20 • GENNAIO 2006Paesi di <strong>Sardegna</strong>MACOMERCentro di origine antichissimae luogo strategicotra Logudoro e CampidanoLe attrattive di maggiore interesse per il visitatore sono quelle archeologiche, sparse per ilvasto territorio - Il nuraghe Ruggiu tuttora imponente, nonostante una parte sia crollata,risale al periodo tra il 1200 e il 900 avanti Cristo - Nodo ferroviario e stradale - Importantesito di attività commerciali, dell'industria del formaggio e dei tessutidi Salvatore TolaPer chi ha un minimo di passioneper la poesia sarda ilnome di Macomer si associaimmediatamente a quello diMelchiorre Murenu, vissuto quinella prima metà dell’Ottocento,che cantò le sue sventure («Deoso su Murenu isconsoladu...»:era divenuto cieco da bambino, ela sua famiglia era caduta in miseria)e quelle della <strong>Sardegna</strong>:«Ite risolves, povera Sardigna, /subr’a tantas disgrazias connottas?».Per rivivere meglio la sua memoriabisogna lasciare la viacentrale all’altezza del vecchioPalazzo comunale per inoltrarsi,dalla parte opposta, nel centrostorico. Non sarà difficile trovarela via a lui dedicata sulla quale siaffaccia, segnata da una lapide inmarmo, la sua casa. E spingendosiin basso, al margine dell’abitato,si può vedere un’altra lapide,eretta nel punto in cui fu fatto cadere,dopo essere stato attirato conun inganno: era la vendetta dellafamiglia della ragazza che avevaacerbamente criticato con la poesiaDinda troppu fantastica.Al centro di questo quartieresta la chiesa di Santa Croce, costruitanel Seicento e restauratadi recente. Nella piazza antistanteviene acceso il 16 gennaio,in onore di Sant’Antonio abate,un grande fuoco con al centrosa tuva, un tronco cavo tenuto inposizione verticale.Nella piazza e nelle vie circostantisi affacciano finestre e portaliscolpiti nella pietra, di raffinataeleganza: i più antichi, neiquali prevalgono linee gotiche,risalgono al periodo aragonese;abili scalpellini vi si sono ingegnatinel rappresentare colonne,fregi, simboli e modanature chehanno resistito magnificamenteal passare del tempo.Centro di origine antichissima,Macomer conserva le tracce dellepopolazioni che occuparonoquesti luoghi per controllare ilcollegamento tra Logudoro eCampidani; e ha allo stesso tempoi segni dello sviluppo economicopiù recente, dovuti al suoruolo di nodo ferroviario e stradalee allo sviluppo, oltre chedelle attività commerciali, dell’industriadel formaggio e deitessuti.Ma le attrattive di maggioreinteresse per il visitatore sonoquelle archeologiche, sparse peril vasto territorio. La più vicina èquella di Filigosa, che non comprendeun solo monumento. Il piùevidente, quando si lascia la cittadinain direzione di Sassari, è ilnuraghe Ruggiu, che domina lastrada da una collinetta: tuttoraimponente, nonostante una partesia crollata, risale al periodo tra il1200 e il 900 avanti Cristo; attraversoil varco prodotto dal crollosi può vedere che era a piantasemplice; che nella sala al pianoterra erano ricavate tre nicchie; eche, come in tante altre strutturesimili, la scala per salire alla terrazzaposta al culmine correvaall’interno del grosso muro perimetrale.Al visitatore distratto puòsfuggire che, nel declivio sottostante,si trovano anche delledomus de janas, esplorate e ripulitedi recente: gli scavi hanno rivelatoche furono sfruttate in unarco di tempo molto ampio tra ilterzo e il secondo millennioavanti Cristo. Data la ridotta pendenzadel suolo hanno tutte unlungo corridoio d’accesso all’aperto;quindi un vano centralee altri minori, con coppelle per leofferte e focolare rituale.Ma le sorprese non sono ancorafinite: allontanandosi ancoraun po’ dalla strada si noterà unafigura strana e inquietante che sileva da una cresta rocciosa: sitratta di un grande masso che ha ilineamenti di un volto umanorozzo, o di una maschera: quasiuna sentinella messa a guardiadei monumenti. Secondo MassimoPittau fu la presenza di questomonolito, fatto oggetto diculto, ad attirare qui gli abitatoriantichi e antichissimi della zona.A non grande distanza si trovauno dei nuraghi più belli dellazona, che domina la superstradaSassari-Cagliari all’altezza dellacittadina (e ha da poco un appositosvincolo): è il Santa Barbara,non si può fare a meno di notarlo,in questo punto di passaggio tral’altipiano di Campeda e quellodi Abbasanta, dove domina ilpercorso da uno sperone a 640metri di altitudine.Dal parcheggio realizzato assiemeallo svincolo una mulattierasale tra i pascoli offrendouna vista via via più ampia sullasottostante vallata del rio S’Addee, poco oltre, su Macomer edintorni. Come si arriva a destinazioneci si rende conto che nonsi tratta di un nuraghe semplice,ma di una torre centrale circondatada un grande complessoquadrilobato, ossia delimitato daquattro torri minori.Oltrepassato l’ingresso, ci sitrova in un cortile interno: a destrae a sinistra due delle torri minori,che sono prive della coperturae conservano le strutture sinoa 4-5 metri di altezza; davanti siapre l’accesso a quella maggiore.Da qui un corridoio conduce allasala del piano terra, che si chiudecon la tipica volta a tholos a 10metri d’altezza. Tornando nelcorridoio, si trova la scala checonduce ai piani superiori: il primoha ancora la copertura, il secondoè ridotto a una terrazza eoffre una magnifica e ampia vista.Molto suggestive anche le pedrasmarmuradas di Tamuli, chesi trovano andando dalla parteopposta, verso il monte Sant’Antonio,meta di passeggiate e luogodi culto. Sono all’interno diun’area sistemata di recente: diforma arrotondata troncoconica,ricavate dai massi di basalto checaratterizzano la regione, alte intornoa un metro; tre hanno formaregolare mentre altre tre portanodue sporgenze, come senifemminili. L’archeologo AlbertoMoravetti ha scritto che esprimono«in tutta la loro forza evocatival’unione dei due principi fondamentalidella vita, quello femminilee quello maschile, e l’amplessodivino – dea-madre e diotoro– che vince la morte e rigenerala vita».Secondo la tradizione popolarediffusa nella zona si tratterebbeinvece di un gruppo di commerciantie uno di contadini che,maledicendosi a vicenda, sarebberorimasti pietrificati, marmuradosappunto.Sorge fra due valli collinaribagnate da due fiumi, appenafuori dalle falde dei rilievidi Villacidro, ultime propagginidel monte Linas. Per questosi chiama Vallermosa che significain spagnolo (valle hermosa)“valle bella”.Ci si arriva dalla statale 131Carlo Felice, uscendo al bivioper Samassi e proseguendo suuna delle strade rettilinee che dividonola campagna in scacchiere,coltivate a cereali, alberi dafrutta, erba medica. Procedendoin macchina verso il Campidanodi Cagliari sembra di essere inLombardia.Il paese (m 110, 2010 ab., laparte più alta del territorio è di700 m ), la cui parrocchiale è dedicataa san Lucifero, è diviso indue dalla strada che unisce laMarmilla al Sulcis: già in età fenicio-punicaera un punto obbligatodi passaggio dal centronorddell”isola al Sulcis-Iglesiente.Le sue origini, relativamenteVALLERMOSAAbitata dal tempo dei feniciera famosa per le sue tegoleOra la sua economia punta sull'allevamento e sulla produzione caseariadi Franco Fresigna; i resti di un tempio feniciodi rara bellezza, ai confini con ilterritorio di Villacidro e Siliqua;la fortezza trilobata di età nuragicanota come Castéddu ‘e Fanaris;e le terme romane, vicino allachiesa di Santa Maria, del II secoloa. C.Un tempo Vallermosa era rinomataper la fabbricazione delletegole.Ora lo è per i suoi ovili, vastiappezzamenti di terreno con alcentro la casa attrezzata per lamungitura (soprattutto degli ovini)e la trasformazione del lattedal quale si ottengono ottimi formaggi.Stanno