13.07.2015 Views

Julius Evola - La dottrina aria di lotta e vittoria.pdf - Fuoco Sacro

Julius Evola - La dottrina aria di lotta e vittoria.pdf - Fuoco Sacro

Julius Evola - La dottrina aria di lotta e vittoria.pdf - Fuoco Sacro

SHOW MORE
SHOW LESS
  • No tags were found...

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

A retèAreté fu il nome che i Greci<strong>di</strong>edero a quella qualità <strong>di</strong>preminenza virile che i Romanidesignarono col terminevirtus. In Omero la parolaareté riveste per lo più significato<strong>di</strong> 'forza', 'eccellenza'.pregio' — mentre per Erodotoareté vuoi <strong>di</strong>re 'coraggio'.Valore', "prodezza'. Teognidee Pindaro, gli esponenti piùillustri dell'etica dorica, affermanoche 1 ! 'areté non può venirconferita da nessuna educazione,ma può esistere soltantoper natura, in connessionecon la nobiltà <strong>di</strong> unastirpe incontaminata. <strong>La</strong> virtùdunque — secondo l'accezionemoralistica in cui tale termineviene usato modernamente— ha ben poco a chefare con l'areté. Si considerino,a tale proposito, le parole<strong>di</strong> Zarathustra: «Io passo attraversoquesto popolo e tengoaperti gli occhi: costoro son<strong>di</strong>venuti e <strong>di</strong>ventano semprepiù piccoli: e n'è cagione la loro<strong>dottrina</strong> della felicità e dellavirtù. Essi sono modesti anchenella virtù — perché amano laloro como<strong>di</strong>tà. Ma con la como<strong>di</strong>tànon può andar d'accordoche una virtù modesta.[...] Per loro la virtù è quellacosa che rende modesti emansueti: perciò convertironoil lupo in cane, e l'uomo stessonel più domestico degli animali».


<strong>Julius</strong> <strong>Evola</strong><strong>La</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>aria</strong><strong>di</strong> <strong>lotta</strong> e <strong>vittoria</strong>E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Ar


Titolo originaleDie arische Lehre von Kampfund Sieg, Scholl, Vienna 1941in<strong>di</strong>ce© Copyright E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ArPrima e<strong>di</strong>zione italiana: 1970Seconda e<strong>di</strong>zione italiana: 1977Terza e<strong>di</strong>zione italiana: 1986L'e<strong>di</strong>zione in lingua italiana è stata curata dalGruppo <strong>di</strong> ArGrafica c copertinaGra. al - SalernoFinito <strong>di</strong> stamparenel mese <strong>di</strong> settembre 1986dalla Grafica Meri<strong>di</strong>onale s.r.l.Villa San Giovanni (RC)Nota introduttivaAvvertenza<strong>La</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>aria</strong> <strong>di</strong> <strong>lotta</strong> e <strong>vittoria</strong>Appen<strong>di</strong>ce<strong>La</strong> razza e la guerrapag. 91115» 29E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Ar s.a.s.Direzione e<strong>di</strong>toriale: Padova, via Patriarcato 34


Nota introduttiva*<strong>La</strong> mentalità corrente è solita credere che l'irrealismo parolaio epatriottardo a sfondo romantico o vitalistico da una parte, e la retoricapacifista <strong>di</strong> stampo umanitario dall'altra, siano posizioni inconciliabilie antitetiche. In realtà il patriota e il <strong>di</strong>sfattista concordanosul pregiu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> fondo, tipicamente moderno, Secondo cui la guerrasarebbe priva <strong>di</strong> ogni significato superiore, spirituale; essa viene in -fatti considerata da entrambi come un bruto fatto materiale (la coreografiaidealistica non tragga in inganno), che il primo giustificheràed esalterà come un episo<strong>di</strong>o utile alla «grandezza della nazione»,e il secondo condannerà come una «inutile strage». È così che,mentre alcuni, sulla base <strong>di</strong> un rozzo irrazionalismo biologistico,hanno esaltato la guerra come sbocco per la manifestazione <strong>di</strong> istintiprepersonali, dal medesimo punto <strong>di</strong> vista altri la hanno potuta condannarein quanto fattore <strong>di</strong> selezione biologica alla rovescia. Èevidente che, al <strong>di</strong> là della valutazione - positiva o negativa -dell'esperienza bellica, il giu<strong>di</strong>zio moderno sulla guerra è, in fondo,sempre lo stesso, dato che essa viene equiparata a un conflitto animalesco.(D'altronde, non può essere <strong>di</strong>versamente, in una civiltà cheriduce l'uomo a una semplice varietà zoologica).Le cose stanno in modo ben <strong>di</strong>verso, se considerate alla luce dellaTra<strong>di</strong>zione.Nella concezione dell'antico mondo ario, ad esempio, la guerra èil simbolo, la continuazione sensibile <strong>di</strong> una <strong>lotta</strong> metafisica: è l'effetto<strong>di</strong> uno scontro fra le potenze celesti del Kosmos, della forma,della luce, e quelle del caos, della natura scatenata, della tenebra.Così, per quanto concerne l'eroismo, ciò che veramente conta perl'uomo della Tra<strong>di</strong>zione non è una generica capacità <strong>di</strong> lanciarsi nella<strong>lotta</strong>, <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzare il pericolo, <strong>di</strong> affrontare la morte, bensì il significatosecondo cui tutto ciò viene sperimentato; e il combattimentoriveste, per un tale uomo, valore e <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> rito, <strong>di</strong> «via» che conduce,attraverso la <strong>vittoria</strong> e la gloria, al superamento della con<strong>di</strong>zioneumana e alla conquista dell 'immortalità.9


Avvertenza<strong>La</strong> conferenza <strong>di</strong> cui presentiamo la versione italiana integralevenne tenuta in lingua tedesca da <strong>Julius</strong> <strong>Evola</strong>, nella sezione <strong>di</strong>Scienza della Civiltà del Kaiser Wilhelm Institut, a Palazzo Zuccariin Roma, il 7-12-1940, e pubblicata nel 1941, a cura della casae<strong>di</strong>trice viennese Scholl, con il titolo: «Die arische Lehre von Kampfund Sieg».* (Aggiunta - 1986) Questa Nota precedeva la seconda e<strong>di</strong>zionedell'opera (1977), mentre ^Avvertenza successiva ne presentava laprima e<strong>di</strong>zione (1970). In occasione della terza e<strong>di</strong>zione italiana <strong>di</strong>questo <strong>di</strong>scorso evoliano sulla guerra — 'tremendo' pure per chicolga soltanto i sentori della decadenza dell'attuale mondo ario —,l'e<strong>di</strong>tore ritiene vano (e vanitoso) v<strong>aria</strong>re le due 'lettere <strong>di</strong> introduzione'.Lo ritiene nonostante tutto, ossia a <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> tutti: <strong>di</strong>quanti le hanno giu<strong>di</strong>cate una presentazione dell "argomento', e <strong>di</strong>quanti le hanno considerate un avviamento al tema'.10L'Autore non ha certo bisogno <strong>di</strong> essere presentato. Mal conosciutoo ignoto al grosso pubblico intellettuale, cioè al pubblico...grossolano, (anche a coloro che dovrebbero interessarsi specificamente <strong>di</strong> questioni <strong>di</strong> filosofia della 'cultura', per considerare quisolo un settore — particolare e derivato — degli stu<strong>di</strong> evoliani) egliha attirato recentemente le attenzioni equivoche e superficiali <strong>di</strong>alcune migliaia <strong>di</strong> giovanotti neofascisti, in cui il prurito attivisticoderivante dalla recitazione <strong>di</strong> giaculatorie anticomuniste ha voluto<strong>di</strong>gnificarsi, scegliendo una epidermide cosparsa <strong>di</strong> ipotesi <strong>di</strong> «lavoropolitico» evoliane. Il risultato è stato (oltre alle scritte «Viva<strong>Evola</strong>» apparse sui muri <strong>di</strong> alcune università d'oltre linea gotica)quello <strong>di</strong> offrire la possibilità a certi pennivendoli <strong>di</strong> qualificare<strong>Julius</strong> <strong>Evola</strong> come filosofo fascista.Cre<strong>di</strong>amo che a nessuno più dell'Autore <strong>di</strong>spiaccia questa definizione<strong>di</strong> carattere doppiamente volgare. Volgare, in primo luogo,perché è assolutamente improprio il tentativo <strong>di</strong> qualificarefascista un rigoroso esponente della <strong>dottrina</strong> aristocratica delloStato come <strong>Evola</strong> (e ciò sempre a voler limitarsi a considerare unsolo settore — quello politico — della attività intellettuale evoliana).Così risulta — allo stesso modo— volgare insistere nell'attri-11


