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Piero Castignoli Pellegrini piacentini nel ... - Itinerari Medievali

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poiché dopo la morte del marito aveva donato ai poveri ogni suo bene,mandano a Gerusalemme per prendere tre tuniche, olio e legumi e farliavere alla povera eremita. Il cellario si incarica di eseguire lacommissione ma presto torna dal deserto a mani vuote e tutto sconsolatodicendo di non essere riuscito a trovare la donna e di aver perso ognicosa. Egli piangeva forte dichiarandosi indegno di essere un cristiano.Non si sa perché non fosse riuscito <strong>nel</strong> suo intento o perché non avesseresistito alla tentazione di far sparire quel ben di Dio che gli era statoaffidato. I nostri pellegrini non commentano ma mostrano di aver capito ilraggiro.Dopo Gerusalemme le principali tappe sono Betlemme dove si puòammirare la grotta della natività, il sepolcro di San Gerolamo e ilcimitero degli innocenti. A Mambre (Hebron) vi sono le tombe deipatriarchi ed una basilica divisa a metà da un cancello, <strong>nel</strong>la qualeentrano sia i cristiani che gli ebrei per assistere alle loro funzioni. Bisognanotare a questo proposito che in tutto l’<strong>Itinerari</strong>o manca qualsiasiaccenno polemico verso le altre religioni monoteiste e in particolare viè assenza di pregiudizi nei confronti degli ebrei che sono descritti comeamabili e rispettosi verso i cristiani. Questo spirito di tolleranza siestende anche ai pagani selvaggi chiamati Saracini, <strong>nel</strong> senso di popolazioniorientali, che vivono <strong>nel</strong> deserto e con i quali i pellegrini hanno commerci,scambiando l’acqua da essi portata con il pane.Un vero sentimento di fraternità mostrano poi verso le comunitàcopte dalle quali vengono ospitati con amicizia e onorati comecompagni di fede. A Faran <strong>nel</strong>la penisola sinaitica vengono accoltifestosamente da un gruppo di donne copte che li accudiscono, lavano lorola testa e i piedi e poi li ungono con olio di rafano, salmodiando in coptol’antifona: “Benedetti voi dal Signore e benedetto il vostro arrivo,osanna <strong>nel</strong>l’alto dei cieli”. Peraltro in tutto il viaggio non c’è traccia diincidenti o di un episodio increscioso, essi trovano sempre ospitalità evivande a buon mercato adattandosi assai saggiamente agli usi e aicostumi delle popolazioni. La pace bizantina garantiva loro un soggiornosicuro e, nonostante le fatiche del viaggio e le condizioniclimatiche, perfino lieto.Dopo le città di Scalona e Gaza, anch’esse ricche di ricordi biblici,i pellegrini <strong>piacentini</strong> si inoltrano <strong>nel</strong> deserto del Sinai diretti al montedelle tavole della legge. La attraversata dura ben sei giorni durante iquali ci si nutre con poco pane e si beve molta acqua portata in otri daicammelli al seguito. Giunti al monte Oreb vengono accolti da unafolla di monaci e di eremiti salmodianti e danzanti e l’accoglienza ètale che tutti si commuovono fino alle lacrime. Dopo aver visitato ilroveto di Mosè e passata la vigilia in preghiera presso un monastero,retto da tre abati, dove si parlano tutte le lingue, salgono all’alba sulSinai; qui i monaci celebrano l’ufficio in un piccolo oratorio, al sorgere8


del sole. Consuetudine vuole che per devozione lì i pellegrini si taglinoi capelli e la barba e il nostro si adegua sacrificando l’onor del mento.Beve poi assieme agli altri un liquido denso che cade dal cielo informa di rugiada e che chiamano manna anche se non sembra che dalgusto gli paia tale. Comunque ne elogia le virtù terapeutiche. Ilviaggio li porta poi in Egitto dove vedono il Nilo, visitano Menfi edAlessandria ed altre città del delta.Ritornati a Gerusalemme, l’Anonimo piacentino cade ammalatogravemente e si trova in pericolo di vita, invoca allora il santoprotettore di Piacenza Antonino e Sant’Eufemia il cui culto era giàpraticato <strong>nel</strong>la città. I santi gli appaiono in sogno dopo di che guariscecompletamente. Nel viaggio di ritorno i pellegrini fanno una diversionein Mesopotamia dove visitano le famose città dell’Eufrate quindi,attraverso Apamea ed Antiochia in Siria riguadagnano il mareMediterraneo da dove si imbarcano per ritornare in patria. Un viaggiocomplessivamente che non può essere durato meno di due anni.Volutamente ci siamo soffermati <strong>nel</strong>la descrizione dei luoghi edelle esperienze dell’<strong>Itinerari</strong>o perché esso assumerà <strong>nel</strong> Medioevonon solo per Piacenza ma per tutto l’Occidente cristiano il valore diuna guida esemplare ai luoghi santi. Non solo ovviamente una guidageografica e topografica corredata di ricchissimi riferimenti vetero enovo testamentari, ma soprattutto una guida per la devozione che <strong>nel</strong>Medioevo accentuerà tutti quei motivi propri di una mentalitàreligiosa profondamente ingenua ed emotiva. Il pellegrinaggio comecammino verso la salute non solo dell’anima ma anche del corpo, la viadella penitenza per la riconciliazione con il Signore, la ricerca attraversosegni esteriori e cerimonie rituali della propria autentica vocazionecristiana: questi sono i propositi con i quali l’uomo del Medioevoaffronta i disagi di un viaggio che dopo la conquista musulmana dellaTerra Santa diventa assai più rischioso e difficile.2. Raimondo Zanfogni detto PalmerioIl tema del pellegrinaggio è l’elemento centrale anche della spiritualità diun grande santo piacentino, Raimondo Zanfogni detto Palmerio, anchese il suo sbocco vocazionale risulterà alla fine assai diverso ecompletamente nuovo rispetto agli esiti tradizionali. Anche di Raimondo(1140-1200), come per l’Anonimo del VI secolo, possediamo una fonte(questa volta si tratta di una biografia) redatta quasi subito dopo la suamorte, <strong>nel</strong> 1212, del tutto attendibile. Essa è dovuta a Rufino canonicoregolare della chiesa dei Dodici Apostoli che fu diretto testimone della vita9


