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economia & management 5 - 2012focus>forumNEGLI STUDI DIARCHITETTURA C’È SPAZIOPER IL MANAGER?Parliamone con professionistied esperti di settorefocus>Foruma cura di:beatrice manzoni<strong>SDA</strong> Assistant Professor diOrganizzazione e Personalebeatrice.manzoni@unibocconi.itleonardocaporarello<strong>SDA</strong> Professor diOrganizzazione e Personaleleonardo.caporarello@unibocconi.itseverino salveminiDocente ordinario, Dipartimento diManagement e Tecnologia,Università <strong>Bocconi</strong>severino.salvemini@unibocconi.itHANNO PARTECIPATO AL FORUM:ANTONIO BELVEDERE, PHILIPPE GOUBET Partner Renzo Piano BuildingWorkshop; ALFONSO FEMIA, GIANLUCA PELUFFO Fondatori 5+1AA;LEOPOLDO FREYRIE Presidente Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori,Paesaggisti e Conservatori; FRANCO GUIDI CEO Lombardini22;ICO MIGLIORE Fondatore migliore+servetto; ROBERTO MURGIA Architetto;EMILIO PIZZI Preside Scuola di Ingegneria Edile/Architettura, Politecnico di Milano;PATRICIA VIEL Contitolare dello studio Antonio Citterio Patricia Viel and PartnersDA OLTRE UN ANNO IN <strong>SDA</strong> BOCCONI SI RIFLETTESULLA RELAZIONE NON SEMPRE FACILE TRA AR-CHITETTURA E MANAGEMENT, ATTRAVERSO UNPROGETTO FORMATIVO A 360 GRADI, CON DUE OBIETTIVI PRIN-CIPALI: ORGANIZZARE INCONTRI DI FORMAZIONE MANAGERIA-LE E ATTIVARE IL CONFRONTO TRA LE PRATICHE GESTIONALIDEGLI STUDI DI ARCHITETTURA E QUELLE CHE EMERGONODALLE RICERCHE IN AMBITO MANAGERIALE.© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI33


focus>Forumeconomia & management 5 - 2012negli studi di architettura c’è spazio per il manager?© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATII temi di maggior interesse? Le strategie di crescita, la gestioneeconomico-finanziaria, la definizione di identità eimmagine per comunicare in modo efficace.Secondo il Rapporto CRESME sullo stato della professionedell’architetto in Italia, gli architetti iscritti all’ordinein Italia sono oggi quasi 145.000, ovvero 2,4 ogni 1000abitanti (contro una media europea di circa uno ogni1000). In circa quindici anni il numero degli architetti èraddoppiato in Italia e gli architetti italiani rappresentanoil 30% del totale europeo, Turchia esclusa. A fronte diun elevato numero di professionisti, la dimensionemedia delle realtà imprenditoriali (1,4 addetti) denota,però, un settore polverizzato fatto di microimprese e redditi“modesti” (18-19.000 euro per architetto, contro glioltre 98.000 dell’Olanda, per fare un esempio), dove igrandi studi di architettura sono pressoché assenti e doveil carattere artigiano della professione rimane il modellodominante. L’artigianalità della professione e le micro dimensionihanno spesso rappresentato, a volte anche inrealtà più grandi e strutturate, la scusa per non gestire glistudi professionali come un’azienda; oltre a costituire unfreno alla possibilità di essere presenti nel contesto internazionale,dove è necessario essere patrimonializzati, inrete con professionisti stranieri e organizzati con competenzemultidisciplinari.Non si tratta di un mestiere facile, e questo è evidente: èdifficile riuscire a conciliare la dimensione creativa e diinnovazione con quella economica. È però anche quantomai necessario riuscire a farlo. Questo implica che l’architettoacquisisca in primo luogo consapevolezza di unnuovo ruolo che gli compete, che non è più solo tecnico,e per il quale a volte il learning on the job non è sufficiente,e in secondo luogo logiche e tecniche manageriali.Oggi più che in passato gli studi di architettura si trovanoa discutere e riflettere su quali pratiche organizzativeattivare per sviluppare il proprio business e, più in generale,raggiungere gli obiettivi prefissati. La natura degliobiettivi spesso crea paradossi gestionali come, per esempio,la necessità di facilitare i processi di innovazione ecreatività e, al tempo stesso, di presidiare lo stato di saluteeconomico-finanziaria che, a sua volta, alimenta la dimensionecreativa. D’altro canto, i vincoli dettati dalla dimensioneeconomico-finanziaria possono costituire possibiliopportunità per ricercare livelli superiori di efficienzadello studio (Andriopoulos, Lewis 2009).Per rispondere a queste esigenze non si può individuare34una formula organizzativa lineare di intervento bensìuna formula curvilinea attraverso la quale lo studio puògestire le proprie attività. In questa sede si affrontano alcunitemi di interesse per la professione oggi: imprenditorialità,crescita e sviluppo, competenze manageriali distintive,creatività versus managerialità e relazioni. Neparliamo con alcuni rappresentanti del panorama dell’architetturaitaliana: studi di piccole, medie e grandi dimensioni,un’archistar ed esperti del settore.Dal confronto emergono considerazioni rilevanti, che ritornanoanche nel dibattito continuo e proficuo con i professionistiche partecipano ai workshop <strong>SDA</strong> <strong>Bocconi</strong>“Architettura e Management” e che sono utili per comprenderealcuni aspetti della vita degli studi di architettura.Emerge non solo la necessità di un management adhoc, attento alle specificità del settore, ma anche di unaricca contaminazione possibile tra i due mondi (Boland,Collopy 2004).IMPRENDITORIALITÀQuali sono le motivazioni che spingono l’architettoall’imprenditorialità?BELVEDERE, GOUBET RPBW è ormai unastruttura consolidata e formalizzata da oltrequarant’anni. Perché Piano abbia smesso un giorno difare il giovane architetto che collaborava con Louis Kahno Albini non lo sappiamo. Sarebbe da chiedere direttamentea lui. Per come è lo studio oggi, l’imprenditorialitàrisale a un’epoca lontana.FEMIA, PELUFFO Nella storia l’architetto hasempre avuto un ruolo anche imprenditorialeperché, nel trasformare la realtà, è responsabile di undialogo continuo tra la committenza, gli enti autorizzativi,le società di ingegneria, i consulenti specialistici e leimprese che realizzano l’opera. Il processo creativo e produttivopassa attraverso la regia autorevole dell’architetto.FREYRIE L’architetto non è un imprenditore perchéla sua attività non si può considerare un’attivitàd’impresa. Il mestiere dell’architetto è evidentementeanche un’attività economica, ma si fonda sull’autonomiaintellettuale e tecnica. Ciò non toglie che l’architettodebba essere in grado di gestire uno studio professionale,un portafoglio clienti, dei collaboratori e dei dipen-


