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Lo sguardo fenomenologico e la distanza che "fa" - Counselling-care.it

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all’oggetto da comprendere (con cui non c’è contrapposizione néseparazione ma insieme di re<strong>la</strong>zioni) nei suoi stessi termini, per"vedere".... cosa? le strutture <strong>che</strong> emergono (dal versante di chiindaga o aiuta come nel nostro caso) e l’"essenza" dell’esperienza,essenza come rive<strong>la</strong>zione del modo in cui un’esistenza si progetta esta nel mondo.Sono questi i presupposti fondanti del<strong>la</strong> Metodologia Fenomenologicae stando in questo dominio cogn<strong>it</strong>ivo è possibile per noi rispondereal<strong>la</strong> domanda iniziale di questa tavo<strong>la</strong> rotonda.Vivere <strong>la</strong> nostra re<strong>la</strong>zione – mi riferisco al<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione d’aiuto – almondo realizzando il paradigma <strong>fenomenologico</strong> non è molto semplicee nean<strong>che</strong> immediato nel nostro <strong>la</strong>voro: vuol dire stare, stare erispettare il venire al<strong>la</strong> luce del Dato, l’esperienza vissuta, ma non nelsenso del contenuto percep<strong>it</strong>o, ricordato, sent<strong>it</strong>o ma stando sulversante del COME si struttura l’esperienza e <strong>la</strong> sua narrazione(Husserl dice: "Noi dobbiamo attenerci a ciò <strong>che</strong> è dato nel puroErlebnis, e assumerlo, nel quadro del<strong>la</strong> chiarezza così come si dà").Cosa è difficile? Il <strong>la</strong>sciare <strong>che</strong> le cose si mostrino così come sonoimplica modifi<strong>care</strong> lo <strong>sguardo</strong> ed agire <strong>la</strong> volontà di non opporreresistenza a questo introdursi. Implica <strong>la</strong> sospensione del giudizio(epochè) ed è questo <strong>che</strong> ci conduce nell’esperienza dell’altro,riducendo l’io, arginando il desiderio di invadenza e così agendo epensando da un altro luogo.È una pratica questa, un esercizio non facile, an<strong>che</strong> perché ogni dato<strong>che</strong> emerge è già inscr<strong>it</strong>to in una cornice interpretativa ed operativa.Mi ricordo di una volta in cui percepii il colore verde delle fogliedurante una passeggiata in un bosco: fu un momento, proprio unmomento veloce ed intenso in cui mi sembrò <strong>che</strong> <strong>la</strong> qual<strong>it</strong>à "colore" sistaccasse dall’oggetto "foglia", a cui non era più associatamomentaneamente. Un attimo, in cui mi è sembrato di cogliere unaqual<strong>it</strong>à in sé, <strong>che</strong> così prescinde dall’oggetto, ossia da un utilizzabile,a cui si sottrae e da cui si stacca. E <strong>che</strong> vuol dire ancora piùprofondamente?Che quel dato, quel<strong>la</strong> qual<strong>it</strong>à sta per sé e non per altro. Quindipercorrere un’analisi fenomenologica, ha a <strong>che</strong> vedere con il sottrarrequel dato agli infin<strong>it</strong>i rimandi associativi, generati dal contestooperativo stesso (nell’esempio riportato il colore verde del<strong>la</strong> foglia nonha significato per me bello, brutto, utile, inutile né ho pensato <strong>che</strong>potevo farmene qualcosa, ma ha voluto dire solo il colore verde). Vafatta una rinuncia in questo atto del Vedere e <strong>la</strong> rinuncia sta in undire "questo vuol dire quello".E an<strong>che</strong> questa pratica non ci appartiene naturalmente, perchésiamo propensi a collo<strong>care</strong> gli accadimenti (interni ed esterni) dentrouna catena di rimandi ed A vuol dire in quanto B. Ed allora come fare