Il ragazzo, in ciò instradato da una madre devotissima, sentìprecocemente l’attrazione alla vita religiosa alla quale non facevamistero di volersi interamente consacrare. Assiduo alle cerimonie delculto, prediligeva la devozione ad un immagine di Cristo che si trovava<strong>nel</strong>la chiesa di Santa Brigida. Rufino lo descrive di sveglio ingegno edi una candida, evangelica semplicità, macilento e magro <strong>nel</strong> fisico madi una sorprendente agilità. Misurato <strong>nel</strong>le parole ed amorevolissimo contutti, egli aborriva da ogni forma di astuzia e di inganno <strong>nel</strong>l’esercizio delsuo lavoro al quale si piegava docilmente, pur non sentendosi ad essovocato. Obbedienza, mansuetudine e pietà paiono i caratteri distintividi questo giovane artigiano. Il lavoro servile contraddiceva <strong>nel</strong>la mentalitàdell’epoca al concetto di vita religiosa e di perfezione cristiana,ma <strong>nel</strong>la società urbana si faceva già strada un modello di santità diverso daquello tradizionale 28 . È assente in San Raimondo quel completodistacco dal mondo che caratterizza le conversioni cristiane dipersonaggi a lui contemporanei o quasi come San Francesco, Valdesio,Sant’Omobono. Anche se la sua ricerca della santità è all’inizio moltoinquieta e travagliata; in essa non si intravvede uno iato, unailluminazione improvvisa che produca una frattura col passato, unripudio totale della vita a cui l’obbligava la nascita e la condizione socia- le.L’idea del pellegrinaggio nei luoghi della vita di Cristo non potevanon affascinare il ragazzo dedito ad un culto cristocentrico ecristomimetico, come affascinava allora ogni cristiano. La sensibilitàreligiosa dell’epoca era attratta prepotentemente dal contatto fisico colsacro, la spiritualità si estrinsecava attraverso il corpo e i sensi: vedere,toccare, odorare, mangiare e bere qualcosa che sapeva di Cristo o deisuoi Santi era considerato la via maestra della perfezione. Ilpellegrinaggio con il suo corredo di fatiche, di tribolazioni e di pericolirappresenta inoltre una forte istanza di espiazione e di penitenza.Raimondo alla ricerca del suo ideale di perfezione, a 14 anni, allamorte del padre, decide di recarsi in Terra Santa per la visita al SantoSepolcro e la madre, lungi dal dissuaderlo, si unisce a lui. Entrambiricevono dal vescovo il pettorale con la croce rossa dei pellegrini. Unacostante della vita di Palmerio è il suo stretto collegamento con legerarchie ecclesiastiche: il primo legittima la sua ascesa spirituale <strong>nel</strong>lalegalità istituzionale, le seconde, come vedremo, si appoggiano alla suafigura carismatica per combattere le deviazioni dogmatiche delle setteperfettamente <strong>nel</strong>la mentalità e <strong>nel</strong>le attese del momento storico come ha ben puntualizzato inuna penetrante analisi Luigi Canetti ( L. CANETTI, Gloriosa civitas. Culto dei santi e societàcittadina a Piacenza <strong>nel</strong> Medioevo, Bologna, 1993, pp. 167-285). Si veda anche: A.VAUCHEZ, Raimondo Zanfogni detto Palmerio s., in Bibliotheca Sanctorum, t. XI, pp. 26-29.28 Sul modello tradizionale di santità oltre alle osservazioni del Canetti (Gloriosa civitas...,pp. 179-180), si veda: A.VAUCHEZ, La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen-Age d’apres les proces de canonisation et les documentes hagiographiques, Roma, 1981,rivista e aggiornata <strong>nel</strong> 1988.11


ereticali che, <strong>nel</strong>la seconda metà del XII secolo, prendono rapidamentepiede e dilagano a Piacenza 29 .Il viaggio nei luoghi santi è contrassegnato dai caratteristici segnidella religiosità medievale propensa ad esprimere <strong>nel</strong>l’emotività piùaccentuata la sua autenticità. La commozione e il pianto spesso dirotto simanifestano nei pellegrini alla vista dei luoghi, di oggetti e di reliquie:essi versano fiumi di lacrime ricordando il sacrificio del Salvatore difronte alla loro miseria e indegnità. Del viaggio in sé sappiamo ben pocose non che ha toccato le tradizionali tappe di Betania, Gerusalemme eBetlemme.Il miracolo e la prova sono l’altro contrassegno della predilezione di Dioche giungono puntuali durante il periglioso viaggio di ritorno su di unaimbarcazione genovese.Raimondo si ammala sulla nave colpito da una peste (termine genericoper designare una malattia infettiva con febbre alta) e i marinai temendoil contagio e prevedendo un’imminente fine decidono di buttarlo amare. Interviene allora l’intrepida madre che li scongiura e infine,disperata, prospetta loro l’immancabile castigo divino a fronte di undelitto consumato nei confronti di un suo servo. Si ravvedono allora imarinai e Raimondo guarisce quasi subito miracolosamente, manifestosegno della predilizione divina. Ma il santo è messo subito dopo allaprova dal Signore con la morte improvvisa della madre. Si tratta di eventinaturali che ricevono un’interpretazione sovrannaturale: Raimondo sisente sempre più chiamato ad una vita di perfezione cristiana ma non riesceancora a realizzare il suo tipo di vocazione.Al ritorno in città, appena quindicenne, si presenta al vescovo e viene accompagnatoa casa da una turba festante di amici e parenti che nondubitano più ormai del suo carisma. È esortato a sposarsi e ariprendere il lavoro e, sebbene riluttante, accetta quella che gli sembraessere la volontà del Signore. E qui si disegna chiaramente la strategiadella Chiesa protesa a rintuzzare la spiritualità catara che propone unmodello di astinenza sessuale assoluta e nega una validità sacramentale almatrimonio. Il modello della santità non può più essere circoscrittoesclusivamente al binomio continenza e preghiera che è proprio delsacerdozio, ma deve estendersi anche al tipo di vita proprio dai laicila cui più squisita vocazione si realizza <strong>nel</strong> binomio matrimonio elavoro. In questa scelta il santo appare veramente guidato dallepreoccupazioni che suscita <strong>nel</strong> clero cittadino il dilagare delle setteeretiche a Piacenza (catari, valdesi, poveri lombardi e poveri di Lione)e quasi forzato ad intraprendere un cammino che non sente proprio.Tutti i papi della seconda metà del XII secolo vedono <strong>nel</strong>la sessualità29 Sull’eresia a Piacenza nei secoli XII e XIII: P. RACINE, Plaisance du X à la fin du XIIIsiècle, 3 voll., Paris Lille, 1979, t. II, pp. 798-889. ID., Il movimento ereticale, in Storia diPiacenza, vol. 2, Dal vescovo conte alla signoria, Piacenza, 1984, pp. 373-390.12


