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Il Nuraghe Albucciu e i monumenti di Arzachena - Sardegna Cultura

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IL NURAGHE ALBUCCIUE I MONUMENTI DI ARZACHENA


ISBN 88-7138-055-X© Copyright 1992 by Carlo Delfino e<strong>di</strong>tore, Via Rolando 11/A, Sassari


SARDEGNA ARCHEOLOGICA19<strong>Il</strong> nuraghe <strong>Albucciu</strong>e i <strong>monumenti</strong> <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>Angela Antona Ruju - Maria Luisa Ferrarese CerutiGuide e ItinerariCarlo Delfino e<strong>di</strong>tore


La Gallura in età preistorica e protostoricaSituata nella parte nordorientale dell’Isola, la Gallura è delimitata daconfini naturali ben definiti – a Sud dalla catena del Limbara, ad Este a Nord dal mare, ad Ovest dal corso del Coghinas e dalle ultimepropaggini del Limbara verso l’Anglona – costituiti soprattutto da unrilievo tormentato che la isola dal resto della <strong>Sardegna</strong>, rilievo chesolo a Nordovest verso Trinità d’Agultu e Vignola e a Sudest verso lapiana <strong>di</strong> Olbia tende a degradare in altezza consentendo così facili vie<strong>di</strong> comunicazione.La morfologia del paesaggio è caratterizzata da formazioni graniticheche, a causa delle erosioni degli agenti atmosferici, soprattutto eolici, siarticolano originando un paesaggio assai vario che lascia il posto, soloverso il Nord, a fertili pianure che giungono spesso fino al mare.La vegetazione spontanea è formata dalla macchia me<strong>di</strong>terranea (lentischio,cisto, corbezzolo, etc.) soprattutto là dove il manto boscoso èpiù rado o nelle piane che, in taluni casi, solo <strong>di</strong> recente sono stateguadagnate all’agricoltura. Sulle pen<strong>di</strong>ci scoscese dei monti, invece,regna incontrastato il leccio, il ginepro e la sughera. Quest’ultimapianta, poi, fornisce la materia prima per la fiorentissima industria delsughero che costituisce, assieme alla pastorizia un tempo la principalerisorsa della regione, la maggiore fonte <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to della popolazionealla quale si è aggiunta, in questi ultimi decenni quella alberghiera,conseguente allo sviluppo turistico delle coste.L’inse<strong>di</strong>amento umano, dal secolo scorso spessissimo a caratteresparso, è ora fortemente concentrato nei piccoli e gran<strong>di</strong> centri abitatimentre si assiste ad un rapido spopolamento delle campagne daparte dei galluresi e al conseguente abbandono delle attività agropastorali.Lo “stazzo”, la tipica abitazione gallur se ubicata a mezza5


costa, in posizione soleggiata ed economicamente autosufficiente,che per lunghi anni ha costituito il polo intorno al quale si muovevatutta la vita nella campagna è <strong>di</strong>ventato ora, soprattutto lungo lafascia costiera, l’abitazione temporanea <strong>di</strong> famiglie, spesso nonsarde, che trascorrono nell’isola le vacanze estive. Nell’entroterra,invece, gli “stazzi” sono oggi occupati dai pastori transumanti provenientidalla Barbagia.<strong>Il</strong> Paleolitico (500.000 anni da oggi)La presenza dell’uomo del Paleolitico, in Gallura, non è ancora attestatanonostante esso si fosse inse<strong>di</strong>ato ad assai breve <strong>di</strong>stanza, al <strong>di</strong>là del corso del Coghinas, nella regione dell’Anglona. Qui numerosestazioni su terrazzi fluviali hanno restituito un ingente numero <strong>di</strong>manufatti clactoniani e gli scavi hanno messo in evidenza tratti <strong>di</strong>paleosuolo.Poiché l’uomo del Paleolitico è giunto in <strong>Sardegna</strong>, a quanto risultadagli ultimi stu<strong>di</strong>, già 700.000 anni fa percorrendo il bloccoSardoCorso, separato dalla penisola solo dallo stretto braccio <strong>di</strong> mareantistante l’arcipelago toscano, è altamente probabile che l’attualelacuna delle testimonianze, per la Gallura, sia destinat~a presto a colmarsi.<strong>Il</strong> Neolitico Antico (VIV millennio a.C.)È del Neolitico Antico la più remota attestazione, in Gallura,delI’uomo preistorico. A tutt’oggi sono due i siti nei quali si sono rinvenutii caratteristici manufatti: ceramiche decorate con impressioniottenute con il bordo dentellato <strong>di</strong> una conchiglia, sia essa ilCar<strong>di</strong>um, il Pectunculus o l’apice <strong>di</strong> una Ciprea, che si rinvengono inassociazione con la tipica industria microlitica, in selce o ossi<strong>di</strong>ana,dalle forme geometriche (trapezi, semilune, triangoli, etc.).Entrambe le località che hanno restituito le tracce dell’uomo neoliticosono ubicate sulla costa, la prima a San Francesco d’Aglientu, inregione Lu Litarroni, la seconda a Cala Corsara, nell’isola <strong>di</strong> Spargi:I’una un ritrovamento fortuito, I’altra certamente un sito d’abitazio-6


ne sia pure temporaneo. A ricerche appena iniziate è <strong>di</strong>fficile dare unavalutazione esatta dell’effettiva portata del rinvenimento <strong>di</strong> LuLitarroni mentre l’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> Cala Corsara, come si è detto untafone <strong>di</strong> abitazione, ha permesso una attenta osservazione dellasovrapposizione degli strati archeologici giacché su un livello <strong>di</strong> basenon manomesso si formarono altri livelli culturali a partire dagli ultimimomenti del Neolitico Antico.Un muro <strong>di</strong> grossi blocchi granitici, <strong>di</strong> cui residuano a tratti due-treassise in corrispondenza delle estremità, fondato <strong>di</strong>rettamente sullaroccia, in antico doveva chiudere completamente l’imboccatura dellagrotta verso il mare, dove più forte tira il maestrale e dove le intemperieavrebbero reso <strong>di</strong>fficile l’utilizzazione della cavità. L’anticoingresso, <strong>di</strong> forma subrettangolare, assai basso, si apre nella parteposteriore del masso, oggi in corrispondenza <strong>di</strong> un’alta duna formatasiin tempi assai recenti e, comunque, posteriori alla frequentazionepiù antica del riparo.Le attuali mo<strong>di</strong>ficazioni della linea <strong>di</strong> costa rispetto ai tempi delNeolitico Antico sono certamente state sensibili ed il tafone, allora assaipiù lontano dalla battigia <strong>di</strong> quanto oggi non sia (attualmente sono circa8 m), dovette offrire un comodo riparo, anche se con ogni probabilitàsolo temporaneo, sia per l’ampiezza del vano (m 4 x 3,70) sia perché anon grande <strong>di</strong>stanza sgorgano delle sorgenti d’acqua dolce, complementoin<strong>di</strong>spensabile alla permanenza dell’uomo sull’isola.La lunga utilizzazione della cavità a partire dal Neolitico Antico sinoall’età dei primi nuraghi è una prova delle buone con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ricettivitàofferte dallo stanziamento.Numerosa, sul fondo della grotta, la ceramica riferibile al NeoliticoAntico. In particolare si <strong>di</strong>stingue quella car<strong>di</strong>ale, in associazione conmanufatti litici sia in selce sia in ossi<strong>di</strong>ana: quest’ultima è un vetrovulcanico proveniente dal Monte Arci (Oristano) utilizzato, con laselce, nella fabbricazione <strong>di</strong> utensili e armature.La presenza dell’ossi<strong>di</strong>ana nel riparo <strong>di</strong> Cala Corsara in<strong>di</strong>ca ancorauna volta l’arcipelago della Maddalena come una delle tappe del percorsodell’ “oro nero” dell’antichità, sulla via delle esportazioniextrainsulari verso siti Neolitici della Corsica, della Toscana,dell’Italia Centrale e Settentrionale e verso la Francia meri<strong>di</strong>onale.La selce nocciola <strong>di</strong> Cala Corsara proviene, quasi certamente, dagliimponenti depositi <strong>di</strong> Perfugas in Anglona, sul limite occidentale7


della Gallura, e forma sia materia prima per gli scambi interni, siaoggetto d’accompagno nel traffico della più <strong>di</strong>ffusa e meglio notaossi<strong>di</strong>ana della <strong>Sardegna</strong>, <strong>di</strong>mostrando così che le rotte da e per l’isoladovevano essere ben conosciute e le sue risorse economichedovevano costituire un incentivo per una sempre più massicciaaffluenza <strong>di</strong> genti e <strong>di</strong> idee. Sarebbero pertanto auspicabili analisi <strong>di</strong>laboratorio su larga scala sulle ossi<strong>di</strong>ane provenienti dagli scaviextrainsulari, per meglio precisare il ruolo giocato dalle risorse naturalidella <strong>Sardegna</strong> durante lo svolgimento del Neolitico Antico, ecioè tra il VI ed il V millennio a.C.<strong>Il</strong> Neolitico Me<strong>di</strong>o (IVIII millennio a.C.)Sono forse da ricondurre alla cultura <strong>di</strong> Bonu Ighinu attribuibile alNeolitico Me<strong>di</strong>o, le ceramiche e l’industria litica in quarzo, granitoporfido e ossi<strong>di</strong>ana – è singolare l’assenza della selce – rinvenute nell’isola<strong>di</strong> S. Stefano durante lo scavo del riparo sotto roccia <strong>di</strong> Cala<strong>di</strong> Villamarina, nonché alcuni frammenti ceramici ed armature atagliente trasversale in ossi<strong>di</strong>ana dagli strati superiori <strong>di</strong> CalaCorsara: sono i tipi noti da numerosi ripari e soprattutto dalle grottedella <strong>Sardegna</strong>, e confrontabili in particolare con reperti <strong>di</strong> SuCarroppu <strong>di</strong> SirriCarbonia nel Sulcis, della Grotta Verde <strong>di</strong> Alghero,della grotta <strong>di</strong> Sa Ucca de su Tintirriolu <strong>di</strong> Mara, etc.La ricchezza <strong>di</strong> ossi<strong>di</strong>ana, soprattutto nel riparò <strong>di</strong> Cala Villamarina,ove costituisce la presenza maggiore della pietra utilizzata per imanufatti, in<strong>di</strong>ca un perdurare dei traffici <strong>di</strong> questa roccia verso laCorsica, il continente italiano (Toscana, Emilia, Lombar<strong>di</strong>a, etc.) e,attraverso la Liguria, fino alla Francia meri<strong>di</strong>onale, in Provenza.Ripari temporanei per naviganti o rifugio occasionale per pescatoriqueste testimonianze <strong>di</strong>mostrano che, nonostante a tutt’oggi le presenze<strong>di</strong> cultura Bonu Ighinu nella terraferma gallurese siano quasitotalmente assenti, I’occupazione <strong>di</strong> questa regione da parte dellegenti del Neolitico Me<strong>di</strong>o, tra il IV ed il III millennio a.C., dovetteessere ben più massiccia <strong>di</strong> quanto le evidenze non comprovino.Lontano dalle coste, dove era possibile esercitare una economia <strong>di</strong>tipo agro-pastorale, certamente devono ancora celarsi le prove <strong>di</strong> questepresenze, costituite da stazioni all’aperto, da tafoni d’abitazione o8


funerari. <strong>Il</strong> rinvenimento, nell’imme<strong>di</strong>ata periferia <strong>di</strong> Olbia, in localitàOrgosoleddu, <strong>di</strong> una statuina <strong>di</strong> Dea Madre del tipo volumetriconaturalisticojriferibile appunto alla cultura <strong>di</strong> Bonu Ighinu, ne è unchiaro in<strong>di</strong>zio.<strong>Il</strong> Neolitico Recente (3500-2700 a.C.)Ugualmente rari, anche se più consistenti rispetto ai rinvenimenti delNeolitico Antico e Me<strong>di</strong>o sono, in Gallura, i siti a cultura Ozieri.Si conoscono, a tutt’oggi, quattro località che hanno restituito contesticulturali <strong>di</strong> tipo Ozieri: tre sono ripari sotto roccia, ad Aggius e aMonte Icappiddatu <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>. <strong>Il</strong> primo è un grande tafone situatonell’imme<strong>di</strong>ata periferia del paese, rinvenuto sconvolto e manomessoda ristrutturazioni moderne; il secondo, con una ricca stratigrafiariscontrata in un profondo crepaccio, ove il caso o il <strong>di</strong>lavamento delgrande riparo che lo sovrasta avevano fatto confluire numerosi manufatticeramici e litici. L’assenza in entrambi <strong>di</strong> ossa umane escludeuna utilizzazione funeraria dell’anfratto. Del terzo sito, nell’isola <strong>di</strong>Spargi, a Cala Corsara, si è già parlato <strong>di</strong>ffusamente a proposito delNeolitico Antico e <strong>di</strong> quello Me<strong>di</strong>o.<strong>Il</strong> quarto inse<strong>di</strong>amento è costituito da un abitato all’aperto, I’uniconoto in Gallura, in località Pilastru o Pirastru <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>, ubicatodove la strada per B assacutena ha intersecato una breve soprelevazionedel terreno, consentendo <strong>di</strong> vedere in sezione alcune sacche condepositi archeologici. L’abitato <strong>di</strong> capanne si estende per tutto il pen<strong>di</strong>o,fino alla base dei roccioni che si ergono, tra Nord ed Est all’estremolimite del sito e nei quali si aprono numerosi tafoni forse utilizzatiin età preistorica quali ricovero o sepolture.Così, anche in Gallura, si è attestata la presenza <strong>di</strong> una usanza e<strong>di</strong>lizianota nel resto dell’isola nei villaggi <strong>di</strong> questa età e <strong>di</strong> questa cultura, cheimpone <strong>di</strong> costruire abitazìoni interrate parzialmente nel suolo, note colnome <strong>di</strong> “fon<strong>di</strong> <strong>di</strong> capanne”, coperte poi da un tetto ligneo.Raccolte <strong>di</strong> superficie ed una indagine <strong>di</strong> scavo assai recente hannorestituito ceramiche, liscie e decorate, con le forme e con i decori tra<strong>di</strong>zionalidella cultura <strong>di</strong> Ozieri (motivi geometrici a zig-zag, archi,segmenti <strong>di</strong> cerchio, spirali, etc.) spesso con effetti <strong>di</strong> bicromia ottenutiriempendo le incisioni o le impressioni con le quali sono ornati9


i recipienti, con pasta bianca o rossa; non manca anche una riccaindustria litica in selce e ossi<strong>di</strong>ana. Si ripresenta, in definitiva, uncontesto culturale assolutamente omogeneo e simile a quelli noti nelresto dell’isola confermando, ancora una volta, la grande forza vitaleinsita in queste genti.Inoltre, in analogia a quanto si verifica nel resto della <strong>Sardegna</strong> – ovel’aspetto culturale <strong>di</strong> Ozieri è ben noto per decine e decine <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amentiall’aperto, <strong>di</strong> grotte d’abitazione o funerarie, <strong>di</strong> necropoli agrotticelle artificiali (domus de janas) o a ciste litiche racchiuse dacircoli, <strong>di</strong> luoghi <strong>di</strong> culto, etc. – a gente <strong>di</strong> Ozieri è <strong>di</strong>ffusa ovunquefosse possibile sviluppare economie <strong>di</strong> tipo agricolo, pastorale e <strong>di</strong>raccolta, o <strong>di</strong> affiancare a queste lo sfruttamento delle risorse naturalidel suolo, quali quelle dell’ossi<strong>di</strong>ana e della selce.Le ricerche in corso un po’ dovunque nell’isola tendono ad in<strong>di</strong>viduare,nell’ambito della cultura <strong>di</strong> Ozieri, articolazioni e mo<strong>di</strong>ficazionisuccedutesi nello scorrere dei secoli, ed in quest’ottica si è tentato<strong>di</strong> dare una esatta collocazione al contesto <strong>di</strong> Pilastru. Ad unprimo esame alcuni settori marginali del villaggio <strong>di</strong> Pilastru sembrerebberomostrare minore varietà nella decorazione delle ceramiche,una esecuzione delle stesse operata in modo molto sommario eduna lavorazione dell’argilla piuttosto scadente e con l’impiego delleterre locali, assai magre e ricche <strong>di</strong> inclusi.Caratteristiche <strong>di</strong> questo genere potrebbero far ipotizzare un lungoprotrarsi nel tempo della vita del villaggio <strong>di</strong> Pilastru, iniziato invecenel momento <strong>di</strong> maggior vitalità della cultura, contemporaneamenteall’inizio della vita negli inse<strong>di</strong>amenti <strong>di</strong> Aggius e <strong>di</strong> MonteIncappiddatu, poiché non trova sufficiente giustificazione la possibilitàche l’aspetto grossolano <strong>di</strong> impasti e decorazioni sia da attribuirsiesclusivamente alla cattiva qualità dell’argilla.Cronologicamente contemporanea all’aspetto <strong>di</strong> Ozieri, of acieslocale della stessa, è quella nota impropriamente con il nome <strong>di</strong> “cultura<strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>” o “cultura gallu~ se” e che è caratterizzato da<strong>monumenti</strong> a circolo racchiudenti, talvolta, una cista litica destinataa sepoltura e accompagnata da pietre fitte`(menhirs), i così detti circoli<strong>di</strong> tipo A, <strong>di</strong> cui il complesso più noto è quello <strong>di</strong> Li Muri <strong>di</strong><strong>Arzachena</strong>. Considerati fino a qualche tempo fa manifestazioni <strong>di</strong> unaspetto autonomo dell’eneolitico, solo <strong>di</strong> recente sono stati riconosciutiappartenenti al contesto culturale Ozieri.10


I materiali restituiti da questi circoli funerari bene si inquadrano nelcomplesso dei manufatti <strong>di</strong> Ozieri, ove trovano i più stretti confrontisoprattutto nei pomi sferoi<strong>di</strong>, nelle accette in steatite, nelle lunghe edaffilate lame in selce prive <strong>di</strong> ritocco, nei vasi in pietra e, ancora, nell’usanza<strong>di</strong> accompagnare il defunto nel sepolcro con grumi d’ocrarossa, auspicio <strong>di</strong> rigenerazione alla vita.Non va <strong>di</strong>menticato, da ultimo, come si è detto, I’uso <strong>di</strong> interrare parzialmentele abitazioni scavando larghe fosse nel terreno, come èdocumentato nei villaggi <strong>di</strong> Cuccuru de is Arrius <strong>di</strong> Cabras, SuCoddu <strong>di</strong> Selargius, etc.Per tutte queste affinità, e per il fatto che i circoli funerari con menhirsembrano ora valicare gli stretti confini della Gallura (l’esempio <strong>di</strong>Pranu Mutteddu <strong>di</strong> Goni è significativo) è stata recentemente avanzatal’ipotesi, come si è detto, che la “cultura <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>” sia da considerarsiunalacies locale della cultura <strong>di</strong> Ozieri, nel quale ambito sisarebbe sviluppata. Poiché le affinità non si limitano solo alla strettasfera degli aspetti della cultura materiale, ma investono anche quellaideologica e del sacro (ocra rossa nelle sepolture, stretta connessionetra circoli funerari e menhir, etc.) se ne dedurrebbe che la cultura <strong>di</strong>Ozieri si è inse<strong>di</strong>ata in Gallura in maniera molto più ra<strong>di</strong>cale <strong>di</strong> quantogli esigui stanziamenti sinora noti non <strong>di</strong>mostrerebbero.L’uso della grotticella artificiale (domus de janas) è attestata in suologallurese solo in modo spora<strong>di</strong>co e limitato ad aree più marginalidove più facili erano le influenze culturali delle zone limitrofe(AnglonaLogudoro). Tra queste, la più interessante per la ricca simbologiafuneraria è quella <strong>di</strong> Tisiennari-Bortigiadas, che mostra sullaparete <strong>di</strong> fondo della cella principale la falsa porta sormontata da unduplice motivo <strong>di</strong> corna taurine inscritte e da una fila <strong>di</strong> incisioni a V.Tre file <strong>di</strong> quest’ultimo motivo, <strong>di</strong> incerta interpretazione, sono ripetutesulla parete sinistra. La pittura rossa margina i motivi decorativisecondo un simbolismo funerario rigeneratore <strong>di</strong>ffuso un po’ ovunquein <strong>Sardegna</strong> ai tempi della cultura <strong>di</strong> Ozieri.È probabile che l’assenza <strong>di</strong> “domus de janas” nel restante territoriogallurese sia da mettere in relazione con la grande quantità <strong>di</strong> tafoni,taluni dei quali con aspetto <strong>di</strong> vere e proprie “domus” naturali, affiancateai circoli quali luoghi`<strong>di</strong> sepoltura.Altro monumento che è presente in Gallura con una decina <strong>di</strong> esemplariai quali è <strong>di</strong>fficile, allo stato attuale delle conoscenze, poter dare11


