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Linee Guida per l'ascolto del Minore - Portale dell'infanzia e dell ...

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linee guida/2: l’ascolto <strong>del</strong> minore7. Modalità di ascolto attuate nei protocolli.8. Appendici:a. <strong>Linee</strong> <strong>Guida</strong> <strong>per</strong> lo Psicologo Giuridicoin ambito civile e penaleAIPG;b. <strong>Linee</strong> <strong>Guida</strong> <strong>per</strong> le <strong>per</strong>izie in casodi abuso sui minori <strong>del</strong>l’Ordinedegli Psicologi;c. <strong>Linee</strong> <strong>Guida</strong> APA;d. Protocollo di Milano <strong>del</strong>la FondazioneGulotta;e. Esempi di quesiti al CTU.LE COMPETENZE DEL MINORE62Le competenze cognitiveLa comunicazione bambino-adulto èinizialmente legata in modo inscindibileai contesti quotidiani e prevalentementeintegrata nelle azioni in corso;è solo tra i 18 e i 24 mesi che le paroleiniziano a essere usate <strong>per</strong> riferirsia situazioni o oggetti non presenti almomento. Inizia così un uso simbolico<strong>del</strong> linguaggio che viene accompagnatodal parallelo emergere di altremanifestazioni <strong>del</strong> pensiero simbolico,come <strong>per</strong> esempio la comprensione<strong>del</strong> carattere <strong>per</strong>manente deglioggetti, che continuano a esistere anchequando non li si vede. Le parole<strong>del</strong> bambino, tuttavia, non sempre hannoil medesimo significato <strong>del</strong> linguaggioadulto, possono avere una sovraestensioneo una sottoestensione.La cautela nell’interpretare ciò che diceil bambino non deve essere abbandonatatroppo presto. Il fatto che unbambino parli, o addirittura che parlipiuttosto bene, non significa che pensicome un adulto in miniatura, ossiacome una creatura che differisce dagliadulti solo <strong>per</strong> la quantità di coseche sa. Come ci ha insegnato Piaget,con l’avvento <strong>del</strong>la funzione simbolicail bambino mostra con certezza la capacitàdi pensare, ma ciò non implicache anche le sue modalità di ragionamentoe tanto meno la sua visione <strong>del</strong>mondo siano simili a quelle <strong>del</strong>l’adulto.Secondo Piaget (1945) questo dipendeessenzialmente dal fatto che, almenofino a 4 anni, le rappresentazionimentali infantili non possiedono leproprietà peculiari dei concetti poichésono prive di un’organizzazione (gerarchicao <strong>per</strong> incrocio), e spesso nonsi riferiscono neppure a <strong>del</strong>le categoriebensì alla rappresentazione di unsingolo individuo (<strong>per</strong> esempio “cane”non è il rappresentante di una categoriadi animali con caratteristiche peculiarima può indicare ad esempio ilnome <strong>del</strong> cane posseduto dal bambino).Piaget ha dimostrato che ancoraa 4-5 anni, quando è presente la distinzionetra un individuo (Pluto) e lacategoria cui appartiene (i cani), i concetticontinuano a mancare di organizzazionegerarchica e incrociata; <strong>per</strong>questo, secondo l’autore ginevrino, ibambini di età prescolare non sono ancorain grado di effettuare ragionamenti,né deduttivi (ricavare una conclusionesu un individuo o su un casoparticolare a partire da certe premessegenerali e da certe condizioni iniziali),né induttivi (ricavare un principioo un concetto generale da una seriedi casi particolari). Quello che sannofare invece è passare dal particolareal particolare, un tipo di ragionamentoche Piaget chiama transduzione,e che somiglia un po’ ai discorsiche si fanno in treno, passando daun argomento all’altro <strong>per</strong> pura associazionedi idee. Peraltro durante laprima infanzia (3-6 anni) si assiste all’importantepassaggio tra un uso privato(egocentrico <strong>per</strong> dirla in