coniugale un atto di amore destinato alla continuazione della vita finoad innalzarlo alla dignità sacramentale con Innocenzo III <strong>nel</strong> ConcilioLateranense IV del 1215 30 .Anche <strong>nel</strong>l’accettazione dello stato coniugale Raimondo vedel’ennesima prova alla quale lo mette il Signore: il matrimonio èinvero pieno di fatiche, di tribolazioni e di doveri molto ingrati comequello di governare la moglie spesso indocile, allevare ed educare ifigli non sempre obbedienti, amministrare con oculatezza ma <strong>nel</strong>lostesso tempo senza dolo né avarizia il patrimonio familiare equant’altro. Ma il santo trova anche il tempo di dedicarsi alle letturesacre ed alla conversazione con religiosi e, benché illetterato, adacquisire un bagaglio dottrinale tramite, secondo il suo biografo, unadivina infusione di sapienza. Si mette a predicare la domenica in unopificio, dove si raccoglievano i suoi compagni di lavoro, “veramsanctae Dei legis doctrinam” come riconoscono le stesse gerarchieecclesiastiche. Si vede anche qui che il tradizionale atteggiamento didifferenza del clero verso la predicazione dei laici si stemperanotevolmente, crediamo soprattutto a causa del diffondersi di questapratica <strong>nel</strong>le conventicole eterodosse. Naturalmente rimane in piede la distinzionefondamentale tra un attività omiletica di carattere etico-narrativo(predicazione aperta) distinta da quella di carattere teologicodogmatico(predicazione profonda) che rimane prerogativa del clero.Del resto Raimondo, a differenza dei laici eretici, agisce sempre diconsenso con il suo vescovo e può permettersi di riprovare ancheduramente la condotta non esemplare di certo clero regolare e secolare.È evidente il segno perenetico della sua predicazione: egli esorta aseguire i comandamenti e i precetti della Chiesa, a praticare le virtùe a fuggire le occasioni di peccato. D’altronde mancava <strong>nel</strong> clero, di allora,spesso indotto ed ignavo, la consapevolezza della necessità di unapastorale rivolta ai laici in una società fortemente urbanizzata,impegnata in attività produttive e commerciali pericolosamente spinteverso la ricerca di guadagni senza alcuna regola etica. Il lavorosottopagato, l’usura, l’assenza di una assistenza legale creavanosacche di povertà spingendo all’accattonaggio ed alla prostituzione. Laguerra endemicae con le città vicine faceva il resto, turbe di mutilatied invalidi si aggiravano per le strade alla ricerca dell’elemosina odell’occasione per un furto.Rufino ci descrive Raimondo come un cristiano di una condottaesemplare; parco <strong>nel</strong> vitto, largo <strong>nel</strong>l’elemosina, indefesso <strong>nel</strong>lapreghiera ed assiduo agli uffici divini. Si confessava spesso e durantel’Eucarestia si commoveva fino alle lacrime. Esemplarmente modesto:invitato a predicare nei luoghi pubblici e <strong>nel</strong>lo stesso foro si esimeva30 A. FLICHE, CH. THOUZELLIER e V. AZAIS, La cristianità romana (1198-1274), in Storia della Chiesa,vol. X (trad. it. di M. DA ALATRI), 1976, p. 253 ss.13