una attribuzione cronologica, sono i dolmen, <strong>di</strong>stribuiti nelle campagne<strong>di</strong> Luras, Luogosanto, <strong>Arzachena</strong>, etc. Anche questo è un monumentoche trova larghe comparazioni non solo in <strong>Sardegna</strong> ma anchein altri paesi del Me<strong>di</strong>terraneo, nonché sulle coste atlantiche dellaFrancia e in Gran Bretagna. È probabile che in analogia con fenomenisimili <strong>di</strong> altre zone dell’isola, questa forma <strong>di</strong> megalitismo abbiafatto la sua comparsa durante i tempi del Neolitico Recente, perdurandoanche in epoche successive.<strong>Il</strong> Calcolitico (2700-1800 a.C.)È assai controverso il problema degli inizi del Calcolitico, vale a <strong>di</strong>redei primi momenti della prima età dei metalli, da alcuni situati sugliesiti della cultura <strong>di</strong> Ozieri che, nelle sue fasi finali, va gradualmentemo<strong>di</strong>ficando la sua fisionomia fino ad acquistare una nuova in<strong>di</strong>vidualità.La ceramica, pur mantenendo in alcuni casi tipi e forme proprie dellacultura <strong>di</strong> Ozieri, <strong>di</strong>venta via via più pesante; alcuni recipienti cessano<strong>di</strong> venir prodotti mentre altri vanno affermandosi, più consoni allenuove esigenze ed al nuovo gusto.Le ricche decorazioni cedono il passo ad altre più semplici, spessoottenute con la sola incisione lineare, sino a scomparire del tutto. È aquesto periodo che si può forse far risalire almeno una parte dell’inse<strong>di</strong>amento<strong>di</strong> Pilastru <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>, ma non si hanno attualmente, inGallura, attestazioni che possono chiarire le articolazioni, la <strong>di</strong>ffusionee i limiti cronologici <strong>di</strong> questo momento culturale.Si hanno solo poche tracce <strong>di</strong> materiali sicuramente attribuibili all’orizzontedella cultura <strong>di</strong> Monte Claro. Sono assai poco <strong>di</strong>ffuse le noteceramiche scanalate <strong>di</strong> cui alcuni frammenti provengono dalle tombe<strong>di</strong> Li Lolghi <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong> e da quella <strong>di</strong> Monte de s’Ape <strong>di</strong> Olbia.Ma la presenza più significativa è certamente quella attestata nel tafone<strong>di</strong> Cala Corsara nell’isola <strong>di</strong> Spargi, che restituì fittili scanalati elisci della tipica ceramica che caratterizza il settentrione dell’isola.Infatti, per quanto riguarda il tipo della ceramica, le decorazioni e,parzialmente, le forme dei vasi, la cultura <strong>di</strong> Monte Claro si caratterizzaper delle <strong>di</strong>versificazioni che consentono una imme<strong>di</strong>ata in<strong>di</strong>viduazionedella zona <strong>di</strong> provenienza del reperto fittile: i frammenti12


ceramici che si rinvengono in Gallura fanno parte del gruppo sassarese.Questo è contrad<strong>di</strong>stinto da impasti piuttosto compatti, paretisottili e leggere scanalature che corrono per tutta la circonferenza nelpunto <strong>di</strong> maggior rigonfiamento del recipiente.È probabilmente solo per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> informazione che non si conosconoin Gallura altri consistenti rinvenimenti inquadrabili nell’ambitodel Calcolitico. Mi riferisco alle culture <strong>di</strong> Filigosa, Abealzu e aquella del Vaso Campaniforme.<strong>Il</strong> fatto è assai singolare soprattutto per quanto riguarda ilCampaniforme (il nome deriva dalla forma a campana rovesciata delsuo vaso più caratteristico) poiché questa cultura vede le sue origininella Penisola Iberica, da dove si è poi espansa verso l’EuropaOrientale, <strong>di</strong>scendendo anche verso la <strong>Sardegna</strong>, lungo la PenisolaItaliana, e particolarmente la Pianura Padana, l’Emilia, la Toscana, ilLazio e giù fino alla Sicilia, non escludendo, seppure marginalmente,la Corsica.In <strong>Sardegna</strong> è rilevabile la presenza <strong>di</strong> due <strong>di</strong>stinte correnti e culturali,una proveniente dal Mi<strong>di</strong> della Francia, più antica, ed una secondache, seguendo la <strong>di</strong>rettrice dei passi alpini del Veneto giunge nell’isolaattraverso l’Emilia e la Toscana, la prima con fittili riccamentedecorati, oggetti d’ornamento in conchiglia, pietre verde-acqua(steatite) o osso, armi in pietra o rame; la seconda caratterizzata darecipienti spesso inornati e più rari oggetti d’ornamento.È assai facile che ulteriori scavi ed esplorazioni possano validamenteintegrare le nostre cognizioni del Calcolitico della <strong>Sardegna</strong> edoffrire così più ampi dati alla conoscenza delle vicende culturali chehanno caratterizzato la Gallura preistorica.<strong>Il</strong> Bronzo Antico e Me<strong>di</strong>o (1800-1600 / 1600-1300 a.C.)La nuova era, che vede in <strong>Sardegna</strong> il nascere e lo svilupparsi dellacultura <strong>di</strong> Bonnanaro, è presente in Gallura, in modo più o menointenso; ma è soprattutto nel territorio <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong> che si sono rinvenutein maggior numero, anche se in modo spora<strong>di</strong>co, le testimonianze<strong>di</strong> questa cultura che caratterizza il Bronzo Antico.Anche per la cultura <strong>di</strong> Bonnanaro si assiste allo stesso fenomeno chesi era osservato per la cultura del Vaso Campaniforme: sono scono-13


sciute completamente le se<strong>di</strong> d’abitazione, i luoghi <strong>di</strong> culto, le fortificazioni.Non conosciamo pertanto la forma, grandezza, tipo delle capanned’abitazione, così come non abbiamo la possibilità <strong>di</strong> ricostruire inalcun modo, sulla base delle risultanze dei dati <strong>di</strong> scavo, quali eranousi, costumi e credenze della sfera del sacro, se non per quantoriguarda il mondo dei morti, poiché solo le sepolture possono offrirequalche in<strong>di</strong>cazione sulle manifestazioni spirituali. Sappiamo, adesempio, che tra queste popolazioni era in uso la deposizione secondaria,vale a <strong>di</strong>re la sepoltura definitiva delle sole ossa dopo che questeerano state sottoposte alla scarnificazione. Questa usanza, che èstata documentata con evidenza nel sassarese, può anche, con ogniprobabilità venire applicata anche al resto dell’Isola, soprattuttoquando la situazione archeologica sembrerebbe essere poco chiara ele ossa, sparse <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente, dare l’impressione <strong>di</strong> una violazionedella tomba.Questo, in generale. In particolare, in Gallura, le più antiche attestazionidel Bronzo Antico sono offerte dall’architettura e dai corre<strong>di</strong>funerari rinvenuti nella parte più antica del monumento <strong>di</strong> Li Lolghi,una “tomba a galleria” che, più tar<strong>di</strong>, venne ampliata con l’aggiunta<strong>di</strong> un corridoio, a formare una “tomba <strong>di</strong> giganti” che si sviluppa suun piano più basso rispetto a quello del pavimento della sepoltura piùantica, posta invece sulla sommità della collinetta omonima. I materialisono da ascriversi alla cultura <strong>di</strong> Bonnanaro, nell’aspetto <strong>di</strong>Corona Moltana sia pure dei suoi momenti più tar<strong>di</strong>, e cioè, come siè detto del Bronzo Antico, mentre l’ampliamento della struttura èinvece del Bronzo Me<strong>di</strong>o, riferibile alla cultura <strong>di</strong> Sa Turricula.Anche nella sepoltura <strong>di</strong> Coddu Vecchiu assistiamo allo stesso fenomenodella trasformazione dell’e<strong>di</strong>ficio da “tomba a galleria” in“tomba <strong>di</strong> giganti”: questa trasformazione si attua con il creare,davanti alla “tomba <strong>di</strong> giganti”, un ampio spazio semicircolare, delimitatopiù spesso da monoliti ortostatici oppure da un muretto a filari.<strong>Il</strong> portello d’ingresso alla sepoltura si apre alla base <strong>di</strong> una stelecentinata che domina l’esedra, spazio riservato alle offerte, a ritiincubatori o a funzioni sacre.Rispetto alle tombe appena menzionate, quelle <strong>di</strong> Li Mizzani <strong>di</strong> Palaue <strong>di</strong> Monte de s’Ape <strong>di</strong> Olbia, pur esseffdo a`nch’esse inquadrabilinel contesto dell’età del Bronzo Me<strong>di</strong>o, sono però <strong>di</strong> un momento14


leggermente più tar<strong>di</strong>vo. Sempre a questtepoca, per ora non meglioprecisabile, sono le “tombe <strong>di</strong> giganti” <strong>di</strong> Lu Brandali <strong>di</strong> Santa Teresa<strong>di</strong> Gallura e <strong>di</strong> Moru <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>; quest’ultima sepoltura è posta aqualche decina <strong>di</strong> metri dal nuraghe <strong>Albucciu</strong>, con il quale è in relazione.Non abbiamo elementi per poter affermare che durante il decorrere deitempi della facies b della cultura <strong>di</strong> Bonnanaro, quella nota con il nome<strong>di</strong> cultura <strong>di</strong> Sa Turricula, in Gallura siano stati costruiti dei nuraghi, inanalogia con quanto si può constatare in altre zone, nella <strong>Sardegna</strong> centro-meri<strong>di</strong>onale.È probabile però che il complesso <strong>di</strong> Malchittu (unnuraghe del tipo “a corridoio”, una grande capanna circolare, un tempiettorettangolare ed una serie <strong>di</strong> tombe in tafone) – del quale il solotempietto è stato interessato da una indagine <strong>di</strong> scavo completo, rivelandola sua appartenenza a tempi maturi dell’aspetto <strong>di</strong> Sa Turricula –sia stato costruito nell’arco <strong>di</strong> un tempo molto contenuto. Se, come sembraipotizzabile, per le affinità e<strong>di</strong>lizie presenti tra le varie costruzioni,il complesso fosse cronologicamente omogeneo, ci troveremmo <strong>di</strong> frontead uno dei più antichi costruiti in Gallura.L’età nuragica (dal 1500 a.C. circa).È intorno alla metà del secondo millennio a.C., durante il decorreredel Bronzo Me<strong>di</strong>o, che viene comunemente fissato l’inizio dellagrande era del megalitismo, quella che ha visto in tutta la <strong>Sardegna</strong> ilproliferare <strong>di</strong> quelle costruzioni che, con antico nome, vengono definitenuraghi. Anche la Gallura non è esente dal fenomeno ma, comesi è detto, è ancora dubbio quando il fenomeno stesso possa averavuto inizio e, soprattutto, se e quanto i rapporti culturali con la vicinaCorsica possano aver influenzato, da una parte o dall’altra, laforma, la planimetria, in una parola l’architettura <strong>di</strong> questi <strong>monumenti</strong>megalitici. E non solo, è opportuno tener conto che ceramicheassai simili a quelle dei contesti <strong>di</strong> Sa Turricula sono presenti in<strong>monumenti</strong> “a torre” della Corsica e se pure, al momento, non siabbia ancora la prova oggettiva della effettiva presenza dell’aspetto <strong>di</strong>Sa Turricula nei nuraghi della Gallura, il rinvenimento <strong>di</strong> queste tipicheceramiche del tempietto <strong>di</strong> Malchittu ne ipotizzerebbe la presenzaanche nelle altre costruzioni del complesso.15


Senza un opportuno censimento <strong>di</strong> tutti gli e<strong>di</strong>fici nuragici è oggiimpossibile stabilire e il numero e il tipo dei <strong>monumenti</strong> presenti nelterritorio gallurese. I dati noti, sebbene lacunosi, denunciano unalarga <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> costruzioni megalitiche sparse ovunque, con lasola esclusione delle zone montagnose più elevate (ad es. il Limbara),e con una <strong>di</strong>stribuzione altimetrica che dal livello del mare (territori<strong>di</strong> S.Francesco d’Aglientu, Santa Teresa <strong>di</strong> Gallura, <strong>Arzachena</strong> e,soprattutto, la piana <strong>di</strong> Olbia) tende gradualmente a salire a quotefino ai 700 m circa. Non sono però le punte più elevate quelle che legenti nuragiche hanno scelto per stabilirvi le loro <strong>di</strong>more, preferendoinstallarsi in località non più alte dei 150 m. slm oppure in quellafascia compresa tra i 400 ed i 500 m slm, ove il clima è più favorevolee più facili le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita. A queste quote, infatti, era possibileesercitare una economia <strong>di</strong> tipo misto agropastorale che consentiva,contemporaneamente, lo sfruttamento dei ricchi pascoli <strong>di</strong>collina quello dei grassi terreni arativi della pianura.Anche quando i nuraghi vengono eretti in zone pianeggianti le sceltedel sito pre<strong>di</strong>ligono le brevi alture rocciose solo <strong>di</strong> poco sopraelevaterispetto alla campagna circostante sia perché una simile posizione<strong>di</strong>minuiva notevolmente i <strong>di</strong>sagi provocati dai terreni paludosi cheoccupavano le depressioni, sia perché la presenza della roccia naturaleoffriva la materia prima per la costruzione degli e<strong>di</strong>fici e sia perchéla posizione elevata consentiva <strong>di</strong> dominare con larga visuale lecampagne circostanti. Spesso, intorno ai nuraghi si trova un villaggio<strong>di</strong> capanne, più o meno grande, più o meno ben conservato qualiquelli <strong>di</strong> Lu Brandali <strong>di</strong> Santa Teresa, <strong>Albucciu</strong> e La Prisciona <strong>di</strong><strong>Arzachena</strong>, etc.Sono fondamentalmente due i tipi <strong>di</strong> nuraghi presenti in Gallura: ilnuraghe “a tholos” e quello “a corridoio”. <strong>Il</strong> primo è caratterizzato,nella sua forma più semplice, da e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> pianta circolare ed alzatotroncoconico che si concludeva con un terrazzo. In questo tipo <strong>di</strong>monumento i vani sono coperti a “falsa cupola” (tholos) sovrappostigli uni agli altri e raccordati da una scala elicoidale che corre nellospessore murario sino a sfociare nel terrazzo.Quando questo tipo <strong>di</strong> nuraghe, per sopravvenute necessità, vieneampliato, si ha l’aggregazione <strong>di</strong> due, tre, quattro e più torri unite traloro da cortine rettilinee oppure da bastioni ad andamento concavoconvesso.Si venivano così a creare delle imponenti fortezze dai cui16


spalti era possibile tenere sotto controllo il largo territorio circostanteper sventare possibili attacchi del nemico o per sorvegliare e custo<strong>di</strong>reil bestiame. Sono e<strong>di</strong>fici, questi, che impostavano sulla verticalitàla <strong>di</strong>stribuzione degli spazi coperti a falsa volta (tholos), raggiungendocosì notevoli altezze.Di contro, il secondo tipo <strong>di</strong> nuraghe, è quello detto “a corridoio” perla prevalente presenza <strong>di</strong> corridoi più o meno numerosi, più o menolunghi, più o meno tortuosi. Essi, coperti da lastroni, acquistano talvoltala valenza <strong>di</strong> veri e propri ambienti <strong>di</strong> vita. Le camere sonogeneralmente piccole e non raggiungono mai notevoli altezze, contrariamentea quanto avviene nei nuraghi a tholos ove l’ogiva viene asua volta <strong>di</strong>visa da soppalchi in legno che raddopiano così le capacitàabitative dell’ambiente. In rari casi, come nel nuraghe <strong>Albucciu</strong> <strong>di</strong><strong>Arzachena</strong>, ampi vani chiusi a tholos e stretti corridoi convivono inun unico monumento.Anche nei nuraghi a corridoio il terrazzo esercita una funzione fondamentaleper la vita della comunità, e questo è particolarmente evidentesoprattutto perché la <strong>di</strong>sposizione orizzontale dei vani allargandoenormemente le <strong>di</strong>mensioni del terrazzo rendeva possibile losvolgersi <strong>di</strong> larga parte delle occupazioni della giornata.In Gallura sono presenti entrambi i tipi <strong>di</strong> nuraghi, con un prevaleredel tipo a tholos soprattutto nelle zone pianeggianti, mentre il tipo acorridoio utilizza le formazioni granitiche delle alture, spesso addossandosiad esse e sfruttandone le articolazioni per crearvi piccoli vanio corridoio. Allo stato attuale delle nostre conoscenze non è possibiledefinire con certezza la genesi del nuraghe a corridoio volendoin<strong>di</strong>viduare aree <strong>di</strong> origine del tipo architettonico o <strong>di</strong> influenze culturali.Potrebbero avere giocato un ruolo fondamentale la conformazionetormentata della roccia granitica e i numerosissimi anfratti (itafoni) presenti in altissimo numero in tutta la regione.Assistiamo pertanto, anche in Gallura, a quel fenomeno ben notoanche in Corsica, <strong>di</strong> una forte caratterizzazione e <strong>di</strong>fferenziazionedelI’e<strong>di</strong>lizia megalitica che, sebbene non ignota anche in altre zonemontagnose della <strong>Sardegna</strong>, acquisisce legate alla morfologia del terreno,qui, forse per ragioni strettamente imponenza del tutto peculiare.In Corsica i <strong>monumenti</strong> “a torre” assai simili ai nuraghi, sono presentisolo in una limitata area del meri<strong>di</strong>one dell’isola, quella piùprossima alla <strong>Sardegna</strong> e quella che mostra le medesime caratteristi-17


che geologiche e morfologiche.Ma, come si è detto, non era solo il nuraghe ad offrire riparo e protezionealle popolazioni. Sono presenti, infatti, anche delle semplicimuraglie assai larghe e robuste che, correndo da una punta all’altradelle formazioni granitiche più alte, impe<strong>di</strong>vano l’accesso nei puntidella montagna non <strong>di</strong>fesi naturalmente. Si contano oggi circa ventidue<strong>di</strong> queste fortificazioni, e con l’avanzare delle ricerche il loronumero tenderà certamente a salire, denunciando una <strong>di</strong>stribuzioneterritoriale piuttosto uniforme. Nell’area del Comune <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong> sitrova la più nota <strong>di</strong> queste muraglie, ad andamento ondulato e lungaoltre quaranta metri, a <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> strutture, ripari sotto roccia,vani in muratura, terrazzamenti, quanto residua, cioè della frequentazionedell’uomo in età nuagica.Assai scarsa è, a tutt’oggi, la presenza <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> culto e, in particolare,dei templi a pozzo, vale a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quelle costruzioni nelle qualivenivano espletati i culti delle acque. Particolarmente frequenti in territorio<strong>di</strong> Olbia, e soprattutto ai margini della sua piana ove il torrentePadrongianus e il La Fossa con i loro affluenti convogliano versoil mare le acque provenienti dal Limbara e dai monti <strong>di</strong>Berchiddeddu, sono invece, a tutt’oggi sconosciuti nel restante territorio.È <strong>di</strong>fficile poter affermare che la scarsità dei templi a pozzo inGallura possa <strong>di</strong>mostrare una limitata <strong>di</strong>ffusione del culto delle acque<strong>di</strong> vena, mentre è assai probabile che una attenta esplorazione del territoriopossa accrescere anche notevolmente il numero <strong>di</strong> questi e<strong>di</strong>fici.Di particolare interesse è un altro monumento <strong>di</strong> culto sito nelle campagne<strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>: si tratta del tempietto rettangolare <strong>di</strong> Malchittu,nel quale, con ogni probabilità dovevano espletarsi riti comunitaridata la presenza <strong>di</strong> se<strong>di</strong>li lungo il lato destro della camera e <strong>di</strong> unfocolare circolare al centro dell’ambiente.Templi a pozzo e templi “a megaron”, i due tipi or ora descritti, sonodelle costruzioni che, come si è detto, trovano ampli confronti in tuttala <strong>Sardegna</strong>; e come qui anche in Gallura non si conosce la <strong>di</strong>vinitàalla quale i tempietti rettangolari erano de<strong>di</strong>cati, così come ci è ancheoscuro, tranne che per una generica attribuzione ad una <strong>di</strong>vinità delleacque, il <strong>di</strong>o o la dea che dovevano sovrintendere al culto espletatonei templi a pozzo.Già si è parlato delle sepolture dette “tombe <strong>di</strong> giganti” e dell’inqua-18


dramento storico e culturale almeno nelle loro fasi più antiche.La tomba <strong>di</strong> Li Lolghi, infatti, presenta due <strong>di</strong>stinti momenti <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficazione.<strong>Il</strong> più antico <strong>di</strong> essi è costituito da una tomba a galleria che mostral’insolita particolarità d’avere il corridoio d’ingresso più largo del vanosepolcrale. <strong>Il</strong> secondo momento culturale è rappresentato dalla camerafuneraria più bassa, tanto da risultare interrata, che penetra nel corridoiopiù antico inglobandola. I dati archeologici ne <strong>di</strong>mostrano il perduraredell’uso per tutto il decorrere dell’età nuragica, senza variazioni nelrituale funerario, che è quello della deposizione comunitaria, talvolta a<strong>di</strong>numazione primaria, tal’altra secondaria, con la sepoltura delle soleossa dopo l’avvenuta scarnificazione.Spesso sepolcri singoli erano, invece, le tombe in tafoni. Esse sonoricavate nelle grotticelle naturali, con l’aggiunta <strong>di</strong> muretti a seccoche chiudono completamente l’imboccatura del tafone.Per quanto riguarda la cronologia, i due tipi <strong>di</strong> sepolture sembrerebberoessere state in uso contemporaneamente; ma i documenti emersidallo scavo non hanno chiarito fino ad ora se la scelta dell’uno odell’altro tipo possa essere legata a presupposti <strong>di</strong> censo o <strong>di</strong> nascitaL’uso della sepoltura in tafone, come del resto quella in tomba <strong>di</strong>giganti, è <strong>di</strong>ffuso in tutta la Gallura, ma è <strong>di</strong> particolare interesse ilfatto che, assai spesso, come ad es. a Lu Brandali <strong>di</strong> Santa Teresa, ledue specie <strong>di</strong> sepolcri sono presenti contemporaneamente in uno stessocontesto funerario, restituendo le medesime ceramiche e pertantorendendo assai <strong>di</strong>fficile l’inquadramento cronologico <strong>di</strong> ciascun tipo.Dall’insieme dei dati che siamo andati via via esponendo, emerge unquadro generale che si osserva su tutto il resto dell’isola. Certo lanatura aspra del territorio ha in molti casi con<strong>di</strong>zionato mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vitae scelta del sito <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento, così come le tormentate formazionirocciose hanno spesso imposto soluzioni architettoniche del tuttoparticolari.Anche i prodotti della cultura materiale sono perfettamente allineati,per tipo e cronologia, con quelli che si rinvengono in costruzionicoeve del resto della <strong>Sardegna</strong>, <strong>di</strong>mostrando così inequivocabilmentequanto anche questa terra fosse conforme alle vicende storiche e culturali<strong>di</strong> tutto il resto dell’isola e aperta agli scambi e a contatti, purnel rielaborare in maniera personale le esperienza e le idee del patrimonioculturale <strong>di</strong> tutta la <strong>Sardegna</strong>.La presenza all’<strong>Albucciu</strong> <strong>di</strong> lingotti <strong>di</strong> tipo “egeo-cipriota” e <strong>di</strong> panel-19


