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La giustificazione nella Lettera ai Romani di K. Barth

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Giuseppe MeloniKarl <strong>Barth</strong> / <strong>La</strong> <strong>giustificazione</strong>Il credente crede <strong>nella</strong> risurrezione, è colui che sa che al <strong>di</strong> qua dellarisurrezione la relazione dell’uomo con Dio è empietà e insubor<strong>di</strong>nazione sopra cui sirivela l’ira <strong>di</strong> Dio. Una relazione empia perché crede <strong>di</strong> sapere “Dio”, che pone Dio nelposto più elevato del mondo dell’uomo. L’ira <strong>di</strong> Dio si rivela sull’empietà dell’uomo chelo trae <strong>nella</strong> sua vicinanza, tra le sue cose, lo calcola e lo misura come se nulla in Diofosse straor<strong>di</strong>nario. L’ira si rivela nel mezzo della confusione tra l’eternità e il tempoche l’uomo opera nel momento in cui pensa <strong>di</strong> essere il signore della relazione con Dio(mentre il Kyrios è un Altro), in cui crede <strong>di</strong> curarsi <strong>di</strong> Dio mentre altro non fa checurarsi dei suoi bisogni. Empietà perché Dio è reso dall’uomo bisogno tra i bisogni e indefinitiva il suo essere posto sul trono del nostro mondo è un porre noi stessi su taletrono e questa è insubor<strong>di</strong>nazione <strong>di</strong> fronte alla quale Dio si rivela come “No”, la su<strong>ai</strong>ra è “No” all’empietà e insubor<strong>di</strong>nazione dell’uomo. 3<strong>Barth</strong> coglie in tale empietà e insubor<strong>di</strong>nazione l’essenza stessa del peccato, ilvoler <strong>di</strong>ventare Dio da parte dell’uomo che prima innalza eccessivamente se stesso epoi <strong>di</strong>sconosce l’incolmabile <strong>di</strong>stanza tra sé e Dio: è l’idolatria l’essenza del peccato ecosì fu fin dall’origine. Quando l’uomo è Dio a se stesso, deve necessariamentesorgere l’idolo. E quando l’idolo è in onore, l’uomo deve per forza sentirsi il vero Dio, ilcreatore <strong>di</strong> questa sua creatura. 4 Questa è l’insubor<strong>di</strong>nazione dello schiavo, l’empietà,la ribellione su cui Dio si rivela e la sua rivelazione non può che essere ira, “No”opposto all’uomo e alla sua empietà.Ora, sottolinea <strong>Barth</strong>, non vi è alcuna giustizia umana che sottragga l’uomoall’ira <strong>di</strong> Dio, nessuna situazione <strong>di</strong> elevatezza umana-terrena che lo giustifichi <strong>di</strong>fronte a Dio perché il regno dell’uomo non è m<strong>ai</strong> il Regno <strong>di</strong> Dio. Nessuno è eccettuato,nessuno esonerato, nessuno scusato. Non vi sono beati possidenti. 5 Anzi, il calcolareche vi sia una qualche giustizia umana è in definitiva un voler iscrivere a se stessi ciòche solo dall’eternità può venir concesso e dato, illudersi <strong>di</strong> poter sfuggire al giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>Dio mentre, proprio in tanto che lo si vuol fuggire, tanto meno si sfugge ad esso. 63 Cf, Ivi, p. 204 Cf, Ivi, p. 215 Cf, Ivi, p. 316 Cf, Ivi, p. 343