perché quello era compito dei teologi e dei sacerdoti mentre lui,illetterato, sarebbe potuto cadere in gravi errori. Nonostante lavenerazione in cui lo tengono i concittadini e l’alta considerazione chegode presso le gerarchie, Raimondo si sente inappagato ed a<strong>nel</strong>acontinuamente ad uno stato di perfezione diverso. La morte dei cinquesuoi figlioletti viene da lui interpretata come un segno di Dio. Vorrebbea questo punto sciogliersi dal vincolo famigliare e dedicarsi allacontinenza perpetua. Chiede alla moglie di esonerarlo dall’obbligoconiugale e di seguirlo sulla via della perfezione attraverso la castità.La donna si oppone: non ha scelto di far la vergine né la monaca,desidera avere altri figli e lui deve continuare ad adempiere il suodovere di marito. Emerge qui evidentissima la tendenza dottrinale dellaChiesa avviata a sacralizzare il matrimonio e non solo la liceità ma l’obbligodelle prestazioni coniugali: il corpo di un coniuge appartiene all’altro eviceversa, ma emerge anche in modo netto il modello della santità <strong>nel</strong>matrimonio come alternativo a quello tradizionale della santità <strong>nel</strong>lacontinenza. Alla copia nasce un nuovo figlio Gerardo che Raimondo,di soppiatto dalla moglie, porta davanti al crocifisso di Santa Brigidaper consacrarlo a Dio, vuole realizzare <strong>nel</strong> figlio la sua vocazionemancata: il sacerdozio. Una malattia della moglie la rende inabile alrapporto coniugale e successivamente la conduce alla tomba. Finalmentelibero di seguire quella che ancora ritiene la sua strada della perfezione,il santo decide di abbracciare lo stato di pellegrino esule, di morirecompletamente al mondo e di seguire le orme di Cristo per tutta lavita. Dona quindi tutti i suoi beni ai poveri, affida il figlioletto alle cure deisuoceri che, increduli di fronte ad una decisione così radicale, loesortano ad un compromesso: la città del resto, suggeriscono ipoveretti, un pò ingenuamente, conserva tante reliquie sulle qualiesercitare un’incessante devozione. Risponde gelidamente a loro ed ai suoiamici che esercitano pressioni di considerarlo d’ora in avanti come morto.Riprende dunque il pellegrinaggio interrotto molti armi prima, lasciandodefinitivamente la sua città e vivendo di elemosine e di ospitalità offerta<strong>nel</strong> nome del Signore, intraprende il lungo viaggio verso SanGiacomo di Compostela dove si mescola anonimo tra gli altripellegrini. Sulla via del ritorno in Italia visita il Santuario diSant’Antonio di Vienne ed altri luoghi di pellegrinaggio in Provenza.Si dirige quindi a Roma per onorare la memoria degli apostoli Pietro ePaolo e mentre riposa sotto il porticato di San Pietro viene sorpreso da unavisione onirica <strong>nel</strong>la quale il Signore gli svela finalmente il suo volere,proprio mentre progettava un secondo viaggio in Terra Santa. “Perchévaga continuamente <strong>nel</strong>la vana ricerca di una santità fatta di rinunce fine ase stesse, quando Piacenza, la sua città, ha tanto bisogno della suapersona operosa? Perché non si adopera a spingere all’elemosina i suoicittadini più ricchi, ma dai cuori più duri, perché non promuove la pace14


e la concordia tra le fazioni che si dilaniano, perché non si sforza diricondurre gli erranti in seno alla Chiesa (ecco di nuovo il tema dellalotta all’eresia), perché non redime le giovani dorme dedite al peccato pernecessità (vagas mulierculas)?”.Come in un dramma sacro di fronte ad una simile prospettiva, Raimondocerca di resistere al superiore richiamo: “Ma Signore perché micomandi questo? Perché mi vuoi legare ad una città, la mia, compostada uomini altezzosi, incalliti <strong>nel</strong> peccato, in continua discordia tra di loroche non conoscono la tua legge d’amore? Perché scegli proprio me,uomo illetterato e indotto, tutto si risolverà purtroppo in una vanatribolazione ed in una inutile afflizione. Del resto non hai affermato tustesso: Nemo propheta in patria?.Ma il Signore è irremovibile, questa è la sua volontà e il santo sipiega. Questa è l’unica visione celeste che ha avuto Raimondo a frontedi tante, ma spesso disvianti, teofanie di San Francesco anche lui alungo incerto sulla strada da intraprendere. Ritorna quindi in patria dovela voce del suo arrivo si sparge in un baleno, attorno a lui si raccoglie unagran folla che lo accompagna processionalmente in cattedrale dove ilvescovo Tebaldo lo accoglie amorevolmente e lo conforta <strong>nel</strong> suonuovo proposito. Apre subito un ospizio per i poveri presso la canonicadei Dodici Apostoli, l’attuale convento di San Raimondo, e comincia araccogliere cibo ed indumenti elemosinando per la città. Oltre ai poveri,assiste gli ammalati, gli orfani e le vedove, avvia al matrimonio le prostituteconvertite fornendole di dote, oppure le indirizza alla vitamonacale. Riprende la predicazione e il dialogo con gli eretici, con ilpieno assenso del vescovo. La sua statura profetica e carismaticaaumenta tanto <strong>nel</strong>la considerazione della gente e delle civiche autoritàda venire consultato <strong>nel</strong>le questioni più delicate della repubblicacittadina. Assume la difesa dei poveri e dei deboli davanti aimagistrati e viene chiamato a risolvere i problemi più delicati della vitapubblica. In una città divisa dalle fazioni partitiche e insanguinata dagliscontri sociali tra popolari e nobili egli si assume spesso l’arbitrato e lacomposizione delle contese non esitando a interporsi di persona tra icontendenti, che vengono spesso a vie di fatto, e a tentare lariconciliazione a grave rischio della sua incolumità. Durissimo <strong>nel</strong>lacondanna della violenza ammonisce i cittadini che la loro condottarichiamerà sulla patria l’immancabile castigo divino. Rufino loparagona ad Elia per le sue virtù profetiche e a Geremia per i suoipreannunci catastrofici.Non rientra <strong>nel</strong>l’ambito di questa relazione seguire fino in fondo lavita del santo né illustrare la fortuna e la venerazione godute dopola morte. Vorremmo piuttosto sottolineare il suo totale abbandonodell’iniziale proposito di rifiuto del mondo e di consacrarsi alpellegrinaggio come esilio perpetuo. Calandosi invece <strong>nel</strong>la realtà15