–––––––––––––––––––––––––––––––––– TAVOLA CRONOLOGICA –––––––––––––––––––––––––––––––––––––500.000 a.C.100.000 a.C.35.000 a.C.10.000 a.C.6.000 a.C.PALEOLITICOINFERIOREMEDIOSUPERIOREMESOLITICOCLACTONIANORIO ALTANA(Perfugas)GROTTECORBEDDU(Oliena)4.000 a.C.3.500 a.C.NEOLITICOANTICOMEDIOSU CARROPPUFILIESTRUGROTTA VERDEBONU IGHINU2.700 a.C.RECENTEOZIERI2.500 a.C.2.000 a.C.1.800 a.C.ENEOLOTICOINIZIALEEVOLUTOFINALESUB OZIERIFILIGOSAABEALZUMONTE CLAROCAMPANIFORME1.600 a.C.1.300 a.C.900 a.C.750 a.C.510 a.C.238 a.C.0476 d.C.ETÀ DEL BRONZOANTICOMEDIOTARDOETÀ DEL FERROORIENTALIZZANTE ARCAICOCIVILTÀ PUNICAETÀ ROMANARECENTEFINALEBONNANAROCIVILTÀNURAGICAFENICIREPUBBLICANAIMPERIALE20


le <strong>di</strong> rame mostra l’esistenza <strong>di</strong> una vivace attività <strong>di</strong> scambi sullascia della quale sono probabilmente giunte anche sollecitazioni e<strong>di</strong>mpulsi che hanno sottratto queste genti dal parziale isolamentodovuto, verso Sud, alle particolari con<strong>di</strong>zioni geografiche e morfologiche.Sebbene le coste presentino in molti casi ottimi porti, apparestrana l’assenza <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici nuragici sulle isole dell’arcipelago maddalenino,ove la presenza dell’uomo preistorico e attestata solo inmaniera spora<strong>di</strong>ca e quasi esclusivamente nelle maggiori delle isole,ove era possibile condurre una esistenza comoda anche se saltuaria acausa delle con<strong>di</strong>zioni particolarmente favorevoli per ospitare piccolinuclei umani e per un tempo limitato.Sembra improbabile che causa <strong>di</strong> questo rifiuto alla creazione <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amentistabili nell’arcipelago possa essere stata l’assenza <strong>di</strong> sorgentid’acqua potabile poiché altrove, come ad esempio nell’isola <strong>di</strong>Mal <strong>di</strong> Ventre, presso Oristano, non certo superiore per ampiezza alleisole galluresi e tanto più lontana <strong>di</strong> queste dalla costa, è attestata lapresenza <strong>di</strong> un grande complesso nuragico. Le cause sono probabilmenteda ricercarsi in altra <strong>di</strong>rezione, forse nelle abitu<strong>di</strong>ni maggiormentelegate alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita sulla terraferma.MARIA LUISA FERRARESE CERUTI21


I MONUMENTI ARCHEOLOGICIDEL TERRITORIO DI ARZACHENA<strong>Il</strong> patrimonio archeologico della zona <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong> può essere consideratofra i più interessanti della <strong>Sardegna</strong>, sia per la densità dei<strong>monumenti</strong> in relazione all’estensione del territorio comunale, sia perla loro varietà (circoli funerari e cultuali, ripari sotto roccia, tafonifunerari, dolmen, nuraghi, muraglie megalitiche <strong>di</strong>fensive e villggifortificati, tempietti nuragici), sia per l’abbondanza <strong>di</strong> dati scientificiche gli scavi in essi effettuati a partire dal 1939 hanno riservato agliarcheologi, proponendo nuove problematiche per la conoscenza dellapreistoria sarda in generale e <strong>di</strong> quella gallurese in particolare.La scoperta dei principali <strong>monumenti</strong> sinora noti si deve all’intuito <strong>di</strong> unbenemerito citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>, Michele Ruzittu (1871-1960), unmaestro elementare meglio noto fra i suoi concitta<strong>di</strong>ni col bonario nome<strong>di</strong> Babboi Micáli. Questi, fecondo <strong>di</strong> iniziative <strong>di</strong> carattere civile e politicoa favore dell’autonomia comunale del paese natio, fu anche autore<strong>di</strong> una appassionata e a tratti fantasiosa “Cronistoria <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>.Dall’età della pietra ai nostri giorni” (Oristano, 1948), un’opera scrittaFig. 1 Circoli funerari <strong>di</strong> Li Muri in una foto <strong>di</strong> scavo.22


– come l’autore stesso <strong>di</strong>ce – “con caldo sentimento patrio”.Fu lo stesso sentimento che lo spinse, fra i sessanta ed i settantanni,a de<strong>di</strong>carsi “alle ricerche ed allo stu<strong>di</strong>o meticoloso <strong>di</strong> <strong>monumenti</strong>d’antichità remote nel territorio del Comune risorto” con l’intento <strong>di</strong>“far risalire l’importanza della regione in tutti i tempi della storia edella preistoria”.<strong>Il</strong> proseguimento delle ricerche e degli scavi scientifici effettuati f›ndal 1940 dalla Soprintendenza alle Antichità della <strong>Sardegna</strong>, intensificatidopo l’istituzione della Soprintendenza Archeologica per leProvincie <strong>di</strong> Sassari e Nuoro, hanno offerto una serie <strong>di</strong> testimonianzeattestanti una successione culturale che partendo dal NeoliticoRecente giunge ad abbracciare l’età romana avanzata.<strong>Il</strong> Neolitico Recente è documentato sia nel suo aspetto civile (MonteIncappiddatu, Pilastru) che in quello funerario (Li Muri e LaMacciunitta), mentre le età dei primi metalli sono testimoniate dadolmen e ripari sotto roccia.I numerosi nuraghi, i villaggi, le tombe <strong>di</strong> giganti, le aree fortificate<strong>di</strong> Monte Mazzolu, Monte Tiana, Punta Candela, ubicate su alturericche dei tipici tafoni abitativi e funerari, attestano invece lo sviluppodella cività nuragica con aspetti peculiari del territorio gallurese.Molto labili sono fino ad ora gli in<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> età punica, limitati appenaal recentissimo rinvenimento, nella tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Moru, <strong>di</strong> unapiccola stele che reca inciso un daleth, e <strong>di</strong> una moneta con testa <strong>di</strong>Tanit e protome equina (300264 a.C.).Le testimonianze <strong>di</strong> età romana delle quali si <strong>di</strong>spone fino ad ogginon sono ancora sufficienti per l’in<strong>di</strong>viduazione del sito <strong>di</strong> TuroboleMinor (o Turibulo Minore), una stazione in<strong>di</strong>cata nell’ltinerariumAntoninianum (III sec. d.C.) a XIV miglia romane da Olbia, e chealcuni stu<strong>di</strong>osi, proponendo la ricostruzione <strong>di</strong> un tracciato costierodella strada, ritengono dovesse essere ubicata nel golfo <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>.Peraltro, tracce della viabilità romana si conservano anche in <strong>di</strong>versisiti della Gallura, come Calangianus, Tempio, Santa Teresa e, naturalmente,Olbia.La presenza dell’attributo “minor” ha fatto ipotizzare, per converso, l’esistenzamai provata <strong>di</strong> Turobole Major (o Turibulo Majore), mentre siticome Viniola, Tibula, Longonis, sono documentati storicamente.ANGELA ANTONA RUJU23


Fig. 2 Circoli funerari <strong>di</strong> Li Muri: planimetria.24


1 La necropoli <strong>di</strong> Li MuriTra i <strong>monumenti</strong> archeologici <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>, la necropoli tardo neolitica<strong>di</strong> Li Muri rappresenta il complesso più noto.Fu infatti la singolarità dei sepolcri che la compongono a far ritenereche si dovesse ravvisare in essi il segno <strong>di</strong> una cultura peculiare allaquale fu data, appunto, la denominazione <strong>di</strong> “cultura dei circolimegalitici” o “<strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>” o “cultura gallurese”.In questa regione, in effetti, i circoli tombali con cista litica trovanouna particolare concentrazione, ma l’approfon<strong>di</strong>mento delle ricercherende oggi meno categorici nel considerare la così detta “cultura deicircoli” come un fenomeno a se stante rispetto alla contemporaneacultura <strong>di</strong> Ozieri, <strong>di</strong>ffusa in tutta la <strong>Sardegna</strong>.La necropoli <strong>di</strong> Li Muri, scoperta nel 1939 da Michele Ruzittu, vennescavata per conto della Soprintendenza alle Antichità della <strong>Sardegna</strong>da Francesco Soldati, stu<strong>di</strong>ata e pubblicata nel 1941 da SalvatoreMaria Puglisi.Essa si compone <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> ciste dolmeniche – ossia piccole celleFig. 3 Circoli funerari <strong>di</strong> Li Muri.25


Fig. 4 Circoli funerari <strong>di</strong> Li Muri.per la sepoltura costituite da lastre infisse a coltello ed una <strong>di</strong> copertura– ciascuna contornata da una serie <strong>di</strong> lastrine <strong>di</strong>sposte a cerchiconcentrici. Questi avevano la funzione <strong>di</strong> contenere, evitandone perquanto possibile il <strong>di</strong>lavamento, un tumulo <strong>di</strong> terra e pietrisco chedoveva ricoprire il piccolo sepolcro.In questa ipotesi, la necropoli nella sua completezza doveva apparirecomposta da un insieme <strong>di</strong> piccole collinette circolari, tangenti fra <strong>di</strong>loro, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro variabile da m. 5,30 a m. 8,50.Nel circolo più esterno <strong>di</strong> ogni sepolcro si sono rinvenuti i resti <strong>di</strong> unmenhir – ossia <strong>di</strong> un cippo <strong>di</strong> pietra che riveste valore sacrale – che,in mancanza <strong>di</strong> dati certi, si presta a <strong>di</strong>verse interpretazioni: essoaveva forse valore <strong>di</strong> “betilo” (dall’ebraico beth-el), ossia <strong>di</strong> “sede del<strong>di</strong>o” che proteggeva i morti; oppure potrebbe aver rappresentato uncontrassegno dei defunti, recando magari simboli <strong>di</strong>pinti sulle superfici.Fra le <strong>di</strong>verse interpretazioni è stato proposto dalla Castal<strong>di</strong> anche unrichiamo all’esperienza etnologica: secondo una credenza <strong>di</strong>ffusapresso vari popoli, lo spirito del defunto, appena spirato, si aggire-26


Fig. 5 Circolifunerari <strong>di</strong> LiMuri: pomi sferoi<strong>di</strong>in steatiteverde e azzurra,dalla Tomba IV.rebbe attorno alle proprie spoglie cercando <strong>di</strong> capire la sua nuovaessenza. In questa ipotesi il cippo poteva costituire il rifugio per quellospirito.Oltre ai menhir, sarebbero legate al culto dei morti le tre piccole cassette<strong>di</strong> pietra (m. 0,40 x 0,50) situate in prossimità dei punti <strong>di</strong> tangenzadei circoli funerari, che dovevano accogliere perio<strong>di</strong>che offerteper i defunti. Non è escluso che tali offerte potessero consistere incibi, magari deposti in contenitori <strong>di</strong> materiale deperibile quale illegno, come ha fatto pensare l’averle ritrovate assolutamente vuote.Purtroppo l’aci<strong>di</strong>tà del terreno granitico non ha consentito neppureche arrivassero fino a noi i resti scheletrici degli inumati delle cistefunerarie, sufficienti per uno stu<strong>di</strong>o antropologico; si sono infatti rinvenutisolo pochi frammenti <strong>di</strong>sfatti <strong>di</strong> ossa lunghe. Questa situazionenon ha quin<strong>di</strong> consentito <strong>di</strong> stabilire il tipo umano cui appartenevail gruppo <strong>di</strong> Li Muri, né il numero degli in<strong>di</strong>vidui deposti in ognisepolcro. È stato ipotizzato che si trattasse <strong>di</strong> sepolture singole,impressione che scaturisce soprattutto dalle <strong>di</strong>mensioni delle ciste.Non si può neppure escludere, tuttavia, che un sepolcro potesse ancheaccogliere più in<strong>di</strong>vidui, soprattutto considerato il fatto che nulla siconosce del rituale <strong>di</strong> sepoltura. Non sappiamo se venisse sepolto ilcorpo nella sua completezza (cioè in deposizione primaria) o sevenissero deposte nella cista i soli resti scheletrici dopo la scarnifica-27


Fig. 6 Circolo funerario <strong>di</strong> Macciunitta.zione (cioè in deposizione secondaria).<strong>Il</strong> rinvenimento nelle tombe <strong>di</strong> ciottoli con residui <strong>di</strong> ocra rossa hafatto anche ipotizzare che questa potesse essere utilizzata per <strong>di</strong>pingerei corpi dei defunti: il rosso è infatti il colore del sangue e dellarigenerazione; il suo uso nelle tombe neolitiche sarde è ampiamentedocumentato.Di particolare importanza sono gli oggetti che componevano i corre<strong>di</strong>che accompagnavano i defunti nei sepolcri. Vi si sono rinvenutiraffinati manufatti in pietra caratterizzati da effetti <strong>di</strong> lavorazione particolarmenteaccurata: una coppetta <strong>di</strong> steatite con due anse a rocchettopieno e fondo ad anello in rilievo; finissime lame in selce,accette triangolari in pietra dura levigata, pomi sferoi<strong>di</strong> forati, <strong>di</strong> funzioneincerta, ipoteticamente ritenuti armi da offesa per il combattimentoravvicinato o insegne <strong>di</strong> comando; infine una serie numerosa28


<strong>di</strong> grani <strong>di</strong> collana in steatite a forma <strong>di</strong> piccole olive, altri sferici e<strong>di</strong>scoidali.Si sono inoltre rinvenuti minuti frammenti <strong>di</strong> manufatti in ceramicad’impasto, privi <strong>di</strong> ornamentazione.Fra tutti gli oggetti descritti, merita particolare attenzione la coppetta<strong>di</strong> steatite poiché trova puntuali confronti in simili esemplari <strong>di</strong>pietra da Creta, isola dalla quale ne è stata ipotizzata l’importazionein <strong>Sardegna</strong> attraverso attività <strong>di</strong> scambio.Richiami extrainsulari sono offerti anche dai pomi sferoi<strong>di</strong>, essendoquesti oggetti noti a Creta ed in Anatolia, nonché nella penisola italiana,in quella iberica ed in Francia. In <strong>Sardegna</strong> trovano una larga<strong>di</strong>ffusione in contesti <strong>di</strong> cultura Ozieri, come pure la coppetta, il largouso degli oggetti in pietra nell’ambito del Neolitico Recente isolano.Per quanto concerne l’architettura, i confronti più vicini per la necropoli<strong>di</strong> Li Muri corrono verso la Corsica, dove le tombe a “coffres” <strong>di</strong>Tivolaggiu (Porto Vecchio), <strong>di</strong> Vasacciu e <strong>di</strong> Monte Rotundu (Sotta),<strong>di</strong> Caleca (Levì), che hanno restituito corre<strong>di</strong> ricchi <strong>di</strong> manufatti inossi<strong>di</strong>ana sarda e <strong>di</strong> altri oggetti <strong>di</strong> pietra, confermano lo stretto rapportoesistente tra la Gallura ed il meri<strong>di</strong>one corso fra la fine del IVe gli inizi del 111 millennio.Se da un lato i resti <strong>di</strong> Li Muri nel loro insieme consentono <strong>di</strong> inserireil fenomeno culturale dei circoli nell’ambito <strong>di</strong> una circolazione <strong>di</strong>beni e <strong>di</strong> idee <strong>di</strong> ampio respiro, dall’altro, i dati materiali non son~sufficienti per tracciare un quadro dell’economia e della società.Non conosciamo neppure le abitazioni del gruppo gallurese in questione;è stato ipotizzato che fossero rappresentate dai numerosi tafonipresenti nei monti circostanti.In proposito, va detto che recenti scoperte hanno posto nuovi interrogativi,essendo stati identificati a circa m. 600 <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza in linea d’ariadalla necropoli, in località Pilastru, resti <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> <strong>di</strong> capanna riferibilialla cultura <strong>di</strong> Ozieri. Resta ora da valutare in quale misura questovillaggio possa avere attinenza con la necropoli a circoli.ANGELA ANTONA RUJU29


Fig. 7Planimetrie <strong>di</strong>tombe a “tafone”:Casanili(1-2), LeCasacce (3), LiConchi (4-5),Malchittu (6-7).Fig. 8 Pianta esezione del“tafone” <strong>di</strong>Balaiana <strong>di</strong>Luogosanto.30


2 MacciunittaProcedendo sulla statale 125 che da <strong>Arzachena</strong> porta a Palau, ci siimmette sulla strada per Bassacutena; si percorrono circa Km. 9 e siincontra sulla sinistra un cancello che reca la scritta della località:Macciunitta.Percorrendo il campo in <strong>di</strong>rezione Ovest si incontra un esempio deltipo monumentale del quale si ha nel territorio <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong> una particolareconcentrazione: il circolo dolmenico.L’esemplare <strong>di</strong> Macciunitta è posto al centro <strong>di</strong> un tumulo terragnoartificiale che forma una piccola collina sul campo pianeggiante. Latomba consiste in una serie <strong>di</strong> lastre infisse a coltello, formanti unacista rettangolare (della quale si conservano soltanto i lati Ovest eSud) ricoperta da un lastrone che appare, oggi, ribaltato verticalmente;è contornata da un dopio anello <strong>di</strong> pietre (<strong>di</strong>ametro m 11) cheaveva la funzione <strong>di</strong> contenere l’accumulo <strong>di</strong> terra e pietrame chedoveva ricoprire tutto l’insieme, e del quale si conservano le traccenella quantità <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong> piccolo taglio visibili entro i limiti del circolo.Un masso oblungo, <strong>di</strong> m. 2,50 <strong>di</strong> altezza, dovrebbe rappresentareil betilo aniconico che in origine doveva esse e eretto ai marginidel tumulo. A breve <strong>di</strong>stanza dalla tomba in questione sono visibili letracce <strong>di</strong> altri due circoli che sorgevano in posizione tangente a quellosopra descritto.Fig. 9 Prospetto del“tafone” <strong>di</strong> Balaiana <strong>di</strong>Luogosanto.31


L’affinità fra questo gruppo tombale e quello della necropoli <strong>di</strong> LiMuri (ve<strong>di</strong> oltre) è testimoniata sia dalle caratteristiche strutturali, siadal materiale culturale rinvenuto nelle due località: oltre ai frammenti<strong>di</strong> ceramica d’impasto assolutamente privi <strong>di</strong> decorazioni, e <strong>di</strong>incerta cronologia, si sono rinvenute un’accetta piatta <strong>di</strong> giadeite,schegge e lamelle <strong>di</strong> ossi<strong>di</strong>ana, e numerosi grani <strong>di</strong> forma allungata esferica in steatire bianca e verdastra, quarziti e porfi<strong>di</strong> (fig. 9).Da tutto ciò si evince per il monumento <strong>di</strong> Macciunitta un’attribuzionecronologica al Neolitico Recente. Nelle rocce dei <strong>di</strong>ntorni si apronovari tafoni utilizzati come sepolture e che, come il circolo <strong>di</strong> “tipoB’ situato a pochi metri da quello <strong>di</strong> “tipo A” prima descritto, hannorestituito frammenti ceramici ritenuti <strong>di</strong> epoca nuragica.ANGELA ANTONA RUJU32