Giuseppe MeloniKarl <strong>Barth</strong> / <strong>La</strong> <strong>giustificazione</strong>quanto accade nel mondo riceve significato e contenuto nell’angolo <strong>di</strong> visuale del Diosconosciuto, che ogni impronta <strong>di</strong> rivelazione è rinvio alla rivelazione stessa, che ogniesperienza vissuta ha un contenuto <strong>di</strong> conoscenza che è la sua crisi, e che ogni tempo,negandosi, assume un significato <strong>di</strong> eternità. Il giu<strong>di</strong>zio non è annientamento m<strong>ai</strong>nstaurazione. <strong>La</strong> purificazione non è svuotamento ma pienezza. Dio non haabbandonato l’uomo, perchè Dio è fedele.Tutto questo è la grazia, la <strong>giustificazione</strong>, e tutto questo è opera <strong>di</strong> Dio che sirivela come “No” che purifica non per annullare ma per dare contenuto e pienezza.L’uomo empio, insubor<strong>di</strong>nato, infedele riceve da Dio la grazia per la fedeltà <strong>di</strong>Dio. Ma, si domanda <strong>Barth</strong>, <strong>di</strong> cosa è capace l’infedeltà dell’uomo che ha ricevuto lagrazia? 9Essa può confermare soltanto che Dio è verace; Dio è la risposta, l’<strong>ai</strong>uto, ilGiu<strong>di</strong>ce, il Salvatore: non l’uomo, né l’orientale né l’occidentale, né l’uomo tedesco eneppure l’uomo biblico, né il pio, né l’eroe, né il savio, né colui che aspetta, né coluiche opera, e neppure il superuomo; ma Dio solo, Dio stesso! Poiché solo dallaconoscenza della totale opposizione dell’uomo a Dio, da essa sola sorge la conoscenza<strong>di</strong> Dio, la nuova comunione con Dio, il nuovo culto <strong>di</strong> Dio. 10E tuttavia tale conoscenza è tutt’altro che rassicurazione, suolo su cui poggiare ipie<strong>di</strong> dopo la caduta libera, certezza su cui fare affidamento: chi conosce la volontàvittoriosa <strong>di</strong> Dio penetra nel giu<strong>di</strong>zio, nel grande turbamento, e non ne esce più.Questa è la fede secondo <strong>Barth</strong>: entrare nel grande turbamento del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>Dio fedele e non uscirne più. <strong>La</strong> fede non è rassicurazione, porto sicuro <strong>nella</strong>tempesta, oasi nel deserto, ma è stare sotto il “No”, <strong>di</strong> fronte alla rivelazione dellapropria insignificanza, stare nel mezzo della tempesta, scegliere il deserto nel belmezzo dell’oasi della religione (che poi <strong>di</strong> fronte al “No” <strong>di</strong> Dio si rivela esseremiraggio).9 Cf, Ivi, p. 5410 Cf, Ivi, p. 54-555


Giuseppe MeloniKarl <strong>Barth</strong> / <strong>La</strong> <strong>giustificazione</strong>GESÙ: IL “SÌ” NEL “NO”Quando dunque si rivela l’ira <strong>di</strong> Dio, quando Dio pronuncia il suo “No”, quandoDio rivela la sua fedeltà, la sua giustizia, ecco che allora è la crisi in cui apparechiaramente che il mondo è mondo e Dio è Dio.Ma, si domanda <strong>Barth</strong>, donde questa crisi, donde la coscienza <strong>di</strong> essa e quin<strong>di</strong>la possibilità <strong>di</strong> chiamare mondo il mondo, tempo il tempo, uomo l’uomo, cose le cosee tutto ciò come ‘soltanto’? 11 Il donde trova risposta in quel preciso punto dal qualenoi veniamo, dal quale siamo sorti e perciò guardati, limitati, negati, circoscritti,giu<strong>di</strong>cati.Tale punto è quello del Regno <strong>di</strong> Dio venuto vicino, del “Sì” nel “No”, dellasalvezza del mondo, dell’assoluzione <strong>nella</strong> condanna, dell’eternità nel tempo, della vita<strong>nella</strong> morte. È il punto in cui Dio parla e parla perché è libero, il punto in cui Diopronuncia la sentenza, dove la sua giustizia si rivela, dove Dio parla e <strong>di</strong>ce che egli èquello che è. 12E qui, in questo punto avviene la <strong>giustificazione</strong>: Dio giustifica se stesso davantia se stesso, in quanto riconosce l'uomo e il suo mondo, in quanto non cessa <strong>di</strong> avercura <strong>di</strong> lui. Si comprende bene allora che anche l’ira <strong>di</strong> Dio è giustizia <strong>di</strong> Dio, è lagiustizia <strong>di</strong> Dio che si rivela all’incredulità, che deve u<strong>di</strong>re il “No” <strong>di</strong> Dio come un “No”. 