sociale della sua città egli sceglie di essere atleta di Cristo <strong>nel</strong>la lottaper la difesa dei poveri e dei deboli, e per il trionfo della giustizia edella pace. Un disegno che rientra negli obbiettivi del nuovoorientamento pastorale ed ecclesiologico di tutti i vescovi che si sonosucceduti alla guida della Chiesa piacentina <strong>nel</strong>la seconda metà del XIIsecolo: Ugo Pierleoni, Tedaldo da Milano e i <strong>piacentini</strong> Ardizzone eGrimerio. Si tratta di un nuovo modello di santità laica definito daVauchez con il binomio: carità e lavoro, senza dimenticare l’altroelemento fondamentale della predicazione antieretica 31 .3. San Corrado ConfalonieriLa terza figura di pellegrino piacentino che ci siamo proposti diricordare in questa rassegna dedicata al significato religioso del viaggioper amore di Cristo <strong>nel</strong> Medioevo è quella di Corrado Confalonieri.Sull’identità storica di questo personaggio sono state affacciaterecentemente delle obbiezioni che non sono facilmente superabili. In unaricerca sulla vita di Corrado prima del suo esilio-pellegrinaggio a Noto,assai rigorosamente documentata e assistita da serie argomentazioni,Giorgio Fiori pone alcuni paletti ad una consolidata tradizioneagiografica 32 . Partendo dalla più antica biografia, stesa probabilmente appenadopo la morte del santo, avvenuta <strong>nel</strong> 1351, che attestaesclusivamente il suo nome, Corrado e la sua probabile originepiacentina, il Fiori attribuisce al Pugliese e al Littara, agiografi e poetidi Noto del secolo XVI, l’introduzione di falsificazioni emanipolazioni <strong>nel</strong>la troppo generica ed asciutta vita trecentesca. Ineffetti una serie di gravi aporie inficiano questa tarda tradizione che nontrova riscontri <strong>nel</strong>la documentazione piacentina riguardante la nobilefamiglia Confalonieri, documentazione peraltro assai ricca, e inoltre essariceve puntuali smentite su alcuni importanti dettagli toponomastici, trai quali i luoghi presunti della nascita: Torre Confalonieri e/oCalendasco nonché Gargolaro presunto sito del primo romitaggio delsanto. Le prime località infatti non erano all’epoca ancora infeudate allafamiglia dei Confalonieri né essa vi possedeva beni, mentre l’ultima, oltread avere una conformazione ambientale difforme dal territorio rivierascopiacentino, dove la collocano i tardi agiografi, non è riscontrabile <strong>nel</strong>latoponomastica locale.Canonizzato <strong>nel</strong> 1515 da Leone X per impulso di frate BernardoBresciani che era piacentino solo d’origine, la figura di Corrado ècompletamente sconosciuta a Piacenza anche dopo quest’epoca fino alla31 A. VAUCHEZ, La saintetè..., pp. 234-239.32 G. FIORI, Precisazioni biografiche su 5. Corrado di Noto, in «Archivio storico per leProvince Parmensi», IV serie, 43 (1991), pp. 171-188.16


sua riscoperta da parte dello storico locale Pier Maria Campi 33 . Se siconsidera che Corrado Confalonieri <strong>nel</strong> 1314 mentre si trova ancora aPiacenza, sarebbe stato protagonista di un episodio di inaudita gravità,del quale si parlerà più avanti, e che contemporaneamente la suafamiglia occupava un rango sociale di primissimo piano <strong>nel</strong>la vitacittadina, il silenzio delle cronache e dei documenti al riguardo appareveramente inspiegabile.Comunque, se si possono fondatamente mettere in dubbio il nomefamigliare del santo e la ricostruzione della sua vita mentre ancora sitrovava a Piacenza, la notizia della sua origine piacentina, invece risalenteall’epoca del suo romitaggio a Noto, difficilmente può essere contestata.Secondo la tradizione più antica infatti Corrado sarebbe giunto <strong>nel</strong>la cittàsiciliana attorno alla seconda o al massimo alla terza decade del 1300dopo un lungo pellegrinaggio penitenziale intrapreso a Piacenza 34 . Nellanostra città il santo sarebbe stato protagonista di un disgraziato incidentevenatorio; avendo appiccato sconsideratamente il fuoco ad una boscagliaper stanare la selvaggina, non riuscì poi a controllarne lo sviluppo conconseguenti gravi danni e case e a culture. Dell’incidente fu accusato unpovero diavolo che dopo un giudizio sommario, fu mandato al supplizio.Corrado di fronte all’imminente sacrificio di un innocente concepì colrimorso il proposito di riscattarsi dalla colpa e fece liberare l’accusatoproclamandosi colpevole di fronte alle autorità e al popolo.Disfattosi successivamente di tutto il proprio patrimonio in favoredei poveri, decise di ritirarsi dal mondo e di farsi romito e pellegrinoad imitazione di Cristo. Giunto a Noto trovò dapprima ospitalità<strong>nel</strong>la Domus hospitalis allora retta da tale Giovanni Mineo di cuidivenne subito amico. La sua seconda sistemazione fu in una cellarupestre in località Castello presso la Chiesa di S. Maria del Castellodove esistevano parecchi romitori detti celle del Crocifisso cheappartenevano a Guglielmo Buccheri. Dedito alle preghiere, al lavoro<strong>nel</strong>l’orto e al digiuno, Corrado acquistò presto fama di santità pressola popolazione della città siciliana e fu assediato da molti netini incerca di conforto spirituale. Parendogli di non essere degno di tantaattenzione e sentendosi vocato alla vita eremitica pensò diabbandonare le celle del Castello per andare ad abitare <strong>nel</strong> deserto. Illuogo prescelto fu Cava dei Pizzoni <strong>nel</strong> feudo di Lenzavacche a pochichilometri a sud est di Noto. Colà il santo, trovato rifugio in unanfratto, si diede ad una vita di stretta penitenza, alternando digiunie preghiere alla cura di un piccolo giardino dove coltivava aranci,noci, pere e viti e da cui traeva il suo sobrio vitto. Nonostante la di-33 P.M. CAMPI, Vita di S. Corrado piacentino, Piacenza, 1614.34 La più antica biografia dedicata al santo è la Vita beati Corradi risalente alla fine del XIVsecolo, di un anonimo (cfr. F. ROTOLO, L’autore della prima vita di S. Corrado, in Atti ememorie dell’I.S.V.N.A., VI , 1975, pp. 103-109.17