concretamente? Quale è lo spazio da aprire? Anzi quale è lo spaziosenza il quale nul<strong>la</strong> di tutto ciò può accadere? È uno spazio interno,un luogo, quello dell’attenzione e del<strong>la</strong> visione (stando nel<strong>la</strong> <strong>distanza</strong><strong>che</strong> ciò implica) <strong>che</strong> va lì tutta su quel<strong>la</strong> qual<strong>it</strong>à, in quanto tale, suquel<strong>la</strong> struttura immediatamente evidente e comprensibile,attenzione a come l’altro trascende sé stesso nel suo tendere verso, eaccogliere tutto ciò, farlo agire dentro (di me) e sottrarsi ad unarisposta ad un giudizio, ma non certo ad una reazione o effettoemotivo.È un fare il sentire <strong>che</strong> tutta l’attenzione va su quel dato, così come èuno stato interno (corporeo e mentale) essere aperto alle possibili edinev<strong>it</strong>abili configurazioni <strong>che</strong> tutto ciò può produrre, sottraendosi aduna c<strong>la</strong>ssificazione già data... e l’universo si apre. Il vedere<strong>fenomenologico</strong> ha bisogno di spegnere l’invadenza del<strong>la</strong> luceattraverso un ascolto silenzioso: come stare in una domandarinunciando a dare <strong>la</strong> risposta (<strong>che</strong> provenendo dal<strong>la</strong> <strong>distanza</strong> mira acolmar<strong>la</strong>) paragonabile al chiedersi da dove viene <strong>la</strong> domanda stessainvece di cer<strong>care</strong> di rispondere. Aspettare <strong>che</strong> sia <strong>la</strong> configurazionestessa a par<strong>la</strong>re, stando nel<strong>la</strong> dimensione dell’evento (<strong>che</strong> è l’accaderedel<strong>la</strong> <strong>distanza</strong> nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione). Avere un approccio <strong>fenomenologico</strong>nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione d’aiuto è stare in questa concettualizzazione: esiste <strong>la</strong>rappresentazione in quanto tale <strong>che</strong> appare, <strong>la</strong> dimensione del nonancorasignificato, ma è sul punto di divenire significato, d<strong>it</strong>rasformarsi, e coglier<strong>la</strong> appena prima di questa trasformazione, sulLimen.Ascoltare le parole <strong>che</strong> i Dati, le cose ci rivolgono, liberate da uno<strong>sguardo</strong> (il nostro) <strong>che</strong> pretende di vederSI e quindi diimpadronirsene ciecamente. Questo "vedere" <strong>fenomenologico</strong> richiedeun allontanamento, una <strong>distanza</strong> da sé e dall’altro, <strong>distanza</strong> <strong>che</strong>dobbiamo presupporre perché ci sia re<strong>la</strong>zione. È da Hegel in poi (e ciòdistingue <strong>la</strong> Fenomenologia da Kant) il riconoscimento di questoMovimento intersoggettivo <strong>che</strong> produce <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione e <strong>che</strong> nel<strong>la</strong> logicahegeliana è il fondamento cost<strong>it</strong>utivo del<strong>la</strong> soggettiv<strong>it</strong>à umana:l’ident<strong>it</strong>à del soggetto si costruisce solo attraverso il passaggio, <strong>la</strong>mediazione con l’altro (è lo stesso principio dialettico ripreso daLacan nello stadio dello specchio).Quando Hegel fonda l’intersoggettiv<strong>it</strong>à dialettica nel<strong>la</strong> Fenomenologiadello Spir<strong>it</strong>o afferma <strong>che</strong> l’altro, il simile non è solo semplicemente ildiverso ma è quell’alter<strong>it</strong>à <strong>che</strong> cost<strong>it</strong>uisce <strong>la</strong> mia ident<strong>it</strong>à. E questo èciò <strong>che</strong> è concreto per Hegel, nel senso di cresciuto insieme, inant<strong>it</strong>esi al separato (astratto).La stessa profond<strong>it</strong>à del soggetto (e su questo an<strong>che</strong> Schopenhaueresprime l’idea <strong>che</strong> ogni tentativo di procedere nel<strong>la</strong> pura soggettiv<strong>it</strong>àfino all’infin<strong>it</strong>o si conclude r<strong>it</strong>rovando l’abisso e <strong>la</strong> lontananzadall’essere), si cost<strong>it</strong>uisce solo nel<strong>la</strong> mediazione di interno/esternosolo in quanto esso si aliena a sé, cioè esce da sé ed entra nell’altro.


