabilità;5. Tempistica;6. Costo;ecc…• Seduta plenaria <strong>per</strong> la condivisione e discussione dei risultati ottenuti;FASE SUCCESSIVA ALLA DEFINIZIONE DELL’ORDINE DI PRIORITÀ DELLE IDEEPROGETTUALI• Valutazione complessiva che tiene conto dei giudizi espressi nella seduta plenaria;• Presentazione del PdA (Piano d’Azione del Laboratorio) agli amministratori della Conurbazionesulla Santarcangiolese.Santarcangelo, 8 gennaio 201236


Presentazione del Laboratoriodi urbanistica della Facoltà di Architetturadi Cesena37

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