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Canti di penitenza _CN_ - Dipartimento di Filologia Moderna

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Cultura neolatina, LXII, 2002, pp. 193-209<strong>Canti</strong> <strong>di</strong> <strong>penitenza</strong>: da Stroński a Ausiàs MarchIl lungo componimento in estramps <strong>di</strong> Ausiàs March Puys que sens tu algú a tuno basta (il numero CV secondo l’or<strong>di</strong>namento Pagès) è intitolato per la prima voltaCántica spiritual nell’e<strong>di</strong>tio princeps del 1539, corredata dalla traduzione castigliana<strong>di</strong> Baltasar de Romaní, poi Canto spiritual nella stampa del 1555, e Cant spiritual inquella del 1560. Il titolo Cant espiritual è stato successivamente ripreso da tutti glie<strong>di</strong>tori moderni. È una preghiera a Dio dai toni potenti e risentiti, in cui alla richiesta<strong>di</strong> perdono si accompagna non tanto la confessione delle colpe quanto l’ammissionedell’incapacità <strong>di</strong> correggerle. Sebbene riproposta in latino nel 1633 dall’umanistavalenzano Vicent Mariner, l’opera <strong>di</strong> March ebbe ben pochi lettori tra la fine delCinquecento e la sua riscoperta all’epoca della Renaixença ottocentesca. Il suo cantospirituale dette allora vita a un piccolo genere che ha attraversato tutto il ventesimosecolo catalano, inaugurato nel 1911 dal Cant espiritual <strong>di</strong> Joan Maragall e i cui piùrecenti esemplari datano agli anni novanta. Ma se il poemetto <strong>di</strong> March è l’indubbiomodello dei poeti moderni, molto meno chiari sono i precedenti a cui il poeta me<strong>di</strong>evalesi sarebbe ispirato.Robert Archer ha in<strong>di</strong>cato alcune precise coincidenze con l’Excitatori de la pensaa Déu, volgarizzamento dell’Excitatorium mentis ad Deum del valenzano BernatOliver, presente sia nella biblioteca del padre <strong>di</strong> March, Pere, sia in quella della reginaMaria <strong>di</strong> Castiglia 1 . Si confrontino ad esempio i versi d’apertura del componimento,con le invocazioni <strong>di</strong> Oliver:Puys que sens tu algú a tu no basta,dóna·m la mà o pels cabells me lleva;si no estench la mia ’nvers la tua,quasi forçat a tu mateix me tira. (1-4) 2 ,Tu, senyor meu, manes que io retorn a tu. Done’m, doncs, força ivaçosament ço que tuvols. Estén vers mi la man dreta de la tua misericòr<strong>di</strong>a, e tire’m après de tu 3 .1 R. ARCHER, «Puys que sens tu algú a tu no basta», in Lectures d’Ausiàs March, [a cura <strong>di</strong> A. G.HAUF,] [Madrid] 1998, pp. 241-264, alle pp. 250-251; cfr. anche la sua e<strong>di</strong>zione: A. M., Obracompleta, Barcelona 1997, [vol. I,] p. 477.2 Cito il testo <strong>di</strong> March dalla mia antologia, A. M., Pagine del Canzoniere, Milano-Trento 1998,p. 238. Si vedano anche l’ed. cit. <strong>di</strong> Archer (in grafia regolarizzata), p. 477; quella <strong>di</strong> P. BOHIGAS:A. M., Poesies, e<strong>di</strong>ció revisada per A.-J. SOBERANAS i N. ESPINÀS, Barcelona 2000, p. 356 (1 a ed., 5voll., ivi, 1952-59, vol. V, p. 120); e quella <strong>di</strong> A. PAGÈS: Les obres d’Auzias March, 2 voll., Barcelona1912-14 (rist. anastatica, València 1995), vol. II, p. 168.3 Bernat Oliver, Excitatori de la pensa a Déu, ed. P. BOHIGAS, Barcelona 1929, p. 29.1


Questo e altri luoghi paralleli addotti da Archer servono a <strong>di</strong>mostrare che March dovevaconoscere l’Excitatori; però, osserva lo stu<strong>di</strong>oso, «el parentesc no passa de serestilístic, ja que el “cant espiritual” no pertany a cap gènere de poema devot conegut»4 : un’affermazione che riassume in maniera sintetica e perentoria l’opinione critica<strong>di</strong>ffusa. Il Cant espiritual, si è sempre detto, è un unicum e in esso emerge lapersonalità umana e poetica dell’autore, che riempie <strong>di</strong> inflessioni forti e ine<strong>di</strong>te lapoesia religiosa tardome<strong>di</strong>evale così come aveva già fatto con quella d’amore. Ciò èin buona parte vero, come è certamente vero che il poemetto è un in<strong>di</strong>scusso capolavoro;ma questo non significa che sia un’opera senza precedenti.Ricor<strong>di</strong>amone i tratti essenziali, estrinseci. L’io lirico si rivolge, usando la secondapersona singolare, a Dio, che è al tempo stesso il Dio padre e figlio, il Diogiu<strong>di</strong>ce severo e il Dio misericor<strong>di</strong>oso, accusandosi dei propri peccati e chiedendoglipietà, in una sorta <strong>di</strong> «monòleg dramàtic», come lo ha definito Sam Abrams 5 . Lostesso Abrams sottolinea la singolarità <strong>di</strong> questo impossibile <strong>di</strong>alogo tra il peccatoree Dio: nella tra<strong>di</strong>zione cattolica, il credente si rivolge <strong>di</strong> norma a interme<strong>di</strong>ari qualificati,in primo luogo alla Vergine 6 . In effetti la letteratura me<strong>di</strong>evale è piena <strong>di</strong> invocazionia Dio per motivi, se non futili, certo molto terreni: Dio viene per esempiochiamato in causa per favorire gli incontri d’amore o per addolcire il cuoredell’amata; ma le preghiere <strong>di</strong>rette a Dio sono relativamente rare, salvo che in ungenere particolare, se <strong>di</strong> un genere si tratta, che affonda le sue origini nella poesiame<strong>di</strong>olatina.Il genere in questione è il cosiddetto canto <strong>di</strong> <strong>penitenza</strong>, su cui si soffermò brevementeStanisław Stroński nella sua e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Folquet de Marselha a propositodel poemetto Senher Dieu[s], que fezist Adam (BdT 155.19 = 156.12a) 7 . Il componimento,formato <strong>di</strong> 148 ottonari a rima baciata, compare unicamente nella sezionereligiosa del canzoniere R (c. 131v), che sia nella rubrica sia nella tavola lo assegnaa folquet de marsselha: tale attribuzione fu messa in dubbio da Rudolf Zenker 8 che,seguito poi da altri, assegnò l’opera a Falquet de Romans. Secondo Stroński, invece,il poemetto sarebbe <strong>di</strong> autore anonimo 