negli studi di architettura c’è spazio per il manager?economia & management 5 - 2012focus>forumdenti. L’assenza di una formazione nella gestione dellastruttura e nell’affrontare il mercato è una carenza evidentenella cultura degli architetti, non solo italiani: tant’èche gli studi di alcuni famosi maestri dell’architetturasono falliti. Per gli architetti la difficoltà odierna èquindi quella di essere in grado di gestire gli studi senzaperdere la capacità né di ricerca intellettuale né di elaborazione“artigianale”.GUIDI Siamo sei soci con competenze diverse e cisiamo dati da subito un obiettivo di dimensione:per la nostra visione del mercato dovevamo essere abbastanzagrandi. La maggior parte degli studi professionaliin Italia è piccola e non specializzata. Noi abbiamo fattouna scelta strategica di posizionamento molto diversa:volevamo essere grandi e focalizzati solo sui mercati doveabbiamo competenze e capacità per aggiungere valore aiprogetti dei nostri clienti. La scelta di creare un’azienda,e come tale gestirla, è stata una logica conseguenza.MIGLIORE L’imprenditorialità, intesa come mettersiin proprio e non lavorare per altri, è stata pernoi da subito sentita come un’urgenza profonda e inevitabile,per quanto l’università prepari all’architettura manon all’imprenditoria. Arrivare a costruire un portafogliodi servizi “caratterizzanti” lo studio èl’aspetto più complesso del diventareimprenditore, a mio avviso.MURGIA Diventare architetto èstata una scelta, imprenditoreuna necessità. Per poter fare l’architettoè difficile immaginare le due cose separate.Il processo creativo fa parte del piùampio processo produttivo. Seguirlo perintero, da imprenditore e non da dipendentedi terzi, ha modificato il miomodo di progettare e mi ha chiarito ilrapporto tra il disegno di carta e la muratura realizzata.PIZZI In primo luogo esiste la necessità di confrontarsicon soggetti sempre più strutturati,siano essi privati o pubblici, per i quali la richiesta dicompetenze non si riduce più a semplici risposte in terminidi design ma richiede rispetto di budget, di tempi edi qualità del prodotto di architettura. Il progetto stesso siè fatto più complesso dovendo non solo tradursi in rispostefunzionali efficienti ma spesso anche incorporare unabuona dose di capacità di prevedere il cambiamento. Iltema della flessibilità si intreccia sempre più con i principidella sostenibilità e della durabilità di un’opera di architetturanel tempo e quindi si richiedono molteplicicompetenze, possibilmente all’interno del team di progettazione,in modo da offrire un prodotto il più possibileintegrato nelle sue diverse componenti tecnologiche,strutturali, impiantistiche.VIEL Il nostro studio opera a livello internazionalee i nostri clienti sono grandi aziende. Il progettonon può limitarsi a esprimere un contenuto creativooriginale: è necessario un controllo qualitativo dell’interoprocesso di progettazione. Per garantire questo controllo,una piccola organizzazione professionale non è sufficientee sono necessari gruppi di progettazione compostida soggetti diversi con competenze diverse. In ogni caso,però, la storia di uno studio di progettazione è la storia diuna serie di tentativi e di esiti voluti ma condizionati dauna molteplicità di fattori, per la maggior parte esterni enon controllabili. La sua capacità di ricerca e di invenzioneè ciò che lo distingue dall’impresa e trova la sua specificitànella qualità delle persone che lo compongono.Mettersi in proprio, nonlavorare per altri, è un’urgenzainevitabile, ma l’universitàprepara all’architettura e nonall’imprenditoriaPensando all’architettura, ma non solo, qual è unmodello imprenditoriale e organizzativo che gli architettidovrebbero emulare?BELVEDERE, GOUBET La nostra è un’attivitàcreativa e molto legata alla personalità delfondatore. Non credo che il nostro modello organizzativopossa essere trasferito altrove. Il nostro studio funziona© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI35


focus>Forumeconomia & management 5 - 2012negli studi di architettura c’è spazio per il manager?in base alle caratteristiche e alla personalità dell’architettoPiano. È lui che l’ha creato e che ha formato la maggiorparte di tutti noi; gli architetti entrano in studio quandohanno al massimo tre o quattro anni di esperienza, nonoltre. Lo studio ha un’identità forte e le persone cresconoall’interno. Se dovessimo, invece, pensare ai modelli imprenditorialicui noi ci ispiriamo: forse lamoda, ma fino a certo punto.FEMIA, PELUFFO In architetturaè difficile individuareun modello poiché ogni studio hauna storia a sé. Noi, per esempio, guardiamoalle realtà che rappresentano unartigianato di eccellenza, agli atelier capacidi conciliare le radici personali evere e il miglioramento continuo.MURGIA Come studio, il nostro obiettivo non ècrescere da un punto di vista di dimensione dell’organizzazione,ma aumentare la nostra capacità di relazionecon altre realtà produttive per generare nuove opportunitàdi lavoro. È difficile per noi avere un modellodi riferimento: sono le occasioni che fanno le previsioni.Il modello è quello delle retid’impresa, che salvaguardanola tradizione imprenditorialeitaliana mettendo le aziendea sistema© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIFREYRIE Il modello è quello dellereti d’impresa, che progressivamente si stannodiffondendo e dimostrano come si possano attuare politicheper le PMI che salvaguardano il lato positivo dellatradizione imprenditoriale italiana e cercano di metterele aziende a sistema, per partecipare alle dinamiche economichea livello globale. Non bisogna distruggere il valoreideativo e “artigianale” dell’architettura italiana. Imodelli aziendalistici sarebbero inadatti alla nostra culturama anche ai modi e tempi del progetto di architettura.GUIDI Noi abbiamo come punti di riferimento legrandi società di progettazione internazionale: societàdi grandi numeri, con strutture organizzative complesse,che operano in più mercati e in più paesi. Unadelle ragioni che ci hanno spinto a adottare questo modelloè la possibilità di essere facilmente compresi dai nostriclienti internazionali. Negli anni siamo poi diventatiun riferimento anche per strutture di progettazione internazionaleche cercano un partner locale in grado di lavorarein modo sinergico.MIGLIORE Il modello potrebbe essere quello delleagenzie di pubblicità, dove ci sono i creativi maanche gli account. Penso ad Armando Testa, McCannGroup, Saatchi, dove, senza perdere il valore dell’identitàcreativa, i clienti sono gestiti al meglio da figure professionaliad hoc.PIZZI Pensando all’architettura può essere facileun parallelo con il mondo della moda o quello deldesign per i quali la saldatura fra gli aspetti ideativi equelli più