Hegel ha quindi riconosciuto <strong>la</strong> logica re<strong>la</strong>zionale Io-Tu ed ha vistoquesto ponte ma non fra due elementi separati, <strong>che</strong> così vengonocollegati, bensì fra due elementi <strong>che</strong> sono già collegati e <strong>la</strong> realtà èquesto collegamento <strong>che</strong> si realizza, è ciò <strong>che</strong> fa <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione.La re<strong>la</strong>zione è così lo spazio in cui si ab<strong>it</strong>a <strong>la</strong> <strong>distanza</strong>, <strong>la</strong> quale<strong>distanza</strong> "fa" <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione e contemporaneamente consegna ciascunoal<strong>la</strong> propria ident<strong>it</strong>à.È lo spazio vuoto, <strong>che</strong> lega e distingue gli elementi re<strong>la</strong>zionali, apermettere <strong>la</strong> <strong>distanza</strong> e <strong>la</strong> coincidenza fra "me e te". Tutto si dàall’interno di questa cornice e quindi il ponte re<strong>la</strong>zionale è <strong>la</strong> cornice,e nel<strong>la</strong> prospettiva fenomenologica ciò <strong>che</strong> guardi è quello <strong>che</strong> si dànel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione e questa è <strong>la</strong> ver<strong>it</strong>à.Facendo così si sottrae il concetto di ver<strong>it</strong>à al<strong>la</strong> ver<strong>it</strong>à di un ente, e <strong>la</strong>ver<strong>it</strong>à è <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione <strong>che</strong> si dà per quell’ente in quel momento lì. Equello <strong>che</strong> si dà è poiché si dà. Quindi <strong>la</strong> ver<strong>it</strong>à è per Hegel processo,è divenire e reciproca mediazione nel processo stesso: Dialettica. Ecome si fa nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione ad oltrepassare <strong>la</strong> partico<strong>la</strong>r<strong>it</strong>à propria edaltrui? Hegel ha mostrato con <strong>la</strong> Dialettica <strong>che</strong> l’oltrepassamento èpossibile solo in virtù di un terzo o medio, <strong>che</strong> diventa così ildetentore del significato di ver<strong>it</strong>à delle parti (modello usato dal<strong>la</strong>Gestalt).È su questa base ontologica e logica, <strong>che</strong> nel <strong>la</strong>voro di re<strong>la</strong>zioned’aiuto (modello Gestalt) si opera per trasformare dialetticamente duerealtà (così è spesso <strong>la</strong> natura del problema) ant<strong>it</strong>eti<strong>che</strong>, in unanuova realtà inventata (dal sintomo al<strong>la</strong> sintesi), in nuovo Come Se,in un’immagine <strong>che</strong> è il presentarsi tra ciò <strong>che</strong> è e ciò <strong>che</strong> vuoleessere, una intuizione del vivibile.Lavorando, riflettendo sul senso di una psicologia comprensiva mi siè fatta sempre più chiarezza sul valore dello spazio vuoto, del<strong>la</strong><strong>distanza</strong> e dell’accorgersi del sentire. Il giorno in cui si arrivi a sentirequel <strong>che</strong> noi sentiamo ci renderemo contemporaneamente conto del<strong>la</strong>potenza produttiva di questo accorgersi ed è in questo senso <strong>la</strong>necess<strong>it</strong>à del<strong>la</strong> <strong>distanza</strong>.È <strong>la</strong> voce del<strong>la</strong> <strong>distanza</strong> <strong>che</strong> permette al cambiamento di andareavanti; se sei sempre nel fertilizzato non puoi cogliere ciò <strong>che</strong> ha resopossibile <strong>la</strong> fertilizzazione, ma il nul<strong>la</strong> <strong>la</strong> <strong>distanza</strong> è, ed è con un suoessere. Non è il niente di qualcosa (ni-ente), cioè non-ente, ma è resnul<strong>la</strong>.Invece di dire "io non sono quel <strong>che</strong> tu sei", dire "io sono quel<strong>che</strong> sono grazie al<strong>la</strong> <strong>distanza</strong> <strong>che</strong> lega me e te e distingue me da te". Ecosì puoi comuni<strong>care</strong>. Di sol<strong>it</strong>o si vede il nul<strong>la</strong> a partire dal pieno,come mancanza od opposto. Quando si dice opposto si dice "non è" equindi si separa. E se separi non comunichi.


