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L'INFERMIERE: VITTIMA O SOPRAVVISSUTO - Counselling-care.it

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le esperienze di v<strong>it</strong>a, i feedback ricevuti e il modo in cui tutto viene vissuto e percep<strong>it</strong>o.L’individuo infatti sviluppa un’idea di sé sulla base di come viene trattato o giudicato daglialtri che fanno da “specchio”: l’immagine che rimandano, diventa pian piano ciò chel’individuo pensa di se stesso. 69 Altra definizione dell’autostima è quella portata dal James,autostima vista come il rapporto tra il Sé Percep<strong>it</strong>o di una persona e il suo Sé Ideale : il SéPercep<strong>it</strong>o equivale al concetto di sé, alla conoscenza di quelle abil<strong>it</strong>à, caratteristiche equal<strong>it</strong>à che sono presenti o assenti; mentre il Sé Ideale è l’immagine della persona che sivorrebbe essere. Secondo James una persona sperimenterà una bassa autostima se il SéPercep<strong>it</strong>o non riesce a raggiungere il livello del Sé ideale. L’ampiezza della discrepanza tracome ci si vede e come si vorrebbe essere è infatti un segno importante del grado in cui si èsoddisfatti di se stessi. Purtroppo la diffusa culturadi “analfabetismo affettivo”contribuisce a rendere gli operatori della salute meno consapevoli dei propri bisogni,incapaci di esplic<strong>it</strong>arli, di tradurli in richiesta e quindi anche di raggiungere quellaconsapevolezza necessaria per progettare se stessi. Per produrre il recupero diprogettual<strong>it</strong>à, a partire da una condizione svantaggiosa, occorre sostenere l’infermiere ariconoscere il proprio valore, potenziando la sua capac<strong>it</strong>à di autostima.L’ essenza dell’autostima quindi è fidarsi della propria mente e sapere di mer<strong>it</strong>are lafelic<strong>it</strong>à. Se ci fidiamo della nostra mente e del nostro giudizio, è più probabile cheoperiamo come un essere pensante. Eserc<strong>it</strong>ando le nostre capac<strong>it</strong>à di pensare, mettiamo lagiusta consapevolezza in quello che facciamo e la nostra v<strong>it</strong>a funziona meglio. Tutto ciòrafforza la fiducia nella nostra mente, se tale fiducia venisse meno ci renderebbe piùpassivi, meno consapevoli e perciò meno perseveranti di fronte alle difficoltà. Il lavorodella stima di sé non sta solo nel fatto che ci permette di sentirci meglio, ma che cipermette di vivere meglio, di reagire alle sfide e alle opportun<strong>it</strong>à in modo più appropriato edi sfruttare a pieno le nostre risorse. Il livello di autostima ha profonde conseguenze suogni aspetto della nostra v<strong>it</strong>a: ad esempio sul modo di operare nel lavoro, di rapportarcicon i colleghi e con i pazienti. Una “sana” stima di sé porta alla razional<strong>it</strong>à, al realismo,all’intu<strong>it</strong>o, alla creativ<strong>it</strong>à, all’indipendenza, alla flessibil<strong>it</strong>à, alla capac<strong>it</strong>à di gestire icambiamenti, al desiderio di ammettere e correggere gli errori, alla benevolenza e allacooperazione. 70 Date tali premesse si evince come sia importante, ai fini di una buonaautostima, sviluppare altre caratteristiche quali l’assertiv<strong>it</strong>à e l’autoefficacia percep<strong>it</strong>a, una69 D.Francescano, E.Giusti: “Empowerment e Clinica” Edizioni Kappa, 1999.70 N.Branden: “ I Sei Pilastri dell’Autostima" 1994,p.21XLI

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