uire a <strong>Evola</strong> la patente <strong>di</strong> filosofo, quando si consideri che, prescindendodalla particolarità dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> formulazione, gli stu<strong>di</strong>evoliani non costituiscono una filosofia, nei termini <strong>di</strong> una articolazionelogica riflettente una visione del mondo 'originale' e,quin<strong>di</strong>, in<strong>di</strong>viduale — un'invenzione del pensiero peculiare dell'autore,per così <strong>di</strong>re —, ma derivano da una <strong>dottrina</strong> che <strong>di</strong>personale non possiede nulla e rappresentano, nel loro significatocentrale, lo svolgimento <strong>di</strong> premesse e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni sapienziali. (Ameno <strong>di</strong> non volersi orientare, abbandonando il cliché offerto daiprofessori <strong>di</strong> storia della filosofia, alla immagine autentica deiphilósophoi dello «Stato» platonico).Nemmeno il testo della conferenza richiede presentazioni oin<strong>di</strong>cazioni particolari.Balzerà evidente agli occhi dei Lettori (che auspichiamo sianoin piccolo numero, poiché, in tal modo, in misura ridotta ne deriverannole <strong>di</strong>storsioni interpretative!) il significato normativo deiriferimenti proposti dall'Autore.L'occasione particolare che indusse l'Autore a tenere la conferenza— la guerra del 1940 — non ha con<strong>di</strong>zionato affatto larappresentazione dei princìpi — <strong>di</strong> carattere metastorico e metapolitico,occorre <strong>di</strong>rlo? — esposti nel testo, né essi hanno subitoalcuna 'deritmia' funzionale, che potesse permettere <strong>di</strong> innestarlinella <strong>di</strong>rezione voluta dalla propaganda fascista.Se esistono opere che tengono le <strong>di</strong>stanze' rispetto alle tematichepropagan<strong>di</strong>stiche, queste sono proprio le opere politiche <strong>di</strong><strong>Evola</strong>. E se talvolta — rare volte, e non in occasioni essenziali -l'Autore s'è lievemente <strong>di</strong>scostato da tale canone, ciò è avvenutonon per reclamizzare l'obbe<strong>di</strong>enza alla 'realtà' del fatto politico,ma per propiziare l'introduzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni più elevate in questarealtà, incoraggiarne alcuni coefficienti e indurre in loro unatensione che potesse decantarli e nobilitarli. <strong>La</strong> lettura della conferenzaproverà questo nostro convincimento.Abbiamo ora considerato il carattere normativo de: «<strong>La</strong> <strong>dottrina</strong><strong>aria</strong> <strong>di</strong> <strong>lotta</strong> e <strong>vittoria</strong>». E per quello che riguarda le possibilitàoperative che gli insegnamenti contenuti nel testo hanno propostoallora o propongono attualmente?...Il decorso e gli esiti dell'ultima guerra consentono una rispostaobiettivamente più vera al riguardo, <strong>di</strong> quella che potrebbe esprimereil nostro personale giu<strong>di</strong>zio.Quanto al momento presente, il panorama è squallido e lo12spettacolo desolante: ... ma esiste pur sempre in Italia la possibilità<strong>di</strong> una guerriglia urbana!...* * *«Trovare la formula per perpetuare nella vita quoti<strong>di</strong>ana il comportamentoeroico della guerriglia è, dal punto <strong>di</strong> vista ideologico, unadelle nostre missioni fondamentali... Lo strumento per mobilitare ilpopolo deve essere fondamentalmente <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne morale».Abbiamo voluto concludere questa breve introduzione con lafrase contenuta in uno scritto inviato nel 1964 da Ernesto «Che»Guevara al settimanale uruguaiano «Marcha».Ovviamente essa non è destinata a scandalizzare l'Autore —tetragono per costituzione e impassibile davanti a irriverenti «fotomontaggi»,nonostante l'opinione contr<strong>aria</strong> che <strong>di</strong>versi bottegaihanno ricavato dalla lettura <strong>di</strong> alcuni suoi articoli apparsi sul«Borghese» —: serve soltanto: «pour épater le bourgeois».Gruppo <strong>di</strong> A r13


Se noi muoviamo da questa veduta, allora il carattere <strong>di</strong> progressivodeca<strong>di</strong>mento della civiltà occidentale deve essere valutatoin modo <strong>di</strong>fferente. È tipica delle razze ario-occidentali la tra<strong>di</strong>zionedell'azione. Questa tra<strong>di</strong>zione ha subito però un progressivodeviamento. Così l'Occidente moderno è pervenuto a conoscere e aonorare solo un'azione secolarizzata e materializzata, privata <strong>di</strong>ogni punto <strong>di</strong> contatto trascendente — un'azione sconsacrata, chefatalmente dovette degenerare in febbre e mania e risolversi nell'agireper l'agire; oppure un fare, legato solo a effetti con<strong>di</strong>zionatidal tempo. A un'azione così degenerata non fanno riscontro nelmondo moderno i valori ascetici e autenticamente contemplativi,ma solamente una cultura fumosa e un credo smorto e convenzionale.Questo è il nostro punto <strong>di</strong> riferimento per cogliere la situazione.Se è il ritorno alle origini la parola d'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> ogni attuale moto<strong>di</strong> rinnovamento, deve valere allora come compito in<strong>di</strong>spensabileri<strong>di</strong>ventare coscienti della concezione <strong>aria</strong> primor<strong>di</strong>ale dell'azione.Questa concezione deve agire come effetto trasformante, evocandonell'uomo nuovo <strong>di</strong> buona razza forze vitali. Oggi vogliamo osareun breve excursus proprio nell'universo culturale del mondo arioprimor<strong>di</strong>ale, allo scopo <strong>di</strong> riportare nuovamente in luce alcunielementi fondamentali della nostra comune tra<strong>di</strong>zione, con particolareriguardo al significato <strong>di</strong> <strong>lotta</strong>, guerra e <strong>vittoria</strong>.Per l'antico guerriero ario la guerra corrispondeva essenzialmentea una eterna <strong>lotta</strong> tra forze metafisiche. Da una parte, stavail principio olimpico della luce, la realtà uranica e solare; dall'altra,la violenza bruta, l'elemento titanico-tellurico, barbarico in sensoclassico, femminile-demonico. Il tema <strong>di</strong> questa <strong>lotta</strong> metafisicaritorna in mille mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> apparizione in tutte le tra<strong>di</strong>zioni d'origine<strong>aria</strong>. Qualsiasi <strong>lotta</strong> in senso materiale veniva sempre vissuta con lamaggiore o minore consapevolezza che essa era semplicementeun'episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> quella antitesi. Ma poiché la <strong>aria</strong>nità considerava sestessa quale milizia del principio olimpico, così tra gli antichi Ariibisogna ricondurre a questa veduta anche la legittimazione o lasuprema consacrazione del <strong>di</strong>ritto al potere e della stessa concezioneimperiale, là dove risulta ben evidente sullo sfondo il carattereantisecolare dei medesimi.Nell'immagine del mondo tra<strong>di</strong>zionale ogni realtà <strong>di</strong>veniva16simbolo. Ciò vale per la guerra anche dal punto <strong>di</strong> vista soggettivo einteriore. Così potevano essere fuse in una sola e medesima entitàguerra e via del <strong>di</strong>vino.A tutti sono note le significative testimonianze che ci offrono letra<strong>di</strong>zioni nor<strong>di</strong>co-germaniche. Occorre tuttavia rilevare comequeste tra<strong>di</strong>zioni, così come ci sono pervenute, risultino frammentariee commiste, oppure rappresentino la materializzazione <strong>di</strong> piùalte tra<strong>di</strong>zioni arie primor<strong>di</strong>ali, decadute spesso a livello <strong>di</strong> superstizionipopolari. Questo non ci vieta <strong>di</strong> fissare alcuni motivi.Innanzitutto, come è comunemente noto, il Walhalla è la sededell'immortalità celeste, riservata principalmente agli eroi cadutisul campo <strong>di</strong> battaglia. Il signore <strong>di</strong> questi luoghi, Odhino-Wothan,viene presentato nella Ynglingasaga come colui che con il suosimbolico sacrificio all'Albero cosmico Ygdrasil ha in<strong>di</strong>cato la viaai guerrieri, via che conduce alla sede <strong>di</strong>vina, ove fiorisce la vitaimmortale. Conforme a questa tra<strong>di</strong>zione, infatti, nessun sacrificioo culto riesce più gra<strong>di</strong>to al <strong>di</strong>o supremo, nessuno ottiene più ricchifrutti ultraterreni <strong>di</strong> quel sacrificio che si offre mentre si muorecombattendo sul campo <strong>di</strong> battaglia. Vi è <strong>di</strong> più. Dietro alla oscurarappresentazione popolare del Wildes Heer' si cela il seguentesignificato: attraverso i guerrieri che, cadendo, offrono un sacrificioa Odhino, si ingrossa la schiera <strong>di</strong> coloro <strong>di</strong> cui questo <strong>di</strong>o habisogno per l'ultima battaglia contro il ragna-rokkr, cioè contro ilfatale «oscuramento del <strong>di</strong>vino», che da tempi lontani incombeminaccioso sul mondo. Sin da qui, perciò, il motivo ario della <strong>lotta</strong>metafisica viene chiaramente in luce. Nell'Edda è anche detto: «Perquanto grande possa essere il numero degli eroi raccolto nel Walhalla,non ce ne saranno mai abbastanza, quando il Lupo irromperà»2 — il Lupo valendo qui come l'immagine <strong>di</strong> forze oscure eselvagge, che al mondo degli Asen era riuscito <strong>di</strong> vincolare e sottomettere.Del tutto analoga è la concezione ario-iranica <strong>di</strong> Mithra, il«guerriero senza sonno», che alla testa delle Fravashi e dei suoifedeli da battaglia contro i nemici del <strong>di</strong>o ario della luce. Tratteremosubito dopo delle Fravashi e confronteremo la loro corrispondenzacolle Walkirie della tra<strong>di</strong>zione nor<strong>di</strong>ca. Inoltre, noi1 Wildes Heer = schiera selvaggia, stormo tempestoso.2 Gylfaginning, 38.17