sorgendo in paese manifestazioniculturali di notevoleimpegno: di carattere letterario etradizionale (soprattutto cori dibuon livello vocale e musicale).Si ha la sensazione che spiri perrecenti, non hanno una documentazioneche le dati con esattezza.Si sa che è nato da un gruppodi famiglie riunite lì dal feudatariodi turno per una più facileriscossione dei tributi. Significativiresti di età nuragica attestanoperò che il territorio era abitatodalla preistoria.Da visitare, il sito nuragico diMezanni (Bronzo medio) con tretempli a pozzo, unici in Sardel’abitatouna certa aria di rinnovamento,che legando i valoridel passato a quelli del presentegarantiscano un futuro più proiettatoverso nuove forme di vitacomunitaria.Dal carattere buono e sincerodelle persone è forse nata l’unicaleggenda che si è avuto occasionedi conoscere: le cogas,streghe volanti che sorprendonoa Villacidro e dintorni le personecattive per portarsele in volonella notte e lasciarle cadere perterra prima dell’alba, uccidendole,sul cielo di Vallermosanon volerebbero più da moltotempo perché non esistono personetanto cattive da essere eliminate.Del resto, le cogas pare che, perlo stesso motivo, abbiamo limitatola loro attività in tutto il comprensorioe che preferiscano restarsenebuone buone nelle lorocaverne del Monte Arcuentu, inattesa di tempi “migliori” perloro, che speriamo, per noi, nontornino più.www.ilmessaggerosardo.com... finalmente in rete
Parliamo della <strong>Sardegna</strong>a cura di Manlio BrigagliaSa Missa Santain limba sardaGENNAIO 2006 • 21Pubblicata dall'editore Carlo Delfino di Sassari la nuova opera del prof. Massimo Pittau,“Grammatica del Sardo Illustre”, la quale contiene come appendice anche la traduzionedell'intero testo della Santa Messa - Per gentile concessione dell'Autore e dell'Editore,pubblichiamo, la parte iniziale della traduzione “Rutos de introdussione”Ritos de introdussioneIn nomen de su Babbu e de su Fizu e de s’Ispiridu Santu.Risposta: Amen.Sa grassia de su Segnore nostru Zesu Cristu, s’amore deDeus Babbu ei sa cumunione de s’Ispiridu Santu siat cuntottus bois.Risposta: E cun s’ispiridu tuo.Oppuru: Sa grassia ei sa paghe de Deus Babbu nostru e desu Segnore nostru Zesu Cristu siat cun tottus bois.Risposta: E cun s’ispiridu tuo.Oppuru: Beneittu in sos ségulos su Segnore.Oppuru: Su Segnore siat cun bois.Risposta: E cun s’ispiridu tuo.Oppuru: Su Segnore chi ghiat sos coros nostros in s’amoree in sa passentzia de Cristu, siat cun tottus bois.Risposta: E cun s’ispiridu tuo.Oppuru: Su Deus de s’isperantzia, chi nos prenat de onzigaudiu e paghe in sa fide peri sa potentzia de s’IspiriduSantu, siat cun tottus bois.Risposta: E cun s’ispiridu tuo.Oppuru: Sa paghe, sa caridade ei sa fide dae Deus Babbue dae su Segnore nostru Zesu Cristu siat cun tottus bois.Risposta: E cun s’ispiridu tuo.Oppuru: Frades, elettos sigunde sa preissentzia de DeusBabbu pro mediu de sa santifigassione de s’Ispiridu proubbidire a Zesu Cristu e pro chi siemus infustos de susamben suo, grassia e paghe in abbundantzia a tuttus bois.Risposta: E cun s’ispiridu tuo.(Attu de penitentzia)Frades, pro celebrare cun dignidade sos santos misteriosreconnoscamus sos peccados nostros.Oppuru: Su Segnore Zesu, chi nos invitat a sa mesa de saParáula e de s’Eucaristia, nos giamat a sa cun<strong>versione</strong>. Reconnoscamusde esser peccadores e invochemus cun cunfidentziasa misericordia de Deus.Oppuru: In sa die chi celebramus sa vittoria de Cristu subrasu peccadu e subra sa morte, puru nois semus giamadosa morrer a su peccadu pro naschire torra a sa bidanova. Nos reconnoscamus bisonzosos de sa misericordiade su Babbu.