9 , e della stessa opinione si sono <strong>di</strong>chiarati recentementeRaymond Arvellier e Gérard Gouiran, che giu<strong>di</strong>cano la lingua più tardarispetto ai due trovatori, soprattutto per le irregolarità nella declinazione 10 . Sempresu base linguistica, analizzando una serie <strong>di</strong> tratti fonetici, lessicali e morfologici,Jean-Pierre Chambon è giunto alla conclusione che l’anonimo sia catalano 11 . In ul-4 ARCHER, ed. cit., p. 477.5 S. ABRAMS, Cants espirituals catalans, Barcelona 2001, p. 8. La medesima definizione era giàin R. ARCHER, Aproximació a Ausiàs March. Estructura, tra<strong>di</strong>ció, metàfora, Barcelona 1996, p. 22 ein M. PRATS, Sobre el «Cant espiritual» d’Ausiàs March, Barcelona 1998, p. 14.6 ABRAMS, Cants espirituals cit., p. 9.7 S. STROŃSKI, Le troubadour Folquet de Marseille, Cracovie 1910: l’e<strong>di</strong>zione è a p. 112, la <strong>di</strong>scussionedell’attribuzione e delle fonti alle pp. 137*-139*. Si vedano anche le e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> R. AR-VEILLER e G. GOUIRAN, L’œuvre poetique de Falquet de Romans, troubadour, Aix-en-Provence1987, p. 205, e <strong>di</strong> P. SQUILLACIOTI, Le poesie <strong>di</strong> Folchetto <strong>di</strong> Marsiglia, Pisa 1999, p. 453 (da cui sicita), anticipata nell’articolo «Senher Dieu[s], que fezist Adam» <strong>di</strong> Folchetto <strong>di</strong> Marsiglia e due versionicatalane, in «Stu<strong>di</strong> me<strong>di</strong>olatini e volgari», XLI (1995), pp. 127-164.8 R. ZENKER, Zu Folquet von Romans und Folquet von Marseille, in «Zeitschrift für romanischePhilologie», XXI (1897), pp. 335-352, a p. 354.9 STROŃSKI, ed. cit., p. 139*.10 ARVEILLER e GOUIRAN, ed. cit., pp. 205-206.11 J.-P. CHAMBON, Diatopismes remarquables dans la langue de l’auteur de «Senher Dieu quefezist Adam» (P.C. 156, 12a), in «Revue des langues romanes», XCIX (1995), pp. 123-132.2


timo, Paolo Squillacioti, «pur con le dovute cautele che in questi casi non possonoessere abbandonate», è tornato a sostenere l’attribuzione a Folquet de Marselha 12 .Ma la questione attributiva è per noi <strong>di</strong> secondaria importanza: più importante è ilfatto che, come vedremo, il poemetto ebbe una durevole circolazione in Catalogna.Scrive dunque Stroński a proposito <strong>di</strong> Senher Dieu[s]:Tous les critiques l’ont regardée comme une production éminemment personelle, commel’acte de repentir d’un troubadour converti. La vérité est que l’élément personnel n’yest que pour peu de chose. Car ce chant de pénitence, écrit en langue vulgaire, serattache étroitement à un genre qui est bien connu dans la poésie religieuse latine dumoyen âge sous le nom “lamentatio pœnitentiæ”, “planctus pœnitentiæ”, ou bien “lessuspœnitentiæ”. L’auteur de notre pièce, imitant l’idée générale des poésies latines, leuremprunte en même temps des motifs et des images [. . .] 13 .I caratteri salienti del genere me<strong>di</strong>olatino, in cui si collocano anche i Psalmi penitentiales<strong>di</strong> Petrarca, si possono riassumere nell’appello <strong>di</strong>retto a Dio (qui pure il padree il figlio si alternano o si confondono; raramente sono invocati, in subor<strong>di</strong>ne, laVergine e i santi), la richiesta <strong>di</strong> ascolto o <strong>di</strong> uno sguardo, la confessione delle colpe,l’implorazione del perdono. Ma più che questi singoli ingre<strong>di</strong>enti l’elemento caratterizzantedel genere, che lo <strong>di</strong>stingue ad esempio dalle preghiere mariane, è dato dalleforti tonalità bibliche, che richiamano soprattutto il Salterio. L’accurato spoglio dellefonti <strong>di</strong> Senher Dieu[s] condotto da Stroński e arricchito da Squillacioti, ai quali rimando,<strong>di</strong>mostra con evidenza che il poemetto va ricondotto a questa tra<strong>di</strong>zione.Tuttavia, Senher Dieu[s] non è considerato l’unico esempio occitano <strong>di</strong> canto <strong>di</strong><strong>penitenza</strong>. La bibliografia <strong>di</strong> Pillet e Carstens attribuisce esplicitamente l’etichetta <strong>di</strong>Busslied a sette testi del corpus 14 :Arnaut de Brantalon, Pessius, pessans, peccans e penedens (BdT 26.1)Bertolome Zorzi, Jesus Cristz per sa merce (BdT 74.6)Cadenet, Ben volgra, s’esser pogues (BdT 106.10)Guglielmo IX, Pos de chantar m’es pres talenz (BdT 183.10)Joan Esteve, Le senhers qu’es guitz (BdT 266.8)Cerveri de Girona, Totz homs deu far aquo que·l veyll sers fa (BdT 434.15)Anonimo, Qui vol savi viur’e membradament (BdT 461.215).Questa lista è stata successivamente incrementata <strong>di</strong> qualche altro item da DimitriScheludko 15 , nella sezione del suo stu<strong>di</strong>o sulla lirica religiosa dei trovatori de<strong>di</strong>cataal «Beichtmotiv (confessio peccatorum)»:Arnaut Catalan, Dieus verays, a vos mi ren (BdT 27.4b)Guilhem d’Ieiras, A Dieu en qu’es totz poders (BdT 220.1)12 SQUILLACIOTI, «Senher Dieu[s]» cit., p. 150, e ed. cit., p. 21.13 STROŃSKI, ed. cit., pp. 137*-138*.14 A. PILLET e H. CARSTENS, Bibliographie der Troubadours, Halle 1933.15 D. SCHELUDKO, Über <strong>di</strong>e religiöse Lyrik der Troubadours, in «Neophilologische Mitteilungen»,XXXVIII (1937), pp. 224-50, alle pp. 232-234. In Scheludko Dieus verays, a vos mi ren è attribuitaa «Genseis lo Joglar» (p. 234). Escludo i testi che combinano il tema del pentimento conquello della crociata. L’alba <strong>di</strong> Bernart de Venzac, Lo pair’e·l filh e·l sant espirital (BdT 71.2), anchemenzionata da Scheludko, è una confessione generica e molto impersonale, è in prima persona plurale,è rivolta alle tre persone della Trinità e alla Vergine.3


