L'INFERMIERE: VITTIMA O SOPRAVVISSUTO - Counselling-care.it

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prodotti dalle cose stesse, per le quali ci adiriamo o ci addoloriamo ( Marco Aurelio,imperatore romano, 121-180 )”. Una delle tante spiegazioni che si danno alla rabbia èriferita ad un passato lontano, a fantasmi che appartengono alla nostra infanzia. Secondo lamaggior parte degli studi effettuati al riguardo, i casi più frequenti di mancatoautocontrollo sono stati identificati in soggetti che hanno avuto genitori critici, intollerantie svalutanti. La soluzione non è sicuramente accusare mamma e papà, ma nel recuperare ilbambino che è in noi e fargli fare pace con la nostra parte adulta. Il primo passo per cercaredi allearsi con la propria rabbia è ascoltarla bene, e cercare di capire chiaramente il suomessaggio: dove ci sentiamo colpiti, cosa vorremmo. Una volta definita, con calma, laposizione che noi riteniamo più adeguata, possiamo affermarla con assertività.LA TRISTEZZAAnche la tristezza fa parte delle emozioni primarie, associata generalmente a situazioni diperdita (simbolica o reale), non solo riferita ad un lutto per la morte di una persona cara,ma legata anche alla perdita di un ruolo, di un valore morale, alla lontananza improvvisa diuna figura d’ attaccamento importante , un genitore, un fratello ecc. Secondo Izard eTerrine, uno degli effetti della tristezza è il rallentamento dei movimenti come puredell’attività mentale. L’antecedente della tristezza è sempre riscontrabile in situazioni checomprendono una situazione di separazione e di perdita. La tristezza quindi è un’emozionenegativa, suscitata da un evento spiacevole, dall’incapacità di far fronte alla minaccia o alpericolo esterno, nonché dalla percezione della propria impotenza. L’espressione “triste”,caratterizzata da espressione mesta, volto abbassato, rima labiale rivolta in giù e spallericurve, è più fugace rispetto al sentimento di tristezza. Sebbene l’espressionecaratteristica di questa emozione possa comparire anche per pochi secondi, il sentimentotende a durare più a lungo. 33 La comunicazione della tristezza nella sua forma passiva esilenziosa, rispetto ad altre emozioni, quali felicità, paura e disgusto segnala uno “statonullo di attività relazionale” 34 , in questo caso la mancanza di attività è essa stessa unamodalità relazionale, allo stesso modo in cui lo sono gli atti di dirigersi, rifiutare e opporsi.“ Nel comportamento emotivo c’è una continua, mutevole oscillazione tra il lasciarsi33 A. Garrese: “I volti della tristezza: un’analisi psicologica” edito da Liguori34 N. H. Frijda: “Emozioni” cit. p.44XXIV

andare e il contenersi; il reagire e l’agire di propria iniziativa, l’assumere il controllo edessere controllati, in risposta agli eventi esterni come anche alle variazioni interne nelleproprie inclinazioni” 35 La tendenza all’azione caratteristica della tristezza comprende, adesempio, il sentirsi impotenti che denota l’incapacità di sfruttare le opportunità positivepresentate dall’evento o di affrontare quelle negative; l’ ipoattivazione ( il sentirsi apatici,senza alcun interesse ). La tristezza con la rabbia, la paura e la felicità, sono emozionifondamentali. L’aggettivo “fondamentale” sottolinea il fatto che “nell’uomo queste quattrorisposte emozionali mediano in maniera efficace il rapporto tra organismo e ambientepermettendo un continuo confronto tra le esigenze biologiche e le esigenze socialidell’individuo” 36 La tristezza tende a suscitare l’aiuto e il conforto degli altri. Un voltotriste fa nascere in noi, il desiderio di aiutarlo. “ L’espressione della tristezza è un richiamoautomatico per l’empatia e relazioni amichevoli” 37 La tristezza sembra un’emozionesocialmente desiderabile, necessaria, specialmente quando si tratta di una grave perdita.Nel lutto, le espressioni pubbliche di dolore e di tristezza sono previste o addiritturaincoraggiate. 38 Pensiamo ad un reparto di degenza ospedaliera dove tutto ciò accade quasiogni giorno. Sono diverse le modalità per esprimere la tristezza. Alcuni la manifestano inmodo realistico accettando la perdita ed elaborando il lutto, ma altri, facendo appuntoriferimento a ciò che dice Parkers, rivelano in modo piuttosto visibile il loro doloreesternando emozioni che vanno al di là della semplice tristezza, che implica rassegnazioneed apatia, ma mostrando momenti di autentica disperazione unita a vere e proprieesplosioni di rabbia, perché non si accetta la realtà, specie se la perdita è stata improvvisa enon si è avuto il tempo per prepararsi ad essa.LA PAURALa paura è una delle emozioni primarie importanti per la sopravvivenza. E’ un campanellod’allarme, una reazione di fronte ad un pericolo. Per l’uomo la paura riveste un valoreambivalente, oscilla tra istinto ed elaborazione culturale e si colloca nel cuore della nostravita psichica divenendo un determinante fattore di crescita o d’involuzione. “Ci serve perstrutturare il nostro mondo e la nostra vita. Chi dice di non avere paura è semplicemente35 A. Garrese: “ I volti della tristezza: un’analisi psicologica” edito da Liguori. p. 86.36 D. Galati “ Le emozioni primarie” Bollati, Boringhieri, Torino 1993, p.41.37 C.E. Izard “ The Psycology of emotion” cit. p.198.38 C. M. Parkers, “ Il lutto. Studio sul cordolio negli adulti “ Feltrinelli, Milano 1981.XXV

