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L'INFERMIERE: VITTIMA O SOPRAVVISSUTO - Counselling-care.it

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sforzo per cer<strong>care</strong> di crescere e migliorarsi. Purtroppo nell’immaginario comune si èportati a credere che la scelta di svolgere un lavoro di cura sia tale da renderci immuni alcoinvolgimento, all’empatia e al disagio ma fortunatamente alla domanda “Pensi che l’averscelto un lavoro come il tuo ti esoneri dal provare emozioni forti?” l’85% dei colleghi harisposto di non sentirsi affatto esonerato dal provare forti emozioni, nonostante abbiaprefer<strong>it</strong>o una professione che invece dovrebbe trovarci “pronti” o “ab<strong>it</strong>uati” al dolorealtrui. Al di là dei propos<strong>it</strong>i pos<strong>it</strong>ivi, viene ancora svelato un buon livello di sofferenza chetraspare con chiarezza alla domanda “Ti riconosci in alcune di queste affermazioni?”.Parecchi infermieri/e dichiarano (il 34% del campione) che hanno paura di poter indurire ilproprio carattere, accanto ad un 19% del campione che si sente emotivamente sfin<strong>it</strong>o e unaltro 15% che riferisce quanto il contatto diretto con il dolore e la sofferenza crei nel loroanimo una sensazione di peso. Quanta forza e che grado elevato di disperazione si coglie insimili e alquanto pesanti dichiarazioni; se non è esaurimento emotivo questo..! Ilquestionario prosegue con altre interessanti rivelazioni inerenti le strategie di coping messein atto dal campione preso in esame. E’ evidente, dall’analisi dell’ istogramma, quanto ilcampione si differenzi nella scelta delle strategie di coping da adottare al fine di proteggereil proprio benessere personale. Gli infermieri/e che hanno un’anzian<strong>it</strong>à lavorativa che vadall’1 ai 10 anni di attiv<strong>it</strong>à tendono ad usare un approccio negativo. Privilegiano coping diev<strong>it</strong>amento e di distacco, oppure scelgono di non rispondere o di non utilizzare alcunastrategia difensiva. L’atteggiamento scelto, va senza dubbio imputato al fatto che nonhanno ancora maturato esperienza sufficiente che li possa tutelare dall’essereeccessivamente coinvolti, sono incapaci di gestire adeguatamente le loro emozioni e nonriescono ad elaborarle. Questo dato si contrappone decisamente a quel 52% che hadichiarato di essere stato formato durante il percorso scolastico ad affrontare le s<strong>it</strong>uazionidi sofferenza. Se ne deduce che probabilmente la formazione è stata inadeguata,insufficiente e alquanto inefficace. Interessante infatti, è notare l’assoluta inesistenza dimodal<strong>it</strong>à di coping pos<strong>it</strong>ive quali l’ottimismo o le abil<strong>it</strong>à professionali. Il campione conanzian<strong>it</strong>à lavorativa ≥ a 30 anni fa ricorso all’ottimismo, all’ironia e al sorriso persdrammatizzare la s<strong>it</strong>uazione. Diversamente molti di loro non utilizzano nessuna strategiain particolare. Questo dato non è da vedersi in modo negativo in quanto, moltoprobabilmente, accettano l’evento emotigeno come parte della loro quotidian<strong>it</strong>à.Preferiscono elaborarlo successivamente, eventualmente facendo ricorso al coping centratoLXXXVI

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