propriamente produttivi è un aspetto ormaiconsolidato. Non altrettanto può dirsi del settore delle costruzioniche ancora oggi si presenta con forti arretratezzee soprattutto poco propenso a riconoscersi attraversole opere di architettura prodotte. Il passaggio dall’idea architettonicaalla sua pratica realizzazione è il più dellevolte un processo difficile e tortuoso che non sempre è ingrado di pervenire al risultato di qualità atteso. Credo cheil futuro prossimo, se vogliamo che l’architettura torni aessere un’eccellenza del made in Italy, dipenda dalla capacitàdi imprenditori costruttori che sappiano fortementedialogare con gli organismi professionali di progettazionesin dal concepimento di un’opera. È da evitare il ricorsoa modelli di altri paesi che vedono presenti all’internodelle stesse strutture delle imprese di costruzionele capacità architettoniche.VIEL Trovo che il modello organizzativo più utileper uno studio di architettura sia quello del campusuniversitario e non tanto quello d’impresa, orientatoall’ottimizzazione del processo produttivo e alla crescitadei profitti. Gli obiettivi di crescita per uno studio professionalesi fondano sulla sua capacità di bilanciare ricercae sperimentazione ed esperienza e know-how.36


negli studi di architettura c’è spazio per il manager?economia & management 5 - 2012focus>forumCRESCITA E SVILUPPOSu quali competenze strategiche deve investireuno studio di architettura per crescere?BELVEDERE, GOUBET Puntiamo sul talento,in particolare quello creativo, perché è lacondizione per continuare a ricevere proposte di lavoro.Dal punto di vista commerciale invece facciamo poco, cifacciamo conoscere attraverso mostre e pubblicazioni.FEMIA, PELUFFO Occorre saper costruire efar crescere un gruppo di persone capace dilavorare con leggerezza ma profondità e serietà e impegnocostante, forte di una ricerca e di un dialogo continuicon diversi attori all’interno del progetto.FREYRIE Le competenze oggi più ricercate riguardanola sostenibilità ambientale declinata in tuttii suoi aspetti del “building management”. I progetti di architetturae urbani devono fare i conti con le necessitàambientali ed ecologiche. Dobbiamo fare uno sforzo culturalee disciplinare per proporre soluzioni progettualiinnovative, low cost, in grado di rispondere ai problemidi un habitat sempre meno vivibile. Altrettanto importantesarà la capacità di progettare la gestione degli edifici,tenendo in considerazione sia il tempo di vita della costruzionesia la sua manutenzione.GUIDI Il nostro vantaggio strategico risiede nellecompetenze, nella focalizzazione sui mercati enella qualità del servizio offerto. Per crescererafforziamo le nostre competenzenei mercati dove già operiamo e cerchiamodi acquisire competenze per affrontarealtri mercati. Crescita per noi significasoprattutto saper gestire la comunitàdi professionisti e creare un ambientein cui sentano di poter dare il massimo.MIGLIORE I progetti di architettura,e in particolare quelli che affrontiamoin studio, richiedono consapevolezza e competenzetrasversali, che afferiscono a mondi della progettualitàdiversi (competenze di grafica ambientale, di costruzionedi spazi architettonici intesi come luoghi sensibilie multimodali). Facciamo la “regia” di interventiche vanno al di là della progettazione del solo “contenitore”.Oggi non stiamo crescendo in termini di fatturatoma di sviluppo e consapevolezza sul progetto di architettura.Nel corso degli anni, in ogni caso, per crescere abbiamoadottato diverse strategie.MURGIA Il punto di forza è sicuramente la flessibilità,che peraltro caratterizza le strutture piccolepiù che quelle grandi. Il lavoro arriva per passaparola: cheil cliente sia soddisfatto e ne parli è fondamentale. Ilcliente non si rivolge al piccolo studio perché vuole comprareun brand conosciuto, al punto da essere disposto adaccettare una serie di compromessi, ma perché cerca risposteveloci ed economiche.PIZZI Il modo di costruire sta rapidamente cambiando.Per questo occorre strutturare le nuove realtàprofessionali in modo da saper conciliare il progettodi architettura con la complessità degli elementi che caratterizzanoi luoghi in cui il progetto si andrà a collocare. Lacompetitività degli organismi di progettazione si giocheràsoprattutto sulla capacità di operare in uno scenario internazionalenon solo nei paesi più sviluppati ma, anche esoprattutto, nei paesi emergenti o in via di sviluppo. Èinoltre innegabile una tendenza in atto nell’architettura diprodurre forme più complesse, per cui si va rapidamenteevolvendo il settore dei software parametrici e l’impiego distrumenti di modellazione assai più raffinati. L’aggiornamentodi questi strumenti deve essere costante, ma richiedetempi di apprendimento e sviluppo importanti.La competitività degli organismidi progettazione si giocheràsu uno scenario internazionale,soprattutto nei paesi emergentiVIEL Riuscire a offrire eccellenza a tutte le scale 1del progetto, dal product all’urban design, è una1. Si riferisce alla dimensione e complessità dell’intervento.37© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI


focus>Forumeconomia & management 5 - 2012negli studi di architettura c’è spazio per il manager?competenza strategica. Come studio offriamo un progettoglobale fortemente integrato e coerente nei suoi diversielementi. Investiamo poi nella ricerca, anche attraversoconcorsi e gare di progettazione.A livello di studio, che cosa comporta la crescita,per esempio in termini di tipologia di progetti,clienti, assetto organizzativo?BELVEDERE, GOUBET Crescendo subentranouna serie di problemi organizzativi. Servonocompetenze ad hoc per l’amministrazione e per lagestione della parte contrattualistica e giuridica. Servonomaggiore professionalità e competenze diverse.FEMIA, PELUFFO Occorre saper anticipare itempi e imporsi una crescita passo dopopasso; solo in questo modo si può essere pronti e semprecompetitivi. E la cosa più difficile è avere visione e coraggio.e della profittabilità del progetto e un client leader, checura la relazione con il cliente. Con l’aumento della complessitàe della specializzazione stanno poi crescendo learee funzionali di supporto. Penso alle pratiche amministrative,ai computi, a chi si occupa della comunicazionedi progetto, ai grafici e ai renderisti.MIGLIORE All’inizio si è trattato di organizzarsi estrutturarsi come studio, passando dalla dimensionedel professionista individuale a quella di un teamallargato che concepisce e gestisce il processo. Questo èperò proprio l’aspetto che manca nelle scuole di architettura.Parallelamente c’è stato un investimento in ricerca(sui libri, viaggiando, lavorando in università) per interrogarcisulle tendenze del mondo del progetto architettonicoe sul suo significato e valore. Oggi per crescere stiamoinvestendo sull’estero, in termini economici, di competenzee di relazioni, in particolare in Centro Europa,Polonia, Russia, Corea, Giappone.© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIFREYRIE Il numero degli architetti è raddoppiatonegli ultimi venti anni. Non si può dire altrettantodella dimensione media delle strutture. Questo è evidentementeun problema in termini di competitività, ma nonper forza “grande è bello”. Anzi, in anni di crisi, le piccolestrutture riescono a sopravvivere meglio delle grandi: ilvero tema è quello delle reti, che sono la struttura piùadatta alla contemporaneità e all’architettura.Reti che connettono, in modostabile, competenze tecniche diverse eregioni del mondo diverse: oggi è piùcompetitivo chi ha una rete di “local architect”nel mondo piuttosto che unagrande struttura di tipo tradizionale.GUIDI Per le scelte che abbiamofatto, la maggior parte dei nostriprogetti sono di dimensioni mediograndi.Stiamo parlando di uffici o edificiper uffici che vanno dai 5000 ai30.000 mq, di centri commerciali da 30.000 a 60.000mq, di alberghi di standard internazionale o resort concinquanta ville. Sono progetti che possono durare anni eche sono gestiti da un team dedicato che a sua volta utilizzacompetenze distribuite in funzione delle esigenze.Ogni team ha un capo progetto, responsabile del servizioOggi è più competitivo chiha una rete di “local architect”nel mondo piuttosto cheuna grande struttura di tipotradizionaleMURGIA Il nostro studio esiste da nove anni: ilprimo triennio è stato di start-up, il terzo di crisi ela crescita non c’è stata. Clienti, tipologia e dimensioni diprogetti e numero di collaboratori sono rimasti invariati.Se c’è l’occasione di seguire progetti su scala più granderispetto a quella cui siamo abituati preferiamo collaborarecon altri studi invece che far crescere il nostro. La preoccupazionepiù grande nella gestione di uno studiosono, infatti, i costi fissi.PIZZI Sino ad ora, complice la normativa sulla limitazionedella pubblicità per gli organismi diprogettazione, è mancata la possibilità di promuovere38


negli studi di architettura c’è spazio per il manager?economia & management 5 - 2012focus>forumefficacemente il prodotto di architettura sotto il profilodei suoi contenuti di innovazione, linguaggio e di raggiungimentodegli obbiettivi prefissati. Oggi l’informazionepuò essere veicolata attraverso strumenti più efficacirispetto al passato e maggiormente alla portata ditutti gli utenti come gli stessi programmi di localizzazionedelle opere di architettura su tablete i-phone. Saper comunicare èquindi fondamentale per una realtàprofessionale, insieme a una costanteinnovazione nelle scelte progettuali.VIEL Crescere per uno studio diarchitettura è necessario. Macosa lo rende possibile? Il fatto di averedei partner all’interno dello studio chesiano portatori di storia, memoria ecompetenza di progetto è fondamentale per gestire commessecomplesse, così come il rafforzamento di unastruttura interna dove si dichiarano e condividono responsabilitàe ci sono diversi livelli di seniority. Un altroaspetto interessante riguarda un limite fisiologico allacrescita. La nostra storia e il nostro metodo di lavoro ciportano a cercare soluzioni specifiche per ogni condizionedi progetto. Ogni commessa è una nuova commessache richiede sempre, inevitabilmente, il coinvolgimentodiretto dei partner. Per quanto efficienti e bene organizzatisi possa essere, c’è un limite oltre il quale i partnernon riescono più a dedicarsi contemporaneamente atutto con la stessa intensità. E a questo limite il nostrostudio è molto vicino.Perché si fa fatica a crescere? Quali sono le difficoltàlegate alla crescita per la professione?BELVEDERE, GOUBET Parlando di crescitalo studio RPBW è una realtà anomala rispettoal panorama italiano. Non c’è crescita e la non crescitaè una scelta intenzionale. Lavoro in studio dal 1989.Da allora la dimensione dello studio è rimasta pressochéinvariata: tra Genova e Parigi siamo 120-140 persone equesto da venticinque anni a questa parte non è maicambiato, è solo cambiato un po’ l’equilibrio tra Genovae Parigi. Non c’è crescita e di conseguenza non c’è unastrategia di crescita. Come studio, per esempio, accettiamoin media un incarico ogni cinquanta che ci vengonoproposti. Vogliamo mantenere questa dimensione, che cisembra quella giusta. Sono pochi gli studi di queste dimensioni,non solo in Italia ma anche in Europa, fattosalvo i paesi anglosassoni. È la dimensione giusta percontinuare a mantenere lo standard qualitativo che hadeterminato il nostro successo. Renzo Piano è semprePer gli studi di architettura,il difficile è avere commesseimportanti: è questo il limitealla vera e propria crescitastato e continua a essere coinvolto in tutte le decisionicreative e progettuali, ancorché ogni progetto sia autonomamentediretto da un capo progetto. Al di là di ventiventicinqueprogetti in contemporanea e un certo fatturatodiventa impossibile mantenere questo controllo centralizzatodelle decisioni creative, cui però non vogliamorinunciare. Se dobbiamo invece pensare, in generale, alledifficoltà degli architetti, è difficile avere commesse importanti.Questo è il limite alla vera e propria crescita.L’organizzazione è una cosa che segue.FEMIA, PELUFFO In Italia non ci sono politichecapaci di far crescere le nuove realtà equindi, per quanto i risultati non dipendano soltanto dalproprio lavoro, di fatto non si può fare affidamento su nient’altrose non su se stessi. Si deve reagire e investire comunqueindipendentemente dai risultati concreti. La crescita inqueste condizioni dipende molto dalla strategia e dall’organizzazioneche permettono di valorizzare ogni attività edare centralità al progetto creando e ricercando le committenzemigliori.FREYRIE Non bisogna immaginare che la domandadi architettura sia omogenea. Basti pensareche il valore della riqualificazione edilizia in Italiavale oggi 133 miliardi di euro, di cui la maggior parteconsiste in interventi di manutenzione di piccola dimensione.La funzione sul territorio dell’architetto è perlo più di consulenza a micro interventi, una funzione si-© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI39