vorremmo ancora chiarire il significato <strong>di</strong> «guerra santa» attraversoaltre, concordanti testimonianze.Non deve meravigliare se faremo riferimento soprattutto allatra<strong>di</strong>zione islamica. <strong>La</strong> tra<strong>di</strong>zione islamica sta qui al posto dellaario-iranica. L'idea <strong>di</strong> «guerra santa» — almeno per quanto riguardagli elementi qui da esaminare — pervenne alle tribù arabedall'universo culturale persiano: essa aveva, quin<strong>di</strong>, allo stessotempo, il significato <strong>di</strong> tardo rinascimento <strong>di</strong> una ere<strong>di</strong>tà <strong>aria</strong> primor<strong>di</strong>alee, da questo punto <strong>di</strong> vista, può essere senz'altro utilizzata..Ciò premesso, si <strong>di</strong>stinguono nella tra<strong>di</strong>zione in questione due«guerre sante», cioè la «grande» e la «piccola guerra santa». Questa<strong>di</strong>stinzione si fonda su un detto del Profeta, che al ritorno da unaimpresa guerriera affermò: «Dalla piccola siamo tornati alla grandeguerra santa». In tale contesto la grande guerra santa appartieneall'or<strong>di</strong>ne spirituale. <strong>La</strong> piccola guerra santa è invece la <strong>lotta</strong> fisica,materiale, la guerra combattuta nel mondo esterno. <strong>La</strong> grandeguerra santa è la <strong>lotta</strong> dell'uomo contro i nemici che egli porta in sestesso. Più precisamente, è la <strong>lotta</strong> dell'elemento soprannaturalenell'uomo, contro tutto ciò che è istintivo, legato a passionalità,caotico, soggetto alle forze della natura. Questa è anche l'idea cheappare nell'antico trattato della sapienza guerriera <strong>aria</strong>, nellaBhagavad-gità: «Attraverso la realizzazione <strong>di</strong> ciò che è <strong>di</strong> là daintelletto, rafforza te stesso tramite te stesso e ucci<strong>di</strong> il nemico investe <strong>di</strong> desiderio, <strong>di</strong>fficilmente vincibile» 3 . Con<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>spensabileper l'interiore opera <strong>di</strong> liberazione, è che un nemico siffattodebba essere annientato in modo definitivo.Nel quadro <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione eroica la piccola guerra santa —cioè la guerra come <strong>lotta</strong> esterna — serve solo come via, me<strong>di</strong>antela quale si realizza appunto la grande guerra santa. Per questomotivo, «guerra santa» e «via <strong>di</strong> Dio» si incontrano spesso nei testicome sinonimi. Così noi leggiamo nel Corano: «Combattono nellavia <strong>di</strong> Dio [cioè nella guerra santa] coloro che sacrificano la vitaterrena per la vita futura: giacché noi assegneremo grande premioa colui che combatta e muoia sulla via <strong>di</strong> Dio, o a colui che vinca» 4 .E più avanti: «E coloro che vengono uccisi sulla via <strong>di</strong> Dio — Egligiammai condurrà in per<strong>di</strong>zione le loro opere. Egli li guiderà edonerà pace ai loro cuori. Li introdurrà in para<strong>di</strong>so, che Egli3 Bhagavad-gita, III, 45.4 Corano. IV, 76.rivelerà loro» 5 . Qui si allude alla morte fisica in guerra,alla cosiddettamors triumphalis — la «morte vittoriosa » - che trova perfettacorrispondenza nelle tra<strong>di</strong>zioni classiche. <strong>La</strong> medesima <strong>dottrina</strong>può, tuttavia, essere interpretata anche in senso simbolico. Chi.nella «piccola» abbia saputo vivere una «grande guerra santa», hacreato in sé una forza che lo mette in grado <strong>di</strong> superare la crisi dellamorte. Ma anche senza essere stato ucciso fisicamente egli può,attraverso l'ascesi dell'azione e della <strong>lotta</strong>, sperimentare 1a mortepuò avere vinto intcriormente e realizzato una «più-che-vita»,Esotericamente intesi, «Para<strong>di</strong>so», «Regno dei cieli» e analogheespressioni non sono, in effetti, altro che simboli e raffigura/ioni,coniati per il popolo, <strong>di</strong> stati trascendenti <strong>di</strong> illumuiazione, su unpiano più elevato <strong>di</strong> vita o <strong>di</strong> morte.Queste considerazioni devono valere anche come premessa perritrovare i medesimi contenuti <strong>di</strong> significato sotto la veste esterioredel cristianesimo, che la tra<strong>di</strong>zione eroica nor<strong>di</strong>co-occidentale erastata costretta ad assumere durante le Crociate, per potersi manifestareall'esterno. Molto più <strong>di</strong> quanto in genere si sia propensi acredere, nell'ideologia delle Crociate la liberazione del Tempio, laconquista della «Terra Santa» avevano punti <strong>di</strong> contatto con latra<strong>di</strong>zione nor<strong>di</strong>co-<strong>aria</strong>, che fa riferimento al mitico Asgard, allaterra lontana degli Asen e degli eroi, ove la morte non ha dominio egli abitanti godono d'una vita immortale e d'una pace soprannaturale.<strong>La</strong> guerra santa appariva come guerra totalmente spirituale,al punto che essa letteralmente poteva essere paragonata dai pre<strong>di</strong>catoria una «purificazione, come il fuoco del purgatorio ancorprima della morte». «Quale gloria migliore per voi, uscire coronali<strong>di</strong> alloro dalla battaglia. Ma quanto più grande la gloria <strong>di</strong> conquistaresul campo <strong>di</strong> battaglia una corona immortale» — affermavaai Templari un Bernardo <strong>di</strong> Clairvaux 6 . <strong>La</strong> «gloria assoluta»— la stessa che viene dai teologi attribuita a Dio nell'alto dei cieli(in excelsis Deo) — venne anche comandata al crociato. Su questosfondo si poneva Gerusalemme, «città santa» secondo un dupliceaspetto: come città terrena e come città celeste — e la crociata comeelevazione che realmente conduca all'immortalità.Le alterne vicende militari delle Crociate produssero dapprimameraviglia, confusione e persino vacillamenti della fede, ma in122.5 Corano, XLVII, 5-6-7.6 De <strong>La</strong>ude novae Militiae apud L. CIBRARIO, Descr. slor. ord. Cavali., v. II p1819


Strategic product development allianceExample 1: EVT 100 1)• TRD 2) – a high unmet me<strong>di</strong>cal needSelective antagonists of NMDA receptorsubtypes containing the NR2B unit– More than 120m depressed patients in US/EU– 1/3 of patients don't respond to first lineantidepressant– Significant side effects of all existinginterventions• Advantages over non-selective NMDAantagonists (e.g. ketamine and memantine)NR1 NR2 A [3H]Ro 25-6981due to better side effect profile– EVT 101: one of only two subtype selectiveantagonists in clinical development– EVT 103: highly attractive follow-on compound• Potential in a number of other in<strong>di</strong>cations(e.g. Alzheimer’s <strong>di</strong>sease)NR2 BNR2 CPAGE 111) EVT 101/103 are high affinity, selective antagonists of N-methyl-D-aspartate (NMDA) receptor subtypes containing the NR2B subunit; they bindpreferentially to the activated form of the receptor (activity-dependent); they modulate channel activity by inhibiting channel opening probability2) Definition CPMP Guidelines: TRD “Consecutive treatment with two products of <strong>di</strong>fferent classes, used for a sufficient length of time at anadequate dose, fail to induce an acceptable effect” (Cave pseudo-resistance!)