(Si istat unu momentu a sa muda pro pessare a sos peccadoscummittidos e pustis si faghet s’attu de penitentzia indunu de sos tres modos chi sighint:)1°) Cunfesso a Deus onnipotente e a bois, frades, chi appopeccadu meda in pensamentos, paráulas, oberas e omissiones,pro gurpa mea, gurpa mea, gurpa meda manna mea.E súpprigo a sa beada Maria semper vírghine, a sos ánghelos,a sos santos e a bois, frades, de pregare pro mene a suSegnore Deus nostru.2°) A s’incumintzu de custa celebrassione eucaristiga, pedamussa cun<strong>versione</strong> de su coro, motivu de ricunciliassionee de cumunione cun Deus e cun sos frades.Oppuru: Umiles e pentidos comente su prubicanu in sutempiu, nos accurtziemus a su Deus zustu e santu, pro chiappat piedade de nois peccadores.Piedade de nois, Segnore.Risposta: Contr’a tie amus peccadu.Mústranos, Segnore, sa misericordia tua.Risposta: E dònanos sa sarvesa tua.3°) Zesu Cristu, su Zustu, intertzede pro nois e pònenos inpaghe cun su Babbu. Apperzemus s’ispiridu nostru a supentimentu, pro chi siemus mancu indignos de nos accurtziarea sa mesa de su Segnore.Oppuru: Su Segnore at naradu: chie de bois est chene peccadughettet sa prima pedra. Nos reconnoscamus tottuspeccadores e nos perdonemus umpare dae intro de sucoro.Segnore, mandadu dae su Babbu a sarvare sos cuntritosde coro, appas piedade de nois.Risposta: Segnore, piedade.Cristu, chi ses bénnidu a giamare sos peccadores, appaspiedade de nois.Risposta: Cristu, piedade.Segnore, chi intertzedes pro nois addainantis de su Babbu,appas piedade de nois.Risposta: Segnore, piedade.Deus onnipotente appat misericordia de nois, perdonetsos peccados nostros e nos giugat a sa bida eterna.Risposta: Amen.(si s’est sighidu su 1° o su 2° modu si narat:)Segnore piedade. Risposta: Segnore piedade.Cristu piedade. Risposta: Cristu piedade.Segnore piedade. Risposta: Segnore piedade.GLORIA A DEUS(cando si narat)Gloria a Deus in s’artu de sos chelos e paghe in terra a sosómines de bona voluntade. Nois ti damus laude, ti beneíghimus,ti adoramus, ti damus gloria, ti rendimus grassiaspro sa gloria immensa tua, Segnore Deus, re de su chelu,Deus Babbu onnipotente. Segnore, Fizu unigénidu, ZesuCristu, Segnore Deus, Anzone de Deus, Fizu de su Babbu,tue chi cche bogas sos peccados de su mundu, appas piedadede nois, tue chi cche bogas sos peccados de su munduatzetta sa súppriga nostra, tue chi ses séttidu a sa destrade su Babbu, appas piedade de nois. Ca tue solu sessu Santu, tue solu su Segnore, tue solu s’Artissimu, ZesuCristu, cun s’Ispiridu Santu in sa gloria de Deus Babbu.Amen.Preghemus.(S’orassione si leat dae su missale; si est indiritzada a suBabbu, concrudinde si narat:)Pro su Segnore nostru Zesu Cristu, Fizu tuo, chi est Deuse bivet e rennat cun tegus, in s’unidade de s’Ispiridu Santu,pro tottu sos ségulos de sos ségulos.Risposta: Amen.(Si s’orassione est indiritzada a su Babbu, ma fininde simentovat su Fizu, si narat:)Issu est Deus e bivet e rennat cun tegus, in s’unidade des’Ispiridu Santu, pro tottu sos ségulos de sos ségulos.Risposta: Amen.Anche Cossiga a Ploagheper la presentazione del librosul canonico SpanoPresenti gli autori dello studio, Paolo Pulina e salvatore Tola e Manlio Brigagliache ha curato l'introduzione dell'operaGiovanni Spano, rappresentativapersonalità disardo dell’Ottocento conun forte sentimento identitario, èstato ricordato dalla sua Ploagheper l’ampiezza delle sue passionidi ricercatore e per la molteplicitàdelle sue relazioni con il mondoculturale italiano ed europeo.Alla presentazione del volume“Il tesoro del Canonico. Vita,opere e virtù di Giovanni Spano(1803-1878)”, edito da CarloDelfino di Sassari, è emerso ilcomplesso, originale ritratto intellettualee umano del pionieristicostudioso proteiforme dell’Isolanei suoi vari aspetti. Il libro,ideato e curato dagli “spanologi”Paolo Pulina e SalvatoreTola, si sviluppa attraverso unorganico ciclo di 14 saggi specialisticie due ampi scritti introduttividi Francesco Cossiga eManlio