I tafoniChi percorre la Gallura viene attratto in primo luogo dalla singolarità<strong>di</strong> forme bizzarre delle rocce granitiche alle quali molteplici fattorinaturali hanno modellato i caratteristici profili frastagliati. Le serre,le formazioni a cupola, i gran<strong>di</strong> ammassi <strong>di</strong> monoliti prismatici ricchi<strong>di</strong> cavità ed anfratti, oltre ad offrire alla vista capolavori <strong>di</strong> sculturanaturale con il susseguirsi <strong>di</strong> pieni e <strong>di</strong> vuoti nell’austera compattezzadelle rocce, hanno rappresentato per l’uomo, fin dalla piùantica preistoria, ripari naturali.Un ricco bagaglio <strong>di</strong> contenuti culturali, materiali ed etnici, è in particolaredocumentato nelle varie fasi d’uso dei “tafoni”. Con questonome <strong>di</strong> origine corsa vengono in<strong>di</strong>cate quelle grotticelle naturali,caratteristiche del granito, alle quali avrebbero dato origine particolarifenomeni <strong>di</strong> degradazione sia fisici che chimici, avvenuti dall’internoverso l’esterno e dal basso verso l’alto, per un fenomeno <strong>di</strong>capillarità a seguito del quale l’umi<strong>di</strong>tà del terreno, infiltrandosi nellaroccia cristallina, genera processi <strong>di</strong> alterazione parziale dei minerali,dando luogo ad una lenta e progressiva <strong>di</strong>sgr gazione dell’insieme.<strong>Il</strong> conseguente <strong>di</strong>sfacimento del masso granitico nel suo nucleo crea,appunto, la caratteristica cavità. Successive rotture e <strong>di</strong>stacchi <strong>di</strong> porzionidelle pareti dovuti a rapi<strong>di</strong> squilibri <strong>di</strong> temperatura, insiemeall’azione del vento e della pioggia, danno infine origine a fantasioseforme <strong>di</strong> scultura naturale.La presenza numericamente elevatissima <strong>di</strong> tali cavità, la frequenzacon la quale appaiono <strong>di</strong>sseminate nel territorio <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>, la loroutilizzazione come abitazioni, tombe, ripostigli, stalle, a secondadello spazio offerto al loro interno, hanno determinato un fenomenoculturale assai <strong>di</strong>ffuso e caratterizzante, in una certa misura ancoravivo nei manufatti anche <strong>di</strong> età contemporanea che, appoggiati arocce tafonate, assolvendo la funzione <strong>di</strong> stalla e ripostiglio, costituisconobellissimi esempi <strong>di</strong> architettura rustica, dove l’elemento naturalee quello artificiale si fondono in un insieme armonico ed equilibrato.Lo storico Vittorio Angius, nel descrivere, nel 1840, i costumi dellacultura pastorale gallurese, poneva in risalto il perpetuarsi dell’usodei tafoni: “Le caverne, che (chi sa quanti secoli ad<strong>di</strong>etro?) furono ilricovero degli uomini, che venivano primi coloni <strong>di</strong> questa terra, ser-33


vono ancora <strong>di</strong> abituro a molti pastori. Va’ tra i monti <strong>di</strong> Arsachena enelli scavamenti naturali delle roccie granitiche, vedrai non pochefamiglie povere, che vivono del latte della greggia e ora arrostisconogli agnelli e i capretti, ora le fiere che colsero con le armi; e vedrai i<strong>di</strong>sagi che immaginiamo tollerati dagli uomini quando erano ignari <strong>di</strong>tutte le arti che sono alla como<strong>di</strong>tà della, vita”.L’utilizzazione dei taloni è attestata dalla preistoria fino ai nostrigiorni anche per sepolture; basti pensare che tale uso era ancora praticato,fino a pochi decenni orsono, fra gli abitanti delle campagne,soprattutto nella stagione invernale, quando l’inclemenza del temporendeva <strong>di</strong>fficile il trasporto dei defunti nelle fosse comuni annessealle chiese campestri, delle quali si possono ancora osservare numerosiesempi. Se si considera poi che, come attesta l’Angius, inGallura si cominciò a seppellire in regolari cimiteri solo nella secondametà del secolo scorso, risulta chiaro come, soprattutto nelle campagnepiù lontane da questi, abbia potuto protrarsi l’uso della sepolturain tafone I fino alle porte dei nostri giorni. Ad una sepoltura delsecolo scorso I appartengono, ad esempio, due scheletri <strong>di</strong> un tafonein località Malchittu, rinvenuti insieme a frammenti <strong>di</strong> tessuto <strong>di</strong> lino,resti <strong>di</strong> una camicia, ed adagiati su un giaciglio <strong>di</strong> rami e frasche cherichiama l’uso attestato dal già citato Angius: “I viciniori concorronoa trasporI tare il cadavere sur un feretro <strong>di</strong> rami e frasche”.<strong>Il</strong> rinvenimento frequentissimo <strong>di</strong> resti scheletrici all’interno dellegrotticelle, giustificato dalla gente del luogo con la convinzione chesi trattasse delle vittime <strong>di</strong> pestilenze, ha anche acceso la fantasiapopolare: si è cos› <strong>di</strong>ffusa la leggenda della “musca machedda”, unamosca malefica ed insi<strong>di</strong>osa, “manna cant’è lu capu d’un boiu”(grande quanto la testa <strong>di</strong> un bue), che volando gettava terrore col fragoredelle ali, per cui gli uomini, nel tentativo <strong>di</strong> sfuggirla, si rifugiavanonei tafoni, dove morivano <strong>di</strong> fame o <strong>di</strong> sete. Non avevano sortemigliore coloro i quali subivano la puntura mici<strong>di</strong>ale del terribileinsetto quando questo riusciva a raggiungerli dentro le grotte, poichécadevano in un sonno profondo dal quale non si svegliavano più.Una simile leggenda è <strong>di</strong>ffusa anche nella vicina Corsica; <strong>di</strong> essa èriportata notizia in una delle “Cronache” <strong>di</strong> Giovanni della Grossa(fine XIV - inizi XV secolo), il quale, nel descrivere la presenza <strong>di</strong>resti scheletrici all’interno dei tafoni, racconta che Orso Alemanno,capo depravato dei genovesi <strong>di</strong> Bonifacio, uso ad esercitare lo ius pri-34


mae noctis sulle spose dei vassalli, venne ucciso da un tal Piobbetta,promesso sposo <strong>di</strong> una delle vittime. Ad un anno dalla morte, dallatomba <strong>di</strong> Orso scappò una mosca che nell’arco <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni avevaassunto le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un bue, ed attraversando i territori del Freto<strong>di</strong>sseminava terrore e morte con le sue unghie; col suo alito fetido,che <strong>di</strong>sseccava persino le piante, raggiungeva ed uccideva gli uominiche si erano rifugiati negli anfratti rocciosi. Ancora una volta fuPiobbetta ad uccidere il nemico con l’aiuto <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>co pisano, mamorì a sua volta per non essersi immunizzato contro gli effetti letalime<strong>di</strong>ante determinati unguenti che lo stesso me<strong>di</strong>co gli aveva prescritto.La leggenda della “musca maschedda” sembra, dunque, fare da ecoalla citata credenza che le ossa nei tafoni appartenessero alle vittimedella peste. In effetti è probabilmente da riconoscersi nel mito la simbolicarappresentazione <strong>di</strong> pestilenze e carestie che afflissero le dueisole per molti secoli, oltre alla figurazione allegorica <strong>di</strong> fatti e personaggiappartenenti alla storia.Per quanto concerne l’età preistorica, I’uso <strong>di</strong> abitazioni e sepolturein tafoni ed in anfratti rocciosi riguarda sia esemplari isolati, sia raggruppamentipiù o meno numerosi aperti lungo le pen<strong>di</strong>ci delle alture,o fra i gran<strong>di</strong> ammassi rocciosi. Sono frequenti, infatti, nel territorio<strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>, piccoli villaggi nei quali le abitazioni sono costituiteda più o meno ampi ripari sotto roccia che, con integrazioni <strong>di</strong>muratura a secco lungo il profilo ed all’interno del vano, possonoanche comporsi <strong>di</strong> più ambienti. Molto spesso compaiono sistemi <strong>di</strong>zeppatura delle fen<strong>di</strong>ture presenti nelle pareti o sulla coperturame<strong>di</strong>ante pietrame, argilla o malta <strong>di</strong> fango. Talvolta lo spazio abitativoè esteso anche all’esterno del riparo, me<strong>di</strong>ante la sistemazionedella zona antistante l’ingresso, con pietrame ben assestato in unasorta <strong>di</strong> massicciata.Le sepolture sono invece ottenute negli anfratti e nei tafoni menoospitali, non utilizzabili come abitazione per le ridotte <strong>di</strong>mensioni oper l’esposizione.L’insieme <strong>di</strong> più tafoni assume talvolta l’aspetto <strong>di</strong> vero e proprioinse<strong>di</strong>amento fortificato <strong>di</strong>fesi da poderose murature che sbarranopossibili passaggi, guardato da torri d’avvistamento poste al culminedella formazione granitica nella quale i ripari si aprono, o sulle alturecircostanti. In questo senso va citato come esempio il villaggio <strong>di</strong>35


Monte Candela; qui i numerosi tatoni ed i circoli <strong>di</strong> “tipo B” (circoliprivi <strong>di</strong> cista litica, da taluni ritenuti legati presumibilmente a ritifunebri precedenti la sepoltura e da altri ambienti <strong>di</strong> vita) <strong>di</strong>sseminatisull’altipiano costituiscono i <strong>monumenti</strong> dell’area funeraria o civiledel gruppo umano che, fin dalle prime fasi dell’età nuragica (fasi IIII), aveva stabilito la propria <strong>di</strong>mora nei primi sicuri ripari sotto rocciaubicati nella parte più elevata del monte.5 Monte IncappiddatuANGELA ANTONA RUJU<strong>Il</strong> monumento costituisce uno degli esempi più significativi <strong>di</strong> utilizzazionedelle emergenze granitiche caratteristiche del territorio.Situato in località La Sarra, inglobato ormai fra le più recenti costruzioni<strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>, vi si giunge percorrendo tutta la Via Lamarmora.È costituito da un’emergenza granitica tondeggiante, sulla sommitàdella quale poggia un masso che per la particolare conformazione adombrello è detto anche “il fungo”. L’ampio riparo presente al <strong>di</strong> sottodel “cappello”, integrato lungo i lati con massi e murature a secco chesi conservano per qualche tratto, mostra i segni dell’antica frequentazione.Lo spazio utile parrebbe essere stato esteso ulteriormenteanche all’esterno del riparo, me<strong>di</strong>ante il riempimento dei vuoti e delleconcavità presenti sulla superficie dell’emergenza.Le in<strong>di</strong>cazioni cronologiche concernenti i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> utilizzazionesono offerte dallo scavo effettuato nel 1959 nel riempimento <strong>di</strong> uncrepaccio che corre dalla sommità alla base della formazione rocciosa,e nel quale si sono <strong>di</strong>stinti cinque livelli. Quelli inferiori, oltre aceramiche d’impasto inornate simili a quelle rinvenute nei circoli <strong>di</strong>Li Muri e Macciunitta, hanno rilevato la presenza <strong>di</strong> forme vascolarie decorazioni tipiche della <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong> Ozieri (vasi a cestello, ciotolecarenate, decorazioni a bande tratteggiate, etc.), ed un’industria liticaattestata da scarti <strong>di</strong> lavorazioni dell’ossi<strong>di</strong>ana e da grosse lame egrattatoi <strong>di</strong> selce e quarzite. <strong>Il</strong> materiale <strong>di</strong> questi primi due strati fornisceun dato certo per l’in<strong>di</strong>viduazione dei momenti più antichi <strong>di</strong>utilizzazione del riparo: il Neolitico Recente, ossia l’arco cronologicocompreso fra il 3500 ed il 2700 a.C.La sequenza stratigrafica dei livelli successivi mostra, fino al primo,36


la presenza <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> vasi riconducibili a momenti culturali dellaciviltà nuragica.E ad epoca nuragica, inoltre, che devono riferirsi i circoli <strong>di</strong> pietre(forse resti <strong>di</strong> capanne) situati a circa 150-200 metri a Nord <strong>di</strong> MonteIncappiddatu, segnalati in numero consistente ai primi degli anni ‘40,ma dei quali si è ormai persa ogni traccia.Sono stati, invece, sepolti dalle costruzioni <strong>di</strong> tempi recenti i resti delvillaggio nuragico (del quale si hanno solo fondate notizie verbali)che si estendeva verso Est e SudEst ai pie<strong>di</strong> del Monte.4 Alonte MazzoluANGELA ANTONA RUJUDi particolare interesse per la tipologia dell’inse<strong>di</strong>amento rispecchiantele caratteristiche appena descritte è anche il sito <strong>di</strong> MonteMazzolu, del quale è auspicabile la visita, tenendo, però, nella dovutaconsiderazione il fatto che il raggiungimento del sito presenta particolari<strong>di</strong>fficoltà sia per la natura aspra del luogo, sia per la mancanza<strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni stradali e <strong>di</strong> un sentiero adeguato che consenta <strong>di</strong>guadagnare la cima del monte con non eccessiva fatica.Vi si giunge percorrendo fino al sesto chilometro la strada che da<strong>Arzachena</strong> conduce a Bassacutena; giunti in località Pilastru, sulladetra della strada, si procede a pie<strong>di</strong> per circa m 500 in <strong>di</strong>rezioneNord, verso il Monte Mazzolu. Si tratta <strong>di</strong> un’altura granitica, ricca<strong>di</strong> tafoni e anfratti, che per la sua conformazione <strong>di</strong> roccaforte naturalefu scelta dalle genti nuragiche come luogo <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento e <strong>di</strong>fortificazione. Esso si innalza imponente dominando la piana che,incisa dal fiume Liscia, si estende verso Sud fino alle alture <strong>di</strong>Luogosanto, e verso Nord fino al golfo <strong>di</strong> Palau.Tale estensione <strong>di</strong> territorio è costellata <strong>di</strong> numerosi siti <strong>di</strong> età preistorica;l’inse<strong>di</strong>amento, infatti, sembra avervi prosperato, favoritodalle risorse ambientali particolarmente idonee allo sviluppo <strong>di</strong> culturead economia agropastorale.<strong>Il</strong> Monte Mazzolu è costituito nella parte superiore da due corpi rocciosiseparati l’uno dall’altro da una depressione pianeggiante nellaquale si aprono numerosi ripari abitabili. Dei due spuntoni, quello piùelevato termina alla sommità con un bastione <strong>di</strong>feso naturalmente37


dalla conformazione scoscesa delle pareti. L’ascesa del monte dovevaavvenire attraverso un canale che corre sul versante orientale,facilmente controllabile dall’alto, lungo il quale si notano residui <strong>di</strong>muratura in grosse pietre. Nel punto <strong>di</strong> accesso all”’arce”, i resti <strong>di</strong>una costruzione circolare <strong>di</strong> m. 4 <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro sembrerebbero in<strong>di</strong>carela presenza <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> posto <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a.I versanti orientale ed occidentale del monte, meno sicuri per la presenzadel varco fra i due spuntoni granitici, conservano i resti evidentidella fortificazione artificiale. Nel primo si notano terrazzamenti,adattamenti della roccia, residui <strong>di</strong> muratura. Le pen<strong>di</strong>ci occidentalifurono protette, invece, da quella che oggi costituisce lacostruzione più appariscente e meglio conservata dell’intero complesso:un’imponente muraglia dall’andamento sinuoso unisce fraloro i due spuntoni granitici, formando un solido sbarramento <strong>di</strong>fensivo.La lunghezza è <strong>di</strong> m. 43, lo spessore murario me<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> m.2,20; l’altezza residua è <strong>di</strong> m. 3.La cronogia del sito è in<strong>di</strong>cata soltanto dagli scavi effettuati in dueripari sotto roccia, dove gli strati culturali <strong>di</strong>stinti hanno documentatol’utilizzazione dell’area in età naragica, fra il XVI ed il X secoloa.C.ANGELA ANTONA RUJUI COMPLESSI NURAGICITra i <strong>monumenti</strong> del territorio <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong> che meritano una particolareattenzione sono i complessi nuragici.Costituiti da e<strong>di</strong>fici d’abitazione, da fortezze, da luoghi <strong>di</strong> culto efunerari offrono, nel loro insieme, un quadro assai completo dellavita che doveva svolgersi all’interno <strong>di</strong> questi agglomerati. Le loro<strong>di</strong>mensioni sono assai varie: dai grossi nuraghi cui facevano capopopolosi villaggi <strong>di</strong> decine e decine <strong>di</strong> capanne e numerose sepolture,esistono anche complessi <strong>di</strong> entità assai più modesta, ed altriancora composti da piccoli nuraghi, poche capanne ed una solatomba <strong>di</strong> giganti.In taluni casi, poi, semplici nuraghi monotorre, isolati nella campagnao arrocciati su formazioni rocciose, sotto il crollo o l’interamen-38


Fig. 10 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: veduta aerea.Fig. 11 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: prospetto.39


Fig. 13 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: sezioni.Fig. 12 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: planimetria allo svettamento (in alto) e al pianoterra(in basso).41


to dovuto agli agenti naturali nascondono strutture murarie pertinentia bastioni, capanne, luoghi <strong>di</strong> culto che solo l’opera dello scavatorepuò quantificare nella loro reale consistenza.Non sempre questi complessi sono nati e si sono ingran<strong>di</strong>ti contemporaneamente:in taluni casi è il nuraghe a venir costruito per primomentre in altri casi è invece il villaggio a sorgere per primo, e a questonucleo si è aggiunto poi la costruzione più importante, il nuraghe.Si Iratta, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> agglomerati nei quali si consumava l’intera vita <strong>di</strong>popolazioni che, se da un lato potevano vantare una cultura <strong>di</strong> altolivello, con una ampia conoscenza <strong>di</strong> tecniche artigianali del metallo,del legno, della pietra che consentivano una fiorente attività <strong>di</strong> scambio,dall’altra, sulla base <strong>di</strong> quanto si va osservando nello scavo <strong>di</strong>numerosi abitati, il tenore <strong>di</strong> vita doveva essere quanto mai semplice,con una economia basata soprattutto sull’allevamento del bestiame,sull’agricoltura, vale a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> tutte quelle occupazioni che impegnanouna comunità nell’arco <strong>di</strong> una giornata.Fig. 14 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: il monumento visto da Sud.42


Fig. 15 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: interno della cella A e, nel fondo, l’ingresso allanicchia B.5 <strong>Il</strong> complesso nuragico <strong>di</strong> <strong>Albucciu</strong><strong>Il</strong> nuragheUbicato sul margine occidentale della piana <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>, il nuraghe<strong>Albucciu</strong> è posto a poche decine <strong>di</strong> metri dalla strada Olbia-Palau,2,300 Km a SE dell’abitato <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>, in località Malchittu.La costruzione si erge, addossata alla roccia contro la quale si mimetizza,con ampia visuale sulla pianura circostante, ad abbracciare daimonti <strong>di</strong> S. Pantaleo a Sud-Est alle alture che gradualmente si innal-43


Fig. 16 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: parete <strong>di</strong> prospetto con i mensoloni “in situ”.zano dai monti <strong>di</strong> Luogosanto, a Ovest, sino a culminare, sul fondo aSud-Ovest, nel massiccio del Limbara.La formazione granitica alla quale si addossa il monumento nuragicooccupa una leggera sopraelevazione del terreno, con orientamento44


Nord-Sud, che con<strong>di</strong>ziona l’andamento delle strutture del nuraghe econseguentemente la sua forma.La fortezza ha un impianto sub ettangolare con angoli arrotondati e<strong>di</strong>l massimo sviluppo della costruzione si ha lungo il lato Est, ove èanche aperto l’ingresso. La roccia naturale, che costituisce, come si èdetto, il supporto <strong>di</strong> base <strong>di</strong> tutto l’e<strong>di</strong>ficio, ha sostituito in molti casile strutture murarie, <strong>di</strong>venendo struttura anch’essa, e conferendo |all’insieme un aspetto massiccio pur nella complessa articolazionedei vani. Si tratta pertanto <strong>di</strong> una <strong>di</strong> quelle costruzioni che vengonodenominate come si è detto, “nuraghi a corridoio” e che sono tantofrequenti in Gallura.L’opera muraria è in granito ed impiega blocchi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni me<strong>di</strong>ee gran<strong>di</strong> non rifiniti a scalpello; tracce <strong>di</strong> lavorazione mostrano invecel’architrave ed i mensoloni. [I piano del terrazzo è pavimentatocon l’impiego <strong>di</strong> ciottoli fluviali raccolti, con ogni probabilità, lungole vicine rive del rio Bucchilalgu.La lunga facciata del nuraghe, ad andamento rettilineo con angoliarrotondati, è scan<strong>di</strong>ta, quasi al centro, da otto mensoloni sporgentisul filo della muratura, quanto resta <strong>di</strong> una serie certamente piùnumerosa ora andata <strong>di</strong>strutta, che coronava la sommità dell’e<strong>di</strong>ficioe che aveva lo scopo <strong>di</strong> ostacolare la scalata alla fortezza dall’esterno.Una balaustra <strong>di</strong> legno doveva ergersi sopra le mensole, forse anchepiuttosto alta, con la doppia funzione <strong>di</strong> offrire riparo ai <strong>di</strong>fensori delnuraghe e <strong>di</strong> proteggerli dai rischi <strong>di</strong> una caduta dall’alto del terrazzo.Di questa balaustra si è rilevata traccia nei grossi grumi <strong>di</strong> argillacon impronta <strong>di</strong> rami rinvenuti negli scavi alla base del monumento,e lungo il margine del terrazzo, dove erano caduti quando l’azione deltempo aveva <strong>di</strong>strutto il supporto ligneo e frammentato l’intonacoche lo ricopriva.Al centro della facciata e decentrato rispetto alle mensole, si aprel’ingresso al nuraghe, con luce rettangolare, architravato, e sopraeleI vato <strong>di</strong> due gra<strong>di</strong>ni rispetto al piano <strong>di</strong> campagna. È volto ad Ested I immette in un breve an<strong>di</strong>to c. Quest’ultimo ha pianta trapezoidalee copertura formata da due lastroni orizzontali <strong>di</strong>stanziati traloro. Subito oltre la soglia dell’ingresso, aperte nelle spalle murarieed affiancate all’architrave, sono due nicchiette, una per parte, chedovevano ospitare gli estremi <strong>di</strong> un tronco che aveva la funzione <strong>di</strong>45


tener salda la porta d’ingresso una volta che questa fosse stata incastrata,in basso, in una sede formata da un incavo che corre nel pavimentoparallelo alla soglia. La porta, poi, presumibilmente in legno,doveva venir sospesa ad una corda che, passando attraverso un condottorettangolare che attraversa tutto lo spessore del soffitto, era fissatain alto, sulla sommità del terrazzo. Un simile accorgimento nepermetteva una più agevole manovrabilità all’atto dell’apertura edella chiusura anche in considerazione del notevole peso che essadoveva avere per opporre una valida resistenza a chi tentasse <strong>di</strong> forzarla.Sul fondo dell’an<strong>di</strong>to, dove esso ha la massima larghezza, si notano,affrontati, gli ingressi a due vani: sulla destra, ampio e comodo, quellodella camera a; sulla sinistra, basso e stretto, quello del corridoio e.In questo punto il soffitto dell’an<strong>di</strong>to, da gradonato quale era nelprimo tratto, lascia il posto ad una pseudocupola molto bassa perriprendere, poi, a gradonata ascendente in corrispondenza della scalache, senza soluzione <strong>di</strong> continuità, ha inizio alla fine dell’an<strong>di</strong>to,coassiale alla porta d’ingresso.La camera a doveva costituire, tra i vani al livello del piano <strong>di</strong> campagna,quello nel quale era possibile soggiornare, sia pure temporaneamente,date le sue maggiori <strong>di</strong>mensioni sia in piano sia in alzato.Ha pianta ellittica e le pareti, benché aggettanti, non si chiudono aformare una falsa cupola: un grande lastrone interrompe bruscamentela curva del muro e chiude la sommità del vano.Coassiale all’ingresso della camera a si apre, con una porta sormontatada una sottile lastra che funge da architrave che delimita in bassoun ampio tineslrino <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> forma trapezoidale, la nicchia b,anch’essa a pianta ellittica. Le pareti della nicchia sono state impostate<strong>di</strong>rettamente sulla roccia naturale che emerge in più punti; la afalsa cupola. <strong>Il</strong> piano <strong>di</strong> pavimento è più basso rispetto a quello <strong>di</strong> aper consentire un più agevole passaggio attraverso una porticina rettangolarericavata scalpellinando opportunamente una apertura naturaledella roccia. Essa introduce in un basso corridoio bla, percorribilestando carponi e che consentiva, a chi avesse voluto uscire dalnuraghe, <strong>di</strong> sbucare sulla fiancata settentrionale del monumento,sotto due massi naturali affiancati. <strong>Il</strong> corridoio è ricavato sfruttandoun cunicolo naturale che presenta il tratto più prossimo alla portapavimentato da un acciottolato, mentre per il resto è risparmiato nella46


