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Rivista La Gregoriana - n.34 - Marzo 2009 - Pontifical Gregorian ...

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S. Em. Rev.ma il Cardinale UrbanoNavarrete, S.J., parla con i giornalistidurante l'intervallo dei lavori.10Nel 1917 monsignor Pacelli fu nominatonunzio pontificio a Monaco di Baviera daBenedetto XV, che il 13 maggio di quell'annovolle conferirgli personalmente nella CappellaSistina la consacrazione episcopale. Inquesta veste, come unico rappresentante pontificionei territori tedeschi, incontrò il Kaiserper sondare le reali intenzioni della Germania.L'incontro con Guglielmo II fu solenne masenza esito, e venne subito descritto dal diplomaticopontificio in un lucido rapporto alsegretario di Stato, che dal 1914 era Gasparri:«Introdotto davanti al Kaiser (...) gli esposi,conformemente alle istruzioni ricevute, leansiose preoccupazioni del Santo Padre per ilprolungamento della guerra, la crescita degliodi e l'accumularsi delle rovine materiali emorali che rappresentano il suicidio dell'Europacivile e fanno arretrare di molti secoli ilcammino dell'umanità (...) Sua Maestà miascoltò con un'attenzione rispettosa e grave.Dirò, tuttavia, in tutta franchezza che nel suomodo di fissare lungamente lo sguardo sul suointerlocutore, nei suoi gesti, nella sua voce,egli mi è apparso (non saprei dire se è la suanatura o se è la conseguenza di questi tre lunghie angosciosi anni di guerra) come esaltatoe non del tutto normale. Mi rispose che la Germanianon aveva provocato questa guerra,ma che essa era stata costretta a difendersicontro gli scopi distruttori dell'Inghilterra, lacui potenza belligerante (a questo punto l'imperatorelanciò un vigoroso pugno in aria)doveva essere schiacciata». Cinque anni piùtardi, una diversa e meno credibile versionedell'incontro affidata dal sovrano ormaidetronizzato alle sue memorie veniva smentitadalla Santa Sede.Alla disastrosa situazione del Paese la rappresentanzapontificia fece fronte anche conquella che è stata definita «diplomazia dell'assistenza»,di cui Pacelli fu protagonista nelquadro ben più ampio di un'attività umanitariadispiegata dalla Santa Sede sin dal 1915 infavore dei prigionieri di guerra. Testimonedello sfacelo successivo al conflitto, il nunzioa Monaco - che dal 1920 ebbe affidata anchela nunziatura a Berlino, mentre dal conclavedel 1922 era uscito eletto Pio XI - vide conlucidità i pericoli della nuova situazione, provocatidal tracollo dell'impero guglielmino, dalleresponsabilità delle potenze vincitrici nei confrontidella Germania, dalle prove di rivoluzionecomunista, dai rischi di una possibile alleanzamilitare russo-germanica ostile ai Paesi occidentali,dalla crescita del nazionalismo tedesco, purdi radice protestante, anche tra i cattolici e dalladiffusione del movimento hitleriano. Per questomonsignor Pacelli sostenne la Repubblica diWeimar, la collaborazione tra il Zentrum cattolicoe i socialisti, l'unità statale del Paese e si adoperòper accordi concordatari, riuscendo a concluderlicon la Baviera nel 1924 e con la Prussianel 1929, avviandoli con il Baden e con il Reich.Esito negativo ebbero invece le trattative delnunzio a Berlino con gli emissari sovietici, voltead assicurare condizioni di sopravvivenza allaChiesa cattolica, avviate nel 1924 e durate oltretre anni.Il 16 dicembre 1929 Pio XI creò cardinale il suorappresentante a Berlino, che Pacelli lasciò ricevendoriconoscimenti - anche nella «stampaavversaria», come sottolinea un rapporto inviatoin Vaticano dalla nunziatura - delle sue doti e deisuoi meriti. Poche settimane più tardi Papa Rattinominò il nuovo porporato suo Segretario diStato, con un breve documento datato 7 febbraio1930, interamente composto e scritto di suopugno, che è esposto nella mostra, di grandeinteresse, curata nel Braccio di Carlo Magno inpiazza San Pietro dal Pontificio Comitato diScienze Storiche per commemorare l'uomoPacelli e il suo pontificato nel cinquantesimoanniversario della morte; mostra che ho avuto ilpiacere di inaugurare due giorni fa.Per il suo interesse vale la pena citare per interolo scritto papale: «Signor Cardinale, Avendo Noicreduto di dover accondiscendere (ciò cheabbiamo fatto oggi stesso, non senza grave pena)alle istanze del Signor Cardinale Pietro Gasparriperché accettassimo le sue dimissioni da NostroSegretario di Stato, abbiamo coram Dominodeciso di chiamare e nominare, come con