13Ma mentre Dio si a<strong>di</strong>ra contro l’incredulità e mentre l’uomo viene a cozzarecontro il “No”, proprio in questo, Dio è Colui che Egli è, il creatore del mondo, ilSignore <strong>di</strong> tutte le cose: Egli è “Sì” e non “No”. Proprio mentre <strong>di</strong>ce “No” Diopronuncia il “Si”, riven<strong>di</strong>ca il mondo <strong>di</strong> cui è il Creatore. Egli si rivela come Signore nelmezzo della nostra incredulità, infedeltà, nel mezzo della nostra empietà einsubor<strong>di</strong>nazione, Egli viene e vuole parlarci del suo Regno, del suo <strong>di</strong>ritto. Dio viene a<strong>di</strong>rci che, così come siamo, noi siamo sotto la sua signoria, sotto l’azione della suapotenza. 1411 Cf, Ivi, p.6612 Cf, Ivi, pp. 66-6713 Cf, Ivi, p. 6714 Cf, Ivi.6


Giuseppe MeloniKarl <strong>Barth</strong> / <strong>La</strong> <strong>giustificazione</strong><strong>La</strong> giustizia <strong>di</strong> Dio, sottolinea <strong>Barth</strong>, è il “Non<strong>di</strong>meno!” col quale Dio si <strong>di</strong>chiaranostro Dio e ci considera come suoi, e questo “Non<strong>di</strong>meno” è inconcepibile, senzamotivazione, fondato soltanto in Dio, libero da ogni perché(?). 15<strong>La</strong> giustizia <strong>di</strong> Dio è remissione, fondamentale mutamento della relazione traDio e l’uomo; è la <strong>di</strong>chiarazione che l’empietà e l’insubor<strong>di</strong>nazione umana e lasituazione del mondo da essa creata sono irrilevanti davanti a Lui e non gliimpe<strong>di</strong>scono <strong>di</strong> chiamarci suoi, affinché siamo suoi. 16<strong>La</strong> giustizia <strong>di</strong> Dio è giustizia forense, giustizia aliena: il giu<strong>di</strong>ce che non èvincolato a nulla fuorché al suo proprio <strong>di</strong>ritto, parla a noi, suoi nemici, come ad amicie questa, come <strong>di</strong>ceva Lutero, è un’altra pre<strong>di</strong>ca! 17 <strong>La</strong> giustizia <strong>di</strong> Dio è il <strong>di</strong>spiegarsidella verità <strong>di</strong> Dio che l’empietà dell’uomo teneva nascosta e prigioniera e per questo lagiustizia <strong>di</strong> Dio è strettamente Regno, spiegamento della potenza <strong>di</strong> Dio, miracolo,risurrezione: la relazione positiva tra Dio e l’uomo.Lutero affermava che «<strong>di</strong> questo articolo non si può cedere o abbandonarenulla, cada il cielo, la terra o quel che vuol cadere». 18 <strong>La</strong> misericor<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dio, dunque,trionfa; l’assoluto paradosso, che la relazione tra Dio e l’uomo è positiva, sussiste.Questo è rivelato, e quanto è rivelato è la giustizia <strong>di</strong> Dio sì che noi annunciamo laconoscenza del Dio sconosciuto, del Signore del cielo e della terra, che dà a tutti la vitae il respiro e non ha bisogno <strong>di</strong> nessuno, non abita in templi fatti dalle mani dell'uomo.