Lanfranc Cigala, Pensius de cor e marritz (BdT 282.18)Peire d’Alvernhe, Deus, vera vida, verais (BdT 323.16);ma, d’accordo con Nicolò Pasero, da essa si può tranquillamente sottrarre il vers <strong>di</strong>Guglielmo, più simile a un planh o, se si preferisce, a un auto-planh 16 . Depennabileè anche il componimento <strong>di</strong> Arnaut de Brantalon, un curioso miscuglio <strong>di</strong> confessiopeccatorum (limitata a pochi versi), professio fidei e laus Christi, che secondo SaverioGuida nasconde sapientemente sottili richiami al catarismo 17 . In area occitana,quin<strong>di</strong>, il genere conterebbe meno <strong>di</strong> una decina <strong>di</strong> esemplari, tutti in metro strofico,più Senher Dieu[s], in metro narrativo.Il termine «genre» per designare un gruppo <strong>di</strong> composizioni me<strong>di</strong>olatine a cui«se rattache étroitement» il poemetto attribuito a Folquet de Marselha è, come abbiamovisto, <strong>di</strong> Stroński, uno stu<strong>di</strong>oso poco sospettabile <strong>di</strong> grossolani schematismiclassificatori <strong>di</strong> tipo formalistico; e al <strong>di</strong> sopra degli stessi sospetti sono anche Pillete Carstens, che nella loro bibliografia qualificavano come Busslieder alcuni testi (e,curiosamente, non altri). D’altra parte, un’attenta lettura dei nove testi strofici nonevidenzia in ciascuno <strong>di</strong> essi i tratti che a Stroński sembravano essenziali per ricondurreil suo poemetto alla tra<strong>di</strong>zione della lamentatio pœnitentiæ me<strong>di</strong>olatina: sonotutti, beninteso, canti <strong>di</strong> pentimento in<strong>di</strong>rizzati prevalentemente a Dio (in Arnaut Catalan,Guilhem d’Ieiras, Lanfranc Cigala e Bertolome Zorzi sia a Dio sia alla Vergine;mentre in Cerveri, in Joan Esteve e nell’anonimo <strong>di</strong> Qui vol savi viure è assentequalsiasi vocativo), ma mancano <strong>di</strong> solito quelle tonalità bibliche che caratterizzanoSenher Dieu[s]. Nella convinzione che nelle poetiche me<strong>di</strong>evali non esistano generirigidamente co<strong>di</strong>ficati, eviteremo <strong>di</strong> porci il problema se siano tutti dei canti <strong>di</strong> <strong>penitenza</strong>o piuttosto dei ‘sirventesi religiosi’, problema che si pone invece Josef Zemp aproposito della lirica <strong>di</strong> Cadenet 18 . Sarà perciò preferibile parlare, senza con ciò delimitarecon esattezza un genere o un microgenere trobadorico, <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> componimentiin cui l’io lirico si rivolge <strong>di</strong>rettamente e unicamente a Dio (conl’oscillazione della persona trinitaria <strong>di</strong> cui si è già detto) e, nel confessare i propripeccati e nel chiedere per essi perdono, fa uso <strong>di</strong> un linguaggio che può definirsi biblicoper precisi riscontri tematici e lessicali o per allusioni esplicite a situazionidell’Antico e del Nuovo Testamento. Posta una griglia simile, i canti <strong>di</strong> <strong>penitenza</strong> <strong>di</strong>questo tipo in ambito occitano non sono che due: Senher Dieu[s] e quello che è conogni probabilità l’esemplare più antico, la canzone <strong>di</strong> Peire d’Alvernhe. In Deus, veravida, il locutore si rivolge al Dio-Cristo re e giu<strong>di</strong>ce, ne invoca la pietà, si proclamapentito delle sue gravi colpe; l’intera canzone, inoltre, esibisce un fitto tessuto <strong>di</strong>citazioni bibliche 19 . A questi due testi vanno ovviamente aggiunti i rifacimenti occitaniin versi dei salmi penitenziali 20 , cioè dei canti <strong>di</strong> <strong>penitenza</strong> per eccellenza, prototipi<strong>di</strong> tutti i monologhi drammatici religiosi.16 Guglielmo IX, Poesie, ed. N. PASERO, Modena 1973, pp. 272-274.17 S. GUIDA, Arnaut de Brantalon, in Trovatori minori, Modena 2002, pp. 225-282. Per la correzionedel nome (Brantalo non Brancalo) e l’identificazione storica del trovatore, ve<strong>di</strong> le pp. 227-236.18 J. ZEMP, Les poésies du troubadour Cadenet, Bern - Frankfurt am Main - Las Vegas 1978, pp.99-101.19 Si rimanda alle note <strong>di</strong> A. FRATTA nella sua e<strong>di</strong>zione: Peire d’Alvernhe, Poesie, Manziana1996, p. 99 (da cui si cita).20 C. CHABANEAU, Traduction des psaumes de la pénitence en vers provençaux, in «Revue deslangues romanes», XIX (1881), pp. 209-241 (con un’errata corrige a p. 310 dello stesso volume eun’altra alle pp. 254-255 del vol. XXIX, 1886).4


Torniamo a questo punto al Cant espiritual che, come si sarà capito, è un altrotesto, l’unico <strong>di</strong> area catalana e tra i pochissimi <strong>di</strong> tutta l’area iberica, che risponde ainostri requisiti 21 . Passiamo brevemente in rassegna i riferimenti biblici, puntualmenteregistrati da Archer.– Mas yo·m recort que meritist lo ladre (v. 29): Lc 23,39-43.– Ton spirit là hon li plau spira (v. 31): Io 3,8.– Ab hull de carn he fets los teus ju<strong>di</strong>cis (v. 95): Iob 10,4 (Giobbe era già stato citato alv. 65: Si Job lo just por de Déu l’opremia, / qué faré yo que <strong>di</strong>ns les colpes nade?).– Al qui·t complau, tu, aquell, déu nomenes (v. 109): Ps 82 (81),6-7.– Bona per si no fon la ley judayca: / en paradís per ella no s’entrava; / mas tant comfon començ d’aquesta nostra, / de qué·s pot <strong>di</strong>r d’aquestes dues una (vv. 121-124):Gal 3,10-29; 4,1-11.– sent Johan fon senyalant lo Messies (v. 128): Mc 1,1-4.– yo crech a tu com volguist <strong>di</strong>r de Judes / que·l fóra bo no fos nat al món home (vv.199-200): Mt 26,24-25.