questoNostro chirografo chiamiamo e nominiamo, lei,signor Cardinale, alla certo non facile e non pocolaboriosa successione in quell'alto e delicato ufficio.Ci muovono a questa nomina e Ce ne dannopiena e certa fiducia innanzi tutto il di lei spiritodi pietà e di preghiera, che non può non propi-ziarle l'abbondanza degli aiuti divini, poi anche lequalità e le doti onde il buon Dio la arricchiva e dellequali ella in tutte le alte mansioni fin qua affidatele -specialmente nelle due Nunziature di Baviera e di Germania- ha mostrato di sapere tanto bene usare a gloriadel divino Datore ed in servizio della sua Chiesa. Ditutto cuore benedicendola».Cominciava così l'ultimo decisivo tratto del camminodi Pacelli prima del brevissimo conclave che nove annipiù tardi, il 2 marzo 1939, proprio nel giorno del suosessantatreesimo compleanno, lo avrebbe eletto, primoromano e primo Segretario di Stato dopo oltre duesecoli, a divenire Papa.Approfondito per la prima volta da uno studioso divalore come il padre Pierre Blet, che desidero qui salutare,il periodo durante il quale il cardinale fu il primocollaboratore di Pio XI è stato uno dei più difficili etragici del Novecento. Il contesto internazionale eradifficilissimo, per la crisi economica mondiale e per lamontante marea totalitaria che sembrava sommergerel'Europa, mentre - risolta finalmente la «questioneromana» con la Conciliazione tra Italia e Santa Sede -la Chiesa di Roma assumeva sempre più visibilmentequel respiro mondiale iscritto nella sua vocazione e cheproprio i pontificati di Pio XI e Pio XII avrebbero fortementesviluppato e sottolineato, preparando gli annidel concilio Vaticano II e quelli dei loro successorinella seconda metà del secolo.In questa opera, fondamentale fu l'azione del Segretariodi Stato Pacelli, coadiuvato da collaboratori di primissimoordine. Tra questi sopra tutti spiccò il duocostituito dalle personalità, diversissime ma complementari,di Domenico Tardini e di Giovanni BattistaMontini, nel 1937 nominati rispettivamente segretarioagli Affari Ecclesiastici Straordinari esostituto della Segreteria di Stato e poiconfermati da Pacelli una volta elettoPapa, sino a divenire entrambi, alla finedel 1952, pro-segretari di Stato.Alla guida della Segreteria di Stato arrivavacon Pacelli un ecclesiastico di preparazionefuori dell'ordinario, cheimpressionò subito i diplomatici accreditatipresso la Santa Sede. Ecco come loricordava, scrivendo una quindicinad'anni più tardi, l'ambasciatore di Franciain Vaticano François Charles-Roux:«Era un negoziatore perfetto, coscienzioso,perseverante nel fare prevalerel'essenziale del punto di vista dellaSanta Sede, ma al tempo stesso conciliante, equo,imparziale, di una lealtà scrupolosa. Sapeva non essereurtante quando era obbligato a essere intransigente oenergico, a opporre un rifiuto o a lamentarsi. Una consuetudinecontinua con lui faceva tornare alla memoriail detto di un diplomatico e statista francese, Choiseul:la vera finezza è la verità, detta qualche volta conforza, ma sempre con grazia».E di queste qualità la Santa Sede ebbe subito modo divalersi, negli anni bui che prepararono il secondo conflittomondiale.Non è possibile qui soffermarsi su un periodo cosìdenso di avvenimenti e complesso dal punto di vistastorico, ma per mostrare l'attività della Sede apostolica,l'azione del Papa e l'opera del suo Segretario diStato saranno sufficienti pochi cenni per ricordare fattinoti, ma non sempre interpretati nel loro contesto storicoe talvolta travisati.In Italia, nonostante la Conciliazione, polemiche e tensionitra Santa Sede e regime fascista si moltiplicaronofino alla crisi del 1931, quando il capo del governoMussolini diede ordine di sciogliere le associazioni giovanilicattoliche. Pio XI reagì con energia e fece pubblicarela celebre enciclica Non abbiamo bisogno, fortementepolemica contro la decisione governativa, tantoche per divulgarla fuori d'Italia nel timore che ne fosseimpedita la pubblicazione all'interno, monsignorMontini ebbe l'incarico di portarne in incognito iltesto alle nunziature di Monaco e di Berna: «si è tentatodi colpire a morte - esordiva il Papa nel testoscritto in italiano - quanto vi era e vi sarà sempre di piùcaro al Nostro cuore di Padre e Pastore di anime».<strong>La</strong> crisi fu ricomposta ma la tensione tornò più voltenegli anni successivi, in un Paese dove l'unica voce di11

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