Fig.17 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: ingresso al vano N.47


viva roccia.Sulla spalla sinistra dell’an<strong>di</strong>to d’ingresso c, come si è detto, si apreil vano e costituito da un lungo, basso e stretto corridoio ad andamentocurvilineo. La porta d’accesso è architravata, <strong>di</strong> luce trapezoidale,resa scomoda perché parzialmente occupata dal primo gra<strong>di</strong>nodella scala.Sulla destra, all’altezza dell’architrave, è una nicchietta, forse perdeporvi oggetti <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ata necessità o una lucerna che illuminassel’an<strong>di</strong>to d’ingresso. Tutta la fiancata destra del corridoio è risparmiatanella roccia la quale ha, evidentemente, con<strong>di</strong>zionato la forma delvano.La copertura è costituita da <strong>di</strong>eci lastroni affiancati posti a piattabanda;il pavimento è formato da un lastricato <strong>di</strong> piccole pietre. La ridottaaltezza del cunicolo (I I 1,50 nel punto massimo) non consente, achi lo percorre, la posizione eretta: non è improbabile, pertanto, chedovesse essere utilizzato quale deposito per attrezzi o derrate.Senza soluzione <strong>di</strong> continuità rispetto all’an<strong>di</strong>to <strong>di</strong> ingresso si ha,coassiale alla porta del monumento, I’inizio della scala d che, artico-Fig. 18 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: veduta prospettica prima degli scavi.48


Fig. 19 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: uscita della scala sul terrazzo.lata in due rampe intervallate da un pianerottolo, porta al terrazzo.La prima <strong>di</strong> queste due rampe è coperta da lastroni piattabandati<strong>di</strong>sposti, come si è detto, a g: adonata ascendente; la seconda nondovette forse essere mai coperta, come probabilmente non dovevaesserlo, o esserlo solo parzialmente, il pianerottolo.La parete che delimita a sinistra la prima rampa della scala si prolungaoltre il pianerottolo fino ad incontrare ad angolo retto il paramentoesterno della camera n, nel punto in cui si apre la porta d’accessoalla camera stessa ed alla quale si giungeva <strong>di</strong>rettamente dalterrazzo me<strong>di</strong>ante una scala in legno ubicata nel cortiletto m.Quest’ultimo doveva avere la funzione <strong>di</strong> consentire l’areazione el’illuminazione della camera n.È questo l’ambiente più grande <strong>di</strong> tutta la costruzione, ove era possibilesoggiornare con una certa como<strong>di</strong>tà e dove, con ogni probabilità,era possibile trascorrere la notte anche ad un numero consistente <strong>di</strong>persone.Ha pianta subcircolare con spesse murature in gran<strong>di</strong> blocchi <strong>di</strong> gra-49


Fig. 20 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: olla biansata con ciotola <strong>di</strong> copertura rinvenutasul terrazzo e contenente frammenti <strong>di</strong> lingotti <strong>di</strong> tipo egeo, <strong>di</strong> panelle e <strong>di</strong>spade votive.nito. Tutta la parete Ovest è risparmiata nella roccia naturale e suquesta si eleva quanto resta dei filari che, restringendosi ad aggetto,dovevano formare la copertura del vano. Un piccolo arma<strong>di</strong>etto siapre nella parete Est mentre in quella Sud è un’apertura a sguincio,bifora, sormontata all’interno da un architrave; essa doveva assicurareil ricambio dell’aria all’interno del vano e contribuire alla sua illuminazione.<strong>Il</strong> pavimento è un acciottolato che in alcuni punti pareggiala roccia naturale emergente. Un breve se<strong>di</strong>le lungo il lato Est èstato costruito in funzione del focolare, al centro della camera, nelsemicerchio formato da due spuntoni granitici naturali.La camera n doveva in origine elevarsi notevolmente sul livello delterrazzo occupando, così, un ampio volume interno che era poi <strong>di</strong>visoin due piani da un soppalco in legno che occupava tutta l’area dellacamera stessa. Probabilmente il collegamento tra la parte superiore equella inferiore veniva assicurato da una scala lignea che dal pavimentogiungeva ad una botola aperta nel soppalco. È facile che anche50


Fig. 21 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: particolare del vaso con bronzi rinvenuto sul terrazzo.Fig. 22 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: particolare del rinvenimento <strong>di</strong> una ollettamonoansata.51


dal terrazzo si potesse accedere a questa seconda camera attraversouna qualche porta <strong>di</strong> cui però non resta alcuna traccia. L’esistenza delsoppalco è provata dalla gran<strong>di</strong>ssima quantità <strong>di</strong> grumi d’argilla conimpronte <strong>di</strong> rami che si rinvennero particolarmente numerosi nellostrato 5 e che vi si accumularono quando, per ragioni a noi sconosciute,esso crollò e, con esso, l’intonaco che lo ricopriva.L’imponente crollo della parte alta delle murature sigillò la ricca stratigrafiache si era andata formando durante la vita della costruzione eche venne messa in luce dagli scavi.Strato 1:Strato 2:Strato 3:Strato 4:Strato 5:crollo delle strutture della parte alta della camera. Lemoltissime pietre che lo componevano non erano ugualiper peso e grandezza ma andavano ingrandendosi manmano che si giungeva verso il basso. La sommità delcrollo era costituita <strong>di</strong> lastre e lastrine granitiche.strato culturale corrispondente all’ultimo momento <strong>di</strong>vita della costruzione. Lungo la parete Ovest e nell’angoloNordovest si rinvennero ancora “in situ” un ciotolonecarenato con impresso sul fondo un cerchiello ad“occhio <strong>di</strong> dado”, un vaso “a bollilatte” ed una ollettacon orlo ingrossato a cordone. Questo strato si è formatodopo un abbandono temporaneo della costruzione.strato sterile corrispondente al periodo <strong>di</strong> abbandono delnuraghe.strato culturale. Molto ricco <strong>di</strong> ceramiche tra le quali siricordano ollette con alto collo <strong>di</strong>stinto, ciotole carenatecon anse a gomito rovescio, alti pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> vasi a fruttiera,tegami e, tra questi, alcuni con decorazione impressa apettine, forse per la cottura delle focacce. Numerosi ipesi per fuso, biconici o cilindrici e, <strong>di</strong> particolare interesseai fini della cronologia, un pugnaletto votivo inbronzo con elsa gammata decorato sulla lama da incisionia spina <strong>di</strong> pesce nonché tre perline in pasta vitreaverdechiaro. Sono presenti alcuni grumi <strong>di</strong> intonaco conimpronte straminee.strato culturale. È caratterizzato dalla presenza <strong>di</strong> duefocolari, uno al centro della camera ed uno sotto l’arma<strong>di</strong>ettodella parete Est. Numerose le ceramiche che non52


Strato 6Strato 7:si <strong>di</strong>versificano, per altri tipi e forme, da quelle dellostratoprecedente. Numerosissimi i grumi <strong>di</strong> intonaco.strato culturale. È questo il più ricco <strong>di</strong> manufatti ceramicie litici e corrisponde al primo momento <strong>di</strong> vitanellacostruzione. Numerosi sono i vasi a bollitoio, talunicon il coperchio formato da un <strong>di</strong>sco fittile forato al centro,le olle con orlo ingrossato a cordone, le ciotole cono senza carena, i tegami alcuni dei quali con impressionea pettine, i pesi da fuso. Di particolare interesse unaspiana che reca impressa, su una faccia, l’impronta delfondo <strong>di</strong> un canestro. Tra i reperti liti i numerosi pestellie macinelli, una accetta in scisto e, particolarmentefrequenti, pezzi <strong>di</strong> pietra pomice solcati da profondeincisioni lasciate, persfregamento, durante l’affilatura,lame <strong>di</strong> bronzo. Si interrompe il focolare sotto l’arma<strong>di</strong>ettoma continua il grande focolare centrale ai marginidel quale erano numerose ghiande carbonizzate.Numerosi frammenti ceramici erano presenti fra la terradell’acciottolato pavimentale, alcuni infiltratisi, per calpestio,dallo strato 6, altri probabilmente contenuti nellamalta<strong>di</strong> fango che lega le pietre del pavimento.L’ampio terrazzo che si stende su tutta la costruzione, oltre a raccordaretra loro i vani che su esso si aprivano, aveva anche la funzioned’ consentire un facile movimento <strong>di</strong> uomini qualora si rendessenecessaria una <strong>di</strong>fesa del monumento.Tutta la fascia che corre parallela al limite della costruzione è pavimentata,come si è detto, da un acciottolato e su <strong>di</strong> essa si aprono ~vanl costruiti sul terrazzo; solo al centro è risparmiata un’area subcircolaredelimitata da un filare <strong>di</strong> pietre, dove dovettero certamentesvolgersi alcune attività, dato l’altissimo numero <strong>di</strong> reperti ceramiciqui rinvenuti.<strong>Il</strong> versante Ovest della costruzione è costituito quasi tutto dalla vivaroccia ma, nell’angolo Nordovest si erge una torre, la cui camerasuperiore p si apre sullo spalto, verso Sud. Questo vano funge da<strong>di</strong>simpegno anche per altri due ambienti, due scale con andamentoopposto <strong>di</strong> cui la prima <strong>di</strong>scendente, a tratti costituita dalla viva roccia,verso il centro della costruzione per sbucare in un finestrino che53


Fig. 23 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: frammento<strong>di</strong> situla in bronzo decorata damotivi fitomorfi in stile orientalizzante(dal terrazzo).Fig. 24 <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>: spianacon impronta <strong>di</strong> intreccio vegetale.54


Fig. 25 Tempietto <strong>di</strong> Malchittu: planimetria.55


si apre, a Nord, dove la muratura si addossa alle formazioni naturali.La seconda invece è una ripida ma bene articolata rampa che corre adOvest nello spessore murario e che porta ad un piccolo ambiente oraparzialmente crollato.A Nord del terrazzo si erge un corpo rettangolare che racchiude unacameretta q a pianta ellittica e con forte aggetto delle pareti; l’ingresso,leggermente sopraelevato sul piano del terrazzo, si apre su unambiente circolare o, in <strong>di</strong>retta comunicazione con il terrazzo. <strong>Il</strong>vano q doveva essere coperto e su <strong>di</strong> esso doveva ergersi un terrazzoraggiungibile da una scaletta (residuano ora solo tre gra<strong>di</strong>ni) visibilelungo il lato Est <strong>di</strong> questo corpo rettangolare. Pertanto, quando ilnuraghe era in uso, sopra il piano del terrazzo dovevano sorgere trecorpi <strong>di</strong> fabbrica: verso Sud la torre n con la sua camera superiore,verso Ovest la torre p e verso Nord la struttura terrazzata del vano q.In corrispondenza al tratto <strong>di</strong> terrazzo che è coronato dalle mensole,durante l’ultimo conflitto mon<strong>di</strong>ale, venne ricavata una piazzola permitragliatrice che ha alterato profondamente la situazione originaria.Ciò nonostante, nel suo complesso, il nuraghe <strong>Albucciu</strong> consente unabuona lettura delle sue parti strutturali e buone possibilità <strong>di</strong> interpretarequello che il tempo ha irrime<strong>di</strong>abilmente <strong>di</strong>strutto.Si è già detto che il nuraghe <strong>Albucciu</strong>, per le sue caratteristiche struttive,non rientra nei canoni “classici” <strong>di</strong> quelle costruzioni che vannosotto il nome <strong>di</strong> nuraghi e che sono caratterizzate da torri troncoconichecon vani sovrapposti, spesso variamente aggregate tra loro.Nell’<strong>Albucciu</strong> la <strong>di</strong>stribuzione degli spazi interni avviene lungo <strong>di</strong>rettriciorizzontali, con il risultato che tutto l’insieme si presenta bassoe tozzo e che neppure le torri che dovevano in antico emergere dalpiano del terrazzo ne accrescevano lo slancio. Significativa è anche lapresenza dei corridoi i quali acquistano la valenza <strong>di</strong> veri e proprivani <strong>di</strong> <strong>di</strong>simpegno.Ma sebbene questo monumento possa a ragione inquadrarsi nellaclasse dei nuraghi a corridoio, la “tholos”, anche se abnorme per nonessere completamente svolta, denuncia esperienze costruttive perfettamenteassimilate perché note da lungo tempo.Benché alcune caratteristiche strutturali, quali la copertura a piattabandadegli spazi, sembrerebbero in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> arcaismo, pure non sideve <strong>di</strong>menticare che la natura stessa del granito, con facce <strong>di</strong> fratturaortogonali, consentiva l’impiego <strong>di</strong> tecniche non sempre ottenibili56


con altri tipi <strong>di</strong> pietra e che tali tecniche possono essere state utilizzateanche per un lasso <strong>di</strong> tempo molto lungo.Una contemporaneità cronologica tra alcuni nuraghi “a tholos” e,quanto meno, il nuraghe <strong>Albucciu</strong>, è provata dalle caratteristichecomuni dei reperti rinvenuti negli scavi.Le ceramiche sono tutte ascrivibili a forme e tipi ben noti inquadrabilinelle classi delle stoviglie d’uso. Si tratta <strong>di</strong> ciotoline e ciotoleemisferiche e carenate, <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> vasi per la conservazione delle derrate(ziri) o per la cottura e la lavorazione <strong>di</strong> prodotti alimentari (olle)e, soprattutto, <strong>di</strong> tegami <strong>di</strong> ogni forma e misura. Non mancano i bollitoiper la lavorazione dei derivati del latte.I tegami, oltre che per la consumazione degli alimenti, dovevanovenire impiegati per la cottura <strong>di</strong> focacce e, nel tal caso, sono decoratida impressioni a pettine che occupano tutta la parete interna delrecipiente, sul bordo e sul fondo.Nell’ultimo momento <strong>di</strong> vita della costruzione, dopo un periodo <strong>di</strong>temporaneo abbandono del nuraghe, si hanno forme e tipi nuovi <strong>di</strong>recipienti, quali i “bollilatte”, o le ciotole carenate con impressioni adocchio <strong>di</strong> dado.<strong>Il</strong> materiale bronzeo restituito dagli scavi non è molto ma, nel complesso,assai significativo.<strong>Il</strong> rinvenimento più importante è costituito da un’olletta biansata,coperta da una ciotola carenata, rinvenuta sotto una delle lastre delpavimento del terrazzo, ove era stata nascosta, piena <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> ramee rottami <strong>di</strong> bronzo, tesaurizzati in attesa <strong>di</strong> venire impiegati per qualchenuova fusione; alcuni pezzi <strong>di</strong> lingotto del tipo c.d. “cretesecipriota”,ascrivibili alla Tarda Età del bronzo, erano i reperti piùimportanti ai fini della cronologia e dei rapporti culturali.Inoltre, sempre sul terrazzo, si rinvennero un frammento <strong>di</strong> situla <strong>di</strong>bronzo con motivi fitomorfi, in stile orientalizzante e databile allaseconda metà del VII sec. a.C. ed un bronzetto <strong>di</strong> orante. La statuinanonostante una certa sommarietà nell’esecuzione è certamente benpiù antica; alla stessa epoca del bronzetto, poi, è da rapportare ilpugnaletto votivo con elsa gammata rinvenuto nello strato 4 dellacamera n.Vaghi biconici <strong>di</strong> filo <strong>di</strong> bronzo attorcigliato, un anello <strong>di</strong> bronzo condecorazione a treccia, vaghi cilindrici sempre in bronzo, provengonodal corridoio bl a ed una rotella bronzea a quattro raggi dall’an<strong>di</strong>to57


Fig. 26 Tempietto <strong>di</strong> Malchittu prima degli scavi.d’ingresso c.In conclusione, il nuraghe <strong>Albucciu</strong> <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong> si presenta come unmonumento del più alto interesse sia per il suo buono stato <strong>di</strong> conservazionesia perché ha restituito nel corso dell’esplorazione archeologica,dati <strong>di</strong> estrema importanza per una conoscenza <strong>di</strong> questo particolaretipo <strong>di</strong> nuraghe e per il suo inquadramento da un punto <strong>di</strong>vista cronologico e culturale. Infatti i materiali rinvenuti nello scavoconsentono <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are le mo<strong>di</strong>ficazioni formali delle ceramiche nell’arco<strong>di</strong> vita del nuraghe e, per quanto riguarda le decorazioni, confermanol’anteriorità delle ceramiche impresse a pettine su quelledecorate a cerchielli ad occhio <strong>di</strong> dado.Nell’ambito <strong>di</strong> una cronologia assoluta, gli strati archeologici si sonoformati nelle età convenzionali C 14 tra il 1060 ed il 720 a.C., mentresu base archeologica il tempo <strong>di</strong> vita del nuraghe si è svolto tra lafine del Bronzo Me<strong>di</strong>o e il Bronzo Finale, con una ripresa, sia purebrevissima, nell’Età del Ferro, dopo un temporaneo abbandono dellacostruzione (cfr. Tabella cronologica).58


Fig. 27 Tempietto <strong>di</strong> Malchittu prima degli scavi.<strong>Il</strong> villaggioTracce <strong>di</strong> abitazioni in capanna si sono rinvenute nell’area circostanteil nuraghe, sia sulla fronte dello stesso, sia nell’ampio tratto pianeggianteaperto verso il fiume Bucchilolgu. Un intenso spietramentooperato in epoche <strong>di</strong>verse ha cancellato quasi completamente lestrutture in elevato lasciando sul terreno la testimonianza <strong>di</strong> rari frammenticeramici usurati dal tempo.La TombaMARIA LUISA FERRARESE CERUTIRitornando sulla strada per Olbia, percorsi circa un centinaio <strong>di</strong>metri, si imbocca sulla sinistra un viottolo sul quale si affaccia latomba pertinente al complesso in questione (ve<strong>di</strong> scheda della“Tomba Moru”, pag. 62).59


6 <strong>Il</strong> complesso <strong>di</strong> MalchittuNon in pianura come l’<strong>Albucciu</strong>, ma arroccato sulle alture che delimitanoa Nord la piana <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>, si trova un altro complessod’età nuragica costituito da una grande capanna circolare, un nuragheun e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> culto ed una numerosa serie <strong>di</strong> tafoni funerari.Questo piccolo nucleo nuragico si trova ubicato ai margini <strong>di</strong> una vallettaparallela al corso del Riu Bucchilalgu e che sfocia nella pianache circonda a Sud il golfo <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>. Alle costruzioni si sale e sidoveva salire anche in antico, aggirando il monte da Nord- Est e percorrendouno stretto sentiero che si insinua tra la fitta vegetazione ele formazioni rocciose.<strong>Il</strong> nuraghe ed il tempietto, a 130 m s.l.m., sono situati in un breveavallamento che si inserisce tra le due cime granitiche alte rispettivamentem 149 e 140, da cui si dominano completamente la valle sottostantee gli sbocchi <strong>di</strong> questa al mare da una parte, e la piana <strong>di</strong><strong>Arzachena</strong> dall’altra; il nuraghe <strong>Albucciu</strong> è da qui perfettamente visibile,anche se oggi nascosto parzialmente dalla fitta vegetazione.La capannaUbicata notevolmente più in basso rispetto alle due costruzioni citate,e prima ad incontrarsi per chi sale, è una grande capanna circolaretutt’ora a tratti assai bene conservata (alt. mass. m 2 sul crollo; <strong>di</strong>ametro5,90) costruita alla base dell’altura rocciosa in un punto nelquale la pen<strong>di</strong>ce settentrionale del monte si interrompe per dar luogoad un breve terrazzamento.Notevoli le <strong>di</strong>mensioni delle pietre dei primi filari, con una tendenzaa <strong>di</strong>minuire gradualmente <strong>di</strong> volume man mano che la muratura siinnalza. Non vi è traccia apparente dell’ingresso anche se sembrerebbepotersene in<strong>di</strong>viduare l’ubicazione verso Sud-Ovest, vale a <strong>di</strong>rein <strong>di</strong>rezione delle altre costruzioni del complesso, opponendo a chiproveniva dalla valle una parete compatta e mimetizzata dalle alterocce a ridosso delle quali la capanna è stata costruita.Non si osservano all’interno spazi sussi<strong>di</strong>ari (nicchie, nicchioni, etc.)che solo lo scavo potrebbe in<strong>di</strong>viduare, né è possibile stabilire la presenza<strong>di</strong> un eventuale atrio.60