stanza che separava l’eremo da Noto non cessò il pellegrinaggio deinetini alla sua nuova dimora e la fama della sua santitià raggiunse tutta laSicilia sudorientale. Anche dalla vicina Avola giungevano devoti edinfermi confidanti <strong>nel</strong>le sue virtù taumaturgiche. Lo stesso verscovodi Siracusa gli fede visita rimanendo edificato dal carisma religioso diCorrado nonché sorpreso dai prodigi che operò in sua presenza congrande semplicità. Ma l’azione umanitaria del santo si esplicòpienamente durante la peste nera <strong>nel</strong> 1348 quando accorse in aiuto allapopolazione della città siciliana assistendo e confortando gli ammalati,dando sepoltura ai morti, sprezzante del pericolo di contagio, e procurandocibo per vie miracolose ai superstiti. Nel febbraio del 1351 giunto altermine della vita tra aspre sofferenze procurategli dalle privazioni edall’insorgenza di gravi infermità, volle confessarsi e comunicarsi,morendo poi in ginocchio in attitudine penitente 35 .Se le notizie biografiche su san Corrado sono scarse e spesso non deltutto attendibili, varrà la pena di inquadrare la sua esperienza religiosa<strong>nel</strong> contesto delle tensioni spirituali di un’epoca che in gran partesfuggirono al controllo dell’organizzazione ecclesiastica. Da questo lato sipotrebbe raggiungere una verità storica non tanto sull’identità del santopiacentino (Confalonieri o di altra famiglia nobile locale o ancora di un laicoqualunque) quanto piuttosto sulla concretezza storica del suo modello di vitareligiosa. L’analisi fatta da Luigi <strong>Pellegrini</strong>, in occasione del convegnonetino sul VII centenario della nascita di Corrado, è a questo riguardo assaipersuasiva e ci offre un esempio di come si possa approfondire una ricercapartendo da pochi dati sicuri attraverso la loro contestualizzazione <strong>nel</strong>panorama storico circostante 36 .Al di là di quelli che possono essere stati gli improbabili motivipolitici di una così radicale scelta di esilio penitenziale avanzata da talunistorici e cioè la sconfitta dei guelfi <strong>piacentini</strong> cui appartenevano iConfalonieri ad opera del vicario imperiale e signore di PiacenzaGaleazzo I Visconti 37 , va preso invece, a nostro avviso, inconsiderazione il grave disagio religioso che si determina in moltolaici, terziari e non, in seguito alla progressiva normalizzazione istituzionaledei Francescani con un marcato abbandono dell’ideale di povertà.Nella nostra città ciò si rende evidente soprattutto con l’insediamentodei Minori <strong>nel</strong>la piazza maggiore e con la costruzione dello splendido35 Le vicende terrene di Corrado sono state riassunte criticamente <strong>nel</strong> recente saggio di F.BALSAMO, La biografia di Corrado Confalonieri, in Corrado Confalonieri. La figurastorica, l’immagine e il culto, Atti delle giornate di studio <strong>nel</strong> VII centenario della nascita,Noto 24-26 maggio 1990, Noto, 1992, pp. 97-112.36 L. PELLEGRINI, Eremitismo ed esperienza religiosa dei laici tra XIII e XIV secolo, inCorrado Confalonieri. La figura storica..., pp. 21-4337 Si tratta della tesi del CAMPI, Vita di 5. Corrado..., ripresa recentemente anche dalBALSAMO, La biografia....18


tempio e del grande chiostro di S. Francesco a partire dal 1278 38 .La scelta di inserire l’Ordine <strong>nel</strong>la realtà urbana rendendolo arbitro divicende politiche e facendone un protagonista della vita religiosa, in fortecontrasto con il clero secolare e lo stesso vescovo Filippo Fulgosi, èindubbiamente una scelta vincente ma prelude ad un progressivosmarrimento dei forti ideali evangelici delle origini 39 .E noto che questo “tradimento” manifestatosi un pò in tutte le cittàdell’Italia centro-settentrionale provocò le reazioni dei gruppi piùradicali dell’Ordine fino a veri e propri atti di insubordinazione e diribellione verso la linea ufficiale, né valsero a sedarle l’intervento deiProvinciali e degli stessi capitoli generali dei Minori. D’altronde ladebolezza del papato avignonese, prigioniero di un disegno quasiesclusivamente politico, se non era in grado di contrastare sul pianodisciplinare i movimenti degli Spirituali e dei Fraticelli, ormaistaccatisi dalla Regola, ricorreva a drastiche e pesanti condanne dogmatichedi quella che era l’ideologia sottostante alla ribellione. Nel 1317 GiovanniXII condannava irremissibilmente il pauperismo come dottrina eretica escatenava contro gli Spirituali l’inquisizione domenicana con inauditistrumenti di repressione. Nel 1300 è proprio il francescano Niccolò IV(il papa che dirimerà la contesa tra il vescovo e il clero piacentino, dauna parte, e i Minori di San Francesco dall’altra, a favore di questiultimi) a mandare al rogo <strong>nel</strong>la vicina Parma il capo degli apostoliciGerardo Segarelli 40 . Questa setta indirizzava i suoi adepti ad un modellodi vita cristiana che ricercava la perfezione <strong>nel</strong> distacco assoluto dai beni edal mondo, in cui la critica ai modi di vita degli ecclesiastici sfociavain un’aperta ribellione.All’inizio del XIV secolo portando per la prima volta un lororappresentante sulla sedia di S. Pietro i Francescani mostravano di avercompiuto tutta la strada verso l’inserimento dell’Ordine <strong>nel</strong> quadroistituzionale della Chiesa e di aver assimilato i tradizionali sistemi delpotere religioso. La repressione inquisitoriale non è tuttavia sufficiente ascoraggiare soprattutto da parte dei laici la ricerca di una spiritualitàalternativa al di fuori del quadro istituzionale ecclesiastico. Un pòovunque pullulano iniziative religiose di tipo spontaneo da parte diindividui e/o di gruppi che si isolano <strong>nel</strong>lo stesso contesto cittadinoperseguendo un tipo di vita all’insegna dell’ideale evangelicopauperista.Si tratta di forme di eremitismo, di carcerazione o di reclusione38 Su tutta la vicenda si veda: P. M. CAMPI, Dell’historia ecclesiastica di Piacenza,Piacenza, 1651-1662 di 3 voll., II, p. 308; III, 17 (oggi in edizione anastatica, Piacenza, 1995).39 Sul ruolo degli Ordini mendicanti <strong>nel</strong>la vita sociale e politica di Piacenza <strong>nel</strong> Trecento siveda: RACINE, Plaisance..., tomo II, pp. 883-843; P. CASTIGNOLI, Il comune podestariale, inStoria di Piacenza, vol. II Dal vescovo conte...,pp. 261-276. Sui Francescani a Piacenza siveda anche il recente volume: La basilica di S. Francesco a Piacenza, Piacenza, 1998.40 Sugli Apostolici si veda: Dizionario degli istituti di perfezione, I, Roma, 1974, pp.748-759.19