focus>Forumeconomia & management 5 - 2012negli studi di architettura c’è spazio per il manager?mile a quella del medico condotto. Per questo è necessarioimmaginare politiche che tengano insieme questerealtà per avere strutture interprofessionali capaci di affrontareil progetto di grandi opere, anche fuori dai confininazionali.MIGLIORE La fatica legata alla crescita è un problemadi risorse economiche a livello di studio edi assenza di grandi opportunità per il mercato delle professionia livello paese. Gestire la parte finanziaria dellostudio è un aspetto molto complesso e non è facile accedereal credito volendo, per esempio, aprire uno studio inCina. La crescita dipende anche dal sapersi strutturare eorganizzare, ma il vero problema è che uno studio ogginon genera margini con cui poter investire.MURGIA In Italia c’è una piccola domanda di progettid’architettura, a fronte di un’enorme offerta,peraltro di qualità, anche negli studi più giovani. Rendersivisibili è il problema principale. Non è solo la crisi, ma è ilmondo che sta cambiando: bisogna aprirsi ad altri mercati,ma per farlo bisogna diventare abbastanza grandi. Esistereoggi vuol dire avere un brand, essere riconoscibili e,per la mia esperienza, le strade sono tre: avere un clienteforte che dia continuità di incarichi e visibilità; investiremolto nella comunicazione e nella ricerca, senza certezzadi ritorni, tantomeno nel breve; partecipare a concorsi.PIZZI Nel nostro paese uno dei fattori di maggioredifficoltà operativa è dato dalla non chiara interpretazionedelle norme e da una legislazione spessoconflittuale che rende estremamente complesso l’iterautorizzativo e tende a dilatare i tempi oltre ogni ragionevoleprevisione. La crescita della professione può,dunque, esserci solo a due condizioni: che ci sia effettivadomanda di qualità dell’architettura e che la collettivitàritenga possibile, attraverso i suoi strumenti legislativi,scommettere sull’architettura stessa, prevedendo ilcontinuo adeguamento delle norme all’evoluzione delleaspettative. Tornando alla domanda, molto dipendeanche dalla necessità di far evolvere atteggiamenti dellacommittenza, sia in relazione alla capacità di esprimereefficacemente i propri bisogni, sia in relazione allaconsapevolezza delle ricadute sull’ambiente di ogniprogetto.© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIGUIDI La crescita è trainata dall’esterno,dai clienti che scelgonodi avvalersi dei nostri servizi, ma è ancheovviamente generata dalle nostre scelte.Per il modello che abbiamo, basato sullacompetenza, ci proponiamo al mercatosolo dopo esserci dotati delle competenzegiuste. Non siamo capaci di fare tuttoe non ci piace prendere lavori per poifarli fare a qualcun altro. La nostra èprincipalmente una crescita organica,dall’interno. Anche quando abbiamo acquisitoDEGW Italia, la società che da più di venticinqueanni si occupa di spazi di lavoro, con consulenza e progettazione,l’abbiamo acquisita per le competenze più cheper il fatturato, che all’epoca era piuttosto basso. Una voltaacquisite le competenze, abbiamo impostato una strategiadi crescita che ne ha triplicato il fatturato in tre anni.Per essere riconoscibili le stradesono tre: un cliente forteche dia continuità e visibilità,investire in comunicazionee ricerca, partecipare a concorsiVIEL La professione fa fatica a crescere in Italiaperché la cultura professionale è estremamente“artigianale”. Sono troppo pochi gli studi fondati suun’organizzazione dotata di un controllo di qualità deiprocessi, a favore di una miriade di studi professionalifondati sulla personalità del professionista che si fa affiancareda collaborazioni per lo più occasionali, studentio giovani reclutati per periodi limitati e secondo necessità.Questo modello organizzativo non potrà mai confrontarsicon quello delle grandi società di progettazioneinternazionali. Il mercato del progetto architettonico inItalia è quindi poco competitivo e rappresenta un modelloideale di riferimento per la natura puramente qualitativadella sua ricerca, ma non soddisfa l’attesa prestazionaledella committenza internazionale.40


negli studi di architettura c’è spazio per il manager?economia & management 5 - 2012focus>forumCREATIVITÀ E MANAGERIALITÀIn generale, creatività e managerialità possonocoesistere? Come si conciliano all’interno di unostudio di architettura?BELVEDERE, GOUBET Se oggi in studio daoltre trent’anni abbiamo un polo gestionaledistinto da un polo creativo è per volontà di RenzoPiano stesso, che ha deciso a un certo punto di assumerein studio persone che seguissero più gli aspetti gestionali,in modo da potersi occupare di quello che più gliinteressa, cioè la parte creativa e il progetto architettonico.Ad oggi nello studio un quarto dei dipendenti si occupadi gestione, amministrazione, risorse umane epubbliche relazioni.FEMIA, PELUFFO Le idee hanno le gambecorte se non riescono a crescere e a trasformarsiin realtà. Creatività e managerialità si concilianocon umiltà e intelligenza, ascolto e dialogo, coraggio eforza, volontà e pazienza.FREYRIE Questo è davvero il tema: la carenza dimanagement nei nostri studi. La nostra cultura neè tradizionalmente estranea e perciò abbiamo bisogno diformazione professionale che ci aiuti nella gestione economicadelle strutture.tutto: disegna le collezioni, passa il venerdì sera a vederese il negozio è stato allestito come aveva in mente, verificala grafica del sito, controlla se il cliente è trattato bene.La forza dell’imprenditore è questo senso di onnipresenza.All’interno dello studio abbiamo chi si occupa di amministrazione,di comunicazione, abbiamo designer eprogettisti con responsabilità di progetto, però siamo noititolari a dire dove si vuole andare.MURGIA Non vedo separazione netta tra le duecose. Ma ciò accade in qualsiasi attività professionaledove non ci sia solo la competenza tecnica ma anchequella commerciale, gestionale e amministrativa. La differenzatra un piccolo e un grande studio è che le competenzenon tecniche sono delegate ad altre persone chenon sono architetti. Nella piccola realtà, invece, l’architettodeve fare tutto, come può e al meglio delle possibilità.PIZZI La domanda non è semplice in quanto nonè facile conciliare le esigenze di un processo ideativo,che sconta necessariamente una continua reiterazionedi alternative progettuali sino al raggiungimento diquella ottimale, con un attento controllo dei costi e dellerisorse impiegate che porterebbe necessariamente a limitaretale processualità. Peraltro molte delle attività di unostudio professionale vengono sviluppate anche in assenzadi un contratto e con esito incerto.GUIDI Creatività e managementdevono coesistere, non c’è alternativa.