<strong>di</strong>re, la vita della vita, in quanto guida in genere tutti gli avvenimenticorporei e spirituali, cui la normale coscienza non giunge e,che, tuttavia, con<strong>di</strong>zionano in alto grado la esistenza contingente eil destino del singolo. Tra queste entità e le forze mistiche dellarazza e del sangue si concepì uno stretto legame. Così, a esempio, ildèmone appare sotto molti aspetti simile ai lari, le mistiche entità <strong>di</strong>una stirpe o <strong>di</strong> una progenie, <strong>di</strong> cui p. es. Macrobio afferma:«Esistono gli dei che ci mantengono in vita — essi alimentano ilnostro corpo e guidano la nostra anima». Si può <strong>di</strong>re che tra ildèmone e la normale coscienza esista un rapporto come quellointercorrente tra principio in<strong>di</strong>viduante e in<strong>di</strong>viduato. Il primo è,secondo Pinsegnamento degli antichi, una forza superin<strong>di</strong>viduale,superiore quin<strong>di</strong> a nascita e a morte. Il secondo, cioè il principioin<strong>di</strong>viduato, coscienza con<strong>di</strong>zionata dal corpo e dal mondo esterno,è destinato in via normale alla <strong>di</strong>ssoluzione o a quella sopravvivenzaeffimera propria delle ombre. Nella tra<strong>di</strong>zione nor<strong>di</strong>cal'immagine delle Walkirie ha più o meno il medesimo significatodel dèmone. L'immagine della walkiria si fonde in molti testi conquella della fylgja 12 , cioè con una entità spirituale, agente nell'uomo,alla cui forza è sottomesso il destino <strong>di</strong> questi. E come kynfylgjala walkiria è — simile ai lari romani — la mistica forza delsangue. Lo stesso vale per le fravashi della tra<strong>di</strong>zione ario-iranica.<strong>La</strong> fravashi — spiega un noto orientalista — «è la forza intima <strong>di</strong>ogni essere umano, e ciò che lo sostiene e fa sì che questo nasca esussista». Contemporaneamente le fravashi, come i lari romani,stanno in contatto con le forze primor<strong>di</strong>ali <strong>di</strong> una stirpe e sono -come le walkirie — dee terrificanti della guerra, che concedonofortuna e <strong>vittoria</strong>.Questa è la prima connessione che abbiamo da scoprire. Checosa può avere in comune questa forza misteriosa, che rappresental'anima profonda della razza e il trascendentale nel dominio delsingolo, con le dee della guerra? Per ben comprendere questopunto, occorre ricordare che gli antichi indo-germani avevano unaconcezione per così <strong>di</strong>re aristocratica e <strong>di</strong>fferenziata dell'immortalità.Non tutti sfuggono all'auto<strong>di</strong>ssoluzione, a quella sopravvivenzalemurica <strong>di</strong> cui Ade e Niflheim erano antiche immaginisimboliche. L'immortalità è un privilegio <strong>di</strong> pochi e, secondo laconcezione <strong>aria</strong>, principalmente un privilegio eroico. Il sopravvivere— e non come ombra, ma come semi<strong>di</strong>o — è riservato solo acoloro che una particolare azione spirituale ha elevato dall'una2212 Lctteralmente: l'accompagnatrice.all'altra natura. Qui purtroppo non possiamo addurre tutte le prove,per giustificare l'affermazione seguente: tecnicamente questaazione spirituale consisteva nel trasformare l'io in<strong>di</strong>viduale dallanormale coscienza umana, che è circoscrittta e in<strong>di</strong>viduata, in unaforza profonda, superin<strong>di</strong>viduale, forza in<strong>di</strong>viduante, che è al <strong>di</strong> là<strong>di</strong> nascita e morte e alla quale abbiamo detto corrispondere ilconcetto <strong>di</strong> «dèmone» 13 .Pure il dèmone è al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> tutte le forme finite in cui simanifesta — e ciò non solo perché esso rappresenta la forza primor<strong>di</strong>ale<strong>di</strong> tutta una stirpe, ma anche sotto l'aspetto dell'intensità.Il passaggio brusco dalla coscienza or<strong>di</strong>n<strong>aria</strong> a quella forza simboleggiatadal dèmone suscitava <strong>di</strong> conseguenza una crisi <strong>di</strong>struttiva:così come un fulmine, in seguito a una tensione troppo alta <strong>di</strong>potenziale nel circuito umano. Poniamo dunque il caso che, pressoa con<strong>di</strong>zioni del tutto eccezionali, il dèmone possa egualmenteirrompere nel singolo e in tal modo fargli provare una trascendenza<strong>di</strong>struttrice: in tal caso, si susciterebbe una specie <strong>di</strong> esperienzaattiva della morte. Diventa quin<strong>di</strong> chiara la seconda connessione,ovvero perché l'immagine del doppio o del dèmone nei miti dell'antichitàabbia potuto fondersi con la <strong>di</strong>vinità della morte. Nellatra<strong>di</strong>zione nor<strong>di</strong>ca il guerriero vede la propria walkiria per l'appuntonell'istante della morte o del pericolo mortale.An<strong>di</strong>amo avanti. NelPascesi religiosa, mortificazione, rinuncia alproprio io, tensione nell'abbandono a Dio, sono i mezzi preferiti,tramite i quali si cerca, per l'appunto, <strong>di</strong> provocare l'accennata crisie <strong>di</strong> superarla positivamente. A tutti sono note espressioni come«mistica morte», oppure «oscura notte dell'anima» ecc..., chestanno a in<strong>di</strong>care tale con<strong>di</strong>zione. Di contro, nel quadro <strong>di</strong> unatra<strong>di</strong>zione eroica, la via per la stessa meta è rappresentata dallatensione attiva, dalla liberazione <strong>di</strong>onisiaca dell'elemento azione.Al grado più basso della corrispondente fenomenologia, osserviamoa esempio la danza, impiegata quale tecnica sacra per evocare eindurre, attraverso la estasi dell'anima, forze giacenti in profon<strong>di</strong>tà.Nella vita del singolo liberata al ritmo <strong>di</strong>onisiaco, si inserisceun'altra vita, quasi come l'affiorare della sua ra<strong>di</strong>ce basale.«Schiera selvaggia», Furie, Erinni e altre analoghe entità spirituali13 Per una più esatta comprensione generale degli insegnamenti posti alla basedelle suaccennate concezioni della vita, riman<strong>di</strong>amo il lettore al nostro libro «Rivoltacontro il mondo moderno» [E<strong>di</strong>zioni Me<strong>di</strong>terranee - Roma 1969] (N.d.A.).23