Fig. 28 Tempietto <strong>di</strong> Malchittu: prospetto.Fig. 29 Tempietto <strong>di</strong> Malchittu: veduta laterale.61


L’aggetto presentato dalle pareti, perfettamente leggibile nel punto <strong>di</strong>massima altezza della costruzione, è notevole e potrebbe far pensaread una copertura a falsa volta della capanna, se a questa ipotesi nonostasse il ridotto spessore murario (m 0,90) in relazione al notevole<strong>di</strong>ametro del vano e la presenza <strong>di</strong> un crollo assai esiguo e non taleda potersi attribuire ad una “tholos” rovinata; considerando anchel’ubicazione del complesso, in una zona fortemente recessa e noninteressata da spietramenti, una copertura lignea <strong>di</strong> tronchi convergentiverso il centro e coperti da frasche per assicurare l’impermeabilizzazioneè certamente più probabile.Proseguendo la salita, per una stretta gola piuttosto scoscesa e chepresenta a tratti adattamenti operati in antico, si giunge all’insellaturae si incontrano sulla sinistra, i ruderi <strong>di</strong> un nuraghe addossato allapunta rocciosa e, sulla destra, il tempietto.La muragliaProseguendo verso il margine orientale <strong>di</strong> questa insellatura, che suquesto lato è accessibile, anche se a fatica, per un cammino reso <strong>di</strong>fficiledalla morfologia del terreno e dalla rigogliosa macchia me<strong>di</strong>terranea,si osservano i resti <strong>di</strong> una muraglia <strong>di</strong>fensiva ad andamentorettilineo <strong>di</strong> cui restano solo, a tratti, pochi filari.<strong>Il</strong> nuraghe<strong>Il</strong> nuraghe è oggi completamente sepolto da una enorme congerie <strong>di</strong>crollo che ne occulta totalmente le murature residue e che non consentealcuna ipotesi sulla entità delle strutture conservatesi. Si in<strong>di</strong>viduanoqua e là tratti murari ma, allo stato attuale delle cose, è impossibileleggere, sulle rovine, un qualche andamento degli ambienti edelle murature.È probabile che l’impiego <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni piuttosto contenutesia stato la causa prima del crollo del nuraghe, che si è abbattutoanche, in parte, sul vicino e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> culto.<strong>Il</strong> tempietto<strong>Il</strong> tempietto è una costruzione a pianta subrettangolare con andamen-62


to arrotondato, quasi ad abside, della muratura <strong>di</strong> fondo. Esso è <strong>di</strong>visoin due parti ben <strong>di</strong>stinte: un atrio ed un corpo principale che racchiudeun’unica grande camera.L’atrio ha pianta irregolarmente quadrangolare e, mentre la spallamuraria alla sinistra <strong>di</strong> chi entra è quasi perfettamente rettilinea e perpen<strong>di</strong>colarealla facciata, quella <strong>di</strong> destra ha un andamento curvilineo,con<strong>di</strong>zionato dalla morfologia del terreno, ed accompagna,senza soluzione <strong>di</strong> continuità, la curva <strong>di</strong> tutto l’impianto murario.Solo la parte terminale <strong>di</strong> questo muro appare oggi leggermente slittataverso l’interno a causa della pressione esercitata dal crollo delvicino nuraghe, che ha investito il piccolo vestibolo pur senza provocarnela rovina e causando un certo degrado dei soli filari più alti.In origine le spalle dell’atrio dovevano avere la stessa altezza delcorpo principale dell’e<strong>di</strong>ficio e pertanto si può ragionevolmente ipotizzareche anch’esso dovesse essere coperto da una struttura ligneaa doppio spiovente.<strong>Il</strong> lato dell’ingresso doveva essere completamente aperto mentre suquello <strong>di</strong> fondo spicca la facciata del tempiet o, culminante in altocon un frontoncino che, benché in <strong>di</strong>screte con<strong>di</strong>zioni, non conservaperò l’altezza originaria. Vi si vede l’impiego <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> granito<strong>di</strong> piccole, me<strong>di</strong>e e gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni posti in opera per lo più senzaessere stati preventivamente sbozzati: solo gli stipiti dell’ingressomostrano una attenta scelta dei blocchi che sono anche <strong>di</strong> pezzaturamaggiore.La luce della porta è delimitata in alto da un sottile e lungo architravesormontato da un ampio finestrino <strong>di</strong> scarico, anch’esso architravato.Questo accorgimento costruttivo, presente in quasi tutti gli e<strong>di</strong>fici<strong>di</strong> età nuragica, ha lo scopo <strong>di</strong> alleggerire il peso della strutturanel punto <strong>di</strong> maggiore debolezza, vale a <strong>di</strong>re in corrispondenza dellaluce della porta, per evitare il ce<strong>di</strong>mento dell’architrave. Poiché, inquesto caso, la muratura non doveva raggiungere una grande altezza,pari forse a non più <strong>di</strong> un metro al centro della facciata, è da pensareche il finestrino sia stato adottato sia in ottemperanza ad una prassie<strong>di</strong>lizia cristallizzatasi nel tempo, sia nel timore che la strutturalignea della copertura potesse gravare eccessivamente sul muro, siaperché esso doveva espletare anche la funzione <strong>di</strong> presa d’aria e <strong>di</strong>luce quando la porta lignea, che doveva chiudere l’ingresso, fossestata sbarrata.63


Superato l’ingresso si entra in un brevissimo an<strong>di</strong>to formato dallospessore dei due architravi che delimitano la porta, quello della facciatae quello dell’interno. Poco sotto gli architravi, nelle spalle delmuro, vi sono due nicchiette rettangolari simili a quelle vistenell’<strong>Albucciu</strong>, per la chiusura della porta lignea.Atrio e corridoio d’ingresso sono lastricati con blocchi <strong>di</strong> granitobene accostati; solo nell’angolo sinistro dell’atrio, tra la facciata e laspalla sinistra, la roccia naturale affiora per una certa altezza. Non èchiaro se essa sia stata risparmiata intenzionalmente per costituirecome una sorta <strong>di</strong> bancone, previo adattamento delle irregolaritàdella pietra con ciottoli e malta <strong>di</strong> fango.La grande camera, che occupa i due terzi dell’ampiezza dell’e<strong>di</strong>ficio, hapianta subrettangolare con gli angoli arrotondati, più accuratamentequelli della parete <strong>di</strong> fondo, ove tutto l’andamento murario tende versola linea curva. Essa non presenta vani sussi<strong>di</strong>ari e si allunga sullo stessoasse dell’ingresso. Un bancone piuttosto alto è appoggiato al murodel fondo, rettificandone la concavità, e<strong>di</strong>ficato forse per accogliere exvotoo il simbolo del culto. Non a caso, infatti, è in prossimità <strong>di</strong> essoche si rinvenne il maggior numero <strong>di</strong> elementi ceramici anche interi,purtroppo completamente triturati dal groviglio delle ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> un grossoleccio cresciuto alla base del bancone stesso.Lungo il lato destro della camera, due gra<strong>di</strong>ni occupano la parte centraledel vano, ove forse doveva essere un se<strong>di</strong>le per l’officiante mentrele persone ammese a presenziare alle operazioni <strong>di</strong> culto dovevanotrovare posto ai lati, lungo un basso gra<strong>di</strong>no. Un alto gra<strong>di</strong>no sitrova, in prossimità del bancone, sul lato opposto.Decentrato rispetto al centro dello spazio riservato all’officiante,davanti ad esso, è un focolare circolare formato da una serie <strong>di</strong> lastrinebene accostate tra loro e legate da malta <strong>di</strong> fango.Quattro nicchiette, due sul lato sinistro e due su quello destro, scan<strong>di</strong>sconole pareti della camera e due <strong>di</strong> queste sono simmetricamente<strong>di</strong>sposte ai lati del bancone, forse per accogliere gli arre<strong>di</strong> del culto.Inoltre nell’angolo formato tra la parete anteriore e quella destra siapre una lunga feritoia, forse a controllare la salita verso il tempiettoo forse quale presa d’aria e, limitatamente, <strong>di</strong> luce.Sul lato sinistro, una serie <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni è <strong>di</strong>sposta asegmento <strong>di</strong> cerchio ma non appartengono al primo impianto dell’e<strong>di</strong>ficio.Esse furono sistemate in un secondo momento, quando i gra-64


<strong>di</strong>ni ed il focolare erano già coperti dall’interramento. Questa situazioneha consentito <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare due <strong>di</strong>stinti momenti <strong>di</strong> vita deltempio, uno più antico certamente legato al culto; uno più recentedenunciante una frequentazione civile e spora<strong>di</strong>ca dell’e<strong>di</strong>ficio.La copertura del vano, come quella dell’atrio, era a doppio spioventecon una trave <strong>di</strong> colmo che doveva poggiare al centro dei due frontoncini,quello della facciata e quello del fondo, al quale s’appoggiavano,trasversalmente, i travetti che sostenevano le frasche. <strong>Il</strong> pavimentopiù antico è formato da un acciottolato assai regolare, quellopiù recente da un battuto d’argilla.Lo stato <strong>di</strong> conservazione dell’ed ficio è quasi integrale, cosa che neaumenta l’interesse e che consente a chi lo osserva <strong>di</strong> interpretareagevolmente l’aspetto originario. È questo un monumento unico nelsuo genere e solo parziali confronti sono istituibili con altri <strong>monumenti</strong>rettangolari nuragici, i così detti tempietti “a megaron” <strong>di</strong> SerraOrrios <strong>di</strong> Dorgali, <strong>di</strong> Domu de Orgia <strong>di</strong> Esterzili e <strong>di</strong> Sos Nurattolos<strong>di</strong> Alà dei Sar<strong>di</strong>, solo per citare i più noti. L’indagine archeologica hainteressato, <strong>di</strong> tutti i <strong>monumenti</strong> del complesso nuragico, il solo tempietto,quel monumento che, per originalità e stato <strong>di</strong> conservazione,meglio si prestava ad offrire dati scientifici <strong>di</strong> interesse. Essa hamesso in evidenza, all’interno della camera, due strati archeologiciben <strong>di</strong>stinti e separati tra loro da uno strato sterile (il battuto pavimentale)in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una parziale ristrutturazione dell’e<strong>di</strong>ficio.<strong>Il</strong> tempietto non dovette avere un lasso <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> vita molto lungocome è <strong>di</strong>mostrato dall’esigua altezza degli strati, e la sua utilizzazionedovette venire interrotta per abbandono del sito più che per eventi <strong>di</strong>sastrosi;non si osservarono, infatti, durante gli scavi, tracce d’incen<strong>di</strong>o o<strong>di</strong> devastazione; inoltre totalmente assenti risultarono essere i manufatti<strong>di</strong> bronzo, forse asportati al momento dell’abbandono del sito. Laceramica rinvenuta sia nel primo che nel terzo strato (il secondo comesi è detto, era sterile) mostra caratteristiche comuni ed è costituita per lamaggior parte, da bassi tegami, spesso con orlo ribattuto all’esterno, daciotole carenate e da vasi biconici decorati da costolature verticali <strong>di</strong>varia lunghezza che partono dall’orlo. Nel complesso essa presentacaratteri <strong>di</strong> affinità con altra rinvenuta nel nuraghe Chessedu <strong>di</strong> Uri, nelvillaggio <strong>di</strong> Sa Turricula <strong>di</strong> Muros, nella sepoltura ipogeica <strong>di</strong> Oridda <strong>di</strong>Sennori in provincia <strong>di</strong> Sassari e nella tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Monte des’Ape <strong>di</strong> Olbia. Tutti questi elementi concorrono a fissarne la cronolo-65


Fig. 30 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Moru: veduta aerea.gia a tempi del Bronzo Me<strong>di</strong>o non troppo inoltrato, nella stagione checonobbe l’affermarsi via via sempre più prepotente del fenomeno delmegalitismo nuragico.Tombe in tafoniLungo tutto il versante orientale dell’altura, seminascoste dalla fittavegetazione, si rinvennero 6 sepolture in tafone <strong>di</strong> cui la sesta attribuibilea tempi assai recenti.È probabile che ancora altre tombe si celino lungo l’aspro versantedella montagna, oggi non visibili, a costituire la necropoli degli abitatoridel complesso nuragico <strong>di</strong> Malchittu.Lo scavo del tempietto <strong>di</strong> Malchittu venne intrapreso nel <strong>di</strong>cembredel 1967, proprio per la singolarità delle sue strutture e l’ottimo stato<strong>di</strong> conservazione che fecero sperare un esito quanto mai positivo dell’indaginescientifica; come si è visto, le premesse non andarono<strong>di</strong>sattese.66MARIA LUISA FERRARESE CERUTI


Fig. 31 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Moru: planimetria.67


Fig. 32 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Moru: prospetto.Le tombe <strong>di</strong> gigantiFra i <strong>monumenti</strong> del territorio <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong> meritano particolareattenzione le così dette tombe <strong>di</strong> giganti.Dalle loro notevoli <strong>di</strong>mensioni scaturisce il motivo ispiratore dei leggendaripersonaggi evocati nel nome, ai quali la tra<strong>di</strong>zione ha attribuitoquesti maestosi sepolcri, noti in Gallura anche col nome <strong>di</strong>“tumbi <strong>di</strong> li pala<strong>di</strong>ni”.Si tratta, in realtà, <strong>di</strong> sepolture comunitarie, rappresentate in<strong>Sardegna</strong> da svariate centinaia <strong>di</strong> esemplari; attorno ad esse si sonosviluppate numerose problematiche circa la genesi, l’evoluzione, lacronologia, le unità culturali e sociali che le hanno costruite e utilizzate.È ormai opinione della maggior parte degli stu<strong>di</strong>osi che si sia giuntia questo tipo <strong>di</strong> tomba attraverso un lungo processo <strong>di</strong> evoluzionearchitettonica che prende le mosse dal semplice dolmen, monumento68


megalitico basato sul principio del trilite ed introdotto in <strong>Sardegna</strong> apartire dal Neolitico Recente.<strong>Il</strong> successivo anello <strong>di</strong> sviluppo sarebbe da riconoscersi nella tombaa galleria, o allée couverte, costruzione funeraria costituita da un corridoiocoperto da lastroni tabulari, nella foggia <strong>di</strong> un dolmen allungato,molto <strong>di</strong>ffuso nell’ambito culturale del megalitismo europeo; leallées sono riferite nel contesto sardo ad un arco cronologico compresofra l’Età del Bronzo Antico e gli inizi del Bronzo Me<strong>di</strong>o.La speciale rielaborazione sarda della allée couverte avrebbe condottoinfine alla tomba <strong>di</strong> giganti.E questa una costruzione, come si è detto, composta da un vanosepolcrale rettangolare racchiuso in un corpo absidato nella parte terminale,che si allarga sulla fronte in due bracci <strong>di</strong> muratura delimitanti,in forma semicircolare, I’area dell’esedra.L’imponente monumento funerario era destinato ad accogliere numerosesepolture; si sono contate in certi casì svariate decine <strong>di</strong> inumazioni(Lu Brandali e La Testa-Santa Teresa <strong>di</strong> Gallura), in altri se nesono ad<strong>di</strong>rittura registrate oltre 200.A questo proposito non si è ancora chiarito se la tomba <strong>di</strong> gigantifosse utilizzata in<strong>di</strong>stintamente per gli abitanti del villaggio o soloper una parte privilegiata <strong>di</strong> essi. I] numero delle inumazioni riscontrateappare troppo elevato perché si possa pensare ad un solo cetosociale o nucleo famigliare (per esempio la famiglia dei capi, comeda alcuni è stato proposto), pur considerando una lunga durata dell’utilizzazionedella tomba e quin<strong>di</strong> la sepoltura in essa <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse generazioni. Va tenuto nella dovuta considerazione ancheil fatto che i resti scheletrici rinvenuti si riferiscono ad in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong><strong>di</strong>verse fasce <strong>di</strong> età (bambini, giovani, vecchi), sia <strong>di</strong> sesso maschileche femminile.Un altro problema riguarda il rituale <strong>di</strong> sepoltura. Si sono infattiriscontrate sia inumazioni primarie – ossia la sepoltura del corpointatto del defunto subito dopo la morte – sia secondarie – ossia ladeposizione nella tomba dei soli resti scheletrici.L’area della tomba destinata al culto è costituita dall’esedra; essa rappresentala parte <strong>di</strong> maggiore monumentalità della costruzione, carattereaccresciuto dalla presenza <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> lastre infisse verticalmentea formare un semicerchio. Esse sono <strong>di</strong>sposte ai lati dell’elementopiù significativo <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> tomba: la stele, costituita da69


Fig. 33 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Moru: vaso in “situ”.un alto lastrone ortostatico (o due sovrapposti verticalmente), postain posizione centrale davanti all’ingresso del corridoio funerario. Sipresenta quasi sempre <strong>di</strong> forma semiellittica, ornata lungo tutto ilprofilo perimetrale da una cornice a rilievo piatto, e da un listello trasversaleche sud<strong>di</strong>vide la parte superiore arcuata da quella inferiorenella quale si apre il portello d’ingresso al sepolcro.Diverse sono le interpretazioni proposte in relazione al significatodella stele, vista da alcuni come la traduzione in pietra <strong>di</strong> una portalignea presunta propria <strong>di</strong> certe allées courertes; altri vi hanno vistoun evidente segnacolo funerario con yalore <strong>di</strong> menhir; altri ancorauna falsa porta, o porta dell’oltretomba; altri hanno proposto <strong>di</strong> leggervila riproduzione prospettica <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio sacro.Imponente, benché meno monumentale rispetto a quello appenadescritto, è anche un altro tipo <strong>di</strong> esedra i cui bracci sono costituiti dafilari <strong>di</strong> pietre sovrapposti, con l’ingresso al corridoio architravato.L’area dell’esedra, nella quale è quasi sempre presente un se<strong>di</strong>le o70


ancone che corre alla base delle pietre che la coronano, era destinataalle cerimonie legate al culto dei morti, funzione che è attestata dalrinvenimento in essa <strong>di</strong> resti <strong>di</strong> offerte e dalla presenza <strong>di</strong> betili, pietre<strong>di</strong> valore sacrale evocanti la <strong>di</strong>vinità.L’insieme <strong>di</strong> tali elementi, uniti alla monumentalità complessivá <strong>di</strong>queste tombe, suggeriscono il fatto che esse non dovevano esprimeresemplicemente la solennizzazione del seppellimento, quin<strong>di</strong> ilmomento del <strong>di</strong>stacco dell’in<strong>di</strong>viduo dalla comunità dei viventi, masoprattutto dovevano costituire la sede del culto dei morti, secondoun’ideologia religiosa che doveva basare uno dei propri car<strong>di</strong>ni nellaFig. 34 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Moru: ceramiche “in situ”.71


credenza nell’al<strong>di</strong>là, riservando ai defunti una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinizzazione.In questa ipotesi potrebbe riconoscersi nell’esedra delle tombe <strong>di</strong>giganti il luogo nel quale si consumava il rito dell’incubazione, delquale riferiscono numerose fonti letterarie; da Aristotele e suoi commentatori,a Tertulliano e a Solino. Secondo tali.fonti era consuetu<strong>di</strong>nedegli abitanti della <strong>Sardegna</strong> dormire vicino alle tombe sostandovi,immersi nel sonno in uno stato <strong>di</strong> incoscienza, anche per <strong>di</strong>versigiorni. Lo scopo era quello <strong>di</strong> ricevere consigli dagli eroi antenati, o<strong>di</strong> guarire da ossessioni.In relazione ai problemi esistenti attorno alle tombe <strong>di</strong> giganti, quiappena enunciati, gli esemplari <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong> sono considerati fraquelli più significativi.7 MoruLa tomba <strong>di</strong> Moru costituisce il monumento sepolcrale pertinente alnuraghe <strong>Albucciu</strong>, dal quale <strong>di</strong>sta circa 80 metri a Nordest.Le notizie date da Michele Ruzittu, che in<strong>di</strong>cava l’esistenza nellazona <strong>di</strong> una tomba, hanno trovato conferma nel febbraio 1988, quandolavori per l’allargamento della strada poderale che costeggia ilmonumento hanno posto in evidenza la parte superiore <strong>di</strong> alcunelastre <strong>di</strong> delimitazione del corridoio <strong>di</strong> sepoltura. Lo scavo archeologico,effettuato subito dopo, ha portato alla luce quanto resta dellatomba.Costituita da un corpo rettangolare a lastroni piani, contornato da untumulo <strong>di</strong> pietrame anch’esso dal profilo rettangolare, sarebbe daclassificarsi tra le allèes couvèrtes. La presenza sulla fronte <strong>di</strong> duebracci <strong>di</strong> muratura che delimitano l’area dell’esedra consente, tuttavia,<strong>di</strong> considerarla fra le tombe <strong>di</strong> giganti.Manca, però, proprio nell’area cerimoniale, la monumentalità checaratterizza le vicine tombe <strong>di</strong> Li Lolghi e <strong>di</strong> Coddu Vecchiu. AMoru, infatti, l’esedra è definita da una serie <strong>di</strong> blocchi e piccolelastre che non esprimono, certamente, lo stesso intento estetico emonumentale, segno del senso <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>osità che muoveva l’animodei costruttori delle due tombe suddette.Né sembra plausibile supporre che il filare dei blocchi in questione72


potesse fungere da supporto ad eventuali lastroni ortostatici <strong>di</strong>velti edasportati nel corso dei secoli. Al momento dello scavo, infatti, lacompattezza e la colorazione omogenea del suolo erano tali da nonlasciare facilmente ipotizzare l’antica presenza <strong>di</strong> altri elementi strutturaliora non più presenti. A queste caratteristiche del terreno vaaggiunto il rinvenimento <strong>di</strong> una notevole quantità <strong>di</strong> frammenti e vasiceramici ben accostati alla base dei suddetti blocchi, destando l’impressioneche si trovassero nella loro posizione originaria.Sembra dunque <strong>di</strong> dover irnmaginare in questa tomba un prospetto inmuratura a secco, realizzata con blocchi <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>mensioni, chevedeva anche l’impiego <strong>di</strong> lastre <strong>di</strong> fattura più accurata in prossimitàdell’ingresso al sepolcro.Le ali dell’esedra, oltre a delimitare l’area cultuale, assolvono soprattuttoad una funzione <strong>di</strong> contenimento del tumulo – o meglio dellapiccola collina artificiale, creata con l’accumulo <strong>di</strong> pietrame e terraaddossato ad un breve declivio naturale del terreno – all’interno delquale si sviluppa la tomba.Non si è rinvenuta traccia <strong>di</strong> un’eventuale stele, mentre una lastra rettangolare<strong>di</strong> m. 0,40 x 0,50 rinvenuta infissa <strong>di</strong> fronte all’entrata e riutilizzata,come si vedrà, in epoca successiva, potrebbe costituire ilchiusino dell’ingresso.Non si è invece identificata la posizione originaria del grosso monoliteche giace rovesciato nella parte destra dell’esedra.<strong>Il</strong> corpo della tomba (lunghezza m 11,30; larghezza m 5,20 circa) siestende sull’asse Est-Ovest ed è delimitato all’esterno da un filare <strong>di</strong>blocchi <strong>di</strong> pezzatura variabile, più piccoli quelli impiegati nei latilunghi, più gran<strong>di</strong> quelli dei lati corti. I1 lato frontale, dall’andamentoconcavo, vede l’impiego <strong>di</strong> lastre verticali; <strong>di</strong> esse resta solo unaparte, ma sembra <strong>di</strong> poterne ipotizzare l’altezza vicina a quella dellelastre utilizzate per il corridoio.Notevole lo spessore murario, variabile da m 1,80 a m 2,25, costituitoda pietrame e terra, in un insieme compatto che offre solido sostegnoalle pareti interne del corridoio sepolcrale, costituite da lastreinfisse verticalmente, <strong>di</strong> altezza variabile, alternate in alcuni punti aparti in muratura a secco ottenuta me<strong>di</strong>ante la sovrapposizione <strong>di</strong>grossi blocchi. Più alta è la lastra terminale, che raggiunge la <strong>di</strong>mensione<strong>di</strong> m 1,70.La lunghezza del corridoio è <strong>di</strong> m 9,10; la sua larghezza va gradual-73