l’insieme dei comportamenti <strong>che</strong> può mettere in atto in determinatecircostanze (esper<strong>it</strong>e come "esterne" e "interne") e nelle quali siriconosce l’occasione per dare certe risposte comportamentalipensate come possibili.Da cosa dipendono queste risposte? Dalle mappe: le mappe sono ciò<strong>che</strong> ci consente di accorgerci dell’evento secondo modi <strong>che</strong>ammettono determinate nostre risposte (per un cieco non accade ilcolore perché non esiste <strong>la</strong> mappa "percezione del colore" così comenon accadeva <strong>la</strong> forza di grav<strong>it</strong>à prima di Galileo, o agli uomini nonaccadono gli ultrasuoni an<strong>che</strong> se si sa <strong>che</strong> ci sono). In altre paroleuna mappa permette di tradurre un indeterminato input in qualcosaper cui sia a noi possibile ammettere certi comportamenti, e quindidà senso a qualcosa <strong>che</strong> accade e ci permette di inserir<strong>la</strong> nell’area delsignificato (per noi). Cosa è <strong>che</strong> ci avvisa dell’avvenuta (o mancata)re<strong>la</strong>zione di corrispondenza tra una certa rappresentazione dicontesto ed il significato a cui rinvia? <strong>Lo</strong> stato emotivo è l’indice diciò, ci avvisa <strong>che</strong> questa re<strong>la</strong>zione si sta (o non si sta) manifestandocome orizzonte significativo. E così non c’è un mondo ma significati dimondo, <strong>che</strong> si annunciano negli orizzonti di mondo, <strong>che</strong> si aprono dalpunto di vista in cui siamo e <strong>che</strong> sono notificati dagli stati emotivi.Stati emotivi e mondo si corrispondono e lo stato è ciò <strong>che</strong>rappresenta sensorialmente (vedo, ascolto, sento) il contesto corre<strong>la</strong>toe quel modo di significarlo. Tuttavia dobbiamo presupporre in vialogica un contesto "in generale", un terr<strong>it</strong>orio, <strong>che</strong> non c’è comeesistenza ma deve esserci come possibil<strong>it</strong>à logica, come possibil<strong>it</strong>àdegli orizzonti <strong>che</strong> vi si possono aprire. Non esiste come percepibileperché è ciò in cui si è, ma ciò in cui si è sempre è il Pensiero. Equindi, forse, si può definire un terr<strong>it</strong>orio come "spazio logico", comespazio di nul<strong>la</strong> da cui e grazie a cui emergono i fatti del mondo. Ilterr<strong>it</strong>orio come infin<strong>it</strong>a possibil<strong>it</strong>à di pensiero. Le mappe in PNL sonoun reticolo compos<strong>it</strong>o di elementi <strong>che</strong> concorrono al<strong>la</strong> significativ<strong>it</strong>àdell’input (sistemi rappresentazionali, credenze, valori,metaprogrammi etc.) e sono responsabili dei nostri comportamentipresenti e futuri. Cambiando <strong>la</strong> mappa, cambiamo i comportamenti?Ma quando, perché e quali vincoli abbiamo per farlo: in altre parolequando nasce il problema?Un problema (sempre stando nel dominio cogn<strong>it</strong>ivo del<strong>la</strong> PNL) è <strong>la</strong>percezione dell’impossibil<strong>it</strong>à di saper rispondere con comportamenticerti (<strong>che</strong> portano effetti prevedibili) al<strong>la</strong> percezione di un evento. Edove quindi si inserisce l’intervento del counsellor? L’intervento, <strong>la</strong>re<strong>la</strong>zione d’aiuto, si muove all’interno