<strong>La</strong> giustizia <strong>di</strong> Dio è rivelata nel mezzo della nostra empietà e ci spinge alravve<strong>di</strong>mento poiché «non possiamo più evitare <strong>di</strong> fare i conti con essa, non possiamopiù provenire da altrove che da questa posizione originaria» 19 . Noi siamo sotto il “No”ma non possiamo più u<strong>di</strong>re questo “No”, sotto il quale siamo, se non comeproveniente dal “Sì” <strong>di</strong>vino per il quale l’empietà e insubor<strong>di</strong>nazione nostra èsostenuta dalla voce più profonda della remissione <strong>di</strong>vina: il grido dell’ostinazioneumana è dominato dalla tranquilla armonia del <strong>di</strong>vino “Non<strong>di</strong>meno!”. 2015 Cf, Ivi, p. 6816 Cf, Ivi.17 Cf, Ivi.18 Cf, Ivi.19 Ivi, p. 6920 Cf, Ivi.7


Giuseppe MeloniKarl <strong>Barth</strong> / <strong>La</strong> <strong>giustificazione</strong>Questa è la sola fede e questa la <strong>giustificazione</strong> per sola fede, ma «la fede è pertutti la stessa <strong>di</strong>stretta e la stessa promessa, lo stesso salto nel vuoto. Essa è possibilea tutti perché è a tutti ugualmente impossibile» 27 .LA GIUSTIFICAZIONE PER LA SOLA FEDEIn Gesù Cristo risorto, dunque, laverità ci è stata annunciata: Dio è giusto, Dio <strong>di</strong>chiara giusti, Egli stesso, Egli solo. Vi èdunque una giustizia dell’uomo ma per Dio, soltanto a partire da Lui, soltanto peropera sua.Le altre forme <strong>di</strong> giustizia umana, come tutti gli al <strong>di</strong> là che sono soltanto un al<strong>di</strong> qua migliorato, devono rassegnarsi ad essere definitivamente smascherati in GesùCristo. Le cose, le esperienze, e gli uomini, che senza piegarsi sotto il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio,senza attendere la <strong>giustificazione</strong> <strong>di</strong> Dio, bramano e affermano <strong>di</strong> essere in séimportanti, gran<strong>di</strong> e in qualsiasi senso <strong>di</strong>vini, la contaminazione del tempo edell’eternità, il presunto emergere, irrompere, manifestarsi del mondo <strong>di</strong>vino comequalcosa <strong>di</strong> tangibile in questo mondo, le immanenze inautentiche <strong>di</strong> ogni genere, e letrascendenze che non sono ra<strong>di</strong>calmente tali, le relazioni relative tra Dio e l’uomo,tutto ciò deve rassegnarsi ad essere smascherato.Se dunque le cose, tra Dio e l’uomo, stanno in questo modo, è possibileall’uomo ‘appropriarsi’ storicamente, soggettivamente, della grazia che salva e viverein rispondenza ad essa?<strong>Barth</strong> è sufficientemente chiaro a questo proposito ed evidenzia principalmenteche ogni <strong>di</strong>scorso sull’uomo credente deve stare sotto l’evento della <strong>giustificazione</strong> cheha per soggetto Dio: «Chi è eletto da Dio (giustificato) non <strong>di</strong>rà m<strong>ai</strong> che egli ha elettoDio. Il fatto che il timore e la pietà davanti a Dio trovino posto in un uomo, lapossibilità della fede si può intendere soltanto come una impossibilità, comel’inspiegabile ‘ricchezza della sua bontà’ [come io ho meritato questo, che sono ciecoeppure vedo?], come inspiegabile ‘pazienza’ della sua ira…, come inspiegabile27 Ivi, p. 7510