drammatizzano questa forza in termini simbolici. Esse corrispondonoquin<strong>di</strong> a un manifestarsi del dèmone nella sua trascendenzaterrificante e attiva. Su un grado più elevato sono situati i lu<strong>di</strong>bellici sacrali. Ancora più in alto sta la guerra. Siamo in tal modonuovamente ricondotti alla concezione <strong>aria</strong> primor<strong>di</strong>ale della battagliae dell'ascesi guerriera.All'apice del pericolo del combattimento eroico si riconobbe lapossibilità <strong>di</strong> tale esperienza supernormale. Già la espressione latina«ludere» (giocare, combattere) sembra contenere l'idea delrisolvere 14 . È questa una delle tante allusioni alla proprietà, insitanel combattimento, <strong>di</strong> svincolare dalle limitazioni in<strong>di</strong>viduali e <strong>di</strong>fare emergere libere forze nascoste nel profondo. Deriva da ciò ilfondamento della terza assimilazione: i dèmoni, i lari, l'io in<strong>di</strong>viduantesono identici non solo a Furie, Erinni e ad altre nature<strong>di</strong>onisiache scatenate, che da parte loro hanno molti tratti in comunecon le dee della morte; essi assumono identico significatoanche rispetto alle vergini che guidano all'assalto in battaglia, alleWalkyrie e fravashi. Le fravashi vengono in<strong>di</strong>cate nei testi, aesempio, come «le terrificanti, le onnipotenti», «coloro che ascoltano,e concedono la <strong>vittoria</strong> a colui che le invoca» — o, per meglio<strong>di</strong>re, a colui che le evoca entro se stesso.Da qui sino all'ultima similitu<strong>di</strong>ne il passo è breve. Le medesimeentità guerriere assumono infine nelle tra<strong>di</strong>zioni arie i tratti <strong>di</strong>dee della <strong>vittoria</strong>, metamorfosi questa che caratterizza proprio ilfelice compimento delle esperienze interiori in questione. Appuntocome il dèmone o il doppio sta a significare un potere profondo esuperin<strong>di</strong>viduale nel suo stato <strong>di</strong> latenza rispetto alla coscienzaor<strong>di</strong>n<strong>aria</strong>; come le Furie e le Erinni riflettono una speciale manifestazione<strong>di</strong> scatenamento e <strong>di</strong> irruzioni demoniache — e dee dellamorte, Walkirie, fravashi ecc., si richiamano a medesime situazioni,in quanto queste vengono rese possibili attraverso un combattimentoeroico —, così la dea della Vittoria è l'espressione deltrionfo dell'Io sopra questo potere. Essa contrassegna la tensionevittoriosa verso una con<strong>di</strong>zione situata al <strong>di</strong> là del pericolo insitonell'estasi e in forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione subpersonali, un pericolo semprein agguato <strong>di</strong>etro al frenetico momento dell'azione <strong>di</strong>onisiaca eanche <strong>di</strong> quella eroica. Lo slancio verso uno stato spirituale, realmentesuper-personale, che rende liberi, immortali, interiormentein<strong>di</strong>struttibili, il cosiddetto «<strong>di</strong>venir uno dei due» (i due elementi24M BRUCKMANN, Indogerman. Forschungen, XVII, 433.dell'umana essenza), si esprime quin<strong>di</strong> in questa rappresentazionedella coscienza mitica.Passiamo ora al significato dominante <strong>di</strong> queste tra<strong>di</strong>zionieroiche primor<strong>di</strong>ali, cioè alla concezione mistica della <strong>vittoria</strong>. <strong>La</strong>premessa fondamentale è che una corrispondenza efficace tra fisicoe metafisico, tra visibile e invisibile fu concepita laddove leazioni dello spirito manifestano tratti superin<strong>di</strong>viduali e si esprimonoattraverso operazioni e fatti reali. Una realizzazione spiritualesu questa base fu presentita come l'anima segreta <strong>di</strong> certeazioni autenticamente guerriere, il cui coronamento risiede nellaeffettiva <strong>vittoria</strong>. Allora, gli aspetti materiali della <strong>vittoria</strong> militaresi rendono espressione dell'azione spirituale che ha suscitato la<strong>vittoria</strong>, nel punto in cui esteriore e interiore si connettono. <strong>La</strong><strong>vittoria</strong> appare come segno tangibile per una consacrazione a unamistica rinascita compiutasi nel medesimo punto. Le Furie e laMorte, che il guerriero ha materialmente affrontato sul campo <strong>di</strong>battaglia, lo contrastano anche interiormente sul piano spirituale,sotto forma <strong>di</strong> un minaccioso erompere delle forze primor<strong>di</strong>ali delsuo essere. Nel punto in cui egli trionfi su <strong>di</strong> esse, la <strong>vittoria</strong> è sua.In questo quadro si spiega anche la ragione per cui, nel mondoconnesso con la Tra<strong>di</strong>zione, ogni <strong>vittoria</strong> assumesse un significatosacrale. Così il duce dell'esercito acclamato sui campi <strong>di</strong> battagliaoffriva l'esperienza e la presenza <strong>di</strong> quella forza mistica che lotrasformava. Diviene quin<strong>di</strong> comprensibile il significato profondodel carattere ultraterreno emergente dalla gloria e dalla «<strong>di</strong>vinità»del vincitore, come anche la circostanza che l'antica celebrazioneromana del trionfo assumesse tratti assai più sacrali che militari. Ilsimbolismo ricorrente nelle tra<strong>di</strong>zioni arie primor<strong>di</strong>ali, <strong>di</strong> vittorie,Walkyrie e entità analoghe, le quali guidano l'anima del guerrieroal «cielo», come pure il mito dell'eroe vittorioso, quale il doricoEracle, che ottiene da Nike (la «dea della <strong>vittoria</strong>») la corona che lorende partecipe dell'in<strong>di</strong>struttibilità olimpica — questo simbolismosi manifesta ora sotto luce ben <strong>di</strong>versa. E appare ora chiaroquanto sia <strong>di</strong>storto e superficiale quel modo <strong>di</strong> vedere, che in tuttociò vorrebbe solo scorgere «poesia», retorica e favole.<strong>La</strong> teologia mistica insegna che nella gloria si compie la trasfigurazionespirituale santificante, e l'iconografia cristiana circondail capo dei santi e dei martiri con l'aureola della gloria. Tutto ciò staa in<strong>di</strong>care una ere<strong>di</strong>tà, sia pure affievolita, delle nostre più elevate25


tra<strong>di</strong>zioni eroiche. Già la tra<strong>di</strong>zione ario-iranica conosceva infatti ilfuoco celeste inteso come gloria — Hvarenó — che <strong>di</strong>scende sui re esui condottieri, li rende immortali e per loro rende testimonanzanella <strong>vittoria</strong>. E l'antica corona regale raggiata simboleggiava, perl'appunto, la gloria quale fuoco solare e celeste. Luce, splendoresolare, gloria, <strong>vittoria</strong>, <strong>di</strong>vina regalità sono immagini che nel mondoario compaiono nella connessione più stretta, e non in termini <strong>di</strong>astrazioni o invenzioni dell'uomo, bensì nel significato <strong>di</strong> forze edomimi assolutamente reali. In tale contesto, la <strong>dottrina</strong> mistica <strong>di</strong><strong>lotta</strong> e <strong>vittoria</strong> rappresenta per noi un apice luminoso della nostracomune concezione dell'azione in senso tra<strong>di</strong>zionale.Questa concezione tra<strong>di</strong>zionale parla oggi in modo ancoracomprensibile per noi — sempre che naturalmente astraiamo dallesue manifestazioni esteriori e con<strong>di</strong>zionate dal tempo. Qualoraoggi si voglia superare quella spiritualità stanca, anemica, o fondatasu astratte speculazioni o sentimenti pietistici, e, contemporaneamente,si voglia superare anche la degenerazione in sensomaterialistico dell'azione, si possono allora, per questo compito,trovare punti <strong>di</strong> riferimento migliori degli accennati ideali dell'uomoario primor<strong>di</strong>ale?Ma v'è <strong>di</strong> più. Tensioni materiali e spirituali si sono a tal puntocompresse, negli ultimi anni in Occidente, da potere alla fine essererisolte soltanto attraverso il combattimento. Con la guerra o<strong>di</strong>ernaun'epoca va incontro alla propria fine, e ora irrompono forze chenon possono più venir dominate e trasformate nella <strong>di</strong>namica <strong>di</strong>una nuova civiltà da idee astratte, da premesse universalistiche. ome<strong>di</strong>ante miti irrazionalmente concepiti. Si impone ora un'azioneben più profonda ed essenziale, affinchè <strong>di</strong> là dalle rovine <strong>di</strong> unmondo sovvertito e condannato, inizi per l'Europa un'epoca nuova.In questa prospettiva, molto <strong>di</strong>penderà dal modo in cui il singolopossa dare la forma all'esperienza del combattimento: se eglisia, cioè, in grado <strong>di</strong> assumere eroismo e sacrificio come una catarsi,come un mezzo <strong>di</strong> liberazione e <strong>di</strong> risveglio intcriore. Non solo perla definitiva e vittoriosa conclusione degli avvenimenti <strong>di</strong> questotempestoso periodo, ma anche per dare una forma e un significatoall'or<strong>di</strong>ne che sorgerà dalla <strong>vittoria</strong>, questa impresa dei nostricombattenti — intcriore, invisibile, lontana da ogni gesto e dallegran<strong>di</strong> parole - avrà un carattere decisivo. È nella battaglia stessa26* * *che occorre risvegliare e temprare quella forza che, <strong>di</strong> là dalle buferedel sangue e degli stenti, con nuovo splendore e con pace potentepropizierà una nuova creazione.Per questo, oggi si dovrebbe apprendere <strong>di</strong> nuovo sul campo <strong>di</strong>battaglia la pura azione, l'azione non solo nel significato <strong>di</strong> ascesivirile, ma anche <strong>di</strong> purificazione e via verso forme <strong>di</strong> vita superiori,valide in sé e per sé — il che, però, significa in un certo modoproprio un ritorno alla tra<strong>di</strong>zione primor<strong>di</strong>ale ario-occidentale.Dai tempi antichi risuona ancora sino a noi la suggestiva parolad'or<strong>di</strong>ne: «<strong>La</strong> vita - come un arco; l'anima - come una freccia; lospirito assoluto - come bersaglio da trapassare». Chi ancor oggivive la battaglia nel significato <strong>di</strong> tale riconoscimento, questi rimarràin pie<strong>di</strong>, laddove gli altri crolleranno — ed egli sarà unaforza invincibile. Quest'uomo nuovo vincerà in sé ogni dramma,ogni oscurità, ogni caos, e nell'avvento dei nuovi tempi rappresenteràil principio <strong>di</strong> un nuovo sviluppo. Secondo la tra<strong>di</strong>zione <strong>aria</strong>primor<strong>di</strong>ale, tale eroismo dei migliori può realmente assumere unafunzione evocatoria, quella, cioè, <strong>di</strong> ristabilire il contatto, da secoliallentato, tra mondo e sopramondo. Allora, il combattimento non<strong>di</strong>verrà né un'orribile carneficina, né avrà il significato <strong>di</strong> unosconsolato destino con<strong>di</strong>zionato dalla sola volontà <strong>di</strong> potenza, masarà la prova del <strong>di</strong>ritto e della missione <strong>di</strong> un popolo. Allora lapace non significherà un nuovo affogare nel grigiore borghesequoti<strong>di</strong>ano, né l'allentarsi della tensione spirituale operante nellabattaglia, ma avrà, invece, il significato <strong>di</strong> un compimento dellamedesima.Anche per questo vogliamo oggi nuovamente far nostra laprofessione <strong>di</strong> fede degli antichi, quale si esprime nelle parole: «IIsangue degli eroi è più sacro dell'inchiostro degli eru<strong>di</strong>ti e dellapreghiera dei devoti ». Essa sta anche alla base della concezionetra<strong>di</strong>zionale, secondo cui nella «guerra santa» agiscono, assai piùche i singoli, le forze mistiche primor<strong>di</strong>ali della razza. Queste forzedelle origini creano imperi mon<strong>di</strong>ali e recano all'uomo la «pacevittoriosa».27


