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Mimmo Liguoro – I Posteggiatori napoletani - Vesuvioweb

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I <strong>Posteggiatori</strong> Napoletani01. - L'età d'orodi<strong>Mimmo</strong> <strong>Liguoro</strong>


G. DF. - S. A. per www.vesuvioweb.comPer sette secoli, menestrelli, musicisti e cantanti vissero trail Capo di Posillipo e il ponte della Maddalena,spesso viaggiando in Paesi lontani per poi tornarecon gli occhi lucidi di soddisfazionema con le tasche inesorabilmente leggere.Furono gli strenui rappresentanti popolari di una tradizioneche ha un suo posto incancellabilenella storia delle espressioni poetiche e musicalidell'Europa mediterranea.Ai primi del Novecento ebbe fortuna a Lipsia il complesso Sacco, conRaffaelina Perez de Vera e Salvatore «`o tabaccaro».Pietro Roncone e Luigi Calienno, canto e chitarra, animarono il complessoAnepeta. Con Della Rosa si distinsero Maraniello e Raimondo Schottler.Famosissimo fu Fraschini. cantante e chitarrista. Lo chiamarono così perché i suoiammiratori riconoscevano nella sua voce un'eco del canto del grande tenore GaetanoFraschini. Il Fraschini della posteggia cantò anche con Giacobbe Di Capua, violinista,padre di Eduardo Di Capua, che rivestì di note indimenticabili canzoni come «'O solemio» (i versi erano di Giovanni Capurro), o «I’ te vurria vasà», su versi di VincenzoRusso, delicato poeta autodidatta, morto giovanissimo dopo aver scritto canzoni chesono ormai nel firmamento dei classici della canzone napoletana, da «Torna Maggio»fino alla «Serenata d' 'e rrose».<strong>Mimmo</strong> <strong>Liguoro</strong>: I <strong>Posteggiatori</strong>. - 01. L’Età d’oro 2


G. DF. - S. A. per www.vesuvioweb.comAl giro del secolo, i gruppi musicali che operavano a Napoli erano moltonumerosi e aumentarono ancora quando l'eredità di Di Giacomo e Ferdinando Russo,Capurro, Gambardella e i De Curtis, fu raccolta dalla schiera dei poeti e musicisti chefiorì nel xx secolo, fino agli anni Trenta, da Bovio a Valente, da Ernesto Murolo aTagliaferri, a Galdieri, Nicolardi, Di Chiara, Gill, E.A. Mario e tanti altri. Latavolozza si arricchì di altri colori e i posteggiatori, giorno e notte, erano pronti. «Lachitarra», aveva scritto Francesco Mastriani, «è lo strumento notturno per eccellenza.lo strumento delle serenate, dei concerti all'aria aperta, delle dichiarazioni in tonominore. Quando mezzanotte fa tacere nelle case la voce dell'importuno pianoforte, lachitarra assume nelle strade il suo impero usurpato da quell'anfibio strumento.Celebre è la canzone di "Felice notte, zì Sarvató", che, per consueto, pone terminealle feste cantinesche dei nostri popolani.»<strong>Mimmo</strong> <strong>Liguoro</strong>: I <strong>Posteggiatori</strong>. - 01. L’Età d’oro 3