– Per mi, segur havent rebut batisme, / no fos tornat als braços de la vida, / mas a lamort hagués retut lo deute (vv. 201-203): Iob 3,11-12; 10,18-19 22 .L’elemento biblico è quin<strong>di</strong> ben presente nel canto <strong>di</strong> March. Osserviamo alcunipunti in comune con gli altri due testi.21 Non rispondono a questi requisiti, per esempio, la canció ajectivada del Capellà de Bolquera Lifayt Dieu son escur (ed. L. BADIA, Poesia catalana del s. XIV. E<strong>di</strong>ció i estu<strong>di</strong> del Cançoneret de Ripoll,Barcelona 1983, p. 271) o il famoso prologo del Libro de buen amor: nella prima infatti mancaqualsiasi invocazione a Dio (l’unico vocativo è riservato alla Vergine, nella tornada), mentre nel secondol’io, che si rivolge prima all’Onnipotente poi alla Vergine, elude una vera e propria confessione.Sembra tuttavia opportuno in<strong>di</strong>viduare due modalità penitenziali, certamente apparentate ma inalcuni aspetti <strong>di</strong>ssimili, e <strong>di</strong>stinguere tra il canto che potremmo chiamare <strong>di</strong> conversione, <strong>di</strong> cui qui cistiamo occupando, e la preghiera del moribondo, o <strong>di</strong> chi è in imminente pericolo <strong>di</strong> vita (come uncavaliere prima <strong>di</strong> una battaglia o un prigioniero), che segue il rituale dell’Ordo commendationis a-nimae e le cui prime testimonianze in volgare si trovano in due luoghi della Chanson de Roland (vv.2384-2388, Rolando morente si affida a Dio; vv. 3100-3109, Carlo si appresta a combattere): preghieresimili sono inserite, più o meno a proposito e in contesti non sempre agonici, in <strong>di</strong>verse opere,dal Cantar de mio Cid (vv. 330-365) al Poema de Fernán González (105c-113d), al Jaufre (vv. 5761-5770), al Tirant lo Blanch (cap. 478), ecc.; in qualche caso la componente penitenziale scompare deltutto e l’orazione si trasforma in una gioiosa glorificazione <strong>di</strong> Dio (come in Berceo, Milagros, 453-460). Il canto <strong>di</strong> conversione si caratterizza soprattutto per il maggiore rilievo assegnato al soggettopenitente rispetto alla preghiera del moribondo, dove dopo una sequela <strong>di</strong> formule allocutive si chiedegenericamente la remissione dei peccati o una via <strong>di</strong> uscita da una situazione <strong>di</strong>sperata o una grazia.In questo senso, il prologo del Libro de buen amor sembra accostarsi più alla seconda modalità (e secondoalcuni ricalcherebbe da vicino la preghiera del Fernán González), mentre la canzone del Capellàde Bolquera, benché atipica, pone in primo piano le sofferenze fisiche e morali <strong>di</strong> chi parla, inuno scenario <strong>di</strong> desolazione che ricorda il libro <strong>di</strong> Giobbe. Pero López de Ayala sperimentò entrambequeste modalità con la sua ‘confessione’, Non entres en jüízio con tu siervo, Señor, in larga misuraassimilabile a un canto <strong>di</strong> conversione, e con le coplas della prigionia, Señor, tú no me olvides, queyago muy penado, che è quasi la preghiera <strong>di</strong> un agonizzante (Rimado de Palacio, 740-752, 794-807).Va aggiunto che nella seconda metà del Quattrocento incontriamo un componimento molto simile alCant espiritual, De bocadens postrat estich en terra <strong>di</strong> Romeu Llull (Obra completa, ed. J. TURRÓ,Barcelona 1996, p. 114), che però non fa numero in quanto è una stretta imitazione, sebbene non me<strong>di</strong>ocre,dell’opera <strong>di</strong> March.22 Qualche altro spunto è segnalato da PRATS, Sobre el «Cant espiritual» cit., pp. 16-17 e daTURRÓ nell’ed. cit. <strong>di</strong> Romeu Llull, pp. 100-101 e 114-119: questo poeta, che probabilmente ignoravala tra<strong>di</strong>zione occitana, doveva avere ben compreso la centralità della componente biblicopenitenziale,da lui riproposta e amplificata, nel Cant espiritual.5


– Sia in Peire sia in March chi <strong>di</strong>ce io non è in grado <strong>di</strong> allontanarsi dal male se il Signorenon gli viene incontro, vale a <strong>di</strong>re che il peccatore non chiede semplicementeperdono a Dio bensì ne sollecita un intervento attivo ai fini della sua conversione(Peire: Qu’ieu no·m sen si savis sai / que puesca conquerre lai / lo regn’on hom set nifam / ni freg non a ni esmay, / si·l vostra vertuz cuy clam / no·m don’esfortz qu’ieudesam / los ioys d’aquest segle giquens, vv. 22-28; per March basterà ricordare laprima stanza, ma il concetto è ripetuto più volte: Puys que sens tu algú a tu no basta, /dóna·m la mà o pels cabells me lleva; / si no estench la mia ’nvers la tua, / quasi forçata tu mateix me tira. / Yo vull anar envers tu a l’encontre; / no ssé per qué no façlo que volrria, / puys yo són cert haver voluntat francha / e no ssé qué aquest volerm’enpacha, vv. 1-8). Anche in Senher Dieu[s] l’intervento <strong>di</strong> Dio deve essere un attogratuito <strong>di</strong> benevolenza: Peccatz m’azauta que·m refresca, / que m’es pus dos que melni bresca, / e retorna·m al recalieu, / que m’es salvatje et esquieu, / tan me sobro peccatzmortals, / si tu, vers Dieu[s] doncx no m’en vals. / Tant es cozens lo mal[s]que·m toca / que no·l puesc comtar ab la boca, / ni metje no m’en pot valer / si tuno·m vals per ton plazer, vv. 25-34).– Ma l’intervento <strong>di</strong>vino tarda a venire sia in Senher Dieu[s] (Ajuda·m, Dieu[s], tost, nom’o tricx, v. 91) sia in March (Ja lo tardar ta ira·m denuncia, v. 15; Pren-me al puntque milor en mi trobes: / lo detardar no sé a qué·m servesca, vv. 78-79), motivo checompare già in Ps 40 (39),18 e 70 (69),6.– Sia in Peire sia in March, è determinante la rinuncia a qualsiasi gioia mondana, a cuiil penitente non può arrivare da solo, perché ne è incapace, e che deve in qualche modoessere imposta da Dio. Si rilegga la quarta cobla del trovatore, che abbiamo citatoprima, e la seguente: Qu’ieu no·m sen si savis sai / que puesca conquerre lai / loregn’on hom set ni fam / ni freg non a ni esmay, / si·l vostra vertuz cuy clam / no·mdon’esfortz qu’ieu dezam / los ioys d’aquest segle giquens, // que·m fan falhir ves vossol, / per que·l cors m’intra en tremol; / e si·m servatz mos forfaitz / tro lai al derriertribol, / qu’enans, no·ls m’aiatz, far fraitz, / Senher, ges bos no·m n’es plaitz, / si mercesno·ls sobrevens (vv. 22-35). March va oltre e chiede la totale insensibilità non soloai piaceri proibiti, ma anche a quelli ‘in<strong>di</strong>fferenti’: Prech-te, Senyor, que·m fassesinsensible / e qu’en null temps alguns delits yo senta, / no solament los leigs qui·t vénencontra, / mas tots aquells qu’in<strong>di</strong>fferents se troben. / Açò desig perqué sol en tupense / e pusc’aver la via qu’en tu·s dreça. / Fes-ho, Senyor, e si per temps me·n torne,/ haja per cert trobar t’aurella sorda. // Tol-me dolor com me veig perdre·l segle,/ car, mentre·m dolch, tant com vull yo no t’ame, / e vull-ho fer, mas l’àbit me contrasta:/ en temps passat me carreguí la colpa (vv. 169-180) 23 .