Giuseppe MeloniKarl <strong>Barth</strong> / <strong>La</strong> <strong>giustificazione</strong><strong>La</strong> giustizia me<strong>di</strong>ante il sangue <strong>di</strong> Gesù Cristo è sempre giustizi<strong>ai</strong>n<strong>di</strong>pendentemente dalle opere della legge, in<strong>di</strong>pendentemente da tutto ciò che daparte umana potrebbe considerarsi giustizia.“In<strong>di</strong>pendentemente dalle opere della legge”, qui sorge il paradosso della fedeche non può m<strong>ai</strong> essere eluso, non sarà m<strong>ai</strong> soppresso il paradosso. Sola fide,soltanto per fede, l’uomo sta davanti a Dio, è mosso da lui: la fedeltà <strong>di</strong> Dio, appuntoperché è fedeltà <strong>di</strong> Dio, può soltanto essere creduta. Dire <strong>di</strong> più sarebbe <strong>di</strong>re <strong>di</strong> meno.Questo è il nuovo modo <strong>di</strong> calcolare. 31Che nel “No” dell’ira <strong>di</strong>vina sorta sulla nostra empietà ci sia il “Sì” per mezzodell’obbe<strong>di</strong>enza e sottomissione al “No” operata da Gesù Cristo, che questo “Sì” siaper noi giustizia, santificazione e redenzione, questa è realtà che può essere soltantocreduta proprio perché incre<strong>di</strong>bile, ma prima e dopo c’è sempre il “No” per le operedella legge, per la religiosità e giustizia umana. Il “Sì” è pronunciato da Dio e puòessere solo creduto proprio perché ‘Parola <strong>di</strong> Dio’.<strong>Barth</strong> principalmente vuole evitare che si pensi la fede come un atto dell’uomo,che ha per soggetto l’uomo: «<strong>nella</strong> misura in cui la sua fede è atteggiamento,intenzione, orientamento umano, essa non è giustizia <strong>di</strong> Dio, più <strong>di</strong> quanto lo sia ognicosa umana. Nella misura in cui è concavità, limitazione che circoscrive il miracolo,l’impossibile, il paradosso, essa è per questo suo contenuto invisibile, qualificata daDio come giustizia <strong>di</strong>vina. <strong>La</strong> vita <strong>nella</strong> morte, la via <strong>di</strong> Gesù, è manifestamente la viadella vita <strong>di</strong> Abramo» 32<strong>Barth</strong> aveva comunciato la sua esposizione in modo tagliente: «Dio! Noi nonsappiamo quello che <strong>di</strong>ciamo con questa parola. Colui che crede, sa che non losappiamo» 33 , ora può concludere affermando: «<strong>La</strong> parola ‘Dio’ è la parola eterna,l’ultima parola, quando con essa designamo, soltanto per fede, l’impossibile possibilitàdella fedeltà <strong>di</strong>vina. <strong>La</strong> fedeltà <strong>di</strong> Dio nel paradosso della fede ci basta, perché con essa31 Cf, Ivi, p.8632 Ivi, p. 9733 Ivi, p. 1812


Giuseppe MeloniKarl <strong>Barth</strong> / <strong>La</strong> <strong>giustificazione</strong>noi stiamo sul suolo sicuro, camminiamo per la via sicura. Ogni identificazionedell’uomo con Dio nel mondo viene meno» 34 .Come dunque vive l’uomo che per sola fede si apre, sta sotto, l’impossibilepossibilità della fedeltà <strong>di</strong>vina? Ma questa domanda <strong>di</strong>pende da un’altra ben piùfondamentale che <strong>Barth</strong> stesso pone: «Chi è dunque l’uomo che può intendere quelloche noi abbiamo inteso circa il limite, il significato, la realtà della religione? Dondeviene? Donde vede? Donde sa? Chi gli <strong>di</strong>ce tutto questo?» 35L’uomo che vive per sola fede è l’uomo nuovo che si contrappone all’uomovecchio (quello della religione, dell’empietà e insubor<strong>di</strong>nazione), l’uomo che sa <strong>di</strong> sériconoscendo la sua totale peccaminosità e mortalità. Chi gli <strong>di</strong>ce tutto questo è loSpirito il quale fa sorgere da se stesso quella autocoscienza dell’uomo. 36 Lo Spirito è ildato nuovo, esistenziale, definitivo e universale della vita (del “Si”) rivelata in Cristo.Parlare dello Spirito, sottolinea <strong>Barth</strong>, è parlare dell’impossibile possibilità e perquesto, invero, dello Spirito non si può parlare. E tuttavia dobbiamo parlarne inquanto lo Spirito è compromesso sia dalle nostre parole che dal nostro silenzio, loSpirito è la Parola che vuole essere annunziata nelle nostre parole, come nel nostrosilenzio. 