G. DF. - S. A. per www.vesuvioweb.comLa posteggia era sempre pronta ad «attaccare» nei ristoranti profumati dipomodoro e zuppa di pesce o ad accompagnare serenate notturne suscettibili d'ognipossibile finale, da quello pacifico del tranquillo ritorno a casa. a quello del coltellobalenante nel buio della notte per gelosia, rivalità, vendetta. E pronta a entrare in caseprivate per occupare un angolo del salotto o l'anfratto di un «basso». Cibo, bevande eun po' di quattrini. L'atmosfera delle osterie all'aperto, con la posteggia in attività. èrievocata in una canzone di Ernesto Murolo, «PUSILLECO, PUSÌ»:Tavulelle apparicchiate,dint'a n'angolo, 'a spartata,for 'a loggia 'o risturante,sempe chino 'e giuventù...E 'o tenore, 'mmiez' 'a stanza,ca ricama na rumanza,d' 'o Visuvio 'a luna sponta,ride e corre pe' sentì... 1 '1 Piccole tavole imbandite in un angolo, in disparte, sulla terrazza del ristorante sempre affollato dagiovani coppie... E il tenore, al centro della sala interna, che intona una romanza mentre laluna, spuntando alle spalle del Vesuvio, ride e corre per sentire...<strong>Mimmo</strong> <strong>Liguoro</strong>: I <strong>Posteggiatori</strong>. - 01. L’Età d’oro 4


G. DF. - S. A. per www.vesuvioweb.comL'estrazione popolare dei posteggiatori era testimoniata dai loro soprannomi:«Don Gennariello 'o ferraro», detto anche «purpetiello» (piccolo polpo), GiovanniD'Andrea detto «Capitone», Vincenzo Righelli, detto «Coppola rossa», Ciccillo «'o`uaglione». Salvatore Bruno, «cosce longhe», Vincenzo Presutto, detto «capa 'elava». Pasquale Contessa, «'o cappellaro», Gaetano Buracchia, detto «'o busciardo».Raffaele De Felice, chiamato «Ucchiezzullo» (occhio piccolo). Salvatore Forgione«'o cusetore» (il sarto), Walter Fugazza, «'o figlio d’ ’a Signora», Renato Manganelladetto «Fofò», Salvatore Lacovara, detto «Totore La Quale», Raffaele Centesimo. «'onfiloscio», Mariano Nevo, «'o surdo», Rodolfo Racz, detto «muollo-muollo» (lentolento),tutti successori dei capostipiti cantatori ricordati solo per il soprannome, comeil «Re dell'aucielle», re degli uccelli, misterioso posteggiatore del Cinquecento, o«Pascariello», amatissimo dalla plebe a metà Ottocento.Soprannomi lapidari, taglienti, capaci di scolpire virtù e difetti di quegli artistidel popolo che furono i posteggiatori la cui vicenda storica fu segnata profondamenteda due eventi: l'inaugurazione della Galleria Umberto I, nel 1890, e l'iniziativa dellacasa musicale tedesca «Polyphon» che, negli anni precedenti la prima guerramondiale scritturò i maggiori poeti e musicisti <strong>napoletani</strong>, concedendogli unostipendio fisso ma esigendo un certo numero di canzoni all'anno. Non vennescritturato E.A. Mario che trovò ospitalità presso la vecchia casa Bideri e, forse ancheper la spinta dell'orgoglio ferito, compose proprio in quel periodo alcune tra le suepiù belle canzoni.<strong>Mimmo</strong> <strong>Liguoro</strong>: I <strong>Posteggiatori</strong>. - 01. L’Età d’oro 5