appen<strong>di</strong>ce<strong>La</strong> razza e la guerraNel nostro precedente articolo (n. del 20 novembre), trattandodelle possibilità che il fatto guerra e l'esperienza eroica possonooffrire per un risveglio <strong>di</strong> forze profonde, connesse al substratostesso della razza, abbiamo visto che, in via generalissima, si presentanodue casi <strong>di</strong>stinti, anzi opposti: la crisi della piccola personalitàborghese, addomesticata, conformista, intellettualoide, ovuotamente idealista, in un primo caso può risolversi in un crollo,significante emergenza <strong>di</strong> forze e <strong>di</strong> istinti elementari, che in guerrariportano il singolo allo sta<strong>di</strong>o prepersonale delle «razze <strong>di</strong> natura»:razze , che si esauriscono in un fascio <strong>di</strong> istinti, sia <strong>di</strong> conservazioneche <strong>di</strong> affermazione selvaggia. In un secondo caso, invece,tutto ciò che <strong>di</strong> più «elementare» e <strong>di</strong> non-umano può attuarsi nellaesperienza eroica <strong>di</strong>viene un mezzo <strong>di</strong> trasfigurazione, <strong>di</strong> elevazionee integrazione della personalità in un modo — per <strong>di</strong>r così -trascendente d'essere. Mentre in ciò si compie una evocazione <strong>di</strong>quel che noi abbiamo denominato «razza dello spirito», cioè dell'elementospirituale, dall'«alto», che nelle stirpi superiori agisceformativamente sulla parte puramente biologica e sta alla ra<strong>di</strong>cedella loro «tra<strong>di</strong>zione» e della loro fati<strong>di</strong>ca grandezza — simultaneamente,dal punto <strong>di</strong> vista del singolo, si hanno esperienze, chel'antichità, e specificamente l'antichità <strong>aria</strong>, considerò non menoricche <strong>di</strong> frutti sovrannaturali <strong>di</strong> quelli dell'ascetismo, della santitàe persine della iniziazione. Ricordato in questi termini il nostropunto <strong>di</strong> partenza, precisiamo i soggetti che noi inten<strong>di</strong>amo ulteriormentesviluppare. Anzitutto, secondo quanto annunciammo,vogliamo produrre una breve documentazione per far vedere che* Articolo apparso su «<strong>La</strong> Difesa della Razza», II, n. 24.29


l'accennata concezione dell'eroismo, lungi dall'essere il prodotto <strong>di</strong>una nostra particolare speculazione o una vuota proiezione retorica,risponde ad una precisa tra<strong>di</strong>zione ricorrente in tutta una serie<strong>di</strong> civiltà antiche. In secondo luogo, vogliamo sviluppare la concezione<strong>aria</strong> della «<strong>vittoria</strong>», intesa come un valore appunto «mistico»,strettamente connessa ad una rinascita interiore. Infine, passandoad un piano più concreto, vogliamo vedere quale è, in genere,il comportamento delle varie razze in relazione a quest'or<strong>di</strong>ne<strong>di</strong> idee. Nel presente articolo esauriremo il primo punto.In via generale, rileviamo che soprattutto per l'antica umanità<strong>aria</strong> ogni guerra appariva come la immagine <strong>di</strong> una <strong>lotta</strong> perennefra forze metafisiche: da un lato stava il principio olimpico eluminoso, la realtà uranica e solare; dall'altro, stava invece la forzabruta, l'elemento «titanico», tellurico, «barbarico» in senso classico,il principio demonico-feminile del caos. Sempre ricorre, sottorivestimento simbolico, nella mitologia ellenica questa veduta; intermini ancora più precisi e ra<strong>di</strong>cali essa si riafferma nella visionegenerale del mondo propria alle razze ìrano-arie, che si consideravano<strong>di</strong>rettamente come militia del Dio luminoso in <strong>lotta</strong> contro lapotenza delle tenebre; esse permangono in tutto il Me<strong>di</strong>oevo,spesso conservando, malgrado la nuova religione, motivi classici.Così lo stesso Federico I <strong>di</strong> Svevia, nella <strong>lotta</strong> contro i comuni inrivolta, rievocava il simbolo <strong>di</strong> Eracle e dell'arma con cui questoeroe simbolico delle stirpi dorico-arie e acheo-arie combattè qualealleato delle forze «olimpiche» e avversario delle oscure creaturedel caos.Una tale concezione generale, intimamente vissuta, non potevanon riflettersi anche nelle forme più concrete <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> attività,fino ad elevarle ad un significato <strong>di</strong> simbolo e quasi <strong>di</strong>remmo <strong>di</strong>«rito». Ai nostri fini, vale rilevare particolarmente la trasformazionedella guerra in «via <strong>di</strong> Dio» e in «grande guerra santa».Deliberatamente tralasciamo qui le documentazioni propriealla romanità, perché esse le utilizzeremo trattando, nel prossimoarticolo, della «mistica della <strong>vittoria</strong>». Cominceremo invece colriferire le testimonianze, del resto abbastanza note, relative allatra<strong>di</strong>zione nor<strong>di</strong>co-<strong>aria</strong>. In essa il Walhalla è la sede <strong>di</strong> una immortalitàriservata eminentemente agli eroi caduti sul campo <strong>di</strong>battaglia. Lo stesso Signore <strong>di</strong> questa sede, Odhin-Wotan, dallaYnglingasaga ci vien presentato anche come colui che col suo sacrificiosimbolico all'albero cosmico Yggdrasil avrebbe mostratoagli eroi la via che conduce fino a quel soggiorno <strong>di</strong>vino, ove si vive30eternamente, come in una vetta luminosa splendente oltre le nubi.Secondo questa tra<strong>di</strong>zione, nessun sacrificio o culto è più gra<strong>di</strong>to alDio supremo, quanto quello che compie l'eroe che combatte e cadesul campo <strong>di</strong> battaglia. Ma vi è <strong>di</strong> più, vi è una specie <strong>di</strong> contropartemetafisica riprendente la veduta poco su accennata: le forze trasumanatedegli eroi che, cadendo, hanno sacrificato a Odhin, andrebberoad accrescere la falange <strong>di</strong> cui questo <strong>di</strong>o ha bisogno percombattere contro il ragna-ròkkr, cioè il destino <strong>di</strong> «oscuramentodel <strong>di</strong>vino» che incombe sul mondo da lontane età. Nell'Edda èinfatti detto che «per grande che sia il numero degli eroi raccolti nelWalhalla, essi non saranno mai troppi per quando verrà il Lupo». Il«Lupo» qui è il simbolo <strong>di</strong> una potenza oscura e selvaggia che, inprecedenza, alla stirpe degli «eroi <strong>di</strong>vini», o Asen, era riuscito<strong>di</strong> incatenare e soggiogare: l'«età del Lupo» è più o meno la corrispondenzadell'«età del ferro» della tra<strong>di</strong>zione classica e dell'«etàoscura» — kali-yuga — <strong>di</strong> quella indo <strong>aria</strong>: si allude, per simboli,ad un'era <strong>di</strong> scatenamento <strong>di</strong> forze puramente terrestri e sconsacrate.Importante è rilevare che analoghi significati permangono e siritrovano sotto la veste esteriore cristiana propria all'ideologiame<strong>di</strong>evale delle Crociate. Qui la liberazione del Tempio, la conquistadella Terra Santa, ebbero molte più connessioni, <strong>di</strong> quel chenon si supponga, con le antiche tra<strong>di</strong>zioni arie relative appunto almistico Asgard, concepito come una lontana terra degli eroi, ovenon regna la morte e i cui abitanti godono <strong>di</strong> una vita incorruttibilee <strong>di</strong> una calma sovrannaturale. <strong>La</strong> «guerra santa» appariva comeuna guerra tutta spirituale, tanto che dagli antichi cronachisti potèvenir letteralmente paragonata a «un lavacro, che è quasi fuoco <strong>di</strong>purgatorio prima della morte»: chiaro riferimento al significatoascetico della <strong>lotta</strong>. «Quale gloria per voi, non uscir dalla mischiache coperti <strong>di</strong> allori. Ma quale maggior gloria è mai quella <strong>di</strong>guadagnare sul campo <strong>di</strong> battaglia una corona immortale» — <strong>di</strong>cevaai Crociati, con speciale riferimento ai Templari, un Bernardo<strong>di</strong> Chiaravalle nella sua <strong>La</strong>ude de nova militia. <strong>La</strong> «glorie asolue»,quella stessa attribuita al Signore nell'alto dei cieli — in excelsisDeo — era promessa al guerriero nei testi provenzali.Inoltre i rovesci militari subiti dalle Crociate, fonte, in un primomomento, <strong>di</strong> sorpresa e <strong>di</strong> sgomento, valsero a purificare il concettostesso <strong>di</strong> guerra da ogni residuo <strong>di</strong> materialità e <strong>di</strong> superstiziosadevozionalità. <strong>La</strong> sorte infelice <strong>di</strong> una crociata fu paragonata daiPapi e dai pre<strong>di</strong>catori a quella della vita sventurata, la quale non31