di uno spazio delim<strong>it</strong>ato daquesti tre elementi fondamentali: <strong>la</strong> mappa (come ciò <strong>che</strong> permette <strong>la</strong>risposta all’evento), l’obiettivo (come ciò <strong>che</strong> vogliamoconsapevolmente o inconsapevolmente) e <strong>la</strong> congruenza tra obiettivo,mappa ed evento. Questo intervento ha lo scopo di riordinare i datidell’esperienza e ricostruire nuovi significati e nuove trame narrativee progettare nuove possibil<strong>it</strong>à. È nel compiere questa ricostruzione


<strong>che</strong> il modello offre l’attivazione di processi (le tecni<strong>che</strong> sono solo ilrisultato):– far recuperare al soggetto <strong>la</strong> sensorial<strong>it</strong>à completa dell’esperienza incui si manifesta il problema;– portare il soggetto, da una prospettiva- meta a chiarirsi il problema"destrutturando" tutti i termini linguistici (e quindi i significati) etraducendoli in altrettanti comportamenti, fondati sempresensorialmente;– riconoscere le costel<strong>la</strong>zioni del<strong>la</strong> propria mappa del mondo, in tuttele sue componenti visibili ed invisibili (attraverso <strong>la</strong> confrontazione dicredenze, di nessi causali strutturati, o l’acquisizione di nuoverisorse, o <strong>la</strong> dialettizzazione tra le parti, o lo sforzo creativo del<strong>la</strong>metafora), al fine di assicurare una riorganizzazione;– fare sub<strong>it</strong>o un test per verifi<strong>care</strong> gli effetti del<strong>la</strong> nuovaconfigurazione, un test sensoriale del significato del nuovo evento.Quindi il <strong>la</strong>voro del counsellor è l’aiuto a una nuova arch<strong>it</strong>ettura del<strong>la</strong>mappa per nuove risposte comportamentali. In tutto questo <strong>la</strong>sacral<strong>it</strong>à, il totem del modello è il Rapporto, per <strong>la</strong> cui realizzazione (adifferenza di altri modelli) vengono indicate vere e proprie abil<strong>it</strong>à,presupponendo <strong>che</strong> una re<strong>la</strong>zione a due abbia come terreno comuneun terzo, nel quale e grazie al quale i due si riconoscono: e questoterreno comune si specifica in prima istanza come Rispecchiamento.Rispecchiare l’altro vuol dire rest<strong>it</strong>uire il riconoscimento, intanto,del<strong>la</strong> fondatezza e coerenza del<strong>la</strong> sua costruzione del mondo(presupposto legato all’attiv<strong>it</strong>à autopoietica ed al<strong>la</strong> capac<strong>it</strong>àautoreferenziale), an<strong>che</strong> se adesso <strong>la</strong> richiesta d’aiuto richiama <strong>la</strong>necess<strong>it</strong>à di una sua riorganizzazione.Ed il cambiamento può essere, a seconda del livello logico su cui sicolloca, evolutivo (<strong>che</strong> tocca i livelli di ident<strong>it</strong>à e credenze), generativo(<strong>che</strong> implica le capac<strong>it</strong>à), o rimediale (<strong>che</strong> sta nello spazio tracomportamenti e capac<strong>it</strong>à). Entrare in questo processo quindi vuoldire arrivare a designare una nuova rappresentazione, collocarsi inuna nuova metafora, occupandosi del<strong>la</strong> semantica del problema, maan<strong>che</strong> e soprattutto a partire dalle regole sintatti<strong>che</strong>.

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