– Sia in Senher Dieu[s] sia in March c’è un’invettiva contro quanti sono stati causa deipeccati del penitente (Ajuda·m Dieu[s], tost, no m’o tricx, / car totz mos mortals enemicx/ n’aurian gaug senes acort / si·m po<strong>di</strong>an lieurar a mort. / [. . .] Dels enemicx megarda, Senher, / que·m volon dampnar e destrenher, vv. 91-94, 143-144; March:Muyren aquells qui de tu m’apartaren, / puys m’an mig mort e·m tolen que no visca,vv. 141-142). Il motivo dei ‘nemici’, come già notato da Squillacioti 24 , è ricorrentenei Salmi, in particolare nei salmi penitenziali (6,11; 37 (38),20; 101 (102),9; 142(143),12, ecc.), e andrebbe quin<strong>di</strong> aggiunto allo spoglio delle fonti bibliche del Cant23 Forse in March segle (v. 177) è proprio un’eco <strong>di</strong> Peire (v. 28). Nella poesia catalana segle è untermine relativamente raro rispetto a món (in March, segle ha solo 4 occorrenze contro le 257 <strong>di</strong>món), anche se è spesso usato come non-rimante nel genere metrico degli estramps (per il quale sirimanda a C. DI GIROLAMO e D. SIVIERO, Da Orange a Beniarjó (passando per Firenze). Un’interpretazionedegli estramps catalani, in «Revue d’études catalanes», n. 2, 1999, pp. 81-95). Ma March,a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altri catalani che usano questa parola come un sinonimo sostanzialmente neutro <strong>di</strong>món, sembra riprendere qui, e solo qui, la sfumatura semantica negativa che si coglie nel trovatore.24 SQUILLACIOTI, «Senher Dieu[s]» cit., p. 136.6


espiritual. Va detto che in March questa male<strong>di</strong>zione è abbastanza incompatibile conl’immagine forte dell’io poetico che viene costruita verso dopo verso in tutto il suocanzoniere: questo io si presenta come pienamente responsabile, perfino delle suecolpe e dei suoi errori, sicché il riferimento a quanti lo portano sulla cattiva strada e loallontanano da Dio può giustificarsi solo come una reminiscenza biblica.– In tutti e tre i testi si allude al giorno del giu<strong>di</strong>zio, con grande fiducia nei primi due(Senher Dieu[s]: e salva·m al jorn del juzizi, v. 72; Peire: E sai obra e bon talan / mides a far entretan, / que quan venretz en las nius / iutjar lo segl’el iorn gran, / doutzDieus, no·m siatz esquius, / e qu’ieu, clars reys regum pius, / m’en an ab los iauzitziauzens, vv. 85-91); con preoccupazione nel terzo (March: Qui·m mostrarà davant tufer escusa, / quant auré dar mon mal ordenat compte?, vv. 145-146).– Il pianto segna l’inizio della conversione, già avviata in Senher Dieu[s] (e lavaraisoven ma cara, / per tal que sia fresqu’e clara, / ab l’aiga cauda de la fon / que naisdel cors lai sus el fron, / car lagremas e plans e plors / so son a l’arma frutz e flors,vv. 125-130); ardentemente attesa in March (O, quant serà que regaré les galtes /d’aygua de plor ab les làgremes dolces? / Contrictió és la font d’on emanen: /aquesta ’s clau que·l cel tancat nos obre. / D’atrictió parteixen les amargues, /perqué ’n temor més qu’en amor se funden; / mas, tals quals són, d’aquestes meabunda, / puix són camí e via per les altres, vv. 217-224).È superfluo <strong>di</strong>re che il Cant espiritual non si esaurisce in una mostra <strong>di</strong> citazioniscritturali né nella ripresa <strong>di</strong> spunti probabilmente riconducibili ai due testi trobadoriciche possono essere considerati i precedenti più prossimi a noi noti: il componimento,nella sua complessità, si incastona nel canzoniere dell’autore occupando inesso una posizione preminente ma echeggiandone anche motivi e atteggiamenti ricorrenti,a cominciare dall’esuberante protagonismo del locutore; in più introducetemi del tutto nuovi, come quello della predestinazione. Va anche ricordato cheMarch inverte decisamente la tendenza della lirica d’ispirazione trobadorica, e infondo degli stessi trovatori, a esibire le proprie fonti, fino al caso estremo della citazione,e sono nel complesso relativamente poche le riprese percepibili dai suoi predecessori.Istruttivi i luoghi in cui si ha la quasi certezza <strong>di</strong> potere in<strong>di</strong>viduare unafonte: il poeta la rielabora e la stravolge fino a renderla irriconoscibile. In questo, lasua opera segna una netta frattura nei confronti delle poetiche me<strong>di</strong>evali, incentratesu forme molto spinte <strong>di</strong> intertestualità. D’altra parte, in più <strong>di</strong> un’occasione Marchsembra rivisitare, riconnotandoli a modo suo, <strong>di</strong>versi generi me<strong>di</strong>evali, alla moda odecisamente passati <strong>di</strong> moda. Lexant a part l’estil dels trobadors (XXIII) è un curiosoe stucchevole panegirico della dama; Paor no·m sent que sobreslaus me vença(LXXII) è un elogio <strong>di</strong> Alfonso il Magnanimo con ine<strong>di</strong>te componenti umanistiche;tenui spunti <strong>di</strong> devinalh, un piccolo genere <strong>di</strong> recente rinver<strong>di</strong>to da Jor<strong>di</strong> de SantJor<strong>di</strong>, balenano qui e lì (LXXVIII e CX); i sei Cants de mort (XCII-XCVII) ripropongonoil planh in morte della dama, che però è stavolta la moglie; e così via. Forseanche il Cant espiritual rientra in questa rivisitazione <strong>di</strong> generi o <strong>di</strong> modalità poetiche,con risultati in questo caso del tutto eccezionali.La messa a confronto del Cant espiritual con Deus, vera vida e con Senher Dieu[s]si basa sull’ipotesi che March potesse conoscere questi due testi, per lui remoti neltempo 25 . La memoria dei trovatori nei paesi <strong>di</strong> lingua catalana è ancora ben vivaalmeno fino alla metà del Quattrocento, ma Peire d’Alvernhe non era certo all’epoca25 Anche se non fosse <strong>di</strong> Folquet de Marselha, Senher Dieu[s] sarebbe comunque anteriore al1276, come si <strong>di</strong>rà qui avanti.7