È management delle aziende diservizi con la complicazione dovuta allagestione di persone creative. È un managementdi talenti e come tale deve ispirarsinon solo al mondo aziendale classico,ma anche a mondi diversi. Noi cerchiamodi trarre ispirazione dal mondodello sport, dal mondo dello spettacolo,dal mondo dell’arte. È importante mantenerela sfida professionale ad alto livello,avere progetti interessanti, creare le condizioni per cuile persone possano esprimersi al meglio. È quello chechiamiamo il management del backstage.MIGLIORE Se si pensa ai grandi imprenditorinella moda, Giorgio Armani, per esempio, fa diCreatività e managementdevono coesistere: managementdelle aziende di servizi conla complicazione dovuta allagestione di persone creativeVIEL Da un lato, comprendere la totalità del processodi trasformazione indotto da un progetto diarchitettura è indispensabile per controllarlo e la professionedell’architetto è quindi caratterizzata dalla consapevolezzarazionale di questo processo più che dalla creatività.Dall’altro, ogni realizzazione architettonica dovreb-© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI41


focus>Forumeconomia & management 5 - 2012negli studi di architettura c’è spazio per il manager?be essere unica e senza precedenti, in quanto esito di unaricerca dedicata. La creatività diventa vantaggio competitivoed è la ragione per cui il sistema di qualificazione delprogetto di architettura passa anche attraverso il cultodelle personalità dei progettisti.primo è che il cliente vuole un rapporto diretto con l’architetto,proprio per le sue caratteristiche di creatività,senza le quali il rapporto economico non si attiva. Il secondoè che quando l’architetto fa meno il suo mestieree più il manager, la qualità del progetto diminuisce. NonA un certo punto anche per l’architettoc’è una decisione importanteda prendere: accettare di faremeno l’architetto e più il manager,oppure tenere le due aree di competenza,creativa e manageriale,separate in figure professionali distinte,come fanno tante aziendepaired for innovation (Rigby et al.2009)? In ogni caso, quali competenzemanageriali sono chiave perl’architetto-manager?La creatività diventa vantaggiocompetitivo ed è la ragione percui il sistema di qualificazionedel progetto passa ancheattraverso il culto dellepersonalità dei progettisti© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIBELVEDERE, GOUBET Unacompetenza chiave per l’architetto è il pragmatismo,che ci viene chiesto costantemente quando ilnostro modo di lavorare, che ha una sua impostazione eforza, si confronta con esperienze diverse. Anche sapergestire le persone è fondamentale. C’è un turnover alto,ma per noi è positivo perché ci aiuta a mantenerci “freschi”;assumiamo persone giovani da tutto il mondo chevengono da noi per completare la loro formazione su progettie in una realtà di prestigio. Molti se ne vanno e ritornanomagari nei loro paesi di origine. A chi rimanecerchiamo di garantire una crescita professionale.FEMIA, PELUFFO Dipende dai propri sognie dai propri desideri. A seconda delle sfideche si vogliono affrontare si può fare a meno dell’aspettomanageriale, per quanto all’interno del processo produttivodell’architettura sia piuttosto imprescindibile. Lecompetenze manageriali servono per affermare le proprieidee. Per noi non ha senso che competenze creativee manageriali siano separate in figure professionali distinte.Riusciamo a gestire e sviluppare entrambe e crediamoche questo faccia la differenza.FREYRIE Credo che istituzioni come <strong>Bocconi</strong> possanodarci suggerimenti per rispondere a questedomande. Dalle nostre esperienze emergono due fatti. Ilcredo perciò che possa esistere l’architetto-manager, viceversapossono esserci figure distinte che però abbiano conoscenzadel mestiere: penso a una sorta di “architettogestionale”.GUIDI Posto che ogni professionista che affrontail mercato dovrebbe avere una anche minimacompetenza imprenditoriale e manageriale, noi siamofautori della competenza e della specializzazione. Creativitàe managerialità afferiscono a due mestieri profondamentediversi, che devono imparare a rispettarsi e a dialogare,ma se c’è la possibilità, e se ci sono le risorse, èmeglio tenere i due mestieri distinti. Se dovessi sceglierele competenze chiave per un architetto-manager direi lacapacità di acquisire clienti, di gestire le persone e diavere una chiara idea delle regole che governano i flussidi cassa. Noi ci sentiamo abbastanza forti su tutto, anchese la gestione delle persone e il business developmentsono aree su cui si può sempre migliorare.MIGLIORE I nostri problemi non sono né quelli diRenzo Piano né quelli dell’architetto neolaureato.Le competenze su cui siamo forti sono legate alla capacitàdi sviluppare progetti specifici per ogni singolo clientee luogo insieme alla capacità di gestire tutto il processodal concept alla realizzazione, garantendo alta qualità. Si42


negli studi di architettura c’è spazio per il manager?economia & management 5 - 2012focus>forumtratta di project management e di negoziazione con ilcliente e con i fornitori. Aree deboli sono quelle legatealla pianificazione e al business development. Facciamoricerca sul progetto architettonico, ma non ricerca diclienti.MURGIA Quando si è uno studio piccolo bisognafare tutto da soli: progettazione, gestione dellepersone, ricerca, contabilità, relazioni pubbliche. Disegnarefinisce con l’essere una piccola parte del tutto, purtroppo.Crescendo, da un punto di vista di progetti e dipendenti,immagino che la questione diventi più unascelta personale. Conosco grandi studi dove l’architetto ètornato a fare l’architetto, delegando la gestione a figureprofessionali ad hoc, altri dove l’architetto preferisce fareil manager piuttosto che fermarsi a un ruolo creativo. Ame personalmente piace molto disegnare e lavorare sulprogetto dall’inizio alla fine. Passo invece poco tempo agestire le relazioni esterne, aspetto fondamentale per lacrescita. Forse ci vorrebbe meno cantiere e più “cene direlazione”, ma sinora ha funzionato anche così.PIZZI Ritengo che il giusto investimento temporaleper le attività manageriali sia quello che nonpregiudica la capacità di controllare efficacemente i progettisviluppati sino alla loro definizione costruttiva puntuale.Oltre tale soglia è in agguato il rischio di una derivache porta a delegare ad altri soggetti e poi a necessariamenteabbandonare proprio quegli aspetti importantiche fanno di un’opera di architettura costruital’espressione ultima del lavoro diun architetto.VIEL Quello che un architettodeve saper fare in modo managerialeè gestire le persone: dalla selezioneallo sviluppo. A