prodotti dalle cose stesse, per le quali ci adiriamo o ci addoloriamo ( Marco Aurelio,imperatore romano, 121-180 )”. Una delle tante spiegazioni che si danno alla rabbia èrifer<strong>it</strong>a ad un passato lontano, a fantasmi che appartengono alla nostra infanzia. Secondo lamaggior parte degli studi effettuati al riguardo, i casi più frequenti di mancatoautocontrollo sono stati identificati in soggetti che hanno avuto gen<strong>it</strong>ori cr<strong>it</strong>ici, intollerantie svalutanti. La soluzione non è sicuramente accusare mamma e papà, ma nel recuperare ilbambino che è in noi e fargli fare pace con la nostra parte adulta. Il primo passo per cer<strong>care</strong>di allearsi con la propria rabbia è ascoltarla bene, e cer<strong>care</strong> di capire chiaramente il suomessaggio: dove ci sentiamo colp<strong>it</strong>i, cosa vorremmo. Una volta defin<strong>it</strong>a, con calma, laposizione che noi r<strong>it</strong>eniamo più adeguata, possiamo affermarla con assertiv<strong>it</strong>à.LA TRISTEZZAAnche la tristezza fa parte delle emozioni primarie, associata generalmente a s<strong>it</strong>uazioni diperd<strong>it</strong>a (simbolica o reale), non solo rifer<strong>it</strong>a ad un lutto per la morte di una persona cara,ma legata anche alla perd<strong>it</strong>a di un ruolo, di un valore morale, alla lontananza improvvisa diuna figura d’ attaccamento importante , un gen<strong>it</strong>ore, un fratello ecc. Secondo Izard eTerrine, uno degli effetti della tristezza è il rallentamento dei movimenti come puredell’attiv<strong>it</strong>à mentale. L’antecedente della tristezza è sempre riscontrabile in s<strong>it</strong>uazioni checomprendono una s<strong>it</strong>uazione di separazione e di perd<strong>it</strong>a. La tristezza quindi è un’emozionenegativa, susc<strong>it</strong>ata da un evento spiacevole, dall’incapac<strong>it</strong>à di far fronte alla minaccia o alpericolo esterno, nonché dalla percezione della propria impotenza. L’espressione “triste”,caratterizzata da espressione mesta, volto abbassato, rima labiale rivolta in giù e spallericurve, è più fugace rispetto al sentimento di tristezza. Sebbene l’espressionecaratteristica di questa emozione possa comparire anche per pochi secondi, il sentimentotende a durare più a lungo. 33 La comunicazione della tristezza nella sua forma passiva esilenziosa, rispetto ad altre emozioni, quali felic<strong>it</strong>à, paura e disgusto segnala uno “statonullo di attiv<strong>it</strong>à relazionale” 34 , in questo caso la mancanza di attiv<strong>it</strong>à è essa stessa unamodal<strong>it</strong>à relazionale, allo stesso modo in cui lo sono gli atti di dirigersi, rifiutare e opporsi.“ Nel comportamento emotivo c’è una continua, mutevole oscillazione tra il lasciarsi33 A. Garrese: “I volti della tristezza: un’analisi psicologica” ed<strong>it</strong>o da Liguori34 N. H. Frijda: “Emozioni” c<strong>it</strong>. p.44XXIV

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