uno dei trovatori più letti e imitati, mentre Senher Dieu[s] si presenta in apparenzacome un testo isolato, estraneo a qualsiasi canone. Tuttavia l’ipotesi <strong>di</strong> cui sopra haargomenti su cui fondarsi.Quando il 3 marzo 1459 Ausiàs March morì nella sua piccola casa <strong>di</strong> Valenza,dove si era stabilito negli ultimi anni <strong>di</strong> vita in compagnia <strong>di</strong> uno dei suoi figli illegittimi,<strong>di</strong> tre scu<strong>di</strong>eri, tra cui il poeta Joan Moreno, e <strong>di</strong> alcuni servi e schiavi, il notaioche redasse l’inventario dei pochi beni presenti vi trovò e descrisse con <strong>di</strong>scretacura solo sette libri (evidentemente il grosso della biblioteca era rimasto nella casa <strong>di</strong>Gan<strong>di</strong>a) 26 . Tra questi, «hun libre en pregamí, cubertes de fusta ab aluda vermella,comença Mestre Miquel de la Tor, és de la Gaya Sciència» 27 : volume identificatocon l’originale (o con una copia) del canzoniere occitano oggi perduto denominatodal filologo Giovanni Maria Barbieri (1519-1574), che ne possedé una copia (ol’originale), «Libro <strong>di</strong> Michele» e il cui contenuto è ricostruibile con relativa precisioneattraverso testimonianze incrociate 28 . In un canzoniere antico (seconda metàdel tre<strong>di</strong>cesimo secolo) e <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, un autore come Peire d’Alvernhe <strong>di</strong>fficilmentesarebbe mancato, e i suoi vers compaiono infatti, secondo la ricostruzione<strong>di</strong> Zufferey, in apertura dell’ottavo quaderno 29 ; tra questi, <strong>di</strong>fficilmente sarebbemancato il canto <strong>di</strong> pentimento, legato a una svolta esistenziale (reale o presunta),più esattamente a una conversione, a cui sembra alludere anche la vida: «e pois elfetz penitensa e mori» 30 . Insomma, March possedeva un canzoniere occitano, forseproveniente dalla biblioteca paterna o <strong>di</strong> famiglia, che con ogni probabilità contenevaDeus, vera vida; questo canzoniere doveva rientrare tra le sue letture preferite selo troviamo accanto al suo letto <strong>di</strong> morte insieme al manoscritto della sua opera poetica(«dos libres en paper de forma de fulls desquernats ab cobles» 31 ) e a pochissimialtri libri.Veniamo a Senher Dieu[s]. Va premesso che se il componimento è realmente <strong>di</strong>Folquet de Marselha, o comunque se era a lui comunemente attribuito, ben si prestavaa essere letto, con parole <strong>di</strong> Stroński, come «l’acte de repentir d’un troubadour26 La biblioteca <strong>di</strong> Ausiàs comprendeva quella del padre Pere, nella quale era a sua volta confluitaalmeno una parte dei libri dello zio <strong>di</strong> quest’ultimo, il canonico Berenguer [II] March, morto nel1341. L’inventario dei beni <strong>di</strong> Pere stilato alla sua morte nel 1413 (ma l’elenco dei libri pare incompleto)si legge in J. J. CHINER GIMENO, Ausiàs March i la València del segle XV (1400-1459), València1997, pp. 155-164 e in J. VILLALMANZO, Ausias March. Colección documental, Valencia1999, pp. 247-254; cfr. anche A. PAGÈS, Auzias March et ses prédécesseurs. Essai sur la poésieamoureuse et philosophique en Catalogne aux XIV e et XV e siècles, Paris 1912, pp. 45-47.27 CHINER, Ausiàs March cit., p. 456 e VILLALMANZO, Ausias March cit., p. 412; cfr. PAGÈS,Auzias March cit., p. 114.28 F. ZUFFEREY, Recherches linguistiques sur les chansonniers provençaux, Genève 1987, pp.157-168. Un’ulteriore e più dettagliata ricostruzione del contenuto del co<strong>di</strong>ce è stata avviata da M.CARERI, Per la ricostruzione del «Libre» <strong>di</strong> Miquel de la Tor. Stu<strong>di</strong>o e presentazione delle fonti (parteprima), in «Cultura neolatina», LVI (1996), pp. 251-408: a questi due eccellenti lavori rimando pertutta la complessa questione, ben nota agli occitanisti. Aggiungo solo che Maria Careri è convinta cheMarch possedesse l’originale del canzoniere, <strong>di</strong> cui sarebbe rimasta qualche esile traccia nel PaeseValenzano fino al 1909.29 ZUFFEREY, Recherches cit., p. 163.30 J. BOUTIÈRE e A. H. SCHUTZ (con la coll. <strong>di</strong> I.-M. CLUZEL e M. WORONOFF), Biographies destroubadours, Paris 1964, p. 264 (R legge E pueys donet se en ordre et aqui muri). La locuzione ‘fare<strong>penitenza</strong>’ e il termine stesso penitensa compaiono solo in questa occasione nelle vidas: non escludereiche il biografo si riferisse precisamente a Deus, vera vida.31 CHINER, Ausiàs March cit., p. 456 e VILLALMANZO, Ausias March cit., p. 411; cfr. PAGÈS,Auzias March cit., p. 114.8


converti». Sappiamo che non è così, ma alcuni versi in particolare sembrerebbero alludereai trascorsi <strong>di</strong> mercante <strong>di</strong> chi parla:tostemps ame[i] gran avarezae tenc mon cor en cobezeza,voluntiers ajustiey vas mee non ges tot per bona fe,volontiers amassey l’autruie non gardey ni qual ni cuy,e fuy tostemps de malenconie mantinc obra de demoni,can me venc en cor que·m partise que a tu, ver Dieu, servis. (vv. 15-24)Come nel caso <strong>di</strong> Peire, saremmo anche qui in presenza <strong>di</strong> un canto <strong>di</strong> pentimento,<strong>di</strong> svolta, che poteva rappresentare per March un altro importante precedente.Senher Dieu[s], abbiamo detto, è trà<strong>di</strong>to da un unico manoscritto, R, degli inizidel quattor<strong>di</strong>cesimo secolo; ma noi abbiamo importanti testimonianze della sua circolazionein ambiente catalano costituite da due rimaneggiamenti, o meglio da due<strong>di</strong>fferenti versioni, entrambe rie<strong>di</strong>te e stu<strong>di</strong>ate da Squillacioti 32 : la prima, contenutain un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> minute notarili dell’Arxiu Històric Comarcal <strong>di</strong> Olot, è databile al1276 (Ol); la seconda si leggeva in un manoscritto miscellaneo, oggi perduto, delMonastero <strong>di</strong> Sant Pere de le Puel·les <strong>di</strong> Sarrià 33 , il cui colofone recava la data del1378 (Pe) 34 : <strong>di</strong> questo testo esiste una trascrizione <strong>di</strong> Ferran Valls i Taberner del1912 35 . I rapporti tra questi testimoni, nessuno dei quali è descritto e che non hannoerrori in