questa competenza siaggiunge la capacità di promozione. Sarebbeopportuno e molto efficace chetutta l’attività di gestione contrattuale, digestione amministrativa e di contabilità dei flussi economicifosse affidata ad altri, a degli specialisti, ma la realtàè che, anche per queste attività puramente gestionali,è necessario conoscere molto bene il progetto di architettura.Non credo esistano figure puramente managerialidotate di queste competenze.RELAZIONIQuali sono le relazioni chiave che gli studi attivanotipicamente con l’esterno? Quali i vantaggi diun network di relazioni?BELVEDERE, GOUBET Siamo uno studiopoco “mondano”, non c’è attività di lobbying,anche perché non ne abbiamo bisogno. Rispetto aqualsiasi studio italiano o francese siamo un’isola felice.Costruiamo relazioni, invece, con consulenti e clienti. Iconsulenti tecnici sono fidelizzati: tendiamo a lavoraresempre con gli stessi e suggeriamo ai clienti di lavorarecon quelli con cui lavoriamo noi. Il vantaggio di lavorarecon grandi aziende di ingegneria è che loro hanno un network.Noi non abbiamo un network ma sfruttiamo il loro.Se riceviamo una proposta di incarico da un paese in cuinon abbiamo mai lavorato (per esempio, di recente, ilVietnam), la prima cosa che facciamo è chiamare Arup oqualche altra grande società internazionale di engineeringper confrontarci sul progetto, sul cliente e sul mercato.Anche con i clienti la relazione è interessante: è successopoche volte di ricevere un secondo incarico dallo stessocliente, a meno che non si trattasse di un ampliamento diun progetto già fatto insieme, ma teniamo sempre buonirapporti.FEMIA, PELUFFO Siamo curiosi e aperti.Non abbiamo mai creduto che il lavoro dell’architettorisiedesse in un solo luogo, con un solo tipo diLe relazioni sono importanticome confronto e per crescere,ma devono essere basatesu “affinità elettive”committenza e con un’unica modalità. La ferma volontà dinon specializzarsi ma di confrontarsi sempre con nuovesfide ci ha portato a dialogare con tutti gli attori di qualitàche sono interessati al progetto di architettura. Le relazionisono importanti come confronto e per crescere, ma devonoessere basate su “affinità elettive”.© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI43


focus>Forumeconomia & management 5 - 2012negli studi di architettura c’è spazio per il manager?© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIFREYRIE Le relazioni personali sono la base tradizionaledel mestiere: il Consiglio nazionale sta avviandoun progetto denominato SeeArch per fare sì chei nostri iscritti siano in grado di ampliare la base potenzialedella clientela, mediante un database di architettiaperto al mercato, consultabile attraverso chiavi di ricerca.Attualmente il sistema di relazioni è su una base localemolto limitata (Comune e Provincia), incapace diuscire dagli stretti confini geografici e dai meri rapportiparentali e amicali.GUIDI Nel tempo abbiamo sviluppato un networkdi relazioni interessante sia con i clienti sia con ipartner nei progetti che abbiamo sviluppato. La dimensione,anche in questo caso, ci aiuta: tanti progetti, tanterelazioni. Abbiamo cercato da subito di strutturare questerelazioni per farne sistema: i vantaggi sono evidentiper lo sviluppo del business e per la velocità nel trovarerisposte ai temi che dobbiamo affrontare. Nel 2011 abbiamoanche intrapreso la strada della rete di impresa costituendocon altri professionisti la prima rete di impresaitaliana – CRESCENDO – dedicata alla consulenza e allaprogettazione.MIGLIORE Il network con altri progettisti o con leuniversità è interessantissimo. È chiaro, però, cheper beneficiare di un network si deve avere sempre piùuna propria specificità, per essere riconosciuti portatoridi un’expertise particolare. Proprio in virtù di un’expertiseparticolare, noi siamo chiamati anche da altri architetti.Con i consulenti, invece, devi avere una forza di proposizione.Per esempio, per il museo Intesa SanPaolosiamo stati chiamati da Armando Testa per curare laparte di exhibit e interior design. Un’ulteriore expertiseche abbiamo affinato nel tempo è quella della regia dell’interoprocesso.MURGIA Un terzo dei miei clienti sono architetti,colleghi con cui sviluppo e co-firmo molti progetti.Per quanto riguarda i consulenti ho messo insiemeuna squadra allargata con cui collaboro abitualmente. Perle imprese di costruzioni la questione è più complicata:con alcune lavoro da anni, soprattutto nel retail; nel privatospesso i clienti hanno già un’impresa di riferimento;nel mondo corporate vale invece, in generale, la leggedel minor costo.PIZZI Il network di relazioni con altri studi professionaliè oggi indispensabile per affrontarequegli aspetti di complessità di cui si parlava all’inizio.L’aggiornamento continuo passa anche attraverso la condivisionedi esperienze e la messa in comune di proceduree regole operative comuni. Anche con il mondodelle imprese e dei produttori di componenti e manufattioccorre che le informazioni siano sempre più strutturatein modo da consolidare un linguaggio comune fondatosulla conoscenza effettiva della natura di ogni singolasoluzione proposta e sperimentata. Sotto quest’ultimoversante aggiungerei l’apporto positivo della ricercauniversitaria di ingegneria e di architettura, quale motoredi sviluppo in direzione dell’innovazione e di nuovepossibilità espressive.VIEL Abbiamo instaurato rapporti di lunga datacon i professionisti, sia interni sia esterni allostudio, che lavorano con noi e imparano con noi a sostenereuna prestazione di alta qualità e di standard internazionale.Concludiamo il forum con alcune riflessioni, sullequali avremo modo di continuare il confronto e ildibattito.Ω Per gli architetti l’imprenditorialità non è sempre unascelta intenzionale e consapevole. Essere architetti èuna scelta mentre essere imprenditori emerge comeuna necessità e, nella migliore delle ipotesi, una logicaconseguenza di determinate ambizioni professionali.Complice la formazione universitaria di architettura,strettamente “architettonica” e quasi per nulla“manageriale”, non è nemmeno detto che l’attivitàdell’architetto venga riconosciuta come anche attivitàdi impresa e che l’architetto si riconosca nel ruolo diimprenditore. Tuttavia, l’architetto che avvia il propriostudio accetta il cosiddetto rischio di impresa, che èproprio l’elemento caratterizzante l’attività dell’imprenditore.Questo è vero a maggior ragione in Italia,dove il sogno della maggior parte dei professionisti èdi aprire il proprio studio, come dimostra la micro dimensionemedia degli studi. Un altro tema interessanteè poi legato alla scelta che si pone a ogni imprenditore,in qualsiasi business operi, a un certopunto della sua attività: è molto difficile che i fondato-44