sarebbe giu<strong>di</strong>cata e ricompensata che in termini <strong>di</strong> una vita e <strong>di</strong> unagiustizia non terrene. Con ciò, si veniva a porre qualcosa <strong>di</strong> superioresia al vincere che al perdere e a concentrare ogni valoresull'aspetto spirituale dell'azione.Ci avviciniamo così al lato più interno dell'esperienza eroicasecondo il suo valore ascetico: ad in<strong>di</strong>viduare ulteriormente ilquale, non deve stupire che noi ora ci riferiremo anzitutto ad unatra<strong>di</strong>zione che, come quella islamica, apparentemente, sembrerebbeil polo opposto <strong>di</strong> quella or ora in<strong>di</strong>cata. <strong>La</strong> verità è che nelleCrociate si trovarono <strong>di</strong> fronte razze guerriere le quali, in fondo, sicombattevano vivendo nella guerra uno stesso significato supermateriale.Ma, in più, nella tra<strong>di</strong>zione islamica le idee, che oraesporremo, sono essenzialmente da considerare come l'eco <strong>di</strong> unaconcezione origin<strong>aria</strong>mente persiana (ario-iranica), assunta poidalle razze arabe.Nella tra<strong>di</strong>zione islamica, dunque, incontriamo il nucleo centrale<strong>di</strong> tutto l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> idee qui trattato, nella teoria della dupliceguerra, cioè della «piccola e della grande guerra santa». Come«piccola guerra» qui vale le guerra materiale, combattuta contro unpopolo nemico e, in particolare contro l'ingiusto, il «barbaro» ol'«infedele», nel quale caso essa <strong>di</strong>viene la «piccola guerra santa»,identica alla Crociata nel suo significato esteriore fanatico e semplicementereligioso. <strong>La</strong> «grande guerra santa» è invece d'or<strong>di</strong>nespirituale e interiore: è la <strong>lotta</strong> dell'uomo contro i nemici che egliporta con sé, o, più esattamente, la <strong>lotta</strong> dell'elemento sovrumanodell'uomo contro tutto ciò che è istintivo, passionale, soggetto alleforze <strong>di</strong> natura. <strong>La</strong> con<strong>di</strong>zione per l'interna liberazione è che untale nemico, l'«infedele» e il «barbaro» in noi, sia abbattuto eridotto in ceppi.Ciò premesso, l'essenza della tra<strong>di</strong>zione in parola sta nel concepirela piccola guerra, cioè quella concreta, armata, come una viaattraverso la quale si può realizzare la «grande guerra santa», laguerra interiore, in perfetta simultaneità. Per tale ragione, nelloIslàm «guerra santa» e «via d'Id<strong>di</strong>o» — jihad — sono terminispesso usati come sinonimi. E noi leggiamo nel Corano: «Combattononella via d'Id<strong>di</strong>o [cioè nella guerra santa] coloro che sacrificanola vita terrena per quella avvenire: poiché a chi combatterànella via d'Id<strong>di</strong>o, e sarà ucciso, oppure vincitore, noi daremo unpossente premio». E ancora: «Di coloro che restano uccisi nella viad'Id<strong>di</strong>o, le opere non andranno perdute. Dio li <strong>di</strong>rigerà e <strong>di</strong>sporrà illoro animo. Li farà quin<strong>di</strong> entrare nel Para<strong>di</strong>so che egli ha loro32rivelato». In queste ultime parole si allude al caso <strong>di</strong> una morteeffettiva sul campo, la quale dunque va ad assumere lo stessosignificato che nell'antichità classica ebbe l'espressione: morstriumphalis, morte trionfale. Ma la stessa concezione può ancheesser presa in senso simbolico, pensando che chi nella «piccolaguerra» ha saputo vivere una «grande guerra santa» anziché lasciarsitravolgere dalla corrente delle forze inferiori destate dallavicenda guerresca nel suo essere, come accade nel già accennatoeroismo alla Remarque o alla Quinton (ve<strong>di</strong> il precedente articolo),questi ha evocato, in ogni caso, una forza capace, in via <strong>di</strong> principio,<strong>di</strong> fargli vincere la crisi della morte. In altri termini, anchesenza essere uccisi si può aver vissuta la morte, si può aver vinto, sipuò aver realizzato la culminazione propria ad una «supervita». Daun punto <strong>di</strong> vista superiore, «Para<strong>di</strong>so», «regno celeste», sono, nellastessa misura che il Walhalla, l'ellenica «Isola degli Eroi» ecc.,soltanto figurazioni simboliche, forgiate per le masse, figurazioniche in realtà designano stati trascendenti della coscienza, al <strong>di</strong>sopra<strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> morte. L'antica tra<strong>di</strong>zione <strong>aria</strong> ha il termine jivan-mùktiper in<strong>di</strong>care una realizzazione del genere ottenuta già nel corpomortale.Passiamo ora ad una esposizione puramente metafisica della<strong>dottrina</strong> in parola. <strong>La</strong> troviamo in un testo delle antiche razzeindo-arie, improntato a un senso tale della realtà eroico-spirituale,che esso raramente trova riscontro altrove. È la Bhagavad-gìtà,parte dal poema epico Mahabharata, il quale, per un occhioesperto, contiene un materiale prezioso non solo nei riguar<strong>di</strong> dellaspiritualità delle antiche razze arie emigrate in Asia, ma dello stessonucleo «iperboreo» <strong>di</strong> esse che, secondo le vedute tra<strong>di</strong>zionali a cuila nostra concezione della razza si rifà, va considerato all'origine <strong>di</strong>esse tutte.<strong>La</strong> Bhagavad-gità, contiene, nella forma <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo, la<strong>dottrina</strong> impartita dalla <strong>di</strong>vinità incarnata Krshna ad un principeguerriero, Arjùna, che a lei si era rivolto nel momento in cui, coltoda scrupoli umanitari e sentimentalistici, non sapeva più decidersia scendere in campo contro il nemico. Il giu<strong>di</strong>zio del Dio è categorico:egli definisce «molle vincolo dell'animo», «viltà indegna perun nobile, che allontana dal Cielo» la pietà che aveva trattenutoArjùna dal combattere. Dunque non in base a necessità terrestri econtingenti, ma a un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>vino vien qui confermato il dovere<strong>di</strong> combattere. <strong>La</strong> promessa è: «Ucciso, avrai il para<strong>di</strong>so, vittoriosoavrai la terra. Perciò sorgi risoluto alla battaglia». L'orientamento33