comune, in<strong>di</strong>cano una trasmissione complessa. Secondo Squillacioti, un testooriginariamente in occitano sarebbe stato catalanizzato molto precocemente,prima del 1276, e poi una seconda volta, prima del 1378:Il modello originario è occitanico, sebbene il suo relatore R sia <strong>di</strong> qualche decennio posteriorea Ol: lo <strong>di</strong>mostra, oltre alla correttezza metrica del testo <strong>di</strong> R, la stessa situazionelinguistica <strong>di</strong> Ol che denuncia, nella commistione <strong>di</strong> tratti occitanici e catalani, la copia<strong>di</strong> un amanuense catalano <strong>di</strong> un antigrafo in lingua d’oc. [. . .] posso ipotizzare chesia esistita una prima copia catalanizzata, anteriore a Ol e Pe, derivata probabilmentedalla medesima fonte <strong>di</strong> R e contenente i vv. 103-104 <strong>di</strong> R [che compaiono in Pe ma nonin Ol] e naturalmente tutte le lezioni che oppongono Ol e Pe a R; già a questo livello sisarà verificata la caduta dei vv. 113-114 e 139-140 <strong>di</strong> R [che non compaiono né in Pe néin Ol] 36 .32 SQUILLACIOTI, «Senher Dieu[s]» cit.33 Sarrià è ora un quartiere <strong>di</strong> Barcellona, ma l’abazia, <strong>di</strong> fondazione carolingia, era in origine pocofuori le mura trecentesche della città, nei pressi del Portal Nou.34 Le sigle sono <strong>di</strong> Squillacioti. Pe corrisponde a x 11 del Repertori de l’antiga literatura catalana.La poesia, vol. I [e unico], Barcelona 1932 <strong>di</strong> J. MASSÓ TORRENTS. Alle tre versioni del poemetto accennaanche S. ASPERTI, «Flamenca» e <strong>di</strong>ntorni. Considerazioni sui rapporti fra Occitania e Catalognanel XIV secolo, in «Cultura neolatina», XL (1985), pp. 59-103, rilevando «notevoli somiglianzecon la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Flors de Para<strong>di</strong>s» (BdT 461.123), la fortunata canzone mariana copiata, oltre chein altri manoscritti, sia in R sia in Pe (p. 91).35 F. VALLS I TABERNER, Manuscrit literari del Monestir de St. Pere, in «Estu<strong>di</strong>s universitaris catalans»,VI (1912), pp. 347-350.36 SQUILLACIOTI, «Senher Dieu[s]» cit., pp. 130, 132.9


Tale ricostruzione sembra pienamente accettabile tranne che in un dettaglio: non ènecessario postulare l’occitanicità originaria del testo. Come si sa, i catalani continuanoa usare l’occitano come lingua della poesia (lirica, narrativa, drammatica,ecc.) fino all’epoca <strong>di</strong> Ausiàs March. La correttezza <strong>di</strong> questa lingua varia da autorea autore e, ovviamente, da copista a copista, e non necessariamente secondo una linea<strong>di</strong> progressivo deca<strong>di</strong>mento verso i piani cronologici più bassi (è noto che alcunicopisti, anche tar<strong>di</strong>, tendono a occitanizzare e perfino a iperoccitanizzare quanto trascrivono).Ora, tutti i tratti fonetici e morfologici <strong>di</strong> R in<strong>di</strong>cati da Squillacioti comeoccitani contro quelli catalani <strong>di</strong> Ol e Pe ricorrono normalmente nei testi catalani inversi, sicché Senher Dieu[s], così come ci è trasmesso da R, potrebbe essere tranquillamenteopera <strong>di</strong> un poeta catalano, nel nostro caso del Duecento. La ‘scorrettezza’<strong>di</strong> Ol sarà sicuramente in rapporto con «il carattere occasionale della copia [. . .]ben evidente dalla sede <strong>di</strong> trasmissione, una raccolta <strong>di</strong> scritture notarili» 37 ; quella,ancora maggiore, <strong>di</strong> Pe 38 non è più oggetto <strong>di</strong> indagine, visto che il manoscritto èperduto e non possiamo farcene un’idea complessiva valutando gli altri testi raccolti:ma che in entrambi i casi si tratti <strong>di</strong> copie poco curate è confermato dalle gravi irregolaritàdella metrica. D’altra parte, nemmeno il testo <strong>di</strong> R è immune da una certaquantità <strong>di</strong> tratti interpretabili come catalanismi, al punto che Chambon, pur ignorandol’esistenza degli altri due testimoni, l’ha attribuito a un autore catalano 39 . Tirandole somme, non si può escludere che Senher Dieu[s] sia opera <strong>di</strong> un catalano;ma anche se fosse <strong>di</strong> autore occitano, o perfino <strong>di</strong> Folquet de Marselha, è certo cheebbe una <strong>di</strong>ffusione duratura nei paesi <strong>di</strong> lingua catalana ed è perciò ipotizzabile cheAusiàs March ne conoscesse una qualche versione 40 .Un ulteriore piccolo in<strong>di</strong>zio ci segnala l’interesse <strong>di</strong> March per la tra<strong>di</strong>zione penitenziale.Capostipiti <strong>di</strong> tutti i canti <strong>di</strong> <strong>penitenza</strong>, come ho già detto sopra, sono i salmipenitenziali, che in area occitana e catalana ebbero circolazione in<strong>di</strong>pendente dalSalterio e dal resto della Bibbia: oltre a quello occitano, esiste dei sette salmi un rifacimentocatalano in <strong>di</strong>stici <strong>di</strong> ottonari, molto libero, anteposto al Llibre de Gènesiin un manoscritto copiato nel 1451 dal rettore della chiesa <strong>di</strong> Sant Julià de Montseny,nei pressi <strong>di</strong> Barcellona (BnF, esp. 541) 41 . Non ci sono in questo caso argomentiper supporre che March potesse aver letto questa particolare versione, ma certoè che doveva avere per i salmi penitenziali una certa pre<strong>di</strong>lezione. Se torniamo infattiall’inventario dei beni redatto alla sua morte, troveremo un altro libro così descrittodal notaio: «hun libre en paper, cuberts de fust, ab aluda groga, en pla, sónEsposicions dels Salms» 42 . Si tratta dell’Exposició dels VII psalms, volgarizzamentodel Commentarium in septem psalmos pœnitentiales <strong>di</strong> Innocenzo III eseguito dal37 Ivi, p. 132.38 MASSÓ definiva ad<strong>di</strong>rittura il testo <strong>di</strong> Pe «d’importància secundària a causa de la seva flagrantincorrecció» (Repertori cit., p. 392).39 «[. . .] l’ensemble des traits caractéristiques du texte est dû à des interférences in<strong>di</strong>viduelleschez un catalanophone écrivant en occitan» (CHAMBON, Diatopismes cit., p. 131).40 Non si <strong>di</strong>mentichi che la sua biblioteca includeva il fondo del prozio canonico Berenguer [II],verosimilmente ricco <strong>di</strong> testi religiosi in volgare oltre che in latino.41 Ed. in P. BOHIGAS, Sobre manuscrits i biblioteques, Barcelona 1985, pp. 237-244 (sul ms. ve<strong>di</strong>le pp. 139-140). Ai sette salmi fa seguito una litania, [S]enyer ver Deus tot poderos (p. 245),anch’essa <strong>di</strong> vaga ispirazione penitenziale, rivolta alle tre persone della Trinità, alla Vergine, ai patriarchi,ai santi «petits e grans» (v. 81), e in ultimo «A tots los sants» (v. 101). Il volgarizzamento catalanonon è in rapporto con quello occitano.42 CHINER, Ausiàs March cit., p. 456 e VILLALMANZO, Ausias March cit., p. 412; cfr. PAGÈS,Auzias March cit., p. 114.10