37Ora, l’uomo nuovo ha lo Spirito per il quale l’impossibile <strong>di</strong>venta possibile eanche se sappiamo che nessun atteggiamento umano corrisponde effettivamente alloSpirito, forse appunto allora lo Spirito corrisponde a noi, intercede per noi, giustificanoi che non dovremmo essere giustificati. 38Proprio nello Spirito e dallo Spirito l’uomo si ‘appropria’ della <strong>giustificazione</strong> inquanto lo Spirito è la decisione eterna avvenuta in Dio per l’uomo, come anche ladecisione avvenuta nell’uomo per Dio. Avere lo Spirito significa appartenere a Cristo,stare nel suo “No” e perciò nel suo “Si”, <strong>nella</strong> sua morte e perciò <strong>nella</strong> sua vita. LoSpirito è un aut-aut, nel quel però uno dei termini è già stato scelto in precedenza34 Ivi, p. 8735 Ivi, p. 25236 Cf, Ivi, p. 25337 Cf, Ivi, p. 25438 Cf, Ivi, pp. 255-25613


Giuseppe MeloniKarl <strong>Barth</strong> / <strong>La</strong> <strong>giustificazione</strong>contro l’altro già eliminato. I termini già eliminati sono quelli che riguardano l’uomovecchio, <strong>nella</strong> carne, quello della religione, dell’empietà e insubor<strong>di</strong>nazione per il qualeDio è un bisogno tra i bisogni, l’apice del proprio mondo, l’idolo delle sue mani. 39Lo Spirito dunque autorizza a parlare dell’uomo <strong>di</strong> fronte a Dio, della decisonedel soggetto per Dio, ma m<strong>ai</strong> questo parlare deve avvenire <strong>nella</strong> <strong>di</strong>menticanza che«noi non abbiamo nessuna possibilità <strong>di</strong> deciderci tra Spirito e carne, <strong>di</strong> respingerel’una e <strong>di</strong> scegliere l’altro. Coloro che sono nello Spirito, non sono alcuni, non sonomolti, ma sono questi e quelli e tali non sono neppure coloro che sono <strong>nella</strong> carne. Chipotrebbe conoscere il suo essere <strong>nella</strong> carne se non fosse nello Spirito e chi potrebbeconoscere il suo essere nello Spirito senza confermare appunto con questo che egli è<strong>nella</strong> carne? Nel tempo è deciso che noi tutti siamo <strong>nella</strong> carne, nell’eternità è decisoche noi tutti siamo nello Spirito. Nella carne siamo reietti, nello Spirito siamo eletti» 40 .L’uomo può dunque decidersi per Dio, della fede soggettiva è possibile parlarema scondariamente, in senso derivato, poiché ciò è unicamente possibile per il fattoche nell’eternità, nello Spirito noi siamo eletti, giustificati e non reietti e condannati.Poichè però la teologia deve lasciar parlare Dio, parafrasando “<strong>La</strong> Parola <strong>di</strong> Diocome compito della teologia” 41 , essa non parla della fede dell’uomo, della suadecisione per Dio, ma della <strong>giustificazione</strong>, salvezza, azione misericor<strong>di</strong>osa <strong>di</strong> Dio perl’uomo.39 Cf. Ivi, p. 26440 Cf. ivi, p. 26541 Karl <strong>Barth</strong>, <strong>La</strong> Parola <strong>di</strong> Dio come compito della teologia, in Jürgen Moltmann (a cura <strong>di</strong>), Le origini dellaTeologia Dialettica, BTC 25, Brescia, Ed. Queriniana, pp. 236-258.14

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