volontaria che coinvolge piccole comunità, non sempre peraltro indisaccordo con la Chiesa, che cerca di disciplinare il fenomeno come può.A Piacenza la signoria di Galeazzo I Visconti (1313-1322) presentaun carattere decisamente ed ostinatamente anticlericale: il vescovo Ugo daPillori viene espulso dalla città ed il palazzo episcopale è trasformato in unalloggiamento dei mercenari del signore. I benefici ecclesiastici vengonoattribuiti a libito di Galeazzo mentre il clero secolare e regolare vienesottoposto a pesanti tassazioni 41 . In questa atmosfera non solo non èpossibile perseguire l’eresia pauperista, ma essa viene anzi apertamenteappoggiata dall’autorità civile che addita <strong>nel</strong>la povertà dei preti e <strong>nel</strong>laloro rinuncia ad ogni beneficio del potere la realizzazione del piùgenuino spirito evangelico. È chiaro che qui l’eremitismo laico assunsecaratteri assolutamente irregolari in mancanza di un controllo ecclesiastico el’assenza di documentazione al riguardo dimostra semplicementel’impotenza dell’inquisizione domenicana di quegli anni.L’ingenuo racconto dell’anonimo biografo siciliano di San Corrado,lontano dalle esperienze di eremitismo dell’ambiente padano, immagina unfavoloso romitaggio in una grotta vicino al fiume Po presso il quale sarebbecominciata l’esperienza religiosa del santo. Ambienta insomma <strong>nel</strong>paesaggio siciliano a lui consueto e <strong>nel</strong>la tradizione locale eremitica, cherisente ancora del modello dell’anacoretismo bizantino, un’esperienzareligiosa, quella di san Corrado, che prende le mosse in un ambientetuttaffatto diverso. Ma se Corrado fu veramente eremita a Piacenza,non ebbe bisogno di grotte né di paesaggi rupestri e desertici, ma piùprobabilmente si carcerò <strong>nel</strong>la solitudine di una severa clausura all’internostesso della città o in uno dei centri vicini, come paiono suggerirescelte analoghe di vita religiosa tese all’espiazione penitenziale eall’ascesi spirituale 42 .Con il ripristino dell’autorità ecclesiastica, determinato <strong>nel</strong> 1322dalla conquista della città da parte del legato pontificio Bertrando Del41 P. CASTIGNOLI, La signoria di Galeazzo I Visconti, in Storia di Piacenza, vol. III Dallasignoria viscontea al principato farnesiano (1313-1545), e D. PONZINI, La storia dellaChiesa e la vita religiosa, IBIDEM.42 PELLEGRINI, Eremitismo..., pp. 32-33. Per quanto riguarda Piacenza si ricorda il caso diun’eremita di nome Luigia che <strong>nel</strong> 1369 dimorava presso la chiesa di S. Biagio (S. Raimondo)(cfr.: P.M. CAMPI, Dell’historia ecclesiastica di Piacenza, Piacenza, 1662, III, 131). Si deve adun altro eremita, certo Guglielmo, se l’abate del monastero di San Sisto Pietro Veggio decide <strong>nel</strong>1425 di consegnare il cenobio gravemente decaduto ai monaci riformati di S. Giustina daPadova (cfr.: U. LOCALI, De Placentinae urbis origine, successu et landibus, Cremona,1564, pp. 874-875. Inoltre, ancora <strong>nel</strong> 1410, quando le autorità cittadine, preoccupate daldilagare dell’accattonaggio, non facevano più grande differenza tra vagabondaggio ederemitismo e si orientavano a reprimere il fenomeno, troviamo un’eremita che viveva<strong>nel</strong>la campanea placentina destinataria di un piccolo lascito (cfr.: F. AOSTA, « Povertàassistita e povertà discriminata. Ipotesi sui criteri di gestione dell’assistenza ai poveria Piacenza <strong>nel</strong> Basso Medioevo » , in «Bollettino Storico Paicentino», LXXXIII (1988),p.125.20