domenicano Joan Romeu a richiesta <strong>di</strong> Berenguer [III] March, maestro dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>Montesa (zio <strong>di</strong> Ausiàs, morto nel 1409) 43 . Ben due copie <strong>di</strong> questa vasta opera, checonteneva al suo interno il testo stesso dei salmi, tradotto e parafrasato, comparivanogià nell’inventario dei libri <strong>di</strong> Pere March 44 : era insomma una sorta <strong>di</strong> libro <strong>di</strong> famigliae doveva essere per il poeta una lettura abituale. In questa luce, acquistano maggioresignificato le affinità rilevate da Archer tra il Cant espiritual e l’Excitatori dela pensa a Déu che, come abbiamo detto, era pure presente nella biblioteca paterna45 . Quest’operetta ascetico-mistica, in cui l’anima del cristiano si rivolge al Signoreconfessandogli i suoi peccati e ne invoca, in un misto <strong>di</strong> timore e <strong>di</strong> speranza,il perdono, è anch’essa intrisa <strong>di</strong> citazioni bibliche, tra cui spiccano ancora una voltai salmi, e il poeta può averla usata come serbatoio <strong>di</strong> immagini e <strong>di</strong> motivi.L’Excitatori va quin<strong>di</strong> considerato un altro tassello nella cultura penitenziale cheMarch dovette coltivare nel corso degli anni 46 .Da quanto abbiamo visto, dovrebbe essere chiaro che il Cant espiritual ricade,non <strong>di</strong>rei in un genere poetico come il fantomatico Busslied, quanto piuttosto inquella che abbiamo chiamato la tra<strong>di</strong>zione penitenziale, facente capo ai sette salmi,documentata nel Me<strong>di</strong>oevo latino in forme abbastanza co<strong>di</strong>ficate, e infine riaffiorantecon pochi ma significativi esemplari nel Me<strong>di</strong>oevo romanzo. In questa trafila ilvers <strong>di</strong> Peire d’Alvernhe occupa sicuramente una posizione centrale e poteva costituireun autorevole modello, ma March sembra mostrare un interesse per le stesse fontibibliche; è possibile inoltre che conoscesse Senher Dieu[s], cioè quella che secondoStroński è una perfetta traduzione in volgare della lamentatio pœnitentiæ latina me<strong>di</strong>evale.Collocandosi in questa esile tra<strong>di</strong>zione, Ausiàs March compone un’operache nel Quattrocento europeo doveva apparire come sospesa nel vuoto, ma che segnauno dei momenti più alti del suo canzoniere.COSTANZO DI GIROLAMO43 Il volgarizzamento è stato e<strong>di</strong>to da S. MARTÍ nella sua tesi <strong>di</strong> dottorato, La traducció catalaname<strong>di</strong>eval del «Commentarium in septem psalmos pœnitentiales» d’Innocenci III, Universitat de Barcelona,1999. Su Berenguer [III], ve<strong>di</strong> VILLALMANZO, Ausias March cit., pp. 29-30. La presenza <strong>di</strong>questo libro al capezzale del poeta era già stata notata da PRATS, Sobre el «Cant espiritual» cit., p.16; secondo Prats, «seria interessant d’encarar el Cant espiritual amb els salms on descobriríem ungran model de poesia d’un jo confrontat amb un Tu en uns termes que no trobàvem en els precedentsmés imme<strong>di</strong>ats de March» (p. 17).44 CHINER, Ausiàs March cit., p. 157 e VILLALMANZO, Ausias March cit., p. 249; cfr. PAGÈS,Auzias March cit., p. 45. I due libri vengono registrati come «Ignocent» e «Nota de Ignocent sobrelos set salmps [sic]»: forse uno era l’originale latino e l’altro il volgarizzamento; secondoLL. CABRÉ (Pere March, Obra completa, Barcelona 1993, p. 40), la prima voce potrebbe invecedesignare il De contemptu mun<strong>di</strong> dello stesso autore.45 CHINER, Ausiàs March cit., p. 157 e VILLALMANZO, Ausias March cit., p. 249; cfr. PAGÈS,Auzias March cit., p. 45.46 Viene ad esempio da Ps 144 (143),7 l’immagine della mano <strong>di</strong> Dio tesa nel salvataggio, <strong>di</strong> cuisi è detto qui all’inizio e che Archer riconduce a Oliver («Emitte manum tuam de alto; / eripe me etlibera me de aquis multis»): è perciò un altro riferimento biblico nel canto, sia pure me<strong>di</strong>ato, da aggiungerealla lista <strong>di</strong> cui sopra. Tuttavia la sequenza Bibbia > Oliver > March non è poi così lineare.Se infatti a tu mateix me tira (v. 4) presuppone tire’m après de tu <strong>di</strong> Oliver, March, quando scrive opels cabells me lleva (v. 2), innesta in questi pochi versi un’altra eco biblica: in Ez 8,3 e Dn 14,36 lamano del Signore non è protesa verso la mano del fedele ma lo afferra per i capelli per portarlo miracolosamentealtrove.11


Bibliografia in reteIl Cant espiritual <strong>di</strong> Ausiàs March può essere letto nel Rialc (www.rialc.unina.it) nelleedd. Bohigas (…/94.85.htm) e Di Girolamo (…/94(altra).htm); Senher Dieu[s] nel Rialto(www.rialto.unina.it) nelle edd. Stroński e Squillacioti, entrambe sotto Folquet de Marselha;le due versioni catalane nel Rialc nell’ed. Squillacioti (…/0.129.htm). Nel Rialto è ancheDeus, vera vida nell’ed. Fratta, sotto Peire d’Alvernhe; nel Rialc sono i salmi penitenziali incatalano nell’ed. Bohigas (da …/0.131a.htm fino a …/0. 131g.htm; la litania è alla pagina…/0bis.senyor.htm) e De bocadens <strong>di</strong> Romeu Llull nell’ed. Turró (90. 3.htm).12

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