interno, necessario per trasfigurare la «piccola guerra» in «grandeguerra santa», in morte e resurrezione trionfale e per poter prendercontatto, attraverso l'esperienza eroica, con la ra<strong>di</strong>ce trascendentaledel proprio essere, è <strong>di</strong>chiarato nettamente da Krshna: «De<strong>di</strong>candoa me tutta l'azione [<strong>di</strong>ce il <strong>di</strong>o] con la mente fissa nello statosupremo dell'Io, lontano dall'idea <strong>di</strong> possesso, liberato dalla febbrementale, combatti». In termini parimenti chiari si <strong>di</strong>ce circa la«purità» dell'azione eroica, che deve esser voluta per se stessa, al <strong>di</strong>là <strong>di</strong> ogni motivazione contingente, <strong>di</strong> ogni passionalità, <strong>di</strong> ognivolgare utilità. Le parole del testo sono: «Mettendo al pari piaceree dolore, profitto e per<strong>di</strong>ta, <strong>vittoria</strong> e sconfitta, armati per la battaglia.In tal modo non vi sarà colpa nella tua azione».Ma si va ancor più oltre, si procede ad una vera e propriagiustificazione metafisica della guerra. Cercheremo <strong>di</strong> esperia nelmodo più accessibile possibile. Il testo parte da una <strong>di</strong>stinzionefondamentale: quella fra ciò che nell'uomo è, in senso supremo,spirito, e come tale è incorruttibile e immutabile e ciò che comeelemento corporeo e umano ha solo una illusoria esistenza. Ciòposto, da un lato si mette in rilievo l'irrealtà metafisica <strong>di</strong> quel chesi può perdere o far perdere in una vicenda <strong>di</strong> combattimento,come vita caduca e corpo mortale (non vi è nulla <strong>di</strong> doloroso e <strong>di</strong>tragico — si <strong>di</strong>ce — che cada, ciò che fatalmente è destinato acadere); dall'altro lato, viene ricordato quell'aspetto del <strong>di</strong>vino,secondo il quale esso appare come una forza assoluta e travolgente.Di fronte alla grandezza <strong>di</strong> questa forza (che vien fatta balenare adArjùna nell'attimo <strong>di</strong> una visione sovrannaturale), ogni esistenzacreata, cioè con<strong>di</strong>zionata, appare come una «negazione». Puòdunque <strong>di</strong>rsi che detta forza folgori ed abbia una terribile rivelazionedovunque tale «negazione» venga attivamente negata, vale a<strong>di</strong>re, in termini più concreti e intelligibili, dovunque un impetotravolge ogni vita finita, ogni limitazione del piccolo in<strong>di</strong>viduo, oper annientarlo, o per farlo risorgere in alto. Peraltro il segreto del«<strong>di</strong>venire», dell'inquietu<strong>di</strong>ne fondamentale e del perenne mutamentoche caratterizza il mondo <strong>di</strong> quaggiù, viene dedotto propriodalla situazione <strong>di</strong> esseri, in sé finiti, che pur partecipano oscuramentea qualcosa d'infinito. Gli esseri che secondo la terminologiacristiana si <strong>di</strong>rebbero «creati», secondo quella della antica tra<strong>di</strong>zione<strong>aria</strong>, invece, «con<strong>di</strong>zionati», <strong>di</strong>vengono, trasmutano, scompaiono,appunto perché in seno ad essi arde una potenza che litrascende, uan potenza che vuole qualcosa <strong>di</strong> infinitamente piùvasto <strong>di</strong> tutto ciò che essi mai possano volere. Una volta che il testo,in vario modo, ha dato il senso <strong>di</strong> una tale visione della vita, esso va34a precisare ciò che il combattere e l'esperienza eroica debbonosignificare per il guerriero. I valori si capovolgono: attraverso lamorte si manifesta una vita superiore, la <strong>di</strong>struzione, per chi siporta <strong>di</strong> là da essa, è una liberazione — proprio nei suoi lati piùpaurosi l'impeto eroico appare come una specie <strong>di</strong> manifestazionedel <strong>di</strong>vino, secondo l'aspetto già accennato, <strong>di</strong> forza metafisica <strong>di</strong><strong>di</strong>struzione del finito — nel gergo <strong>di</strong> certi filosofi moderni si <strong>di</strong>rebbe:<strong>di</strong> negazione della «negazione». Il guerriero che infrange «ilmolle vincolo dell'anima», che affronta la vicenda eroica «con lamente fissa nello stato supremo dell'Io» raggiungendo un piano incui sia l'«io» che il «tu», quin<strong>di</strong> sia paura per sé, sia pietà per glialtri, perdono ogni significato, in tale vicenda può <strong>di</strong>rsi che assumaattivamente la forza <strong>di</strong>vina assoluta, in essa si trasfiguri e si liberi,infrangendo le limitazioni relative al mero stato umano <strong>di</strong> esistenza.«<strong>La</strong> vita — come un arco; — l'animo — come un dardo; ilbersaglio da trafiggere — lo spirito supremo: unirsi a questo spiritocome la freccia scagliata si configge nel suo bersaglio» — questesono le espressioni suggestive contenute in un altro testo dellastessa tra<strong>di</strong>zione, il Màrkandeya-puràna. Tale, è, in breve, la giustificazionemetafisica della guerra, la interpretazione sacra dell'eroismo,la trasformazione della «piccola guerra» in «grande guerrasanta» secondo l'antica tra<strong>di</strong>zione indo-<strong>aria</strong> la quale ci dà dunquenella forma più completa e <strong>di</strong>retta l'intimo contenuto presenteanche nelle altrui accennate formulazioni.Qui, per finire, accenneremo ad ancora due punti.Il primo riguarda la relazione significativa che, nella Bhagavad-gità,l'insegnamento ora esposto ha con ciò che è tra<strong>di</strong>zione erazza. Nel capo IV, 1-3, è detto che questa è la sapienza «solare»ricevuta da Manu, il quale, come è noto, è il più antico legislatore«<strong>di</strong>vino» della razza <strong>aria</strong>. Le sue leggi per quei ceppi ari, hannoavuto lo stesso valore, che per gli Ebrei ha il Talmud: costituisconocioè la forza formatrice del loro modo <strong>di</strong> vita, l'essenza <strong>di</strong> quel che,in esse, è «razza dello spirito». Ora, questa sapienza primor<strong>di</strong>ale,che già si trasmise in successione <strong>di</strong>retta, «col lungo andar deitempi fu perduta nel mondo». Non ad un sacerdote, ma ad unprincipe guerriero, ad Arjùna, essa vien <strong>di</strong> nuovo rivelata, neitermini già detti. Realizzare questa sapienza calcando il sentierodell'eroismo sacro e dell'azione assoluta, altro non può significare,dunque, che restaurazione, risveglio, ripresa <strong>di</strong> ciò che fu all'originedella tra<strong>di</strong>zione, sopravvisse per secoli nelle oscure profon<strong>di</strong>tàdella razza, si meccanizzò nelle forme del costume delle età suc-35


cessive. Si conferma, cioè, esattamente, il significato, da noi giàin<strong>di</strong>cato, che il fatto guerra in date con<strong>di</strong>zioni può avere per la«razza dello spirito» e la sua ri-galvanizzazione. In secondo luogopuò notarsi che una delle cause principali della crisi della civiltàoccidentale sta in una alternativa paralizzatrice, costituita da unaparte da una spiritualità fiacca, astratta o convenzionalmente devozionale,ricca <strong>di</strong> appen<strong>di</strong>ci moralistiche e umanitarie; dall'altra,dauno sviluppo parossistico <strong>di</strong> tutto ciò che è azione, però in unsenso materialistico e quasi barbarico. Questa situazione, ha causeremote. <strong>La</strong> psicologia insegna che l'inibizione trasforma spesso leenergie represse e respinte nel subcosciente in causa <strong>di</strong> malattia e <strong>di</strong>isterismo. Le antiche tra<strong>di</strong>zioni delle razze arie erano essenzialmenteintonate all'ideale dell'azione: esse furono paralizzate e inparte soffocate dall'avvento del cristianesimo, il quale, non senzarelazione ad elementi derivati da razze non-arie, nelle sue formeoriginarie, spostò essenzialmente la spiritualità dal dominio dell'azionea quello della contemplazione, della devozione e dell'ascesimonacale. Il cattolicesimo, è vero, cercò spesso <strong>di</strong> ricostruire ilponte infranto — e già qui, parlando dello spirito delle Crociate,abbiamo visto un esempio <strong>di</strong> questo tentativo. Ma l'antitesi fraspiritualità non attiva e attività non spirituale ha purtuttavia continuatoa gravare sui destini dell'uomo occidentale e, negli ultimitempi, si è risolta in uno sviluppo parossistico <strong>di</strong> tutto ciò che èazione nel senso già detto <strong>di</strong> azione materializzata e priva <strong>di</strong> ognipunto <strong>di</strong> riferimento trascendente, perfino là dove essa conduce arealizzazioni <strong>di</strong> in<strong>di</strong>scutibile grandezza.Così stando le cose, può apparir ad ognuno chiara l'importanzache avrebbe la ripresa, naturalmente, in forme adatte ai tempi,della tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un'azione, che sia nuovamente spirituale, giustificata,oltre che dalle necessità imme<strong>di</strong>ate <strong>di</strong> una data congiunturastorica, da una vocazione trascendente. Se, oltre che alla reintegrazionee alla <strong>di</strong>fesa della razza del corpo, si deve procedere allaricerca dei valori atti a purificare da ogni elemento eterogeneo e aportare ad un regolare sviluppo la razza dello spirito dell'umanità<strong>aria</strong>, noi cre<strong>di</strong>amo che una nuova, vivente comprensione <strong>di</strong> insegnamentie <strong>di</strong> ideali, come quelli qui brevemente rievocati, rappresenti,per noi, un compito <strong>di</strong> primo piano.J. EVOLA36

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!