terminipiagetiani) a un uso socializzato <strong>del</strong>linguaggio (Piaget, 1923). Nel corso diquesti anni, difatti, grazie alla diminuzione<strong>del</strong>l’egocentrismo intellettuale,i bambini usano sempre meno il linguaggio<strong>per</strong> parlare a se stessi, comein un monologo, e sempre più spessoadattano ciò che dicono alle caratteristichedei loro interlocutori o <strong>del</strong> contesto,ovvero si mettono nei panni <strong>del</strong>l’altrosforzandosi di rendere comprensibileciò di cui stanno parlando 4 .Più recentemente è stato dimostratoche i bambini di età prescolare possiedonocapacità cognitive maggiori diquanto prospettato da Piaget (Nelson,1986): le conoscenze <strong>del</strong> bambino, purnon seguendo la logica dei concetti,possiedono una peculiare forma di organizzazione,quella degli scripts (initaliano “copioni”). Uno script è un insiemedi informazioni generali, ricavatedall’es<strong>per</strong>ienza, sulla struttura sequenzialedi eventi ricorrenti (<strong>per</strong>esempio andare a scuola, parteciparea una festa di compleanno). In generegià intorno ai due anni e mezzo i bambiniiniziano a costruire gli script <strong>del</strong>leattività di routine, sanno come ci sicomporta in esse e possono descriverlein modo abbastanza accurato. Lo scriptpuò avere un duplice effetto sul modoin cui il bambino registra e racconta lesue es<strong>per</strong>ienze: da un lato ne facilital’interpretazione, la codifica e il ricordo(“ah, era una festa di compleanno!dunque c’era la torta, la festeggiata haspento le can<strong>del</strong>ine, abbiamo cantatoTanti auguri a te…”), dall’altro puòcreare <strong>del</strong>le distorsioni. I bambini, infatti,tendono a confondere le caratteristichedi uno specifico episodio conquelle <strong>del</strong>lo script a cui si riferisce, cheessi in genere ricordano meglio (Flavell,Miller, Miller, 1993): così, restandonel nostro esempio, possono affermarecon grande sicurezza di aver vistola torta, quando in realtà le can<strong>del</strong>ineerano insolitamente poste sopra<strong>del</strong>le fette di cocomero. Secondo alcuniautori (Ceci, Bruck, 1998), la prevalenza<strong>del</strong>lo script agisce in due modisul resoconto di eventi: da un latopuò portare i bambini più piccoli a nonriferire aspetti <strong>del</strong>l’evento che, pur essendosiverificati, non fanno parte <strong>del</strong>copione consueto (il cocomero), dall’altropuò indurli inconsapevolmentea incorporare nel proprio racconto dettagliappartenenti ad altri eventi oinformazioni ricevute da altre <strong>per</strong>sone(la torta vista in tante altre occasioni);Ceci e Bruck (1998) concludono quindiche la presenza di uno script, lungidal facilitare il resoconto di specificieventi, rende più elevato il rischio cheil bambino venga suggestionato. La capacitàdi distinguere il singolo eventodallo script cui fa riferimento senzaconfondere l’uno con l’altro si acquisisce(solo verso) in genere a partire dai6 anni, e si può notare che questa etàcoincide pressappoco con quella in cuisecondo Piaget il bambino inizia a costruireun autentico pensiero concettuale.Lo studio <strong>del</strong>le conoscenze “scripted”si intreccia quindi con le ricerchesulla memoria, e in particolare sullamemoria di eventi. La memoria esistesin dalla nascita, tuttavia, in ambitopsicologico è ben noto che la memoriaumana ha un carattere costruttivo. Lamemoria è una costruzione concettualeinterna <strong>del</strong>le informazioni (Flavell, Miller,Miller, 1993) soggetta a modifichea seconda <strong>del</strong>le caratteristiche <strong>del</strong> sistemacognitivo, incluse le trasformazionievolutive. Secondo alcuni studi,già a due anni i bambini sono in grado

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