negli studi di architettura c’è spazio per il manager?economia & management 5 - 2012focus>forumri possano essere anche direttori generali del propriostudio o della propria azienda, e una scelta si pone trail diventare “rich” e il rimanere “royal” (Wasserman2008). Lo studio Renzo Piano da trent’anni ha un direttoregenerale e una quindicina di partner, maanche studi molto meno famosi e molto meno grandiriconoscono la necessità di avere figure manageriali ingrado di gestire lo studio. Non farlo, o non credere checi possano essere figure manageriali capaci di comprendereil business e di gestirlo, denota forse un po’di miopia.Ω In un contesto in cui non ci sono le condizioni per unosviluppo economico, i piccoli studi sperano di cresceretrainati dall’esterno, mentre i grandi studi frenano lacrescita all’interno. Nel settore dell’architettura, purtroppo,soprattutto in Italia, la crescita economica, maancor di più lo sviluppo economico (inteso come fenomenodurevole nel tempo, fatto di crescita reale diproduzioni, consumi e occupazione) sono ostacolatida una serie di fattori: l’assenza di politiche a supporto,una legislazione “conflittuale” che rende difficile ecomplesso ogni intervento, un’offerta di architettisproporzionata rispetto alla domanda di architettura.Il risultato è che, se da un lato ci sono pochissimigrandi studi che possono permettersi in questo momentodi rifiutare degli incarichi perché non hannointeresse a crescere da un punto divista organizzativo per poterli gestire(Renzo Piano accetta un incaricoogni cinquanta), dall’altro lato la stragrandemaggioranza degli studi italianiha il problema di rendersi visibilee la sua crescita, così come il suoposizionamento strategico, è esclusivamentetrainata dai clienti e non riescea essere pianificata e progettata inmodo organico all’interno. Ne derivache competenze strategiche ricorrentisono la flessibilità e la capacità diadattamento e cambiamento continuo in relazionealle opportunità; mentre non ci sono figure professionali,per quanto ambite e ricercate, che si occupino dibusiness development. Se questo però è comprensibilein studi piccoli, non lo è in studi grandi, dove la strategiae l’organizzazione devono e possono guidare laricerca della committenza, avendo anche impatto sulfatturato.Ω L’equilibrio tra creatività e managerialità in uno studioè tanto delicato quanto fondamentale. La ricerca delperfetto bilanciamento tra arte e business nell’architetturanon è un tema nuovo. A volte gli architetti sinascondono dietro una solo apparente insanabile contraddizionetra questi due estremi: la ricerca e l’innovazionenon sono conciliabili con l’essere impresa.Perché allora aziende come Apple, Pixar o IDEO, il cuibusiness model è fondato sull’innovazione, non soffrononell’essere chiamate imprese e lo sono a tutti glieffetti? L’architettura è costellata di ossimori manageriali(Brown et al. 2010) e serve un balancing act (Lampelet al. 2000) sia con riferimento alla dimensione diperformance, sia con riferimento alle competenze, individualie organizzative. Dal punto di vista della performance,gli studi di architettura devono essere ingrado allo stesso tempo di fatturare e di pubblicare, diacquisire clienti e progetti e di vincere concorsi epremi. Dal punto di vista delle competenze, gli architettidevono mantenere competenze creative e progettuali,ma anche competenze manageriali quali comunicazione,pianificazione, amministrazione e organizzazione,team work, azione strategica, multiculturalitàe sviluppo di sé (Slocum et al. 2008). Le aree più daLa strategia e l’organizzazionedevono e possono guidarela ricerca della committenza,avendo anche impattosul fatturatosviluppare – lo dicono gli intervistati, ma anche glioltre 250 architetti che hanno compilato fino ad oggiun questionario di autovalutazione relativo alle competenzemanageriali (online sul sito www.sdabocconi.it/architetturaemanagement)– sono relative allacapacità di comprensione del contesto e di pianifica-© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI45


focus>Forumeconomia & management 5 - 2012negli studi di architettura c’è spazio per il manager?zione strategica, e all’organizzazione e gestione economico-finanziariadello studio.Ω La cultura della rete è un modo per comprendere il processocreativo e produttivo nell’architettura ma ancheper organizzarlo. Il processo creativo nell’architettura èparte di un processo ancora più complesso, che è quelloproduttivo e che coinvolge una molteplicità di attoridiversi. In questo contesto reti e relazioni sono importanti,tanto più in un momento di crisi dove la rete dàmaggiore competitività e flessibilità: “piccolo è bello” echi è organizzato a rete è più forte rispetto a una grandestruttura tradizionale. Il network organizzativo e ilconseguente sistema di collaborazione e alleanze è ilmodo più idoneo per cogliere le sfide nei settori creativi(Salvemini, Soda 2001). All’interno di queste relazioni,l’architetto è poi chiamato spesso a essere il registadel processo – c’è chi addirittura parla di regia autorevole– e quanto più ricopre questo ruolo tanto piùservono competenze manageriali trasversali. πRiferimenti bibliografici© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIAndriopoulos C., Lewis M.W. (2009), “Exploitation-ExplorationTensions and Organizational Ambidexterity: Managing paradoxesof innovation”, Organization Science, 20, 4, pp. 696-717.Boland R.J., Collopy F. Jr (2004), Managing as Designing, StanfordBusiness Books.Brown A.D., Kornberger M., Clegg C. (2010), “‘Invisible Walls’and ‘Silent Hierarchies’: A case study of power relationsin an architecture firm”, Human Relations, 63, 4, pp. 525-549.Lampel J., Lant T., Shamsie J. (2000), “Balancing Act: Learning fromorganizing practices in cultural industries”, Organization Science, 11,3, pp. 263-269.Lo Ricco G., Micheli S. (2003), Lo spettacolo dell’architettura: profilodell’archistar, Pearson Italia.Rigby D.K., Gruver K., Allen J. (2009), “Innovation in TurbulentTimes”, Harvard Business Review, June, pp. 79-86.Salvemini S., Soda G. (2001), Artwork & network. Reti organizzativee alleanze per lo sviluppo dell’industria culturale, Egea, Milano.Slocum J.W., Jackson S.E., Hellriegel D. (2008), Competency-BasedManagement, South-Western Cengage Learning.Wasserman N. (2008), “The Founder’s Dilemma”, Harvard BusinessReview, February, pp. 103-109.46

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