Brigaglia.All’appuntamento letterario ecommemorativo - tenuto nellachiesa parrocchiale di San PietroApostolo, gremita di oltre 500persone, per esaltare la storiamillenaria del paese e per i legamidi memoria con le vicendeumane, civili e spirituali delloSpano - hanno partecipato numerosirelatori. Il sindaco FrancescoBaule ha porto un cordialissimobenvenuto al presidenteemerito Francesco Cossiga e hasottolineato il messaggio di ereditàintellettuale dell’illustreCanonico, rappresentato dallaconoscenza della storia e cultura“come simbolo di riscatto per ricostruirela coscienza collettiva”.L’editore Delfino, che vanta25 anni di attività e 350 titoli,ha evidenziato l’importanza dell’operada lui pubblicata e l’elementodi sviluppo culturale prodottodal crescente interesse neiconfronti dello Spano. ManlioBrigaglia, memoria di brillantiricordi sassaresi sui licei “Azuni”e “Spano”, ha segnalato le possibilitàdi turismo culturale nel territorioe “le infinite attività da farcoagulare intorno alla figura delCanonico” che sapeva dialogarecon tutte le realtà d’Europa.Salvatore Tola ha ripercorso lagenesi della pubblicazione - originatadal convegno promossonel 2002 dall’Associazione culturale“Giovanni Spano” di Ploaghe,guidata da Antonella Pais - el’itinerario realizzativo con ilcontributo di tanti studiosi e ladeterminante collaborazione trasardi residenti ed emigrati. E proprioda Paolo Pulina, rappresentantedella “ploaghesità” fuoridall’Isola, è venuto un interventoconcretamente propositivo:un parco letterario nel circuitoCasa Spano- Cimitero Vecchio -Pinacoteca; le prospettive interculturaliper una conoscenzacomplessiva dello Spano nei percorsie rapporti esterni; la suggestivaproposta di ridenominare ilpaese come Ploaghe-Spano. UgoCarcassi ha dottamente rivisitato,invece, la presenza accademicae l’attività cagliaritana dellostudioso ploaghese. La gratitudineche si deveallo Spano èstata sottolineatada Mons. PaoloAtzei, Vescovodi Sassari,che ha riconosciutole doti “diuomo di chiesacon chiari principidi sardità” el’indole “curiosadel mondo edei mondi dellacultura per lacostruzione diun alto grado diciviltà” nella convinzione che“senza cultura non si può inculturareil Vangelo”.E’ stato comunque il brillante eatteso intervento del presidenteemerito Francesco Cossiga a tenerealta la soglia di attenzionedel fitto pubblico (con moltequalificate autorità), consapevoledell’unicità dell’occasione perrendere omaggio e riconoscenzapopolare all’opera dello Spano.L’eloquente ed energico comunicatore- a cui la facoltà diScienze politiche di Sassari avevaconferito qualche giorno primala laurea honoris causa inScienze della comunicazione egiornalismo -, ripercorrendo lelinee della prefazione alla raccoltasaggistica, riconosce alloSpano “soprattutto il merito diaver rivelato, in pieno romanticismo,le origini e le ragioni culturalidella nazione sarda”; concettosviluppato con dotti esempi edanalisi storica dell’Ottocento;“il senso incerto della nostraidentità” è stato superato da GiovanniSpano con la rivendicazionedella “specificità della<strong>Sardegna</strong>”. Dal risoluto e vitalepresidente emerito è venuto l’invito“a riscoprire la nostra storia”e l’auspicio della “costruzionedella nazione sarda sul pianodella cultura”.Infine: il cortometraggio“L’eredità del Canonico” ha propostotestimonianze su Spanoraccolte tra i suoi compaesani; ilcoro polifonico di Ploaghe haeseguito “O Babbu Soberanu”,testo di Bainzu/Gavinu Cossiga,noto come “su poeta christianu”,bisnonno di Francesco Cossiga.Un altro evento “spaniano”potrebbe tenersi a Ploaghe neldicembre 2006: con l’auspicatapresentazione della pubblicazione,a cura di Luciano Carta econ la supervisione di ManlioBrigaglia, del monumentale CarteggioSpano custodito dalla BibliotecaUniversitaria di Cagliari.Cristoforo Puddu