Fig. 35 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Li Lolghi: parte del corridoio funerario piùantico (in primo piano) seguito da quello nuragico. In fondo e vista da retro,la stele centinata con gli ortostati dell’esedra.74


mente restringendosi dall’ingresso verso la parte terminale. Nelprimo tratto, però, due blocchi <strong>di</strong> granito ben squadrati, posati parallelamentealle pareti, restringono l’accesso, formando una sorta <strong>di</strong>piccolo dromos (m. 0,40 x 0,90 circa), particolare presente anche inaltre ombe <strong>di</strong> giganti; l’esempio più vicino è quello <strong>di</strong> Li Lolghi.Non si è purtroppo conservata la copertura, <strong>di</strong>strutta, pare, dalegnaiuoli toscani nel secolo scorso; essa doveva essere costituita dauna serie <strong>di</strong> lastroni tabulari accostati a formare una piattabanda.Residua solo uno <strong>di</strong> essi (m 3,15 x rr 1,10) – che appare lievementeruotato rispetto alla sua posizione originaria e spezzato – sufficiente,Fig.36 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Li Lolghi: veduta aerea.75


Fig. 37 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Li Lolghi: esedra con stele centinata.Fig. 38 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Li Lolghi: particolare della più antica tomba ad“allèe”.76


Fig. 39 Tomba <strong>di</strong>giganti <strong>di</strong> Li Lolghi:planimetria.8’ comunque, a darci l’in<strong>di</strong>cazione dell’altezza del vano che in questopunto è <strong>di</strong> m 1,45.Lo scavo della tomba ha fornito elementi <strong>di</strong> particolare interesse,avendo restituito due <strong>di</strong>stinti livelli <strong>di</strong> utilizzazione documentati dauna notevole quantità <strong>di</strong> materiali culturali, attualmente in corso <strong>di</strong>stu<strong>di</strong>o.All’interno del corridoio, il livello più antico ha restituito una serie <strong>di</strong>vasetti miniaturistici, posati sul pavimento della parte <strong>di</strong> fondo; vi si<strong>di</strong>stingue un vasetto biconico con ansa sulla carena, un altro con orloa tesa esterna orizzontale, una tazza e <strong>di</strong>verse ciotoline monoansate.Le caratteristiche tipologiche dell’insieme sembrerebbero riferibiliall’orizzonte culturale dell’età del Bronzo Me<strong>di</strong>o (cfr. tabella cronologica),lo stesso arco <strong>di</strong> tempo, cioè, nel quale venivano rielaboratele allèes <strong>di</strong> Li Lolghi e <strong>di</strong> Coddu Vecchiu per essere trasformate intombe <strong>di</strong> giganti.Fra i materiali riferibili al livello più recente <strong>di</strong> utilizzazione del77


Fig. 40 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Li Lolghi: particolare della più antica tomba ad“allèe”.78


Fig. 41 Tomba <strong>di</strong>giganti <strong>di</strong> LiLolghi: particolaredel corridoio funerariocon mensolanella parete<strong>di</strong> fondo del vano.sepolcro, sono presenti tazze e ciotole carenate provviste <strong>di</strong> piccolaansa e presina a lingua contrapposte sulla carena.Di particolare interesse è una coppa con alto piede troncoconico rinvenuta,deposta in posizione capovolta, accostata alla lastra <strong>di</strong> fondodel corridoio. La forma della sua vasca (ossia la parte superiore dellacoppa) ripete quella delle tazze carenate sopra dette.Fanno parte dello stesso contesto i frammenti <strong>di</strong> due pugnali ed ungrano d’ambra “ad astragalo”, del tipo detto “del tesoro <strong>di</strong> Tirinto”.L’insieme dei materiali appena descritti riporta all’ambito cronologicodell’età del Bronzo Recente e Finale (cfr. tabella cronologica).Nel Museo Sanna <strong>di</strong> Sassari si conserva una spada votiva in bronzo,rinvenuta forse negli ultimi decenni del 1800, quando il monumento79


fu violato in occasione della costruzione del muretto <strong>di</strong> delimitazionedel podere.Particolarmente interessante si è rivelato lo scavo dell’esedra, dove laconsiderevole quantità delle ceramiche rinvenute costituisce i restidelle offerte deposte, secondo quanto richiesto dal culto dei morti,durante tutto l’arco <strong>di</strong> utilizzazione della tomba.Inoltre, una sacca scavata nel terreno nell’area antistante l’ingressoconteneva una notevole quantità <strong>di</strong> frammenti ceramici. È plausibilesupporre che si tratti <strong>di</strong> un deposito <strong>di</strong> ripulitura della tomba, operazioneche deve essere stata effettuata più <strong>di</strong> una volta, a giu<strong>di</strong>care dalfatto che nell’accumulo dei materiali compaiono tipologie <strong>di</strong> vasicorrispondenti a quelli dei due momenti <strong>di</strong>stinti all’interno del corridoio.La tomba <strong>di</strong> Moru ha anche restituito tracce, benché labili, <strong>di</strong> frequentazione<strong>di</strong> età punica. Una moneta (D/ testa <strong>di</strong> Tanit a sn; R/ protomeequina a ds) rinvenuta all’interno del corridoio, subito dopol’ingresso, fornisce un’in<strong>di</strong>cazione cronologica fra il 300 ed il 264a.C.Fig. 42 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Coddu Vecchiu: veduta aerea.80


Fig. 43 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Coddu Vecchiu: fase <strong>di</strong> restauro della stele centinata.Benché la tomba non abbia restituito segni <strong>di</strong> sepolture da parte deipunici, deve tuttavia essere stata riconosciuta da questi almeno qualeluogo <strong>di</strong> particolare sacralità. A far presumere questo è, infatti, unsegno inciso sul presunto chiusino prima descritto, rinvenuto infissodavanti all’ingresso, sostenuto da alcune zeppe <strong>di</strong> pietra, e riutilizzatodai punici probabilmente come piccola stele.<strong>Il</strong> simbolo che vi è stato inciso corrisponde ad un daleth dell’alfabetosemita, ed è noto anche in altri due casi in ambito funerario. Essoè stato infatti inciso su una roccia del tophet <strong>di</strong> Sulci (Sant’AntiocoCagliari) e sulla collina <strong>di</strong> Is Croccas, a pochi chilometri dal tophet.In entrambi i casi non è stato chiarito il significato, legato, evidentementea ragioni cultuali che restano da approfon<strong>di</strong>re.ANGELA ANTONA RUJU81


Fig. 44 Tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Coddu Vecchiu: particolare della stele centinata.82


Fig. 45 Tomba <strong>di</strong>giganti <strong>di</strong> CodduVecchiu: planimetria.8 Li LolghiLa tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Li Lolghi è situata in regione Li Muri, la stessanella quale è ubicata la nota necropoli a circoli <strong>di</strong> età neolitica,dalla quale <strong>di</strong>sta 200 metri circa in linea d’aria.Si ha motivo <strong>di</strong> ritenere che la denominazione attribuita alla tomba <strong>di</strong>giganti possa essere frutto <strong>di</strong> una trasposizione onomastica avvenutaal momento della ricognizione dei <strong>monumenti</strong>; il significato del gallareselalghi, infatti, corrisponde ad anelli, cerchi, per cui, data laconformazione dei circoli della necropoli neolitica, è probabile che iltoponimo “Li Lolghi” fosse proprio <strong>di</strong> quest’ultima.La tomba <strong>di</strong> giganti era nota già al Taramelli che aveva apprezzato lenotevoli <strong>di</strong>mensioni della stele, la quale era allora caduta e spezzata.Nuovamente segnalata da Michele Ruzittu, la tomba rimase ancoraper molti anni nascosta fra la vegetazione, fino ad essere riportataalI’attenzione degli stu<strong>di</strong>osi nel 1959, quando per iniziativa delSoprintendente alle Antichità Guglielmo Maetzke, ne fu operata unaricognizione dal Salvatore Maria Puglisi. Successivamente, con due<strong>di</strong>stinte campagne <strong>di</strong> scavo (1959, 1965) <strong>di</strong>rette da E<strong>di</strong>tta Castal<strong>di</strong>, il83


Fig. 46 Tomba <strong>di</strong> giganti<strong>di</strong> Coddu Vecchiu: particolaredel portello dellastele centinata vistodall’interno.monumento fu riportato alla luce e restaurato.La tomba pare fosse pertinente ad un nuraghe situato a circa 1500metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza in <strong>di</strong>rezione Nord-Est, del quale restano solo pochetracce sufficienti a giustificare il toponimo nel quale esse si trovano:lu Naracu.La posizione sulla sommità <strong>di</strong> un rialzo collinare accresce la monumentalitàdella tomba, rendendo visibile anche a notevole <strong>di</strong>stanza lagran<strong>di</strong>osa stele monolitica d’ingresso al corridoio sepolcrale.Essa, ottenuta in un’unica lastra granitica dello spessore <strong>di</strong> circa m0,20 con m 3,75 <strong>di</strong> altezza e 2,45 <strong>di</strong> larghezza, è ben sagomata nellatipica forma semiellittica, ornata da una cornice a rilievo piatto checorre lungo il profilo perimetrale. Un listello dello stesso tipo sud<strong>di</strong>videtrasversalmente lo specchio della stele separando, in un garbatoequilibrio <strong>di</strong> forme, la parte superiore a semiluna da quella inferiorenella quale si apre il portello d’ingresso al retrostante corridoio.Ai lati della stele, quattor<strong>di</strong>ci monoliti ortostatici, dei quali quattroricostruiti in fase <strong>di</strong> restauro del monumento, <strong>di</strong> altezza scalare rispet-84


to all’elemento centrale, fanno da corona all’area semicircolare dell’esedra.Le notevoli <strong>di</strong>mensioni complessive della tomba <strong>di</strong> Li Lolghi (m 27dal centro dell’area dell’esedra alla fine del tumulo) sono il risultato<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse fasi costruttive e <strong>di</strong> ampliamento delle quali sfuggono lemotivazioni ideologiche, ma restano percettibili quelle più imme<strong>di</strong>ate,probabilmente legate ad un’organizzazione sociale che consentivala realizzazione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> opere, ad una società innovata rispetto aitempi precedenti, demograficamente incrementata, ma soprattuttoaccresciuta <strong>di</strong> potere e <strong>di</strong> prestigio. La tomba si compone infatti <strong>di</strong>due vani <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni e caratteristiche <strong>di</strong>verse, corrispondenti adaltrettante fasi costruttive.Gli elementi monumentali dell’esedra appena descritta sono da collegarsialla fase <strong>di</strong> ampliamento nella quale fu realizzato il lungo corridoiosepolcrale retrostante la stele. Esso consta <strong>di</strong> una lunga cistainterrata, costituita da lastroni infissi verticalmente ed integrati damuratura a secco. Nella parte terminale <strong>di</strong> questo vano è riservata unazona a due piani <strong>di</strong> presunta particolare sacralità: un lastrone collocatoorizzontalmente definisce infatti una sorta <strong>di</strong> e<strong>di</strong>cola per la qualesi è ipotizzato che potesse accogliere le offerte funerarie.Della copertura si conserva soltanto un lastrone a piattabanda; l’incisionetriangolare presente su <strong>di</strong> esso si riferisce ad un punto trigonometricofissato dai geo~ afi militari.Nella parte terminale del monumento, rialzata <strong>di</strong> m. 0,80 rispetto alpavimento della lunga cista, si trova la parte più antica della tomba:si tratta <strong>di</strong> una tomba a galleria (lunghezza m 3,70; larghezza m0,95), composta da lastre ortostatiche, pavimentata a lastricato <strong>di</strong> granito.Non si è purtroppo conservata traccia dei presumibili lastroni <strong>di</strong>copertura.Questa cella doveva essere ricoperta da un tumulo <strong>di</strong> terra e pietriscodel quale si conserva il peristalite <strong>di</strong> contenimento, riconoscibile nelrecinto ellissoidale che fa da corona al sepolcro. Anteriormente lacella funeraria è preceduta da un corridoio rettangolare singolarmentepiù largo del vano sepolcrale, il cui riempimento è stato sfondatofino alla lestra <strong>di</strong> chiusura della tomba, per la costruzione del corridoiodella seconda fase.Tutti gli elementi descritti furono inglobati in un unico grande tumu-85


lo che fu creato al momento <strong>di</strong> ampliamento e ristrutturazione dellatomba, riunendoli in un maestoso insieme che, oltre a sod<strong>di</strong>sfare leesigenze <strong>di</strong> più ampio spazio per le sepolture, deve aver costituito,con la monumentale esedra, un segno ostentato <strong>di</strong> ricchezza e <strong>di</strong> poteredella comunità alla quale questo territorio faceva capo.Alle due fasi costruttive fanno riscontro i materiali culturali rinvenutidurante gli scavi. I1 corredo della parte più antica della tombariporta infatti all’età del Bronzo Antico (1800-1600 a.C., cultura <strong>di</strong>Bonnanaro), documentato da vasetti con peducci e ciotole ansate <strong>di</strong>forma troncoconica.I materiali pertinenti all’ampliamento sono invece ascrivibili all’etàdel Bronzo Me<strong>di</strong>o (1600-1300 a.C., facies <strong>di</strong> Sa Turricula), con tipologieceramiche più tra<strong>di</strong>zionalmente nuragiche.9 Coddu VecchiuLa tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Coddu Vecchiu va considerata all’interno <strong>di</strong>un’unità archeologica della quale fanno parte il nuraghe La Prisciona,situato a circa m. 600 <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza in <strong>di</strong>rezione Sud-Est, ed il nuragheDemuro, posto a m. 200 circa dalla tomba, del quale restano soltantopochi filari <strong>di</strong> base. <strong>Il</strong> primo, invece, è un nuraghe <strong>di</strong> tipo complesso,costituito da una torre principale inclusa in un bastione provvisto<strong>di</strong> almeno due torri ed ulteriormente circondato da una cintamuraria turrita. Attualmente se ne sconsiglia la visita per lo stato <strong>di</strong>pericolo nel quale versano le strutture.<strong>Il</strong> monumento sepolcrale costituisce un esemplare <strong>di</strong> particolareimportanza nello stu<strong>di</strong>o dell’architettura funeraria della <strong>Sardegna</strong>nuragica, poiché restituisce la sequenza architettonica che dalla“tomba a galleria”, come si è detto, sfocia nella tomba <strong>di</strong> giganti.La tomba <strong>di</strong> Coddu Vecchiu è il risultato <strong>di</strong> due momenti <strong>di</strong> elaborazionearchitettonica: inizialmente fu infatti costruita come “allèe couverte”;in un secondo momento fu arricchita dell’esedra semicircolareche definisce l’area cerimoniale. Questa è delimitata dalla serie <strong>di</strong>lastre infisse verticalmente sulla fronte della tomba, sorrette posteriormenteda un muro che con andamento arcuato lega l’esedra alcorpo della tomba. Le lastre sono poste ad altezza degradante ai latidella maestosa stele bilitica centrale (altezza m 4,40; larghezza alla86


ase m 1,90) che segna l’ingresso al vano sepolcrale e che, come a LiLolghi, costituisce l’elemento più appariscente del monumento. Essaè costituita da due elementi sovrapposti, rettangolare quello <strong>di</strong> base,arcuato quello superiore, entrambi ornati lungo tutto il perimetro dauna cornice a rilievo piatto.Nella parte inferiore si apre il portello modanato, <strong>di</strong>etro il quale è presenteun piccolo dromos delimitato da due lastre <strong>di</strong>sposte verticalmenteed in senso leggermente obliquo, che oltre a creare un piccolostacco fra l’area cerimoniale e quella sepolcrale, ha la precipua funzione<strong>di</strong> legare la parte aggiunta dell’esedra alla parte più antica delmonumento.La tomba a galleria è lunga m 10,50 e larga m 3,50/4,00; essa racchiudeun corridoio rettangolare costruito, nel paramento interno, conblocchi <strong>di</strong> granito <strong>di</strong>sposti a filari leggermente aggettanti, posati sulastre <strong>di</strong> base infisse a coltello. La copertura è ottenuta con lastre<strong>di</strong>sposte a piattabanda. I1 pavimento lastricato segue la naturale pendenzadel terreno; nella parte <strong>di</strong> fondo del corridoio esso è stato purtroppototalmente <strong>di</strong>strutto da scavi clandestini.I materiali restituiti dallo scavo effettuato da E<strong>di</strong>tta Castal<strong>di</strong> nel 1966hanno fornito una sequenza culturale corrispondente alle varie fasi <strong>di</strong>costruzione ed uso della tomba; oltre a numerose forme vascolaririferibili ad età nuragica, si sono infatti raccolti alcuni frammenti <strong>di</strong>vasi decorati da un cordone verticale ed un’ ~r~sa “con apici cornuti”che riportano all’orizzonte culturale detto <strong>di</strong> Bonnanaro, già postoin evidenza nella tomba <strong>di</strong> Li Lolghi.Altri frammenti ceramici decorati a costolature sembrano invece dariferirsi alla cultura calcolitica <strong>di</strong> Monte Claro, riconducendo in talcaso a questo ambito culturale il primo momento <strong>di</strong> frequentazionedel sito.ANGELA ANTONA RUJU87


BibliografiaPer i circoli megaliticiS.M. PUGLISI, Villaggi sotto roccia e sepolcri megalitici dellaGallura, Bullettino <strong>di</strong> Paletnologia Italiana, n.s., VVI, 194142, pp.123141.M. RUZITTU, Cronistoria <strong>di</strong> <strong>Arzachena</strong>. Dall’età della pietra ai nostrigiorni, Oristano, 1948, pp. 145155.S.M. PUGLISI - E. CASTALDI, Aspetti dell’accantonamento culturalenella Gallura preistorica e protostorica, Stu<strong>di</strong> Sar<strong>di</strong> XIX, 1964-65,pp. 59-148.E. ATZENI, Aspetti e sviluppi culturali del Neolitico e della prima etàdei metalli, in “Ichnussa”, Milano 1981, p. XLI, fig. 20.E. CASTALDI, La Necropoli <strong>di</strong> Li Muri, in AA.VV., “<strong>Arzachena</strong>.Monumenti Archeologici, breve itinerario”, Sassari, 1983, pp. 2936.A. ANTONA Rwu, <strong>Arzachena</strong>: proposta <strong>di</strong> un itinerario archeologico,in AA.VV., “<strong>Arzachena</strong>. Monumenti”, cit., 1983, p. 17.E. CASTALDI, <strong>Arzachena</strong>. Loc. Li Muri, in “I Sar<strong>di</strong>. La <strong>Sardegna</strong> dalPaleolitico all’Età Romana”, Milano, 1984, pp. 284285.G. LILLIU, La civiltà dei Sar<strong>di</strong>. Dal Paleolitico all’età dei nuraghi,Torino, 1988, pp. 65-72, 193 sgg.Per i confronti con la CorsicaR. GROSJEAN, La Corse avant l’histoire, Paris, 1966, p. 68 sgg., tavv.68.L. F. DE LANFRANCHI - M.C. WEISS, Les chambres funéraires megalitiquesincluses dans un tumulus limitè par des cercles de pierres oudalles, in Atti del XXII Congresso dell’I.I.P.P., Firenze, 1980, pp.469-473.Per i tafoniV. ANGIUS in G. CASALIS, s.v. Gallura, in “Dizionario geografico, storico,statistico, commerciale degli Stati <strong>di</strong> S.M. il re <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong>”,Torino, 1833-56.S.M. PUGLISI, Villaggi cit., 194142, pp. 123-141.89