Poggetto, la libertà di queste forme irregolari, non istituzionalizzate divita cristiana doveva presto cessare e per sfuggire alla persecuzione,questi romiti cittadini dovevano prendere le vie dell’esilio vero eproprio con il distacco da una realtà diventata ostile.Questa ipotesi adombrata dal <strong>Pellegrini</strong> e indirettamente confermata dalBalsamo che sposta persuasivamente all’inizio degli anni Trenta del secoloscorso l’arrivo del santo piacentino a Noto 43 , se, da un lato, finisce col fargiustizia delle improbabili origini nobiliari attribuite a Corrado da una tardaagiografia, giustifica tra l’altro pienamente l’abbandono della città natale, lascelta del pellegrinaggio verso Roma prima e poi verso terre moltopiù lontane ma certamente più ospitali.Si tratta pur sempre di congetture, ma sta di fatto che l’emigrazionedi religiosi sospettati di eresia verso la Sicilia si manifestò in manieradel tutto evidente durante il regno di Federico II d’Aragona cheassicurò loro una benevola protezione. Nel 1314, 40 francescani deiconventi di Arezzo, Carmignano e Asciano scomunicati dal vescovo diSiena perché aderenti alla setta dei Fraticelli, per sottrarsi all’abiura o alsupplizio, fuggirono in Sicilia dove trovano ospitalità e protezione 44 .Erano dunque anche Corrado e il suo compagno di eremo del nomeassai significativo, Michele Lombardo, dei “fraticelli lombardi”scampati dalle persecuzioni della Chiesa avignonese? Se fosse cosìriceverebbe anche una plausibile spiegazione lo stretto riserbo di cui il santocir- condò sempre il suo passato durante la sua vita presso il romitoriodi Cava Pizzoni.Non è impossibile che di fronte alle istanze del suo contemporaneobiografo di conoscere le origini di un uomo così straordinario ecarismatico, Corrado abbia rivelato solo delle parziali verità o delleverità allegoriche. L’incendio da lui appiccato potrebbe essere il fuoco diuna dottrina eretica seguita in gioventù e il suo pellegrinaggio una formadi espiazione per il suo peccato di orgoglio dello spirito. Mentre le sueorigini nobili, se non sono del tutto da scartare, potrebberosimboleggiare la nobiltà e la purezza della sua scelta di vita e nonnecessariamente natali di rango. Nel pensiero religioso medievale laconversione, configurando l’inizio di una vita nuova sul modello diCristo, rappresenta una vera e propria nascita.Avvalendosi dunque di un clima politico-religioso assai diverso,ammesso che possa essere stato un fraticello fuggiasco, e coprendosi conil più stretto anonimato, Corrado ha modo di realizzare a Noto unideale di vita eremitica <strong>nel</strong>la più totale ortodossia cattolica.La sua pura pietà, la sua ardente carità e l’umile assenza di ogni polemicaantiecclesiastica conquistano ben presto il clero locale; forse viene guardatocon una certa sospettosa diffidenza solo dalla comunità locale dei43 BALSAMO, La biografia..., p. 106.44 PELLEGRINI, Eremitismo..., p. 41.21


Conventuali, installata all’estremità sud-ovest dell’Alveria, se purel’assenza di documentati rapporti con il convento francescano di Notopuò assumere questo significato. Sta di fatto che la visita del vescovo diSiracusa al suo eremo di Cava Pizzoni e il singolare esito della stessache indussero il presule ad inginocchiarsi davanti al romito, permanifesti segni di virtù carismatiche, è indice sicuro della legittimazioneecclesiastica della sua scelta di vita. Tutto ciò riceve confermadall’immediato avvio della pratica di canonizzazione subito dopo lasua morte 45 .Nel suo già ricordato saggio, il <strong>Pellegrini</strong> traccia un quadro efficacedell’eretismo siciliano durante i secoli XIII e XIV giungendo allapersuasiva conclusione di un suo profondo collegamento con latradizione bizantina dei monaci anacoreti sopravvissuta all’invasionearaba e rinverdita durante il regno normanno del XII secolo. In Sicilia,durante la dominazione aragonese, vi sono numerose comunità di romitilaici che non necessariamente si identificano con il Terzo Ordine, oltrealle Celle di Noto vicino alla Madonna del Castello o del Crocefisso,ritroviamo simili gruppi di penitenti isolati sul monte Pellegrino,sull’Etna e sulla “lingua” del faro a Messina 46 . L’isolamento eremiticoconsente di continuare una scelta religiosa atipica, anche se non apertamenteeterodossa, come quella di una povertà assoluta intesa come rifiuto diogni mezzo di sostentamento che non derivasse dalle elemosine.La Chiesa poteva tollerare questo atteggiamento solo se da essofosse assente la pretesa dottrinale di considerare antievangelico ilpossesso di beni e di giurisdizioni da parte delle istituzioni ecclesiastiche.In questo quadro del tardo monachesimo siciliano rinascente sotto laspinte delle nuove esigenze di fedeltà evangelica che percorrono <strong>nel</strong>Trecento tutta la società italiana, si inserisce la esperienza netina del santopiacentino. Non va- le la pena di sottolineare, come è già stato fattoautorevolmente, che gli altri pellegrinaggi a Malta e in Terra Santaattribuiti a Corrado prima del suo arrivo a Noto, mancando di sufficientibasi documentarie, sono probabilmente delle amplificazioniagiografiche 47 . In esse tuttavia bene si ravvisa il significato di cui sicarica un determinato tipo di devozione così caro alla mentalitàmedievale quale l’esilio volontario dalla patria, il distacco dal mondo in unoslancio spirituale, ma ancora rivestito di fisicità materiale, di imitare ilCristo.45 F. ROTOLO, I processi testimoniali per la canonizzazione di S. Corrado, in CorradoConfalonieri. La figura storica..., pp. 113-188.46 PELLEGRINI, Eremitismo..., p. 43.47 BALSAMO, La biografia..., pp. 104-105.22

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