G. DF. - S. A. per www.vesuvioweb.comL'inaugurazione della Galleria fu l'occasione per radunare un buon numero diorchestrine, che si fecero ammirare dai corrispondenti dei giornali stranieri. La famadei posteggiatori si diffuse in tutta Europa e i cantanti <strong>napoletani</strong>, con chitarre emandolini, furono richiesti in ogni angolo del continente. Ci fu anche un impresario,il romano Oreste Capacciuoli, che ordinò i fili del business. I posteggiatori partivanoa schiere, come rondini. «Vestivano», ricorda Artieri, «panni di ottimo taglio, i lorogilè erano traversati dalla catena d'oro di un orologio spesso pur esso d'oro. I lorobaffi alla Guglielmo e le loro pettinature alla Umberto li propongono, nelle carevecchie fotografie, al nostro rispetto e alla nostra ammirazione.»Eppure, i grandi autori della canzone non ebbero con i posteggiatori alcun verorapporto. La grande canzone volava in alto con i suoi interpreti (Pasquariello,Papaccio, Parisi, Donnarumma, Mignonette, Lina Resal, Ria Rosa e tantissimi altri), iposteggiatori le volteggiavano intorno e le aprivano la strada ma nessunriconoscimento venne mai offerto agli artisti della posteggia. Solo due grandi cantantilirici mostrarono per loro considerazione e affetto. Enrico Caruso, che con iposteggiatori trascorse addirittura molte ore delle sue ultime giornate e BeniaminoGigli, che li definì «1'anima di Napoli».Anche le fortune economiche dei posteggiatori non si sollevarono maiall'altezza del successo europeo ottenuto per almeno trent'anni. Non che iposteggiatori non venissero compensati, ma un singolare fattore psicologico, retaggioforse dell'antico «vivere alla giornata», quasi gli impediva di far tesoro di ciò cheguadagnavano. Un impulso a spendere, una voglia di usare il denaro per tentare lafortuna, vinsero sempre ogni pur vaga vocazione al risparmio. L'abitudine a investire(e perdere) i propri quattrini nel gioco del lotto è ormai leggendaria e fa parte delbagaglio esistenziale attribuito ai posteggiatori.<strong>Mimmo</strong> <strong>Liguoro</strong>: I <strong>Posteggiatori</strong>. - 01. L’Età d’oro 6


G. DF. - S. A. per www.vesuvioweb.comLa loro mobilità (da un locale all'altro) consentiva a un vasto pubblico diosservare e valutare le loro tecniche di canto. C'erano i tenori, ben diversi, però, dagliomologhi cantanti lirici: il canto si estendeva su una tranquilla base vocale dolce,dialogante, per impennarsi nei momenti cruciali della storia narrata nella canzone,soprattutto se a sfondo drammatico, e nei finali, spesso prolungati. Un esempio diquesto canto c'era fino a poco tempo fa nella voce di Lello Di Domenico che con ilsuo complesso di chitarre, mandolini, mandola e contrabbasso, eseguiva canzoniclassiche, all'antico modo della posteggia. Accanto ai tenori, i cantanti a «filo divoce», continuatori delle più antiche vocalità melodiche, e i «fini dicitori», con vocinarranti in perfetta sintonia con l'accompagnamento musicale. Questi generi,naturalmente, conoscevano diversi gradi di fusione e contaminazione.Altro avvenimento decisivo per la vita dei posteggiatori, l’arrivo della«Polyphon», un'occasione a doppio taglio. Da un lato, con i contratti agli autori venneincentivata la produzione di canzoni e le postegge ebbero una maggiore quantità dimateriale a disposizione. Dall'altro, la «Polyphon» introdusse, sin dal 1912, la novitàdelle «macchine parlanti», i grammofoni. II lento declino della posteggia cominciòproprio da lì. Prima i grammofoni, poi la radio: la diffusione delle canzoni a poco apoco non ebbe più bisogno delle orchestrine all'aperto e i posteggiatori si avviaronoverso l'ultima fase della loro parabola. Di fronte al progressivo affermarsi delletecniche di riproduzione della voce, che privilegiavano i cantanti «di teatro», edavanti al lento declinare dell'epoca d'oro della canzone, la posteggia ripiegò fino aridursi a pura testimonianza, nei suoi ultimi epigoni. I posteggiatori brillarono fino aquando la canzone restò un fenomeno più artistico che speculativo, poi, sottol'incalzare dell'industria dello spettacolo, un po' alla volta scomparvero. Resta dasfogliare l'album della loro stagione felice.Giorgio Sommer (1834<strong>–</strong>1914)<strong>Mimmo</strong> <strong>Liguoro</strong><strong>Mimmo</strong> <strong>Liguoro</strong>: I <strong>Posteggiatori</strong>. - 01. L’Età d’oro 7

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