S.M. PUGLISI E. CASTALDI, Aspetti cit., 196465, pp. 59-148.S. BONICELLI VARDABASSO, Cenni geografici, in AA.VV., GalluraCagliari, 1962.M.L. FERRARESE CERUTI, Tombe in tofoni della Gallura, in Bullettino<strong>di</strong> Paletnologia Italiana, n.s., XIX, 1968, pp. 375.F. GERMANÀ, Resti scheletrici umani delle tombe in tofoni dellaGallura, in Bullettino <strong>di</strong> Paletnologia Italiana, n.s. XIX, pp. 167-185.Per i complessi <strong>di</strong> AlLucciu e MalchittuM.L. FERRARESE CERUTI, Nota preliminare alla I e 11 campagna <strong>di</strong>scavo del <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong> (<strong>Arzachena</strong>, Sassari), Rivista <strong>di</strong> ScienzePreistoriche, XVII, 1962, pp. 161-204.M. L. FERRARESE CERUTI, Un singolare monumento della Gallura. <strong>Il</strong>tempietto <strong>di</strong> Malchittu, “Archivio Storico Sardo”, XIX, 1962, p. 5-25.F. NICOSIA, Etruskische Zeugnisse und Einflusse, in “Kunst undKultur Sar<strong>di</strong>niens vom Neolithikum bis zum Ende der<strong>Nuraghe</strong>nzeit”, Karlsrhue, 1980, p. 217 ss.E. CONTU, L’architettura nuragica, in AA.Vv., “Ichnussa”, Milano1981, pp. 5-175.G. LILLIU, La civiltà nuragica, Sassari, 1982, p. 110 ss.M.L. FERRARESE CERUTI, <strong>Il</strong> <strong>Nuraghe</strong> <strong>Albucciu</strong>, in AA.VV.,“<strong>Arzachena</strong>. Monumenti”, cit., 1984, pp. 50-63.M.L. FERRARESE CERUTI, <strong>Il</strong> tempietto <strong>di</strong> Malchittu, in <strong>Arzachena</strong>.Monumenti”, cit., 1984, pp. 64-71.A. ANTONA RUJU, <strong>Arzachena</strong>. Tomba <strong>di</strong> giganti in località Moru, in“Bollettino d’Archeologia”, Ministero Beni <strong>Cultura</strong>li, Roma 1990,pp. 254-255.Per le tombe <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Li Lolghi e Coddu Vecchiu|E. CASTALDI, Tombe <strong>di</strong> giganti nel Sassarese, Origini, III, 1969, pp.119-206.E. CASTALDI, Ancora sulle stele delle tombe <strong>di</strong> giganti, Bullettino <strong>di</strong>Paletnologia Italiana, n.s. XXIV, 82, 1975-80, pp. 267-285.M.L. FERRARESE CERUTI, Sisaia. Una deposizione in grotta della cultura<strong>di</strong> Bonnanaro. Quaderni Soprintendenza Archeologica, 6,Sassari, 1978, pp. 14-16, 68.E. CONTU, <strong>Il</strong> significato della stele nelle tombe <strong>di</strong> giganti, Quaderni90


Soprintendenza Archeologica, 8, Sassari, 1978.E. CONTU, L’architettura nuragica in “Ichnussa”, Milano, 1981, figg.143-145, 148, 151, 152.G. LILLIU, La civiltà nuragica, Sassari, 1982, p. 21 sgg.E. CASTALDI, La tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> Li Lolghi, in AA.VV.,“<strong>Arzachena</strong>. Monumenti”, cit., 1984, pp. 37-43; ibidem, La tomba <strong>di</strong>giganti <strong>di</strong> Coddu Vecchiu, pp. 44-49.A. MORAVETTI, Le tombe e l’ideologia funeraria, in AA.VV. “CiviltàNuragica”, Milano, 1985, pp. 175-176.G. LILLIU, La civiltà dei Sar<strong>di</strong> dal Paleolitico all’età dei nuraghi,1988, p. 276 sgg.91


GlossarioAbealzu (<strong>Cultura</strong> <strong>di</strong>)AbsideAllée converteAniconico<strong>Cultura</strong> dell’Età del Rame della<strong>Sardegna</strong>.Parte della chiesa cristiana, solitamentesemicircolare, alle spalle dell’altare.Nell’architettura nuragicain<strong>di</strong>ca il paramento murario ad andamentoconcavo-convesso della parteterminale del muro esterno delletombe <strong>di</strong> giganti o <strong>di</strong> altri e<strong>di</strong>fici.Sinonimo <strong>di</strong> tomba a galleria.Detto <strong>di</strong> cippo non figurato.AntemuraleLa cinta esterna delle fortificazioni(o protheichisma) che racchiude al suo interno il mastioed il bastione.ArchitraveArmaturaLungo e solido elemento costruttivo<strong>di</strong>sposto orizzontalmente a reggere ilpeso <strong>di</strong> una struttura muraria. Dicesiper il lastrone che delimita in alto gliingressi dei nuraghi. Una serie <strong>di</strong>lastroni affiancati (copertura a piattabanda)si trova negli an<strong>di</strong>ti d’ingresso<strong>di</strong> certi nuraghi, o a chiudere in alto icorridoi funerari delle tombe <strong>di</strong>giganti.Elemento in pietra (selce o ossi<strong>di</strong>ana)atto ad essere montato sulla punta <strong>di</strong>un’asticciola <strong>di</strong> legno a formare unafreccia.93


AskoideAskosAssiseAstragaloAtriBancone (se<strong>di</strong>le)BetiloBiliticoVaso a forma chiusa (brocca) imitantel’aslos.Vaso <strong>di</strong> forma chiusa (brocca) atto aversare un liquido da un beccuccio oda un orlo stretto.Fila orizzontale <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong> una strutturamuraria.Osso del calcagno, nell’antichitàusato come dado (per il gioco), talvoltaimitato in ambra a costituireelemento <strong>di</strong> collana.<strong>Il</strong> primo ingresso <strong>di</strong> qualunque e<strong>di</strong>ficio;vestibolo.Lunga “panca” costituita da variblocci accostati, che segue, in tutto oin parte, la circonferenza interna delvano (camera del nuraghe o capanna).È presente anche nelle esedredelle tombe <strong>di</strong> giganti, con la duplicefunzione <strong>di</strong> sostenere gli ortostati e <strong>di</strong>costituire un punto d’appoggio per leofferte ai defunti.Pietra eretta, spesso lavorata, ritenutaessere “abitazione del <strong>di</strong>o”. I1 termineè <strong>di</strong> origine semitica (b th-’el), main <strong>Sardegna</strong> è usato sia riferito amanifestazioni delle culture prenuragiche,sia nuragiche e fenicio-puniche.Elemento formato da due pietresovrapposte.94


Bonnanaro (<strong>Cultura</strong> <strong>di</strong>)CalcoliticoCampaniforme (<strong>Cultura</strong> <strong>di</strong>)Carbonio 14Car<strong>di</strong>aleCéntinaChiusino<strong>Cultura</strong> che caratterizza l’Età delBronzo Antico della <strong>Sardegna</strong>.È sinonimo <strong>di</strong> Età del Rame oEneolitico.che prende il nome dalla forma ceramicapiù caratterizzante, il bicchierea campana rovesciata. È <strong>di</strong>ffusanell’Europa occidentale e centrale,dalla Scozia alla Sicilia. I portatori<strong>di</strong> questo vaso <strong>di</strong>ffusero le tecnichedella metallurgia del rame.Sistema <strong>di</strong> datazione assoluta, basatosulla (datazione al) determinazionedella ra<strong>di</strong>oattività residua delCarbonio, per il calcolo del tempotrascorso dalla morte <strong>di</strong> un organismovivente. In archeologia, questo metodoè usato per stabilire la data <strong>di</strong> uncampione organico (legno, osso, etc.)che si rinviene durante uno scavo.Ceramica <strong>di</strong>ffusa nel NeoliticoAntico del Me<strong>di</strong>terraneo, decoratame<strong>di</strong>ante impressioni sull’argillaprima della cottura, con il peristoma<strong>di</strong> una conchiglia (soprattutto il car<strong>di</strong>um,secondo una tecnica detta,appunto, car<strong>di</strong>ale.Elemento ligneo <strong>di</strong> supporto per lacostruzione <strong>di</strong> un arco. In senso traslatoè usato come cornice arcuata.Lastra in pietra posta a sbarrare gli95


ingressi nelle sepolture, siano essedomus de janas (grotticelle funerarie)siano tombe <strong>di</strong> giganti.Ciclopica (tecnica o architettura) Dicesi della costruzione asecco con massi irregolari, <strong>di</strong>sposti afile (filari) orizzontali sovrapposte.Circolo <strong>di</strong> tipo ACircolo <strong>di</strong> tipo BCista (litica)Clactoniano<strong>Cultura</strong>DolmenStruttura funeraria del NeoliticoRecente costituita da una congerie <strong>di</strong>piccole pietre <strong>di</strong>sposte in cerchio areggere il tumulo che copriva unacista litica sepolcrale, posta al centro.Struttura circolare <strong>di</strong> età nuragica,forma da un doppio paramentomurario e fornita <strong>di</strong> ingresso al qualesi oppone una lastra più alta.Struttura a forma <strong>di</strong> scatola formatada lastre <strong>di</strong> pietra messe a coltello ea<strong>di</strong>bita ad uso funerario.Industria <strong>di</strong> selci databili alPaleolitico inferiore e i cui manufatticonsistono in schegge <strong>di</strong> selce lavorate.L’insieme delle attività umane rappresentatedai manufatti (culturamateriale) e dalle credenze (culti, riti,etc.) proprie <strong>di</strong> una società.Tomba megalitica a camera, <strong>di</strong> piantarettangolare o poligonale la cuicopertura è, nel primo caso, <strong>di</strong> lastroniaffiancati e nel secondo caso, <strong>di</strong> un96


grande lastrone spesso circolareposto orizzontalmente.Domus de janasDromosEneoliticoEsedraFaciesFalsa cupolaFeritoiaLetteralmente “casa delle fate”, in<strong>di</strong>cale tombe preistoriche sarde, d’etàNeolitica e Calcolitica, scavate nellaroccia, spesso articolate in moltiambienti intercomunicanti. Talvoltaessi sono arricchiti da motivi simbolici<strong>di</strong>pinti o scolpiti (teste bovine,elementi architettonici del tetto edelle pareti, etc.).Corridoio <strong>di</strong> accesso a camera funeraria,è usato per elemento strutturale<strong>di</strong> grotticella artificiale o sepolturamegalitica.Età del Rame, detto ancheCalcolitico.Area sacra, prevalentemente semicircolare,antistante la facciata delletombe <strong>di</strong> giganti.Aspetto particolare e <strong>di</strong>stinto <strong>di</strong> unacultura.Volta a base circolare, costituita dafilari <strong>di</strong> pietre in aggetto usata in<strong>Sardegna</strong> nelle camere interne deinuraghi o nei templi a pozzo.Stretta apertura verticale delle muratureche nei nuraghi si allarga versol’interno; serviva per l’illuminazionee l’areazione <strong>di</strong> corridoi, celle, etc..Poteva anche essere utilizzata per la97


<strong>di</strong>fesa della costruzione.FilareFiligosaFinestrino <strong>di</strong> scaricoFittileFrontoneLingottoLiticoMegaliticoAllineamento <strong>di</strong> una fila orizzontale<strong>di</strong> pietre della muratura.<strong>Cultura</strong> sarda dell’Età del Rame.Vuoto lasciato nelle murature subitosopra un architrave per evitare che ilpeso delle medesime gravi sul centrodell’architrave stesso, provocandonela rottura.Sinonimo <strong>di</strong> oggetto in terracotta,argilla, etc.Elemento architettonico a formatriangolare, ubicato sulla porta, acoronamento della struttura muraria.Fusione <strong>di</strong> metallo in una forma specifica,utilizzata per il commercio.Spesso il suo peso è standard e ne ègarantita la purezza. Nella <strong>Sardegna</strong>nuragica i lingotti <strong>di</strong> rame possonoavore o forma piano-convessa, a“panella”, oppure a “pelle <strong>di</strong> bue”(oxl››ède), del tipo così detto cretesecipriota.Di pietra. Detto anche per l’industriasu pietra (punte <strong>di</strong> freccia, <strong>di</strong> giavellotto,accette, asce, oggetti d’ornamentoquali grani <strong>di</strong> collana, pendenti,bracciali, etc.).Dicesi <strong>di</strong> opera muraria fatta congran<strong>di</strong> massi impiegati a secco, e cioè98


senza l’uso <strong>di</strong> malta.MegalitismoMegaronMenhirMensolone (o mensola)MicrolitoSistema costruttivo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> pietreproprio, in <strong>Sardegna</strong>, <strong>di</strong> genti prenuragichee nuragiche.E<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> pianta rettangolare compostoda una camera principale precedutada un vestibolo. Al centrodella sala principale si trova un focolare.In Grecia il tipo compare daitempi del Neolitico; in <strong>Sardegna</strong> iltermine è me<strong>di</strong>ato dalla Grecia.Monolite <strong>di</strong> varia forma, assai spessoallungata, infitto verticalmente nelterreno ed avente funzione sacrale ofuneraria. Di <strong>di</strong>fficile datazione, nonè da confondersi con i betili, <strong>di</strong> formaconica o troncoconica, e attribuibiliad età nuragica. I menhir in <strong>Sardegna</strong>appartengono al mondo prenuragico.Elemento <strong>di</strong> sostegno, sporgente, inpietra o in legno, che coronava lasommità della costruzione e serviva areggere nei nuraghi e nei castelli ingenere – gli sporti dei terrazzi delletorri e delle cortine.Utensile <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni ottenutodalla lavorazione <strong>di</strong> una lama oscheggia. Presenta, talvolta, formageometrica (triangoli, trapezi, semilune)ed era immanicato in legno oosso. <strong>Il</strong> complesso <strong>di</strong> questi oggetti èdetto industria microliti/ a.99


ModanaturaMonoliteMuratura a seccoNecropoliListello che risalta dal piano e sottolineacornici architettoniche.Composto da una sola pietra.Muro e<strong>di</strong>ficatc con l’impiego <strong>di</strong> solepietre che si reggono in virtù del loropeso.Letteralmente “città dei morti”.Ampia area destinata a sepolture.Neolitico Letteralmente, Età della pietranuova. Dicesi per quell’età che vedeil sorgere dell’agricoltura e dell” llevamentodel bestiame, e che utilizzala pietra levigata per la produzione <strong>di</strong>armi e strumenti.<strong>Nuraghe</strong> a tholos<strong>Nuraghe</strong> a corridoioE<strong>di</strong>ficio caratteristico della <strong>Sardegna</strong>costituito, nella sua forma più semplice,da una torre troncoconica convani circolari sovrapposti e copertida falsa volta ottenuta con l’aggettodelle pietre delle pareti. I vani sonoraccordati fra loro da una scala elicoidaleche corre all’interno dellamuratura. La forma più complessa ècostituita da una serie <strong>di</strong> torri (dauna a cinque) che si <strong>di</strong>spongonoattorno ad una torre semplice(mastio), unite fra loro da muraturerettilinee o concavo-convesse. Unantemurale formato da torri e cortinerettilinee circonda il complesso.E<strong>di</strong>ficio simile al precedente, ma100


costituito prevalentemente da corridoi<strong>di</strong> varia articolazione, spessocoperti da lastroni orizzontali affiancati.Vi si trovano anche ambienticoperti a falsa volta.OgivaOrtostatoOssi<strong>di</strong>anaOzieri (<strong>Cultura</strong> <strong>di</strong>)PaleoliticoPaleosuoloPanellaParamento murarioArco acuto che segue il profilo dellefalse volte delle camere e <strong>di</strong> an<strong>di</strong>ti deinuraghi.Larga pietra o lastra, <strong>di</strong>sposta verticalmente.Vetro vulcanico, <strong>di</strong> colore grigionero,utilizzato nell’antichità per lafabbricazione <strong>di</strong> armi e strumenti. In<strong>Sardegna</strong> ne sono assai ricche le pen<strong>di</strong>cidel Monte Arci (Oristano), da cuiven›va commercializzata finoall’Italia centro-settentrionale, allaCorsica, alla Francia.<strong>Cultura</strong> del Neolitico Recente della<strong>Sardegna</strong>.La più antica età dell’uomo, dettaanche Età della pietra scheggiata.Dicesi per quell’età nella quale l’uomoviveva <strong>di</strong> un’economia <strong>di</strong> raccolta(caccia, pesca, raccolta <strong>di</strong> tuberi efrutti, etc.).L’antico piano <strong>di</strong> calpestio.Sinonimo <strong>di</strong> lingotto <strong>di</strong> forma pianoconvessa.Aspetto costruttivo visibile della


superficie della muratura.PiattabandaPietra fittaPozzo o fonte sacraPseudocupolaElemento costruttivo a forma <strong>di</strong>parallelepipedo, <strong>di</strong>sposto orizzontalmentein una serie numerosa cheviene utilizzata per la copertura <strong>di</strong>an<strong>di</strong>ti o vani che risultano così consoffitto piano.Detto anche menhir. Monolite infittoverticalmente nel terreno, con funzionesacrale o funeraria.E<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> età nuragica destinato alculto delle acque.Sinonimo <strong>di</strong> falsa cupola.Ripostiglio Insieme <strong>di</strong> materiale metallico(monete, bronzi, metallo prezioso,etc.) depositato sotto terra oppureoccultato nelle murature. Spesso ilripostiglio è racchiuso in un recipiente<strong>di</strong> terracotta.Sa Turricula (<strong>Cultura</strong> <strong>di</strong>)SelceSepoltura primaria<strong>Cultura</strong> degli inizi del Bronzo Me<strong>di</strong>odella <strong>Sardegna</strong>.Roccia <strong>di</strong> origine se<strong>di</strong>mentaria ometamorfica, che si rinviene sottoforma <strong>di</strong> noduli o liste. Nell’antichitàcostituiva materia prima per la fabbricazione<strong>di</strong> utensili o armi.La deposizione <strong>di</strong> un cadavere in unsepolcro, subito dopo la morte delsoggetto. Può essere, a seconda dellaposizione, una deposizione <strong>di</strong>stesa,


flessa (con le gambe ripiegate) o rannicchiata,supina o sul fianco.Sepoltura secondariaSpecchioSteleStratigrafiaLa deposizione delle sole ossa <strong>di</strong> undefunto, dopo la scarnificazione operataper esposizione, cremazione, etc.Parte piana <strong>di</strong> un el me ito architettonicoribassato rispetto ad una cornice.Cippo o lastra verticale segnacolo <strong>di</strong>tomba o <strong>di</strong> valore votivo. Nelle tombe<strong>di</strong> giganti è sottolineata da una centina.<strong>Il</strong> sovrapporsi in un sito <strong>di</strong> depositinaturali o artificiali. L’accumulo <strong>di</strong>rifiuti, documentato dai resti dellacultura materiale o da quelli <strong>di</strong> pasto,forma uno strato archeologico. Untemporaneo abbandono del sito inquestione è documentato da terra sterile.Gli strati più bassi sono quellipiù antichi, mentre man mano che sisale ci si avvicina sempre più alleepoche attuali.Strato archeologicoTafoneThelosL’accumulo dei rifiuti <strong>di</strong> un sito nelquale l’uomo ha soggiornato formauno strato archeologico.Termine <strong>di</strong> origine corsa per in<strong>di</strong>carele cavità naturali del granito dovute aprocessi <strong>di</strong> erosione.Vano o costruzione con copertura circolarea falsa volta o falsa cupola103


ottenuta dal restringimento progressivodel cerchio <strong>di</strong> ciascun filare <strong>di</strong> pietre.TorreTriliteTumuloVestiboloCostruzione tipica della CorsicaMeri<strong>di</strong>onale, a forma <strong>di</strong> torre,dell’Età del Bronzo Me<strong>di</strong>o eRecente; per le caratteristiche dellatecnica muraria impiegata è ritenutaaffine ai nuraghi.Struttura formata da due pietre ortostatiche,spesso megalitiche, unite dauna terza pietra orizzontale, posta adarchitrave, poggiata sulle due precedenti.Agglomerato <strong>di</strong> terra e pietre, spessocontenuto da una fila <strong>di</strong> massi, chericopre le sepolture megalitichesubaeree (dolmen, allées couvertes,tombe <strong>di</strong> giganti, etc.) formando unacollinetta.Spazio davanti all’ingresso <strong>di</strong> unacostruzione.


Disegni e FotografieArchivio Soprintendenza Archeologica <strong>di</strong> Sassari: 1, 5, 10,14,15,16,18,20,23, 26,27,30,31,36,42, 43A. Antona Ruju: 33,34M. Azara S.B. Orecchioni: 3,6M. Carrieri: 24E. Castal<strong>di</strong>: 39,45M. Crillissi: 17, 19G. Ferrarese Ceruti: 7,8,12, 13, 25M.L. Ferrarese Ceruti: 9, 21,22A. Moravetti: 4,11, 28,29,35,37,38, 40,41,44, 46S.M. Puglisi E. Castal<strong>di</strong>: 2105


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